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1 TRIANGOLO ROSSO Giornale a cura dell’Associazione nazionale ex deportati politici Nuova serie - anno XIX N. 2 Ottobre 1999 Sped. in abb. post. Art. 2 com. 20/c legge 662/96 - Filiale di Milano www.deportati.it Una sentenza per la storia La condanna all’ergastolo del criminale Saevecke, carnefice degli antifascisti di piazzale Loreto La missione di Leo Valiani, antifascista e storico a pag. 6 La visita dell’Aned al presidente Ciampi alle pag. 4 e 5 I 15 antifascisti assassinati il 10 agosto 1944 a piazzale Loreto su ordine di Theodor Emil Saevecke. Straordinarie testimonianze e immagini inedite a pag. 26 Intervista a Gianfranco Maris da pag. 8 Il nostro giornale, utile alla documentazione storica, sede di un dibattito senza pregiudizi. Il presidente Maris a pag. 3 una lezione e un monito Dalla tragedia del Kosovo IT La continuità di un impegno

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TRIANGOLOROSSOGiornale a cura

dell’Associazione nazionaleex deportati politiciNuova serie - anno XIXN. 2 Ottobre 1999Sped. in abb. post. Art. 2 com. 20/clegge 662/96 - Filiale di Milano

www.deportati.it

Una sentenza per la storia

La condannaall’ergastolo del criminaleSaevecke,carnefice degliantifascistidi piazzaleLoreto

La missionedi Leo Valiani,antifascistae storicoa pag. 6

La visitadell’Anedal presidenteCiampialle pag. 4 e 5

I 15 antifascisti assassinati il 10 agosto 1944 a piazzaleLoreto su ordine di Theodor Emil Saevecke. Straordinarie testimonianze e immagini inedite a pag. 26

Intervista a Gianfranco Maris da pag. 8

Il nostro giornale, utile alla documentazione storica,sede di un dibattito senza pregiudizi.Il presidente Maris a pag. 3

una lezione e un monito

Dalla tragedia delKosovo

ITLa continuità di un impegno

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Questo numero

pag. 3 La continuità di un impegnopag. 4-5 L’Aned dal presidente Ciampipag. 6 Leo Valiani antifascista e storicopag. 8 Dalla tragedia del Kosovo una lezione e un monitopag. 14 I nostri ragazzi in visita ai Lager

“... E pensare che camminavo dove migliaia erano morti”San Sabba: “Lacrime e disperazione erano lì, con noi in quel cortile silenzioso”L’omaggio degli studenti al “Ghetto dei bambini”di TerezinFriuli: l’Olocausto in 150 temiPiù numerosi da Sesto S. Giovanni

pag 18 Uno scambio di prigionieri avrebbe salvato 30.000 ebrei ma Churchill lo bloccò

pag. 19 Si chiama Auschwitz, Dachau e San Sabba il prezzo pagato da Ronchi alla libertà

pag. 20 I siciliani nei lager:una pagina poco nota nella storia italiana

pag. 21 Scuola “Lezioni” di storia con i testimonipag. 26 Dopo Saevecke è tempo di colpire gli altri assassini

rimasti impunitiLa carriera di un gerarca: da feroce aguzzino della Gestapo a Milano ad agente della Cia e del governo di BonnIl procuratore Rivello: “La Gnr e la Muti sgherri dei tedeschi.” Fu eccidio,non rappresagliaL’avvocato Gianfranco Maris, parte civile:“Una sentenza che aiuta a capire la storia”Una testimonianza: “Trasferiti per Bergamo”Ma andavano alla morte

pag. 38 BibliotecaRitratti di donne ad Auschwitz Fu “solo” del Führer la colpa del nazismo?Gli ebrei “misti” andavano deportati1938: l’anno zero dell’Olocausto italiano“L’Urlo” dell’arte anticipò l’orroreIl pianista polacco si oppose ai nazistiSuggerimenti di lettura

pag. 46 Protagonisti alla Risiera di una celebrazione “diversa”pag. 48 Deportati dalle fabbriche e scomparsi nel drammapag. 49 Tedeschi e israeliani diretti da Mehtapag. 50 I nostri luttipag. 51 Quarantamila visitatori nel sito Internet dell’Anedpag. 52 Il congresso dell’Aned si terrà a Mauthausen

Triangolo Rosso

Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici nei campi nazisti

via Bagutta 12 - 20121 Milano.Tel. 0276006449 - Fax 0276020637.E - mail: [email protected]

Direttore: Gianfranco Maris

Ufficio di presidenza dell’Aned Gianfranco Maris (presidente)Bruno Vasari Bianca PaganiniDario SegreItalo Tibaldi Miuccia Gigante

Comitato di redazioneGiorgio BanaliEnnio ElenaBruno EnriottiFranco GiannantoniIbio Paolucci (coordinatore)Pietro Ramella

Redazione di RomaAldo Pavia

Collaborazione editorialeFranco MalagutiMaria Rosa TorriMarco MicciMonica PozziIsabella CavasinoRossella Manfredini

Numero chiuso in redazione il 15 ottobre 1999Registr. Tribunale di Milano n. 39,del 6 febbraio 1974.

Stampato da:

Via Picasso Corbetta - Milano

IT

Mettere mar-chio Guado

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Il 1° marzo 1993 il compa-gno Dario Venegoni, assu-mendo la direzione del no-stro giornale, in sostituzionedi Abele Saba (segretario ge-nerale dell’Aned dal 1962,partigiano, deportato, gior-nalista dell’ “Unità” neglianni del giornalismo mili-tante), pur riconoscendo chequalcosa sarebbe mutato, senon altro perché egli appar-teneva ad “un’altra genera-zione”, prospettava il suo im-pegno, nel segno della con-tinuità, per un “foglio aper-to, unitario, tollerante, manon per questo meno rigoro-so e combattivo, utile alla do-cumentazione storica, sededi un dibattito senza pregiu-dizi”.Il 1° giugno 1999 il compa-gno Dario Venegoni, non di-sponendo più di tempo libe-ro da dedicare al TriangoloRosso a causa dei suoi nuo-ni impegni professionali e nonpotendo l’Aned offrirgli didedicarsi a tempo pienoall’Associazione su basi pro-fessionali, si è congedato danoi con un arrivederci acco-rato, che contiene anche tut-to il nostro rammarico.

Nel momento dei con-gedi e delle sostitu-zioni l’Aned rinnova

al compagno Dario Venegoninon solo l’espressione di que-sto rammarico, ma anche ilplauso ed il ringraziamentoper tutto ciò che egli ha fat-to, con dedizione ed intelli-genza, in tutti questi anni, per

realizzare, nella continuità,quel foglio che prospettavanel momento in cui prende-va in mano il testimone la-sciato da Abele Saba.A tutti i lettori assicuriamoche Triangolo Rosso man-terrà la sua identità di gior-nale vivo, attento, appassio-nato.Il presidente dell’Aned ne as-sume la direzione in primapersona, avendo ricevuto l’a-desione entusiasta a fare par-te del comitato di redazione- accanto a Bruno Vasari,Dario Segre, Bianca Paga-nini, Italo Tibaldi e MiucciaGigante, tutti membri del-l’ufficio di presidenza - di un

gruppo di giornalisti che sicollocano, come fu AbeleSaba, nella tradizione del mi-gliore giornalismo antifasci-sta: Ibio Paolucci, EnnioElena, Giorgio Banali, PietroRamella, Franco Giannantonie Bruno Enriotti.

Sono giornalisti cono-sciuti e di antica mili-tanza che hanno fatto

parte per decine di anni del-la redazione dell’ “Unità”,come Paolucci, Elena, Banalied Enriotti o de “Il Giorno”,come Giannantoni e che han-no una conoscenza profondadei fatti della Resistenza, di

cui hanno anche scritto.Ramella e Giannantoni sonostati impegnati anche nellaricerca storica.

D i loro non voglio di-re altro, perché nes-suno dei lettori

diTriangolo Rosso, che ri-cordi i tempi del grande gior-nalismo antifascista, può nonricordare i loro nomi.Ho scritto proprio “giorna-lismo antifascista”, perchéad esso voglio riferirmi, nonper prospettare strumenta-lizzazioni o manipolazionigiornalistiche dell’informa-zione o della ricerca storica,ma per sottolineare la pas-sione che il nuovo comitatodi redazione porterà nel no-stro foglio, di cui soprattut-to voglio che continui a farsentire ai lettori la grandepassione politica.

Triangolo Rosso conti-nuerà ad essere il gior-nale del pensiero e dei

sentimenti degli ex deporta-ti politici, delle donne e de-gli uomini che sono stati ra-gazzi con la Resistenza, chehanno lottato in questi 50 an-ni per dare un futuro alla me-moria e che oggi sono piùche maturi per lanciareall’Europa del prossimo se-colo messaggi che siano bendi più di una testimonianzadi tolleranza, che aprano al-le generazioni del futuro pro-spettive di traguardi rag-giungibili di una nuova so-cietà.

La continuità di un impegnodi Gianfranco Maris, presidente dell’Aned

... Triangolo rosso manterrà la sua identità di giornale vivo,attento, appassionato.“

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La rappresentanza dell'Aned ricevuta dal Capo dello Stato

E’stato un incontro digrande significatodemocratico e di al-

to valore etico quello tra ilPresidente della RepubblicaCarlo Azelio Ciampi e la rap-presentanza dell’Aned. Il Capodello Stato ha ricevuto nellamattinata del primo ottobre alQuirinale la delegazione de-gli ex deportati politici dellaResistenza italiana nei campidi sterminio nazisti per riba-dire che il silenzio e l’obliodel passato non devono chiu-dere un secolo drammatico eper riaffermare che la massi-ma autorità della Repubblicacostituisce un presidio dei fon-damentali valori di democra-zia nel nostro Paese.Il presidente dell’Aned, sen.Gianfranco Maris, ha ricor-dato al presidente Ciampi chel’Aned è una associazione uni-taria che non ha mai cono-sciuto divisione tra le diver-se “anime” della Resistenza.Una associazione che espri-me non un generico reduci-smo ma svolge una ben pre-cisa attività di carattere poli-tico-culturale che si realizzaattraverso l’organizzazioneininterrotta di visite ai campidi sterminio da parte di su-perstiti, familiari e soprattut-

to studenti e insegnanti sem-pre accompagnati da ex de-portati con lo scopo di ricor-dare e far conoscere in parti-colare ai giovani che cosa èstato l’orrore del nazismo.L’Aned - ha aggiunto il sen.Maris - ha organizzato 11 con-gressi nazionali e più di 30convegni culturali oltre ad averpromosso e curato il proces-so a carico dei responsabilidel campo di sterminio dellaRisiera di San Sabba, i cui at-ti - raccolti in due volumi -sono stati donati al Capo del-lo Stato. Nel futuro immediatodell’Aned c’è la costituzionedi una Fondazione che daràvita ad una biblioteca infor-matica internazionale sulla de-portazione collegata in retecon le biblioteche degli Istitutistorici della Resistenza e conquelle dei Musei dei campi disterminio nazisti. La biblioteca porterà il nomedi Aldo Ravelli, un deportatoa Mauthausen, la cui famiglia,con una sua donazione, ha re-so possibile questo impegno.Il sen. Maris ha anche infor-mato il Capo dello Stato cheil prossimo congresso nazio-nale dell’Aned si terrà in pri-mavera nella “Sala delle

Nelle foto: il Capo dello Stato con il presidente dell'Aned sen. Maris.La delegazione in colloquio con il Capo dello Stato.

L’incontro con il Presidente dellaRepubblica al Palazzo del Quirinale

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I componenti della delegazione da CiampiGianfranco Maris Presidente nazionale dell’Aned, Comandante Partigiano, de-portato politico a Mauthausen, Senatore della Repubblica dal1963 al 1972, componente del Consiglio Superiore dellaMagistratura dal 1972 al 1978, avvocato.Bruno Vasari Vice presidente nazionale dell’Aned, Presidente della SezioneAned di Torino, deportato politico a Mauthausen, già dirigen-te Rai.Dario SegreVice presieente nazionale dell’Aned, figlio e fratello di duedeportati politici (partigiani ebrei) uccisi a Mauthausen eEbensee.Bianca Paganini Vice presidente nazionale dell’Aned, Presidente della SezioneAned di La Spezia, deportata politica a Ravensbruck, profes-soressa.Miuccia Gigante Segretario nazionale dell’Aned, figlia della Medaglia d’OroVincenzo Gigante, dirigente politico ucciso nella Risiera diSan Sabba nel 1°944.

Aldo Pavia Presidente della sezione di Roma dell’Aned, figlio di depor-tato ebreo ucciso a Auschwitz.Bruno EnriottiE’ stato 40 anni giornalista dell’Unità, appassionato di storiaeconomica e sociale attualemtne conduce una ricerca su “strut-ture familiari e condizioni di vita di un villaggio del Monferratonel XVII secolo”. E’ componente del Comitato di redazionedel periodico dell’Aned “Triangolo Rosso”.Franco GiannantoniGiornalista per “Il Giorno” di Milano ha seguito i più impor-tanti processi di terrorismo, studioso del fascismo e dellaResistenza ha pubblicato diversi volumi fra cui “Guerriglianell’Ossola” (Feltrinelli, 1975), “La Resistenza più lunga -Capitale industriale in Alta Italia” (Sugarco, 1984), “Fascismo,guerra e società nella Repubblica sociale italiana” (FrancoAngeli, 1984), “Gianna e Neri, vita e morte di due partigianicomunisti” (Mursia, 1992), oltre a numerosi saggi. E’ compo-nente del Comitato di redazione del periodico dell’Aned“Triangolo Rosso”.

Bandiere” del campo diMauthausen con la parteci-pazione dei Comitati interna-zionali di tutti i campi di an-nientamento nazisti.Visibilmente commosso perqueste informazioni, il Capodello Stato ha innanzitutto rin-graziato l’Aned per la sua at-tività volta a “salvare la me-moria” di uno dei maggioricrimini di questo secolo chesi chiude. I processi contro iresponsabili di questi crimini- ha aggiunto il presidenteCiampi - non hanno solo unvalore ai fini giudiziari, han-no soprattutto un grande si-gnificato storico in quanto gliatti e le sentenze chiarisconoin modo definitivo che cosa èstata realmente la politica disterminio operata dai nazistianche nel nostro Paese. Il Capodello Stato - oltre a dare lasua adesione al congressodell’Aned - ha voluto ricor-dare il significato della suapresenza a Milano ai funera-li di Leo Valiani:“Quando mi sono avvicinatoe ho appoggiato la mano sul-la bara, ho provato un’emo-zione fortissima. Mi sono re-so conto che stavo giurandoper la seconda volta fedeltàalla Repubblica e allo spiritodelle sue istituzioni.”

Ecco la delegazione dell’Aned ricevuta il 1° ottobre scorso al Quirinale dal Presidente della Repubblica Carlo Azelio Ciampi.

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Signor presidente, signore esignori, compagni di lotta edi prigionia, non solo neicampi di concentramento te-deschi, ma anche in quelli dialtri Paesi e nelle carceri fa-sciste. Sicuramente il con-vegno è incentrato sui fero-ci massacri, sugli sterminicompiuti dagli hitleriani: un-dici milioni di morti nei cam-pi nazisti. Ma non possiamo ignorare imassacri, gli stermini, la cru-deltà, la ferocia che fannoparte della storia di tutta l’u-manità così come ne fa par-te anche la lotta - contro laferocia, contro la crudeltà,contro gli stermini, per laconvivenza pacifica degli in-dividui e dei popoli.Giustamente si è detto che ilnazismo era il prodotto di

La scomparsa di uno dei più prestigiosi esponenti della Resistenza italiana

L’impegno di Leo Valianiantifascista e storico

Il cordoglio del presidente

dell’AnedIl presidente nazionale dell’Aned, Sen. Avv. GianfrancoMaris ha inviato alla famiglia Valiani il seguente tele-gramma:

“L’Associazione nazionale degli ex deportati nei campi diannientamento nazisti piange con voi la perdita di un co-raggioso interprete dei sentimenti di libertà, di uguaglianzae di amore per la patria che hanno animato tutti i combat-tenti della guerra di Liberazione e di un coerente militantepolitico che ha vissuto il mutare dei tempi e degli scenaristorici nell’arco di tutta la sua vita sempre fedele alla scel-ta antifascista di fondo della sua gioventù”.

una ideologia, ma vale la pe-na di precisare che questaideologia si poneva come an-tagonista ad un’altra ideo-logia, che era ed è invece lareligione più diffusa nel-l’Europa occidentale e cen-trale, ed anche fuori d’Euro-pa, e cioè il Cristianesimo,ed aveva il nazismo come pri-mo bersaglio per la soluzio-ne finale, gli appartenenti adun’altra religione, gli ap-partenenti alla religioneebraica. Se noi ripercorria-mo la storia bimillenaria delCristianesimo e la storia an-cora più lunga - dell’Ebra-ismo, non possiamo ignora-re che queste religioni furo-no perseguitate nei secoli. Il Cristianesimo, lo sappia-mo tutti come fu perseguita-to qui, su questa terra, al-

l’epoca dell’Impero romano,e sappiamo egualmente co-me, nel Medioevo e in tem-pi recenti, in Germania, inPolonia, in Russia ci furonotante persecuzioni, spessoatroci, contro gli ebrei.Sappiamo anche che spessoi perseguitati diventano a lo-ro volta, quando conquista-no il potere, dei persecuto-ri. Tuttavia il nazismo lo dob-biamo inserire, oltre che nel-la storia generale dell’uma-nità, della lotta fra tolleranzae intolleranza, del fanatismospietato e della lotta controdi esso, nella storia d’Europadopo la prima guerra mon-diale.Se parlassimo delle colonieitaliane, se parlassimo poidell’Abissinia, vedremmo ca-si di ferocia fascista che han-

Con Leo Valiani - deceduto il 18 settembrescorso all’età di 90 anni - scompare una delle figure più importanti dell’antifascismo e dellaResistenza.

L’Aned, e più in generale tutti gli ex deportatipolitici nei campi di sterminio nazisti,lo hanno sempre avuto al loro fianco in tutte le battaglie in difesa della democrazia.

Per ricordare il suo continuo impegno di antifascista e di storico, pubblichiamo alcuneparti dell’ampia relazione che ha tenuto qual-che tempo fa al Convegno internazionale orga-nizzato dal Consiglio regionale del Piemontedell’Aned sul tema: “Il dovere di testimoniare - Perché non vada perduta lamemoria dei campi di concentramento e della criminale dottrina nazista”.

Il dovere di testimoniareDalla relazione al convegno torinese organizzato dall’Aned

no poco da invidiare alla suc-cessiva ferocia nazista.Tuttavia la partita si decisein Germania. Non c’è dubbio: fu la vitto-ria del nazismo in Germaniache determinò l’asservimen-to di quasi tutta l’Europa sot-to il dominio nazista e resepossibile quella sistematicaopera di eliminazione di tut-ti gli avversari, e di popoliintieri che venivano consi-derati come nemici dellaGermania......La mia conclusione è dun-que: divisi l’antifascismo el’antinazismo furono scon-fitti, uniti vinsero. Devonounirsi di nuovo nella lottaper la pace, per la libertà,contro ogni eversione, con-tro ogni nuovo pericolo to-talitario o di fanatismo.

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LA BIOGRAFIA

Da perseguitato politico a senatore■ 1909 Nasce a Fiume il 9 febbraio, discendente di Herzl,

fondatore del sionismo.■ 1928 Primo arresto come antifascista: aderisce

all’organizzazione clandestina comunista.■ 1931 Viene condannato a cinque anni di carcere.■ 1936 Accorre in Spagna a sostegno della Repubblica.■ 1939 Dopo la firma del patto Hitler-Stalin, rompe con

il Pci, aderisce a Giustizia e Libertà. Il 1° ottobre viene internato nel campo del Vernet. Evade in Messico.

■ 1944 E’ segretario del Partito d’Azione per l’Italiasettentrionale.

■ 1945 Il 25 aprile firma l’ordine di insurrezione a Milano, la sera del 27 sottoscrive la decisione di fucilare Mussolini.

■ 1946 Il 2 giugno viene eletto all’Assemblea Costituente fra le file del Partito d’Azione.

■ 1950 Inizia ad alternare gli studi storici con l’attivitàdi giornalista.

■ 1980 Il 12 gennaio Sandro Pertini lo nomina senatore a vita.

I LIBRI

Tutte le pagine deltestimone scomodo■ Tutte le strade conducono a Roma(1947 e il Mulino 1995)■ Questioni di storia del socialismo(1958 e Einaudi ‘75)■ Dall’antifascismoalla Resistenza(Feltrinelli 1960)■ La dissoluzionedell’Austria-Ungheria(1966 e Il Saggiatore 1983)■ Il Partito d’Azione nella Resistenza(Franco Angeli 1971)■ La lotta sociale in Italia e l’avvento della democrazia(Utet 1977)■ L’Italia di De Gasperi(1945-1954)

(Le Monnier 1982)■ Sessant’annidi avventure e di battaglie(Rizzoli 1983)■ Scritti di storia.Movimento socialista e democrazia (SugarCo ‘84)■ Fra Croce e Omodeo.Storia e storiografia nella lotta per la libertà(Le Monnier 1984)■ Spadolini e la storiadell’Italia contemporanea.Quarant’annidi insegnamento e di studi(Le Monnier 1991)■ Testimoni del ‘900. Le grandi figure della democrazia italiana nel ricordo d’un protagonista(Passigli 1999)

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Dalla tragedia del Kosovo

1940 - 1945

1998 - 1999

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La guerra del Kosovo ha diviso, e anche lacerato, l’opinione pubblica, e non solo quella italiana, perché ha posto in termini drammatici problemi che forse fino a quel momento non erano mai stati posti in modo così aperto, primo fra tutti questo:è legittimo che uno Stato o un’organizzazione di Stati intervengano in quelli che vengono considerati affari interni di uno Stato sovrano,sia pure per tutelare minoranze oppresse e perseguitate?

E, se la risposta è affermativa, con quali mezzi e a quale prezzo?

E, altro problema: da una guerra che,quali che siano i motivi per cui la si combatte,reca con sé un inevitabile carico di violenza e di orrore può nascere una prospettiva di pace e di convivenza fra i popoli che vi sono stati coinvolti?

Su questi temi, che la tragedia nell’est delle isole Timor ha riproposto con crudeleevidenza, abbiamo intervistato Gianfranco Maris, presidente dell’Aned che,deportato a Mauthausen, della guerra ha vissuto di persona le atrocità e oggi è impegnato, proprio come presidentedell’Associazione, insieme a tutti gli aderenti,perché il loro ricordo sia un costante stimolo ad operare per la pacifica convivenza dei popoli.

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una lezione e un monito

Intervistaa Gianfranco Maris di Ennio Elena

Prima di tutto vorrei cono-scere da te le impressioni ele considerazioni di un re-duce dai campi di sterminiodi fronte alle guerre ed alleviolenze che si scatenano amezzo secolo di distanza dauna primavera di liberazio-ne e di grandi speranze dipace.

Se è vero che l’aprile ed ilmaggio 1945 aprirono una sta-gione di grandi speranze dipace - l’ultimo dei campi diannientamento nazisti, Mau-thausen, fu liberato il 5 mag-gio - è altrettanto vero chequesta stagione si chiuse ra-pidamente, perché fu subitochiaro che la fine della se-conda guerra mondiale non

aveva realizzato nessuna con-quista irreversibile di pacifi-ca convivenza tra i popoli. Fusubito guerra fredda, infatti;e, con essa, furono guerre cal-de, a cominciare dal conflit-to in Corea, dal quale si di-panò, senza fine, un filo con-tinuo di vere e proprie guer-re locali, che avviluppò tuttoil mondo, senza soluzione dicontinuità.Dalla primavera di liberazio-ne e di grandi speranze del1945 partì una lotta che coin-volse tutti i popoli, per di-fendere, per imporre la pace.Il disincanto fu imposto daifatti, la lotta fu il supporto del-le speranze e l’itinerario del-l’impegno politico fu caratte-rizzato dalle condanne del-

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Kosovo

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l’armamento nucleare, del-l’equilibrio del terrore, deiconflitti diffusi sul territoriodi tutti i continenti per im-porre nuovi equilibri e nuovopotere. I sopravvissuti dei cam-pi di sterminio nazisti non eb-bero mai dubbi ed esitazioninello schierarsi.E non ebbero mai neppurestanchezza nello sdegnarsi,come oggi ancora si sdegna-no all’aprirsi o all’acuirsi dinuovi coflitti armati.Negli ultimi anni e ancor piùdi recente, nel Kosovo, perl’intervento Nato, si sono aper-ti scontri armati che induco-no più acuti conflitti di co-scienza per la presenza, in que-sti scontri, di ragioni nuove

che motivano il confronto vio-lento; ragioni cosiddette “uma-nitarie”, perché ispirate anchea valori e principi superioridell’umanità intera; ragionivere, innegabili, indipenden-temente dalla presenza, nelloscontro, anche di ragioni diinteresse geopolitico. Per il Kosovo le ragioni e iprincipi superiori c’erano, mala violenza dell’intervento,che colpiva tutti, come sem-pre e in tutte le guerre, evo-cava emozioni profonde an-che nel mio animo; ma nonpotevo non vedere come la so-cietà umana non potesse or-mai più tollerare genocidi cri-minali in nome di criminalisottoculture nazionaliste.

Della guerra del Kosovo sono state date di-verse e contrastanti definizioni: giusta, ingiu-sta, umanitaria, inevitabile, definizione que-st’ultima usata anche dal presidente Ciampi.Quali condividi?

E’ cambiato qualcosa, dal processo diNorimberga in poi, nel diritto internazionaleper cui si possa intervenire dall’esterno in quel-li che vengono definiti “affari interni di unostato sovrano” come appare la vicenda delKosovo? E se la risposta è affermativa, in ba-se a quali principi? Per dirla in termini invoga, oltre alla globalizzazione dell’economiac’è anche quella del diritto?

Qualificare positivamente unaguerra è una contraddizionedi termini, perché nessunaguerra, mai, in assoluto, è sta-ta giusta o umanitaria o ine-vitabile.Per il Kosovo un diverso at-teggiamento e l’assunzionedelle proprie responsabilità daparte di tutti i paesi dell’Eu-ropa, con fermezza e tempe-stività, avrebbero consentitodi evitare l’intervento Nato.In difetto di ciò l’interventoassunse, per la criminalità diMilosevic, dei suoi generali e

delle sue milizie private, il ca-rattere della inevitabilità, pe-na la vergogna (ed il perico-lo) della tolleranza e della ac-cettazione del perpetuarsi, rin-novarsi, estendersi, qui ed ora,in Europa addirittura, dei pro-dromi di una criminalità etni-ca troppo prossima al genoci-dio e troppo prodromica al raz-zismo criminale di stato di ti-po nazista per non allarmarei popoli ed il mondo demo-cratico e non evocare gli spet-tri di quel sonno della ragio-ne dal quale nascono i mostri.

“Sì molto. Lo stato sovrano,territorio chiuso nel quale nes-suno può intervenire, in omag-

gio al principio dell’assolu-tezza di un potere interno “sa-cro ed inviolabile”, è un isti-

1940 - 1945

1998- 1999

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I pacifisti italiani hanno accusato il nostro go-verno di aver violato l’articolo 11 dellaCostituzione il quale afferma che l’Italia nonsolo “ripudia la guerra come strumento di of-fesa alla libertà degli altri popoli” ma anche“come mezzo di risoluzione delle controversieinternazionali”. Ritieni che sia un’accusa fondata?

A proposito dell’intervento della Nato in Kosovo,c’è chi dice che sia stato realizzato in ritardoperché di fronte alle imprese di Milosevic pri-ma in Croazia, poi in Bosnia e infine nel Kosovo,c’è stata una Monaco lunga dieci anni.Condividi questo giudizio?

Perché è intervenuta la Nato e non l’Onu? E’il segno, preoccupante, di una crisi di questaorganizzazione? E perché non è intervenutal’Europa?

Anche da parte di coloro che hanno approva-to l’intervento armato in Kosovo si sono sol-levate due obiezioni: la prima è che i bom-bardamenti hanno provocato anche molte vit-time civili; la seconda è che con i raid dellaNato Milosevic ha intensificato la “pulizia et-nica” per cui i kosovari che si volevano aiu-tare sono stati invece danneggiati. Ritieni, anche alla luce della tua esperienza dipartigiano e di deportato, che siano obiezionifondate?

tuto superato, appartiene adun passato che non può piùtornare.La seconda guerramondiale non ha dato solo unmessaggio astratto con il pro-cesso di Norimberga. Ha ge-nerato una organizzazione in-ternazionale di tutti gli statidel mondo, che, nel tempo, èvenuta ponendo principi eti-ci nuovi, consacrati in vere eproprie norme giuridiche, chesono venute a far parte, in for-za di leggi nazionali che lehanno recepite, dell’ordina-mento interno positivo di tut-ti gli stati membri dell’Orga-nizzazione.E sono sortiTribunali internazionali per larepressione dei crimini con-tro l’umanità (per la exJugoslavia e per il Ruanda). Non si tratta più soltanto diquote di sovranità oggettiva-mente rinunciate o perse daparte di ogni stato in relazio-ne alla globalizzazione del-l’economia, che crea oggetti-vi poteri di intervento, di ve-

to, di condizionamento di ogniPaese nei confronti degli al-tri.Si tratta di un nuovo dirittointernazionale, i cui contenu-ti, accettati da tutti, creano,per ciascuno, vincoli e dove-ri. Certamente deve essere per-corso ancora un lungo cam-mino, per pervenire alla de-terminazione delle condizio-ni,dei modi e dei mezzi pergli interventi necessari da par-te della Comunità internazio-nale, ma non si può più, og-gi, negare che il dovere di in-tervento esista già.La criminalità liberticida e gliinterventi criminali di Sukartonell’est delle isole Timor e losdegno nel mondo e le diffu-se richiese di interventoall’Onu stanno a dimostrareche il processo di crescita eti-ca nella comunità internazio-nale è ormai inarrestabile eimpone alla stessa comunitàcomportamenti di tutela deipopoli deboli e perseguitati.

Nell’ansia di trovare suppor-ti legali al rifiuto dell’inter-vento Nato in Kosovo si è da-ta una interpretazione forsetroppo formale al 1° commadell’art. 11 della Costituzione,la cui categoricità è sicura-mente molto temperata dal 2°comma del medesimo artico-lo, il quale stabilisce chel’Italia consente a “limitazio-ni” della sua sovranità, pro-prio a proposito di guerra,quando tale limitazione è ne-cessaria per assicurare la pa-ce e la “giustizia” tra le na-zioni.Non si può ignorare che inquesto secondo dopo guerrala protezione internazionaledei delitti dell’uomo, già av-viata (e colpevolmente ab-bandonata nei fatti) nel primodopo guerra, ha conosciutouna forte accelerazione.L’ordinamento internaziona-le, che gode di una stabilità edi un prestigio maggiore deiregimi costituzionali interni,è stato ritenuto più idoneo per

la tutela dei diritti fondamen-tali di tutti gli uomini in qual-siasi Paese. Di qui l’adozione di conven-zioni (Roma 4 novembre1950), che sicuramente han-no consacrato l’internaziona-lizzazione della tutela dei di-ritti dell’uomo.Non c’è spazio per invocarenorme giuridiche che “vie-tano” interventi armati perla tutela dei diritti; ma - equesto è il punto - c’è spa-zio per denunciare che, do-po aver adottato norme perla tutela dei diritti dell’uo-mo, l’ordinamento interna-zionale non è stato capace didotarsi dei mezzi per repri-mere e per prevenire la vio-lazione di queste norme daparte di singoli stati; tantoda dover accettare poi, nel-l’assenza di ciò, interventi digruppi di Stati in forza di lo-ro alleanze e nell’assenza didecisioni specifiche e di as-sunzione diretta di respon-sabilità dell’Onu.

Certamente un elemento chegiustifica le più forti criti-che all’intervento Nato è pro-prio la tardività, la seletti-vità e la contraddittorietàdelle scelte adottate dai sin-goli stati nei confronti deipaesi responsabili di delitticontro l’umanità. Se dob-biamo giudicare dal passa-to, il quadro che ci si pre-senta è schizofrenico: qui siaiuta, là si condanna, qui siignora il diritto, là si inter-viene.Tutto ciò, tuttavia, se giusti-

fica dubbi e critiche, non puòportare mai ad affermare chel’unica condotta “giusta”, nelcaso di delitti contro l’uma-nità, consumati da parte diun Paese, sia quello dell’in-differenza della Comunità in-ternazionale, come se si trat-tasse di “questioni interne”,sottratte, per definizione, aqualsiasi iniziativa da partedel resto del mondo. L’intervento è dovuto: si trat-ta di predisporre in via pre-ventiva e generale, le condi-zioni ed i mezzi.

Non credo che sia segno diuna crisi sopravvenuta in unasituazione che avrebbe con-sentito all’Onu, nel passato,di comportarsi diversamente.E’ un segno di impotenza, diinadeguatezza dell’organiz-zazione internazionale a darerisposte tempestive alle do-mande di giustizia e di tutelache ogni giorno provengonoda tutto il mondo.L’Onu porta, nelle sue strut-ture e nelle sue regole di com-portamento, il segno del tem-po in cui queste strutture equeste regole furono poste. La base sociale dell’Onu èuniversale e l’elemento fon-damentale dell’Onu è la cen-tralizzazione dell’uso dellaforza, ma tale uso è affidatoesclusivamente al Consigliodi sicurezza, che può agireesclusivamente con il con-

senso (o la non opposizione)delle superpotenze (diritto diveto). Ciò ha precluso all’Onu disvolgere la propria funzioneliberamente nelle zone di in-fluenza di una qualsiasi del-le superpotenze dotate del di-ritto di veto. Non c’è dubbio che l’aprirsidella coscienza internaziona-le a valori che non possonopiù essere messi da nessunoin rapporto di eguaglianza conil mercato o con gli interessi,dovrà imporre una modificadelle regole che disciplinanoe condizionano l’azionedell’Onu, soprattutto in rela-zione alla tutela dei diritti fon-damentali delle donne e degliuomini di ogni Paese, ovun-que situati, dentro o fuori dal-le sfere di influenza di chic-chessia.

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1940 - 1945

1998 - 1999

La prima obiezione è fonda-ta, la seconda non mi sembra.Sempre i delitti contro l’u-manità sono stati intensifica-ti nel corso delle guerre; inassenza delle quali, tuttavia,non sarebbero comunque maicessati ed avrebbero conti-nuato, nella pace, a macinareuomini e dolore, con calma econ continuità.La pulizia etnica serba, sen-za l’intervento Nato, avrebbecompiuto la sua opera sinoall’ultimo kosovaro di etniaalbanese, come la soluzionefinale degli ebrei sarebbe sta-ta portata a termine dai nazi-sti anche senza l’interventodegli Alleati nella secondaguerra mondiale. E’ fondatainvece la prima obiezione,quella delle vittime civili ser-be, che hanno rappresentato

la più lacerante delle ragionidel rifiuto dell’intervento ar-mato anche da parte di colo-ro che pure sentivano comeintollerabili i delitti quotidia-namente compiuti daMilosevic e dalle sue milizie.E’ il problema dei problemi,che pure deve essere risolto:non essere paralizzati, inter-nazionalmente, dal dovere dicompiere interventi, per pro-teggere e salvare, dal timoree dall’angoscia di dover tra-volgere e coinvolgere nei con-flitti tanti altri innocenti.Evidentemente troppe cosenon furono ragionevolmenteponderate nell’intervento Nato.Troppe scelte furono presenell’ansia di raggiungere unrisultato positivo nel minortempo possibile. Ciò non de-ve più accadere.

Che giudizio dai del variegato movimento pa-cifista italiano, che è andato da Rifondazionecomunista alla sinistra dei Ds, passando peril Papa e anche per Scalfaro? Ha avuto dei li-miti e se sì quali?

Si può, malgrado tutto questo, continuare adavere fiducia che sia possibile, se non elimi-nare, ridurre notevolmente i conflitti nel mon-do? Per ritornare alla prima domanda: colti-vare quelle speranze di pace?

Ben vengano e siano semprepresenti, in ogni tempo ed inogni luogo, i più complessi evariegati movimenti pacifisti.Sono segno di passione, di in-telligenza, di democrazia. Intutti questi movimenti era, tut-tavia, ben presente la con-danna incondizionata dei de-litti “etnici”, del nazionalismosquallido e intriso di violen-za, del rifiuto del pluralismonella vita delle comunità.

Questo è un grande segno: de-ve avanzare una nuova con-sapevolezza, la necessità, cioè,di andare oltre i vecchi mes-saggi della “tolleranza”, perattingere a messaggi nuovi, inpositivo, che indichino chel’umanità, per essere felice egiusta, deve pervenire al ri-conoscimento della intrinse-ca ricchezza, per tutti, delledifferenze, che ci sono e che“debbono” esistere.

La volontà di pace e di giu-stizia ha sempre fatto prose-liti. Ogni giorno nascono don-ne e uomini che a questi tra-

guardi non solo guardano consperanza ma che in essi si ri-conoscono come impegno escelta di vita. E, ancora più

Kosovo

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positiva, è una sempre piùcomplessa e strutturata visio-ne delle condizioni per rag-giungere questi traguardi. Untempo, in una vicenda comequella del Kosovo, avrebberofacilmente trovato accoglien-za le proposte di spartizionedel territorio e di prospettivedi indipendenza.E’ positivo che oggi si sia per-venuti a capire che soluzionisiffatte non fanno che rinvia-re gli odi che si combattonoad altri tempi futuri, perchéle cause di essi non solo eco-

nomiche, ma soprattutto cul-turali permangono.E’ positivo che, anche nel-l’ambito albanese, la denun-cia, con sdegno e vergogna,delle violenze albanesi neiconfronti dei serbi, succedu-te alle violenze dei serbi neiconfronti degli albanesi, nonsi siano fatte attendere. E’ una-nime il riconoscimento che leviolenze e le crudeltà patitenon giustificano le ritorsioni.Debbono valere i principi su-periori per i quali si è com-battuto.

L’avvenire degli uomini, deipopoli, mai potrà essere de-terminato dalle ritorsioni edalle vendette, le quali nonpareggiano e non compensa-no mai nulla. Non esistonoportatori sani di fascismo e dinazionalismo, i quali, vinte leazioni più crudeli e crimina-li del fascismo e del nazio-nalismo, possano poi instau-rarne edizioni nuove che nonsiano prodromiche a sicure al-tre future violenze e ad altrifuturi delitti. L’intervento Natoin Serbia tendeva a liberare

non solo gli albanesi dal ge-nocidio, ma tutti, albanesi, ser-bi, croati, macedoni, monte-negrini, turchi, rumeni, bul-gari, cattolici, ortodossi, mu-sulmani dall’odio etnico o re-ligioso o nazionalista; a libe-rarli, comunque, dall’incapa-cità di capire e di sentire ledifferenze come un valore, co-me una ricchezza della futu-ra umanità.E’ nella costruzione di questi“valori” e di questi “principisuperiori” che si riassume ilnostro impegno politico.

“L’avvenire degli uomini, dei popoli, non potrà maiessere determinato dalle ritorsioni e dalle vendette.”

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La testimonianza dei ragazzi dell’Itis di Grugliasco dopo Dachau e Leitenberg

IN VISITA

AI LAGER

“...E pensare che camminavo dove migliaia erano morti”Cinque classi dell’Istituto tecnico industriale “E. Majorana”hanno visitato i campi di concentramento di Dachau, Leitenberg e Ulm,dal 26 al 31 marzo. L’iniziativa era patrocinata dell’assessorato all’istruzione della Provinciadi Torino.

Il primo momento ha coin-volto l’Istituto psicopedago-gico della città di Monaco.Qui gli studenti hanno espo-sto, alla presenza dell’asses-sore, frau Fiorenza Colonnella,le differenze e le analogie trale leggi di Norimberga e quel-le italiane del 1938 contro gliebrei. E’ stata un’occasioneper conoscere il sistema sco-lastico educativo bavarese du-rante il nazionalsocialismo. Lo scambio dei doni ha san-cito l’amicizia tra le due scuo-le con l’impegno di un ge-mellaggio. Il secondo giornoè stato dedicato alla visita delcampo di concentramento diDachau. Gli studenti rifletto-

no: - “Non appena ho messopiede in quel luogo diversesensazioni sono scaturite den-tro di me, sensazioni difficilida spiegare... E’ un luogo incui il silenzio e la tranquillitàfanno da padrone... e in quelsilenzio, guardando tutto in-torno, sembra di sentire an-cora le urla di dolore e di sof-ferenza di tutte le persone pas-sate di là”;- “Pensare che dove io pog-giavo i piedi erano morte mi-gliaia di persone”;- “Vedere di cosa è stato ca-pace l’uomo, sentire parlare,con le lacrime agli occhi, unex deportato mi ha fatto im-maginare tutti gli orrori che

lì dentro sono stati compiu-ti”;- “Quando sono entrato nellabaracca e ho visto le condi-zioni in cui i deportati eranocostretti a vivere, mi sono sen-tito molto sconfortato, perchénon posso credere che perso-ne come me sono riuscite acommettere tali atrocità e ta-li bassezze”;- “La crudeltà dell’uomo neiconfronti di un suo simile... èun pericolo che è accaduto esta accadendo adesso propriovicino al nostro paese”.La successiva visita al cam-po di concentramento diLeitenberg, dove sono sepol-ti oltre 7400 internati, è stata

Un gruppo di studenti di Grugliasco dopo la deposizione della corona

toccante sia per la preghierae la deposizione dei fiori pres-so la Cappella italiana, sia perla raccolta di terra da portarein Italia in memoria di padreGirotti e di tutti i sacerdotideportati e morti nei vari la-ger. Infine c’è stato l’incon-tro con l’ex internato del cam-po di concentramento diOberer Kuhberg di Ulm, HerrHeigel, grazie alla collabora-zione del sindacalista JosefKaiser con S. Calleri. Scrivonoalcuni studenti: “I corridoistretti e molto bassi della for-tezza suscitavano un senso dioppressione, soprattutto ve-dendo lo spazio piccolissimodelle celle semibuie dove siera buttati e picchiati, standoa digiuno per vari giorni con-secutivi”. Di Ulm è stata ri-cordata, insieme con la prof.ssaHeide Rau, la resistenza an-tinazista de “La Rosa Bianca”,con la deposizione di una co-rona al monumento della cittàe la lettura del messaggio delpresidente della RepubblicaOscar Luigi Scalfaro. Il viag-gio ha assunto un caratterespeciale grazie alla testimo-nianza di Beppe Berruto. Ilsuo messaggio è stato incen-trato sull’amicizia e sulla so-lidarietà tra gli individui e trai popoli, perché “aiutare o es-sere aiutati, scambiare una pa-rola con un altro anche se didiversa nazionalità... dà la for-za di continuare a vivere e dinon essere un numero ma unuomo nella società di oggi”.

Gli studenti dell’Itis “E. Majorana”

Grugliasco (Torino).7 giugno 1999

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Vincitori del concorso della Regione Piemonte sulla deportazione

L’omaggio degli studenti al “Ghetto dei bambini” di Terezin“Oggi abbiamo sentito par-lare di guerra, ci siamo ri-cordati di te. Oggi abbiamovisto persone soffrire, ci sia-mo ricordati di te. Anche tu,come loro. Pensiamo a te co-me bambino tra tutti i bam-bini che hanno sofferto e sof-frono ancora. Ci chiediamo:perché?”

Inizia così la poesia che gliallievi della V A dell’ele-mentare Madonna della Scaladi Chieri dedicano al “bam-bino di Terezin”, un bimboideale che rappresenta i 15.000(1633 i sopravvissuti) che han-no vissuto nel campo allesti-to dai nazisti nel 1942.Versi affidati a Pluto, nomedi battaglia di Beppe Berruto,ex deportato a Dachau. E

Pluto, per leggerli, sceglie lacerimonia davanti alla lapideche ricorda tutte le vittime diquel campo (oltre 100.000).Davanti a lui 150 studenti me-di, i vincitori del concorso vo-luto dalla Regione Piemonteper ricordare gli orrori delladeportazione.Terezin - all’ingresso la stes-sa scritta del lager diAuschwitz: “Il lavoro rendeliberi” - viene ricordata so-prattutto come “il ghetto deibambini”.Di loro restano disegni, poe-sie, giochi. E’ qui che ilComitato regionale per l’af-fermazione dei valori dellaResistenza ha deciso di por-tare gli studenti del Piemonte.Arrivano dalle scuole dellaprovincia di Torino (Steiner,

Guarini Ferraris, Porro,Porporato, Casale); di Cuneo(Govone ed Einaudi); diNovara (Antonelli e Fermi);di Vercelli (Lagrangia eStampa); di Alessandria(Ciampini, Ottolenghi, Palli);di Biella (Avogadro); del Vco(Galois e Marconi); di Asti(Alfieri e Galilei). “Un viag-gio a contatto diretto con i te-stimoni. Il Piemonte è l’uni-ca Regione ad avere un simi-le programma”, spieganoAndrea Foco, presidente delComitato e il consigliereAgostino Gatti. Con i ragaz-zi i rappresentanti dell’Asso-ciazione nazionale ex depor-tati (Berruto, Bigo e AlbinoMoret) e dell’Associazionenazionale ex internati (RomoloBarisonzo).

Nessuno è stato a Terezin mai loro racconti (la Regione do-vrebbe garantire la conserva-zione nel tempo di questa tra-dizione orale) stimolano i ra-gazzi. Antonella di Arona esal-ta “il coraggio della testimo-nianza”. Replica Barisonzo:“Forse abbiamo sbagliato unacosa: una volta tornati a casanon abbiamo rivendicato nul-la”. E a Riccardo di Osascoche chiede: “Si può perdona-re?”, Albino Moret, uno dei1660 militari finiti nel lagerdi Dora a fabbricare le V2, ri-sponde: “L’ufficiale e i 7 delplotone di esecuzione che fu-cilarono 50 miei compagninon potrò mai perdonarli”.

(da “La Stampa”del 25 maggio 1999)

Da Cervia l’emozionante ricordo di San Sabba

“Lacrime e disperazione erano lì,con noi in quel cortile silenzioso”

Al ritorno dalla gita a Trieste,Redipuglia, San Sabba, vol-gliamo ringraziarvi per aver-ci dato l’opportunità di vede-re di persona i luoghi cari, fi-no ad ora, alla memoria deinostri “nonni”. Un conto èavere studiato quanto sianostate terribili le guerre passa-te (come lo sono quelle chepurtroppo oggi viviamo indi-rettamente ma non con mi-nore angoscia) e un conto èvederne direttamente le testi-monianze. A Redipuglia sia-mo rimasti colpiti dalla gran-diosità del Sacrario, ma nonmeno effetto ci ha fatto la vi-sita al piccolo museo adia-cente alla Cappella. Le foto

Il presidente dell’Aned di Bologna, OsvaldoCorazza, ci ha inviato la lettera-testimonianzaricevuta da alunni e insegnanti delle classi 3aAe 3aE della media “Gervasi” di Cervia, in visitaa Redipuglia e alla Risiera di San Sabba.

esposte, gli indumenti e l’og-gettistica, presenti nelle ba-cheche, testimoniavano larealtà fisica dei nomi riporta-ti nelle gradinate; ma quantoeffetto ci ha fatto la lettura deibiglietti lasciati dai visitatorie quanta sincera commozio-ne in quelle frasi semplici obrevi annotazioni. Abbiamosentito di dover lasciare ungrazie anche noi. L’abbiamorivolto non tanto a tutti que-gli eroi Caduti, quanto a tut-ti coloro che continueranno aportare il proprio omaggio ericonoscenza.Non meno significativa è sta-ta la visita a San Sabba.Avevamo già studiato a qua-

le punto la violenza, la man-canza di umanità, il vuoto raz-zismo, avevano spinto uomi-ni ad annientare l’umanità inaltri uomini. Ma siamo rab-brividiti alla visione di quel-le minicelle che avevano rac-chiuso paura, angoscia, dolo-re, domande senza risposta etanta, tanta sofferenza. E queisegni nel muro: una tacca perogni giorno che passava; e suquali scene si sono aperte quel-le finestre? Ancora più dram-matico è stato il racconto diuna nostra insegnante che, rag-gruppandoci in quel cortile inuna mattinata grigia e sottouna leggera pioggerella, ci hafatto cenno di certi suoi co-noscenti deportati inGermania. Patimenti, morte,paura, lacrime, erano lì connoi, in quel cortile silenzio-so. Poi, prima di ripartire, unavisita al museo. All’ingressoin un pannello le parole “Il si-

lenzio dei campi”. Al momentoforse non tutti si sono resi con-to del significato; poi abbia-mo compreso, scivolando inperfetto silenzio davanti allefoto dei ben noti campi di ster-minio! E ci ha colpiti il leg-gere di quel milione e più dibambini e neonati morti neicampi, dei marchi che biso-gnava pagare per avere le ce-neri del familiare, e dei chilidi vestiario raccolti adAuschwitz e Majdanek e di-stribuiti ai tedeschi etnici; manon solo questo! E’ bene “nonperdere la memoria”, specieper noi giovani che siamo ap-pena agli inizi della vita e sia-mo nella condizione di agirein positivo (speriamolo!) sulfuturo nostro e dell’umanità.

(Gli alunni e le insegnantidelle classi 3aA e 3aE

della scuola media“Gervasi” di Cervia)

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L’emozione di unforte insegnamento

Una studentessa di Buttrio

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Una bella e folta presenza giovanile alle manifestazioni

Friuli: l’Olocausto in 150 temi

Un centinaio fra studenti e in-segnanti di Udine e del Friulihanno partecipato, per inizia-tiva dell’Aned, ai pellegrinagginei lager di Dachau eMauthausen.Contemporaneamente, e conritrovo a Mauthausen (doveera in programma la manife-stazione internazionale per ri-cordare l’anniversario dellaliberazione del campo) un al-tro pullman aveva portato 60persone fra ex deportati e ami-ci, in pellegrinaggio aBuchenwald, Dachau eFlossemburg. Alla cerimonia conclusiva era-no così presenti - insieme al-le delegazioni di tutta Europa- 162 friulani, con il Gonfalonedella città di Udine, decoratodi medaglia d’oro al valoremilitare.

Il risultato è stato possibilegrazie al forte impegno e allavoro del presidente dell’Aneddi Udine, Paolo Spezzotti, delsuo vice Dario Fumolo e diNino Di Maggio, RosinaCantoni, Ermes Visintini, chehanno partecipato a incontrie conferenze in una ventinadi scuole udinesi e di altri cen-tri del Friuli, tra cui Cividale,Tolmezzo e Latisana.Pieno successo anche dei te-mi sull’Olocausto presentatidagli studenti, ben 150, men-tre nel ‘98 erano stati 60 e nel-l’anno precedente soltanto 10.La classificazione dei lavoriè stata curata dalle professo-resse Maria Letizia Burulo,Mirella e Luisa Barbina e daiprofessori D’arrigo, Freschie Del Torre.

Alcuni rappresentanti di Udine con il Gonfalone decoratodi medaglia d’oro della Resistenza, durante la manifestazione a Mauthausen.

Fin da quando ero bambina, credevo che fosse quasi un do-vere, per i deportati sopravvissuti ai campi di sterminio, rac-contare la propria tragedia. Ritenevo che la loro testimonianzafosse indispensabile per la comprensione di ciò che accadde54 anni fa. Solo ora percepisco quale fu la causa di tanto si-lenzio. La visita, accompagnata da voi ex deportati, a Dachaue a Mauthausen mi ha insegnato qualcosa che 1000 libri avreb-bero potuto appena presentare. La vergogna e la voglia di di-menticare del popolo tedesco mi fa rabbrividire: come se nul-la fosse stato, come se il passato è passato, perché nulla sipuò cambiare ormai. Non posso affermare di capire ciò che voi avete patito e sof-ferto in quell’inferno, mentirei se lo facessi, ma il dolore, ealle volte anche la rabbia nei vostri occhi e nelle vostre pa-role, dicono più di quello che ho visto.Ringraziarvi per il dono che ci avete fatto non sarebbe maiabbastanza, ma io lo faccio esprimendo la mia ammirazionenella vostra responsabilità e nel vostro coraggio.

Corinna Sabbadini(Classe 5a C liceo scientifico “G. Marinelli”)

Pubblichiamo la lettera che una studentessa di Buttrio(Udine) ha inviato all’Aned dopo la visita a Dachau e Mauthausen.

Ci avete ascoltati e aiutati a capire

Gli studenti dell’I.s.a. “G. Sello” di Udine

Avendo vissuto quest’esperienza come un grande arricchi-mento interiore e un onore perché ci avete coinvolti nella vo-stra storia sofferta, volevamo dirvi grazie. “Grazie” per aver-ci permesso di vedere e capire in maniera più sentita cosaavete passato in quei luoghi di dolore e per aver ascoltatoanche i nostri punti di vista e le nostre idee. E ancora grazie per averci dato la possibilità di rivivere consentimenti nuovi,eventi conosciuti da noi fino ad ora sola-mente come “fatti storici”.

Gli studenti dell’I.s.a. “G. Sello”

Al presidente dell’Aned Spezzotti e agli ex deportati

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Molto riuscita la visita ai campi di sterminio anche grazie alla “Formula giovani”

Più numerosi da Sesto S. Giovanni

In sostanza i giovani si af-fiancano al tradizionale pel-legrinaggio e pur rispettan-done tappe, tempi e modalità,organizzano pernottamenti inostelli o in piccole pensioni,riducendo sensibilmente i co-sti di partecipazione. Infatti per due anni di segui-to, la cifra raggiunta è statapiù o meno di 300.000 lire.Questo impegno ha permes-so a numerosi giovani del-l’hinterland milanese di par-tecipare al viaggio: 16 l’annoscorso, ben 38 quest’anno. Egià si contano le prime pre-notazioni per l’anno prossi-mo. E’ un suggerimento pertutte le sezioni Aned, affinchésempre più giovani testimoniconoscano e approfondiscanoil dramma della deportazio-ne. Come ha scritto MarioTaccioli nella sua lettera“Perché un viaggio nei lager:

ai giovani affidiamo questoimmenso patrimonio di dolo-re e gloria.La Resistenza è rimasta in-compiuta. I nostri morti at-tendono ancora”.

Quei gradini ad uno ad unoAnche l’Aned di Sesto SanGiovanni era presente nel cor-teo italiano (da sempre il piùnumeroso) che ha sfilato allamanifestazione internaziona-le di Mauthausen, ultima tap-pa del pellegrinaggio che lasezione sestese promuove daanni e che prevede la visita aicampi di Dachau, Gusen e alCastello di Harthein. Hanno accompagnato il pel-legrinaggio Ettore Zilli diSesto S. Giovanni (ex depor-tato di Dachau) e Angelo

Signorelli di Monza (ex de-portato di Gusen). Al viaggiohanno inoltre partecipato rap-presentanti del Comune diSesto (tra cui Roberto Pennasi,presidente del Consiglio co-munale) e delle associazionicombattentistiche.Ad essi si sono aggiunti donMassimo Pavanello e, per laprima volta, la compagnia tea-trale “Macchia mediterranea”,che in ogni campo ha rap-presentato stralci di uno spet-tacolo sulle tragedie del no-stro secolo. Le loro recitazioni hanno com-mosso tutti gli spettatori, chea Dachau - dopo la manife-stazione nazionale - erano tan-tissimi. Sui due pullman par-titi da Sesto hanno viaggiatoanche le rappresentanze deiComuni di Monza (guidatadal sindaco), di Cinisello eMuggiò, con i gonfaloni. Che

cosa dire di questo nuovo pel-legrinaggio? Come racconta-re il calore umano, gli incon-tri commoventi, le terribili te-stimonianze?Come descrivere la morte chesi è “respirata”? Abbiamoascoltato le parole toccanti diEttore Zilli, abbiamo percor-so uno ad uno i 186 gradinidella scalinata della morte aMauthausen e reso omaggioai monumenti eretti sulla col-linetta del campo. Abbiamo applaudito i popoli(come i kurdi) che ancora vi-vono lo sterminio ed espres-so la nostra solidarietà a tut-te le popolazioni civili coin-volte nel dramma dei Balcani.Non dimenticheremo. Per portare avanti la testimo-nianza di un mondo di pace euguaglianza.

Mario Pagani

Per la seconda volta la sezione Aned di Sesto San Giovanni si è fatta promotrice, attraverso ungruppo di giovani iscritti all’Associazione, di una iniziativa particolare per il viaggio nei lager,che è stata denominato come già avevamo ricordato “Formula giovani”.

VIAGGIO

NEI LAGER

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Uno scambio di prigionieriavrebbe salvato 30.000 ebrei ma Churchill lo bloccò

Erano internati a Bergen Belsen nel 1943

Temeva che la loro li-berazione potessenuocere all’equilibriocon gli arabi inPalestina, che all’epo-ca era un protettoratobritannico

Londra - Migliaia di ebreimorirono in campi di con-centramento tedeschi perchéil governo inglese sottoWinston Churchill bloccò unpiano per salvarli dallo ster-minio.Le prove sono in un docu-mento che è stato reso pub-blico negli archivi di stato bri-tannici. Avrebbe dovuto ri-manere segreto fino al 2021,ma la cartella è stata apertacon anticipo dietro richiestadi un gruppo di storici.Il piano che avrebbe potutosalvare la vita a circa trenta-mila ebrei partì da una pro-posta avanzata nel 1943 dalministro degli Esteri tedescoJoachim von Ribbentrop.Consisteva in uno scambio diinternati.La Germania si offriva di li-berare dal campo di concen-tramento di Bergen Belsen eda altri campi trentamila ebreicon passaporti latino ameri-cani, in cambio della libera-zione di altrettanti tedeschitrattenuti o imprigionati in va-ri Paesi dell’America Latina.Nel luglio del 1944 gli StatiUniti cominciarono a lavora-re alacremente sul piano e in-terpellarono Londra per otte-nere la cooperazione diChurchill e del Foreign Office.Ma il governo britannico nonmostrò nessun entusiasmo, an-zi, oppose degli ostacoli perimpedirne la messa a punto.Londra temeva che una voltaliberati, molti dei trentamilaebrei avrebbero usato i loropassaporti per andare a stabi-lirsi in Palestina che era al-l’epoca un protettorato bri-tannico. Churchill e il ForeignOffice avevano paura che l’af-flusso di tanti ebrei in terri-torio palestinese mettesse inpericolo l’equilibrio tra ebreied arabi con la possibilità di

disordini. Tra i documenti con-servati c’è un telegramma delministro degli Esteri ingleseAnthony Eden all’ambascia-tore britannico in AmericaLatina datato 15 novembre1944 in cui si legge: “La mag-gior parte degli ebrei in pos-sesso di passaporti latino ame-ricani può recarsi in Palestina. In queste circostanze ci sonoforti dubbi che si possa por-tare avanti lo scambio propo-sto dagli Stati Uniti”. Il go-verno inglese era anche con-trario all’idea di permettere aitedeschi liberati nel contestodello scambio con gli ebrei ditornare in Germania. Davanti alla lista di nomi te-deschi compilata dagli StatiUniti, l’ambasciatore inglesein Uruguay Gordon Verekerscrisse: “Molti sono in gradodi rendere servizi alla Ger-mania e inoltre rischiamo didar l’impressione di essere di-ventati delicati e sentimenta-li verso i tedeschi”.Nel febbraio del 1945 gli StatiUniti persero la pazienza conLondra: “A seguito del rila-scio di un gruppo di interna-ti dal campo di Bergen Belsennel quadro di uno scambio tracivili, abbiamo ottenuto deiresoconti davvero straziantisulle condizioni fisiche in cuisi trovano gli sfortunati chevi rimangono. Sei dei rilasciati sono mortidi stenti dopo il loro arrivo inSvizzera. Mettere a punto lecondizioni di questo scambioper poter salvare migliaia di

Il sacrificio deiTestimoni di Geova

In una mostra a Salerno

“I martiri hanno raggiunto il fondo delle sofferenze, noi ab-biamo il debito verso di loro di andare fino al fondo dellaverità”. Avendo in mente queste parole dello scrittore GeorgesBernanos, il Centro di documentazione sui Bibelforscherha organizzato una mostra con una proiezione all’Universitàdegli studi di Salerno. La manifestazione si è svolta nellasala delle lauree messa a disposizione dal rettorato dell’a-teneo campano.Le circa 250 persone che sono intervenute nel corso dellagiornata hanno potuto prendere visione dei documenti na-zisti e delle foto della mostra “Fra martirio e resistenza”che illustrava il sacrificio volontario dei Testimoni di Geovadisposti a cedere la propria vita pur di non piegarsi al na-zismo che violava i loro principi di non-violenza. Inoltrela mostra “racconta” come essi resistettero, in modo paci-fico, al sanguinario regime denunciandone le atrocità siaalla popolazione tedesca che all’opinione pubblica mon-diale. Anche la proiezione del video “I Testimoni di Geova,saldi di fronte all’attacco nazista” ha reso giustizia a que-sti martiri che sono stati per così tanto tempo dimenticatidalla storiografia ufficiale. Molti degli intervenuti hannoespresso il loro apprezzamento per l’iniziativa. Uno stu-dente, che si è definito “cattolico convinto”, ha scritto nelregistro della mostra: “E’ un’attività altamente meritoria,quella che state svolgendo”. E una studentessa ha dichia-rato dopo aver assistito alla proiezione: “Ho avuto un no-do alla gola per tutto il tempo del filmato”.

ebrei che rischiano di morireè una questione della massi-ma urgenza”.Ma ormai c’era più poco dafare. Gli ostacoli apposti da-gli inglesi si erano trasforma-ti in una condanna a morte perdecine di migliaia di ebrei.L’atteggiamento britannico sul-la vicenda degli ebrei internatiin Germania è stato al centrodi molte critiche negli ultimianni. Si è parlato di mancan-

za di interesse, soppressionedi notizie ed antisemitismo,sia nel governo che nella Bbc.Nel 1940 molti ebrei giunti nelRegno Unito per cercare rifu-gio, inclusi degli italiani, fu-rono arrestati, internati e tra-sportati in alto mare su naviche avevano del filo spinatoperfino sul ponte.

Alfio Bernabei(da “ l’Unità”, 22 luglio

1999)

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Si chiama Auschwitz, Dachau e San Sabba il prezzo pagato da Ronchi alla libertà

168 deportati: 75 non fecero ritorno

L’altissimo prezzo pagato daRonchi dei Legionari (Gorizia)alla lotta per la libertà (ilGonfalone del Comune è in-signito di Medaglia d’Argentoal valore), è stato ricordatodal presidente della sezionedell’Aned, Mario Tardivo, inoccasione delle celebrazionidel 54° anniversario dellaLiberazione.Alla popolazione di Ronchiha detto fra l’altro che “è sta-ta inferta nel maggio 1944 unaprofonda ferita che non è fa-cile dimenticare”, e che deverestare un monito per le fu-ture generazioni.Quel giorno (era il 24 mag-gio) furono 64 i ronchesi ar-restati e deportati nei campidi sterminio, 11 donne e 53uomini, dopo che già nel no-vembre del ‘43 si erano avu-ti arresti e deportazioni, cheavevano colpito lo stessoTardivo insieme ai fratelli Arcùe Giacomo.

Il rastrellamento del maggiofu la conseguenza della de-nuncia di due ex partigiani,passati al nemico. Tutti gli ar-restati furono trasferiti allecarceri del Coroneo di Triestee, dopo un confronto con i de-latori, conobbero la propriasorte: gli uomini finirono aDachau e le donne adAuschwitz. Quell’episodio nonfermò purtroppo le due spieche continuarono con altre de-nunce. Complessivamente ben168 ronchesi finirono nei la-ger. 75 di loro non fecero ri-torno.Tra i protagonisti di quella pa-gina oscura e tragica della no-stra storia, Angelo Cenedese,Oliviero De Bianchi e ArcùTardivo, che il 22 giugno ‘44trasferiti dal Coroneo di Triestealla Risiera di San Sabba, fu-rono uccisi insieme ad altridetenuti italiani, sloveni e croa-ti, combattenti della Resistenzanel Litorale adriatico.

La “Giornata della memoria” sarà

legge dello stato“Per quanto sublime possa essere l’arte del dimentica-re noi non possiamo praticarla”.

Ricordando queste parole di Gershom Scholem, l’onore-vole Luciano Violante sottolinea il senso dell’incontro aPalazzo Giustiniani dei superstiti dei campi di sterminio,dei familiari dei sommersi, dei rappresentanti delle istitu-zioni, di cittadini democratici, tutti insieme per affermare,nella giornata che segnò nel 1945 la liberazione da Auschwitz,l’impegno a far sì che in questa data una legge dello statoitaliano sancisca la Giornata della Memoria. Un momento forte ed alto di riflessione che, oltre al ricor-do di anni tremendi e feroci, sia atto di giustizia nella con-danna irreversibile del nazifascismo. E perché ciò che è sta-to non sia mai più. Ancora Violante ricorda che senza ilprincipio della discriminazione Auschwitz non sarebbe esi-stito e che il razzismo è proprio l’aspetto del fascismo edel nazismo che può ritornare. Prima di lui il presidente delSenato, Nicola Mancino, ha voluto collegare la necessitàdella memoria all’oggi, come cardine della convivenza ci-vile e pacifica, così come il senatore Athos De Luca, pri-mo firmatario della proposta di legge, ne ha illustrato mo-tivi e finalità. L’onorevole Furio Colombo, con un lucido eteso intervento, ha sottolineato i valori positivi, insiti nel-la tragedia della Shoah, vedendo nell’apertura dei cancellidi Auschwitz “il dono della libertà” anche per i carnefici,altrimenti costretti ad essere tali per sempre, e quindi af-fermando che l’eredità della Shoah, il suo patrimonio, è edeve essere di tutti. Ad Amos Luzzato il compito di ricor-dare come il grande furto della cultura ebraica ci abbia re-so tutti più poveri. Di profondo significato etico le paroledel rabbino Laras. Marso Szulc ha presentato la neonataassociazione Figli della Shoah. Infine il sindaco di RomaFrancesco Rutelli - ancora una volta e con forza - ha ri-confermato come la pagina sconvolgente della razzia delGhetto è e sarà storia di Roma. E per non dimenticare, letestimonianze di Nedo Fiano e di Alberto Mieli, superstitidi Auschwitz, che nella loro sconvolgente semplicità e im-mediatezza hanno aperto e concluso l’importante momen-to di riflessione.

Il presidente dell’Aned diRonchi dei Legionari,Mario Tardivo, durante la celebrazione

Roma: incontro a Palazzo Giustiniani

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I siciliani nei lager:una pagina poco nota nell’Italia del ‘43- ’45

Incontri e convegni contribuiscono a “risvegliare” la memoria sulla seconda guerra mondiale

In questi ultimi anni, invece,mentre si va sempre più ri-ducendo il numero dei testi-moni della Resistenza e del-la deportazione, constatiamocon sollievo un risveglio mol-to promettente nell’ambientedella cultura, come in molteAmministrazioni comunali eprovinciali, che invitano i te-stimoni al dialogo e al con-fronto.Ed ecco allora che dopo il se-minario di Caltagirone, gli in-contri di Modica, del Comunedi Catania, delle scuole e delComune di Riposto, ci ritro-viamo con gli studenti e i do-centi - molto preparati e in-teressati - di S. GiovanniGalermo e con il liceo clas-sico “Spedalieri” di Catania.Poi l’incontro con l’istituto“C. Gemellaro”, sempre diCatania e con il liceo scienti-fico “E. Majorana” di Scordia,dove al dibattito continuatonel pomeriggio - organizzatodall’Amministrazione comu-nale - hanno partecipato il pro-fessor Brunello Mantellidell’Università di Torino; ladottoressa Giovanna D’Amico,ricercatrice storica; il profes-sor Rosario Mangiamelidell’Ateneo di Catania; il pre-side Moncada del liceo diScordia. La testimonianza sul-la Resi-stenza e la deporta-zione è stata portata da NunzioDi Francesco. L’argomento distudio e di confronto riguar-dava “I siciliani nei campi disterminio - Una pagina quasi

ignota nella storia d’Italia dal1943 al 1945”.

Studenti premiati per i temi sull’antifascismo

Una grande manifestazione,inoltre, si è svolta a Siracusa,con la premiazione di studentidella provincia e del capo-luogo, per lo svolgimento deltema sull’antifascismo, laResistenza e la deportazione.Erano presenti, con docenti,studenti e presidi, il sindacodi Siracusa, il prefetto, il que-store, parlamentari regionalie nazionali, insieme a rap-presentanti dei sindacati, chehanno partecipato al premiocon borse di studio nel ricor-do di Luciano Lama. Eranoinvitati anche Giulio Spalloneper l’Anpia di Roma e NunzioDi Francesco dell’Aned edell’Anpi.

Le testimonianzedei militari deportati

Al convegno abbiamo incon-trato un altro ex deportato aMauthausen, Rosario Agostadi Modica, ma residente aSiracusa. Ci ha regalato unasua memoria: “Smacco aMauthausen - Fuga da un in-fernale lager”. Rosario era mi-litare a Lero, nelle isole gre-che. Mentre la maggior partedei suoi compagni venivano

fucilati e i corpi buttati a ma-re, alcuni finivano aMauthausen: era il 10 set-tembre 1943.Nella sua testimonianza, DiFrancesco, aveva ricordato,tra l’altro che molti soprav-vissuti ai campi di sterminioerano rimasti traumatizzati alpunto da chiudersi in un do-loroso silenzio, rifiutandosi dirinnovare le loro sofferenze.Altri sopravvissuti avevanotentato di ricordare, ma nonerano stati ascoltati nemme-no dai propri familiari, per-ché tutto - dicevano - era fi-nito e bisognava dimenticare.

Uno di questi fu Nino Garufidi Giarre che, pur ostacolatoanche dai familiari, non ri-nunciò a lasciare la propriatestimonianza.E infatti, prima di morire neldicembre 1998, scrisse un dia-rio in dialetto, più giarrese chesiciliano, poi tradotto dal pro-fessor Rappazzo, dell’Uni-versità di Catania.“Basterà ricordare le propriesofferenze disumane e i mar-tiri ‘passati’ dai forni crema-toi - ha aggiunto Di Francesco- affinché il periodo dell’or-rore non incontri mai il tra-monto”. N.D.F.

Il dibattito a Caltagirone

A Caltagirone, città natale di don Luigi Sturzo, si è svoltoun affollato convegno di studenti e insegnanti, aperto ai cit-tadini, nel 50° anniversario dei diritti umani. Nella sala dirappresentanza del Comune l’incontro con le scuole mediesuperiori si è aperto sul tema “I siciliani dei campi di ster-minio”. Dopo una comunicazione di Marco Cagnes, do-cente del liceo classico “B. Secusio” di Caltagirone, si so-no succedute le relazioni scientifiche di Giovanna D’Amico,docente dell’Università di Catania; Nunzio Di Francesco eSebastiano Monello ex deportati nel lager di Mauthausen,e Francesco Zuccaro, ex deportato a Buchenwald.I tre ex deportati hanno inoltre illustrato le proprie testi-monianze al secondo incontro di approfondimento sul te-ma “I lager nazisti e la deportazione dall’Italia: il casoSicilia”. Le relazioni scientifiche sono state di GiovannaD’Amico, Rosario Mangiameli, dell’Università di Cataniae Brunello Mantelli, dell’Ateneo di Torino.

Nel 50° anniversario dei diritti umani

Per oltre 50 anni abbiamo chiesto con insistenza che ve-nissero fatte conoscere, specie nelle scuole, le testimonian-ze sulla seconda guerra mondiale.Ma tante gloriose pagine sul sacrificio e sull’eroismo nellalotta per la libertà, restavano sconosciute. Anche a causadi contrasti tra presidi e docenti, che ostacolavano la di-vulgazione nelle scuole diconoscenze su un periodo di fon-damentale importanza.

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“Lezioni”di storia

con i testimoni

Si contano a decine gli incontri organizzatinelle scuoleparticolarmentenelle medie fra studenti e insegnanticon i rappresentantidell’Aned e dell’Anpi,per “dare un futuro alla memoria”.

Molti i ragazzi e le ragazze desiderosi di conoscere di più e meglio gli avvenimentilegati alla seconda guerra mondiale,al fascismo, al nazismo,alla Resistenza,con particolare riguardo allo sterminio nei campidi concentramento.

Agli incontri (che si sono concentratitra aprile e i primi giorni di maggio),hanno portato le loro testimonianzeex deportati nei lager. Qui di seguito diamo un sintetico resocontodelle numerose iniziative.

Scuola

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Scuola

Domandeda sei classiAlla scuola media “MarcoPolo” di via Demostene aMilano (preside il prof.Osvaldo Velutti, con il prof.Giuseppe Arginetti) erano pre-senti oltre 120 ragazze e ra-gazzi di sei classi (tre terze etre quinte). L’introduzione delrappresentante dell’Aned e lerisposte sono state seguitecon la massima attenzione. Ifatti narrati hanno suscitatoun vivo interesse.

Una targa per non dimenticareAlla media “Agnesi” di VaredoMi (preside la prof. ssa LauraAlagna, asssieme alla prof.Daniela Roversi) hanno par-tecipato all’incontro oltre 70alunni di tre classi terze. Trai presenti anche l’assessorealla P.I. Giandomenica Fascìche, a nome del Comune, hadonato una targa al rappre-sentante dell’Aned con inci-so il suo nome. Notevole l’interesse fra le sco-laresche. Una parte di esse siè recata in pellegrinaggio aMauthausen nei primi giornidel mese di maggio, meritoanche da attribuire alla prof.Roversi.

“Marco Polo” - Milano

“Agnesi” - Varedo (Mi)

Di generazionein generazione

All’incontro presso la media“Stoppani” di ArcoreMi (pre-side prof. ssa Rosaria Castal-do), erano presenti l’assesso-re alla P.I. del Comune ClaudioFontana anche a nome del sin-daco Antonio Nava, i funzio-

“Stoppani” - Arcore (Mi)

nari della P.I. dottoressa DanilaRossi e Nadia Pozzi, oltre alconsigliere dell’Aned e pre-sidente dell’Anpi di VimercateSilvio Mandelli (ex deporta-to a Flossemburg che ha por-tato anche il contributo dellapropria testimonianza). Il Comune ha sostenuto le spe-se per il viaggio di 25 allievia Mauthausen. Al convegnohanno preso parte oltre 120allievi di sei classi terze coni rispettivi docenti. Ricche diinteresse le introduzioni del-la preside (che ha presentatoil rappresentante dell’Anedcome un appartenente alla ge-nerazione dei nonni il quale,attraverso il racconto della suaesperienza, intende lasciare il“testimone” alla generazionedei nipoti) e dell’assessore al-l’istruzione, che ha visitatoAuschwitz e ha sottolineato,tra l’altro, il valore delle te-stimonianze. Profonda l’at-tenzione tra i partecipanti emolto efficaci le domande diapprofondimento.

Il pericolodel razzismo

Al liceo “S. Quasimodo” diMagenta per iniziativa dellaprof. Rita Scifo, erano pre-senti 150 studenti (in mag-gioranza ragazze), delle clas-si quinte. La docente di Erc (educazio-

“Quasimodo” - Magenta

...E poi partire per arrivare all’inferno

C’era una volta

Una ragazza che andava a fare la spesal’hanno seguita e li hanno presi tutti

Alla cena di pesah

C’era anche il nonno di 84 annie l’hanno fatto rotolare giù per le scale

E poi via TassoCon le finestre cementate e scendere

le scale e pensare cheEra il momento

E un bambino a scuolanon chiamato all’appello

Diventerà A5506

Poi partire con un carro mercie viaggiare con i propri escrementi

Arrivare all’inferno

Vedere il fumo delle ciminierepensare ad una fabbrica

E la mamma mettele mani sul capo del suo bambino

e dice: E’ finitaIl padre gli dice: Perdonami

Ed è l’ultimavolta

...e come ricordouna bella poesia

Un incontro di deportati con studenti romani

Vincenzo Colella, deportato po-litico a Lounenburg e Mau-thausen, Piero Terracina, ebreodeportato a Birkenau, TeresaRegard, componente dei Gapdi Roma, nel corso di un in-contro con gli studenti dellascuola media statale B. Crocedi Roma, il cui tema era “Lavita e la storia” - memorie del-la II guerra mondiale - hanno

portato il loro contributo di te-stimonianza. Protagonisti del-le vicende di quegli anni, han-no “raccontato” ai ragazzi del-le terze classi le loro esperien-ze, riscuotendo la più parteci-pe attenzione. Ricordando que-sto momento di particolare si-gnificato gli studenti hannoscritto i testi che pubblichiamoin evidenza in queste pagine.

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ne religiosa cattolica), unasuora, ha molto apprezzato latestimonianza e il messaggioconclusivo. Alcuni interventi anche sul-l’attualità, come quello sulrazzismo: di fronte, infatti, al-l’affermazione del rappre-sentante dell’Aned al qualenon sembrava esistessero, inquesto senso, pericoli a livel-lo di massa, due ragazze han-no denunciato che esiste, in-vece, una mentalità razzistaanche oggi e che, addiritturataluni genitori insegnano aifigli l’ostilità verso albanesi,slavi e altri extracomunitari.

Tra passatoe futuroNella sala consiliare di VillaCasati a Cologno Monzese,premiazione per il concorsotra gli studenti delle scuolesuperiori sul tema “Dare unfuturo alla memoria”, pro-mosso dagli assessorati allaCultura e alla P.I. dellaProvincia di Milano, in col-laborazione con Anpi e Aned,e con il patrocinio della stes-sa Amministrazione provin-ciale e del Provveditorato aglistudi. Il premio consisteva inun pellegrinaggio a Mauthau-sen riservato a 35 allievi il 9maggio scorso, in occasionedel 57a anniversario della li-

“Villa Casati” - Cologno M.se

berazione dei campi di con-centramento.Alla manifestazione erano pre-senti il sindaco GiuseppeMilan (il padre è stato de-portato a Dachau), il vicesin-daco Mauro Madella, anima-tore dell’iniziativa, l’assesso-re Giuseppe Sidoli (premiatocome ex partigiano), LuigiLana, presidente dell’Anpi, ilprof. Donato Carissimo e quat-tro insegnanti che, insieme adaltri colleghi, hanno operatoattivamente per il successo delconcorso, il cui significato èstato sottolineato dal sindaco,che ha ribadito l’impegno delComune. Quindi sono statichiamati uno per uno i 35 vin-citori, premiati con diplomae relativa citazione, oltre checon il viaggio a Mauthausena spese del Comune.

Storiedi deportazioneA Villa Olmo di Como si èavuta la presentazione a stu-denti e insegnanti delle clas-si terze delle medie (erano in150) del libro di OlivieroArzuffi Escatom sul nazismo(con la ricostruzione di un dia-logo fra capi SS) e sulle vi-cende di un deportato politi-co a Mauthausen: il nostroRoberto Camerani (impossi-bilitato ad intervenire). L’incontro è stato patrocina-to dalla Provincia, rappre-sentata dall’assessore TizianaSala, che ha aperto la mani-festazione. E’ seguita la let-tura di testi dello stesso Arzuffie di altri autori. Si sono esi-

Villa Olmo - Como

biti al microfono FrancescoPorfido, eccellente dicitore eStefania Tosi nella danza. Benscelte le musiche, da Chopinad Aubry. Ha parlato il rap-presentante dell’Aned, segui-to con viva attenzione e salu-tato alla fine da applausi ca-lorosi.

“Manzoni” - Gorla Minore

Uno spettacoloper meditare

Per iniziativa del Comune diGorla Minore (Varese) e incollaborazione con la scuolamedia “A. Manzoni” (pro-motore l’assessore alla CulturaDaniele Mantegazza), è statoallestito uno spettacolo-me-ditazione sui campi di con-centramento. L’incontro si èsvolto all’insegna di Se que-sto è un uomo di Primo Levie ha visto la partecipazionedegli allievi delle medie, del-le ragazze del corpo di balloe del coro Monterosa di BustoArsizio. Esposta nell’atrio unamostra fotografica sulla visi-ta degli studenti medi aMauthausen.La dottoressa AnnalisaCastiglioni, assessore alloSport, ha curato la regia, haletto poesie e brani scelti diLevi, Nelly Sachs, DanielVogelman, Dan Pagis, EvaGoldeschmitt, in una sugge-stiva ambientazione di luci escenografie, accompagnate daun avvincente sottofondo mu-sicale.Infine il rappresentantedell’Aned ha portato una te-stimonianza sulla solidarietàinternazionale tra i deportatipolitici e razziali a Mauthau-sen. Tutti i testi letti dalla dot-toressa Castiglioni, sono sta-ti riprodotti in un fascicolo.

segue ➥

Vivere ogni giorno come fosse l’ultimo

Essere nudiEssere rasati

Essere disinfettati

E poi resistere alle torturealla fame, alla sete

Ricordarti di togliere il cappelloE contare in tedesco fino a 25

E alla sera mettere in filaanche i compagni morti

C’era un campo con voci di bimbie panni stesi. Erano zingari

Il giorno dopo si udì il silenzio

Vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo

Una mattina non più ordini in tedescoUn soldato ci ha sorriso

Era finita, ma nessuno era felice

Qualcuno piangevaQualcuno pregava

Aveva ritrovato il suo Dio

C’era una volta e non ci sarà mai più

Grazie per il coraggio di raccontare

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Scuola

“Mercalli” - Seregno (Mi)

Da Seregnoad AuschwitzA Seregno (Milano) alla me-dia “G. Mercalli” (preside ilprof. Domenico Pedullà, vi-ce il prof. Troina,con laprof.ssa Daniela Roversi e ilprof. Mandalà),si é tenuto unincontro con un centinaio diragazzi di quattro terze con iloro insegnanti. Erano presenti il sindaco GigiPerego e Pietro Arienti, delComitato unitario antifasci-sta. Il primo cittadino ha sot-tolineato che il 25 Aprile èstato celebrato nel ricordo del-la famiglia ebrea Gani, rifu-giata a Seregno e deportata adAuschwitz; ha rivolto un ap-pello alla pace, al confronto,al dialogo, alla solidarietà. Ribadendo i medesimi valoriè intervenuto anche il presi-de, che ha presentato il rap-presentante dell’Aned, la cuitestimonianza è stata moltoseguita.

La vita in una rosa biancaAlla scuola media “V. Gio-berti” di Milano (preside laprof.ssa Maria Grazia Vinci-guerra, vice preside la pro-fessoressa Laura Longo, col-laboratrici le professoresseLuisa Mariotti e Rita Sibilla),incontro con due terze, 22 traragazzi e ragazze. A riunione conclusa, insegnantie ragazzi hanno donato al por-tavoce dell’Aned una rosa bian-ca e una pergamena con la se-guente dedica: “Le classi 3aEe 3aF ringraziano per la testi-monianza e l’entusiasmo peraver ripreso, nonostante tutto,una nuova vita”.

“Gioberti” - Milano

“Donatello” - Milano

Solidarietàsenza confiniSempre a Milano, alla media“Donatello” di via Zuara, (pre-side e vice, gli stessi del“Gioberti”, essendo però que-sta la sede centrale) incontrotra alunni tredicenni della 3a

D con la prof.ssa TizianaRumagnoni.Alcuni avevano letto libri diPrimo Levi e visionato branifilmati tratti da documentario da film sull’argomento, rea-lizzati dalla scuola. Inoltre glistudenti sono impegnati in va-rie iniziative di solidarietà an-che con le popolazioni afri-cane, oltre che con gli handi-cappati.Le pareti dei corridoi e dellestesse aule sono ricoperte dadisegni, scritte e appelli checoinvolgono l’intera scolare-sca.

Lungo i sentieri della memoria

Una mostra a Torino

E’ da guardare con estremointeresse la mostra “I sentie-ri della memoria”, realizzatada un gruppo di insegnanti(Francesca Midolo, AnnaStorelli, Claudio Zoccola) edagli allievi di diverse classidell’Istituto per grafici “AlbeSteiner” di Torino, inaugura-ta il 28 maggio scorso e chesarà aperta al pubblico fino almese di novembre. E’ da guardare con estremointeresse perché non vuoleconfigurarsi come un percor-so storico tradizionale, co-struito per pannelli e dida-scalie, bensì come insieme dilavori grafici nati dalle espe-rienze individuali degli stu-denti che hanno partecipato,nel corso dell’anno, a due viag-gi d’istruzione (Buchenwalde Dora, Dachau) sotto la gui-da degli ex deportati Pio Bigoe Albino Moret. Sono lavori indubbiamente,di qualità diversa: spesso do-mina la retorica dell’idea odel tratto, ma a volte emer-gono intuizioni che colpisco-no per originalità ed intelli-genza.Guardandoli, non si può cheessere d’accordo con quelloche sostengono i loro inse-gnanti: “Chiedere ai nostri ra-

gazzi una comprensione sto-rica corretta del passato, unacoerenza filologica nell’af-frontare argomenti così serisenza ingenuità, senza conta-minazioni, e farlo dall’altodelle nostre contraddizioni,delle nostre difficoltà ad es-sere per loro chiari punti diriferimento, può essere peri-coloso.Molto meglio, allora, condi-videre la loro onestissima vo-glia di pace e di verità, e starloro vicino, molto vicino.Magari per imparare”. -E’ si potrebbe dire- una di-chiarazione di didattica cherimane al di qua dei risultati,perché una lettura attenta diquesta mostra non mette in lu-ce errori filologici particola-ri. Al contrario, fa capire cheil senso, il nucleo della “le-zione” e della testimonianzasi è depositato ad un giustolivello. Certo, è possibile andare ol-tre, ma il punto di partenza èsenza dubbio confortante edinvita a riflettere sulla com-plessità e sulla pluralità del-le forme della comunicazio-ne per quanto riguarda la sto-ria della deportazione politi-ca e razziale.

Bruno Maida

“Ottolini” - Rescaldina (Mi)

Una riflessione anche sul Kosovo

Nelle scuole medie “A.Ottolini” di Rescalda eRescaldina (Mi), incontri congli allievi delle classi terze,una novantina circa, con i do-centi (prof. Maria EnricaCriboli, Silvana Rizzarzi,Anselma Rossini, AgataSinardi, Daniele Rota, perRescaldina; prof. Jole Actis,Rosalba Franchi, DomenicaTalia e Annameris Cribioli,per Rescalda). Il preside prof.

Luigi Passerini ha introdottogli incontri con una riflessio-ne sui tragici fatti del Kosovoe in altre zone del mondo,esortando all’impegno per lapace e la solidarietà, oltre cheper la conoscenza (in propo-sito era stato ospite della scuo-la un rappresentante diAmnesty International).Insegnanti e ragazzi sono in-tervenuti dopo la testimonianzarecata dall’inviato dell’Aned,mostrando vivo interesse, alpunto che in entrambe le scuo-le il dibattito è andato oltregli orari previsti. Il preside ha consegnato un’of-ferta di 150 mila lire da par-

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te della scuola per le spesedella mostra “Sterminio inEuropa-Lager SS”.

Oltre l’orarioper chiedere di più

Anche alla media “L. DaVinci” di Limbiate( Mi) (pre-side la prof.ssa Maria MatildeMerli, insegnanti le prof.Adriana Gherardi, OrnellaNigro, Clara Paietta), si è an-dati oltre l’orario stabilito nel-l’incontro con gli allievi del-la terza. Molto viva l’attenzione e nu-merose le domande di ap-profondimento.

Agli incontri nelle scuole hapartecipato in rappresentan-za dell’Aned GiandomenicoPanizza che ha anche cura-to i testi pubblicati.

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“L. Da Vinci” - Milano

Un corso di aggiornamento per docenti sulla deportazione

Si terrà a Milano da ottobre a dicembre

Promosso da Provincia di Milano (Assessorato all’Istruzione e all’Edilizia scolastica), Aned(Associazione nazionale ex deportati politici nei campi nazisti) e Ismec (Istituto milaneseper la storia dell’età contemporanea, della Resistenza e del Movimento operaio), si terrà neimesi di ottobre/dicembre 1999 alle ore 15.30 - 18.30 nel “Nuovo spazio Guicciardini”, viaMelloni, 3 a Milano, un corso di aggiornamento per docenti.

Ecco il programma dei sei incontriLunedì 25 ottobrePresentazione del corso e avvio del contratto formativoGiovanna Massariello Merzagora,direttrice del corso, vicepresidente Aneddi Milano

Nuovi studi sulla Repubblica sociale e storia della deportazione Elisa Signori (Università di Pavia)

Le stragi naziste in Italia tra storia e memoria Paolo Pezzino (Università di Pisa)

Lunedì 8 novembreApprofondimenti storici

Hitler a MilanoLuigi Borgomaneri (Ismec)

L’imprescrittibilità dei crimini nazisti Gianfranco Maris (presidente Aned)

Lunedì 15 novembreCapitoli della deportazione

La deportazione femminileGiovanna Massariello Merzagora(Università di Verona)

Bambini nei lager: storia, memorialisticae fiction Maria Bacchi (Laboratorio nazionale di didattica della storia)

Interventi di deportate e dialogo con gli insegnanti

Lunedì 22 novembreStrumenti pedagogici. I luoghi della memoria

Riflessioni sulle visite ai KZPaolo Gastaldi (Università di Pavia)

Interventi di insegnanti e dibattito

Lunedì 29 novembreStrumenti pedagogici. Il teatro e la storia

Storia e teatro: sperimentazione nella scuolaDonata Civardi (Associazione culturaleGente di teatro)

La Risiera di San Sabba. Le riflessioni di un regista Renato Sarti (Regista)

Altre esperienze nelle scuole: interventi diinsegnanti e di operatori

Lunedì 13 dicembreStrumenti pedagogici. Le immagini e la storia

Le immagini: un percorso guidato attraverso la produzione cinematografica Gianni Trimarchi (Provincia di Milano - Cisem)

Proposte applicative per il lavoro con glistudenti e dibattito

Segreteria organizzativa:Settore Istruzione ed Edilizia scolastica della Provincia di Milano -via Petrarca, 20Milano Tel. 02-7740.4736/4101 - SignoraMaria Ripoli)Orari:da lunedì a venerdì dalle 09.00 alle 16.00

Il corso è autorizzato dal Provveditorato aglistudi di Milano ed è inserito nel piano diaggiornamento provinciale 1999-2000. E’ rivolto ai docenti della scuola media in-feriore e superiore.Ai partecipanti sarà rilasciato un attestatodi frequenza al corso.

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Condannato all’ergastolo il boia di piazzale Loreto

Dopo Saevecke Theodor Saevecke,l’ottantottenneex comandantedella Gestapo di Milano, cheordinòil 10 agosto 1944la fucilazione in piazzale Loretodi quindiciprigionieriitaliani, detenuti nel carcere di San Vittore,è stato condannatoall’ergastolo.

Gli articoli sono di FrancoGiannantoni

Le fotografie sonodel Bundesarchiv,di Coblenza e dell’archivio dell’Aned di Milano

è tempo di colpire gli altri assassinirimasti impuniti

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Il volto dei carneficiCerimonia fascista inpiazza San Sepolcro a Milano durante la Rsi:Theodor Saevecke è il primo a sinistra. Si riconoscono, sempreda sinistra, il generaleDiamanti, comandante

della piazza di Milano(con il pizzetto) e all’estrema destraRenato Ricci,comandante della Gnraccanto al federale diMilano Vicenzo Costa.

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Saevecke

La sentenza emessa il 9 giugno scorso dal Tribunale mi-litare di Torino, al termine di un processo durato circaun anno, ha accolto la richiesta del procuratore militare

Gian Paolo Rivello. L’avvocato Gianfranco Maris ha rappre-sentato quale parte civile i familiari delle vittime, la Provinciadi Milano, il Comune di Sesto San Giovanni e l’Anpi. Il Comunedi Milano era rappresentato dall’avvocato Antonello Mandarano.A Theodor Saevecke, giudicato in contumacia (l’imputato, chevive a Bad Roithenfeld, in Germania, aveva inviato ai giudiciuna lettera nel dicembre del ‘96 nella quale disconosceva lacompetenza della magistratura militare italiana), il Tribunaleha riconosciuto le attenuanti generiche “subvalenti” alle ag-gravanti della premeditazione e della crudeltà. In virtù di que-sto meccanismo è scattato il carcere a vita. In caso contrariol’esito sarebbe stata la prescrizione.Theodor Saevecke, nato ad Amburgo il 22 marzo 1911, dove-va rispondere del reato di “violenza con omicidio in danno dicittadini italiani” (articoli 13 e 185 del Codice penale militaredi guerra in relazione agli articoli 575 e 577 del Codice pena-le) “per aver cagionato - come è scritto nella richiesta di rinvioa giudizio del Procuratore militare - quale capitano delle Forzearmate tedesche, nemiche dello Stato italiano, la morte di

Andrea Esposito, Domenico Fiorano, Umberto Fogagnolo,Giulio Casiraghi, Salvatore Principato, Eraldo Soncini,Renzo Del Riccio, Libero Temolo, Vitale Vertemati, VittorioGasparini, Andrea Ragni, Giovanni Galimberti, EgidioMastrodomenico, Antonio Bravin, Giovanni Angelo Poletti,

tutti detenuti nel reparto carcerario di San Vittore, inserendo iloro nominativi nella lista dei soggetti da fucilare, disponen-done il prelevamento dal predetto reparto ed ordinandone poila fucilazione, eseguita alle ore 6 del 10 agosto 1944 in piaz-zale Loreto, durante lo stato di guerra tra l’Italia e la Germania”.Sempre secondo la richiesta di rinvio a giudizio “la premedi-tata esecuzione di tali soggetti, che non prendevano parte alleoperazioni belliche, si caratterizzava per la crudeltà del suosvolgimento, successivamente al quale veniva ordinato che icorpi dei giustiziati rimanessero esposti nella piazza per l’in-tera giornata. La fucilazione rappresentava la rappresaglia con-seguente all’esplosione, dovuta ad un attacco dinamitardo, diun autocarro tedesco posteggiato in Milano in viale Abruzzi,l’8 agosto 1944. Poiché detta esplosione non cagionò il feri-mento di alcun militare tedesco, bensì la morte di numerosipassanti, civili italiani, l’ordine di fucilazione non rappresentòl’adempimento delle direttive emanate dal maresciallo Kesselringed in base alle quali per ogni tedesco ucciso dai partigiani do-vevano essere giustiziati dieci italiani”.

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La folla attonita davanti

ai corpi straziati

Il comunicato delComando tedesco in cuisi elencano gli ostaggi da fucilare

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Saevecke La carriera di un gerarca

Da feroce aguzzino della Gestapo a Milanoad agente della Ciae del governo di Bonn

Un potente gerarca delTerzo Reich. Comandante dell’Aus-

senkommando di Milano, ilcommissariato della Gestapo,spietato “governatore” di SanVittore e dell’Hotel Regina,l’SS-Hauptsturmfuehrer Theo-dor Emil Saevecke aveva 32anni quando arrivò per la pri-ma volta nel cuore dellaLombardia, culla dellaResistenza. In diciannove me-si e diciassette giorni, dal set-tembre del ‘43 all’aprile del‘45, tanto durò il suo regno ditremendo aguzzino, Milanovisse una stagione di terroree di sangue. Ex dirigente del-la Schilljugend di Rossbach,commissario della polizia cri-minale di Berlino, con le SSin Polonia, Libia ed in Tunisiaprima che il colonnello WalterRauff lo trasferisse in Italia,Theo Saevecke, classe 1911,è ora un tranquillo signore di88 anni che vive a BadRoithenfeld in Bassa Sassonia,pensionato dal 1971 dopo averprestato i propri servigi allaCia (1948) e aver percorsouna brillante carriera nella po-lizia di Bonn. Strappato al suoquieto vivere, ricacciato conil peso dei suoi crimini in unpassato che non aveva mai ri-mosso, davanti all’accusa del-l’eccidio di piazzale Loreto,aveva reagito infastidito: “E’una montatura, quel magistratoitaliano non ha alcun dirittodi frugare nelle pieghe dellamia vita. Sono già stato as-solto molti anni fa dai tribu-nali inglesi e tedeschi. E poirispetto ad altri sono un uo-mo piccolo così”.TheoSaevecke è stato tutt’altro cheuna rotellina nel micidiale in-granaggio nazista e, una vol-

ta smascherato, aveva godu-to di forti protezioni: il go-verno tedesco negli anni ses-santa aveva aperto un’inchie-sta contro di lui ma l’avevapoi chiusa senza conseguen-ze. Era il 15 marzo 1963 quan-do il consigliere di StatoGerhard Wiedemann fu in-viato in Italia per cercare difar chiarezza sullo scandaloche aveva spazzato laGermania come un uragano.Si trattò di un’istruttoria ric-ca di testimonianze che era-no state qualche anno primagià raccolte da GiovanniMelodia, segretario generaledell’Aned, nella faticosa ope-ra di ricostruzione della do-lente memoria storica dei so-pravvissuti. Una foto, ritro-vata in modo fortunoso dalComitato combattenti antifa-scisti di Berlino ed inviata aMilano per il riscontro, ave-va contribuito a togliere ognidubbio. Saevecke era emersoa tutto tondo dai ricordi del-le vittime come un criminaleche, direttamente o indiretta-mente, aveva coordinato ognirepressione a cominciare dal-la strage di Meina sul lagoMaggiore del 22 settembre1943, quando 54 ebrei ven-nero massacrati da apparte-nenti alla Divisione corazza-ta “Adolf Hitler”. Saeveckeaveva potuto contare su unarilevante struttura poliziesca:venti ufficiali, sessanta sot-tufficiali fra cui il sergenteWalter Gradsack, detto “il ma-cellaio”, il maresciallo capoHelmuth Klemm, il caporalmaggiore Franz Staltmayernoto come “il porcaro”, ven-ti soldati oltre ad un nutritonumero di militi italiani ad-detti alla sorveglianza. Il mo-

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L’ex comandante dell’Aussenkommando di Milano commenta il verdetto:“E’ una montatura, sono un uomo piccolo così”.

Le fotografie dei quindi-ci fucilati sono conserva-te nella fototeca del Bun-desarchiv di Coblenza esono state presentate perla prima volta da CarloGentile in “Italia Contem-poranea”, dicembre 1996,n. 205. Furono scattatedal corrispondente diguerra Rauchwetter, ap-partenente ad unaPropagandakompaniedella Luftwaffe. E’ mol-to probabile che il mili-

tare si fosse trovato percaso o perché spinto dal-la curiosità sul posto delmassacro la mattina del10 agosto 1944. E’ infat-ti da escludere che fra icompiti delle compagniedi propaganda ci fossequello di riprendere im-magini di eccidi antipar-tigiani. In primo piano sinotano militi della“Muti” e della “Gnr”checomposero il plotone diesecuzione.

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dello dell’AK Mailand era si-mile a quello di Berlino: pun-ti di forza, l’Ufficio III (SD)per la repressione partigianaed operaia e l’Ufficio IV conla sezione B4 per la caccia agliebrei gestita dal marescialloOtto Kock (da non confonde-re con Pietro Koch, il massa-cratore italiano di Villa Triste).Saevecke non si era limitatoa impartire ordini, spesso ave-va preso parte ai pestaggi e al-le torture. Le carte del pro-cesso propongono scenari ag-ghiaccianti, l’elenco dei mar-tiri è lunghissimo, da PoldoGasparotto (caduto poi aFossoli) a Vittorio Bardini,combattente di Spagna; daManfredo Dal Pozzo adAntonio De Bortoli; dai gap-pisti Alfonso Cuffaro e AlfonsoMontuoro a don Achille Bolis;da Antonio La Fratta ad ErichWacthtor; da Salomone Rath,sbranato da una cane duranteun interrogatorio, a TullioColombo e Carlo Mallowanuccisi a bruciapelo, a EgistoRubini, a molti altri ancora.Basti il ricordo di Aldo Ravelli,agente di borsa, fermato il 23dicembre 1943 per favoreg-giamento degli ebrei, selvag-giamente percosso a SanVittore, poi trasferito nei cam-pi di Bolzano-Gries, Mauth-ausen, Gusen. “Tutti i giorni- aveva rivelato Ravelli al-l’inviato di Bonn GerhardWiedemann - c’erano dei pri-gionieri massacrati di botte daparte dei marescialli dell’HotelRegina. Klemm e Staltmayermantenevano l’ordine con ilterrore. Le bastonature eranocosì frequenti che per noi erauna novità quando non c’era-no dei massacri”. Ai sabotag-gi e alle azioni partigiane ave-

va risposto il Comando SS conuna serie di stragi in un lugliodi sangue: il 15 tre fucilati aGreco, il 20 altri tre a Corbetta,il 21 cinque fucilati e cin-quantotto deportati a Robeccosul Naviglio, il 31 sei fucila-ti al Forlanini.Ma perché il 10agosto la carneficina di piaz-zale Loreto se nell’esplosio-ne del camion della Wermachtin viale Abruzzi due giorni pri-ma non c’erano state vittimetedesche? Perché l’ordine al-la Gnr e alla “Muti” di forni-re un plotone d’esecuzione perquel gruppo di antifascisti in-nocenti? La risposta era nellapaura: se da una parte i tede-schi temevano assai vicina l’in-surrezione, i fascisti vedeva-no i gappisti di Giovanni Pescein ogni strada. Piazzale Loretocon i quindici caduti strappa-ti da San Vittore, Greco,Robecco e Forlanini, era sta-ta la tappa di un piano preci-so.“All’escalation del clima in-surrezionale - scrive LuigiBorgomaneri nel suo esem-plare Hitler a Milano - devecorrispondere l’escalation delterrore prima che l’aggressi-vità partigiana dia fuoco allepolveri della combattività ope-raia. Non a caso nell’arco dipoco più di tre settimane sicomincia con tre fucilati, poisi passa a sei ed infine a quin-dici”. Una strategia che nonavrebbe retto alla verifica delcampo. La guerriglia parti-giana, infatti, pur segnata daperdite dolorose, alla fine sisarebbe imposta. Mussolini,del resto, informato dell’ec-cidio di Milano, pare abbiacommentato a caldo: “Il san-gue di piazzale Loreto lo pa-gheremo molto caro”.

Saevecke Il procuratore militare Rivello

“La Gnr e la Muti sgherri dei tedeschi.”Fu eccidio,non rappresaglia

Due i piloni su cui il pro-curatore militare del-la Repubblica di Torino

Pier Paolo Rivello ha poggiatola sua richiesta di condannaa vita per Theodor Saevecke:le dettagliate affermazioni deisopravvissuti, oltre alle nu-merose testimonianze raccol-te subito dopo la Liberazionedall’Ufficio investigativo al-leato che hanno descritto ilclima di terrore e le tortureche accompagnavano gli in-terrogatori e la vasta docu-mentazione che ha dimostra-to come nella tragica opera-zione “vi sia stato un totalescavalcamento delle autoritàfasciste italiane (...) ed unaideazione e preparazione pro-venienti direttamente dall’Au-sennkommando di Milano”.

Questo in sintesi il percorso della requisitoria

Primo L’eccidio di piazzaleLoreto non fu una rappresa-glia perché l’esplosione di via-le Abruzzi dell’10 agosto 1944non fece vittime fra i milita-ri del Reich. L’istituto della rappresaglia,ha ricordato il Pm, secondola costante dottrina interna-zionalista, si fonda sull’attri-buzione allo stato, vittima diun illecito, della possibilità diaggredire gli interessi delloStato autore dell’illecito in-ternazionale. Occorrono poicriteri di proporzionalità e dirispetto dei valori umani, con-dizioni carenti nell’eccidio del10 agosto.

Secondo L’eccidio non co-stituì una “repressione col-

lettiva” come è disciplinatodalla Convenzione dell’Ajadel 1907. Detta norma si in-serisce all’interno di una se-rie di prescrizioni che disci-plinano misure di natura me-ramente patrimoniale. Deve dunque ritenersi che lasanzione collettiva non possacolpire persone fisiche e tan-to meno provocarne la morte.

Terzo Saevecke è responsa-bile di “violenza con omici-dio plurimo” come previstodal codice penale militare diguerra, avendo provocato lamorte di cittadini italiani “chenon hanno preso parte ad ope-razioni militari”.

Quarto Le circostanze atte-nuanti generiche sono inap-plicabili e, nell’eventualità diun riconoscimento delle stes-se, non si possono ritenereprevalenti o equivalenti alleaggravanti. Il numero dellevittime (15) e le modalità del-l’evento lo escludono. Ma non basta tener conto del-la gravità del delitto: occorrevalutare la capacità a delin-quere che assume livelli ele-vatissimi se si fa riferimentoall’epoca dei fatti, all’uso del-la tortura ed attualmente, “al-le frasi minacciose contro ilPubblico ministero inquiren-te contenute nel memorialedifensivo dell’imputato”. Un indubbio rilievo hanno avu-to inoltre le affermazioni del-l’imputato secondo cui du-rante la repressione antiparti-giana non sarebbe stato com-piuto tutto quanto era possi-bile fare, il che dimostra “l’as-soluta mancanza di una ri-meditazione in chiave auto-critica del passato”.

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Si trattò di un eccidio e non di una rappresaglia.Infatti nell’attentato dell’8 agosto ‘44 ad un autocarro della Wermacht,non ci furono vittime fra i soldati del Reich -. Le attenuanti generiche concesse all’imputato sono state dichiarate “subvalenti”rispetto alle aggravanti della crudeltà e della premeditazione.

L’Hotel Regina (in basso)di Milano sede delle SS di Theodor Saevecke.Da qui partì l’ordine per la strageQui sotto:il capo della Provincia di Milano Piero Parini.

Alle spalle il colonnelloFrancesco Colombo,comandante della“Muti”. Parini in un“promemoria”,indirizzato a Mussoliniprese formalmente le distanze dall’eccidio.

Quinto Il reato non è pre-scritto dal momento che perla sussistenza della crudeltà edella premeditazione, la penaprevista dalla legge è quelladell’ergastolo. “Affinché l’i-stituto della prescrizione ri-sponda alle ragioni di oppor-tunità politica - ha ricordatoil Pm Rivello - è necessarioche si sia quasi perduta la me-moria del fatto criminoso oche l’allarme sociale da essosuscitato, sia scomparso.”Ciò non è accaduto, tanto che“il ricordo di piazzale Loretoè destinato a rimanere impe-rituro presso tutto il popoloitaliano”.

Le SS e i fascisti ecco gli autori

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Saevecke L’avvocato Gianfranco Maris, parte civile

“Una sentenza che aiuta a capire la storia”“Un paese non è civile se nonha tra i principi fondamenta-li che regolano la sua convi-venza l’obbligatorietà dell’a-zione penale perché i delittisiano sempre puniti, in ognitempo ed in ogni luogo”. Conqueste parole l’avvocatoGianfranco Maris, parte civi-le per i familiari dei caduti inpiazzale Loreto, per laProvincia di Milano e perl’Anpi, ha iniziato il propriointervento al Convegno sullasentenza contro TheodorSaevecke svoltosi a Milano il24 giugno nel salone di viaMascagni, presenti il procu-ratore militare Pier PaoloRivello, il professor LuigiBorgomaneri, consulente sto-rico del Pm, Sergio Fogagnoloper i familiari dei quindicimartiri, l’avvocato AntonelloMandarano, parte civile per ilComune di Milano e il presi-dente dell’Anpi lombarda TinoCasali.Un principio, quello dell’ob-bligatorietà dell’azione pena-le, che non è stato sempre ri-spettato. Ha detto infatti Maris:“Ora sappiamo per il rappor-to che il Consiglio della ma-gistratura militare ha pubbli-cato di recente che tremila fal-doni che contenevano le no-tizie dei delitti commessi du-rante l’occupazione nazista inItalia sono stati occultati nel-l’archivio del Tribunale su-premo militare di Roma in ungrande armadio con le ante ri-volte verso il muro. (ndr: lascoperta è avvenuta nel 1994e alcuni fascicoli sono già sta-ti affidati per lo svolgimentodei processi alle Procure mi-litari competenti per territo-rio.) Su ogni faldone c’era lascritta ‘archiviazione provvi-

soria’, un istituto giuridicoinesistente. Queste archivia-zioni sono state operate nelperiodo dell’immediato do-poguerra sicuramente con ilconcerto tra il procuratore ge-nerale presso il Tribunale su-premo militare ed i vari mi-nistri della Giustizia e dellaDifesa. Una vera e propria cri-si etica di istituzioni che han-no subordinato il loro doverealle loro valutazioni politiche,gestendo in prima persona edirettamente la ‘politica’, nondi loro competenza, per fa-vorire la ricostruzione ed i rap-porti di mercato tra i vari pae-si d’Europa nel timore che lacelebrazione dei processi po-tesse compromettere i rapportieconomici tra ‘vincitori e vin-ti’ di un tempo”.Una crisi etica non superata.Maris ha speso parole ama-rissime per il silenzio dei massmedia in occasione del pro-cesso a Saevecke: “Informa-zione poca e scarna. Persino‘l’Unità’ e lo dico perché èl’assenza che più mi dilania,non ha scritto del processo edella sua conclusione. Spetteràa noi, con le nostre scarne for-ze, sopperire a questa omis-sione”.Una sentenza quella controTheodor Saevecke che se fos-se stata emessa nel 1946 avreb-be avuto un altro valore. Manon sarebbe stata, come è sta-ta quella del giugno 1999, por-tatrice di nuovi valori ed infor-mazioni. Maris li ha definiti“valori addizionali”, un iti-nerario nuovo per la ricercastorica. Il primo è che nel ‘44la Patria non era morta al pun-to che “tanti uomini e tantedonne sentirono il bisogno,proprio in quel momento, di

Alfonso Gatto dedicò ai fucilati una breve poesia, edita po-co dopo clandestinamente, intitolata:“Per i compagni fucilati in piazzale Loreto”.

Ed era l’alba, poi tutto fu fermoLa città, il cielo, il fiato del giorno.Restarono i carnefici soltantoVivi davanti ai morti.Era silenzio l’urlo del mattino,Silenzio il cielo ferito:Un silenzio di case, di Milano.

Una poesia di Alfonso Gatto

Dopo la sentenza di condanna di Saevecke, un caloroso mes-saggio è stato inviato dal presidente nazionale dell’Anpi,Arrigo Boldrini, al presidente dell’Aned Gianfranco Maris.

“A nome del Comitato nazionale e mio personale, desideroringraziarti vivamente per il grande contributo “scriveBoldrini” quale patrono di parte civile dell’Anpi e dei fa-miliari dei Caduti, a determinare la sentenza di condannaall’ergastolo di Theodor Emil Saevecke, colpevole di averordinato l’esecuzione di 15 partigiani in piazzale Loreto aMilano.La sentenza del Tribunale militare è di grande valore mo-rale e civile. Essa, infatti, come tu hai sottolineato nell’au-la del Tribunale, afferma ‘una linea di condotta etica’ chegli uomini devono avere in qualsiasi situazione di vita, inguerra come in pace, nel proprio Paese, come in qualsiasialtro Paese”.“Siamo grati della tua sensibilità e lieti per il successo ot-tenuto”.

Il messaggiodi Boldrini

In memoria dei fucilati

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Sono iniziati altri processiper le stragi naziste in Italia fra il ‘43 e il ‘45:ritrovati nelle cantine di Palazzo Cesi di Roma, sede della magistratura militare d’appello, migliaia di fascicoli “provvisoriamente”archiviati nell’immediato dopoguerra per “opportunità politiche”.

I tedeschi, sconfitti,abbandonano Milanoil 30 aprile 1945.

La Resistenza ha vinto. gli occupanti se ne vanno

assumersi impegni di lotta cheimplicavano il pericolo dellavita stessa”.La sentenza di Torino giungedunque puntuale a smentirecoloro che in questa inaccet-tabile e pericolosa stagionedel revisionismo hanno par-lato e parlano dell’8 settem-bre del ‘43 come della tom-ba della nazione, delle me-morie divise, di perdita del-l’identità del popolo italiano.“Sui corpi straziati dei fuci-

lati di piazzale Loreto - ha ag-giunto Maris - furono trova-te fotografie di figli e di mo-gli, come per gli impiccati diBassano del Grappa e per gliassassinati della Benedicta, sucui, con grafia spezzata, que-sti martiri, prima di morire,scrissero Viva l’Italia. Dopol’8 settembre, ci dicono que-ste scritte, la Patria, distruttaper lo scempio retorico che ilfascismo ne aveva fatto, de-gradandola a strumento di mo-

bilitazione, per mandare i gio-vani a rapinare lontano, erarinata. E questo è già un va-lore nuovo che oggi può espri-mere una sentenza che esa-mina quei fatti lontani”. Altrochiarimento: piazzale Loretofu un tragico eccidio e nonuna rappresaglia. Lo dirà inmodo articolato la motivazionedella sentenza fra qualche me-se. “La rappresaglia - ha so-stenuto Maris - non esiste, nonè un diritto perché uno Stato

che ne occupa un altro, nonpuò ucciderne i cittadini perincutere quel terrore diffusoche induce all’obbedienza ser-vile. Chi sostiene il contrariodistorce la verità”.Infine una riflessione che can-cella alla radice la disinvoltainterpretazione che diede adesempio Renzo de Felice, deifascisti “patrioti” né più némeno come i partigiani nelpreservare l’Italia da più fe-roci azioni tedesche. “In que-

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Saevecke L’annotazione sul registro-matricola di S. Vittore

“Trasferiti per Bergamo”Ma andavanoalla morte

sto processo - ha commenta-to Maris - è emerso che gliarmati in camicia nera, la‘Muti’ e la Gnr, erano strut-ture alle dipendenze dei te-deschi. Il plotone di esecu-zione formato da militi ita-liani era stato convocato perordine di Saevecke. La sen-tenza è esemplare: la Re-pubblica sociale italiana è sta-ta solo una struttura di ma-scheramento e di supporto del-l’occupazione tedesca, se èvero com’è vero, che le suemilizie politiche armate era-no direttamente sottoposte agliordini dell’Aussenkommando

delle città occupate”.L’avvocato Maris ha infine se-gnalato che, sempre alTribunale militare di Torino,il 23 maggio, ha avuto inizio(Pubblico ministero il dottorRivello) il processo per unadelle più spietate stragi tede-sche in Italia, quella del col-le della Benedicta dove furo-no fucilati 75 giovani inermi.Il responsabile è il tenente co-lonnello Siegfried Engel, ca-po della Gestapo di Genova.L’omologo di Saevecke. Comeil suo camerata, vive tranquilloin una cittadina tedesca.

Il colonnello GiovanniPollini, comandante pro-vinciale della Gnr di

Milano, aveva ricevuto la se-ra del 9 agosto 1944 l’ordinedel comando tedesco di met-tere a disposizione per il gior-no successivo un plotone dimiliti della Rsi da utilizzareper la fucilazione di quindiciostaggi “in base al recentebando del maresciallo Kes-selring”.Il bando prevedeva l’esecu-zione di dieci ostaggi per ognivittima tedesca. Ma nell’at-tentato all’autocarro dellaWermacht alle 8.15 dell’8 ago-sto 1944 in viale Abruzzi,spunto per la carneficina dipiazzale Loreto, non era de-ceduto nessun tedesco: i seimorti ed i dieci feriti eranostati tutti italiani. Che sensoallora aveva richiamare l’or-dine di Kesselring e per qua-le ragione il capitano TheodorSaevecke si era rivolto al co-lonnello Walter Rauff, re-sponsabile della Sipo-SDdell’Italia nord-occidentaleperché strappasse al generaleWilly Tensfeld, comandantegenerale delle SS, l’autoriz-zazione per una feroce re-pressione? Apparentementenessuno. Ma fra i tedeschialeggiava in quei giorni il ter-rore di una prossima insurre-zione popolare ed occorrevareplicare con un’ulteriore esca-lation di segno terroristico do-po le precedenti fucilazioni diGreco, Robecco e del campoForlanini. Ai fascisti a quelpunto non era restato che ub-bidire, interpretando il ruolodi freddi esecutori, vincolaticom’erano, a loro volta, dauna circolare del comandan-te generale della Gnr Renato

Ricci che imponeva, se fossestata richiesta, la collabora-zione coi comandi germanicidi piazza “per gli impieghi dipolizia militare”.A nulla era servito il preoc-cupato attivismo del capo del-la Provincia Piero Parini, ilquale aveva tentato invano dimettersi in contatto con i co-mandanti tedeschi nel tenta-tivo di impedire l’eccidio e,nello stesso tempo, di salva-re gli ultimi brandelli di cre-dibilità della vacillante so-vranità repubblichina. Tutti sinegarono, Saevecke compre-so. Era fallito anche il tenta-tivo, sempre di Parini, di in-viare in nottata il comandan-te Pollini dal colonnelloKolberck, responsabile mili-tare della piazza di Milano,“per fargli presente che le vit-time di viale Abruzzi eranotutte italiane e che se rappre-saglia si fosse fatta anche leautorità italiane dovevanoesprimere il loro avviso”.Alle 5 del mattino del 10 ago-sto Pollini aveva informato ilcapo della Provincia cheKolberck non si era fatto tro-vare. Più o meno negli stessimomenti i quindici morituristavano per lasciare SanVittore. Nel “Pro memoria peril Duce” Parini aveva riferitoche gli ostaggi erano stati sve-gliati alle 4.30 ed in cortileavevano consegnato a ciascu-no una tuta per dar loro l’il-lusione della partenza per illavoro in Germania. Sul regi-stro del carcere era apparsoannotato: “Trasferiti per Ber-gamo”. Dal diario di OttavioRapetti, un giovane di 21 an-ni detenuto a San Vittore, siera saputo che Vitale Vertematiera apparso conscio della pros-

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Ai quindici prigionieri era stata consegnata una tuta da lavoro perché si illudessero di essere destinati in Germania

“Un abbraccio dal vostro Libero”

sima fine: “Entra la guardiacon un milite e chiama la ma-tricola 2742- scrive Rapetti -E’ la matricola Vitale. Si alzamortalmente pallido, ci guar-diamo negli occhi. Ha capito.Vedo che ha molto coraggio.Ci abbracciamo e dice di sa-lutare sua madre”.I quindici prigionieri (il cri-terio della loro scelta, a partela comune matrice politica,resterà ignoto, anche se in unprimo momento era stato sti-

lato e comunicato con mani-festi murali e con i giornaliun elenco di ventisei personeda eliminare, fra cui anche unadonna di 50 anni) arrivaronoin piazzale Loreto alle 5.45dove ad attenderli c’erano unufficiale tedesco con quattrosoldati. Il colonnello Polliniassistette alla disordinata ese-cuzione dei quindici martiridisposti a semicerchio, affi-data ad un plotone misto del-la Gnr e della Legione auto-

noma “Ettore Muti”. Ci fu chicome Eraldo Soncini, un mi-lanese di 43 anni, tentò unadisperata fuga ma venne rag-giunto dai colpi dei fascisti inuna casa vicino alla chiesa divia Palestrina. Per ordine te-desco i corpi rimasero sul ter-reno, esposti fino al pome-riggio inoltrato. Scrisse il ca-po della Provincia Parini peril duce: “Cominciarono a tran-sitare per piazzale Loreto glioperai che si recavano al la-

voro e tutti si fermavano adosservare il mucchio dei ca-daveri che era raccapriccian-te oltre ogni dire perché i ca-daveri erano in tutte le posi-zioni, cosparsi di terribili fe-rite e di sangue. Avvenivanoscene di spavento da parte didonne svenute e in tutti eraevidente lo sdegno e l’orro-re”. Uno spettacolo tremendoche avrebbe dovuto servir damonito, piegare la Milano an-tifascista.

Nelle riproduzioni sottoe nella pagina accanto,il messaggio di LiberoTemolo, operaio dellaPirelli, scritto a San Vittore prima della fucilazione. Si legge: “Temolo,coraggio e fede,sempre fede.

Libero. Ai miei adoratisposa e figlio e fratelli.Coraggio, coraggio.Ricordatevi che io vi hosempre amato. Un abbraccio dal vostroLibero. RaccomandoSergio, educatelo. Baci a te e sposa e fratelli, Temolo”.

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BIBLIOTECA

“Giuseppina del deltaplano”di Luisa Laurelli

Ritratti di donne ad AuschwitzQuando ho aperto la busta conl’invito a partecipare al conve-gno organizzato in Mantova, al-l’incontro con il Comitato in-ternazionale di Ravensbruk, aquello con le donne dellaDeportazione, mi è tornato al-la mente, come una folgorazio-ne, il viso di Luisa Laurelli, isuoi occhi mentre con noi, inuna uggiosa mattinata polacca,passava tra i blocchi diAuschwitz, dal Muro della mor-te alla camera a gas, dalla Rampadi Birkenau ai resti dei crema-tori, dalle baracche del lagerfemminile al campo di quaran-tena. Luisa Laurelli è il presi-dente del Consiglio comunaledi Roma, è una signora dagliocchi vivaci e dal sorriso caldoe intenso, è soprattutto una don-na di grande sensibilità che, no-nostante il peso degli impegnipolitico-amministrativi, la por-ta ad essere sempre reattiva aiproblemi del mondo femmini-le, a quelli della condizione dimadre, di lavoratrice. Il suo or-goglio di donna, la certezza del-le grandi qualità dell’”altra metàdel cielo”, l’hanno portata a scri-vere un intensissimo, piccolo -ma solo nelle dimensioni - li-bro dal titolo Giuseppina deldeltaplano. Ritratti snelli, inpunta di penna, asciutti ed ar-guti, di donne, alcune famose onote, altre ai più sconosciute ep-pure di tale ricchezza di senti-menti, di forza e di impegno dadover essere conosciute. E LuisaLaurelli ce le fa conoscere, cele presenta con grande amore.Non per stupirci ma per am-monirci. Tra queste, IdaMarcheria, da lei conosciuta,appunto, in Birkenau, quellamattina dell’ottobre ‘98, quan-

do la città di Roma ricordò glianni tragici del razzismo e del-l’odio nel luogo deputato allosterminio. Luisa ha lettoAuschwitz negli occhi di Ida,ha compreso la Shoah nel tre-more delle labbra della donnache, dopo oltre cinquant’anni,tornava ad essere la bambina diquattordici anni, scagliata al-l’improvviso nella più diaboli-ca e sconvolgente delle bolge,ove nulla di umano aveva piùvalore e dove tutto era urlo, so-pruso, crudeltà. A Ida la madreaveva insegnato che: “di Shabbatnon si cucina, non si taglia, nonsi cuce, ma in Auschwitz diShabbat si bruciavano i bambi-ni”. In poche righe a Ida, Luisaoffre tutta la sua solidarietà, ilsuo amore totale, il suo esserein quel luogo anche per lei.Poche righe per dirle che ha ca-pito: “Per non dimenticare e perscegliere i valori di libertà, didemocrazia, di solidarietà bi-sogna stare in un campo di con-centramento e sentire addossocome un pugno nello stomaco,l’orrore di un’umanità impaz-zita. Quando vedi Birkenau conquell’orrendo cancello chiusosui binari che portavano trenipieni di persone da sterminarecapisci che non è stata follia.Capisci che tutto era razional-mente studiato e funzionale alprogetto di distruzione di mi-lioni di persone. Tornerò con imiei figli per non dimenticare”.

Aldo Pavia

Luisa Laurelli“Giuseppina

del Deltaplano”Edizioni Librauser pp. 87, lire 20.000.

“Il mistero Hitler”di Ron Rosenbaum

Fu “solo” del Führerla colpa del nazismo?Se per molti anni ben poco siè pubblicato in Italia sulla de-portazione e sullo sterminio,oggi si può affermare che stia-mo vivendo un periodo di ab-bondanza forse eccessiva.Evidentemente l’Olocausto èun argomento che “tira”, comesi dice in gergo commerciale,o forse è solo un mio sospetto. E’ appena apparso in libreria ilvolume di Ron Rosenbaum “Ilmistero Hitler”, nel quale l’au-tore affronta gli interrogativiche sono stati al centro dellacontroversia che ha, fino dallaconclusione della guerra, agi-tato storici, filosofi, psicologi,tutti tesi a esplorare la psico-logia dell’uomo che ha rappre-sentato - e ancor oggi rappre-senta - la quintessenza del Male.Un’opera indubbiamente inte-ressante che ripresenta - e an-che questo è bene - gli studi ele conclusioni di Trevor-Roper,di Alan Bullock, le interpreta-zioni di Emil Fackenheim, diYehuda Bauer e di GeorgeSteiner, la presa di posizione diClaude Lanzmann contro la do-manda: “perché”. E ripesca te-mi noti: da quello psicosessualealla nevrosi del “nonno ebreo”,alla interpretazione teologica,al rapporto con il padre e la ma-dre. E altro. Cose vecchie, inrealtà, anche se l’autore sostieneche, nonostante i fiumi di in-chiostro, ben poco sia stato chia-rito.Per quanto mi riguarda, non mipare che questo libro chiariscamaggiormente. Due le rifles-sioni che mi sono venute im-mediate e spontanee. La prima,in dissenso con Lanzmann, miporta a ritenere legittimo cheun sopravvissuto di Auschwitz

possa chiedere: “ perché”. Laseconda è che anche questo li-bro si pone nel filone che, so-stenendo la dimensione pres-soché demoniaca di Hitler, e aquesta attribuendo tutto il ma-le del nazismo, finisce per de-viare l’analisi di ciò che real-mente fu il nazismo (ed anchei fascismi europei), di quelloche fu e significò il criminaleprogetto culturale e politico chesconvolse l’Europa e generò losterminio e gli annientamentidi massa. Nazismo voluto e perseguito fi-no all’ultimo da migliaia di uo-mini, e tra loro Göring,Himmler, Goebbels, Speer,Borman, Brunner, Eichmann,Frank, Heydrich, Hess,Kaltenbrunner, Pohl, Rosen-berg, Globocnik, Stangl, Ziereis,dalle decine di migliaia di SS,dai milioni di uomini di voltain volta entusiasti, indifferenti,opportunisti. Ricondurre, an-cora una volta, il tutto all’Hitlersimbolo del Male assoluto, al-la sua demoniaca capacità e vo-lontà di seduzione e di corru-zione, mi pare operazione ri-duttiva e - anche se involonta-riamente - consolatoria. Nontutti gli esseri umani sono ca-paci di fare ciò che fu fatto. LaShoah è stata perché è apparsoHitler, il Male assoluto, un an-cora inspiegabile fascio di con-traddizioni, di nevrosi, di in-tricati nodi psicologici.

Aldo Pavia

Ron Rosenbaum“Il mistero Hitler”Le Scie Mondadori pp. 556, lire 35.000

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Gli ebrei “misti”andavano deportatiPer gli ebrei italiani la sottilelinea rossa venne tracciata coni primi provvedimenti legisla-tivi del settembre del 1938. Agli ebrei, ritenuti tout-courtnon appartenenti alla razza ita-liana, era proibito, fra le altrecose, di unirsi in matrimoniocon italiani. Se docenti, era prevista l’e-sclusione dall’insegnamento diogni ordine e grado. Se alunni,era proibita la frequenza nellescuole pubbliche. Questi ulti-mi provvedimenti riguardaro-no anche Giuliana, Marisa eGabriella Cardosi, autrici di unlibro che tratta la questione dei“matrimoni misti” durante lapersecuzione antiebraica in Italiae in Europa (“Sul confine”,Silvio Zamorani editore). Il loro padre, Francesco, “aria-no”, era professore di letterenel Civico ginnasio di Savona;la madre, Clara Pirani, ebrea,insegnava nella scuola ele-mentare di Curenna, un paesi-no raggiungibile nell’ultimotratto soltanto a dorso di mulo.I due si erano sposati con ritocivile e religioso il 27 novem-bre del 1924. Poi la madre ot-tenne una sede migliore a Voltri,un quartiere di Genova, e suc-cessivamente a Torino,dove an-che il padre riuscì ad essere tra-sferito.La famiglia, composta anchedalle figlie Giuliana e Marisa,poteva finalmente riunirsi. I ge-nitori riuscirono a trovare an-che un bell’appartamento, dicui parlarono con entusiasmoalle figlie. Ma non l’occuparo-no mai. Era infatti il mese disettembre del ‘38 e la madre,con i primi provvedimenti raz-ziali, venne esclusa per sempre

dall’insegnamento. Il padre ot-tenne allora l’incarico di pre-side nel Ginnasio superiore diGallarate e fu lì che si trasferìla famiglia. Nel ‘41 nacqueGabriella.Il 25 luglio del ‘43, con la ca-duta del fascismo, si accese lasperanza di un avvenire mi-gliore. Il peggio invece dovevaarrivare con l’8 settembre e l’oc-cupazione nazista del Paese.La campagna “in difesa dellarazza” riprese con maggiore vi-rulenza. Nei primi giorni di di-cembre, il padre venne convo-cato dal commissario prefetti-zio Angelantonio Bianchi chegli impose di non allontanarela moglie ebrea dal luogo di re-sidenza, pena il licenziamento.Inoltre, gli annunciò che si do-veva procedere al sequestro deimobili dell’abitazione. Successiva tappa del calvario,il primo fermo della madre, chepoi fu rilasciata perché in pos-sesso di un certificato medico.Ma la minaccia dell’arresto nonvenne mai meno. Nel mese dimarzo del ‘44 uscì la circolaredel Ministero degli Interni del-la Repubblica di Salò che esclu-deva i coniugi di matrimonio“misto” dalla cattura.Informati,i coniugi Cardosi si ritennerosalvi.Ma si sbagliavano. Il 12 maggio il marito vennechiamato dal commissario diPs che gli comunicò che dove-va eseguire il mandato di cat-tura per la moglie e le tre fi-glie, ma che non avrebbe arre-stato la più piccola perché ave-va solo tre anni. “Arresti ancheme”, replicò il signor Cardosi.Interpellato il commissario pre-fettizio, questi disse che le fi-

glie non sarebbero state messein galera. Venne invece arre-stata la madre, che fu tradottaa San Vittore. Francesco Cardosinon lasciò nulla di intentato persalvare la moglie. Ma non ci funulla da fare. Lo zelo serviledei funzionari fascisti non la-sciava spazio a speranze.Del resto, come ha osservato ilgiurista Fubini, i provvedimentidella Repubblica sociale to-glievano agli ebrei la stessa tu-tela giuridica del diritto alla vi-ta: “La controprova di tale af-fermazione sta nel fatto che irepertori di giurisprudenza nonriportano alcuna sentenza inmateria razziale pronunciata dalsettembre 1943 all’aprile 1945.Gli ebrei, come entità giuridi-ca, avevano cessato di esiste-re”. E così la madre, ovviamentesenza alcuna sentenza, vennetradotta nel campo di concen-tramento di Fossoli, assegnata,in quanto “mista”, al camponuovo, che era quello dei “nondeportabili”.Che vennero invece tutti de-portati ad Auschwitz, con untrasporto che avvenne il 2 ago-sto e che per la stragrande mag-gioranza fu senza ritorno. Nataa Milano il 23 giugno del 1899,la signora Clara Pirani morì in

una camera a gas di Auschwitznell’agosto del 1944.Perché questo libro, che rico-struisce con estremo rigore lasituazione drammatica dei “mi-sti”, valendosi di una docu-mentazione copiosa in larga par-te inedita, a oltre mezzo seco-lo di distanza dall’Olocausto?Perché non si perda la memo-ria di nessun aspetto della que-stione razziale. Perché non sidimentichi che le leggi razzia-li fasciste non furono meno in-fami di quelle naziste. Perché- come si legge nella premessa- “ci siamo avventurate per uncammino difficile e mai per-corso mentre urgeva la neces-sità di fissare questo aspetto an-cora oscuro della Shoah primache il tempo lo dissolvesse”.

Ibio Paolucci

Giuliana, Marisa eGabriella Cardosi

“Sul confine”SilvioZamorani editore

pp. 297, lire 48.000

Clara Pirani a Gallaratenel 1941. Ha in braccio Gabriella. A destra, Giuliana. A sinistra, Marisa.

Le sorelle Cardosi rievocano la morte della madre Clara Pirani ad Auschwitz

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BIBLIOTECA

Un volume della Camera dei deputati sulle leggi razziali che colpirono gli ebrei

1938: l’anno zerodell’Olocausto italianoLa persecuzione degli ebreinel 1938 colpì uomini, don-ne, bambini, le loro identità,le loro libertà, i loro diritti. Lischiacciò, espellendoli dal con-sesso umano, equiparandoliinoltre, al di là della loro fe-de politica, a nemici del re-gime.Migliaia di ebrei abbandona-rono l’Italia, altre migliaia l’e-braismo, senza cessare in mol-ti casi di essere perseguitati.Altri infine, disperati, si tol-sero la vita. Già prima della“svolta” del 1943 che decretòla deportazione e la morte, ladittatura fascista aveva deci-so quale avrebbe dovuto es-sere l’obiettivo finale: l’eli-minazione degli ebrei dalPaese.“Bisogna mettersi in mente -aveva riferito Mussolini il 25ottobre 1938, intervenendo alConsiglio nazionale del par-tito - che noi non siamo ca-miti, che non siamo semiti,che non siamo mongoli. E, al-lora, se non siamo nessuna diqueste razze, siamo evidente-mente ariani e siamo venutidalle Alpi, dal Nord. Quindisiamo ariani di tipo mediter-raneo, puri”. Si era trattato diuna pura invenzione.Questa infame pagina dellanostra storia è racchiusa inogni dettaglio, legge dopo leg-ge, tutte firmate dal re VittorioEmanuele III (l’annotazionevalga per le ricorrenti pole-miche sul rientro dei Savoiain Italia) nel volume edito dal-la Camera dei deputati dal ti-tolo “La persecuzione degliebrei durante il fascismo - Le

leggi del 1938” (pp. 191, lire20.000), in vendita nelle li-brerie del Poligrafico delloStato) con una presentazionedel presidente LucianoViolante e con saggi della scrit-trice Rosetta Loy e degli sto-rici Pietro Scoppola, CorradoVivanti, Michele Sarfatti eGadi Luzzatto Voghera, oltreai contributi “contro il razzi-smo” di Chirac, Clinton,Havel, Herzog, Weizman edell’ex Capo dello Stato OscarLuigi Scalfaro.Un volume importante ma so-prattutto opportuno, che ser-ve a rinfrescare la memoriadei tanti immemori di questitempi: esso raccoglie la serieanastatica completa delle nor-me varate nel 1938 (il più con-sistente pacchetto è del 17 no-vembre 1938, dieci giorni do-po l’incendio delle sinagoghein Germania), le illustrazionidella bieca propaganda anti-semita e due documenti distraordinario interesse spessorichiamati ma poco conosciutinella loro struttura originale,il “Manifesto degli scienzia-ti sulla razza” del 14 luglio ela “Dichiarazione sulla raz-za” redatta dal Gran Consigliodel Fascismo, divenuta leggeil 14 dicembre alla Cameracon voto segreto (nella stes-sa seduta, singolare coinci-denza, all’unanimità e per ac-clamazione, venne soppressala Camera dei deputati e ven-ne istituita la Camera dei Fascie delle Corporazioni) e il 20dicembre 1938 al Senato Regio(dieci voti contrari, fra cuiquelli di Einaudi e De Nicola;

Gruppi di ebrei lasciano il carcere di Varese,destinazione il campo di Fossoli. Si tratta delle uniche fotografie esistenti in Italiache fissano il momento dell’arresto e della tradu-

zione di ebrei nel 1943-45.(Archivio privato FrancoGiannantoni, Varese).Nella pagina accanto una vignetta antisemita apparsa sui giornali in concomitanza con le leggi razziali.

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assenti Croce, Mosca,Albertini, Barzini, Loria).L’emanazione delle leggi raz-ziali e l’abolizione dellaCamera dei deputati erano ilsegno incontrovertibile che ilfascismo di Mussolini si alli-neava per intero ad un certomodello internazionale di re-gime, imperiale e totalitariodel quale la Germania era l’a-vanguardia (anche se alle spal-le c’era la fresca pratica raz-zista nei confronti delle po-polazioni di colore nelle co-lonie africane), sanzionandoda quel momento la divisio-ne dei cittadini in due cate-gorie, i non ebrei e gli ebrei“morti civili”, un “popolo om-bra” negletto dalla vita civi-le, ignorato dalla maggioran-za degli italiani che si sareb-be interrogata sul suo destinosolo nel dopoguerra.La persecuzione razziale delfascismo non fu comunque unfatto secondario né suggeritodal modello tedesco. Fu unascelta precisa accompagnatadal silenzio complice dellacultura che non alzò una vo-ce, non espresse un dissensoe dall’indifferenza di gran par-te del popolo italiano. Dunque non folclore, né ger-manofilia di maniera. Un di-segno che poggiava su un me-todo che lentamente era en-trato a far parte del senso co-mune collettivo senza tocca-re, almeno agli inizi, i livellidel delirio nazista (con laRepubblica sociale italianadall’autunno del ‘43 sarebbe-ro giunti la perdita della cit-tadinanza italiana, la depor-tazione e il massacro), anchese lo storico Michele Sarfattiha potuto affermare che le leg-gi razziali italiane erano sta-te formulate in modo più ri-gido, analitico e persecutoriodel modello ispiratore ger-

manico. Basti come esempioper tutte le degenerazioni raz-ziali del fascismo, il docu-mento del biologo NicolaPende e di altri studiosi e do-centi universitari, per cui gliitaliani erano una “razza” a sée che quella razza non era un“concetto linguistico, storicoo culturale”. Gli italiani, sug-geriva lo scritto, erano in ter-mini di “sangue” proprio “glistessi di mille anni prima”.Gli ebrei, al contrario, eranomediterranei semitici, degli“altri”. Differenze “biologi-che”.Da qui (e il libro offre unagalleria di esempi significati-vi) le orripilanti caricature del-l’ebreo, i nasi giudaici e lemani fornite di acuminati ar-tigli, autentici inviti al lin-ciaggio, che finivano per as-sumere una vera e propria giu-stificazione “scientifica”. Ebrei da isolare dal resto del-la società (il censimento del22 agosto 1938 aveva regi-strato 58.412 persone di raz-za ebraica, compresi i nati damatrimoni misti, dei quali48.032 di nazionalità italianasu circa 40 milioni di abitan-ti!), cacciati dalle scuole diogni ordine e grado, univer-sità compresa, dagli uffici, lecarriere professionali stron-cate, matrimoni “misti” (quel-li con gli ariani) impediti, co-sì come soppresso il serviziomilitare, vietata la proprietàdi società e di aziende se nona dimensioni familiari, proi-bito addirittura il possesso diuna radio.

F.G.

“La persecuzione degliebrei durante il fascismo.

Le leggi del 1938”Editore Camera

dei deputatipp. 191, lire 20.000

Un’appassionata testimonianza di Agostino Barbieri

“L’Urlo” dell’arte anticipò l’orroreDi fronte ad una copia fede-lissima dell’ “Urlo” di EdvardMunch, Agostino Barbieri re-sta inchiodato davanti a quel-la figura dalla bocca spalan-cata che si porta le mani alleorecchie per non sentire il gri-do di dolore e di disperazio-ne: “Se è vero,com’è vero -osserva - che l’arte anticipa itempi, Munch con questo di-pinto ha previsto le terribiliconseguenze che l’ideologianazista avrebbe prodotto nelmondo. L’Urlo è l’eco antici-pata di tutte le grida, le invo-cazioni, le disperazioni, le ma-ledizioni di milioni di esseriumani sacrificati sull’altaredove si innalzava, non la cro-ce simbolo della cristianità,ma quella uncinata della vio-lenza, della barbarie.”Agostino Barbieri è un arti-sta sensibile, un pittore cheha esposto le proprie opere innumerose mostre in Italia eall’estero. Ma è anche unoche, dopo aver partecipato al-le campagne di Jugoslavia,Russia e alla Resistenza, ven-ne deportato nel campo di ster-minio di Mauthausen. In que-sto suo libro, che si intitola,per l’appunto, “L’Urlo diMunch”, pubblicato dall’edi-tore Vannini, Barbieri rievo-ca con una intensa prosa, sem-pre sospesa fra la memoria ela realtà, le proprie esperien-ze, rivendicando all’arte fi-gurativa, non soltanto conMunch, ma anche con Grosz,Dix, Rouault, Kokoschka,Fougeron, Guttuso, Mafai,Manzù, Levi e tanti altri, ilmerito di avere annunciato le

mostruosità del nazismo, op-ponendosi con inflessibile de-terminazione a quel feroce re-gime di morte. “Anche l’arte- rammenta Barbieri, citandoHermann Bahr - urla nelle te-nebre, chiama al soccorso, in-voca lo spirito: è l’Espres-sionismo”.Barbieri ripropone vicende,cita testimonianze dell’orro-re, quando nei campi di ster-minio tutto era possibile, quan-do il destino di milioni di in-nocenti era nelle mani di aguz-zini come il dottor Mengele.“Lo vidi - rammenta un’in-fermiera - prendere ogni pre-cauzione durante un parto, ve-rificando che tutto fosse scru-polosamente in ordine e chele regole per il buon esito delparto fossero rispettate.Mezz’ora dopo fece mandaremadre e figlio ai forni cre-matori”.La Germania, per fortuna, nonera solo Hitler, anche se il suodelirio criminale coinvolse la

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stragrande maggioranza deitedeschi, trasformando moltidi essi in feroci carnefici. LaGermania era anche ThomasMann e Bertolt Brecht, i giàcitati Otto Dix e Ernst Barlach.Un’altra grande artista - scri-ve Barbieri ricordando ciò chedi lei è stato detto - è KatheKollwitz, la cui opera “è il piùgrande poema che riflette leprove e i dolori degli umili edei semplici.Questa donna dal cuore viri-le li ha raccolti nei suoi oc-chi e nelle sue braccia ma-terne. Ella è la voce del si-lenzio dei popoli sacrificati”.Per Hitler e Goebbels le ope-re di questi artisti erano “ar-te degenerata”, un’arte da met-tere alla gogna, da additare alpubblico disprezzo in una mo-stra - tristemente famosa - chevenne organizzata a Monaco.Ricorda Barbieri che spariro-no allora oltre diecimila ope-re dei maggiori artisti tede-schi ed europei e che nel cor-

tile della caserma dei pom-pieri di Berlino andarono alrogo un migliaio di dipinti adolio e circa quattrocento ac-quarelli. Un passato orrendo,che non deve essere dimenti-cato. Barbieri lancia il dram-matico monito, ricordandol’affermazione del filosofomadrileno George Santavana:“Chi cerca di dimenticare ilpassato è condannato a rivi-verlo”. Un’opera importantee utile, dunque, quella diAgostino Barbieri, che ha ilpregio di mantenere vivo - co-me osserva Dino Formaggio,professore emerito della fa-coltà di lettere e filosofiadell’Università di Milano nel-la prefazione - il ricordo di uninfinito dolore e delle profon-de ferite subite dai propri “si-mili”. I.P.

Agostino Barbieri“L’Urlo di Munch”,

Vannini editore,pp. 183, lire 25.000

BIBLIOTECA

Agostino Barbieri, Mauthausen 1948.

Edvard Munch, “L’urlo”, 1893

Aligi Sassu, “I martiri di piazzale Loreto”, 1944

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Era il 23 settembre 1939 e i tedeschi occupando Varsaviapiegavano la Polonia. Nessuno però si immaginava quan-to sarebbe successo. Neppure Szpilman che era un giovaneattento e ironico. Ciascuno si nascondeva dietro una certezza, prima la qua-lità combattenti dell'esercito polacco, poi le truppe france-si, poi ancora la Marna, il fiume: quella classica linea didifesa dove tutto si sarebbe bloccato, come nel contrasto incui si avverte l'andamento dinamico nella seconda partedello Scherzo in si minore di Chopin, un crescendo tempe-stoso di crome, via via sempre più travolgenti sino all'ac-cordo conclusivo, là dove i tedeschi si sarebbero ritirantientro le proprie frontiere con lo stesso impeto della guerrae la vittoria alleata... Non bastò la Marna. Ma un’altra certezza venne in soccorso: "Presto ci lasce-ranno andare. Basta che l'America ne sia informata". Szpilman,ebreo polacco, dopo una sessantina di pagine del suo libro,dovrà invece raccontare di ben altri dolori, del ghetto, del-la persecuzione feroce, del tradimento, della spietata con-correnza per un tozzo di pane o per una patata, della de-portazione, dei morti, della violenza nazista, della rivolta.Szpilman dovrà raccontare, dopo quelli dell'invasione, quel-li delk ghetto, i giorni teerribili del ghetto, per i quali ov-viamente anche il tono della narrazione dovrà mutare. Lapossibilità dell'ironia bruscamente si esaurisce. Non si puòpiù sorridere di un esercito malmesso o delle previsioni dipace e di guerra raccolte attorno ai tavolini di un café-con-certo.Quando le porte del ghetto verranno chiuse dai nazisti nonresterà che lo spazio per una ricerca individuale di salvez-za, che per lo più cancellerà gli antichi valori. La testimo-nianza di Szpilman restituisce quella vicenda nella sua cru-dezza, in una dimensione di violenza che non dà scampo anessuno, quando il polacco diventa il delatore che ricorrea qualsiasi ingano pur di strappare una benemerenza pres-so l'occupante, quando l'ebreo del ghetto non si negherà al-cun mezzo pur di costruirsi una speranza di sopravviven-za. Szpilman racconterà queste storie vissute con una pro-sa incalzante, quasi avventura, senza ombra di retorica,senza neppure alcun desiderio di vendetta si salverà e a sal-varlo sarà un militare tedesco, Wilm Hosenfeld. il militarelo aveva scoperto nel covo ricavato da un sottotetto, però

non lo denunciò, piuttosto cercò di procurargli pane e ve-stiti. Hosenfeld, finita la guerra, verrà rinchiuso in un cam-po sovietico. Non credettero alla sua dichiarazione d'aversalvato alcuni ebrei. D'altra parte Szpilman non conosceva il suo nome: non selo era fatto dire, temendo una volta catturato di poterlo sve-lare. Hosenfeld così morirà prigioniero dei russi, lascian-do semplicemente un diario. Hosenfeld sarà la causa della censura imposta al libro dal-le autorità della Germania dell'Est: era impensabile, equindi poco educativo, scrivere che un tedesco poteva es-sere buono. Viene in mente il tedesco di Nuto Revelli nelDisperso di Marburg, il cavaliere che mal si ritrova nei pan-ni del nazista. L'incredulità è sempre assai diffusa... nel rac-conto delle sue peregrinazioni nel ghetto, fino alla libera-zione. Szpilman ci restituisce un grande affresco, un affre-sco tenebroso, raramente rischiarato da rari raggi di luce,un affresco potentissimo sugli uomini, sulle loro miserie,sulle loro fortune, su quegli ebrei rinchiusi e tormentati, sul-la loro rivolta. La fame, la sofferenza non migliorano l'uomo così come lecare a gas non ne nobilitano il carattere. La cronaca quo-tidiana nel ghetto lo dimostra. Ma sempre ci si può costruireuna chance di riscatto e riscatto, pagato con il sangue, èuna rivolta impossibile. In attesa del treno che li condurràal campo di sterminio, due ebrei, uno dei quali il padre diSzpilman, si fronteggiano, "è una infamia per tutti noi!Permettiamo che ci portino alla morte come pecore al ma-cello...". E l'altro: "Guarda, non siamo eroi, siamo perso-ne assolutamente normali". Una risposta a chi invoca un atto di ribellione ma anchealla insostenibile assurdità di quel caso, la tragedia così siconsuma fino in fondo per la maggioranza. I morti saran-no milioni, Szpilamn tornerà al pianoforte, suonando allaradio polacca, e ci lascerà questa storia scritta subito allafine della guerra, quanto tutto il passato era ancora im-magine viva, quasi temuta. Libro bellissimo e ricchissimo, vivace per quella prosa ve-loce, colorita, concreta, quasi un romanzo che purtropponon è e non poteva essere.

Oreste Pivetta

Pessima sorte quella toccata a un libro come Il pianista di Wladyslaw Szpilman, cancellato per cin-quant'anni dalla censura, ristampato oggi, ma ugualmente ignorato. eppure è giusto quanto ricorda ilsottotitolo: la straordinaria storia di un sopravvissuto, Szpilman è un pianista, è nato a Varsavia nel1911, ha suonato a Varsavia per tanti anni della sua vita e suonava un Notturno di Chopin alla radio,quando le bombe tedesche che piovevano a grappoli sulla capitale polacca interruppero le trasmis-sioni.

Il pianista polacco che si oppose ai nazisti

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BIBLIOTECA

Tempi di malafede - Una storia italiana frafascismo e dopoguerra Guido Piovene ed Eugenio Colorni Einaudi, pp. 321, lire 29 mila.

Sandro Gerbi

E’ la straordinaria ricostruzione di un rapporto d’amicizia fra duegiovani intellettuali che si frantuma per le scelte antisemite diPiovene e che si riannoda nella Roma occupata dai nazisti a pochigiorni dalla liberazione e alla vigilia della uccisione di Colorni permano fascista.

Storia dell’epurazione in Italia - Le sanzioni contro il fascismo 1943-1948Baldini e Castoldi, pp. 465, lire 38 mila.

Romano Canosa

Il fallimento di un’operazione che, per una scelta politica, garantìla continuità degli apparati dello Stato.

Il vuoto alle spalle - Storia di EttoreCastiglioni,Corbaccio, pp. 206, lire 26 mila.

Marco A. Ferrari

La storia di un intellettuale e di un grande alpinista al servizio degliebrei dopo l’8 settembre del ‘43 ai confini con la Svizzera.

Prigionieri dimenticatiMarsilio, pp. 163, lire 22 mila.

Claudio Tagliasacchi

La tragedia degli internati militari italiani nei campi di Hitler.

Il pianista (Varsavia 1939-1945 - La straordinaria storia di un sopravvissuto)Baldini e Castoldi, pp. 239, lire 28 mila.

Wladyslaw Szpilman

Un musicista ebreo, oggi novantenne, sfuggito al rastrellamentodel ghetto di Varsavia, rievoca il suo terribile passato. Fu salvo peraver suonato ad un ufficiale nazista il Notturno di Chopin.

I tentacoli dell’Ovra - Agenti collaboratori e vittime della polizia politica fascistaBollati Boringhieri, pp. 745, lire 75 mila.

Mimmo Franzinelli

Dall’archivio del Ministero dell’Interno la storia della polizia diMussolini come strumento di governo.

Il silenzio degli Alleati Mondadori, pp. 364, lire 34 mila.

Richard Breitman

La responsabilità morale di inglesi ed americani nell’Olocaustoebraico. Perché tacquero quando sapevano?

Le case e le cose - La persecuzione degliebrei torinesi nelle carte dell’Egeli 1938-1945Quaderni dell’archivio storico della Compagnia di SanPaolo, Torino, pp. 189, s.p.

Fabio Levi (a cura di)

La storia dell’Ente di gestione e liquidazione beni ebraici a Torinoe il ruolo della Banca San Paolo quale tesoriere delle proprietà raz-ziate.

Suggerimenti a cura di Franco Giannantoni

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Argomenti strettamente familiaria cura di Paolo Soddu, introduzione di Claudio Pavone,Einaudi, pp. 792, 38 mila.

Massimo Mila

L’esperienza carceraria del ventiquattrenne esponente di “Giustiziae Libertà” di Torino condannato a sette anni dal Tribunale Specialeche, attraverso le lettere dal ‘35 al ‘40, delinea il percorso di matu-razione intellettuale e politica che sfocerà nella partecipazione allaResistenza.

La Repubblica delle camice nereGarzanti, pp. 519, lire 39 mila.

Luigi Ganapini

La Repubblica sociale italiana non si riduce ai giovani che fecerouna scelta di parte né ai banditi che torturavano i partigiani o aifanatici cacciatori degli ebrei. Essa fu rappresentata anche da tuttauna “zona grigia” di cittadini che pesò nella vita del governo fan-toccio di Mussolini: i combattenti, i politici, gli amministratori, isocializzatori.Salò ebbe diverse facce, tutte comunque espressione della societàitaliana.

L’elencoZamorani editore, pp. 499, lire 58 mila.

Giorgio Fabre

La pagina sconosciuta e poco studiata di un altro capitolo dellapersecuzione nell’ Italia antisemita: la censura fascista per gli auto-ri e l’editoria ebraici.

Testimoni del NovecentoPassigli Editore, pp. 395, lire 60 mila.

Leo Valiani

Nei ricordi personali del grande azionista, si ritrovano trentadueprofili a tutto tondo di autorevoli protagonisti del nostro tempo,dall’antifascismo alla Resistenza, dalla Costituente alla Re-pubblica, al secondo dopoguerra.

Alba di Nebbia“farfalle” Marsilio, pp. 180, lire 22 mila

Frediano Sessi

Un giovane partigiano, Walter, a due anni dalla fine della guerraritorna sui luoghi della rappresaglia scatenata dai tedeschi e daifascisti in seguito a una sua azione, che aveva lo scopo di vendicarealcuni compagni torturati e impiccati.Le armate tedesche in ritirata incendiano e distruggono interi vil-laggi, uccidendo uomini, donne e bambini.I veri assassini sono loro, ma Walter ha un peso sulla coscienza. Sache i sopravvissuti e i familiari delle vittime lo considerano colpe-vole. Per questo ritorna sui suoi passi e cerca di parlare con Maria,la donna che più di tutti ha pagato, con la morte del marito e dei trefigli.Walter la insegue, vuole parlare con lei e raccontarle la propria ver-sione dei fatti, guardarla negli occhi. Solo convincendola della pro-pria verità e innocenza potrà tornare a vivere in pace con se stesso,senza sentirsi esiliato in patria.

Casa Rosselli (vita di Carlo e di Nello,Amelia, Marion e Maria),

Giuseppe Fiori

Einaudi, pp. 231, lire 25 mila

La drammatica storia della famiglia Rosselli attraverso il fascismo,la lotta al regime, il sorgere di « Giustizia e Libertà», la guerra diSpagna e l’assassinio di Carlo e di Nello nel 1937 in Francia, permano dei «cagoulards», su mandato di Ciano. E’ una rigorosa edappassionante ricostruzione di tre generazioni di grandi italiani,favorita dalla disponibilità di un prezioso “memoriale”di AmeliaRosselli. Giuseppe Fiori, biografo di Gramsci, dell’anarchicoSchirru, di Lussu, di Berlinguer, di Ernesto Rossi, offre un nuovosignificativo spaccato della storia italiana di questo secolo.

Gramsci a Roma, Togliatti a Mosca Einaudi, pp. 503, lire 34 mila.

Chiara Daniele (a cura di)

Da 56 documenti recuperati nel 1990 a Mosca, emergono nuovielementi di conoscenza sulla natura del dissidio fra i due leader delcomunismo italiano, culminato nello scambio epistolare dell’otto-bre del 1926 che consente di rivedere in modo spesso sostanziale lericostruzioni dei fatti sinora avanzate.

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Protagonisti alla Risiera di

Dalle finestre

di S. Sabba

le parole

di un piccolo diario

da Ravensbruck

Celebrazione “diversa”quest’anno, alla Risiera diSan Sabba a Trieste perricordare la Resistenza e i suoi caduti. Infatti ilComune, i Civici Musei,il Comitato per la difesadei valori della Resistenza e delle istituzioni democratiche, hanno voluto che la Risieranon fosse soltanto palcoscenico da mera,tradizionale celebrazione.

Richiamandosi ai principi delprogetto “Assurdo” di R.Boico, che esprime nel mo-numento l’urlo silenzioso del-le vittime, un solo discorso èstato pronunciato, tradotto poiliberamente in sloveno da B.Pangerc, sindaco del Comunedi S. Dorligo.Il sindaco di Trieste RiccardoIlly “a nome di tutti i triesti-ni, italiani e sloveni e dellealtre comunità” ha detto chesi sentiva affidato il compito

“di condannare il ricorso al-la violenza quale strumentodi azione politica, di pianifi-cazione ideologica, di solu-zione dei conflitti etnici” e haaggiunto che “questo princi-pio deve essere diffuso conparticolare scrupolo presso igiovani”. E sono proprio loro i prota-gonisti della manifestazione,quando dalle spoglie finestredell’edificio, allo scemare del-l’inno di Faurè, cantato dal

coro del Teatro Verdi, ricevo-no simbolicamente dalle ma-ni dell’ex deportata a Raven-sbruck Ada Jerman, membrodel comitato direttivodell’Aned di Trieste, un pic-colo diario consunto, che fun-ge da ideale testimone dellamemoria. Silvia Albrizio,Xenia Bevitori, KarolHrovatin, Anna Klatowski,Masa Pregarc, Andrea Ranierie Jasna Tuta, leggono congrande partecipazione brevi

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una celebrazione “diversa”

...continua così il passaggio del testimone ai giovani

In occasione delle celebra-zioni del cinquantaquattre-simo anniversario dellaLiberazione, alcune classi del-la scuola media di Ronchi deiLegionari, assieme ai loro in-segnanti e ai rappresentantidelle sezioni Aned e Anpi, so-

no stati accompagnati a vi-sitare la Risiera di San Sabbadi Trieste, dove il 22 giugno1944 furono uccisi tre parti-giani di Ronchi: AngeloCenedese, Oliviero De Bian-chi e Arcù Tardivo.Prima di iniziare la visita, è

stata depositata una coronaa ricordo di tutti i caduti perla libertà (nella foto). Duranteil viaggio di ritorno, gli stu-denti hanno dimostrato vivointeresse per le testimonian-ze degli ex deportati nei cam-pi di sterminio.

stralci dalle memorie di al-cune sopravvissute alla de-portazione. L’emozione e ilsilenzio pervadono tutto il pub-blico e alla fine della letturaalla semplice frase “odiaremai”, in italiano, sloveno, croa-to, tedesco, inglese ed ebrai-co, si sciolgono in un applauso,non di circostanza ed estre-mamente commosso. Anche i cartelli inneggiantialla pace, che vengono solle-vati durante l’aria “Patria op-

pressa” dal Macbeth diGiuseppe Verdi, assumono inquesto contesto un significa-to diverso dalle ovvie pole-miche possibili, data la situa-zione nei Balcani. E rappresenta un invito allariflessione e alla compren-sione del passato come ele-menti insostituibili della sto-ria di una collettività.L’impegno profuso dal pro-fessor Marco Coslovich, daRenato Sarti e Daniela Picoi,

che hanno diretto i giovani, edal direttore dei Civici Musei,dottor Adriano Dugulin, cheha fortemente voluto questaforma di manifestazione, han-no ridato un più forte signifi-cato alla celebrazione del 25Aprile.Un significato che ha ripor-tato al centro della scena leAssociazioni italiane e slove-ne degli ex deportati (Aned,Anppia e Zbs-Zveza BorceuSlovenje) e l’Associazione

partigiani d’Italia, ai cui sa-crifici dobbiamo il nostro pre-sente democratico. E che sono gli unici che inRisiera hanno il diritto di tra-sformare “l’urlo silenzioso”in un sommesso ricordo, mo-nito per chiunque abbia vo-glia di intolleranza o di pas-sare un colpo di spugna sul-le colpe del fascismo e del na-zismo.

Thea Maligoi

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Deportati dalle fabbriche e scomparsi nel dramma

A Legnano e Busto Arsizio commemorati i lavoratori della ex Tosi e della Comerio

Nello stabilimento Ansaldodi Legnano (ex Franco Tosi)è stato ricordato il 55° an-niversario della deporta-zione dei lavoratori neicampi di sterminio nazisti.

“Una cerimonia dedicata al-la memoria” hanno sottoli-neato nei loro interventi ildelegato della Rappresentan-za sindacale unitaria, GaetanoOlchini, il sindaco della cittàMaurizio Cozzi e il segreta-rio generale della Cgil SergioCofferati. Dopo la celebra-zione, da piazza Monumentosi è snodato un corteo per lestrade di Legnano, aperto dai

gonfaloni dei Comuni, chehanno dato “braccia forti” al-la Franco Tosi e che poi so-no stati accomunati dalla me-desima volontà di resistereall’invasore nazista.Sono sfilati il medaglieredell’Anpi provinciale, le ban-diere dell’Anpi del legnane-se, dell’Aned con i loro rap-presentanti, sindacalisti, sin-daci con la fascia tricolore,ex partigiani e gli operai chenella Tosi-Ansaldo hanno la-vorato per anni.La commemorazione si è con-clusa al cimitero di corsoMagenta nel “Campo deiPartigiani” con l’intervento

Un archivio per non dimenticare

Gli assessorati alla Cultura della città di Bolzano e delComune di Nova Milanese hanno realizzato la II edizionede “La memoria in rassegna”, presentazione delle produ-zioni audiovisive, documentarie ed a soggetto, attorno aitemi della Resistenza, della Deportazione e della Liberazionein Europa, nell’ambito della seconda guerra mondiale.L’iniziativa, a carattere internazionale, si propone di far co-noscere le produzioni realizzate da enti, istituti, associa-zioni, gruppi e scuole di ogni ordine e grado sui temi spe-cificati. Finalità dell’iniziativa, che ha scadenza biennale, è inoltrela costituzione dell’Archivio audiovisivo della memoria,strutturato quale servizio per il territorio, con particolareriguardo al mondo della scuola, presso l’Archivio storicodella città di Bolzano e presso la biblioteca civica popola-re del Comune di Nova Milanese.

L’iniziativa “La memoria in rassegna” è articolata nelle ci-tate sezioni per video documentari e per video a soggetto,editi e inediti.Coordinatori: Carla Giacomazzi e Giuseppe Paleari, insie-me agli assessorati alla Cultura del Comune di Nova Milanesee della città di Bolzano.

Verranno fatte conoscere le produzioni di enti,scuole, associazioni

Semplicemente no.Uno spettacolo scritto e interpretato

da giovani al PierLombardo di Milano

del presidente dell’Anpi diLegnano Franco Landini.Anche a Busto Arsizio(Varese) è stato ricordato il55° anniversario della de-portazione nei lager nazisti(era il 10 gennaio 1944) del-la Commissione interna del-la Ercole Comerio.Dopo la messa (sull’altare igonfaloni dei Comuni diBusto, Gallarate e CassanoMagnago, oltre alle bandie-re delle Associazioni parti-giane e degli ex combatten-ti), la commemorazione ècontinuata nella sala comu-nale di via Zappellini. Hanno parlato il presidente

dell’Anpi Giovanni Casti-glioni, Natale Pergoletti del-la rappresentanza sindacaledella fabbrica, GianfrancoTosi e Giuseppe Casadio del-la Cgil. “Il loro sacrificio nondeve essere vano”, era scrit-to negli appelli per la cele-brazioni, che ricordavano inomi dei caduti della ex Tosie della Comerio: PericleCima, Alberto Giuliani, CarloGrassi, Antonio Vitali,Francesco Orsini, AngeloSantambrogio, ErnestoVenegoni, Carlo Ciapparelli,Eugenio Verga, GiuseppeCiampini, Giannino DeTommasi.

In scena le lettere dicondannati a morte

Regia di Serena Sinigaglia Compagnia A.T.I.R. tel.02 58 32 55 78

Esistono avvenimenti, episodi storici, momenti di vita chesembrano appartenere ad un passato e che, in verità, rin-corrono la nostra memoria nei momenti più impensati. Lospettacolo intende recuperare questa memoria e con essa pa-role come lotta, libertà, compagni, amore... partendo da unclassico pubblicato dalla Einaudi: Lettere di condannati amorte della resistenza europea, con una messa in scenasplendida, toccante e qualche volta addirittura divertente.Un prologo introduce lo spettacolo evidenziando la "noia divivere" che hanno molti giovani al giorno d'oggi. Poi,arri-va la risposta in una lettera di un condannato a morte fran-cese: “E tuttavia ti faccio questa cosa orribile di lasciarti.Il fatto è che non ci siamo solo noi e il nostro amore a que-sto mondo: c'è tutta una vita che può rendere felici o infe-lici noi e gli altri, ed è per quella felicità, più grande dellanostra, ma che la comprende, che io sono partito... Dopoche a te, non ho creduto che a una cosa, ed è quella per cuimuoio... ero capace di essere uomo, con un ideale e un sen-so del dovere. E' duro, lo sai, ma io terrò il colpo, tu potraiesssere fiera di me.... Georges”

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Tedeschi e israeliani diretti da Mehta

Per la prima volta insieme per Buchenwald

Zubin Mehta a Buchenwald.Il grande direttore d’orche-stra,il 28 agosto, vigilia del-l’esecuzione a Weimar dellaSeconda sinfonia di GustavMahler, si è recato con i com-ponenti della Filarmonicad’Israele, nel campo di ster-minio nazista. Non con tut-ti, perché alcuni musicistiisraeliani hanno preferitoastenersi nel timore di per-dere la serenità per il con-certo del giorno successivo.In compenso si sono asso-ciati nella visita, alcuni mem-bri della Staatoper di Monaco.Difatti la sinfonia di Mahler,il giorno dopo, sotto la dire-zione di Mehta, è stata ese-guita dalle due orchestre uni-tamente ai cori della città ba-varese di Brno e di Praga.Grosso avvenimento artisti-co dunque, ma non soltanto. La vera missione di Mehtaera principalmente quella difar suonare assieme, per laprima volta, una orchestraisraeliana e una tedesca, nel-la città a otto chilometri dal-la quale si trova Buchenwald.“Quando ho visto i musici-sti dell’orchestra di Monacoavvicinarsi al pullman chestava per condurli aBuchenwald -ha detto AviShoshant, manager dellaFilarmonica di Israele - echiedere di partecipare connoi alla visita, allora ho cre-duto nella speranza”.A sua volta Zubin Mehta, inuna bella intervista conces-sa a Laura Putti di “LaRepubblica”, ha osservatoche nessuno 55 anni fa avreb-be potuto pensare ad una co-sa simile: israeliani e tede-schi che suonano assieme aWeimar. “E io dico: se duepopoli un tempo così divisipossono, insieme, suonareBeethoven, vuol dire che pos-sono facilmente vivere in-sieme. E speriamo che la stes-sa cosa si possa presto fareanche tra arabi e israeliani”.Riguardo alla visita vera e

propria, il maestro ha dettoche: “E’ stato interessante os-servare le reazioni dei musi-cisti tedeschi: i giovani, cre-sciuti nell’Ovest, facevanomille domande, quasi non sa-pevano dei campi. Un musicista di Dresda in-vece sapeva tutto: nella Ddri russi hanno mantenuto vi-vi gli orrori del nazismo.All’Ovest la parola d’ordineera: dimentichiamo”.La scelta della Seconda sinfo-nia è dovuta soprattutto alfatto che è chiamata “Resur-rezione”: “Le parole dicono:risorgerai mia cenere dopobreve riposo, vita immorta-le ti darà chi ti ha chiamato.Ecco - ha soggiunto Mehta -il motivo più importante del-la scelta”.Verrà il giorno in cui l’or-chestra israeliana potrà ese-guire anche musica diWagner? “E’ frustrante nonpoter eseguire Wagner, la cuimusica è bellissima - è sta-ta la risposta di Mehta - macapisco e rispetto la volontàdei miei orchestrali. Finchéin Israele, tra il mio pubbli-co, ci sarà un solo uomo coni numeri tatuati sul braccio,Wagner non potrà essere ese-guito”.

I.P.

Dura protesta per il film di BenigniRiceviamo da Alessandria.Spett. redazione de “Il Triangolo Rosso”,nell’ascoltare un “pezzo” della trasmissione tv sul film “Lavita è bella”, mi veniva da piangere. Per fortuna qualcunodisse che il film era tutto una “bugia”. Ma dire “bugia” ètroppo poco, per chi come il sottoscritto ha patito il cam-po di sterminio. La parola bugia è troppo riduttiva; forse leparole falsità e menzogna sono più adatte.A Dora Mittelbau e a Bergen Belsen non si poteva rac-contare bugie. A Dora in 18 mesi sono morti almeno 1200-1300 soldati italiani. Il campo è stato evacuato il 4 aprile1945. Il 31 marzo, mentre una squadra di SS bruciava sac-chi di documenti, in un’altra parte del campo le SS impic-cavano deportati, sul petto dei quali era stato appeso un car-tello con la scritta “sabotage”.Per Bergen Belsen, chi fa certi film dovrebbe chiedere al-l’ufficio di propaganda dell’esercito canadese il documen-tario girato da due suoi reporter quando il campo venne li-berato. I reporter che si trovarono di fronte alla realtà, nonsapevano più come andare avanti con le cineprese. Chieseroallora aiuto al regista Alfred Hitchcock, che rispose: fil-mate tutto quello che vedete senza stacchi, perché tuttoquello che filmate è verità. Nel film di Benigni non c’è nes-suna verità. Cosa penseranno i tedeschi quando vedrannoil film? Sono convinto che non lo vieteranno, come vieta-rono “Roma città aperta”.

Francesco Ghisiglieri(03187 Dora Mittelbau, Bergen Belsen)

La sua indignazione per il film “La vita è bella” di RobertoBenigni merita comprensione e rispetto. Analoghe consi-derazioni, tuttavia, valgono anche per chi ha fornito valu-tazioni del tutto diverse. Tanto per fare un esempio ,a Milano, prima che il film -che successivamente ha ottenuto il premio Oscar - uscissenei cinema, venne organizzata una visione speciale per laComunità ebraica locale. In quella occasione il film ven-ne calorosamente applaudito. Giudizi positivi ha ottenuto anche da altri autorevoli espo-nenti del mondo ebraico,in Italia e all’estero. Per contro,altre personalità del mondo ebraico, quali ad esempio laprofessoressa Tullia Zevi, hanno espresso serie perples-sità, ritenendo che il film possa generare pericolosi equi-voci. La nostra rivista può aprire un dibattito utile non sol-tanto su questa ma anche su altre opere cinematografiche(“Trian de vie”, “La tregua”, “Schindler list”, per farequalche esempio), cominciando, intanto, con la pubblica-zione della sua lettera, e ringraziandola per il suo contri-buto sofferto e appassionato.

LETTERE

La madre di Spizzichino era a Roma

Riceviamo da Roma questa precisazione.Vi scrivo dopo una telefonata, per chiarire un episodio cheè stato riportato in maniera inesatta sul giornale del di-cembre ‘98. Confermo cioè che mia madre non è stata de-portata nel campo di sterminio con me, ma si trovava aRoma dove alcuni anni dopo è deceduta. Pertanto terrei chevoi chiariste l’episodio. In attesa, vi ringrazio

Mario Spizzichino

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Il premio “Marco Brasca”

L’Anpi sezione di Novate, in collaborazione con l’Aned eil patrocinio del Comune di Novate Milanese, promuove ilprimo premio “Marco Brasca”.Il premio è finalizzato a diffondere la conoscenza della sto-ria contemporanea, come momento d’affermazione dei va-lori della nostra convivenza nazionale.Il premio è dedicato alla memoria di Marco Brasca, anti-fascista e partigiano novatese, deportato a Mauthausen.

Regolamento:art. 1 il concorso è riservato a tesi di laurea

che affrontano il tema della deportazione,del lavoro coatto in Germania nel periodo 1943-45 e delle leggi razziali;

art. 2 al concorso possono partecipare tutte le tesi di laurea discusse negli anni accademici 1994-95 e seguenti;

art. 3 i lavori, in triplice copia, dovranno pervenire all’Anpi di Novate c/o Gigante - Sentiero del Dragone 4, 20026 Novate Milanese (Mi),entro e non oltre il 31 dicembre 1999;

art. 4 la giuria, composta da 3 membri designati dall’Anpi Novate, dall’Aned e dal Comune di Novate Milanese, comunicherà i nomi dei vincitori entro la data del 29 febbraio 2000;

art. 5 al vincitore del premio verrà conferita una borsa di studio del valore di L. 2.500.000 (duemilionicinquecentomila), al secondo classificato L. 500.000 (cinquecentomila) e al terzo classificato L. 300.000 (trecentomila).

La sezione di Bergamo an-nuncia con dolore la scom-parsa , avvenuta il 20 giugnoscorso,del proprio presidente

Mario Benigni

di 85 anni, ex deportato aKaisheim, membro del Co-mitato d’onore dell’Aned.

La famiglia Gottipavero ri-corda con dolore la morte del

prof. Carlo Gottipavero

ex deportato a Dachau, avve-nuta il 30 gennaio scorso.

E’ scomparso a Monfalcone,all’età di 93 anni

Antonio Nappi

combattente in Spagna.Perseguitato dal regime fa-scista fu costretto a rifugiar-si in Francia e Svizzera. Dopoil suo rientro in Italia, nel 1944fu arrestato in Istria per atti-vità partigiana e deportato aDachau. Al suo rientro dalladeportazione, perché dissi-dente al regime di Tito fu de-portato nell’isola di Goli Otokper un periodo di tre anni.Dopo la liberazione, si trasferìa Monfalcone.

Il 26 agosto scorso è scom-parso, tra il lutto di famiglia-ri, amici e delle Associazionidella Resistenza e dell’Aned,il partigiano

Luigi Parisio

di Limbiate (Milano). Aveva74 anni. Dopo le dure deten-zioni nelle carceri di Monzae di San Vittore, aveva sof-ferto la deportazione a Bol-zano, dal novembre 1944 al-la liberazione.

La sezione di Ronchi deiLegionari partecipa con do-lore alla scomparsa a Re-dipuglia di

Guido Marcuzzi

partigiano ed ex deportato alcampo di concentramento diDachau.Il compagno Marcuzzi durantel’ultimo conflitto fece partedel Comitato di liberazionenazionale in collaborazionecon l’intendenza “Montes”.

La sezione di Torino annun-cia con profondo cordoglio lascomparsa dei soci:

Renato Portonero

deportato a Bolzano, decedu-to nel dicembre ‘98.

Orfeo Mazzoni

deportato di Mauthausen ma-tricola 22125. Deceduto il21.12.98

Silvio Mollea

deportato a Flossenburg ma-tricola 21703. Deceduto l’ 21.4.99.

Luigi Carrone

deportato a Mauthausen ma-tricola 113934. Deceduto il11.6.99

La sezione di Ronchi deiLegionari, annuncia con do-lore la morte di

Giovanni Cian

combattente partigiano, de-portato a Dachau.

I NOSTRI LUTTI

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Il sito Internet dell’Aned haregistrato il 4 settembre scor-so il quarantamillesimo vi-sitatore. Il contatore che tie-ne conto del numero degliutenti che si collegano, re-gistra ormai da qualche tem-po una progressione presso-ché costante di oltre 100“contatti” al giorno. E in-fatti già il 12 settembre erastato superato il numero di41.000.

Il sito dell’Aned (all’indi-rizzo http://www.deporta-ti.it) si conferma così gior-no dopo giorno un fonda-mentale strumento di co-municazione tra l’Associa-zione e l’esterno.

■ A giudicare dalle moltelettere e richieste di informa-zioni che arrivano al suo in-dirizzo di posta elettronica([email protected]) è soprat-tutto il mondo della scuola -dalle medie all’università - aseguire con più costanza l’e-voluzione del nostro proget-to informatico.Negli ultimi mesi - per ini-ziativa di Fabio Belli, nipotedel nostro Ferruccio Belli diPavia, ex deportato a Dachau- è stata avviata in via speri-mentale una “mailing list” checoinvolge, per ora, alcuni trai collaboratori più fedeli delsito.E’ nato insomma un piccolocircolo virtuale di discussio-ne che raggruppa coloro chepiù si sono impegnati nel la-voro volontario per lo sviluppodel nostro progetto. Un “circolo” che in prospet-tiva, dopo questa prima fasedi rodaggio, si potrebbe apri-

Quarantamila visitatorinel sito Internet dell’Aned

E’ soprattutto il mondo della scuola a essere interessato. E nasce un circolo virtuale di dibattito. I libri di memorie verranno tutti messi in rete.Decine di schede di film sull’argomento KZ.

re a tutti gli interessati, se-condo il modello dei “newsgroups”, i gruppi di discus-sione tematici così diffusi suInternet.

■ La struttura del sito è ri-masta sostanzialmente inva-riata, anche se sono stati rea-lizzati diversi interventi perintegrare e completare (... ecorreggere, più di una volta,grazie ai contributi dei letto-ri) le informazioni contenute.

■ Il settore che è stato mag-giormente sviluppato negli ul-timi mesi è quello della fil-mografia, che oggi contienediverse decine di schede es-senziali sui film che in qual-che modo hanno parlato del-la deportazione e delle per-secuzioni naziste.Il prossimo sviluppo riguar-derà probabilmente la biblio-grafia. E’ ormai giunto il mo-

mento di inserire nel sito, ren-dendoli così disponibili achiunque li voglia consulta-re, i testi integrali di alcunivolumi sulla deportazione dicui possediamo i diritti di pub-blicazione.Si tratta di un impegno rile-vante: bisogna trascrivere suun computer il contenuto diinteri volumi, correggerli eimpaginarli. Ma riteniamo nevalga la pena.

■ Qualunque utente diInternet, da qualunque partedel mondo si colleghi, avràpresto la possibilità di legge-re le edizioni integrali di al-cuni volumi di saggistica o dimemorialistica ormai fuoricommercio e introvabili.Questa segnalazione vale co-me un invito: nel nostro con-tenitore Internet si possonopubblicare diversi libri di te-stimonianza, sia editi che ine-

diti. A condizione di averlitrascritti su un dischetto percomputer (vanno ugualmentebene tutti i formati più diffu-si, sia Windows che Macin-tosh) e che si possa produrreuna esplicita autorizzazionescritta alla pubblicazione daparte del possessore dei di-ritti. Sottolineo in particolarequesto aspetto: in nessun ca-so vogliamo violare i dirittidi chicchessia.

■ Noi riteniamo che solo co-sì, continuando a crescere pas-so dopo passo, il nostro sitopotrà confermare anche in av-venire la posizione che già siè faticosamente conquistatain questa sua prima fase di vi-ta: quella dell’indirizzoInternet europeo di gran lun-ga più consultato in materiadi deportazione.

Dario Venegoni

www.deportati.it

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E’ previsto per la primavera del 2000

Per la riuscita dell’iniziativa ilSenatore Maris aveva interes-sato anche l’ambasciatore ita-liano a Vienna Josept Nitti conuna lettera nella quale è dettoche la decisione dell’Aned ditenere il suo XII Congresso inun campo di sterminio con la

presenza delle istituzioni eu-ropee e delle rappresentanzedi tutte le nazionalità che han-no patito la deportazione po-litica nei campi nazisti, rap-presenta in un tale momento“europeo” di lotta per i più al-ti valori della convivenza un

atto di grande significato po-litico.«Mi rivolgo quindi a Lei si-gnor Ambasciatore per chie-derLe di prospettare questo de-siderio dell’Aned alle autoritàed alle istituzioni locali e na-zionali austriache operando con

tutto il credito di cui Lei go-de personalmente e come rap-presentante dell’Italia, al finedi consentire all’Aned l’otte-nimento di tutti i consensi ne-cessari».

Il congresso

si terrà a Mauthausen

Aned

Gentile Signor Senatore,il ministero degli Interni che amministra il Memoriale KZ èstato informato dal Presidente del Consiglio NazionaleDr.Hanficher e dal Comune di Mauthausen che l’AssociazioneNazionale degli ex deportati politici cioè l’Aned vorrebbe te-nere il 12° congresso nell’anno 2000 nel Memoriale KZMauthausen.Noi salutiamo questa iniziativa e le comunichiamo che è pos-sibile tenere il congresso nello spazio di tempo tra fine aprileinizio maggio nell’attuale Memoriale del KZ Mauthausen. Adisposizione come sa il luogo per la manifestazione sarà la“Sala delle bandiere” con circa 250 posti a sedere.Tuttavia dobbiamo far notare che il 7 maggio 2000 avrà luogola celebrazione della liberazione di Mauthausen con la parte-cipazione della filarmonica di Vienna, che esegue la Nona sinfo-nia di Ludwig Beethoven.Chiediamo perciò in anticipo la vostra comprensione per taledata e, per motivi organizzativi il luogo non più a Vostra di-

sposizione e Vi facciamo notare che il vostro Congresso chetenete ad una data così ravvicinata vi aprirebbe la possibilitàdi partecipare alla celebrazione della liberazione.Il Memoriale del KZ Mauthausen è aperto in aprile e maggio2000 tutti i giorni dalle 8 alle 18.Vi preghiamo perciò di adeguare il vostro programma all’ora-rio di apertura in vigore.Siamo lieti per il vostro Congresso e vi preghiamo di comuni-carci il più presto possibile la data definitiva, il numero dei par-tecipanti e ulteriori informazioni per la sucessione temporaledel programma.

Distinti saluti.

Dr. Wolf Scimaskidirettore della sezione degli affari affari generali

di diritto e di amministrazione del Ministo federale degli Interni di Vienna

La lettera del Governo austriaco che accoglie la richiestaEcco la lettera inviata dal rappresentante del Governo austriaco con la quale si mette a disposizione la “Sala delleBandiere” del campo di Mauthausen.

Sono lieto di comunicare che il Capo del-lo Stato concede l'alto patronato al XIICongresso nazionale dell'Aned. Le espri-mo i più vivi rallegramenti ed auguri peril successo dell'iniziativa.Gaetano Gifuni (Segretario generalePresidenza Repubblica)Altre adesioni sono pervenute dal presi-dente del Senato Nicola Mancino, dalpresidente della Camera Luciano Violante,dai sindaci di Trieste,di Bologna e di al-tri comuni italiani

L’adesione del Capo

dello Stato