Upload
hoangdung
View
219
Download
0
Embed Size (px)
Citation preview
MED EXECUTIVE BRIEFING
TTuunniissiiaa ee MMaarrooccccoo:: dduuee ppeerrccoorrssii ddii ccaammbbiiaammeennttoo aa ccoonnffrroonnttoo
Palazzo Clerici, 8 novembre 2011
Dossier a cura del Programma Mediterraneo dell’ISPI
L’incontro è realizzato con il sostegno di
Tunisia
1. Il risultato elettorale
2. Le cause della rivolta
3. Le riforme della transizione
4. Il quadro macroeconomico
5. Interscambio commerciale
6. Investimenti diretti esteri
Marocco
7. Riforme e Referendum
8. Verso le elezioni
9. Problematiche socio-economiche
10. Il quadro macroeconomico
11. Interscambio commerciale
12. Investimenti diretti esteri
13. I grandi progetti infrastrutturali
Approfondimento
14. Gli aiuti internazionali ai paesi della primavera araba
TTUUNNIISSIIAA EE MMAARROOCCCCOO:: DDUUEE PPEERRCCOORRSSII DDII CCAAMMBBIIAAMMEENNTTOO AA CCOONNFFRROONNTTOO
IINNDDIICCEE DDEELL DDOOSSSSIIEERR
Le prime elezioni libere e democratiche del dopo Ben Ali, svoltesi lo scorso 23 ottobre, hanno consacrato la vittoria del partito islamico Ennhada –
bandito sotto il precedente regime – che ottiene 90 dei 217 seggi dell’Assemblea costituente. Modesta è stata invece la performance dei partiti laici.
L’Assemblea costituente è incaricata di redigere la futura Costituzione del paese e di nominare un nuovo governo. I leader di Ennhada si sono
mostrati disponibili a formare un’ampia coalizione di partiti per guidare la Tunisia verso le elezioni legislative e presidenziali una volta che la nuova
Costituzione sarà approvata.
PARTITI e LISTE Seggi Orientamento politico e principali caratteristiche
Mouvement Ennahda 90
Conservatore islamico (si ispira all’Akp turco), guidato da Rachid Gannouchi: a favore di uno stato laico e
rispettoso del carattere laico e aperto della società tunisina; sostiene la parità di genere.
Congrès pour la république (CPR) 30
Centro-sinistra, liberale guidato da Moncef Marzouki (attivista diritti umani): campagna elettorale improntata
su i diritti civili. Ha rifiutato finanziamenti da imprenditori privati.
Forum démocratique pour le travail et les
libertés (Ettakatol) 21 Centro-sinistra, guidato da Mustafa Ben Jaafar (medico ed ex ministro della Salute): campagna elettorale
focalizzata sulla lotta alla corruzione, sulla trasparenza e sulla parità di genere.
Pétition populaire pour la liberté, la justice
et le développement (Aridha) 19
È guidato dall’imprenditore Mohamed Hechmi Hamdi (proprietario a Londra di un canale televisivo) e conta
alcuni ex-membri del Rassemblement constitutionnel démocratique (Rcd) (si dice fosse vicino a Ben Ali). Le
sue liste in sei distretti sono state interdette per non avere rispettato le scadenze del processo pre-elettorale e a
causa di irregolarità nei finanziamenti elettorali.
Parti démocrate progressiste (PDP) 17
Centro-sinistra, guidato da Nejib Chebbi (avvocato e politico di lunga data): propone un aumento del salario
minimo e la deregolamentazione per favorire il flusso d’investimenti esteri.
Pôle démocratique moderniste (PDM) 5 Coalizione di 9 tra partiti e movimenti; sostiene la laicità dello stato e la parità di genere.
Al Moubadara (parti de l’initiative) 5
Centrista: riunisce esponenti del vecchio regime e reclama il diritto di ex-membri del Rcd a partecipare in
politica.
Afek Tounes 4 Centro-destra, liberista
Parti communiste des ouvriers de Tunisie
(PCOT) 3 Sinistra radicale (marxista-leninista): campagna per i diritti dei lavoratori, a favore della nazionalizzazione di
proprietà straniera, rafforzamento del welfare e fortemente anti-islamista.
Altre liste e candidati indipendenti 21
Totale 217
11.. TTUUNNIISSIIAA –– IILL RRIISSUULLTTAATTOO EELLEETTTTOORRAALLEE
Lo scoppio della “rivoluzione dei gelsomini”, che ha portato alla caduta di Ben Ali il 14 gennaio 2011,
è stata la miccia delle rivolte che per effetto contagio si sono diffuse alla gran parte dei paesi del mondo
arabo.
Fino a un anno fa la Tunisia veniva indicata
come un esempio di stabilità politica e
sviluppo economico. In realtà, tuttavia, forti
contraddizioni interne e iniquità socio-
economiche accompagnate da uno stretto
controllo della vita pubblica e dei mezzi di
informazione, anche attraverso un capillare
apparato poliziesco, da forti restrizioni delle
libertà politiche e individuali e dalla
repressione del dissenso caratterizzavano il
paese. Sotto Ben Ali, l’esecutivo e il partito di governo, il Rassemblement constitutionnel démocratique
(Rcd), controllavano tutte le istituzioni politiche. Al Rcd era, inoltre, garantita la maggioranza nel
Consiglio superiore della magistratura, che aveva il potere di nominare e rimuovere i giudici nonché di
adottare provvedimenti disciplinari nei loro confronti, compromettendone l’indipendenza. I partiti di
opposizione, otto quelli legali, mancavano di una base popolare ed erano incapaci di influire sulla vita
politica del paese. Nel 2002 un emendamento costituzionale, che aboliva il limite dei mandati
presidenziali, aveva consentito a Ben Ali di presentarsi nuovamente ed essere eletto nel 2004 e nel
2009.
Sul piano economico, il regime di Ben Ali già a partire dalla fine degli anni Ottanta aveva intrapreso un
graduale processo di riforme economiche sotto l’egida del Fondo monetario internazionale e della
Banca mondiale dopo decenni di politiche stataliste. Un’accelerazione del processo riformatore si è
avuta nel primo decennio di questo secolo con una serie di liberalizzazioni e privatizzazioni (dal 2006)
per favorire l’integrazione del paese nell’economia globale. Se la Tunisia ha conosciuto negli ultimi
anni una crescita economica rilevante, lo sviluppo economico tunisino è stato però caratterizzato da
forti squilibri e i ceti meno abbienti hanno sofferto delle ricadute negative delle trasformazioni
economiche. Da una parte, la crescita economica e gli investimenti esteri si sono concentrati nelle zone
costiere urbane, escludendo quasi totalmente le zone rurali dove i tassi di povertà e disoccupazione sono
rimasti elevati. In secondo luogo, l’alto livello di corruzione e le relazioni clientelari hanno influito
negativamente, favorendo gli sprechi e impedendo un’equa ridistribuzione delle risorse. Uno dei
problemi principali dell’economia tunisina è dato dall’elevata disoccupazione (si veda scheda 4),
soprattutto giovanile (in particolare, i giovani laureati hanno difficoltà a entrare nel mondo del lavoro).
Secondo stime non ufficiali, la disoccupazione giovanile è aumentata notevolmente nel corso degli anni:
per la fascia tra i 20-24 anni, si è passati dal 25,4% nel 1994 al 30,7% del 2007, mentre la
disoccupazione tra i neolaureati è raddoppiata in una decade: dal 22,1% del 1999 al 44,9% nel 2009. Il
problema è particolarmente grave se si considera che in Tunisia il 41,6% della popolazione è al di sotto
dei 24 anni.
Già dal 2008, le zone povere rurali avevano conosciuto proteste sporadiche a causa del progressivo
abbassamento degli standard di vita, della crescente disoccupazione e del rincaro dei beni alimentari.
Proprio la disaffezione nei confronti del regime unita al profondo deficit democratico e al crescente
malcontento socio-economico è alla base delle proteste che hanno portato alla rivolta interna.
22.. TTUUNNIISSIIAA -- LLEE CCAAUUSSEE DDEELLLLAA RRIIVVOOLLTTAA
Indici di apertura politica (2010)
Indice di democrazia 144° su 167
Score 2,64 (su 10)
Political rights score (1-7) 7, non libero
Civil liberties score (1-7) 5, non libero
Indice di corruzione percepita (0-10) 4,3 (59° su 178)
Libertà di stampa (0-100) 78, non libero
Debolezza dello stato (0-10) 7,61 (112° su 141)
Fonte: Eiu; Freedom House; Transparency International; Brookings
Institution.
I governi ad interim che hanno guidato il paese verso le elezioni dell’Assemblea costituente si sono
trovati a dover conciliare le richieste del popolo tunisino con le difficoltà pratiche della transizione.
L’impossibilità di indire a breve termine le elezioni, senza una previa riforma del sistema elettorale, ha
reso la situazione ancora più complessa. La mancanza di un mandato elettorale ha avuto ripercussioni
sulla popolarità e sulla legittimità di molti provvedimenti dell’esecutivo, attirando critiche e
incoraggiando ulteriori proteste.
Dopo la breve parentesi dei governi di Mohammed Ghannouchi, premier dal 1999 e importante
esponente del regime di Ben Ali, il governo ad interim è stato guidato da Beji Caid-Essebsi, figura
istituzionale, che avendo ricoperto cariche ministeriali prima della salita al potere di Ben Ali è stato
accolto più favorevolmente del suo predecessore.
I primi provvedimenti presi a gennaio e febbraio hanno contribuito a delineare la struttura istituzionale
che avrebbe guidato la transizione: la Corte costituzionale ha nominato Fouad Mebazaa, allora
presidente della Camera, presidente ad interim della Repubblica e investito il governo del potere di
legiferare per decreto per bypassare il parlamento dominato dal Rcd. Il primo ministro ha incaricato la
Commissione per le riforme politiche – divenuta da quel momento “Alta istanza per il raggiungimento
degli obiettivi della rivoluzione, della riforma politica e della transizione democratica” – ad adottare le
procedure necessarie per l’elezione della Costituente. Ha preso così il via una nuova fase, in cui l’Alta
istanza è divenuta un attore chiave e l’istituzione principale della transizione. È stata poi costituita una
commissione ad hoc, l’Istanza superiore indipendente per le elezioni (Isie), formata da esperti, giuristi
ed esponenti della società civile della gestione delle elezioni per l’Assemblea costituente insieme al
governo. Inoltre, sono stati presi provvedimenti per aprire il sistema politico e garantire maggiori
libertà ai mezzi d’informazione; sono stati legalizzati partiti politici di opposizione, incluso il partito
conservatore d’ispirazione islamica Ennahda, e sono stati liberati i prigionieri politici.
Una delle questioni più problematiche ha riguardato le forze di sicurezza per la difficoltà di conciliare le
richieste della popolazione di riformare il corpo di polizia, principale strumento di repressione del
passato regime, con la necessità di mantenere l’ordine interno. La riforma delle forze di sicurezza è
stata oggetto di forti critiche a causa della scarsa trasparenza che l’ha contraddistinta finora. Il governo
si è limitato a comunicare lo scioglimento della polizia segreta senza però fornire dettagli: non si sa se il
personale e gli agenti siano stati semplicemente licenziati o se siano stati trasferiti ad altre unità o
mansioni.
Il governo ha anche intrapreso iniziative per limitare l’influenza della vecchia élite: il Rcd è stato sciolto
e i suoi beni confiscati, mentre gli esponenti di maggiore rilievo del regime sono stati sollevati dai posti
di responsabilità nelle istituzioni. Inoltre, si è deciso di perseguire legalmente Ben Ali, sua moglie e
alcuni dei familiari per crimini contro la pubblica amministrazione e altri reati come possesso illegale di
armi, violazione di diritti umani e abusi. Dopo che l’Arabia Saudita ne ha rifiutato l’estradizione – Ben
Ali si è rifugiato a Gedda con la famiglia – l’ex-dittatore è stato processato e condannato in contumacia
per appropriazione indebita a giugno e ancora a luglio per possesso illegale di armi. Inoltre, sono state
sequestrate ingenti somme di denaro di cui si erano illecitamente impossessati alte cariche del regime,
mentre altre sono state localizzate in conti bancari esteri.
Sul piano economico, il governo ad interim non è però riuscito a delineare un piano omogeneo per il
rilancio della crescita e per la risoluzione delle questioni socio-economiche che hanno contribuito a
innescare la rivoluzione. Tuttavia, mancando di mandato popolare difficilmente il governo ad interim
sarebbe riuscito a raccogliere consensi su una decisione dal forte carattere politico come la
ristrutturazione economica.
33.. TTUUNNIISSIIAA -- LLEE RRIIFFOORRMMEE DDEELLLLAA TTRRAANNSSIIZZIIOONNEE
Le rivolte e l’instabilità politica hanno inevitabilmente avuto ripercussioni negative anche sul piano
economico. Tuttavia, la Tunisia ha affrontato il periodo d’instabilità partendo da una posizione
economica relativamente positiva, nonostante la crisi finanziaria internazionale del 2009. Il deficit e il
debito pubblico sono rimasti ampiamente sotto controllo. La crescita invece è diminuita tra il 2008 e il
2009, in parte a causa delle ricadute della crisi nei paesi europei, principali partner commerciali tunisini
(si veda scheda 5). Nonostante ciò, il tasso di crescita è rimasto positivo e nel 2010 si è avuto un
aumento al 3,7% rispetto al 3,1% del 2009. Le previsioni di crescita sono negative per il 2011, 0,0%,
mentre una ripresa è attesa per il 2012, 3,9%. Dallo scoppio della rivolta i settori che hanno sofferto
maggiormente sono l’industria del turismo, le cui entrate nei primi sei mesi del 2011 sono diminuite del
51% rispetto allo stesso periodo del 2010 (Banca centrale tunisina), il settore manifatturiero, la cui
produzione è diminuita a causa dei ripetuti scioperi e gli investimenti diretti esteri (si veda scheda 5). Il
rallentamento dell’economia contribuisce a mantenere elevato il livello di disoccupazione: 13% secondo
i dati ufficiali.
Il bilancio per il 2011 è stato rivisto dal governo ad interim per far fronte alle difficoltà economiche e
alle richieste dei manifestanti e la spesa pubblica è stata aumentata per sostenere la ripresa economica.
L’aumento della spesa pubblica unita alla contrazione delle entrate (soprattutto per il calo del turismo e
degli Ide) porterà a un peggioramento del bilancio statale tunisino. Le proiezioni (Economist
Intelligence Unit) prevedono che il debito alla fine del 2011 superi i livelli precedenti alla crisi
finanziaria (50,1% nel 2007),
raggiungendo il 51,6% del Pil,
interrompendo la tendenza positiva
che negli ultimi anni aveva garantito
una progressiva riduzione del debito.
Nel 2012, anno in cui le misure post-
rivolte faranno sentire interamente il
loro peso sul bilancio pubblico,
l’indebitamento dovrebbe aumentare
ulteriormente (56,4%). Tuttavia, a
partire dal 2012 si prevede che le
spese comincino a scendere grazie
anche al progressivo calo del prezzo
del petrolio, di cui la Tunisia è
importatore netto.
44.. TTUUNNIISSIIAA –– IILL QQUUAADDRROO MMAACCRROOEECCOONNOOMMIICCOO
Fonte: Dati Economist Intelligence Unit.
Quadro Macroeconomico in serie storica (%Pil)
2007 2008 2009 2010 2011* 2012*
Crescita
6,3% 4,6% 3,1% 3,7% 0,0%
a 3,9%
a
Debito 50,1% 46,4% 46,7% 48,0% 51,6% 56,4%
Deficit -2,8% -0,8% -3,0% -4,6% -9,1% -7,9%
Inflazione 3,4% 4,9% 3,5% 4,4% 4,0% 3,7%
Disoccupazione 12,4% 12,4% 13,3% 13,0 % 16,0% 15,8% Fonte: World Bank, Eiu; *Stime Eiu; a proiezioni Fmi; inflazione prezzi al consumo; dati
disoccupazione basati su fonti ufficiali governative
L’Unione europea (Ue) è il primo partner commerciale della
paese con un interscambio commerciale che rappresenta il
70% del commercio estero tunisino. La Tunisia è legata
all’Ue da un Accordo di associazione firmato nel 1995 ed
entrato in vigore nel 1998, dal 2008 è in vigore il libero
scambio per i prodotti industriali con l’Ue. Dopo la
contrazione subita tra il 2008 e il 2009 (-12,6%),
l’interscambio commerciale con l’Ue e, in particolare, con
l’Italia (secondo partner commerciale dopo la Francia) ha
conosciuto una sostanziale ripresa, rispettivamente €20.585 e
€5.760 milioni, superando i valori del 2008. Nel caso
specifico dell’Italia, l’aumento dell’interscambio commerciale
è stato trainato dalle esportazioni italiane verso la Tunisia che nel 2010 sono aumentate di quasi il 35%
rispetto al 2009, raddoppiando il surplus della bilancia commerciale.
55.. TTUUNNIISSIIAA –– IINNTTEERRSSCCAAMMBBIIOO CCOOMMMMEERRCCIIAALLEE
Interscambio Commerciale dell’Italia con la Tunisia in serie storica
Importazioni
(milioni €)
Variazione*
(%)
Esportazioni
(milioni €)
Variazione*
(%)
Saldo
(milioni
€)
Valore
Totale
(milioni €)
2008 2.329 -5,1 2.954 1,7 625 5.283
2009 2.037 -12,6 2.543 -13,9 506 4.580
2010 2.331 14,4 3.429 34,9 1.098 5.760
2010 (H1) 1.225 - 1.716 - 491 2.940
2011 (H1) 1.247 1,8 1.545 -9,9 299 2.792 Fonte: dati Istat/Mincomes. H1 = primo semestre; * variazione rispetto all’anno precedente.
Interscambio Commerciale dell’Ue con la Tunisia in serie storica
Importazioni
(milioni €)
Variazione*
(%)
Esportazioni
(milioni €)
Variazione*
(%)
Saldo
(milioni €)
Valore
Totale
(milioni €)
2008 9.500 5,8 9.909 4,3 409 19.408
2009 7.901 -16,8 9.021 -9,0 1.120 16.922
2010 9.511 20,4 11.071 22,7 1.560 20.582
2010 (Q1) 2.285 - 2.481 - 196 4.766
2011 (Q1) 2.337 2,3 2.469 -0,5 132 4.806 Fonte: dati Dg Trade/Eurostat. Q1=primo trimestre. * variazione rispetto all’anno precedente.
Principali partner commerciali (2010)
Partner milioni € %
Ue27 20.582 70,1%
Libia 1.175,6 4,0%
Cina 912,0 3,1%
Algeria 816,6 2,8%
Turchia 785,9 2,7%
Stati Uniti 762,5 2,6% Fonte: dati Dg Trade/Eurostat.
Le rivolte e l’instabilità politica che ne è seguita hanno avuto un impatto negativo sugli investimenti diretti esteri
(Ide). Secondo l’Osservatorio Anima/Mipo, nella prima metà del 2011 gli annunci di progetti di investimenti in
Tunisia sono crollati del 40%, sebbene l’ammontare non sia diminuito grazie a grandi investimenti nel settore
degli idrocarburi. Dal picco del 2006 gli Ide
verso la Tunisia hanno subito un progressivo
calo soprattutto come conseguenza della crisi
economica internazionale. Nel periodo 2008-
2010 i principali investitori sono stati il Qatar
(€386 milioni), la Francia (€260 milioni), la
Gran Bretagna (€116 milioni) e il Bahrein (€
111 milioni). L’Italia si colloca al settimo posto
con €67 milioni (secondo i dati Anima/Mipo).
Importi annunciati, numero di progetti di Ide e di partenariati – 2005-2010 (milioni di euro)
Importi annunciati nei tre settori di punta – 2005-2010 (milioni di euro)
Fonte: Anima, La Méditerranée entre croissance et révolution, Etude n. 21, Mars 2011, p. 64.
66.. TTUUNNIISSIIAA –– IINNVVEESSTTIIMMEENNTTII DDIIRREETTTTII EESSTTEERRII
Italia: Ide verso e dalla Tunisia (milioni di euro)
2005 2006 2007 2008 2009 Stock 1997-2009
Ide in
uscita 31,6 27,1 25,0 23,5 22,5 209,8
Ide in
entrata 1,4 3,8 0,6 0,9 0,1 7,1
Fonte: Dati Banca d’Italia/Mincomes.
Nel panorama politico della primavera araba, il Marocco si presenta come un esempio di riformismo
moderato e sembra incamminarsi verso una graduale apertura del sistema politico. Tuttavia, resta da
vedere se le iniziative attuate finora rappresentino il primo passo di un reale processo di
democratizzazione o si tratti di riforme cosmetiche. In seguito alle proteste di febbraio, sporadiche e più
contenute rispetto a quelle tunisine ed egiziane, il regime marocchino ha agito sia sul fronte economico
sia sul piano politico.
Per quanto riguarda le iniziative in campo economico, prima ancora dello scoppio delle proteste in
Marocco, erano stati annunciati sostanziosi aumenti dei sussidi su beni alimentari e carburante per
macchine agricole. Storicamente, tali sussidi sono stati il principale strumento per aumentare il consumo
interno, incoraggiare la produzione agricola ma, soprattutto, per garantire la stabilità sociale e politica
del paese. In aggiunta, il 21 febbraio, il re Mohammed VI ha annunciato il rilancio del “Consiglio
sociale ed economico”, un organo consultivo la cui istituzione – fino ad allora rimandata – era già
prevista dalla costituzione del 1996. Il Consiglio è incaricato di esaminare le più urgenti questioni
socio-economiche del paese, tuttavia le sue decisioni non sono vincolanti. Inoltre, in seguito a una serie
di scioperi e proteste organizzate dai sindacati, è stato deciso un aumento sia dei salari pubblici sia del
salario minimo nazionale.
Le riforme del sistema politico sono state avviate il 9 marzo con l’annuncio della creazione della
Commissione consultiva per la revisione della Costituzione, guidata da Abdellatif Menoumi, consigliere
del re. Il pacchetto di emendamenti costituzionali, pubblicato a metà giugno, è stato successivamente
ratificato per via referendaria con il 98% dei consensi il primo luglio. Gli emendamenti riformano gli
equilibri di potere tra le istituzioni senza stravolgerli. Il re rimane “l’arbitro supremo” tra le forze
politiche e gli vengono riconosciute tre aree di competenza esclusiva: religione, sicurezza e “scelte
politiche strategiche”. La definizione di quest’ultima area è stata volutamente tenuta vaga per lasciare
un ampio spazio di manovra al sovrano. Inoltre, il re mantiene il potere di nominare il capo del governo
che, secondo le nuove disposizioni, deve essere il leader del partito di maggioranza relativa (viene meno
la discrezionalità del passato).
Tra le principali modifiche costituzionali vi sono l’indipendenza della magistratura (anche se il re
continua a presiedere il Consiglio supremo della magistratura); la concessione del diritto di presentare
proposte di legge e petizioni parlamentari a organizzazioni della società civile e ai singoli cittadini; la
formazione di un’autorità di vigilanza sugli abusi dell’amministrazione sui cittadini. Inoltre, il
preambolo del nuovo testo costituzionale introduce e riconosce i diritti e le libertà fondamentali: la
libertà di stampa e di informazione, i diritti delle donne, dei minori e dei disabili, la presunzione
d’innocenza, ecc. A questi si aggiungono diritti di carattere socio-economico: il diritto alla casa, alla
salute, al welfare, all’accesso all’acqua, a “un ambiate pulito” e a uno “sviluppo economico duraturo”.
Questi diritti rimangono inviolabili anche nel caso in cui il re proclami lo stato d’emergenza.
Ulteriori iniziative sono state annunciate in un discorso alla nazione tenuto il 30 luglio in cui
Mohammed VI ha dichiarato l’intenzione di indire le elezioni parlamentari nell’autunno 2011, un anno
prima della scadenza naturale dell’attuale legislatura. La decisione di anticipare le elezioni, fissate per
il 25 novembre, è stata presa per rafforzare la legittimità del processo di attuazione delle riforme
costituzionali, che prevedono tra l’altro la formulazione entro il 2012 della legislazione che regolerà il
nuovo sistema di nomina della Camera dei consiglieri e la decentralizzazione dei poteri a favore degli
enti locali.
È importante sottolineare che il processo di revisione costituzionale è stato attuato da una commissione
nominata dal re in cui il coinvolgimento della società civile e delle opposizioni è stato minimo. Inoltre,
le riforme, che non intaccano le prerogative del re, hanno deluso gli ambienti più liberali che speravano
in un’evoluzione verso una monarchia di tipo costituzionale.
77.. MMAARROOCCCCOO -- RRIIFFOORRMMEE EE RREEFFEERREENNDDUUMM
Le elezioni del 25 novembre rappresentano un passo importante nel graduale processo di apertura del
sistema politico marocchino; la prossima legislatura avrà infatti il delicato compito di implementare le
riforme introdotte con la revisione costituzionale ratificata a luglio. Inoltre, sebbene la revisione
costituzionale non abbia stravolto i rapporti di potere tra monarchia e governo, la figura del primo
ministro ne è uscita rafforzata. Questo, unito all’obbligo di nominare capo del governo il leader del
partito di maggioranza relativa, significa che i vincitori delle elezioni potranno avere una maggiore
influenza sull’attuazione delle riforme costituzionali e, dovendo legiferare sulla ristrutturazione dei
governi locali, sulla futura struttura istituzionale marocchina.
Contrariamente alla norma che vedeva i partiti coalizzarsi intorno al vincitore solo in seguito alle
elezioni, durante l’autunno si sono già delineati tre principali coalizioni o blocchi elettorali. A ottobre
è stata annunciata la creazione della Coalizione per la democrazia (Cd), un blocco centrista che riunisce
otto formazioni, tra cui i principali partiti monarchici e alcuni della sinistra moderata, considerata il
probabile vincitore alle elezioni di novembre. Per quanto eterogenea, questa alleanza riunisce partiti che
negli ultimi mesi hanno presentato proposte condivise in parlamento. Tuttavia, la sua formazione si
deve principalmente al desiderio delle forze moderate di arginare “gli estremisti”, islamisti e sinistra
radicale. Uno dei principali avversari della Cd è Koutla, un’altra coalizione che riunisce il Parti Istiqlal
(conservatore nazionalista) con due formazione socialiste, Union socialiste des forces populaires (Usfp)
e il Parti du progrès et du socialisme (Pps).
La terza forza elettorale rilevante sono gli islamisti del Parti de la justice et du développement (Pjd),
l’unico tra i principali partiti a non essere attualmente al governo, nonostante sia il secondo partito per
numero di seggi in parlamento dopo Istiqlal e a non presentarsi come parte di una coalizione, in quanto
escluso dall’establishment politico marocchino per il suo carattere religioso. Secondo alcuni osservatori,
l’isolamento politico del Pjd, potrebbe andare a vantaggio del movimento al-Adl wal-Ihsane, abile nel
raccogliere l’appoggio dei disillusi del Pjd, e quindi rafforzare l’islamismo radicale.
I movimenti giovanili e alcuni partiti d’opposizione, tra cui il Parti socialiste unifié (Psu), contestano la
legittimità democratica del referendum e considerano i cambiamenti introdotti come mere riforme
cosmetiche. Nel tentativo di delegittimare le elezioni, il Psu e altri piccoli partiti di sinistra hanno
annunciato che boicotteranno il voto di novembre.
Nonostante gli sforzi in campagna elettorale i partiti sembrano faticare nel superare il generale
scetticismo verso la politica nazionale. Il sistema partitico è infatti molto frazionato e manca di un vero
radicamento nella società, in parte a causa della prevalenza nella società marocchina di identità
tradizionali – claniche e di parentela – in parte perché i partiti non hanno un’effettiva capacità di
incidere sulla vita politica e, di conseguenza, la loro credibilità come canale tra la società civile e la
politica è ridotta.
L’anticipo delle elezioni di un anno ha lasciato poco tempo ai partiti per organizzarsi e ottenere il
sostegno della società civile. Non è escluso che la formazione di coalizioni eterogenee si basi più su
accordi di natura clientelare che politico-programmatica, con il rischio che queste non riescano a
raccogliere il consenso dei movimenti di protesta che si sono manifestati nel corso del 2011. Infine, il
sistema elettorale marocchino, proporzionale a lista chiusa, favorisce il frazionamento dei gruppi
parlamentari e difficilmente potrebbe favorire la formazione di un blocco elettorale forte a sufficienza
da controbilanciare la predominanza politica e istituzionale del re.
88.. MMAARROOCCCCOO -- VVEERRSSOO LLEE EELLEEZZIIOONNII
Il Marocco ha attraversato negli ultimi quindici anni un processo di sviluppo e modernizzazione che ha
permesso al paese di raggiungere dei risultati soprattutto in termini di riduzione del tasso di povertà e
dinamismo economico. L’economia del paese maghrebino è, infatti, considerata tra le più aperte della
regione e tra le più integrate con i mercati internazionali. Tuttavia, il progresso del Marocco è stato
anche caratterizzato da profonde contraddizioni interne che hanno prodotto un modello di sviluppo
sbilanciato, a scapito degli strati più vulnerabili della popolazione. Il Marocco ha intrapreso un processo
di riforme economiche dalla fine degli anni
Novanta, dopo decenni segnati da un’estrema
chiusura dal punto di vista politico ed
economico, che ha portato a un progressivo
aumento del tasso di crescita. Se la crescita
annuale media negli anni Novanta si aggirava
intorno all’1,1%, nel periodo tra il 2000 e il
2009 è stata intorno al 3,6%. L’accelerazione
della crescita è stata in parte il risultato della
partnership economica con l’Unione europea
che, a partire dal 2000, anno in cui è entrato in
vigore l’Accordo di associazione firmato nel
1996, ha contribuito a incrementare il flusso
di investimenti diretti esteri verso il Marocco.
Lo sviluppo economico marocchino è stato però viziato da alcune debolezze strutturali che,
nonostante i successi, hanno impedito un’equa distribuzione delle risorse nazionali e la riduzione delle
diseguaglianze. In primo luogo, il motore dell’economia durante gli ultimi quindici anni marocchina
sono stati agricoltura e investimenti infrastrutturali (si veda scheda 13), settori che contribuiscono
limitatamente a creare posti di lavoro stabili. Inoltre, la dipendenza dall’agricoltura riduce la capacità
dell’economia marocchina di assorbire i giovani laureati: solo il 10% degli assunti nell’economia
formale ha un diploma. Tuttavia, quasi il 30% della popolazione è analfabeta (cifra che raggiunge il
60% per le donne) e solo il 12% degli iscritti al primo anno di scuola finisce il percorso formativo e
ottiene un diploma nonostante l’istruzione assorba il 24% della spesa pubblica (5% del Pil).
Molti dei problemi economici marocchini dipendono dalla scarsa qualità della governance del paese e
sono quindi riconducibili alle debolezze del sistema politico-istituzionale. Il Marocco rimane dominato
da un sistema neo-patrimoniale in cui il vero centro di potere ruota attorno alle relazioni clientelari
della corte reale, il cosiddetto Makhzen, che beneficia delle iniziative in campo economico, in
particolare delle privatizzazioni e finanziamenti pubblici.
Relazioni clientelari e corruzioni influenzano i rapporti stato-cittadino a tutti i livelli, tanto che secondo
2009 Global Corruption Barometer il 60% delle unità familiari sostiene di aver pagato tangenti tra il
2008 e il 2009. Di conseguenza, fatta eccezione per la popolarità del re, i marocchini nutrono scarsa
fiducia nelle istituzioni statali, e verso sistema politico generalmente considerato autoreferenziale e
incapace di venire incontro alle esigenze dei cittadini.
99.. MMAARROOCCCCOO -- PPRROOBBLLEEMMAATTIICCHHEE SSOOCCIIOO--EECCOONNOOMMIICCHHEE
Indici di apertura politica (2010)
Indice di democrazia 114° su 167
score 3,79 (su 10)
Political rights score (1-7) 5, parzialmente
libero
Civil liberties score (1-7) 4, parzialmente
libero
Indice di corruzione percepita (0-
10) 3,4 (85° su 178)
Libertà di stampa (0-100) 66, non libero
Debolezza dello stato (0-10) 7,11 (96° su 141) Fonte: Eiu; Freedom House; Transparency International; Brookings
Institution.
1100.. MMAARROOCCCCOO -- IILL QQUUAADDRROO MMAACCRROOEECCOONNOOMMIICCOO
Lo scenario economico di breve periodo rimane favorevole. Grazie a una solida politica
macroeconomica, il Marocco è riuscito a contenere gli effetti negativi della crisi economica
internazionale del 2008-2009 e delle rivolte negli altri paesi arabi. Nel 2009 la crescita economica è
rimasta positiva (4,8%), anche se in leggero calo rispetto al 2008 (5,6%), grazie alla spinta
dell’agricoltura e del turismo. Dopo il calo del 2010 (3,7%), secondo il Fmi, le previsioni di crescita
sono in aumento per il 2011 e 2012 (4,6%). Il livello di disoccupazione è rimasto stabile intorno al 9%
dal 2009, elevata è invece la disoccupazione giovanile che si attesta, secondo i dati ufficiali, intorno al
17%. L’inflazione è rimasta moderata ma si prevede un aumento dal 1% del 2010 al 2,2% nel 2011 a
causa dei rincari sul prezzo del petrolio di cui il Marocco è un importatore netto.
Le maggiori conseguenze della
primavera araba sull’economia
marocchina interesseranno il
bilancio statale e quindi il debito.
Il governo marocchino ha infatti
aumentato la spesa pubblica con
l’obiettivo di ridurre il
malcontento popolare.
L’aumento di spesa interesserà
principalmente i salari pubblici, le
pensioni e i sussidi su beni alimentari e
i carburanti per contrastare i rincari su
idrocarburi e cereali nei mercati
internazionali; più precisamente,
secondo il Fmi per mantenere i prezzi
costanti sarebbe necessario un
investimento pari al 5,5% del Pil in
sussidi. Di conseguenza il deficit di
bilancio è destinato ad aumentare nel
breve periodo raggiungendo il 6%,
invertendo la tendenza virtuosa
precedente alla crisi finanziaria. Le proteste del 2011 e il conseguente aumento della spesa pubblica in
sussidi e salari hanno costretto il governo a interrompere il programma di riduzione del debito e si
prevede che i livelli del 2007 (62,6%) saranno superati già a fine 2011 ponendosi intorno al 66,4%.
Secondo il rapporto Doing Business 2012, che ha preso in considerazione 245 riforme portate avanti tra
giugno 2010 e maggio 2011 in 125 paesi, il Marocco è il paese che più degli altri ha migliorato la
facilità di fare affari negli ambiti di regolamentazione presi in considerazione, passando in tal modo
dalla posizione 115 alla 94. I principali miglioramenti riguardano la semplificazione della procedura dei
permessi per costruire, lo snellimento delle procedure amministrative per il pagamento di tasse e
imposte da parte delle società e una maggiore protezione degli azionisti di minoranza.
Fonte: dati Eiu
Quadro Macroeconomico (%Pil)
2007 2008 2009 2010 2011* 2012*
Crescita 2,7% 5,6% 4,8% 3,7% 4,6% a 4,6%
a
Debito 62,6% 56,8% 56,9% 61,1% 66,4% 70,7% Deficit 0,2% 0,4% -2,2% -4,7% -6,0% -5,8%
Inflazione 2,0% 3,7% 1,0% 1,0% 2,2% 1,8% Disoccupazione 9,8% 9,6% 9,1% 9,1% 9,2% 9,0% Fonte World Bank, Eiu; *Stime Eiu, a Proiezioni Fmi; inflazione prezzi al consumo;
dati disoccupazione basati su fonti ufficiali governative
Negli ultimi due anni gli scambi commerciali tra paesi europei e Marocco sono lentamente ripresi dopo
la contrazione subita a causa della crisi finanziaria che ha colpito l’Europa nel 2008.
Le importazioni europee dal Marocco nel primo trimestre del
2011 sono aumentate del 16,3% rispetto allo stesso periodo del
2010, dato che ricalca la crescita delle importazioni tra 2009 e
2010 (17,8%); mentre le esportazioni nei primi mesi del 2011
sono cresciute del 27,1% rispetto allo stesso periodo del 2010,
quasi il doppio dell’aumento avutosi tra il 2009 e il 2010.
Aumenta anche il commercio con l’Italia, le cui importazione dal
Marocco sono del 33% superiori allo stesso periodo del 2010
mentre le esportazioni crescono di un più modesto 7,6%, dato
comunque in miglioramento rispetto alla variazione 2009-2010.
Dopo Francia e Spagna, l’Italia è il terzo partner commerciale
europeo del Marocco.
1111.. MMAARROOCCCCOO -- IINNTTEERRSSCCAAMMBBIIOO CCOOMMMMEERRCCIIAALLEE
Interscambio commerciale dell’Italia con il Marocco (milioni €)
Importazioni
(milioni €)
Variazione
(%)
Esportazioni
(milioni €)
Variazione
(%)
Saldo
(milioni €)
Valore
Totale
(milioni €)
2008 609 -2,5 1.684 17,0 1.075 2.293
2009 421 -30,8 1.369 -18,7 948 1.790
2010 527 25,0 1.429 4,4 902 1.956
2010(gen-giu) 251 - 714 - 463 964
2011(gen-giu) 335 33,6 769 7,6 433 1.103 Fonte: dati Istat/Mincomes (Ministero per lo Sviluppo Economico)
Interscambio commerciale dell’Ue con il Marocco (milioni €)
Importazioni
(milioni €)
Variazione
(%)
Esportazioni
(milioni €)
Variazione
(%)
Saldo
(milioni €)
Valore
Totale
(milioni €)
2008 8.404 3,9 14.452 16,8 6.048 22.856
2009 6.559 -22,0 11.940 -17,4 5.382 18.499
2010 7.728 17,8 13.625 14,1 5.898 21.353
2010 (Q1) 1.974 - 3.014 - 1.040 4.988
2011 (Q1) 2.295 16,3 3.831 27,1 1.536 6.127 Fonte: dati Dg Trade/Eurostat.
Principali partner commerciali 2010
Partner milioni € %
Ue 27 21.353 57,9
Cina 2.380,3 6,4
Stati Uniti 2.121,5 5,7
Arabia Saudita 1.528,3 4,1
Brasile 1.087,2 2,9
India 819,0 2,2 Fonte: dati Dg Trade/Eurostat.
Il Marocco ha una delle economie più aperte della regione che garantisce agli investitori stranieri un
trattamento paritario rispetto a quelli locali. Secondo il rapporto Anima/Mipo, il Marocco è l’unico paese
della sponda sud del Mediterraneo a registrare un
significativo aumento (più 23%) di progetti
d’investimenti nei primi mesi del 2011 rispetto allo
stesso periodo del 2010. Tuttavia, gli importi rimango
poco elevati: solo €500 milioni sono stati annunciati nel
primo semestre del 2011. Nel biennio 2008-2010 la
Francia è stata di gran lunga il primo investitore con
€1 miliardo, seguita dalla Spagna (€339 milioni),
Kuwait (€327 milioni) ed Emirati Arabi Uniti (€ 160 milioni).
Importi annunciati, numero di progetti di Ide e di partenariati – 2005-2010 (milioni di euro)
Importi annunciati nei tre settori di punta – 2005-2010 (milioni di euro)
Fonte: Anima, La Méditerranée entre croissance et révolution, Etude n. 21, Mars 2011, p. 58.
1122.. MMAARROOCCCCOO –– IINNVVEESSTTIIMMEENNTTII DDIIRREETTTTII EESSTTEERRII
Ide netti Italia con il Marocco (milioni di euro)
2005 2006 2007 2008 2009
Ide in uscita 10,3 17,0 17,0 -79,3 24,6
Ide in
entrata 0,4 0,0 0,6 0,3 -0,4
Fonte: dati Banca d’Italia/Mincomes
Il Marocco è il primo partner commerciale della sponda sud del Mediterraneo per Francia e Spagna (solo
il terzo per l’Italia). Anche per questo motivo, Madrid e Parigi hanno spinto costantemente per un
miglioramento dei rapporti tra Rabat e l’Unione europea. Il paese ha resistito ai contraccolpi della crisi
economica e, sebbene necessiti di riforme sociali (per adeguare l’età pensionabile all’aumento della speranza
di vita della popolazione) e di riforme economiche (per tentare di arginare il deficit di bilancia
commerciale), non ha rallentato il ritmo dei suoi investimenti nelle infrastrutture. La monarchia e il governo
marocchini ritengono infatti che migliorando le reti di energia e trasporti, l’attrattività del paese nei confronti
degli investitori esteri e delle
piccole e medie imprese crescerà di
conseguenza.
I progetti di infrastrutture di
trasporto, che hanno goduto del
sostegno politico e in non pochi
casi finanziario dell’Unione
europea, sono andati dunque
moltiplicandosi. Tra questi, alcuni
meritano particolare rilievo. Entro
il 2014 dovrebbe essere inaugurata
la tratta ferroviaria ad alta velocità
che collega Tangeri a Casablanca
(350 km, per una spesa di 1,8
miliardi di dollari). Inoltre il porto
di Tangeri, per il quale già oggi
transitano 3,5 milioni di container
l’anno, nei progetti della
monarchia sarà ampliato entro il
2015 per poterne accogliere fino a
8,5 milioni. Diventerebbe in tal
modo il primo porto per dimensioni nel Mediterraneo. Anche la rete autostradale, che con un’estensione di
1.830 km è già fortemente sviluppata rispetto agli altri paesi del Maghreb, ha tratte in via di costruzione per
altri 400 km. Infine le recenti espansioni della rete aeroportuale, soprattutto a Marrakech, sembrano aver
portato benefici in termini di turismo.
Dal punto di vista delle reti energetiche, un piano solare da 9 miliardi di dollari prevede l’installazione di
pannelli fotovoltaici capaci di generare un totale di 2 Gigawatt di corrente elettrica, corrispondenti a circa il
10% della domanda marocchina prevista nel 2020. Anche il potenziamento della rete elettrica è continuato
ininterrotto, con quasi 2 miliardi di dollari stanziati
nell’ultimo quadriennio, mentre nello stesso periodo 2,3
miliardi sono stati riservati a investimenti sulla rete idrica.
Questi ultimi sarebbero essenziali, considerando che
l’interno del paese è prevalentemente desertico e che gli
ultimi dati Unicef sull’accesso all’acqua, pur registrando
un netto miglioramento sia nelle città (quasi il 100% delle
persone dispone di accesso all’acqua entro mezz’ora di
cammino dalla propria abitazione), sia nelle aree rurali (in
cui il numero si riduce al 65%), denunciano che la
percentuale di nuclei famigliari direttamente connessi alla
rete idrica nelle aree rurali resta inferiore al 30% del totale.
1133.. MMAARROOCCCCOO -- II GGRRAANNDDII PPRROOGGEETTTTII IINNFFRRAASSTTRRUUTTTTUURRAALLII
Sunshine map, key sites
www.masen.org.ma
Fonte: http://riadzany.blogspot.com/2010/10/tangier-med-port-update.html
www.masen.org.ma
Di fronte alla eccezionalità delle trasformazioni nei paesi della sponda Sud e dell’effetto contagio delle
rivolte e delle proteste sulla maggior parte dei paesi dell’area, l’Ue in occasione del summit del G8 di
Deauville ha offerto uno stanziamento supplementare di 1,24 miliardi di euro (fino al 2013) per i
partner mediterranei della primavera araba. Per quanto riguarda i singoli paesi, a fine settembre il
sostegno finanziario alla Tunisia per il solo 2011 è stato portato a 160 milioni di euro, mentre per il
periodo 2011-2013 si è passati dai 240 milioni di euro previsti a 400 milioni di euro. Sempre a
settembre 2011 sono state lanciate e/o rafforzate altre iniziative volte a sostenere i partner
mediterranei in diversi ambiti:
SPRING – Support for Partnership, Reform and Inclusive Growth – “collegato” alla
Partnership for Democracy and Shared Prosperity con un budget per il 2011-2012 di 350
milioni euro (65 milioni di euro nel 2011, 285 milioni di euro nel 2012 (soggetto
all’approvazione della Budgetary Authority) per il sostegno alla trasformazione democratica,
allo sviluppo sostenibile e alla crescita economica;
Erasmus Mundus programme, con un budget di 66 milioni di euro per il periodo 2011-2015
volto a favorire gli scambi culturali tra studenti e accademici;
Neighbourhood Civil Society Facility, con un budget di 22 milioni di euro, per promuovere la
società civile e le organizzazioni non governative (2011-2015).
Per quanto riguarda la Libia, la Ue ha messo a disposizione un totale di 152 milioni di euro in aiuti
umanitari (di questi 70 milioni sono stati allocati fin dall’inizio dello scoppio della crisi libica), che si
sommano ad altri 25 milioni di euro resi disponibili per i bisogni immediati di stabilizzazione.
Al di là della Ue, l’impegno finanziario più consistente verso i paesi della primavera araba – oltre a
Tunisia ed Egitto sono stati inclusi Giordania e Marocco che hanno avviato entrambi un graduale
processo di riforme interne – è quello preso dai ministri delle finanze dei paesi del G7 al summit di
Marsiglia del 9-10 settembre che, sotto la spinta del governo francese, hanno quasi raddoppiato l’entità
degli aiuti finanziari promessi al vertice di maggio del G8, svoltosi a Deauville, giungendo a un
ammontare di 38 miliardi di dollari da devolvere entro il 2013. Il sistema degli aiuti verrà coordinato
attraverso la “Deauville partnership” che, oltre agli stati membri del G7 e a istituzioni finanziarie
internazionali, include la Turchia e le più ricche monarchie del Golfo – Arabia Saudita, Emirati Arabi
Uniti, Kuwait e Qatar. Più precisamente il pacchetto di aiuti mira: 1) al rafforzamento della trasparenza
e della “accountability” della governance economica; 2) al sostegno all’inclusione socio-economica; 3)
alla modernizzazione economica e alla creazione di nuovi posti di lavoro; 4) allo sviluppo
dell’economia di mercato; 5) a favorire l’integrazione delle economie nazionali e locali nelle economie
regionali e globali.
Sembra che più della metà del totale verrà messa a disposizione da istituzioni finanziarie
internazionali: 10,7 miliardi di dollari dalla Banca mondiale, 7,6 miliardi dalla Banca africana per lo
sviluppo, 5 miliardi dalla Banca islamica di sviluppo. Circa 10 miliardi di dollari dovrebbero essere
allocati dai paesi occidentali e la restante parte dalle monarchie del Golfo. La Bei, dal canto suo, si è
impegnata per un totale di 7,5 miliardi di euro fino alla fine del 2013 per favorire la creazione di
occupazione, le piccole e medie imprese, la microfinanza e le infrastrutture. Tra le banche regionali, la
Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Bers) potrebbe giocare un ruolo chiave nel medio e
lungo periodo. A inizio ottobre gli azionisti (61 paesi più la Ue e la Bei) hanno votato a favore
dell’estensione del mandato geografico della banca ai paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente.
1144.. AAPPPPRROOFFOONNDDIIMMEENNTTOO -- GGLLII AAIIUUTTII IINNTTEERRNNAAZZIIOONNAALLII AAII PPAAEESSII
DDEELLLLAA PPRRIIMMAAVVEERRAA AARRAABBAA