52
Tracce Tracce Tracce LE FIRME: MONICA BENEDETTI E ARMANDO MEI, ROBERTO BOMMARITO, ROBERTO LA PAGLIA, ANTONELLA BECCARIA, ALESSAN- DRO DEMONTIS, FABIO MARINO, FABIO GARUTI, SOTIRIS SOFIAS, CARLO BARBERA, SIMONE BARCELLI GIANLUCA RAMPINI La rivista elettronica del mistero d’eternità d’eternità d’eternità 21 Anno V Questa rivista telematica, in formato pdf, non è una testata giornalistica, infatti non ha alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale, ai sensi della legge n. 62/2001. Viene fornita in download gratuito sola- mente agli utenti registrati del portale e una copia è inviata agli autori e ai collaboratori. Per leventuale utilizzo di testi e immagini è necessario contattare i rispettivi autori. LA TESTIMONIANZA IN UFOLOGIA: UNA PROPOSTA METODOLOGICA FABIO MARINO GIZA GIZA E E I I SEGRETI SEGRETI DELLA DELLA SCIENZA SCIENZA ALCHEMICA ALCHEMICA MONICA BENEDETTI E ARMANDO MEI LA FESTA MAYA LA FESTA MAYA DEL FUOCO NUOVO DEL FUOCO NUOVO FABIO GARUTI MARY CELESTE LA PRIMA NAVE FANTASMA ROBERTO BOMMARITO HELOIM HELOIM MISTERI ANGELICI MISTERI ANGELICI ROBERTO LA PAGLIA ROBERTO LA PAGLIA IL MISTERO IL MISTERO DELLA DELLA LUNA LUNA SOTIRIS SOFIAS SOTIRIS SOFIAS BASE 211 BASE 211 SEGRETO SEGRETO IN ANTARTIDE IN ANTARTIDE CARLO BARBERA CARLO BARBERA LA NASCITA DI SATANA ALESSANDRO DEMONTIS

Tracce d'eternita' 21.pdf

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: Tracce d'eternita' 21.pdf

TracceTracceTracce

LE FIRME: MONICA BENEDETTI E ARMANDO MEI, ROBERTO BOMMARITO, ROBERTO LA PAGLIA, ANTONELLA BECCARIA, ALESSAN-DRO DEMONTIS, FABIO MARINO, FABIO GARUTI, SOTIRIS SOFIAS, CARLO BARBERA, SIMONE BARCELLI GIANLUCA RAMPINI

La rivista elettronica del mistero

d’eternitàd’eternitàd’eternità

21Anno V

Questa rivista telematica, in formato pdf, non è una testata giornalistica, infatti non ha alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale, ai sensi della legge n. 62/2001. Viene fornita in download gratuito sola-mente agli utenti registrati del portale e una copia è inviata agli autori e ai collaboratori. Per l’eventuale utilizzo di testi e immagini è necessario contattare i rispettivi autori.

LA TESTIMONIANZA IN UFOLOGIA: UNA PROPOSTA METODOLOGICAFABIO MARINO

GIZA GIZA EE II SEGRETISEGRETI

DELLADELLA SCIENZA SCIENZA

ALCHEMICAALCHEMICA

MONICA BENEDETTI E ARMANDO MEI

LA FESTA MAYA LA FESTA MAYA

DEL FUOCO NUOVODEL FUOCO NUOVOFABIO GARUTI

MARY CELESTELA PRIMA NAVE

FANTASMAROBERTO BOMMARITO

HELOIMHELOIMMISTERI ANGELICI MISTERI ANGELICI

ROBERTO LA PAGLIAROBERTO LA PAGLIA

IL MISTERO IL MISTERO

DELLADELLA

LUNALUNASOTIRIS SOFIAS SOTIRIS SOFIAS

BASE 211 BASE 211

SEGRETO SEGRETO

IN ANTARTIDEIN ANTARTIDECARLO BARBERACARLO BARBERA

LA NASCITA DI

SATANA ALESSANDRO DEMONTIS

Page 2: Tracce d'eternita' 21.pdf

2

ARTICOLI

PAG. 13 LA NASCITA DI SATANA DI ALESSANDRO DEMONTIS

PAG. 19 HELOIM, MISTERI ANGELICI DI ROBERTO LA PAGLIA

PAG. 25 LA FESTA MAYA DEL FUOCO NUOVO DI FABIO GARUTI

PAG. 28 MARY CELESTE, LA PRIMA NAVE FANTASMA DI ROBERTO BOMMARITO

PAG. 31 IL MISTERO DELLA LUNA DI SOTIRIS SOFIAS

PAG. 38 BASE 211, SEGRETO IN ANTARTIDE DI CARLO BARBERA

PAG. 43 L’ENIGMA DI GLOZEL DI SIMONE BARCELLI

PAG. 46 GIZA E I SEGRETI DELLA SCIENZA ALCHEMICA DI MONICA BENEDETTI E ARMANDO MEI

CONTENUTI

Gianluca Rampini [email protected]

Simone Barcelli [email protected]

Fabio Marino [email protected]

Luigi Milani [email protected]

Roberto La Paglia [email protected]

Traduzioni

Sabrina Pasqualetto [email protected]

Anna Florio [email protected]

Antonio Nicolosi [email protected]

Germana Maciocci [email protected]

Carla Masolo [email protected]

QUESTA RIVISTA TELEMATICA, IN FORMATO PDF, NON È UNA TE-STATA GIORNALISTICA, INFATTI NON HA ALCUNA PERIODICITÀ. NON PUÒ PERTANTO CONSIDE-

RARSI UN PRODOTTO EDITORIA-LE, AI SENSI DELLA LEGGE N.

62/2001. VIENE FORNITA IN DO-WNLOAD GRATUITO SOLAMEN-TE AGLI UTENTI REGISTRATI DEL PORTALE E UNA COPIA È INVIA-TA AGLI AUTORI E AI COLLABO-RATORI. PER L’EVENTUALE UTI-LIZZO DI TESTI E IMMAGINI È

NECESSARIO CONTATTARE I RI-SPETTIVI AUTORI.

Progetto grafico e impaginazione a cura di Simone Barcelli.

Revisione testi a cura della redazione.

REDAZIONE

RUBRICHE

PAG. 3 NOTE A MARGINE DI GIANLUCA RAMPINIPAG. 5 LUCI DALL’OLTREVERSO DI FABIO MARINO PAG. 9 XAARAN DI ANTONELLA BECCARIA PAG. 18 NON PRENDIAMOCI SUL SERIO DELLA REDAZIONE

ChimeraChimeraChimeraAPPUNTAMENTO IN AUTUNNO

TRACCE D'ETERNITÀ DA GENNAIO 2013 E’ IN EDICOLA: LEGGI

L’INSERTO DI VENTI PAGINE ALL'INTERNO DEL MENSILE XTIMES,

EDITO DA XPUBLISHING

Page 3: Tracce d'eternita' 21.pdf

3

Mi chiedo ancora se l’estate sia in effetti arrivata. Per noi di Tracce sostanzialmente sì, ral-lentiamo un attivo in vista delle ferie di tutti i membri della re-dazione, dei collaboratori vec-chi e nuovi, che pur senza no-minare, colgo l’occasione per ringraziare per il contributo da-to. Perdonate se anche questo editoriale risente di questo spi-rito vacanziero. Non vi porto notizie, teorie nuove o rivela-zioni scottanti. Piuttosto, una riflessione. È di recente scomparsa la non-na della mia compagna, ben centosette anni. Vissuti bene, lucida quasi fino alla fine, in sa-lute, mai in ospedale prima del-la fine. Partecipando al cordo-glio della famiglia, mi son trova-to a riflettere sulla quantità di eventi storici di cui la Nonna sia stata testimone, quante ne ab-bia passate lei di riflesso degli

eventi che investivano il mondo e l’Europa. La prima guerra mondiale, l’influenza spagnola, fascismo e nazismo, la seconda guerra mondiale, la povertà del

dopoguerra e il boom della ri-presa, gli anni ’60, gli anni di piombo, l’attentato al Papa, la caduta del muro di Berlino e per accelerare fino al 11 set-

NOTE A MARGINENOTE A MARGINEDI GIANLUCA RAMPINI

LE COSE

ANDRANNO A SUD

Page 4: Tracce d'eternita' 21.pdf

4

tembre 2001. Non sono tutti gli eventi importanti, ma anche co-sì messi in fila, fanno davvero impressione. La riflessione suc-cessiva è stata su ciò di cui sia-mo o saremo testimoni. Io ho la sensazione che la stagione dei grandi eventi, che se poi sono guerre anche meglio, sia finita. L’attacco alle Torri Gemelle, se-condo me, ha mostrato a chi or-chestra lo spettacolo del mondo in cui viviamo che non è più quella la strada. Troppe persone hanno ormai mangiato la foglia. Si andrà verso strategie diverse, più subdole, più customer rela-ted, per dirla all’americana. La

storia si sta adattando ai propri protagonisti, o per meglio dire ai propri spettatori. Sarebbe un’assurdità se gli eventi non fossero, come sono, pilotati. Non un singolo evento rilevante della nostra storia recente è sta-to il frutto del caso, della volon-tà di un singolo o anche di una qualche fazione. Quindi tornan-do a noi, quali saranno gli eventi a cui assisteremo? Se dovessi essere io a fare qualche previ-sione, direi che dovremmo por-re attenzione su ciò che succe-derà nel continente nord ameri-cano, ci sono molti segnali che fanno pensare, come dicono lo-

ro, che le cose andranno a sud. Gli americani, la gente comune, mediamente non brilla per indi-pendenza intellettuale, ma quando capiranno che gli stanno portando via l’America, non sta-ranno a guardare. Ci sarà poi da osservare bene quello che suc-cede qui da noi, in Europa. Sia-mo sul filo del rasoio anche qui, in maniera completamente di-versa, ma non meno complessa. Per adesso buona lettura di que-sto numero estivo. Per la stagio-ne ventura Tracce ha in serbo molte idee, tante iniziative che speriamo, insieme a tutti voi, di poter realizzare. Buone Vacanze.

Page 5: Tracce d'eternita' 21.pdf

5

Com’è noto, specialmente ne-gli ultimi anni l’enorme diffu-sione di attrezzature da ripresa digitale (dai telefoni cellulari alle macchine fotografiche, compact o reflex) sembra aver imposto una sorta di “diktat” (spregiudicatamente cavalcato da alcuni sedicenti “ufologi”), costituito dalla im-prescindibile necessità, PRIMA

di accettare un caso come po-tenzialmente autentico o an-che solo interessante, di forni-re “prove documentali”. In altri termini, l’esistenza di fotogra-fie e/o filmati viene considera-ta un requisito indispensabile nella valutazione di un caso di avvistamento ufologico, di qualunque tipo. Sebbene in linea teorica accettabile e con-divisibile, questa impostazione metodologica (che di fatto po-ne in secondo piano o non va-luta per niente l’aspetto testi-moniale di una qualunque vi-cenda ufologica) presta in real-tà il fianco a diverse critiche. Tant’è che ho ritenuto di aprire questa breve analisi con la lo-candina di un noto ed elo-quente film (fig. 1, a sinistra). Quella che credo sia la più im-portante è la banale facilità con cui oggigiorno chiunque (anche alle prime armi) può falsificare una foto o un filma-to con appositi software. Né

serve appellarsi, come qualche anno fa, alla validità dei cosid-detti “dati EXIF” (tipici di ogni ripresa fotografica, una specie di impronta digitale di una fo-tografia, che fino a qualche tempo fa ne garantiva l’autenticità e il non-ritocco), vista l’uscita sul mercato di programmi specifici come “EXIF Pilot”, in grado di modifi-care i famosi metadata impres-si sui fotogrammi digitali. D’altra parte, a pensarci sere-namente e senza preclusioni, va ricordato che il “taroccamento” in Ufologia è sempre in agguato, come è fa-cile verificare buttando una semplice occhiata alle vecchie fotografie analogiche di famosi contattisti (fig.2, pagina suc-cessiva, in alto: una nota ripre-sa di Gorge Adamski), oppure a filmati (sempre analogici) che sembrano autentici come l’ormai classica moneta da tre euro. Eppure, nonostante que-

LUCI DALL’OLTREVERSODI FABIO MARINO

LA TESTIMONIANZA IN UFOLOGIAUNA PROPOSTA METODOLOGICA

Page 6: Tracce d'eternita' 21.pdf

6

sti pesanti limiti, e nonostante la concreta possibilità per chi-unque di prendere solenni can-tonate, scambiando oggetti CERTAMENTE terrestri per UFO, il ruolo del testimone è stato progressivamente margi-nalizzato. Riguardo alle solenni cantonate, mi sovviene un fat-to piuttosto recente, presenta-to dal prestigioso MUFON, ma che, in tandem con un esperto ufologo il quale è, professio-nalmente, un perito ottico, ho “smontato” in poche ore. Si trattava del presunto avvista-mento (con tanto di due, tre fotografie) di un UFO, ripreso a ridosso delle Montagne Roc-ciose, da un esperto pilota. Ebbene, le foto erano certa-mente autentiche e il pilota sarà stato pure esperto; però, una brevissima indagine mi

condusse a scoprire che quel giorno, a quell’ora, nella stessa area geografica si era tenuta un’esibizione acrobatica di ae-roplani, culminata, purtroppo, nella tragedia (uno degli aerei si schiantò al suolo). La livrea della pattuglia… corrispondeva proprio al presunto UFO foto-grafato in volo! Ma allora cosa fare? Come procedere nello

studio di questo affascinante ma sfuggente fenomeno? La risposta è relativamente sem-plice: rivalutando, con metodi il più possibile oggettivi, la pro-va testimoniale. D’altra parte, non dimentichiamo che in Tri-bunale le testimonianze hanno un peso enorme: perché non dovrebbe essere così in un campo “parascientifico” (mi si passi il termine), il cui oggetto di studio è rappresentato da un fenomeno non ripetibile a volontà? Non sto ipotizzando (lo dico subito a scanso di e-quivoci) l’uso di poligrafi (macchine della verità: in fig. 3, in basso, una elaborazione computerizzata moderna di un poligrafo) e/o di ipnosi: non in prima battuta, almeno. Infatti, è noto che soggetti abili sono in grado di ingannare il poligra-fo, mentre, contrariamente all’opinione comune, un sog-getto in stato di ipnosi non ne-cessariamente dice la verità. Dice ciò che egli CREDE essere la verità, o peggio ancora, ciò che egli CREDE possa soddisfa-re il soggetto ipnotizzatore. Pertanto, ritengo che possa es-

Page 7: Tracce d'eternita' 21.pdf

7

sere interessante battere un altro sentiero, sulla scorta di un’analoga indagine che effet-tuai oltre vent’anni fa in un campo affine (il Paranormale, e segnatamente la registrazione delle cosiddette “voci dall’aldilà” o, con terminologia anglosassone oggi in voga, EVP). Devo, perciò, spiegare brevemente il “razionale” di quella ricerca, che oggi pro-pongo di estendere al campo ufologico. Partii dall’ovvia con-siderazione (per gli “specialisti della mente”) che, attraverso centinaia di migliaia di indagini psicometriche, si era giunti alla standardizzazione della perso-nalità “normale” attraverso u-no strumento potente e affida-bile: l’MMPI (Minnesota Multi-phasic Personality Inventory, giunto alla sua seconda versio-

ne, MMPI-2, fig. 4, a destra) Mi domandai, a quel tempo: e se esistesse uno standard anche per le personalità di coloro che si dedicano alle registrazioni di EVP? Condussi quindi uno stu-dio al riguardo (“indagine” sa-rebbe un termine più adegua-to), e scoprii che la quasi totali-tà degli sperimentatori posse-deva dei valori medi delle scale dell’MMPI molto vicini. In altri termini, la quasi totalità di co-loro che si dedicano alla psico-fonia (o metafonia) hanno un profilo personologico MOLTO simile. Le pochissime eccezioni confermarono l’idea: si scoprì, subito dopo, che in effetti si trattava di millantatori o di per-sone affette da gravi problemi psichici. In figura 5, in basso, è possibile vedere un esempio di scala MMPI sgrigliata e riporta-

ta con i relativi punteggi. Sulla scorta di quella proficua espe-rienza, quindi, mi permetto di proporre una metodologia vol-ta a rivalutare la bistrattata fi-gura del testimone. In poche parole, si tratta di questo: indi-viduare, fra le centinaia o mi-gliaia di casi studiati da questo o quel Centro, i casi riportati da soggetti ritenuti a vario titolo più affidabili. È certamente la fase più delicata, perché con-tiene in sé (ed è impossibile eli-minarla) una quota di valuta-zione soggettiva da parte dell’ufologo che può essere an-che piuttosto alta, per vari mo-tivi (emotivi, di attaccamento al caso o al soggetto, per la ne-cessità di mettere magari in forte discussione un proprio lungo e duro lavoro, eccetera). Al termine di questa fase di se-lezione, i soggetti ritenuti più idonei dovranno essere avviati all’esecuzione (a cura di Profes-sionisti del settore) di uno o

Page 8: Tracce d'eternita' 21.pdf

8

più test psicodinamici, MMPI in prima fila. Una volta eseguita questa fase, sarà necessario studiare i singoli profili perso-nologici, ed estrarne i valori medi, per ricostruire una spe-cie di “personalità standard” dell’“avvistatore di UFO”. Que-sto è il lavoro preliminare, dun-que, da eseguire. Una fase cer-tamente lunga e noiosa, ma necessaria, per identificare successivamente i testimoni più affidabili attraverso un pro-cesso non più esclusivamente soggettivo, ma contenente un “algoritmo” (per così dire) a ca-rattere oggettivo. Dalla fine della “fase 2” in poi, infatti, sa-rà possibile comparare di volta in volta il profilo personologico di ogni testimone con quello “standard”, e valutarne l’attendibilità su basi sicura-mente più vicine all’oggettività scientifica. Quali potrebbero essere i vantaggi derivanti da questo tipo di metodologia? Presto detto: è evidente che, disponendo di un criterio

obiettivo (o comunque molto vicino alle necessità obiettive della scienza), diventa possibile rivalutare notevolmente sia la figura del testimone, sia gli av-vistamenti non supportati da evidenze fisiche, di qualsiasi natura. In questo modo, inol-tre, si potrebbe riequilibrare il rapporto foto-filmati/testimone a favore di quest’ultimo. A mio giudizio, poi, questo modo di procedere potrebbe (il condizionale è d’obbligo) condurre a un ulte-riore effetto positivo, consi-stente in una riduzione dei ten-tativi di falsificazione di prove fisiche, dato che l’attendibilità testimoniale acquisterebbe un peso specifico di rilievo, ces-sando di essere la parente po-vera o la Cenerentola di cui far-si beffe nel corso di un’indagine. Due ultimi, impor-tanti elementi mi piace sottoli-neare, in relazione alla possibi-le bontà di questa metodologi-a: da un lato, l’estensione direi “socio-culturale”

dell’oggettivazione, in quanto il metodo proposto prescinde dalle capacità culturali e dallo strato sociale del testimone; dall’altro, la ripetibilità e la pos-sibilità di paragonare i risultati ottenuti, in ordine all’attendibilità della testimo-nianza. Sarebbe in altre parole possibile per più investigatori verificare (e se necessario ripe-tere) i risultati del test sul testi-mone. Un’ulteriore - forse im-portante - tappa di avvicinamento/accostamento dell’Ufologia alla Scienza comu-nemente accreditata; di sicuro, a mio giudizio, l’abbandono di posizioni d’entusiasmo genui-no, ma dilettantesco, raffazzo-nato e un po’ naif, da parte di tanti sedicenti ufologi. È arriva-to il momento della scossa de-cisiva. Altrimenti, se questa scossa non nasce, è meglio ac-cantonare fra i miti fraudolenti la disciplina ufologica, sotto l’onta del mortificante sospetto di una montatura volta a fini tutt’altro che edificanti.

DALL'UOMO DI NEANDERTAL ALLE PRIME CIVILTÀ GLI INDIZI PER RISCRIVERE IL NOSTRO PASSATO

CERCHIO DELLA LUNA EDITORE· MAGGIO 2013

I nostri antenati, vissuti cinquemila anni fa e oltre, continuano a stupirci. Queste pagine affrontano alcune delle tematiche più complesse della preisto-ria e della storia antica del genere umano: la scomparsa dell'uomo di Nean-dertal, il culto della Dea Madre, le remote migrazioni anche per mare, le ci-viltà dimenticate con le loro incredibili conoscenze. Una serie di indizi da seguire per instillare almeno il dubbio che le vicende che hanno contraddi-stinto la nostra razza, nel corso dei millenni prima della nostra era, possano anche discostarsi da come finora rico-struite. Perché le generazioni future possano leggere una storia diversa da quella che abbiamo letto noi.

LA STORIA CHE VERRÀ

Page 9: Tracce d'eternita' 21.pdf

9

XAARAANDI ANTONELLA BECCARIA

The ghost army è un documen-tario girato da Rick Beyer con il supporto della PBS che racconta una storia risalente alla seconda guerra mondiale: quella dell’unità militare americana che dall’estate del 1944 riuscì sul fronte europeo a ingannarele armate di Adolf Hitler facen-do ricorso all’illusione e all’illusionismo tra carri armati gonfiabili ed effetti sonori. Mol-ti di coloro che ne fecero parte erano artisti e tutti erano adde-strati a confondere il nemico, per quanto per decenni questo pezzo di storia sia stato fatto passare sotto silenzio, forse per-

ché avrebbe preparato le cam-pagne di guerra psicologica che

seguirono nell’epoca successiva.

(Via BoingBoing)

“THE GHOST ARMY”

IN UN DOCUMENTARIO SI RACCONTA LA STORIA DI UN PEZZO DELL’ESERCITO USA CHE COMBATTÉ

HITLER CON L’ILLUSIONE

Page 10: Tracce d'eternita' 21.pdf

10

È stato annunciato ieri e a breve sarà possibile consultarlo online. È l’archivio della questura di Bo-logna, nello specifico il casellario politico provinciale dove finivano le schede relative a “persone pe-ricolose per la sicurezza dello Sta-to”. Lo si scrive sul sito della Città degli Archivi che in proposito an-ticipa:Versata nel 2004 all’Archivio di Stato di Bologna, la serie conta 8.644 fascicoli relativi ad altret-tanti individui che per la loro mili-tanza politica, per il loro impegno sindacale, o più semplicemente per la loro irrequietezza sociale, sono stati schedati e controllati dall’autorità di pubblica sicurezza su tutto il territorio provinciale.Tra il 1872 e il 1983, attraverso il mutare delle epoche e delle condi-zioni politiche, la questura bologne-se ha predisposto perquisizioni, arre-sti e interrogatori, imposto diffide, ammonizioni e confino, deferito a tribunali ordinari e speciali, scattato foto segnaletiche e compilato sche-de biografiche, sequestrato passa-porti, tessere di partito e di sindaca-to, giornali e corrispondenza perso-nale, allo scopo di attuare un’incisiva azione di “polizia preven-tiva”.

Gli ignoti che si riuniscono sotto la sigla Anonymous promettono battaglia contro censura, imperialismo, finanza d’assalto, devastatori dell’ambiente e militarismo. Questo libro è un’inchiesta su una forma di lotta da nuovo millennio che ha finito per colpire sette religiose, corporation, partiti reazionari e dittature mediorientali. Ogni volta che verrà compiuto un abuso, compariranno gli anonimi fustigatori il cui volto è rappresentato dalla ma-schera del giustiziere Guy Fawkes. E già oggi si può intuire il loro scopo: servizi digitali che garantiscano agli u-tenti la libertà di espressione.

AVVERTENZA di Antonella BeccariaMi rivolgo a voi, Anonymi. Questa non vuole essere la ricostruzione completa al millimetro della vostra storia. Qualcuno di voi me l’ha raccontata o almeno mi ha fornito la sua visione che non per forza è quella di tutti. Poi ne ho letto, rimbalzando un po’ ovunque per il web, e in fase di stesura delle pagine che seguono ho compiuto una scelta arbitraria: estrapolare da ciò che avete firmato, in toto o in parte, alcune operazioni che mi sembra vi descrivano meglio. Rimane fondamentale l’inciso «secondo me». Leggetelo come il necessario imho, in my hum-ble opinion, come si usa scrivere nelle mailing list e nei gruppi di discussione in rete. Quella che voi e altri lettori incontrerete scorrendo questo testo è una specie di biografia non autorizzata. E se alla fine ciò che leggerete non vi piacerà, non “bombardate” troppo forte il mio sito. All’origine del libro c’è la volontà di tributarvi un merito indiscutibile: combattere per la libertà di informazione. Perché, credetemi, almeno un tratto in comune ce l’abbiamo, voi e io: crediamo che l’informazione debba essere libera. A qualunque costo. E comunque la prende-rete, sarà stato un viaggio entusiasmante. Un viaggio all’interno di un enorme scherzo tremendamente serio.

CITTÀ DEGLI ARCHIVI: A BREVE ONLINE OLTRE 8 MILA FASCICOLI (1872-1983) DEL CASELLARIO

POLITICO DELLA QUESTURA DI BOLOGNA

Page 11: Tracce d'eternita' 21.pdf

11

È inimmaginabile per chiunque la quantità di Male che bisogna accettare per ottenere il Bene”, afferma il Divo ritratto nel fortunato film di Paolo Sorrentino. E Giulio Andreotti, l’uomo in carne e ossa, di male ne ha

attraversato tanto o, quantomeno, tante sono state le realtà opache che hanno accompagnato la sua storia. Fin dai tempi della Seconda guerra mondiale e dei suoi rapporti con i servizi segreti alleati, prose-guendo con la stagione dei dossier, l’esplosione del terrorismo, le coperture degli stragisti neofascisti, l’allestimento di apparati non ortodossi, come Gladio e l’Anello, fino alle clientele necessarie per racco-gliere consenso e ai rapporti ambigui con la mafia. Difficile dire se il Divo Giulio sia stato il maggiore stati-sta italiano del Novecento o il grande Belzebù che si è nutrito della parte più oscura della storia naziona-le. Quello che è certo è che ripercorrere la sua vicenda significa attraversare tutti i maggiori scandali ita-liani dal dopoguerra a oggi, dal golpe Borghese al delitto Moro, dalla P2 a Michele Sindona, fino all’omicidio del giornalista d’assalto Mino Pecorelli. Questa biografia di Giulio Andreotti, rigorosa e docu-mentata, ricostruisce per la prima volta senza pregiudizi e senza timori l’intera storia politica, quella uffi-ciale e quella inconfessabile, del ‘grande vecchio’ dell’Italia del Novecento, tracciando un percorso inquie-tante dentro le ombre più dense della prima Repubblica.

NOVITA’

Antonella Beccaria, Giacomo Pacini

Divo Giulio Prima edizione marzo 2012

IL FACCENDIERESTORIA DI ELIO CIOLINI,

L'UOMO CHE SAPEVA TUTTO

Fingere di sapere. Mescolare il falso al vero. Far correre gli investigatori per due continenti, dall’Europa all’America Latina, alla ricerca di ri-scontri. E poi ritrattare, sostenere che era tutto falso. O quasi, accam-pando presunte minacce e non rive-landone gli autori. Rimanere nell’ombra, artefice misterioso del depistaggio della strage di Bologna. E

nell’ombra plasmare trent’anni di misteri d’Italia, fatti di massoni, ser-vizi segreti, banche svizzere, giudici raggirati e politici in odor di mafia. È Elio Ciolini il depistatore. Di lui circola un’unica fotografia e la fuggevole ripresa di un volto immediatamente coperto. È il 26 novembre 1981 quando Ciolini comincia a parlare. Si trova in Svizzera, detenuto nel carce-re di Champ-Dollon per truffa. Si sta comprando la libertà, ma non solo. Invoca come mandante della strage del 2 agosto 1980 la sconosciuta Log-gia Riservata, i cui adepti altro non sono che la crème della P2, e ne snocciola i nomi. Fra i più pesanti: Gelli, Andreotti, Ortolani, Rizzoli. Mo-vente: distrarre l’attenzione delle autorità da un’operazione di acquisto in massa di azioni Eni, condotta in pieno scandalo Eni-Petronim. La fase organizzativa sarebbe stata affidata a Stefano Delle Chiaie, il fondatore del-la neofascista Avanguardia Nazionale espatriato in Argentina. È abile, Elio Ciolini, sa mescolare organizzazioni false e sospettati veri, fantomatiche operazioni in seno a scandali reali. Ed essere sempre presente: alle riserva-tissime riunioni massoniche di Mon-tecarlo come agli incontri logistici a Buenos Aires. Non male per un sedi-cente infermiere, imprenditore, ope-ratore finanziario, uomo dell’intelligence francese come del Sismi, un faccendiere divenuto colla-

boratore di giustizia, pare anche die-tro notevole compenso. Si rivelerà tutta un’invenzione, lo ammetterà lui stesso e verrà condannato per calun-nia e falso aggravato. Dodici anni do-po la bomba alla stazione di Bologna, Ciolini conferma la sua vocazione (o la necessità?) a essere un protagoni-sta dei momenti più bui della storia italiana, e diventa l’anello di congiun-zione con la trattativa Stato-mafia. Accade quando dal carcere «predice» i delitti eccellenti della Si-cilia del 1992, gli omicidi di Salvo Li-ma, Giovanni Falcone, Paolo Borselli-no e delle loro scorte, che innescano la crisi politica da cui nasce una nuo-va strategia della tensione. E ancora oggi non si arresta la «carriera» di un personaggio che non si è dimostrato affatto riservato. Anzi, ha parlato co-sì tanto e su così tanti argomenti da essersi attirato l’etichetta di «pataccaro», una specie di burattino manovrato da figure rimaste senza nome. Antonella Beccaria ripercorre le sue gesta, consulta quarant’anni di carte giudiziarie, intervista giudici, carabinieri, testimoni che scelgono di rimanere nell’anonimato, e traccia, in un’inchiesta sbalorditiva, il profilo di un uomo incredibile, una mac-chietta in apparenza, un criminale nei fatti, che ha tessuto una spy story italiana, che di romanzesco non ha nulla e che di reale ha un centinaio di vittime in attesa di giustizia.

Page 12: Tracce d'eternita' 21.pdf

12

Millenni fa un gruppo di individui ha voluto creare due personaggi fittizi, Yahweh e Satana, e ha portato avanti, con metodi subdoli, questa nuova concezione fino ai giorni nostri. Se per creare la figura di Yahweh sono stati utilizzati principalmente due dei fa-mosi 'Anunnaki' mesopotamici, per la creazione del personaggio Satana ne sono stati usati fondamentalmente quattro, i cui caratteri sono stati fusi in un' unica entità dalle (presunte) molteplici sfaccettature. L' opera, pur così lontana nel tempo e grandiosa, non è in realtà così complessa come si potrebbe pensare: è bastato sempli-cemente creare questi personaggi e 'imporli' al principio a suon di guerre di conquista. Il popolo ebraico, mili-tarmente molto forte potendo conta-re al proprio interno di elementi pro-venienti da gruppi etnici da sempre dediti all'arte delle armi, ha conqui-

stato con la spada e col denaro tantis-sime terre e popolazioni. Il resto, pur-troppo, l'ha fatto la natura umana e la sua innata mancanza di responsabili-tà. Soprattutto con la nascita della parte più subdola del post-ebraismo, il Cristianesimo, l'uomo si è macchiato di azioni riprovevoli con la giustifica-zione di rivalersi da decenni di perse-cuzione da parte dell'Impero Romano. E quando il Cristianesimo (che ancora non era codificato e standardizzato) riuscì a fare breccia a Roma, si vide la strada spianata per la 'conquista' defi-nitiva. Conquista che continua ancora oggi e che nel corso di questi ultimi due millenni ha prodotto una serie lunghissima di tragedie, ovunque si sia affacciato e in qualsiasi arco stori-co. Sempre con la scusa di portare 'la Parola del Signore' agli 'infedeli e inci-vili'. Una parola d'Amore, viene detto, ma imposta con la spada, con la cor-

ruzione, con le connivenze tra Stato e Chiesa, sfruttando l'ignoranza di molti fedeli e di molti ministri del culto che, lasciatisi abbindolare dal fasullo mes-saggio propagandato, credevano e credono di essere nel giusto. Ma ban-do alle ciance, e torniamo ai nostri quattro personaggi mesopotamici uti-lizzati per creare Satana. Analizziamoli e conosciamoli uno per uno. ENKIEra uno dei massimi dingir Anunnaki, il grande scienziato, sapiente signore che conosceva ogni cosa. Se c'era, a Sumer, un personaggio dal quale Ishkur/Yahweh poteva rubare la ca-ratteristica dell' onniscienza, era pro-prio Enki. Era il figlio maggiore di Anu, capo supremo 'ad honorem' di tutti i dingir. Non era però il suo erede uffi-ciale, titolo che spettava a un altro figlio: Enlil (Signore del vento). Ed Enlil era il padre di Ishkur. Enki era patrono

LA NASCITA DI

SATANAALESSANDRO DEMONTIS

Page 13: Tracce d'eternita' 21.pdf

13

e costruttore di Eridu, la prima città sumera, una città i cui primi strati sembrano risalire fino agli ultimi seco-li del VI millennio (si accetta general-mente una datazione intorno al 5000 a.C. - in pieno periodo Ubaid I) ma che i miti sumeri rimandano indietro di almeno altri 20.000 anni. Certo è che nel calcolitico, fino a circa il 7000 a.C. quando nasce il primo segno di cultura Ubaid, nel tell dove sorgeva Eridu vi erano già stanziamenti di po-polazioni organizzate e sedentarie.Enki era un dingir benevolo, giusto, rigoroso anche se parecchio libertino, ben disposto nei confronti degli uomi-ni, che non mancava mai di giustifica-re e aiutare, spesso salvandoli con escamotages divertenti dalle grinfie del fratellastro Enlil. E non sarebbe potuto essere altrimenti, visto che fu proprio Enki a creare l' uomo. Ci sono almeno tre fonti diverse che ci parla-no dei mezzi 'fantascientifici' (per l'e-poca) utilizzati da Enki e dalla sorella-stra Ninmah per creare l' uomo.Bene, Enki era il dingir che creò l'uo-mo, che impedì che un umano (Adapa, il primo saggio) diventasse immortale, che salvò l' umanità dall'annientamento a causa del Dilu-vio, che confuse le lingue, che orga-nizzò le nazioni, e che donò ai popoli due importanti conquiste: la scrittura e il calcolo del tempo.Enki aveva tantissimi epiteti, tra i qua-li val la pena ricordare:Nudimmud (NU.DIM2.MUD) con il significato di 'Colui che crea e dà for-ma'Ea (E2.A) con il significato di 'Colui che ha casa nell' acqua'Buzur (BUR.ZUR – BUZUR5) un nome che è un raffinato gioco di parole, in quanto significa allo stesso tempo 'segreto – cosa nascosta' (BUZUR5) ma anche 'donatore di cono-scenza' (BUR = lacerare, aprire, rivela-re + ZUR = sapienza), facendo così di Enki un 'rivelatore di segreti e dispen-satore di conoscenza'.Engurra (ENGUR.RA o ENGUR.A) dal significato di 'quello delle profondità (delle acque)'.

Nei sigilli veniva rappresentato quasi sempre con dei getti d'acqua che fuo-riuscivano dalle spalle, contenenti spesso dei pesci; veniva accompagna-to da qualche animale (in genere con lunghe corna), e nelle prime raffigura-zioni era associato alla Luna (alla falce di Luna). Fu in effetti il primissimo dio lunare della storia. Era anche un gua-ritore, infatti uno dei suoi tanti epite-ti, Ninazu (che gli studiosi traslittera-no in NIN.AZU) sembra avere il signifi-cato di 'Signore guaritore', e gli A.zu, a Sumer, erano una categoria di medici.Il suo animale simbolo però, quello che lo rappresentava, era il SERPEN-TE, specialmente in epoca antica. Questo animale in realtà contraddi-stingueva tutta la stirpe enkita. Avre-te già capito ormai che Enki è il 'proto-satana' per eccellenza: amante dell'uomo, re della terra, sapiente, in perenne contrasto col fratellastro En-lil. Ricordiamoci di queste caratteristi-che e passiamo a conoscere il primo figlio di Enki: Marduk.MARDUKAmar.Ud – giovane toro del sole, compare sulla scena improvvisamente a Babilonia. Di lui però, sotto diversi nomi, si parla anche in epoca accadica e probabilmente (secondo alcune identificazioni non universalmente accettate) in epoca sumera classica. Prima di essere Marduk era Asarluhi, e in un testo lunghissimo di esaltazio-ne di Ninurta, viene chiamato Azag (prima) e Zalag (dopo). Marduk era, durante l'impero babilonese (a partire quindi dal 1900 a.C. circa), il primissi-mo esempio di divinità capo di un cul-to enoteista, cioè che riconosceva an-che altri dei, a lui sottomessi. Marduk era figlio primogenito di Enki, nato dall' unione con Damkina. Era sposato con Sarpanit e aveva almeno un figlio: Nabu.Il grande tempio di Babilonia, chiama-to Esagila (casa del grande dio), aveva al suo ultimo piano un Santa Sancto-rum chiamato 'E.Kua' in cui dimorava-no Marduk e sua Moglie. Marduk era un grande ingegnere, specialmente abile, come già suo padre, in tutto ciò

che aveva a che fare con le risorse idriche. Fu lui infatti, secondo quanto si legge nei miti, a rinforzare in epoca di crisi gli acquedotti di Babilonia. Era un grande mago, aveva vaste cono-scenze in ogni campo, tanto che in un testo religioso leggiamo che Enki gli si rivolge dicendo: “Cosa non ti ho inse-gnato? Cosa so io che tu non sai?”. Eppure, qualcosa che Enki non aveva insegnato a Marduk c'era: come far rivivere i morti.Marduk era associato all'ariete in Egitto, ove era venerato con il nome di Ra, e quando cercò di occupare Su-mer, allontanandosi dalla terra d'Egit-to, nasce il culto di Amon-Ra (il Ra nascosto/lontano). In questo periodo infatti (dal 1900 a.C. in poi) Marduk era appunto signore di Babilonia, il dingir più potente della Mesopota-mia, solo occasionalmente ostacolato dal suo eterno rivale Asshur (un dio 'composito' nato dall' unione dei ca-ratteri di Enlil e Ninurta), dingir a capo del culto assiro. Che Marduk fosse religiosamente e culturalmente pre-minente, è attestato dal fatto che gli assiri utilizzavano le stesse valenze fonetiche e lo stesso stile cuneiforme sviluppato a Babilonia. Marduk era

Page 14: Tracce d'eternita' 21.pdf

14

stato un eterno rivale della fazione Enlilita, era il più odiato degli Enkiti, il ribelle, potremmo dire che era il din-gir che, caratterialmente, è servito a modello per la creazione di Satana. Se infatti Enki era il rivale di Enlil, il suo carattere bonaccione e conciliante non poteva essere utilizzato per crea-re un personaggio così negativo. Il carattere di Marduk invece, iracondo, guerrafondaio, superbo, orgoglioso, era perfetto. E infatti nella Bibbia, in una carrellata storica, si parla proprio di Marduk, chiamato alla maniera se-mita: Merodach. Ma se in Egitto era associato all'Ariete, e se il suo nome lo descrive come un 'Toro del so-le' (due animali che con Satana non hanno nulla a che vedere), nelle sue rappresentazioni è quasi sempre ac-compagnato dal 'serpente dragone Mushushu'.Abbiamo detto che Enki non insegnò

una cosa a Marduk: far rivivere i mor-ti. Lo insegnò però al figlio più giova-ne, di cui parleremo adesso molto e-stensivamente.NINGISHZIDDAParlare di Ningishzidda significa inevi-tabilmente abbandonare le concezio-ni storiche e mitologiche che fino a oggi abbiamo dato per certe. Mai, co-me nel caso di questo giovane dio, si può trovare la chiave per identificare Satana non nella sua concezione di 'diavolo' o 'demone' ma in quella di 'donatore di luce'. Ningishzidda è il modello perfetto per il Satana - Luci-fero. Tutti i sumerologi ortodossi con-cordano nel collegare Ningishzidda all’Abzu. Loro traducono e identifica-no l’Absu come il ‘regno dei morti’ e assegnano a Ningishzidda, che ne entra ed esce a piacimento, la funzio-ne di psicopompo, sopratutto in rela-zione alla sua apparente capacità di

‘apparire nei sogni’. Il nome Ningi-shzidda secondo gli studiosi ortodossi significa "Signore del buon albero" (T. Jacobsen e J. Halloran) o "Signore che fa crescere gli alberi in maniera cor-retta" (J. W. Bell); questo personaggio viene legato, oltre agli ‘Inferi’, anche al concetto di fertilità, sia perché un lemma del suo nome (GISH) può esse-re tradotto come ‘Pene’, sia a causa del termine ‘albero’, sia a causa del suo vessillo, una coppia di serpenti intrecciati. Jacobsen nelle sue opere afferma che i serpenti intrecciati sono una rappresentazione delle radici ag-grovigliate. Inoltre, collegando questa somiglianza al particolare legame con l’Abzu (considerato il luogo delle ac-que sotterranee), egli asserisce tutto questo quadro emergente e fa del vessillo del dio una metafora "di come le radici intrecciate vadano verso il basso a cercare le acque”). Oltre a ciò gli studiosi legano il dio alla costruzio-ne dei templi, come testimonia la ste-le di Gudea che racconta di un sogno in cui il dio gli descrive come costruire l’Eninnu di Lagash e il Girsu, dedicati a Ninurta. Gli studiosi ortodossi ci dico-no che a Ningishzidda era dedicato un tempio, di cui non abbiamo il nome (alcuni propongono: Eningishzidda o Egishbanda), situato a Gishbanda, una città che gli archeologi non hanno mai ritrovato ma che suppongono essere nel sudovest della Mesopotamia.Ningishzidda risulta essere nato in mezzo alle montagne, è un valoroso guerriero, i testi ci dicono che è ‘pericoloso’ come un mushushu (il serpente dragone di Marduk), che è legato alle inondazioni, che è un ‘mago’, e che presiede o prende parte alla coltivazione dei campi. Ningi-shzidda inoltre è un mediatore, una delle sue rarissime rappresentazioni in forma umana lo ritrae mentre pre-senta Gudea a Ninurta/Ningirsu. Nin-gishzidda stesso era accompagnato dai Bashmu e dai Mushmah, i serpenti cornuti (draghi), e quando ritratto in forma umana aveva appunto due ser-penti cornuti che spuntavano dalle sue spalle. Un mito a lui dedicato ri-

Page 15: Tracce d'eternita' 21.pdf

15

porta: d.nin.gish.zi.da mush.mah ushum-gal.a.da tab.ba “Ningishzida, che si accompagna a grandi dragoni e serpenti”Ora, per parlare ancora meglio di Nin-gishzidda, dobbiamo rifarci alle formi-dabili analisi e intuizioni dell'autore russo Zecharia Sitchin. Ningishzidda è legato al ‘mondo di sotto’, l’Absu, tra-mite Ereshkigal e anche tramite Enki, il quale era padrone dell’Absu mentre Ereshkigal ne era regina ‘ad honorem’ assieme a suo marito Ner-gal. Sitchin asserisce che Ereshkigal stessa, figura enlilita sorella di Inan-na, avesse ricevuto l’Abzu in dono da Enki.Il nome Ningishzidda secondo Sitchin significa ‘Signore del manufatto della vita’. Egli sostiene che suo padre Enki gli trasmise le proprie conoscenze in campo medico-biologico, e che que-sto giovane dio fosse in grado, addi-rittura, di ‘riportare in vita i morti’, una capacità che lo stesso Enki aveva, e per il quale viene attestata per esempio nel mito della ‘discesa di Inanna nel mondo di sotto’.Le nozioni di Sitchin confermano il legame di Ningishzidda con la costru-zione dei templi, ma egli non si limita a parlare del Girsu per Ninurta; infatti l’autore attribuisce al dio la costruzio-ne di almeno tre centri megalitici sparsi per il globo: le piramidi di Giza, Teotihuacan, e Stonehenge. Per capi-re questa attribuzione è bene chiarire

che Sitchin identifica Ningishzidda, sulla base dei miti, dei tratti caratteri-stici e della iconografia, con il dio egi-zio Thot (e anche Enki con Ptah e Marduk con Ra) e con il dio della Me-soamerica Quetzalcoatl. Da questa identificazione si possono mettere in evidenza tante altre nozioni riguar-danti questa figura. Prima fra tutte la conferma delle capacità ‘magiche’ in relazione alla medicina. Thot infatti riporta in vita Horus punto dallo scor-pione. Thot era il dio della magia e della scrittura, infatti veniva rappre-sentato spesso con lo stilo dello scri-ba in mano.Le stesse caratteristiche aveva nella Mesoamerica Quetzalcoatl, il dio ‘serpente piumato’ o ‘serpente alato’, il quale, secondo il mito, giunse via mare con alcuni seguaci (gli Olmechi, una popolazione mista ormai provata come composta in buona parte da africani negroidi). Quetzalcoatl porta-va con se il ‘segreto del tempo’, infat-ti il più antico calendario mesoameri-cano ha come data di partenza il 3113 a.C., data di arrivo del Serpente Piumato. Sitchin identifica questa da-ta come il momento in cui Thot fu scacciato da Ra (Marduk) dall’Egitto. Sitchin, nell’identificare Ningishzidda con Thot, lo lega indissolubilmente alle piramidi di Giza affermando che fu questo dio a progettarle come punto di segnalazione per la discesa degli dei dal cielo verso lo spaziopor-to situato nel Sinai. La grande cono-

scenza del dio in materia astronomica e astrologica si manifesta nell’orientamento di queste piramidi con la cintura di Orione come appari-va sull’Egitto intorno al 10.500 a.C., data quindi attribuita da Sitchin per la costruzione delle piramidi. Thot era anche il dio che intercedeva per il fa-raone morto in modo che questi po-tesse ‘salire al Duat’ che, appunto, era identificato con Orione. In seguito alla costruzione delle piramidi, per testimoniare questo evento, fu co-struita la Sfinge dal corpo di leone (per indicare che la costruzione era avvenuta nell’Era del Leone) e con il volto del dio Ningishzidda che ne era stato il progettista.Le piramidi erano senza dubbio la più grande opera di Ningishzidda il quale, scacciato da suo fratello Marduk/Ra intorno al 3150 a.C., cercò una nuova terra in cui stabilirsi. Secondo Sitchin questa ricerca lo portò nella Mesoa-merica, dove fondò dei nuovi centri tra i quali il principale fu Teotihuacan. Li fu adorato come Quetzalcoatl, il dio che riassumeva i caratteri zoo-morfi del serpente (simbolo della sua appartenenza alla dinastia enkita) e dell’uccello (come ‘falco degli dei’ sumeri e come Ibis egiziano).Ma Sitchin evidenzia anche un altro aspetto della conoscenza di questo dio: quello legato alla misura del tem-po che si manifestava in costruzioni orientate astrologicamente in manie-ra da poterne usufruire come ‘calendari’. È in quest’ottica che Nin-gishzidda è visto come responsabile della progettazione di Stonehenge (o quantomeno della sua prima fase). Questo sito infatti ha una caratteristi-ca che passa inosservata se conside-rata nel solo ambito della cultura preistorica inglese, ma che si rivela illuminante se considerata a livello globale, una caratteristica introdotta da Sitchin e sulla quale nessuno più ha indagato. La prima fase di Stone-henge infatti consisteva in una serie di buche e in sette lastroni di pietra disposti a cerchio. Di queste sette lastre, sei erano in posizione perfet-

Page 16: Tracce d'eternita' 21.pdf

16

tamente circolare, mentre una (la Heel Stone) era posta al di fuori di questo cerchio immaginario come per costituire un ‘punto di mira’ o un ‘punto di osservazione’ esterno. La stessa disposizione che troviamo, sette secoli dopo, nel cortile del Gir-su dedicato a Ninurta, a pochi chilo-metri da Lagash.Veniamo ora all’identificazione di Ningishzidda con Thot. Quali indizi abbiamo che leghino queste due divi-nità? Sappiamo che Thot era il dio con la testa dell’uccello Ibis. È quindi evidente un primo parallelo con Nin-gishzidda che aveva, tra i suoi epiteti, ‘Falco predatore degli dei’. L’ Ibis inoltre è strettamente legato al ser-

pente, animale a cui dà la caccia. L’ibis sacro in Egitto veniva mummifi-cato e posto vicino alle sepolture o dentro casa come amuleto. Un’altra caratteristica di Thot, poco divulgata, è che era legato anche alla figura del serpente, come attesta un murale nella tomba di Seti I che lo ritrae ap-punto con due serpenti attorcigliati ai suoi bastoni. Insomma, finora, Nin-gishzidda era un mago, aveva acces-so al 'mondo di sotto', era deposita-rio di innumerevoli nozioni e cono-scenze, esattamente come suo padre Enki, era legato alla figura del ser-pente.Thot era indissolubilmente legato al mito del viaggio di Osiride nel Duat, e

alle cerimonie che si tenevano dopo la morte dei faraoni, cerimonie che altro non erano se non il tentativo di far ripercorrere al faraone morto lo stesso viaggio fatto da Osiride, che partiva da Rosteau (Giza) per arrivare fino al Duat. Questo viaggio veniva compiuto sia in luoghi sotterranei, sia via barca su un fiume. Nel caso dell’identificazione di Ningi-shzidda / Thot con il Serpente Piuma-to adorato nella Mesoamerica col nome di Quetzalcoatl, abbiamo anco-ra una serie di somiglianze nei tratti distintivi, e ancor più nell’iconografia. Come Ningishzidda, Quetzalcoatl era un dio legato al tempo, alla costruzione, alla vita. Era un abile architetto, progettò ed eres-se Teotihuacan. Quetzalcoatl era le-gato all’uccello Quetzal, ma anche al serpente. Di particolare interesse è una rappresentazione del dio nella sua forma 'Kukulkan', poco conosciu-ta, ma che paradossalmente sembra essere tra le più antiche: il dio ha in-fatti un bastone al quale stanno at-torcigliati due serpenti. Sono dunque inglobati nella figura del Serpente piumato entrambi gli aspetti zoomor-fi associati a Ningishzidda, eppure l’evidenza maggiore non si ha tanto nella rappresentazione del dio, ma in quella delle sue opere. Abbiamo già detto che il complesso di Giza doveva in qualche modo essere il ‘capolavoro’ di Ningishzidda. Ebbene, una volta esiliatosi nella Mesoameri-ca, il dio volle replicare la sua grande opera creando Teotihuacan, che è orientata esattamente come il com-plesso di Giza.Cosa lega Ningishzidda a Satana - Lu-cifero? Intanto le sue conoscenze, il suo atteggiamento di 'divulgatore' e donatore di sapienza. Il suo essere così 'pratico' del 'mondo di sot-to' (espressione e figura mitologiche che serviranno secoli dopo a creare il concetto di 'Inferno'), l' associazione con il serpente e con i draghi. Ora, andiamo a conoscere breve-mente il nostro ultimo personaggio.

Page 17: Tracce d'eternita' 21.pdf

17

DUMUZIDunque, finora abbiamo trovato le tracce di alcune delle caratteristiche fondamentali di Satana: la sua parte 'creatrice' e 'ribelle' attraverso Enki, la sua parte 'guerrafondaia', superba, orgogliosa, battagliera attraverso Marduk, il suo legame con il 'mondo di sotto' e la magia, la sapienza delle cose scientifiche e civilizzanti attra-verso Ningishzidda. Ma ci manca un altro lato caratteristico di Satana. Il lato 'pagano'. E questo è riscontrabi-le in Dumuzi, figlio di Enki e Sirtur, famoso per il suo fidanzamento con Inanna e per il nomignolo di 'Dio pa-store'.Dumuzi era in effetti un 'dio agreste', strettamente legato ai campi, agli animali, alle attività della terra. Nella lista dei re sumeri egli viene ricorda-to come 'Dumuzi il pastore'. Non so-lo, Dumuzi incarna anche vari aspetti del peccato: in un mito egli stupra sua sorella Geshtinanna, e per que-sto viene poi inseguito da alcuni 'sceriffi', un inseguimento che porte-rà alla sua morte. Dumuzi nel mito muore, viene resuscitato, e costretto però a passare sei mesi all'anno nel 'mondo di sotto' come schiavo di Ereskigal.Dumuzi era il personaggio perfetto dal quale attingere per creare quel

lato 'pagano' di Satana tanto caro a stregoni, studiosi di occultismo, e di paganesimo inteso come contatto con le 'forze della natura'. Ovviamen-te, anche lui era associato al serpen-te, ma anche agli animali come la ca-pra, e non c'è dubbio che sia stato proprio Dumuzi a servire per la crea-zione del Pan e, forse, addirittura del Kernunno.Possiamo anche avventurarci breve-mente in una analisi iconografica del-le origini del personaggio Satana at-traverso i suoi quattro costituenti. Pur essendo Satana un personaggio 'relativamente nuovo' che nasce ico-nograficamente con il Cristianesimo, le antiche e recenti fonti ci vengono in aiuto per quanto riguarda l' identi-ficazione con la famiglia 'enkita', identificazione che come abbiamo già detto, a parte i tratti caratteriali, si basa sostanzialmente sull'icona del serpente.Il primo e più importante dei quattro personaggi utilizzati per creare Sata-na, come detto, è Enki, e di Enki ab-biamo varie raffigurazioni legate al serpente. La più famosa è forse quel-la del sigillo chiamato 'Sigillo della Tentazione', in cui Enki compare se-duto dinanzi a una donna. Tra loro un albero, e dietro il dio, appunto, un serpente. In rete potrete trovare al-

cune delle più famose iconografie di Enki che coinvolgono il serpente.Anche nel caso di Ningishzidda abbia-mo parlato molto di serpenti o, più specificatamente (e questo è molto importante nel trattare di Satana) di DRAGONI o serpenti cornuti; in effet-ti non possiamo non pensare al Le-viatano dragone, e al fatto che Sata-na nell' Apocalisse venga descritto come drago (con 7 teste, 10 corna e 7 diademi). Anche di Ningishzidda esistono rappresentazioni in cui è legato a serpenti e draghi.Di Marduk abbiamo poche raffigura-zioni iconografiche, e solo una o due che lo legano al dragone/serpente. Questo tema ricorrente si è protratto fino a noi, tanto che ancora oggi la figura di Satana nelle iconografie bi-bliche è rappresentato come serpen-te o uomo-serpente. Particolarmente importanti sono quelle raffigurazioni in cui Satana ri-sulta mezzo uomo e mezzo serpente. Perché? Perché esiste una raffigura-zione del dio Enki, chiamata 'Il sigillo del Diluvio', in cui Enki avvisa Ziusu-dra dell'imminente Diluvio, e in una raffigurazione Enki è ritratto proprio come un essere dal corpo metà uma-no e metà serpentino.

Page 18: Tracce d'eternita' 21.pdf

18

NON PRENDIAMOCI SUL SERIO...

Page 19: Tracce d'eternita' 21.pdf

19

La figura dell’Angelo, almeno nella sua interezza, viene presa in considerazione soltanto nelle religioni che si basano su un te-sto rivelato, ovvero nell’Ebraismo, nel Cristianesimo e nella religione Islamica.Si tratta ovviamente di religioni monoteiste, che attribuiscono l’intera valenza mistica a un uni-co Dio, attorniato da emanazioni partecipi della sua essenza ma nettamente inferiori.Ovviamente una tale figura, così assoluta nella propria sacralità, richiede un mediatore, ovvero qualcuno o qualcosa nel quale identificare e rendere operativo l’assoluto bisogno dell’uomo di

avere un rapporto diretto con il proprio creatore.Se la figura dell’Angelo, nelle re-ligioni monoteiste, è l’espressione di questo antico problema, nelle altre culture le cose sono ben diverse; le creatu-re angeliche che popolano le al-tre spiritualità sono esseri ideal-mente vaghi, con una connota-zione confusa e con una ancor più confusa origine.D’altra parte la presenza di spiri-ti buoni e cattivi è antica quanto l’umanità stessa, nata probabil-mente dal bisogno di identificare in qualche modo le avverse forze della natura, così come quelle favorevoli; quello che veniva ad

instaurarsi era un diverso modo di comprendere e accettare gli eventi naturali, molto più sem-plici da “affrontare” se alla loro origine veniva posta una figura ben delineata, che fosse diretta-mente responsabile di quanto accadeva intorno all’uomo.Altra spiegazione che riguarda la natura degli Angeli, sempre inte-si come spiriti molto più naturali che divini, è che questa sia in qualche modo riferibile ai Mani, ovvero gli spiriti dei defunti, i quali, una volta terminato il loro cammino di evoluzione, assolvo-no al ruolo di protettori dei vi-venti.In ogni caso il vero punto di par-

HELOIMHELOIMMISTERI ANGELICI MISTERI ANGELICI

ROBERTO LA PAGLIAROBERTO LA PAGLIA

Page 20: Tracce d'eternita' 21.pdf

20

tenza per poter delineare, sia pure a grandi linee, una storia degli Angeli, sembra non possa derivare dalla tradizione Cristia-na, bensì ad una idea di entità intermedie tra la condizione u-mana e quella divina che è pro-pria delle religioni mediorientali, e che in seguito di espanderà nelle mitologie assire, in quella babilonese, per poi passare a quella egizia e da quest’ultima confluire nel mondo ebraico e, quindi, nelle tradizioni cristiane e islamiche.Una delle prime creature alate, per certi versi riferibile alle ico-nografie angeliche, venne rinve-nuta durante uno scavo nella cit-tà di Ur, fondata intorno al 4000 a.C.; sarà interessante soffer-marci su questa immagine, sia per un suo particolare paralleli-smo con una moderna iconogra-fia, sia perché costituisce il pun-to di partenza per ricollegarci alla storia mai raccontata degli Angeli.Il ritrovamento appena citato si concretizza in una stele raffigu-rante una sorta di creatura alata nell’atto di versare un liquido da un’anfora; inutile dire che que-sta immagine torna abbastanza familiare a chi ha una certa di-mestichezza con le varie simbo-logie e le iconografie attinenti; per chi invece cercasse ancora un punto di riferimento diciamo subito che l’atteggiamento, la figura e l’atto stesso che è stato immortalato sulla pietra, ricorda molto stranamente una delle 22 Lame degli Arcani Maggiori con-tenuti nei Tarocchi, e più esatta-mente l’Arcano numero 14, la

Temperanza.Ma non è di correlazioni simboli-che, più o meno calzanti, che ci occupiamo in questa ricerca; spostiamo quindi la nostra at-tenzione su un altro fatto, non per questo altrettanto significa-tivo: l’Angelo di Ur sembra stia versando dell’acqua nel calice di un re, anche se sarebbe più cor-retto presumere che si tratti di una divinità.Sappiamo che il pantheon degli assiri e dei babilonesi era abba-stanza vasto, e che tra le tante personificazioni divine, una in particolare sembra essere molto vicina alla descrizione che verrà in seguito data delle gerarchie angeliche.Il dio Anu si vantava di avere al proprio servizio una vasta serie di Sukkali, che altri non erano se non la moglie e i suoi numerosi figli, ma quello che più colpisce è che questi ultimi venivano usa-ti come intermediari tra il dio stesso e gli uomini e che il termi-ne Sukkali significhi proprio mes-saggero.D’altra parte, in base alla tradi-zione dei rabbini ebrei, i nomi degli Angeli nacquero proprio a Babilonia, ovvero nella stessa città che “ospitò” la deportazio-ne ebraica nel VI secolo a.C.Esistono in ogni caso raffigura-zioni ancora più antiche rispetto alla stele di Ur, quelle dei Grifoni alati, in parte molto simili alle rappresentazioni riportate nel libro di Samuele; interessante notare, proprio parlando di pro-feti biblici, come differiscano le varie descrizioni scorrendo i testi biblici: Samuele parla di esseri

molti simili a quelli scolpiti dai babilonesi, mentre Ezechiele racconta di creature alate che prendono spunto dalle raffigura-zioni egizie, così come accade per quelli osservati dal profeta Isaia.Entrando quindi nel vivo della nostra ricerca, sarà meglio ten-tare spiegare meglio chi sono i personaggi che incontreremo più avanti.ANGELI DELLE TENEBRECon questo termine vengono designati quegli Angeli che, du-rante la Guerra nel Cielo, ingag-giarono una battaglia contro gli Angeli della Luce, colpevoli di essersi rifiutati di creare cose materiali e corporee attenendosi ad un preciso divieto imposto loro da Dio stesso.Questi Angeli possono essere identificati anche con il nome di Angeli Primordiali, Asura, Arima-ne, Elohim e Figli di Dio, e pro-prio uno di questi era Satana. L’appellativo Angeli delle Tene-bre deriva dal fatto che nacque-ro dalla Luce Assoluta, che ri-spetto alla nostra luce è appunto Tenebre.ANGELI CADUTIGli Angeli Caduti provengono dall'India, e attraverso la Persia e la Caldea raggiunsero il mondo pagano occidentale. Sono anche conosciuti con i nomi di Rettori del Mondo, Sostegni del Mondo o Dominazioni del Mondo.La loro caduta fu diretta conse-guenza dell’interesse, non certo spirituale, verso le donne della terra e dall’aver dato all’uomo, in conseguenza dei loro accop-piamenti, la possibilità di elevar-

Page 21: Tracce d'eternita' 21.pdf

21

si oltre il suo stato materiale.Si tratta della più antica catego-ria di Angeli conosciuta, gli An-geli Ribelli caduti sulla terra che hanno però conservato i loro tratti caratteristici; quelli ricor-dati dalla tradizione sono sette: Azazyel, Amazarak, Amers, Aki-beel, Tamiel, Asaradel e Barka-yal.Diversa invece l’interpretazione del termine Caduti; alcuni stu-diosi intendono la caduta in ma-niera simbolica, spiegandola con la loro incarnazione in forma u-mana, mentre l’interpretazione teologica vede nella caduta stes-sa il peccato d’orgoglio che si concretizzò nell’allontanamento dal cospetto di Dio.Il Cristianesimo raggruppa in un

solo contesto gli Angeli Caduti e li identifica con il nome di Sata-na, senza tenere conto che pro-prio a loro, anticamente, veniva attribuito il titolo di Architetti del Mondo e Progenitori dell’Uomo.LUCIFEROSi tratta del Primo Arcangelo, il Figlio del Mattino, colui che por-tava la luce, soppiantato in se-guito dalla figura di Jehovah.Viene erroneamente accostato al Satana biblico, mentre è mol-to più probabile che si tratti di una aggiunta postuma per me-glio evidenziare la valenza del male tra gli uomini.Per ritrovare le antiche valenze di Lucifero dobbiamo invece spostarci attraverso gli scritti e i

documenti degli antichi Cabalisti i quali lo identificano come il Terzo dei Sette Palazzi del Sole.L’importanza di questa figura è rilevante per le sue connessioni con gli Angeli portatori di cono-scenza nel mondo, e quindi col-pevoli di avere, in un certo sen-so, risvegliato la parte divina dell’uomo; in tal senso la figura del Serpente biblico è di certo una antica reminiscenza di que-ste conoscenze.ELOHIMTermine reso anche come Alhim oppure Aleim, è composto dalle lettere ebraiche aleph, lamed, he, yod, mem, che assumono il valore di 86 (1,30,5,10,40).Per quanto, nell’Antico Testa-mento, il termine Elohim sia rife-

Page 22: Tracce d'eternita' 21.pdf

22

rito direttamente a Dio, in real-tà si deve intendere come iden-tificativo degli Spiriti Planetari, ovvero di esseri androgini con netta prevalenza dell’elemento femminile.Secondo la tesi biblica, o me-glio ancora, sulla scorta di quanto sia possibile desumere dalla lettura dei passi biblici, gli Elohim sarebbero stati i primi istruttori della razza umana e lo stesso Serpente dell’Eden sa-rebbe uno di loro.NEPHILIMMolto spesso vengono associa-ti agli Angeli Caduti, oppure de-scritti come i mitici Titani, men-tre sarebbe plausibili ipotizzare una loro origine molto più ter-rena, considerandoli come gli ultimi eredi di razze e civiltà e-stinte e perdute già dalla notte dei tempi.EMIMUna razza di Giganti, dall’incerta origine, stanziatasi nella terra di Moab; anche gli Enim vengono spesso confusi con i Titani.AZAZELUna antica tradizione ebraica afferma che l’uomo capace di comprendere il mistero di Aza-zel apprenderà, insieme ad es-so, anche il nome di Dio.Si tratta di uno dei capi degli Angeli Caduti, anche se la Chie-sa Cattolica lo associa diretta-mente a Satana.UNA STORIA PARALLELAIl termine Elohim è un plurale, e più precisamente il plurale del singolare femminile Alh Eloh, al quale viene aggiunto Im; ci troviamo quindi ad ana-

lizzare una forma letterale che contiene pienamente l’idea di un potere femminile e che, tra-dotta molto semplicemente, restituisce l’espressione DEI.Questa strana coincidenza di fatti ha sollevato non poche perplessità nei teologi e negli studiosi delle dottrine religio-se; chi creò l’uomo, Dio o gli Dei? E questi stessi Dei erano le sole divinità dell’universo o e-sprimevano soltanto una delle tante forme di energie divine?Scorrendo le scritture bibliche relative alla creazione, è facile notare come (caso unico mai ripetuto nei libri seguenti) gli stessi Elohim si definiscono al plurale: in Genesi 1,26 leggia-mo “…facciamo l’uomo a no-stra immagine e somiglianza”, mentre nell’episodio della cac-ciata dall’Eden così si esprimo-no “…ecco, ora l’uomo è diven-tato come uno di noi”.La spiegazione avanzata da molti studiosi si basa sull’uso, effettivamente esistente, del plurale maiestatis proprio di alcune forme di ebraico; que-sta tesi, pur avendo ottenuto un discreto successo e placato gli animi, non tiene però conto del fatto che tale forma viene bruscamente omessa in tutta la restante parte della Bibbia, ol-tre che non citare il fatto che il maiestatico ebraico serve a in-dicare una realtà composta da innumerevoli parti.Quest’ultima informazione la-scia spazio aperto per nuovi quesiti; se Dio era ed è una so-la cosa, chi sarebbero queste parti che lo compongono?

Molto più semplice affrontare il problema usando le informa-zioni che provengono dal mo-noteismo ebraico, nel quale il termine Elohim indica, in realtà gli Angeli, o comunque esseri che non hanno natura divina ma che si trovano a metà stra-da tra Dio e gli uomini.Questa spiegazione ci riporta nuovamente alla disquisizione sulla natura degli Angeli e alle varie classificazioni esposte pri-ma.Ritorniamo adesso ai Nephilim; i testi ebraici li identificano co-me il frutto dell’incrocio tra i Figli di Dio e le Figlie degli Uo-mini; questo avvenimento, per quanto fantastico possa appari-re, ha lasciato molte eco nei vari sistemi mitologici; basti pensare, per non andare trop-po lontano nel tempo, alle fre-quenti incursioni terrene degli Dei Greci e Latini, e ai loro fre-quenti rapporti con le donne della Terra, che molto spesso si concludevano con la nascita di esseri particolari considerate semidei.Ma come e quando inizia la storia dei Nephilim?Proviamo a ricucire questa an-tica e fittissima tela: Shemha-zai, un angelo di alto rango, ap-partenente alla schiera degli Angeli Caduti, si vede affidata la missione di istruire gli abi-tanti della Terra sui concetti del bene e del male; questo perio-do di istruzione viene ben pre-sto interrotto dai frequenti rap-porti che si istaurano con le donne terrestri.Da questa frammistione di raz-

Page 23: Tracce d'eternita' 21.pdf

23

ze nasceranno i Nephilim, una progenie ibrida, dalla forza pro-digiosa ma con un senso dell’umanità ben poco svilup-pato, visto che iniziano a sfrut-tare la razza umana per i loro scopi e la loro sete di potere.Molte delle informazioni repe-ribili su questa misteriosa razza è desumibile dal Libro di Enoch, e più precisamente dal manoscritto conosciuto come Enoch l’Etiope, databile ad un periodo intorno al II o I secolo avanti Cristo.Poco menzionato dalla religio-ne ufficiale, ma addirittura quasi saccheggiato da ricerca-tori, saggisti e cacciatori dell’incredibile, il testo venne

redatto (pur in presenza di opi-nioni diverse) dal Patriarca E-noch, appartenente alla fami-glia di Abramo e settimo in li-nea di discendenza da parte di Set, figlio di Jared e padre dell’altrettanto noto Matusa-lemme.Si trappa di un personaggio av-volto nel più fitto mistero, del quale si narrano l’ascensione al cielo, la vista di Dio e innume-revoli visioni molto più simili a veri e propri viaggi aerei.Il testo, considerato apocrifo e scartato dal Canone, è di certo estremamente antico; ci è per-venuto in tre differenti versio-ni, ma le ultime due sono di certo rielaborazioni della prima

e non rivestono particolare im-portanza; rilevante è invece il cosiddetto Libro degli Angeli, contenuto nel primo testo di Enoch e fonte di queste ricerca.UOMINI, ANGELI E DEIRiprendiamo le vicende dei Fi-gli dal Cielo, questi ultimi, se-dotti dalla bellezza delle Figlie degli Uomini, si accorsero ben presto che il loro atteggiamen-to non avrebbe certo incontra-to il favore di Dio.Riunitisi in assemblea prestaro-no solenne giuramento di rima-nere uniti, contro tutto e tutti; questa decisione comportava, per forza di cose, l’abbandono definitivo del Regno di Dio, un vero e proprio tradimento della

I LIBRI DI ROBERTO LA PAGLIAI LIBRI DI ROBERTO LA PAGLIAI LIBRI DI ROBERTO LA PAGLIA

Page 24: Tracce d'eternita' 21.pdf

24

fiducia che era stata loro ac-cordata.I Figli del Cielo rimasero quindi sulla Terra, portando agli uomi-ni conoscenze e nozioni che fino ad allora erano state e-sclusivo appannaggio degli Dei; nacque così l’arte di forgiare il metallo, l’arte di abbellirsi il viso, le prime basi della Magia, dell’Astrologia e dell’Astronomia.Ancora una volta siamo co-stretti ad operare dei dovuti paragoni; chi non ricorda, da queste poche righe, i racconti di quasi tutte le civiltà cono-sciute?Dei che scendono sulla Terra per istruire gli uomini, che re-galano il loro sapere e le loro conoscenze.Questo eterno ripresentarsi di situazioni fin troppo simili non può di certo rappresentare una coincidenza; si tratta di un ri-cordo perpetuato nel tempo, adattato, riscritto, riportato sotto forme diverse, ma sem-pre e comunque testimone di un unico evento.La permanenza sulla Terra di Azazel, capo degli Angeli che tradirono la fiducia divina, non portò certo i frutti sperati; ben

presto gli uomini iniziarono a dedicarsi alle più orribili barba-rie, mentre i Nephilim flagella-vano le regioni e facevano schiavi ovunque.La nuova conoscenza si rivelò non adatta al livello di evolu-zione degli umani, e ben pre-sto si levarono voci di protesta e invocazioni al cielo perché ponesse fine a quanto stava accadendo.Di questo periodo non trovia-mo alcuna traccia nella Bibbia, tranne rari passi che citano i famosi Giganti, una razza che molti studiosi ritengono rap-presentasse in realtà i Nephi-lim; la conclusione di questa vicenda fu il Diluvio Universale, che spazzò via il peccato e con esso gli abitanti della Terra, portandosi dietro anche una parte di storia che mai potrà essere verificato con docu-menti certi o reperti archeolo-gici.Questa antica tradizione è quindi tutto ciò che rimane delle vicende che precedettero il Diluvio, ma si discosta netta-mente da quanto comunemen-te conosciuto; il primo dato discordante è l’assoluta man-canza di Lucifero, oltre che la

diversa motivazione alla base del peccato angelico.Gli Angeli Ribelli, infatti,m non peccarono d’orgoglio nei con-fronti di Dio, ma tradirono la sua fiducia unendosi alla razza umana e svelando i segreti de-gli Dei; in quanto alla figura mancante di Lucifero, il suo pa-ragone con Azazel è del tutto implicito, soprattutto quando si legge che questi venne lega-to mani e piedi e gettato nell’oscurità.Le figure che rimangono anco-ra avvolte nel mistero conti-nuano però ad essere quelle di sempre; chi erano veramente gli Angeli? Cosa si intendeva con il termine Dei? A quale di queste due categorie apparte-neva Dio?Nonostante il Libro di Enoch non goda di grande considera-zione negli ambienti religiosi, la storia appena narrata non si discosta molto dal canone che tutti conosciamo; il bene e il male, Dio e Satana, i Demoni e l’Inferno; la chiave per inter-pretare tutte queste dimensio-ni rimane però quella di riusci-re a codificarne l’esatta natura.

Page 25: Tracce d'eternita' 21.pdf

25

Le antiche rappresentazioni di culto, soprattutto relative a tradizioni che si perdono nella cosiddetta “notte dei tempi” e che potremmo definire meglio “teistico - tecnologiche”, costi-tuiscono spesso un vero e pro-prio mistero, soprattutto lad-dove esse siano state raffigura-te in Codici illustrati giunti inte-gri fino a noi. Detti Codici,

spesso salvati solo grazie alla buona volontà di lungimiranti appassionati , raccolgono im-magini tramandate da genera-zioni e generazioni e, sebbene non abbiano un valore proba-torio assoluto, diventano una interessante consultazione. Ove neghino l’assunto o la teo-ria che si intende sostenere, hanno un effetto estremamen-

te negativo, mentre, ove l’assunto o la teoria vengano confermate, non ci sarà alcun valore probatorio ma certa-mente un elemento a favore. Almeno questo. Dato che nel nostro caso, stiamo cercando di dimostrare che le grandi pi-ramidi fungevano da centrali per la produzione di energiaelettrica mediante l’utilizzo di

LA FESTA MAYA LA FESTA MAYA

DEL FUOCO NUOVODEL FUOCO NUOVOFABIO GARUTI

Page 26: Tracce d'eternita' 21.pdf

26

minerali allo stato naturale e non arricchito, e ovviamente mediante l’utilizzo di vapore ad altissima pressione, ogni im-magine o descrizione in tal senso può diventare fonda-mentale. Giusto a titolo di pro-memoria, ricordiamo che non solo le piramidi di Teotihuacan in Messico, di Giza in Egitto e di Sian Fu in Cina sono poste su una medesima circonferen-za planetaria ( quasi si trattas-se di un “cerchio” attorno al nostro pianeta, ma addirittura che tali siti sono sempre cir-condati da grandi quantità di acqua (ingiustificabili se si raf-fronta il tessuto urbano di rife-rimento attorno a tali colossi) e che all’interno di alcune pira-midi sono stati reperiti mate-riali isolanti derivati dalla lavo-razione di minerali resistenti a temperature di oltre 700, 800 gradi centigradi, peraltro utiliz-zati anche oggi. Il problema consiste nel modo in cui tali

minerali sono stati lavorati: senza specifiche attrezzature industriali non è possibile re-perire detto materiale nel mo-do in cui è stato rinvenuto. E questa è certamente una prova di un’antichissima tecno-logia. Ma torniamo alle rappre-sentazioni e ai Codici illustrati (ovviamente mediante disegni realizzati a mano), tenendo presente che chi ha disegnato tali codici non aveva ovvia-mente la minima idea di cosa fosse, o sia, una centrale ter-monucleare. Presso i Maya, e poi anche gli Aztechi, si cele-brava una festa molto impor-tante, detta del “FUOCO NUO-VO”, ogni 52 anni. Già l’intervallo tra le ricorrenze della festività è davvero considerevole, se si tiene presente che molte perso-ne, data l’età

media del tempo, questa festa non avrebbero, e non avranno potuto, assolutamente veder-la. Comunque la cerimonia si svolgeva nel seguente modo: fin da cinque giorni prima della fatidica data del “Fuoco Nuo-vo”, tutto si fermava; il lavoro di qualunque genere veniva interrotto, i fuochi venivano spenti, si osservava un silenzio assoluto, venivano rotte le suppellettili e, in definitiva, ci si comportava come se la vitasi stesse completamente fer-mando per mancanza di ener-gia, o meglio di “fuoco”. Poi, all’alba del sesto giorno, se un particolare cerimoniale andava a buon fine, ossia se una parti-colare torcia accesa dal capodei Sacerdoti Maya sprigionava ed emanava scintille, il “nuovo fuoco” veniva acceso tra il tri-pudio generale, la vita ripren-deva e tutti i fuochi preceden-temente spenti venivano riac-cesi nell’intero impero. Soprat-tutto, e qui la cosa si fa più in-credibile ancora, venivano in-seriti particolari oggetti all’interno delle piramidi di Te-otihuacan, proprio a voler con-fermare che un nuovo ciclo di fuoco era finalmente comincia-to, e che quindi, per altri 52

In pagina: immagine della Festa del Nuovo Fuoco e la carica di combustibile di una moderna centrale termonu-

cleare ad uranio naturale

Page 27: Tracce d'eternita' 21.pdf

27

anni , si sarebbe potuti stare tranquilli, riprendendo così tutte le proprie attività, inter-rotte da alcuni giorni. Franca-mente un significato assoluta-mente incomprensibile, ove non si comincino ad analizzare le immagini tratte dal Codice in Questione. Si notano i sacer-doti, che portano in mano fasci di natura non chiara, e si capi-sce che tali fasci verranno inse-riti in alcuni fori posti all’interno della piramide, raffi-gurata come un sole con tutti i

raggi. Ora, non è difficile pen-sare a una cerimonia che ricor-da la carica di combustibile in una centrale termica, anche dei nostri giorni, mediante l’introduzione di barre di com-bustibile negli appositi allog-giamenti di forma circolare. Anche il periodo di 52 anni può corrispondere, e ricordare, il periodo di durata del combu-stibile, o della stessa centrale.Il tutto non sembra essere cer-to una casualità e la raffigura-zione di un nuovo sole altro non sembra che il ricordo dell’accensione, o della ri-

accensione, di una centrale di tipo nucleare. Ma c’è un dato ancor più significativo, o se vo-gliamo, davvero sconvolgente.Spesso viene detto che non bi-sogna confrontare la nostra tecnologia con quella, eventu-ale, del paleolitico. Giusto, soloche, a fronte di scoperte ormai sempre più frequenti (spesso su bassorilievi egizi), viene da pensare che un collegamento ci sia, casuale o voluto da chi, forse, tale tecnologia antica ha già avuto occasione di poterla ammirare. Si tratta di una ipo-tesi, ovviamente, ma se prova-te ad accostare l’immagine raf-figurante il combustibile tra-sportato a braccia dai sacerdo-ti, con quella raffigurante il “moderno” carico di combusti-bile di una centrale a uranio naturale in attività soprattutto negli anni Sessanta, noterete che sono praticamente identi-che, comprese le legature dei fasci di combustibile. Penso che rimarrete alquanto allibiti, proprio come è accaduto a me…

Page 28: Tracce d'eternita' 21.pdf

28

Sono le 9 del mattino del 13 dicembre 1872. Un brigantino canadese scorre sulle acque calme dello Stretto di Gibilter-ra. Si tratta di un’imbarcazione come tante, fatta eccezione per una cosa: a bordo non c’è nessuno.L’archetipo della nave fanta-sma è entrato definitivamente a far parte dell’immaginario collettivo. Le ragioni sono di-verse. Ad esempio il mistero di cosa sia accaduto all’equipaggio, ma c’è anche un altro elemento essenziale. Le navi fantasma, svuotate del proprio personale di bordo, sembrano in un certo qual mo-do acquistare una personalità

propria. Così la Mary Celeste, il giorno che venne ritrovata alla deriva, smise di essere una semplice imbarcazione, diven-tando invece l’archetipo per eccellenza della nave fanta-sma.Varata in Nuova Scozia, nell’isola di Spencer, nel 1861 come Amazon, il nome di Mary Celeste con cui tutti la cono-scono oggi venne adottato so-lo undici anni dopo, nel 1872. Era lunga 31 metri. Stazzava 282 tonnellate.Anche prima che venisse ritro-vata priva dell’equipaggio, la nave si era già guadagnata una fama poco rassicurante. Duran-te il viaggio inaugurale il suo

capitano morì. Durante una tempesta nella Baia di Glace, invece, la neve dovette essere salvata dalla secca per poi es-sere venduta a una compagnia americana. Furono proprio gli statunitensi a ribattezzarla col nome di Mary Celeste.Il viaggio che avrebbe cambia-to tutto avvenne il 7 novembre 1872. La nave salpò dal porto di Staten Island di New York diretta a Genova con a bordo un carico di 1701 barili di alco-ol industriale.L’equipaggio era composto dal capitano Benjamin Spooner Briggs, la moglie Sarah, la figlia Sophia e sette marinai. Avido lettore della Bibbia, il capitano

MARY CELESTELA PRIMA NAVE

FANTASMAROBERTO BOMMARITO

Page 29: Tracce d'eternita' 21.pdf

29

Briggs era noto per la sua pro-fessionalità, come attestato da uno dei tre proprietari dell’imbarcazione, James Henry Winchester. Stessa cosa valeva per il secondo in co-mando, Albert Richardson.

Eppure sparirono tutti.Conan Doyle scrisse un raccon-to breve ispirato alla vicenda, chiamando l’imbarcazione Ma-rie Celeste (invece di Mary Ce-leste). Il racconto di Doyle con-tribuì parecchio a rendere fa-

mosa l’imbarcazione, avvol-gendola ancor più nel mistero.La Mary Celeste condivise par-te del viaggio con un’altra im-barcazione, la Dei Gratia che trasportava 1735 barili di pe-trolio. Le due imbarcazioni si lasciarono il 15 novembre, solo per poi incrociarsi di nuovo quasi un mese dopo, il 5 di-cembre. Il capitano della Dei Gratia, che conosceva bene Briggs, notò che l’imbarcazione sembrava fuori controllo. Stupito, intuì che qualcosa non andava. Dopo un’attesa di due ore, durante le quali la Dei Gratia provò a contattare la Mary Celeste inu-tilmente, il capitano decise di controllare di persona cosa fosse accaduto.A bordo non vi trovò nessuno. Malgrado ciò, ed è forse pro-prio questo l’elemento che au-menta il mistero, la nave era in buone condizioni, anche se

Page 30: Tracce d'eternita' 21.pdf

30

grondante d’acqua e con qual-che vela strappata. L’impressione era che l’equipaggio avesse abbando-nato l’imbarcazione in gran fretta, lasciandosi dietro tutti gli oggetti personali. Il crono-metro non venne ritrovato. Sul diario di bordo l’ultima en-trata risaliva al 25 novembre quando arrivò a Santa Maria delle Azzorre. Il carico di barili del valore di $35,000 era intat-to, fatta eccezione per 9 barili vuoti.Le sorti dell’equipaggio non si conoscono, anche se va sottoli-

neato che nel 1873 vennero ritrovate due scialuppe senza bandiera nell’entroterra spa-gnolo. Una di queste contene-va cinque corpi che però non vennero mai identificati.Diverse teorie sono state pro-poste, da quelle più realistiche ai rapimenti alieni. Conrad Byers intrattenne la possibilità che il capitano Briggs, creden-do che la nave potesse esplo-dere per via della fuoriuscita del vapore dai barili di alcool, avesse ordinato l’evacuazione della nave. Le fiamme genera-te dai vapori potrebbero non

essere state abbastanza poten-ti da lasciare segni di bruciatu-re, ma potrebbero esserlo sta-te abbastanza per spaventare il capitano. Altre teorie includo-no tempeste e avvelenamento da ergot, che avrebbe potuto far perdere momentaneamen-te la ragione all’equipaggio che sarebbe saltato in mare.Quello della Mary Celeste è - e con ogni probabilità rimarrà per sempre - un mistero inso-luto, continuando a navigare per le acque dell’immaginazione collettiva di noi tutti.

Page 31: Tracce d'eternita' 21.pdf

31

Tutti questi strani eventi che sono riportati nel libro di Don Wilson “I segreti della Luna”, così come molti altri resoconti da parte di indagatori del no-stro satellite, obbligarono gli umani, negli anni ’60, a spedire sulla luna delle sonde per di e-splorarla. Era questo il vero fi-ne, l’esplorazione, non la con-quista. Se il fine fosse stato la conquista, oggi avremmo sulla Luna delle basi che invece non abbiamo. E tuttavia qualcuno mise fine una volta per tutte alle velleità di dominio umano sulla Luna. Non posso credere, come dicono alcuni, che esista-no basi segrete russe e ameri-cane sulla Luna. Per quale moti-vo verrebbero tenute segrete? La creazione di basi era solo la

ragione ufficiale per andare sul-la Luna, in realtà esse non ven-nero mai realizzate. In teoria gli Stati Uniti andarono per la pri-ma volta sulla Luna nel luglio del 1969. Dal 1969 al 1972, sei missioni umane completarono il programma Apollo riportando 384 kg di rocce lunari. Come sappiamo, tuttavia, il program-ma Apollo comprendeva 10 voli umani. La missione Apollo 13 non ebbe successo, dal mo-mento che dovette rientrare sulla terra a causa dell’esplosione in un serbatoio d’ossigeno. La NASA cancellò definitivamente le missioni A-pollo 18, 19 e 20. I sovietici, al contrario, non spedirono uffi-cialmente sulla Luna nessun co-smonauta, ma grazie a Luna 16,

20 e 24, riportarono indietro in tutto 300 grammi di suolo luna-re. Il programma spaziale sovie-tico costò molte vite umane, probabilmente durante i test avvennero parecchi incidenti mortali che vennero taciuti, e miliardi di rubli. Fu tutto ciò in-vano? Da allora silenzio assolu-to. La Luna non esiste più nei piani di alcuna potenza spazia-le, ed è irrilevante che qualcu-no ogni tanto faccia roboanti affermazioni circa basi future sulla sua superficie. Sono piani a venti o trent’anni, periodo durante il quale tutto può cam-biare ed essere abolito, come è già successo per gli ultimi 30 anni.L’enigma sovieticoNon siamo tuttavia per niente

IL MISTERO DELLA

LUNASOTIRIS SOFIAS

Page 32: Tracce d'eternita' 21.pdf

32

sicuri se furono per primi gli americani o i sovietici a mette-re piede sulla Luna. I russi co-me sappiamo erano molto a-vanti nei voli spaziali non uma-ni. Primi con lo Sputnik nel 1957, primi con il Vostok 1, pri-mi con Gagarin nel 1961, primi con Tereskhova e il Vostok 6 nell’orbitare intorno alla terra nel 1963, primi con il Voskhod 1 nel 1964 nel mandare tre co-smonauti nello spazio, primi con il Voskhod 2 nel realizzare un EVA (“passeggiata spazia-le”). Anche nel 1959 furono i primi a mandare la sonda Luna 2 in orbita intorno alla Luna, e non importa se essa si schiantò sulla superficie lunare. Di nuo-vo primi con il Luna 3, nel 1959 trasmisero immagini di cattiva risoluzione dell’altra faccia del-la Luna. Durante la guerra fredda, il “prestigio” era la co-sa più importante per le due superpotenze ai fini della pro-paganda. I sovietici erano a-vanti di almeno un anno sugli americani nella tecnologia spa-ziale, e sembra del tutto ingiu-stificato il fatto che non siano riusciti a mettere piede sulla Luna. Tutte le missioni sovieti-che avevano come scopo finale il volo umano, e questo era no-to agli statunitensi. Tuttavia, data la segretezza in cui era te-nuto il programma spaziale russo, non è assolutamente da escludere che anche i sovietici abbiamo mandato voli umani sulla Luna, e che per loro ra-gioni non l’abbiano reso pub-blico. Posso pensare che i voli umani sovietici, se mai sono

stati realizzati, abbiano avuto esito tragico, e che sia questa la ragione per cui non sono mai stati resi noti. Non posso immaginare nessun altra ragio-ne per non rendere noto un evento così eccezionale, a par-te un incidente mortale. Gli a-mericani, logicamente, seppu-re magari non conoscendone i dettagli o il nome dei cosmo-nauti, erano a conoscenza del fatto che i sovietici avevano spedito una sonda con uomini a bordo sulla Luna, e non rese-ro pubblico il volo sovietico perché ciò avrebbe danneggia-to il loro prestigio. L’URSS, do-po l’incidente, si sarebbe ov-viamente ritirata, lasciando gli Stati Uniti unici giocatori sulla scacchiera del primo allunag-gio ufficiale. Un’importante in-formazione che il lettore do-vrebbe tenere a mente come prova del fatto che quanto se-gue è assolutamente probabi-le, è il fatto che i sovietici si ri-fiutarono non solo di fornire al mondo intero particolari del loro programma spaziale, ma dichiararono anche che mai avevano avuto intenzione di spedire cosmonauti sulla Luna. I sovietici d’abitudine prima realizzavano una cosa, poi l’annunciavano. Così avevano fatto con il volo del primo sa-tellite, lo Sputnik, e con il pri-mo volo extraterrestre di Ga-garin nel 1961. Quando in ef-fetti gli americani portarono a compimento con successo l’allunaggio del 1969, i russi ri-sposero che “il governo sovie-tico non intendeva spedire co-

smonauti nello spazio rischian-do al vita di nostri cittadini” quando i robot, che i sovietici avevano per primi fatto alluna-re, potevano svolgere lo stesso compito. Il famoso giornalista americano Walter Kronkite di-chiarò al suo pubblico, agli inizi degli anni ’70, che “i sovietici non sono mai stati in corsa per la conquista della Luna” Ma gli agenti Charles Vick e Peter Pe-savento, che analizzarono e misero insieme il complesso puzzle delle informazioni rila-sciate dai sovietici, rivelarono che di fatto esisteva un enor-me programma segreto di allu-naggi da parte dei russi, i cui dettagli vennero rivelati solo con molto ritardo. Qualunque informazione fuoriuscita o ri-velata riguardo al programma spaziale sovietico, può benissi-mo essere stata falsa o fuorvi-ante, sicché certamente essi hanno nascosto molti grossi segreti.Astronauti SovieticiIl confronto tra il programma spaziale dell’URSS e quello de-gli USA suscita diversi interro-gativi, dal momento che il pro-gramma sovietico pare supe-rasse quello americano in mol-ti punti. Un esempio è la gran-de resistenza degli astronauti alle condizioni di vita spaziali. Non c’è paragone tra i sovietici e gli americani: il duro e quasi inumano addestramento dell’Unione Sovietica aveva fatto sì che essi superassero di molto gli astronauti USA. Indi-cativamente, il record di per-manenza degli americani nello

Page 33: Tracce d'eternita' 21.pdf

33

spazio è di 84 giorni con lo Skylab, mentre i russi con il MIR rimasero più di un anno. I sovietici chiamavano i loro a-stronauti “cosmonauti”. La squadra russa che avrebbe do-vuto tentare la missione uma-na verso la luna era costituita all’incirca da una ventina di membri scelti, che avevano co-me base la superlativa Zvezdny Gorodok (La Città delle Stelle), a una quarantina di chilometri da Mosca. Membri di questa casta erano naturalmente i due pionieri della conquista spazia-le, Yuri Gagarin e Valentina Te-reskhova: la prima donna co-

smonauta nel 1963 con il Vo-stok 6 era rimasta in orbita in-torno alla terra per almeno tre giorni, mentre Gagarin il 12 a-prile 1962, stretto (nel vero senso della parola) nella sonda spaziale Vostok 1, divenne il primo uomo della storia a ri-manere in orbita intorno alla Terra per un’ora e 48 minuti, volando a un’altezza di 327 chi-lometri sopra la superficie ter-restre. Gagarin continuò per anni a partecipare ai program-mi spaziali dell’Unione Sovieti-ca: onorato come un eroe con la medaglia di Lenin, non pote-va che essere a capo di ogni

tentativo per conquistare la luna. E Gagarin fu a capo dei cosmonauti che dovevano ten-tare di mettere piede sulla Lu-na, come dichiarato da Valenti-na Tereshkova in un congresso tenuto all’Avana il 2 ottobre 1963. Come tuttavia vedremo, il destino non premiò l’eroe so-vietico, perché una tragica fine lo attendeva. Tuttavia, non fu forse l’incidente a costargli la vita, ma un altro straordinario evento.Il “caso Mochilin”Il caso Mochilin descritto da Don Wilson nel libro “I segreti della Luna”, ben si accorda con il fatto che la storia reale del programma spaziale sovietico è completamente diversa dalla versione ufficiale. Secondo Wilson, lo scienziato sovietico Lev Mochilin fuggì con il figlio dall’Unione Sovietica alla fine del 1969 attraverso la Turchia, la Grecia e l’Italia, approdando infine in Francia, ove chiese asilo politico. Dopo essersi as-sicurato protezione contro gli agenti del KGB, rilasciò un’intervista alla rivista france-se Bigond, in cui riferì che i so-vietici erano atterrati sulla Lu-na quasi un anno prima degli americani. Concretamente, il 5 giugno 1968 la sonda lunare con uomini a bordo Marx 1, era decollata da una base spa-ziale segreta negli Urali e, do-po un viaggio di tre giorni, at-terrò con successo sulla Luna. Esaminando gli archivi delle missioni sovietiche sulla Luna, non ho trovato nessun Marx, né alcun’altra missione in quel

Page 34: Tracce d'eternita' 21.pdf

34

periodo. Ho trovato, tuttavia, che il 21 settembre 1968 la sonda sovietica Zond 5 diven-ne il primo veicolo spaziale ad andare sulla Luna e ritornare incolume sulla Terra. Ma que-sto veicolo era ciò che gli scienziati russi dicevano che fosse? Può darsi ci fossero an-che uomini a bordo, ma a cau-sa di un incidente mortale fu deciso di tenere segreto que-sto particolare. Oggi sappiamo che Zond era anche il nome in codice della navicella Soyuz 7K-L1 che, come i russi oggi am-mettono, era stata costruita per trasportare astronauti. Un fatto che scioccò gli americani, a proposito del volo Zond 5, fu che Bank Jordell Observatory, che osservava Zond 5 e trascri-veva tutte le comunicazioni tecniche della base con la navi-cella, udì una voce umana. Na-turalmente i sovietici si affret-tarono a negare che lo Zond avesse uomini a bordo e disse-ro che al suo interno c’era un registratore (!) che usavano per le comunicazioni tra la na-ve spaziale e la terra. Nessun veicolo spaziale poteva viag-giare verso la Luna senza esse-re spiato dall’avversario. Consi-dero impossibile che un certo veicolo sfuggisse al rilevamen-to, dal momento che tutte le attività venivano monitorate. Ma una sonda poteva viaggia-re verso la Luna senza che l’avversario ne conoscesse la missione. E anche se gli statu-nitensi si fossero accorti del lancio di una sonda con uomini a bordo, perché avrebbero do-

vuto annunciare che un veicolo spaziale sovietico, probabil-mente con uomini a bordo, si stava avvicinando alla Luna? Probabilmente avrebbero nuo-ciuto ancora di più al già basso morale dei cittadini, che aveva-no ancora negli occhi i mosco-viti festanti e l’accoglienza sen-za precedenti riservata a Gaga-rin dopo il ritorno sano e salvo. Se i sovietici stessi etichettaro-no questo volo come non uma-no, perché gli americani avreb-bero dovuto provare il contra-rio? Il “primo premio” per la conquista della luna era esclu-sivamente loro. Chi può assicu-rarci che gli americani non ob-bligassero i sovietici a rinuncia-re ai voli umani in cambio del loro silenzio? Nel seguito della sua intervista, Mochilin dopo aver rivendicato la sua parteci-pazione al programma spaziale sovietico, riferì uno straordina-rio evento: nel momento in cui i due cosmonauti misero piede sulla Luna, essi vennero attac-cati da un essere meccanico sconosciuto che ne uccise uno, mentre l’altro, una donna, riu-scì a rientrare sulla navicella e fare rientro sul nostro pianeta.Nomi segretiI nomi dei due astronauti che Molichin riferì alla rivista erano Yevgeni per l’uomo e Ilya per la donna. In un’epoca in cui era inevitabile la più grande segre-tezza per ogni programma del genere, s’imponeva l’uso di un codice di comunicazione, ed è escluso che i nomi degli astro-nauti fossero quelli reali. Solo poche persone conoscevano i

veri nomi. In tutte le comuni-cazioni venivano indicati solo i nomi in codice. Naturalmente se un qualunque agente segre-to occidentale avesse intercet-tato il nome Marx, sarebbe stato impossibile immaginare che si riferiva a una missione lunare umana. La maggior par-te di loro avrebbe creduto che i membri del partito comunista si riferissero al loro padre intel-lettuale. Inoltre, se qualcuno sentiva parlare di Yevgeni e Il-ya, non si sarebbe mai immagi-nato che erano cosmonauti. Se invece, a proposito della Luna, avesse udito Yuri e Valentina, allora anche il più sprovveduto avrebbe capito che ci si riferiva a Gagarin e alla Tereskhova. Certamente Mochilin, come riferisce sempre nella sua in-tervista, esclude che si tratti di qualcuno scelto a caso. La spiegazione è semplice. La mis-sione era eccezionalmente pe-ricolosa e solo il più capace e coraggioso astronauta sarebbe stato in grado di portarla a compimento. E chi più adatto di Yuri Gagarin, che era stato selezionato come cosmonauta di punta tra duemila candidati piloti militari, grazie alle sue qualità e al fisico eccezionale, di cui i colleghi parlavano con ammirazione, tanto da suscita-re lo stupore dei medici che l’avevano esaminato? E chi più adatto di Valentina? Già le due leggende aerospaziali sovieti-che avevano rischiato la vita nelle missioni Vostok. Solo “l’artiglieria pesante” della co-smonautica poteva garantire il

Page 35: Tracce d'eternita' 21.pdf

35

successo in un’impresa così az-zardata. Yuri probabilmente aveva nome in codice Yevgeni, mentre Valentina era Ilya. Con-sultando gli archivi dei piloti spaziali russi di quel tempo, non esiste nessuno a nome Ye-vgeni o Ilya. Questi dovevano sicuramente essere i nomi in codice dei due cosmonauti so-vietici di punta. Non conoscia-mo nemmeno il ruolo di Mo-chilin nella gerarchia dei pro-grammi spaziali sovietici. Co-nosceva di certo alcune cose piuttosto riservate, ma fino a che livello nessuno può dirlo con certezza se non lui stesso. Se ha portato alla luce questa cospirazione senza rivelare i nomi degli astronauti, significa semplicemente che non li co-nosceva. Probabilmente non apparteneva all’élite degli uffi-ciali che conoscevano tutto ri-guardo questa missione segre-ta. Ma perché, se ciò che so-stiene Mochilin è vero, non è infine venuto fuori? Forse gli americani, compresa la verità, hanno obbligato i sovietici a rinunciare ai voli umani in cambio del silenzio? C’è qual-cuno che ha avuto accesso ai programmi spaziali dell’Unione Sovietica così da poter asserire che la sonda che ritornò sana e salva sulla terra era la Zond 5 e non qualcos’altro? Dal mo-mento che i sovietici avevano annunciato definitivamente che la sonda che andò sulla lu-na e ne ritornò era la Zond 5, chiunque fosse stato a cono-scenza di segreti governativi e avesse lasciato filtrare notizie,

sarebbe stato punito con la pe-na di morte. A meno che non fosse un rifugiato politico fug-gito ad aver deciso di aprire bocca: cioè lo stesso Mochilin. La misteriosa morte di GagarinUfficialmente Gagarin perse la vita in un incidente aereo il 27 marzo 1968, durante un volo di routine con un aereo milita-re e il suo istruttore. Questo fu quanto dichiarò l’Unione So-vietica proclamando Gagarin “eroe dopo la morte” col grado di generale. La ragione dello schianto aereo fu tuttavia per parecchi anni avvolta nel dub-bio. La moglie di Gagarin e i suoi genitori non riconobbero il corpo, perché di esso dopo lo schianto non erano rimasti che frammenti. Naturalmente, per “canonizzare” l’astronauta, la propaganda sovietica riferì che avrebbe potuto salvarsi se solo

avesse usato il comando auto-matico per proiettarsi fuori. Ma invece di far precipitare l’aereo su una zona popolata, preferì cadere su un’aerea di-sabitata. Così la storia ufficiale ricorda il pioniere dei program-mi spaziali chiamandolo “il Co-lombo del Cosmo”: un grande eroe, non solo per l’ex Unione Sovietica, ma per il mondo in-tero. Eppure queste certezze impongono un interrogativo. Perché mai gli ufficiali sovietici avrebbero dovuto rischiare senza ragione, in un test di vo-lo, la vita di uno dei maggiori cosmonauti, nonché capo della missione spaziale sulla luna, due mesi e mezzo prima del lancio della prima sonda luna-re? Il fato giocò un tiro manci-no a Gagarin, che non poté tornare una seconda volta sul-la terra come eroe. La cattiva sceneggiatura che avevano e-

Page 36: Tracce d'eternita' 21.pdf

36

scogitato, nella loro mente, i servizi segreti dell’Unione So-vietica, divenne realtà. Aveva-no preso le loro precauzioni e la messa in scena della morte di Yuri Gagarin non li tradì agli occhi dei loro compatrioti. Per-ché almeno uno dei due piloti non venne estromesso e rima-sero invece entrambi all’interno del velivolo al fine di pilotarlo fuori della regione popolata? E perché l’incidente rimase avvolto nell’incertezza di particolari, tanto da rendere ancor oggi tutti perplessi? I servizi segreti sovietici, se Yuri fosse davvero deceduto duran-te la missione lunare, avrebbe-ro senz’altro inscenato una morte “accidentale” pochi me-si prima del volo Marx 1, con-fondendo tutti. Gli americani avrebbero forse smesso di oc-

cuparsi del programma spazia-le degli avversari. Forse i russi avrebbero potuto scoprire le carte dopo l’allunaggio e il ri-torno dell’eroe. Un entusiasmo così grande che nessuno lo a-vrebbe mai dimenticato, so-prattutto gli americani. L’eroe che torna in vita conquistando la Luna. Si può immaginare la sorpresa della comunità mon-diale il 15 giugno 1968, se il “defunto” Gagarin fosse ritor-nato sulla terra dalla Luna? Certo, sarebbe parso uno scherzo macabro ma i sovietici avrebbero senz’altro perdona-to il raggiro, soprattutto per l’umiliazione patita dagli avver-sari. Ma pare che qualcosa di imprevedibile possa essere ac-caduto: la morte del maggior cosmonauta sovietico, non in un incidente spaziale, come ci

si sarebbe potuti aspettare, ma per un incontro ravvicinato del terzo tipo. Yuri sarebbe rima-sto per sempre su quella Luna che aveva così tanto bramato, portando nella tomba il più grande segreto della storia: l’incontro con una civiltà extra-terrestre. Se fosse tornato sa-no e salvo sulla Terra, è ovvio che non avrebbe potuto di-chiarare nulla ai mezzi di co-municazione. Sfortunatamente Gagarin non tornò più indietro e la cattiva sceneggiatura che i servizi segreti avevano escogi-tato nella loro mente divenne realtà. Le vere circostanze del-la morte di Gagarin non trape-larono mai.L’enigma della Tereskhova Secondo Mochilin la donna co-smonauta, sicuramente Valen-tina, venne rinchiusa in un sa-

Page 37: Tracce d'eternita' 21.pdf

37

natorio e rimase “prigioniera” per circa un anno. Valentina Tereskhova, secondo il suo cur-riculum ufficiale, non ricevette il suo diploma il 15 dicembre 1968, perché subì un’operazione al Centro Vise-vski di Mosca. Si diplomò alla Scuola di Aviazione l’anno suc-cessivo. Incredibile coinciden-za. Il posponimento del suo di-ploma coincide esattamente con il periodo nel quale, a det-ta di Mochilin, ella rimase nell’istituto. Da quel momento in poi la maggiore cosmonauta sovietica non partì più con una sonda lunare. Valentina si ritirò “volontariamente” dall’azione come cosmonauta nel 1969, ed ebbe a che fare con la poli-tica come ambasciatrice di buona volontà del suo paese. Apparve in pubblico il 9 giugno 1969 come rappresentante del congresso internazionale co-munista che si tenne a Mosca, portando in giro i partecipanti per il Centro Gagarin, parlando di voli spaziali e del grande i-dolo dell’Unione Sovietica Yuri. In conclusione, ella ricomparve un anno dopo la sua “ospedalizzazione”. Incredibile seconda coincidenza. Il 9 giu-gno si compiva un anno esatto dalla morte naturale di Gaga-rin. Se la missione umana fu lanciata il 5 giugno 1968 dalla base degli Urali, il viaggio verso la luna dovette durare all’ incir-

ca tre giorni. L’8 e il 9 giugno i due cosmonauti avrebbero do-vuto decisamente essere sulla superficie lunare a compiere i loro esperimenti. L’incidente mortale accadde, con tutta probabilità, il 9 giugno 1968. Forse il 9 giugno la nomencla-tura intendeva tributare il suo affetto e rispetto per Yuri orga-nizzando il congresso comuni-sta esattamente a un anno dal-la sua morte. Simulando col programma planetario Re-dshift 5 e introducendo gli e-satti parametri, ho scoperto come appariva il cielo notturno il 9 giugno 1968, e ho trovato assoluta conferma a ciò che avevo previsto. Guardando la luna, ho scoperto che era di 14 giorni e di conseguenza il suo lato visibile era illuminato al 94% dal sole. Era quindi il peri-odo ideale per un allunaggio, e ciò rafforza la mia convinzione

che la testimonianza di Mochi-lin sia attendibile e che la data che Mochilin dichiara come quella del lancio della sonda lunare Marx 1 dalla base degli Urali sia assolutamente giusti-ficabile!Confrontando gli attuali dati delle missioni americane, si verrà alle stesse constatazioni. Tutte le missioni vennero pro-grammate così da avere ab-bondante luce solare sulla Lu-na da poter eseguire più facil-mente gli esperimenti. L’unica cosa sicura è che, all’età di 32 anni, Valentina Tereskhova concluse brillantemente la sua carriera di cosmonauta e rima-se col titolo di prima donna in orbita intorno al pianeta Terra. Sfortunatamente per lei, le fu negato il titolo esclusivo di Pri-ma Donna sulla Luna per moti-vi di sicurezza nazionale dell’Unione Sovietica.

Page 38: Tracce d'eternita' 21.pdf

38

La storia della ricerca Antartica Tedesca inizia nel 1873, quan-do Sir Edward Dolman, sotto gli auspici della neonata Socie-tà Germanica di Ricerca Polare, scoprì nuove rotte Antartiche con la sua nave “Grönland”. Le esplorazioni tedesche delle re-gioni polari furono alquanto innovative in quanto la Grön-land fu la prima nave a vapore a vedere per intero l’Antartico. Nei 60 anni successivi ebbero luogo due nuove grandi spinte di spedizione e due missioni complete furono realizzate, nel 1910 sotto la direzione di Wil-hem Filchner con la sua nave Deutschland e nel 1925 con la nave Meteor, progettata e-spressamente per spedizioni polari, al comando del Dr. Al-

bert Merz. Negli anni successi-vi, prima della Seconda Guerra Mondiale, i tedeschi pretesero l’egemonia su alcune zone dell’Antartico e il desiderio di realizzare in questi territori u-na propria base crebbe in mo-do sempre più incalzante. In quel tempo l’Antartico non era sicuro a causa di trattati inter-nazionali e, a pochi giorni dalla guerra, una dimostrazione pragmatica della pretesa Ger-manica con una singola missio-ne al Polo Sud sembrò la mi-gliore opzione. Lo stesso Hitler era ansioso di conquistare una solida posizione in Antartico e una tale pretesa avrebbe potu-to essere ben usata per la pro-paganda nazional-socialista e per un’ulteriore dimostrazione

dell’insorgenza del “superpotere Germanico”. Da un altro punto di vista una nuova provocazione degli Alle-ati doveva, per il momento,essere evitata in quanto la Germana, in quel tempo, non era ancora completamente preparata per la guerra in arri-vo. Effettivamente, stava pren-dendo forza l’idea di una spe-dizione semi-civile in coopera-zione con la compagnia area nazionale Lufthansa; una spe-dizione apparentemente civile ma con uno scopo militare e strategico, un atto di compen-sazione caricato di un valore altamente politico. Il comando di questa missione fu affidato al Capitano Alfred Ritscher, che aveva precedenti esperienze

BASE 211BASE 211SEGRETO IN ANTARTIDESEGRETO IN ANTARTIDE

CARLO BARBERACARLO BARBERA

Page 39: Tracce d'eternita' 21.pdf

39

polari avendo condotto alcune spedizioni al Polo Nord e aven-do dimostrato coraggio e abili-tà in situazioni critiche. La nave scelta fu la Schwabenland, una portaerei germanica usata fin dal 1934 per la consegna di po-sta transatlantica. Nel frattem-po, l’equipaggio fu program-mato e preparato precisamen-te dalla Società Germanica di Ricerca Polare. La stessa So-cietà fece il sensazionale passo di invitare Richard E.Byrd, il più famoso ricercatore ed esplora-tore polare americano. Nel mese di novembre del 1938 egli giunse ad Amburgo e pre-sentò all’equipaggio e a un pubblico selezionato di 84 per-sone la sua nuova documenta-zione cinematografica

sull’Antartico nel teatro Urania di Amburgo. Byrd, il primo uo-mo ad aver volato attraverso il Polo Sud nel 1929, era già in quel tempo una leggenda vi-vente, un eroe nazionale ame-ricano e il massimo ricercatore polare. Nel 1938 era ancora un civile. Questo invito ha tutta l’aria di una tipica ironia della storia, dato che circa dieci anni dopo, proprio Richard E.Byrd, nei ranghi di Ammiraglio della Marina degli Stati Uniti, rice-vette istruzioni di distruggere la Base Segreta Antartica de-nominata “Nuova Berlino” o “Base 211”. Ritornando ai fatti, la portaerei Neuschwabenland lasciò il porto di Amburgo il 17 dicembre 1938 diretta in An-tartico su una rotta determina-

ta precedentemente e lo rag-giunse il 19 gennaio 1939. Le settimane seguenti quindici voli dei velivoli “Passat” e “Boreas” tracciarono circa 600.000 chilometri quadrati e scattarono più di 11.000 foto-grafie dell’area. Le antiche mappe norvegesi di questi ter-ritori, risalenti al 1931, furono rinnovate in quanto le nuove immagini dimostrarono la loro inesattezza. Quasi un quinto dell’intero continente antartico fu in questo modo esaminato, documentato per la prima vol-ta e nello stesso tempo prete-so dai tedeschi come territorio germanico. Per accentuare questa pretesa, i due velivoli sparsero diverse migliaia di ‘bandiere a caduta’, speciali

Page 40: Tracce d'eternita' 21.pdf

40

paletti di metallo muniti di ban-diera con il simbolo della svasti-ca. L’intero territorio ricevette il nome, ancora valido, di “Neuschwabenland”, in riferi-mento alla regione meridionale della Germania. È interessante notare che la spedizione sem-brò aver scoperto zone di terri-torio libere dai ghiacci, laghi e piccoli segni di vegetazione nel mezzo dell’Antartico. I geologi dissero che questo fenomeno era causato da sorgenti di ac-que calde nel terreno. Nel feb-braio 1939 la Schwabenland la-sciò l’Antartico. Impiegò due mesi per tornare ad Amburgo ed il Capitano Ritscher utilizzò questo tempo per organizzare attentamente i risultati, le nuo-ve mappe e le immagini. Egli, sorpreso dai risultati dei voli, immediatamente dopo l’arrivo programmò una seconda spedi-zione, completamente civi-le, dotata di aeroplani più leg-geri e forniti di slitte, ma con l’inizio della Seconda Guerra Mondiale, all’incirca nell’ottobre del 1939, questi programmi civili furono abban-donati. Tuttavia c’è da chiedersi quali furono le alternative mili-tari e strategiche raggiunte da questa missione. È difficile pen-sare che queste risorse furono sprecate. Oggi tutti gli storici concordano sul fatto che la Se-conda Guerra Mondiale non i-niziò incidentalmente, ma fu pianificata già dagli anni ’30 e forse anche prima. Almeno a partire dal 1933, la dittatura germanica programmò di rag-giungere una completa potenza

bellica entro un decennio. I te-deschi furono determinati a perseguire la loro via alla guer-ra in tutti gli aspetti della vita, da quelli militari a quelli civili, economici, sociali, scientifico-tecnologici, a quelli della politi-ca, sia interna che estera. Nien-te fu lasciato al caso, e questo stesso metodo fu certamente usato nella questione Antartica, che molto probabilmente non finì con il ritorno del Capitano Ritscher nel 1939, ma continuò durante lo svolgimento della guerra. Sfortunatamente a que-sto punto però ogni valida in-formazione scompare. Rimane un confuso puzzle di tracce, af-fermazioni e voci che portano agli anni ’50 e che è possibile verificare solo parzialmente. Se

i tedeschi furono in grado di co-struire una base sotterranea antartica sui risultati della spe-dizione di Ritscher, si trattereb-be di uno dei segreti più occul-tati nella storia moderna. Di fat-to, l’enorme stabilimento sot-terraneo di Nordhausen nelle montagne Harz, come il com-plesso di Kahla a Th&uumlringen dimostrano la capacità e la perizia degli inge-gneri del Reich di costruire grandi e complesse strutture sotterranee. Le sorprendenti informazioni fornite dalla spe-dizione del 1938 avrebbero po-tuto effettivamente essere le basi per la realizzazione del ma-nifestato progetto tedesco di fare dell’Antartico un baluardo della potenza nazista. Tentere-

Page 41: Tracce d'eternita' 21.pdf

41

mo così di ricostruire una suc-cessione cronologica degli e-venti e delle loro conclusioni, per quanto sono oggi a nostra conoscenza. Tutto ciò conduce alla costituzione della Base An-tartica 211 alla fine della guer-ra, per mezzo dei sottomari-ni tedeschi e dei mezzi volanti a propulsione anti-gravitazionale, e al fallito tentativo di distrug-gerla da parte della Marina de-gli Stati Uniti nel 1947.1936: Valutazione, nell’estate del 1936, della propulsione anti-gravitazionale di un primo di-sco volante pienamente funzio-nale. Un’ipotesi alternativa in-dica il possibile sviluppo di tale propulsione dagli esperimenti sull’anti-gravità di Viktor Schau-berger.1938: Primo volo senza equi-paggio con la nuova propulsio-ne. Il progetto era destinato al-

la costruzione di caccia e tra-sportatori di truppe a propul-sione antigravitazionale. Il pro-getto viene chiamato “Hanebu” o “Vril”. Nei primi anni il pro-getto subisce molte battute d’arresto a causa dei massicci disturbi elettromagnetici e la loro interazione con i compo-nenti elettrici convenzionali. Sebbene questo tipo di propul-sione possa essere utilizzato in modo primario, sembra quasi impossibile guidare questi pro-totipi in angoli minori di 90°, rendendoli inadatti come cac-cia. Inoltre i normali sistemi di navigazione, relativi ai campi magnetici, erano completa-mente inutili e fu progettata una strumentazione di naviga-zione speciale, indipendente dai campi magnetici, i sistemi di guida celeste “"Meisterkompass" e

"Peiltochterkompass".1940: Ulteriori spedizioni se-grete tedesche dopo la Neu-schwabenland del 1938. Come punti di sbarco potrebbero es-sere state usate due delle tre baie già documentate dalla spe-dizione di Ritscher.1942/1943: Inizio della costru-zione della Base Antartica 211. Contemporaneamente viene costruita una seconda base se-greta su un altopiano andino del Sud America, forse in Ar-gentina.1942/1945: Materiale necessa-rio per la costruzione delle basi segrete viene continuamente trasportato per mezzo di sotto-marini. I comandanti dei sotto-marini tedeschi hanno grande esperienza di acque artiche a causa della necessità di trasferi-re materiale e persone alle basi artiche tedesche e alle stazioni

Page 42: Tracce d'eternita' 21.pdf

42

di ricerca civile. Almeno venti operazioni artiche documenta-te di sottomarini hanno avuto luogo fino al 1945. Estate del 1944: La serie “Hanebu” lascia lo stadio di prototipo e sono costruiti da 19 a 25 navi in due o forse tre dimensioni. Hanebu I è una piccola nave, Hanebu II è un modello più grande. Alcuni rap-porti accennano anche a un Hanebu III, progettato per es-sere una nave madre. Ciò no-nostante le capacità di traspor-to sono ancora molto limitate, a causa del piccolo diametro dei dischi. Inoltre la produzione dei questi velivoli diviene sem-pre più difficile perché gli Allea-ti riescono a ridurre sempre più i materiali di costruzione necessari. Inverno 1944/45: L’enorme pressione esercitata dagli Alle-ati forza i tedeschi ad abbando-nare i grandi progetti di strut-ture sotterranee nella Germa-nia Orientale. Gli stessi Alleati sembrano ben informati sull’esistenza di queste struttu-re e sono del tutto intenzionati ad espugnarle. I tedeschi fug-gono da queste strutture e vie-ne lasciato molto materiale ri-guardante il progetto Hanebu. Il tentativo di ricostituire le zo-ne di costruzione nella Germa-nia centrale fallisce. La guerra sta per terminare. Aprile 1945: un ultimo convo-glio di sottomarini lascia i porti tedeschi diretti in Sud America e in Antartico. Nell’ultimo con-

voglio vi sono anche i sottoma-rini U530 e U977.Maggio 1945: Capitolazione della Germania.17 Agosto 1945: Alcuni equi-paggi di sottomarini raggiungo-no l’Argentina, consegnando i loro sottomarini completamen-te vuoti. Tra questi vi sono i ca-si documentati dei sottomarini U530 e U977. Alti Ufficiali della Marina degli Stati Uniti si reca-no immediatamente in Argenti-na per sottoporre gli equipaggi tedeschi a severi interrogatori. Sebbene essi rifiutarono ripe-tutamente di rivelare il carico trasportato e il luogo di desti-nazione del loro ultimo viaggio, è possibile che da questi inter-rogatori siano emersi impor-tanti informazioni riguardo la locazione della base segreta. Gennaio 1947: La Marina degli Stati Uniti cerca di distruggere la base tedesca che non si ar-rende al termine della guerra. L’operazione è un disastro. La base rimane funzionante. Più di un anno dopo la resa del sommergibile U977, gli Stati Uniti lanciano la più grande o-perazione militare in Antarti-co sotto il comando dell’Ammiraglio Richard E.Byrd. L’operazione denominata “Highjump” include 13 navi, una portaerei, 2 idrovolanti e 4000 uomini. Lo scopo ufficiale è quello di testare nuovo mate-riale nelle condizioni estreme dell’Antartico. Ufficialmente l’operazione ha un grande suc-cesso, ma c’è da chiedersi qua-

le fosse la necessità di muove-re una forza militare del genere per dei semplici test su mate-riali e perché Byrd fece ritorno negli Stati Uniti solo un mese dopo, quando la spedizione era programmata per un periodo di 6-8 mesi.Febbraio 1947: Al suo ritorno negli Stati Uniti, Byrd in un’intervista (spesso citata ma mai convalidata) affermò che fu “necessario per gli Stati Uniti intraprendere azioni difensive contro caccia aerei nemici che giunsero dalle regioni polari” e che in caso di un nuova guerra, gli Stati Uniti sarebbero stati attaccati da “caccia in grado di volare da un polo all’altro con incredibile velocità”. Byrd do-vette affrontare un segreto contro-interrogatorio da parte delle autorità americane. Gli Stati Uniti si ritirano dall’Antartico per quasi una de-cade. Dal 1953 in poi: Avvistamenti di UFO in tutto il mondo. Dagli anni ’70 diviene sempre più ov-vio che molti di questi oggetti avvistati sono, in diversi detta-gli tecnici, identici alla serie Ha-nebu. 1957: Inizia l’Anno Internazio-nale Antartico con l’avvio di grandi programmi di ricerca ci-vile. Il risultato è il Trattato An-tartico nel quale tutti i parteci-panti si accordano nell’evitare qualsiasi operazione militare in questa regione per i tempi fu-turi. Il trattato finisce all’incirca nell’anno 2000.

Page 43: Tracce d'eternita' 21.pdf

43

(Estratto da “La Storia che verrà” Dall’uomo di Neandertal alle prime civiltà. Gli indizi per riscrivere il no-stro passato, maggio 2013, Edizioni Cerchio della Luna, prezzo € 14,80; pag 270).

All’inizio del secolo scorso in Francia nella località di Glozel vicino Vichy, si rinvenne una mole impressionante di reper-ti: ossa incise e scolpite con fi-gure di cervi e cavalli, terrecot-te e asce di pietra levigata. La scoperta, fatta casualmente da Emile Frendin, risale al marzo 1924. In questa località poi chiamata campo dei morti fu-rono trovati anche numerosi segni grafici incisi su tavolette di terracotta: una sorta di alfa-beto, insomma. Il primo inter-vento fu eseguito da un arche-ologo dilettante, il medico An-

tonin Morlet: tremila i reperti portati alla luce, ancora oggi conservati al Museo di Glozel. Morlet ipotizzò che quella cul-tura fosse nata alla fine dell’ultima era glaciale, all’incirca nell’8000 a.C.; a par-te le asserzioni del medico che provocarono in seguito le rea-zioni scomposte della comuni-tà accademica, inizialmente molti confermarono l’autenticità dei reperti di Glo-zel: il direttore del Musée de Saint-Germain-en-Laye, Salo-mon Reinach, che giurò sulla vetustà delle ceramiche e delle iscrizioni; il noto archeologo Henri Edouard Prosper Breuil (conosciuto semplicemente co-me Abbé Breuil), indiscusso specialista di arte rupestre preistorica che scavò a Glozel

nel 1926 e scrisse almeno un paio d’articoli in cui sosteneva che l’autenticità dei reperti era incontestabile (salvo poi cam-biare idea per divergenze di vedute con Morlet sull’identificazione di un ani-male effigiato su una tavolet-ta); l’epigrafista Auguste Au-dollent della Faculté des Let-tres de Clermont-Ferrand, il ge-ologo paleontologo Charles Je-an Julien Depéret, il direttore del Musée Préhistorique de l’Université d’Oslo Anathon Bjorn e il direttore del Musée national de Préhistoire di Eyzies-de-Tayac Denis Peyrony. Nonostante le evidenze iniziali, quasi tutti cambiarono opinio-ne e le scoperte di Glozel ven-nero considerate per decenni una frode, con Breuil in prima

L’ENIGMA DI L’ENIGMA DI

GLOZELGLOZELSIMONE BARCELLISIMONE BARCELLI

Page 44: Tracce d'eternita' 21.pdf

44

fila e il compagno di studi Do-rothy Garrod a spalleggiarlo nel corso di importanti con-gressi internazionali. Anche l’antropologo Joseph Louis Ca-pitan, già allievo di Breuil e presidente della Société d’Anthropologie e della Société des Américanistes, fece la sua parte in questa triste vicenda per l’astio che sicuramente nu-triva nei confronti di Morlet, al quale aveva chiesto di prepara-re una relazione sulla scoperta: Morlet rifiutò perché Capitan intendeva pubblicare il docu-mento a suo nome. Finalmente nel 1972 alcuni reperti (ceramiche e vasi) furono sot-toposti all’esame con il nuovo metodo della termolumine-scenza in tre laboratori diversi: le datazioni determinarono l’età dei reperti al 700 a.C. e seppur notevolmente differen-ti rispetto a quelle rilasciate da Morlet, questi risultati attesta-rono finalmente la bontà di quanto rinvenuto a Glozel. La relazione fu pubblicata due an-ni dopo sulla rivista Antiquity, ma anche di fronte all’evidenza storici e archeologi evitarono di pubblicizzare il sito perché unico nel suo genere, privo di resti celtici, galli o romani e quindi controproducente per la ricostruzione storica fino ad allora – e anche oggi – accetta-ta per quella zona della Fran-cia. Le analisi sulle ossa col me-todo del carbonio 14, che for-nirono datazioni contrastanti (13.000-15.000 a.C.), non furo-no accettate dalla comunità scientifica e si tornò a senten-

ziare che quei resti erano stati introdotti nel sito in epoca po-steriore (forse nel Medioevo), soprattutto dopo un breve pe-riodo di scavo effettuato nel 1983; pur tuttavia un rapporto completo non venne mai pub-blicato. È anche vero che se le prime commissioni d’inchiesta potevano avere interesse a in-sabbiare risultati destabilizzan-ti per il mondo accademico, le successive determinarono sulla scorta delle datazioni con la termoluminescenza prima ac-cennate (un analogo risultato si ottenne anche nel 2002), che almeno le ceramiche e i vasi rinvenuti a Glozel erano autentici. Ulteriori analisi furo-no effettuate dall’Università dell’Arizona nel 1996 per inizia-tiva del geologo marino Robert Sam Gerard: un paio d’ossa in-cise furono datate col metodo del C-14 al XIII secolo d.C. Negli anni a seguire furono scoperti palesi tentativi di contraffazio-ne tanto da screditare ulterior-mente quant’era inizialmente

emerso. Oggi nessun archeolo-go, per timore di compromet-tere la propria reputazione, è disposto a misurarsi con l’enigma della località francese. L’unica spiegazione che pare accontentare tutti è che a Glo-zel ci doveva essere una produ-zione importante di tavolette che venivano cotte e quindi in-cise: questo spiegherebbe il rinvenimento di così singolari reperti ma non tutto il resto, a partire delle enigmatiche inci-sioni.Per lo scrittore esoterico Louis Charpentier i segni di Glozel sarebbero da attribuire a “…un popolo che diffonde il dolmen in tutto il mondo e che, di nor-ma, fornisce ai suoi apprendi-sti, nei popoli presso i quali si trova, delle formule tradotte in segni. E quei segni continue-ranno a essere il linguaggiotecnico di coloro che hanno im-parato a costruire secondo cer-te regole, segni che saranno in grado di attraversare le distan-ze e i millenni…” (I giganti e il

Page 45: Tracce d'eternita' 21.pdf

45

mistero delle origini, 2007).In uno studio pubblicato nel 1982 il paleografo Hans-Rudolph Hitz suggeriva un’origine celtica o un dialetto gallico per le iscrizioni di Glo-zel; avrebbe anche tradotto al-cune tavolette di Glozel ripor-tanti annotazioni di eventi a-stronomici, rilevando attorno al sito elementi riconducibili all’archeoastronomia. Prima di Hitz avevano espresso opinioni anche altri ricercatori: l’archeologo Flinders Petrie no-tò somiglianze con l’iberico, Antonin Morlet con l’alfabeto fenicio, Klara Friedrich e Mary Jamil con la proto-scrittura dell’est europeo della cultura Vinca, sviluppatasi lungo il Da-nubio tra il VI e il III millennio a.C. L’enigmatica civiltà del Da-nubio, la prima che abbia svi-luppato un sistema di ideo-grammi ancora da decifrare, è stata individuata sulla collina di Vinca, a qualche chilometro da Belgrado. Produceva vasella-

me, commerciava manufatti, coltivava i campi e allevava be-stiame. Tanti gli indizi che per-mettono agli studiosi di indica-re la provenienza di questa gente dall’Asia. Dal III millennio a.C. i Vinca si diffondono nelle zone limitrofe, portando con sé il culto della Dea Madre, ma da lì a poco questo credo verrà soppiantato da divinità maschi-li, forse anche per l’arrivo in Europa, mille anni dopo, dei nomadi Glockenbechermen-schen, che qualcuno sostiene venissero dalla penisola iberi-ca. Una successiva ondata mi-gratoria dall’Oriente pose fine all’originaria civiltà del Danu-bio, segnando l’ingresso nell’età del bronzo (1.800 a.C.).L’ipotesi avanzata da Klara Frie-drich e Mary Jamil che le iscri-zioni di Glozel abbiano similitu-dini con quelle della cultura Vinca, apre scenari affascinanti perché il Danubio termina la sua corsa nel Mar Nero e l’Anatolia, con i siti neolitici di

cui abbiamo già scritto, non è poi così lontana. Infatti una re-cente ricerca del paleogeneti-sta di Magonza Joachim Burger, basata sull’analisi del DNA mi-tocondriale sequenziato dagli scheletri di individui preistorici, ha dimostrato che l’agricoltura arrivò nell’Europa centrale cir-ca 7.500 anni fa in seguito alla migrazione di gente dalla regio-ne dei Carpazi. Da lì iniziò la ri-voluzione neolitica. Burger la spiega così: “…si va sempre più affermando l’idea che una cel-lula germinativa del processo neolitico si trovasse in Sud Est Europa. Da questi territori si è propagata la cultura neolitica. Possibilmente questo è però solo un anello della catena che porta ancora più lontano, in A-natolia e nel Vicino Oriente do-ve il Neolitico e la stanzialità hanno avuto origine”. Alle stes-se conclusioni era arrivato A-driano Romualdi già negli anni Settanta del secolo scorso con “Gli Indoeuropei. Origini e mi-grazioni”.

Page 46: Tracce d'eternita' 21.pdf

46

Associare l’Egitto all’Arte Alche-mica è quasi imprescindibile, così abbiamo cercato di com-prendere se, e soprattutto, quale poteva essere il vero le-game tra le terre del Nilo e l’Antica Scienza per antonoma-sia. Il nome, innanzitutto, dell’antico Egitto, ci suggerisce la parola alchimia: El-Khemè, ovvero “il sale della terra nera”. Nel nero è l’inizio di ogni cosa (fase della nigredo o putrefa-zione) e il sale è uno dei tre principali ingredienti indispen-sabili alla trasformazione del “piombo in oro”, della materia grezza in materia sottile. In uno dei più famosi e, forse, antichi testi riguardanti la ma-

teria alchemica, il “Rosarium Philosophorum”, abbiamo tro-vato degli spunti di compara-zione davvero molto interes-santi, che danno adito a poche, pochissime interpretazioni…

“Considerate queste cose, troviamo, per mezzo della no-

stra investigazione, sette proprietà necessarie e

convenienti nella nostra pietra: Untuosità, Finezza, Affinità del-

la Sostanza, Umore Radicale, Purezza, Chiarezza, Terra Fis-

sante e Tintura”.

Ricordando il connubio Zed-colonna vertebrale di Osiride, le sette proprietà non poteva-

no passare inosservate. L’associazione con i sette chakra principali della colonna vertebrale è stata immediata e quasi doverosa. Dalla filosofia orientale, sappiamo che il cor-po fisico è compenetrato da almeno altri sei corpi aurici, che non vediamo con gli occhi, ma che esistono ed interagisco-no, con noi e gli altri, in ogni istante e sono alimentati di e-nergia attraverso delle “ruote” (Chakras), dei vortici, posizionati in determinati pun-ti, lungo la colonna vertebrale. Con la curiosità di capire se ci fosse una correlazione tra le sette proprietà alchemiche e le ruote energetiche del corpo

GIZA GIZA EE II SEGRETISEGRETI DELLADELLA

SCIENZA ALCHEMICASCIENZA ALCHEMICAMONICA BENEDETTI E ARMANDO MEI

Page 47: Tracce d'eternita' 21.pdf

47

umano, siamo andati ad esami-narle una ad una ed ecco cosa abbiamo scoperto…

“Ma la prima proprietà delle differenze

è che l'untuosità determina in proiezione

uno scioglimento universale e l'apertura della medicina.

Per sicuro, l'immediata e con-veniente fusione della medicina

è principalmente necessaria dopo la proiezione della medi-

cina che è fatta e miscelata con na-

turale untuosità”

Sempre dalle filosofie orientali, ci giunge che, alla base della spina dorsale, avvolto su tre spire e mezzo, esiste un ser-pente chiamato Kundalini che -se adeguatamente stimolato attraverso varie tecniche fisi-che e mentali - si “risveglia” e comincia a salire lungo la co-lonna vertebrale fino alla som-mità del capo, dove, in corri-spondenza dell’ultimo chakra -quello della Corona - esce e rende l’intero corpo un tramite tra la terra e il cielo, tra le “basse” energie terrestri e le sottili celesti. Leggendo la pri-ma proprietà dell’alchimia, ab-biamo subito notato delle ana-logie, con il famoso serpente orientale: “l’untuosità determi-na in proiezione uno sciogli-mento universale e l’apertura della medicina”. Questa espres-sione ci ha riportato immedia-tamente l’immagine del ser-pente addormentato che si sveglia e “apre” la sua via verso

l’alto. L’untuosità, di cui si par-la, ci rammenta il suolo e, nella sua associazione al primo cha-kra, ci sovviene che realmente esso è convenzionalmente rico-nosciuto come legame con l’elemento terra… Il primo cha-kra, chiamato dall’oriente Mu-ladhara, è dello stesso colore del terriccio, rosso-marrone. Tradotto in occidente come chakra della radice, è la sede

della fisicità più salda, delle os-sa e di tutti i bassi istinti umani, quelli che ci legano alla terra. Nella Piramide, possiamo asso-ciare, tranquillamente, l’inizio di un processo, come nel corpo avviene per la Kundalini - che risveglia una certa quantità di energia fino ad allora assopita -nella Camera Sotterranea, la parte che, per la sua posizione, può essere correlata

Page 48: Tracce d'eternita' 21.pdf

48

all’elemento terra. E se voglia-mo, anche i colori della pietra con cui sono costruite le miste-riose protuberanze, quell’ocra rossastro, rimandano al colore attribuito al chakra della radi-ce… La prima proprietà ci aveva stimolato ancora di più, se pos-sibile, la curiosità di andare a verificare cosa sarebbe accadu-to, se anche tutte le altre fosse-ro una spiegazione tecnica, ma-scherata da filosofia, del proce-dimento che avrebbe portato

Osiride a riunirsi con l’anima di Ra, all’interno della camera su-periore: quella cosiddetta del Re. La seconda proprietà recita:

“La seconda è la finezza della materia o la sottigliezza spirituale, per cui, fine e fluente nella fu-sione, penetra come acqua nel fondo di un oggetto graffiato, poiché secondariamente dopo

la fusione della medicina, l'ingresso è immediatamente necessario”

E lo Swadisthana, il secondo delle sette ruote di energia, collegato nel corpo alle pulsio-ni sessuali e al desiderare in genere, è associato all’acqua, al suo fluire con lentezza, ma con determinazione, alla sua po-tenza inavvertibile, se non con il dovuto tempo. Nelle parole: “penetra come acqua nel fondo

Page 49: Tracce d'eternita' 21.pdf

49

di un oggetto graffiato”, pos-siamo riscontrare la funzione a cui è associato questo chakra, quindi, la penetrazione e l’oggetto graffiato, dalla cui eti-mologia, sappiamo “adatto alla presa”; è senz’altro la matrice opposta alla penetrazione, che ne consente l’atto… Trasponen-do tali considerazioni nella Pi-ramide, ci sovviene una parti-colarità del condotto discen-dente, ovvero che nelle pareti laterali ci sono dei graffi longi-tudinali, probabilmente, per meglio permettere l’afflusso del “serpente” di energia sotti-le che deve risalire, attraverso di esso, per guadagnarsi la vet-ta, la corona… il pyramidion!

“La terza è l'affinità o vicinanza tra l'Elisir e la cosa che deve es-

sere trasmutata, che mantiene una certa collosi-

tà o contiguità nell'incontro del suo simile,

poiché in terzo luogo dopo l'in-gresso della medicina,

la collosità o la contiguità è conveniente e necessaria.”

Manipura è il terzo dei sette vortici energetici. Associato all’elemento fuoco, è ideal-mente posto sull’ombelico, l’organo che ci rammenta il le-game invisibile tra madre e fi-glio, al quale rimaniamo dipen-denti, attraverso il cordone

ombelicale, per nove mesi, pri-ma di vedere la luce. L’affinità è una condizione obbligatoria tra “il creante” e la cosa creata, tra la Madre e il Figlio e il manteni-mento di una certa collosità, necessario alla sopravvivenza della “cosa che deve essere tra-smutata”. Incredibilmente, esi-ste qualcosa anche nella Gran-de Piramide, che ci fa pensare subito ad un luogo di contigui-tà necessaria al completamen-to dell’operazione: questo è il Condotto Ascendente che col-lega, come un cordone ombeli-cale, tutti gli ambienti utilizzati nella produzione di energia. L’associazione al fuoco, al colo-re giallo e al potere, ci hanno

Page 50: Tracce d'eternita' 21.pdf

50

regalato la malìa di essere, an-cora una volta, sulla strada giu-sta… Nel Condotto Ascendente avviene la prima trasmutazione energetica e, dall’oscura ener-gia, dall’incontro di un vuoto con un fotone, avviene il mira-colo del fuoco, della luce, del giallo e del potere che si svilup-perà a dismisura, per garantire al serpente, di uscire in tutta la sua gloriosa potenza, verso il cielo!Avevamo iniziato il parallelismo alchimia-funzione della Grande Piramide quasi per gioco, sicu-ramente “per caso”, quando,

abbiamo “riesumato” l’antico sapere dell’ermetico Rosarium Philosophorum…Ora si prospettava un’altra in-dagine, meno aulica e probabil-mente molto più complicata: quella della verifica scientifica, di ciò che ci sembrava aver sco-perto nell’Arte alchemica. Si imponeva di ricostruire, anche alla luce della filosofia, l’intero processo che avveniva all’interno e all’esterno del mo-numento maggiore di Giza -partendo dal luogo che noi so-spettiamo - sia l’incipit di una storia così antica, che non solo

nessuno ricorda o non vuole farci ricordare, ma della quale si sono perdute le tracce chissà in quale tempo remoto… Una storia che ha assunto i colori del mito, della leggenda, fino a divenire mera superstizione e, che può tornare a vivere, sol-tanto scavando nel passato più oscuro e ad Ovest delle Pirami-di… “La Porta del Cielo” svela uno dei segreti più straordinari del-la trasmutazione della Materia in Spirito…

Monica Benedetti - Nata a Mercatello sul Metauro (PU), ricercatrice indipendente, da sempre appas-sionata di Civiltà Antiche. Studiosa di mitologia Pre-Sumera, ha approfondito l'argomento specializ-zandosi sugli aspetti esoterico-teologici delle simbologie rappresentate nei monumenti rinvenuti nel-la Terra di Sumer. Ha sviluppato le tematiche filosofiche legate ai miti Nord Europei, alle Civiltà O-rientali nonché a quelle Nord Americane. E' coautrice del Libro "Oltre le Nebbie del Tempo" e "La Porta del Cielo". Con Armando Mei ha partecipato alla scoperta della correlazione tra le Piramidi di Visoko e l'Arco di Orione, ricerca commissionata dalla Bosnian Foundation nel 2012.

Armando Mei - Nato a Torino, giornalista e ricercatore indipendente. Appassionato di Egitto Predina-stico è autore della Teoria sulla datazione storica del Primo Tempo di Osiride, presentata all'Interna-tional Conference on Ancient Studies che si è tenuta presso la Zayed University di Dubai nel 2010 e alla quale hanno partecipato, tra gli altri, Graham Hancock, Robart Bauval, Jean Paul Bauval, Robert Schoch, Andrew Collins. Ha pubblicato diversi articoli sull'argomento su varie riviste specializzate na-zionali. E' autore del Libro "Giza: le Piramidi Satellite e il Codice Segreto". Le ultime scoperte sulla Pia-na di Giza sulla correlazione Sirio-Khentkaus sono state anticipate nell'ambito della Conferenza Inter-nazionale "L'Origine Cosmica della Razza Umana" tenutasi a Pescara nell'agosto del 2011. E' coautore del Libro "Oltre le Nebbie del Tempo" e "La Porta del Cielo". Con Monica Benedetti ha partecipato alla scoperta della correlazione tra le Piramidi di Visoko e l'Arco di Orione, ricerca commissionata dal-la Bosnian Foundation nel 2012.

Entrambi fondatori del Progetto Tau-T, un progetto di ricerca internazionale che si pone lo scopo di:1) Ridisegnare la Mappa di Giza alla luce dello studio e dell’analisi delle strutture esistenti sulla Piana e che possano soddisfare l’ipotesi dell’origine prediluviana del complesso monumentale, limitata-mente al cosiddetto Progetto Unitario;2) Studiare, analizzare e riprodurre la funzione originaria delle Piramidi. Riteniamo, infatti, che le sin-gole Piramidi avevano una funzione “tecnologica” intimamente collegata alla produzione di una de-terminata tipologia di Energia. Questo punto, lo stiamo sviluppando parallelamente alla mappatura di Giza seguendo un Protocollo Scientifico nell’applicazione delle metodologie di analisi.

Page 51: Tracce d'eternita' 21.pdf

51

Page 52: Tracce d'eternita' 21.pdf

52