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Università di Genova, 2/3 febbraio 2007 - Convegno La contrattualizzazione del diritto di famiglia Ugo Bechini Convenzioni tra coniugi stranieri 1 Desidero in primo luogo ringraziare l'amico e collega professor Andrea Fusaro per avermi invitato a tenere un intervento in questa prestigiosa sede. Ne sono particolarmente onorato: oltre a vedere il mio nome associato ad altri infinitamente più illustri, ho la possibilità per la prima volta di prendere la parola nell'Aula Magna della mia facoltà di giurisprudenza. Il che, debbo confessarlo, regala qualche emozione. Dividerò il mio intervento in due sezioni. La prima parte avrà carattere, per così dire, diagnostico, nel senso che cercherò di individuare alcuni scenari tipici in relazione ai quali un'attività convenzionale da parte dei coniugi stranieri appare utile e consigliabile. Nella seconda parte illustrerò brevemente alcuni profili operativi dell'optio iuris, che costituisce lo strumento più importante a disposizione del pratico. Raccogliendo l'indicazione offerta dal professor Fusaro in principio dei lavori, le mie annotazioni riguarderanno essenzialmente i profili patrimoniali 2 , anche se qualche considerazione potrà per accidente avere una valenza più ampia. Le Preleggi fornivano un criterio di collegamento internazionalprivatistico assai semplice, stabilendo all'articolo 19 che i rapporti patrimoniali tra coniugi sono regolati dalla legge nazionale del marito al tempo della celebrazione del matrimonio. La norma è 1 Si conserva, con l'aggiunta di pochissime note, il taglio schematico ed operativo dell'intervento originario, costruito intorno ad una serie di slides, alcune delle quali sono parzialmente riprodotte nel testo. 2 Si veda, in generale sull'argomento, Emanuele CALO', Rapporti patrimoniali fra coniugi nel diritto internazionale privato italiano, in Notariato, n. 6/2001, p.611.

Ugo Bechini Convenzioni tra coniugi stranieri 1xoomer.virgilio.it/ubechini/feb_07_unige_famiglia_Bechini_04.pdf · coniugi nel diritto internazionale privato italiano, in Notariato,

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Università di Genova, 2/3 febbraio 2007 - ConvegnoLa contrattualizzazione del diritto di famiglia

Ugo BechiniConvenzioni tra coniugi stranieri 1

Desidero in primo luogo ringraziare l'amico e collega professor Andrea Fusaro per avermi invitato a tenere un intervento in questa prestigiosa sede. Ne sono particolarmente onorato: oltre a vedere il mio nome associato ad altri infinitamente più illustri, ho la possibilità per la prima volta di prendere la parola nell'Aula Magna della mia facoltà di giurisprudenza. Il che, debbo confessarlo, regala qualche emozione.

Dividerò il mio intervento in due sezioni. La prima parte avrà carattere, per così dire, diagnostico, nel senso che cercherò di individuare alcuni scenari tipici in relazione ai quali un'attività convenzionale da parte dei coniugi stranieri appare utile e consigliabile. Nella seconda parte illustrerò brevemente alcuni profili operativi dell'optio iuris, che costituisce lo strumento più importante a disposizione del pratico. Raccogliendo l'indicazione offerta dal professor Fusaro in principio dei lavori, le mie annotazioni riguarderanno essenzialmente i profili patrimoniali 2, anche se qualche considerazione potrà per accidente avere una valenza più ampia.

Le Preleggi fornivano un criterio di collegamento internazionalprivatistico assai semplice, stabilendo all'articolo 19 che i rapporti patrimoniali tra coniugi sono regolati dalla legge nazionale del marito al tempo della celebrazione del matrimonio. La norma è

1 Si conserva, con l'aggiunta di pochissime note, il taglio schematico ed operativo dell'intervento originario, costruito intorno ad una serie di slides, alcune delle quali sono parzialmente riprodotte nel testo.

2 Si veda, in generale sull'argomento, Emanuele CALO', Rapporti patrimoniali fra coniugi nel diritto internazionale privato italiano, in Notariato, n. 6/2001, p.611.

stata dichiarata incostituzionale solo di recente, con la sentenza 254 del 2006, ad un decennio dalla sua abrogazione, avvenuta ad opera della legge 31 maggio 1995, n. 218, Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, il cosiddetto SIDIP. Va anzi ricordato come per alcuni anni la norma abbia vissuto in un curioso limbo che potrei definire di incostituzionalità annunciata: nel 1987 (sentenza 71) venne infatti dichiarata l'incostituzionalità dell'articolo 18, che conteneva una previsione assai simile in relazione ai rapporti personali tra coniugi, e gli argomenti della Consulta furono tali da far ritenere inevitabile la dichiarazione di incostituzionalità del "gemello" articolo 19 alla prima occasione utile. Il che in effetti è avvenuto, anche se a quasi vent'anni di distanza. Reso omaggio al rituale mantra secondo cui ogni norma è vigente sino a quando l'incostituzionalità non è dichiarata, impossibile non dare atto dell'imbarazzo del pratico, che certamente non poteva, in fase di consulenza, proporre soluzioni le cui fondamenta poggiassero su una norma formalmente vigente, ma palesemente incapace di sopravvivere ad una controversia.

Il criterio delle Preleggi possedeva due caratteristiche importanti. In primo luogo la facile applicazione: la legge nazionale del marito è per lo più di agevole identificazione. In secondo luogo la stabilità: il rifermento, come già ricordato, era alla legge nazionale del marito al tempo della celebrazione del matrimonio, onde la legge richiamata restava stabile durante tutta la vita matrimoniale.

Il SIDIP si è posto invece il più che condivisibile obiettivo di fornire un criterio di collegamento più flessibile, più rispondente alla concreta evoluzione della vita familiare. Oltre che, ça va sans dire, catafratto sul piano costituzionale. Gli articoli 29 e 30 dettano una normativa uniforme per i rapporti personali e patrimoniali, che vengono sottoposti alla legge nazionale comune; i rapporti tra coniugi aventi diverse cittadinanze o più cittadinanze comuni sono regolati dalla legge dello Stato nel quale la vita matrimoniale è prevalentemente localizzata. Un dato desidero qui sottolineare: il collegamento è variabile nel tempo.

E' stata quindi abbandonata quella che in Francia si definisce permanence du rattachement, e che costituisce da sempre costante orientamento della giurisprudenza transalpina. Faccio riferimento al dato giurisprudenziale in quanto la Francia, benché Paese di antiche tradizioni internazionalprivatistiche, non si è mai dotato di una legislazione in argomento. Come ci ricordava ieri la Professoressa Ferreri, i Paesi del Nordafrica conoscono per lo più il regime della

separazione dei beni: in onore al principio della permanence du rattachement, la giurisprudenza applica alle coppie nordafricane emigrate in Francia il regime separatista, anziché la comunione dei beni di diritto francese: un fenomeno importante anche sul mero piano quantitativo.

Una volta accertato dunque che di variabilità dobbiamo ormai parlare, resta da definire un punto assai importante: se tale variabilità sia in grado di esplicare effetti retroattivi. In altri termini: il mutamento del regime patrimoniale che discenda dalla diversa operatività della regola internazionalprivatistica è in grado di modificare lo statuto applicabile ad un rapporto già sorto? Si prenda un esempio assai semplice: immaginiamo una coppia formata da coniugi di diversa nazionalità, installati in un Paese il cui regime di default preveda la separazione dei beni. Supponiamo ancora che un coniuge acquisti un immobile e che successivamente la famiglia si trasferisca in uno dei numerosi Paesi che prevedono la comunione quale regime legale. Il nuovo assetto è applicabile anche all'acquisto compiuto in costanza di separazione?

La risposta negativa è quella maggioritaria, ed è anche quella più rassicurante. L'idea che lo statuto dominicale di un bene possa subire repentine variazioni per effetto dell'evoluzione del quadro di riferimento internazionalprivatistico si porrebbe in non troppo spiegabile controtendenza nell'ambito si un sistema come il nostro, che si ispira stabilmente al principio opposto. Basti ricordare che, salva diversa convenzione, l'acquisto individuale resta tale qualora l'acquirente contragga matrimonio (in regime di comunione) dopo l'acquisto; identica soluzione venne adottata dalla riforma del 1975, ed i beni individualmente acquistati prima del 20 settembre di quell'anno hanno conservato carattere individuale.

Cionondimeno, la tesi dell'irretroattività, pur prevalente, non può neppure dirsi dominante: un'assai autorevole dottrina, che fa capo al Ballarino 3, va in direzione opposta, ed un'espressa previsione in tal senso è contenuta nella legge federale svizzera sul diritto internazionale privato (LDIP) del 18 dicembre 1987, articolo 55.

Una problematica di taglio non dissimile discende dalle disposizioni transitorie del SIDIP, articolo 72. Il comma 1 stabilisce che la presente legge si applica in tutti i giudizi iniziati dopo la data della sua entrata in vigore, fatta salva l'applicabilità alle situazioni esaurite

3 Tito BALLARINO, Diritto Internazionale Privato, Padova 1999, p. 428ss.

prima di tale data delle previgenti norme di diritto internazionale privato.

L'approccio palesemente processualista della norma è fonte di non trascurabili difficoltà per chi affronti invece la questione dal punto di vista del diritto sostanziale. Il concetto chiave è evidentemente quello di situazione esaurita. Un acquisto compiuto da un coniuge prima dell'entrata in vigore del SIDIP va considerato come una vicenda conchiusa in sé (esaurita, dunque) o come elemento da inserirsi prospetticamente nell'insieme dei rapporti patrimoniali tra i coniugi, e quindi come mero episodio di una vicenda non esaurita? Questa seconda opzione ermeneutica è tutt'altro che inattendibile, ma i suoi esiti non sono, ancora una volta, tranquillizzanti per il pratico: la conseguenza è che l'entrata in vigore del SIDIP avrebbe modificato l'assetto dominicale di determinati beni, ricorrendo certe circostanze. E non occorre immaginare nulla di particolarmente complicato: è sufficiente por mente al caso di una coppia formata da un marito inglese ed una moglie italiana, insediata in Italia, i cui rapporti patrimoniali erano governati dal diritto inglese (legge nazionale del marito, separatista) ed oggi da quello italiano. L'immobile acquistato in regime di separazione da un solo coniuge sarebbe divenuto comune, secondo questa lettura, per il solo fatto dell'entrata in vigore del SIDIP.

La principale fonte di instabilità del sistema è però a mio avviso da individuarsi nella disciplina del rinvio, introdotta nel nostro ordinamento dall'articolo 13 SIDIP; l'istituto, di portata generale nel nuovo sistema, era ignoto alla legislazione italiana previgente.

Il comma 1 dispone che quando negli articoli successivi è richiamata la legge straniera, si tiene conto del rinvio operato dal diritto internazionale privato straniero alla legge di un altro Stato [...]. Possiamo fermarci qui. Se il criterio di collegamento del SIDIP individua il diritto materiale italiano, nulla quaestio.

DM = diritto materiale; DIP = diritto internazionale privato

Ma quando il SIDIP rinvia ad una legislazione straniera, il primo oggetto d'analisi non dovrà essere (come un tempo) la legislazione materiale di quel Paese, ma il suo diritto internazionale privato.

Se l'ordinamento a tale livello individuato sarà quello del medesimo Paese, tale legislazione materiale sarà senz'altro applicabile.

Se invece il diritto internazionale privato del Paese straniero indirizza ad un altro ordinamento, il SIDIP dispone che di tale rinvio si tenga conto solo in due ipotesi. Innanzitutto: se si tratta di rinvio alla legge italiana.

Oppure: se il diritto di tale Stato accetta il rinvio. Ciò implica che,

prima di indagarne la legislazione materiale, si sottoponga ad esame il diritto internazionale privato del “Paese Y”.

Se il diritto internazionale privato del terzo Paese accetta il rinvio, la questione è così risolta.

Ma se così non è, si dovrà per lo più concludere per l'applicazione della normativa materiale del Paese individuato in prima battuta dalla disposizione del SIDIP. Il che dà vita ad un'evidente distonìa: si va ad applicare il diritto materiale di un ordinamento che, per così dire, non vuole essere applicato, in quanto il suo diritto internazionale privato indirizza altrove.

Si è infatti affermato, pur nell'assenza di un supporto testuale in tal

senso, che qualora il diritto internazionale privato del "terzo Paese" rinvii alla legislazione italiana, tale rinvio debba essere accettato. In effetti, non è per nulla irragionevole preferire il ricorso alla legge materiale italiana, quando richiamata dal diritto internazionale privato straniero (e che ha dunque dalla sua una credibile catena legittimante) rispetto all'applicazione di una legislazione che, come si osservava al punto precedente, non vuole essere applicata.

Il diagramma completo finisce con l'assomigliare preoccupantemente ad un articolato gioco dell'oca 4.

Non è però solo l'aspetto quantitativo, l'elevato numero di sistemi e sottosistemi giuridici da prendere in considerazione, a rendere assai complicata la vita dell'operatore pratico. C'è un ulteriore profilo da tenere presente: ogni sistema internazionalprivatistico va applicato (per così dire) dal suo interno, utilizzando le categorie e classificazioni proprie della cultura giuridica in cui è inserito. La sua cultura, insomma.

Si prenda ad esempio la donation entre époux, figura negoziale tipica del diritto francese con la quale due coniugi convengono che alla morte del primo tutto il suo patrimonio passi all'altro. Figura

4 Prendo a prestito la battuta da Emanuele CALO', op. cit. p. 611.

inammissibile per la nostra legislazione materiale, in quanto in violazione del divieto di patti successori (principio certamente in fase di affievolimento, ma ancora certamente capace di proiettare sin qui la sanzione di nullità). Immaginiamo che una coppia di coniugi francesi, residenti in Francia, stipuli in Francia una donation entre époux che finisca con l'interessare anche un immobile in Italia. Ipotesi, come si vede, tutt'altro che di scuola.

Come inizia la nostra indagine? Sul velluto, verrebbe fatto di dire. Che si voglia considerare la donation entre époux un istituto successorio, una figura donativa od una convenzione matrimoniale, il SIDIP ci indirizzerà comunque verso il diritto francese, in quanto legge nazionale del defunto (articolo 46) e/o donante (articolo 56) nonché legge comune dei coniugi (articoli 29/30). Non è d'ostacolo l'articolo 51, in quanto, se è vero che secondo il dettato di quella norma il possesso, la proprietà e gli altri diritti reali sui beni mobili ed immobili sono regolati dalla legge dello Stato in cui i beni si trovano. La stessa legge ne regola l`acquisto e la perdita, è introdotta un'eccezione che copre interamente la nostra fattispecie: salvo che in materia successoria e nei casi in cui l`attribuzione di un diritto reale dipenda da un rapporto di famiglia o da un contratto.

Non resta, a questo punto, che ricercare la soluzione che il diritto internazionale privato francese dà in materia di donation entre époux. Trattandosi di una figura tipica di quell'ordinamento, ci si accosterà probabilmente a questa indagine con un certa serenità, immaginando di trovare risposte ragiovenolmente consolidate e tranquillizzanti per il pratico. Speranza che non potrebbe essere peggio riposta: règle de conflit incertaine, ci informa anzi l'aureo manuale di Mariel Revillard 5 sin dal titolo del paragrafo dedicato alla questione. La dottrina e la giurisprudenza francese non sono insomma pervenute ad una soluzione verosimilmente affidabile della questione.

Limitiamoci alle due ipotesi principali. Qualora si ragioni in termini di convenzione matrimoniale, il diritto internazionale privato francese indirizzerà alla legge nazionale dei coniugi, e dunque alla legge materiale francese, e si dovrà quindi concludere per la validità della donation entre époux. Qualora la si qualifichi invece come istituto successorio, occorrerà tener presente che l'ordinamento francese è, come si suol dire, scissionista: applica la legge della residenza ai beni

5 Droit international privé et pratique notariale, quinta edizione, Paris 2001, p. 308. Il testo, estremamente interessante e completo, è assai diffuso nella pratica notarile di molti Paesi, Italia non esclusa, ed è recentemente giunto alla sua sesta edizione.

mobili, ma la lex rei sitae agli immobili. Avremo quindi un rinvio indietro all'ordinamento italiano, che il SIDIP accetta, onde si avrà nullità della donation entre époux (almeno per quanto concerne il bene in Italia).

In casi come questo, il giudizio di ultima analisi che il sistema giuridico italiano emette sulla validità di un negozio avente ad oggetto immobili in Italia, su una figura quindi che coinvolge direttamente valori ed interessi tradizionalmente ben ancorati al cuore di un ordinamento come il nostro, dipende dalla soluzione che si voglia dare ad una controversia questione di diritto internazionale privato straniero. Una congiuntura, lo si dovrà ben ammettere, non poi così banale.

Analoga avvertenza dovrà essere formulata in relazione agli ordinamenti plurilegislativi. Anche qui, infatti, il problema non risiede tanto nell'accertare che (per limitare l'esempio a Spagna ed USA) in California (come ci ricordava ieri la professoressa Ferreri) ed in una parte dell'Extremadura il regime di default è la comunione, mentre in Catalogna (come ci ha ricordato la professoressa Zambrano) e New Jersey è la separazione. La sfida tecnicamente più impegnativa è quela proposta dall'articolo 18 SIDIP: se nell`ordinamento dello Stato richiamato dalle disposizioni della presente legge coesistono più sistemi normativi a base territoriale o personale, la legge applicabile si determina secondo i criteri utilizzati da quell'ordinamento. Tali criteri possono essere di tutt'altro che agevole individuazione. Secondo la prevalente giurisprudenza statunitense, ad esempio, può accadere che il regime di comunione dei beni californiano torni applicabile, ricorrendo determinate condizioni, a coppie non residenti in quello Stato.

Proviamo dunque a riepilogare le fonti di incertezza sin qui individuate:

• conoscenza ed applicazione del diritto internazionale privato straniero;

• conoscenza ed applicazione del diritto materiale straniero;• mutamento dei collegamenti nel tempo;• successione delle leggi nel tempo;

cui può aggiungersi l'interazione tra il diritto materiale straniero ed istituti della lex fori e della lex rei sitae: basti richiamare alle mente l'inchiostro versato in tema di rapporti tra comunione legale ed accessione. Tutto questo non va considerato solo dal punto di vista del professionista, il cui compito è peraltro reso indubitabilmente assai complesso. La prospettiva più importante è ovviamente quella

della coppia straniera, specialmente se immigrata, per la quale ogni elemento di incertezza rischia di trasformarsi in un ostacolo ai rapporti economici, in una fonte di rallentamento, in occasioni perdute, ed in definitiva in maggiori costi.

Lo strumento che il SIDIP appronta all'articolo 30, la cosiddetta professio (od optio) iuris, appare però in grado di dare idonea soluzione a molte di queste difficoltà. Dispone la norma che:

1. I rapporti patrimoniali tra coniugi sono regolati dalla legge applicabile ai loro rapporti personali. I coniugi possono tuttavia convenire per iscritto che i loro rapporti patrimoniali sono regolati dalla legge dello Stato di cui almeno uno di essi è cittadino o nel quale almeno uno di essi risiede.

2. L'accordo dei coniugi sul diritto applicabile è valido se è considerato tale dalla legge scelta o da quella del luogo in cui l'accordo è stato stipulato.

La coppia straniera residente in Italia opterà per lo più per il diritto italiano, adottando con ciò un paradigma familiare agli abituali interlocutori. Non manca qualche profilo di (modesta) criticità, che merita comunque un esame, cui sono dedicate le righe che seguono.

Va subito sgombrato il campo da un possibile dubbio: nessuna interferenza è ipotizzabile tra la norma del SIDIP e l'articolo 161 del codice, che sulla scorta di una tradizione risalente al Code Napoleon stabilisce che gli sposi non possono pattuire in modo generico che i loro rapporti patrimoniali siano in tutto o in parte regolati da leggi alle quali non sono sottoposti o dagli usi, ma devono enunciare in modo concreto il contenuto dei patti con i quali intendono regolare questi loro rapporti. Basterebbe forse osservare che la norma del SIDIP è lex posterior, ma vi è soprattutto una più strategica ragione strutturale: la norma internazionalprivatistica agisce ad un livello distinto e logicamente prioritario rispetto alla disposizione di diritto materiale interno. Il richiamo all'articolo 161 sarà pertinente, in altri termini, solo una volta che sia definita l'applicabilità alla fattispecie del diritto italiano, e la professio iuris opera precisamente a tale livello, onde nessuna interferenza appare possibile.

Cautela deve invece osservarsi intorno alla compatibilità dell'optio iuris con l'ordine pubblico internazionale. Da un lato, non potrà evidentemente procedersi ad alcuna professio quando il matrimonio non sia conforme all'ordine pubblico internazionale: gli esempi più ovvi sono quelli del matrimonio poligamico e di quello omosessuale, almeno allo stato dell'arte. Ma non solo di questo si tratta: sarà da

reputarsi inammissibile l'optio a favore di sistemi giuridici il cui contenuto sia incompatibile con l'ordine pubblico internazionale. E' il caso, probabilmente, delle legislazioni che sanciscano uno status inaccettabilmente deteriore per la donna.

Una questione di non ovvia soluzione è quella posta dal rapporto tra il primo ed il secondo comma dell'articolo 30 SIDIP. Al primo comma si legge che I coniugi possono tuttavia convenire per iscritto che i loro rapporti patrimoniali sono regolati .. Al secondo l'accordo dei coniugi sul diritto applicabile è valido se è considerato tale dalla legge scelta o da quella del luogo in cui l`accordo è stato stipulato.

Prima facie verrebbe fatto di concludere che il primo comma disciplina la forma della professio (imponendo lo scritto), e la seconda la sostanza. Così opinando, però, si ricostruirebbe la norma del primo comma come contenente una disposizione di diritto materiale, in contrasto con la funzione puramente internazionalprivatistica del testo. E' infatti prevalente una differente e più articolata lettura. Il secondo comma disciplinerebbe sia la forma che la sostanza del negozio: il richiamo alla forma scritta contenuto nel primo comma fungerebbe quale limite all'operatività del criterio di collegamento. La validità formale dell'optio, secondo tale prevalente opinione, è insomma da valutare secondo quanto indicato al secondo comma: dovrà solo negarsi cittadinanza gli accordi non scritti, anche laddove reputati validi dall'ordinamento individuato al secondo comma.

Tale approccio ha un immediato riflesso pratico: l'optio eseguita in Italia ed a favore del diritto italiano dovrà aver luogo confermemente alle norme materiali italiane in materia di convenzioni matrimoniali: non sarà dunque sufficiente la forma scritta, ma occorrerà l'atto pubblico con la partecipazione dei testi.

Benché l'articolo 30 utilizzi l'espressione i coniugi, non si può dubitare che tale accordo possa anche precedere il matrimonio, ed essere conluso in previsione del medesimo. In tal senso un'ininterrotta tradizione, e va anzi ricordato che in tempi non poi così lontani le convenzioni matrimoniali potevano aver luogo solo prima delle nozze.

Ai sensi dell'articolo 23 SIDIP la capacità d'agire sarà apprezzata secondo la legge nazionale della singola parte.

Di non sicurissima soluzione la questione della caduta del collegamento. Ai sensi dell'articolo 30 SIDIP, può essere richiamata la legge dello Stato di cui almeno uno dei coniugi è cittadino o nel

quale almeno uno di essi risiede. Che accade se, ad esempio, una coppia di senegalesi che durante la propria residenza in Italia ha optato per la legge del nostro Paese, si trasferisce in Inghilterra? Sembra di dover concludere per la sopravvivenza dell'efficacia della professio iuris, sulla base del più classico degli argomenti a contrariis. L'articolo 46 comma 2 SIDIP, nel disporre un'analoga possibilità di scelta della legislazione applicabile in capo al testatore, precisa infatti che la scelta non ha effetto se al momento della morte il dichiarante non risiedeva più in tale Stato. L'assenza nel nostro caso di una riserva di tal fatta fa preferire, come accennato, la soluzione favorevole alla perdurante efficacia della scelta convenzionale.

Nel consigliare alla coppia straniera residente nel nostro Paese la professio iuris, occorrerà sempre tenere ben presente una possibilità: che l'optio non sia efficace nel Paese d'origine, e con qualche probabilità anche in alcuni altri stati. Così ad esempio 6 per il Giappone, la cui legislazione non ammette alcuna deroga al regime legale; lo stesso accade nel caso della Romania 7. In ipotesi come queste, la coppia si troverebbe sottoposta ad (almeno) due regimi patrimoniali distinti: quello italiano in Italia, e quello locale nel Paese d'origine. Il che potrebbe tutto sommato rivelarsi un assetto non privo di una sua praticità, a condizione di averne ben valutato le implicazioni. Nei rapporti con gli ordinamenti dei Paesi terzi ci troveremo di fronte a soluzione variabili.

Un profilo fonte da tempo di difficoltà (in larga parte evitabili, come tra un istante si osserverà) è quello pubblicitario. Secondo l'articolo 30 comma 3 del SIDIP Il regime dei rapporti patrimoniali fra coniugi regolato da una legge straniera è opponibile ai terzi solo se questi ne abbiano avuto conoscenza o lo abbiano ignorato per loro colpa. Relativamente ai diritti reali su beni immobili, l'opponibilità è limitata ai casi in cui siano state rispettate le forme di pubblicità prescritte dalla legge dello Stato in cui i beni si trovano.

La legge sembra insomma solo occuparsi del problema dell'opponibilità ai terzi di una legge straniera. Ma la vita è più complicata di così; l'ipotesi di lavoro che ci occupa ne è d'altronde buona testimone, giacché ci pone dinanzi ad una problematica che sarà per lo più esattamente rovesciata: l'opponibilità dell'opzione per la legge italiana da parte di soggetti che sarebbero di regola sottoposti ad una legislazione straniera.

6 Esempio proposto da Mariel REVILLARD, op. cit., p. 156.7 Devo lo spunto ad una conversazione con l'amico Eugen BACULEA, notaro in

Targu Mures, Romania.

Alla questione sembrava aver dato soluzione il DPR 396/2000, articolo 19: su richiesta dei cittadini stranieri residenti in Italia possono essere trascritti, nel comune dove essi risiedono, gli atti dello stato civile che li riguardano formati all'estero [...]. L'annotazione della professio a calce di tale trascrizione assicura l'idonea pubblicità della scelta operata dai coniugi, ai sensi dell'articolo 162, quarto comma, del codice civile; quel che è ancora più importante, l'assenza di annotazioni dà conto della vigenza del regime di default 8. A condizione, naturalmente, che le annotazioni siano possibili!

Proprio su questo punto è però inopinatamente intervenuta la Circolare MIACEL n. 2 - 26/3/2001, secondo la quale la trascrizione dei matrimoni celebrati all'estero non ammetterebbe annotazioni, con ciò compromettendo (ma forse dovrebbe dirsi: azzerando) l'utilità pratica, almeno sul fronte patrimoniale, della trascrizione medesima.

Ha fatto fortunatamente giustizia di tale singolare atteggiamento una recente pronunzia del Tribunale di Venezia 9, che ha tra l'altro correttamente osservato come non vi sia alcuna ragione per immaginare che il legislatore, nel disporre la trascrizione di tali matrimoni, abbia voluto dar vita ad un istituto giuridico di nuova fattura. Saranno dunque applicabili anche a tale trascrizione tutte le regole consuete, ivi comprese quelle sull'annotazione. Il Giudice veneziano si è dovuto pure occupare della legittimazione del notaio a richiedere la formalità pubblicitaria, curiosamente negata dall'Ufficiale dello Stato Civile e riaffermata dal Tribunale ai sensi dell'articolo 1 della legge notarile (89/1913).

Buio pesto, però, per i coniugi non residenti in Italia, che non possono profittare del disposto del DPR 396. E' anzi vagamente ironico, per quanto concerne gli acquisti immobiliari in Italia, che il SIDIP (articolo 30 comma 3) disponga che relativamente ai diritti reali su beni immobili, l'opponibilità è limitata ai casi in cui siano state rispettate le forme di pubblicità prescritte dalla legge dello Stato in cui i beni si

8 E' inesatto, quando si è dinanzi a situazioni con profili di internazionalità, affermare che l'assenza di annotazioni documenta la vigenza della comunione legale dei beni: la conclusione è corretta solo laddove sia applicabile il diritto italiano. Qualora il regime patrimoniale sia disciplinato da un diritto straniero, l'assenza di annotazioni starà a significare la vigenza del relativo regime di default. Così ad esempio, nel caso di una coppia formata da un inglese ed un'italiana, sposatasi in Italia ma la cui vita matrimoniale sia localizzata a Londra, all'assenza di annotazioni corrisponderà l'applicazione della separazione di beni di diritto inglese.

9 Decreto 15/9/2006 n. 470 in Guida al Diritto, novembre 2006, n. 1, p. 83.

trovano. La forma di pubblicità prescritta, ai sensi dell'articolo 162 del Codice Civile, sarebbe infatti proprio l'annotazione nei registri dello Stato Civile, che in definitiva il legislatore da una parte, col SIDIP, impone (o perlomeno presuppone), e d'altra parte, col DPR 396, vieta agli stranieri non residenti.

Per risolvere l'impasse si propone per lo più di dar conto della professio juris nel quadro D della nota di trascrizione. Soluzione del tutto insoddisfacente: il quadro D contiene infatti informazioni non espressamente previste dal Codice, e come è ben noto il sistema pubblicitario immobiliare è improntato alla più rigorosa tipicità. Non si può che concludere che, difettando la natura dichiarativa, tale pubblicità sarà di assai dubbia efficacia giuridica.

Un'ultima annotazione operativa. Può ben darsi che una coppia sia contemporaneamente soggetta ad una pluralità di legislazioni. Immaginiamo una coppia di inglesi, da sempre stabilmente dimoranti a Londra, e supponiamo che un coniuge si accinga ad acquistare un immobile in Italia. Secondo il SIDIP, tale coppia è sottoposta alla legge inglese, che prevede la separazione dei beni. Quel diritto prevede però che per gli immobili si applichi la lex rei sitae. Avremo dunque un rinvio indietro, accettato dal SIDIP, con conseguente parziale applicazione della legge italiana: in difetto di convenzione, la comunione legale. Laddove i coniugi desiderino però che il nuovo acquisto rientri nel regime di separazione, si presenteranno dinanzi a noi due soluzioni forse equivalenti sul piano pratico ma concettualmente ben distinte. I coniugi potranno sicuramente optare per l'applicazione della legge inglese anche agli acquisti immobiliari in Italia: una normale professio iuris, ancorché (diversamente dagli esempi sin qui fatti) a favore di una legislazione straniera. In alternativa, i coniugi potranno tener ferma l'applicazione del diritto italiano, e muoversi (per così dire) al suo interno, scegliendo il regime di separazione dei beni. Non c'è ragione per escludere che una simile convenzione sia perfettamente ammissibile anche qualora il diritto italiano disciplini, come in questo caso, solo una porzione dei rapporti giuridici che fanno capo alla coppia.

Grazie a tutti per l'attenzione.