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Illegittimità del licenziamento per scarso rendimento The unlawful dismissal caused by the low performance of the employee TLS Newsletter © 2015 TLS Associazione Professionale di Avvocati e Commercialisti. All rights reserved. “PwC” & TLS refers to TLS Associazione Professionale di Avvocati e Commercialisti or PwC Tax and Legal Services and may sometimes refer to the PwC network. Each member firm is a separate legal entity and does not act as agent of PwCIL or any other member firm. This content is for general information purposes only, and should not be used as a substitute for consultation with professional advisors. Please see www.pwc.com/structure for further details. Decreto legislativo n. 127/2015 – Fatturazione elettronica fra “privati” e trasmissione telematica dei corrispettivi Legislative Decree no. 127/2015 - E-invoicing in B2B transaction and submission via electronic means of the considerations Nuovo regime fiscale sulle rettifiche su crediti per banche ed enti finanziari – immediata deduzione New tax regime for receivables in the banking and financial sector. Mercoledì 16 settembre 2015 Anno 9 Per maggiori informazioni: [email protected] www.pwc-tls.it PwC Tax and Legal Services Cessione di ramo d’azienda: la responsabilità per i debiti commerciali è limitata al ramo trasferito Transfer of a business unit: the responsibility is limited to the business transferred WHAT ABOUT ITALY? Easy guide to your Italian Business IN EVIDENZA PwC Tax and Legal Services ha il piacere di presentare la terza edizione della propria pubblicazione “What about Italy?” che vuole essere una guida operativa idonea a comprendere e valutare, in modo semplice ed immediato, gli impatti di natura fiscale e legale che gli investitori nel territorio italiano devono gestire e gli strumenti che possono utilizzare, fornendo un ampio scenario dei principali istituti e strumenti normativi di natura societaria, contrattuale, fiscale e giuslavoristica. Pag.19 PwC Tax and Legal Services offers the third edition of the guide for foreign investors “What about Italy?”, PwC Tax and Legal Services (Italy) believes that the questions and answers chosen provide an adequate scenario of the tax and legal framework in Italy, thereby helping the foreign entities in their evaluation of how to approach the Italian market. Pag. 19 Decreto Legge n. 83/2015 - Misure Urgenti in materia civile e processuale civile Law Decree no. 83/2015 – Urgent measures in Italian civil law and Italian civil procedural law La Corte di Cassazione conferma l’impugnabilità del diniego di accesso alla Convenzione arbitrale europea Italian Supreme Court confirms a judicial remedy against the denial of access to the European Arbitration Convention Circolare n. 19867 emanata da Confindustria avente ad oggetto il reato di autoriciclaggio e la responsabilità ex Decreto 231/2001 The Circular no. 19867 issued by Confindustria in relation to the self-laundering crime and the Legislative Decree no. 231/2001 Misure urgenti e novità in materia di crisi d’impresa In pubblicazione sul numero 11/2015 di Amministrazione & Finanza

TLS Newsletter - Edizione No. 9, Anno 9 · Decreto legislativo n. 127/2015 – Fatturazione elettronica fra “privati” e trasmissione telematica dei corrispettivi Legislative Decree

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Illegittimità del licenziamento per scarso rendimento

The unlawful dismissal caused by the low performance of the employee

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© 2015 TLS Associazione Professionale di Avvocati e Commercialisti. All rights reserved. “PwC” & TLS refers to TLS Associazione Professionale di Avvocati e Commercialisti or PwC Tax and Legal Services and may sometimes refer to the PwC network. Each member firm is a separate legal entity and does not act as agent of PwCIL or any other member firm. This content is for general information purposes only, and should not be used as a substitute for consultation with professional advisors. Please see www.pwc.com/structure for further details.

Decreto legislativo n. 127/2015 – Fatturazione elettronica fra “privati” e trasmissione telematica dei corrispettivi

Legislative Decree no. 127/2015 - E-invoicing in B2B transaction and submission via electronic means of the considerations

Nuovo regime fiscale sulle rettifiche su crediti per banche ed enti finanziari – immediata deduzione

New tax regime for receivables in the banking and financial sector.

Mercoledì 16 settembre 2015 Anno 9Per maggiori informazioni: [email protected] www.pwc-tls.it

PwC Tax and Legal Services

Cessione di ramo d’azienda: la responsabilità per i debiti commerciali è limitata al ramo trasferito

Transfer of a business unit: the responsibility is limited to the business transferred

WHAT ABOUT ITALY?Easy guide to your Italian Business

IN EVIDENZA

PwC Tax and Legal Services ha il piacere di presentare la terza edizione della propria pubblicazione “What about Italy?” che vuole essere una guida operativa idonea a comprendere e valutare, in modo semplice ed immediato, gli impatti di natura fiscale e legale che gli investitori nel territorio italiano devono gestire e gli strumenti che possono utilizzare, fornendo un ampio scenario dei principali istituti e strumenti normativi di natura societaria, contrattuale, fiscale e giuslavoristica. Pag.19

PwC Tax and Legal Services offers the third edition of the guide for foreign investors “What about Italy?”, PwC Tax and Legal Services (Italy) believes that the questions and answers chosen provide an adequate scenario of the tax and legal framework in Italy, thereby helping the foreign entities in their evaluation of how to approach the Italian market. Pag. 19

Decreto Legge n. 83/2015 - Misure Urgenti in materia civile e processuale civile

Law Decree no. 83/2015 – Urgent measures in Italian civil law and Italian civil procedural law

La Corte di Cassazione conferma l’impugnabilità del diniego di accesso alla Convenzione arbitrale europea

Italian Supreme Court confirms a judicial remedy against the denial of access to the European Arbitration Convention

Circolare n. 19867 emanata da Confindustria avente ad oggetto il reato di autoriciclaggio e la responsabilità ex Decreto 231/2001

The Circular no. 19867 issued by Confindustria in relation to the self-laundering crime and the Legislative Decree no. 231/2001

Misure urgenti e novità in materia di crisi d’impresa

In pubblicazione sul numero 11/2015 di Amministrazione & Finanza

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Mensile di aggiornamento in materia legale e fiscalePubblicato e distribuito gratuitamenteRegistrazione presso il Tribunale di Milano n. 760 in data 11 dicembre 2006

Legal and Tax monthly newsletterPublished and distributed free of chargeRegistration before the Court of Milan n. 760 dated December 11, 2006

© Copyright 2015 - TLS Associazione Professionale di Avvocati e CommercialistiLa presente newsletter non costituisce parere professionale ed il relativo contenuto ha esclusivamente carattereinformativo.Gli articoli contenuti nella presente newsletter non possono essere riprodotti senza la preventiva espressa autorizzazione diTLS. La citazione o l’estrapolazione di parti del testo degli articoli è consentita a condizione chesiano indicati gli autori e i riferimenti di pubblicazione sulla TLS Newsletter.

© Copyright 2015 - TLS Associazione Professionale di Avvocati e CommercialistiThis newsletter is not intended as a professional advice and its content is for information purposes only.The articles contained in this newsletter cannot be reproduced without prior written approval of TLS. Mentions orquotations on parts of the text of are allowed, provided that authors and publication references on TLS Newsletter are indicated.

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Illegittimità del licenziamento per scarso rendimento(Gianluigi Baroni – Stefano Miniati)

The unlawful dismissal caused by the low performance of the employeePursuant to sentence no. 16472, dated August 5th, 2015, the Supreme Court of Cassation, Labour Section, stated that dismissing an employee because of low performance - if it is caused by the high number of absences from work due to illness - is unlawful. On this regard, according to the Case Law, if repeated sick leaves occurr, the employer can dismiss only at the end of the illness maximum period guaranteed by law and not before.

As such decision is opposite to another recent sentence - no. 18678, dated September 4 the, 2014 - it is likely that the Supreme Court, United Sections, will decide on this topic soon, in order to settle such conflict within case law.

Con sentenza n. 16472 del 5 agosto 2015, la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, ha affermato il principio dell’illegittimità del licenziamento del lavoratore per scarso rendimento qualora tale fattispecie sia determinata dall’elevato numero di assenze dal lavoro per malattia. A tal riguardo, è stato precisato che, in caso di reiterate assenze per malattia, il datore di lavoro non può licenziare il dipendente per giustificato motivo in base all’articolo 3 della Legge n. 604/1966, invocando lo scarso rendimento, ma può, invece, esercitare il recesso dal rapporto di lavoro soltanto nel momento in cui si sia esaurito il periodo di comporto fissato dalla contrattazione collettiva.

Il principio in commento si pone in netto contrasto con la decisione n. 18678 del 4 settembre 2014, Sezione Lavoro, precedentemente emessa dalla Suprema Corte, con la quale era stata confermata la legittimità di un licenziamento adottato a seguito di ripetute assenze dal lavoro, effettuate da un dipendente “a macchia di leopardo”, comunicate al datore di lavoro all’ultimo momento, nonchè usufruite in prossimità dei giorni di riposo. Nel complesso, dunque, la legittimità del licenziamento risultava essere confermata dalla presenza di elementi riconducibili allo scarso rendimento e che incidevano negativamente sulla produzione aziendale.

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Aderendo a tale prospettazione, pertanto, la Suprema Corte ha precisato che le reiterate assenze dal lavoro per malattia non possono rappresentare un motivo oggettivo di licenziamento, ma fondare il presupposto di licenziamento per il superamento del periodo di comporto previsto dalla contrattazione collettiva.In considerazione di tutto quanto sopra, tenuto conto, in particolare, del principio giuridico recentemente introdotto con il quale è stato ritenuto illegittimo il licenziamento del lavoratore per scarso rendimento quando è stato determinato dall’elevato numero di assenze per malattia, è verosimile che sull’argomento si pronuncerà a breve la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, al fine di dirimere l’ormai evidente contrasto giurisprudenziale.

Nel caso da ultimo esaminato, invece, relativo all’impugnazione di un licenziamento adottato per scarso rendimento a causa di ripetute assenze dal lavoro per malattia, totalizzate nell’arco di alcuni anni da parte di un dipendente di un’azienda di trasporti municipali, la Corte di Cassazione ha rilevato che, in virtù di una specifica disciplina regolamentare applicata ai dipendenti delle aziende esercenti il servizio di traporto pubblico, l’esonero definitivo dal servizio per scarso rendimento deve rincondursi al comportamento colpevole del lavoratore e prescindere dalle assenze dal lavoro per malattia. Tali situazioni, infatti, possono indurre l’azienda a recedere da un rapporto di lavoro soltanto in caso di inabilità al servizio del dipendente.

New tax regime for receivables in the banking and financial sector / Block to the conversion regime of new DTALaw Decree No.83 of 27th June 2015 significantly modifies the tax treatment applicable to receivables from customers write-downs for banks and other financial entities. Please see below a brief summary of the amendments provided by such Decree.

Amendments to receivables write-downs deductibility for IRES and IRAP purposes

Art. 16 of Law Decree No. 83/2015 introduced significant amendments to the Italian tax rule concerning the deduction of receivables from customers write-downs applicable to

Nuovo regime fiscale sulle rettifiche su crediti per banche ed enti finanziari – immediata deduzione / Blocco al regime fiscale della trasformazione delle nuove DTA(Alessandro Catona)

Con il Decreto Giustizia per la crescita (D.L. n. 83 del 27 giugno 2015) il Legislatore interviene nuovamente a modificare il regime di deducibilità, ai fini IRES ed IRAP, delle svalutazioni e delle perdite su crediti degli enti creditizi e finanziari di cui al D.Lgs. 87 del 27 gennaio 1992, e delle imprese assicurative.

In particolare, l’articolo 16 del D.L. 83/2015 (di seguito indicato anche come “il Decreto”), modificando l’art. 106, comma 3, TUIR, l’art. 6, comma 1 lett. c-bis) e l’art. 7, comma 1, lett. b-bis) del Decreto IRAP prevede la deducibilità integrale delle svalutazioni e delle perdite su crediti verso la clientela, iscritti in bilancio a tale titolo, nell’esercizio in cui sono rilevate in bilancio, parimenti a quanto recentemente introdotto per le perdite realizzate mediante cessione a titolo oneroso.

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banks and other financial entities, both for corporate income tax (IRES) and for Local Income Tax (IRAP) purposes.

Starting from fiscal year 2015 (for companies having a fiscal year coincident with the calendar year), the Decree provides also for the full deduction of receivables’ write-downs in the fiscal year in which they are booked in the P/L. In this respect, write-downs have to be assumed net of revaluations performed in the fiscal year. Nevertheless, it provides for a transitional regime for the first year of application (ie 2015), according which net write-downs deduction should be limited to the 75% of their overall amount booked in the P/L.

The Decree provides that (i) write-downs reversals not deducted at 31st December 2014 (please note that under the provisions formerly in force the deduction of receivables’ write-downs was allowed in the limit of 1/18 or 1/5 of the amount booked in the P/L, the exceedance being deductible pro-quota in the subsequent fiscal years), and (ii) the 25% of write-downs whose deduction is not allowed in FY2015, will be deductible in 10 years starting from the FY following the one current at 31th December 2015 (i.e. 2016 for companies having the FY coincident with the calendar year), with increasing percentage of deductibility (starting from 5% until 12%).

Please note that the new provisions does not affect the conversion into tax credit of the DTA booked on receivables write-downs not deducted at 31st December 2014; moreover, according to the explanatory memorandum to the Decree, also the DTA booked on the 25% of write-downs whose deduction is not allowed in FY2015 could be potentially converted into tax credit. The connection between the provisions concerning the conversion into tax credits of the DTA booked on receivables’ write-downs and the new mechanism of receivables write-downs deductions postponement is not clear at the moment, especially in respect to reversals recovery after conversion.

Amendments to conversion into tax credits of DTA booked on goodwill and other intangibles

Art. 17 of the Decree significantly amends the provisions regarding the conversion into tax credits of DTA booked on goodwill and other intangibles. Indeed, after the amendments provided by the Decree, the DTA booked for the first time in the FY in course at the date in which the Decree enters in force (ie 27th June 2015) will not be converted into tax credits.

Differently, the DTA booked on goodwill and other intangibles in the last financial statement approved before June 27th 2015, should be convertible (if the conditions required by the Law are met).

***

Waiting for the issuing of clarifications by the Tax Authority, we remain at disposal for any information or discussion.

Tale novità, prevedendo la deducibilità integrale delle svalutazioni e predite su crediti verso la clientela contabilizzate nell’esercizio, consente al sistema bancario italiano di allinearsi ai competitor degli altri paesi Europei, eliminando così lo svantaggio competitivo che penalizzava le banche domestiche e che era stato parzialmente limitato dal Legislatore con l’introduzione della disciplina della trasformazione delle DTA (i.e. deferred tax asset) in crediti di imposta.

Le modifiche alla deducibilità delle rettifiche sui crediti contenute nella Legge di Stabilità 2014 (in vigore nel biennio 2013/2014)

Le modifiche normative apportate dal Decreto si incardinano sulla disciplina delle svalutazioni e delle perdite su crediti recentemente ridisegnata, con riferimento agli enti creditizi e finanziari, dalla Legge di Stabilità per il 2014 (i.e. Legge 147/2013), cui occorre fare riferimento per valutare pienamente la portata delle disposizioni di cui al D.L. 83/2015.

In particolare, i commi 158-161 dell’art. 1 della Legge di Stabilità 2014, avevano sensibilmente modificato, a partire dall’esercizio in corso al 31 dicembre 2013 e con specifico riferimento agli enti creditizi e finanziari i) la deducibilità delle svalutazioni e delle perdite su crediti verso la clientela ai fini IRES e ii) la concorrenza delle rettifiche/riprese di valore sui crediti verso la clientela nella determinazione del valore della produzione ai fini IRAP (si veda nostra Newsletter n. 2/2014).

Pertanto, per effetto delle citate modifiche normative, ai fini IRES: • viene meno il meccanismo di deduzione precedente

con calcolo del plafond dello 0,30% vigente fino al 31 dicembre 2012 (le svalutazioni nette su crediti erano deducibili sino allo 0,30% dei crediti iscritti in bilancio e per l’eccedenza deducibili in quote costanti in 18 anni);

• il nuovo regime prevede che le svalutazioni e perdite (al netto delle rivalutazioni) su crediti verso la clientela iscritte in bilancio e non realizzate a titolo oneroso sono deducibili in 5 quote costanti, ovvero nel periodo di imposta in cui sono contabilizzate e nei quattro periodi di imposta successivi. Laddove le riprese di valore (da valutazione e da incasso) siano superiori alle svalutazioni e le perdite, l’eccedenza è integralmente tassata nel periodo di rilevazione in bilancio;

• le perdite su crediti verso la clientela realizzate a titolo oneroso sono integralmente deducibili nell’esercizio di rilevazione in bilancio;

• le perdite realizzate su crediti diversi da quelli verso la clientela sono deducibili secondo le ordinarie regole di deducibilità di cui all’art. 101, comma 5, TUIR, in presenza di elementi certi e precisi;

• le rettifiche di valore operate sino al 31 dicembre 2012 continuano ad essere deducibili secondo le previgenti regole di deducibilità (i.e. in diciottesimi oppure in noni);

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Con riferimento alla normativa IRAP, invece, per effetto della L. 147/2013:• le rettifiche e le riprese di valore relative ai crediti

verso la clientela iscritti in bilancio concorrono alla formazione del valore della produzione, in 5 quote costanti, nell’esercizio in cui sono contabilizzate in bilancio e nei 4 periodi di imposta successivi. Laddove le riprese di valore (da valutazione e da incasso) siano superiori alle svalutazioni ed alle perdite, l’eccedenza concorre alla formazione del valore della produzione in 5 esercizi;

• viene modificata la disciplina della conversione delle DTA in crediti di imposta. In particolare, i commi 167 - 171 della Legge di Stabilità 2014 introducono, in caso di perdita di esercizio o di valore della produzione netta negativo, la conversione in crediti di imposta delle DTA iscritte ai fini IRAP sulle rettifiche di valore nette per deterioramento dei crediti verso la clientela non ancora dedotte dalla base imponibile IRAP, sull’avviamento ed altre attività immateriali i cui componenti negativi sono deducibili in più periodi di imposta.

Con riferimento alle modifiche apportate dalla Legge di Stabilità 2014, l’Amministrazione Finanziaria è intervenuta, con la Circolare n. 14/E del 2014, a chiarire l’ambito oggettivo di applicazione della normativa in parola individuando le specifiche voci di bilancio rilevanti a tal fine.

In particolare, facendo riferimento agli schemi di bilancio stabiliti per le banche e gli altri enti finanziari da Banca d’Italia con la Circolare 262 del 22 dicembre 2005, l’Amministrazione Finanziaria sposa un approccio di derivazione piena, individuando quali crediti iscritti in bilancio “a tale titolo” rilevanti ai fini della normativa in parola, quelli iscritti alla voce 70 “Crediti verso la clientela” dello Stato Patrimoniale, le cui rettifiche di valore sono genericamente contabilizzate nella voce 130, sottovoce a) “Rettifiche/Riprese di valore nette per deterioramento di crediti” di conto economico, tenendo conto altresì di eventuali fondi rischi (i.e. fondo revocatorie) ed altri elementi rilevanti (i.e. derivati di copertura). Pertanto, sono deducibili in quinti le rettifiche di valore conseguenti ad un processo di tipo valutativo, quali svalutazioni e perdite da cancellazione, al netto di riprese di valore da valutazione e, come chiarito dalla Circolare 14/E del 2014, di riprese di valore da incasso.

Infine, con riferimento alle perdite derivanti dalla cessione a titolo oneroso di crediti verso la clientela, integralmente deducibili nell’esercizio di realizzo si deve invece fare riferimento alla voce 100, sottovoce a) “Utili/perdite da cessione o riacquisto di crediti” degli schemi di conto economico di cui alla Circolare di Banca d’Italia 262/2005.

Le modifiche del D.L. 83/2015 alla disciplina IRES (in vigore dall’esercizio 2015)

Ricordato brevemente il regime in vigore nel biennio 2013/2014, di seguito riassumiamo le linee essenziali della nuova normativa sui crediti. Come detto, l’art. 16, D.L. 83/2015 riscrive l’art. 106, c. 3, TUIR, che, a seguito delle modifiche del Decreto, dispone che “Per gli enti creditizi e finanziari di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 87, le svalutazioni e le perdite su crediti verso la clientela iscritti in bilancio a tale titolo e le perdite realizzate mediante cessione a titolo oneroso sono deducibili integralmente nell’esercizio in cui sono rilevate in bilancio. Ai fini del presente comma le svalutazioni e le perdite diverse da quelle realizzate mediante cessione a titolo oneroso si assumono al netto delle rivalutazioni dei crediti risultanti in bilancio”.

A seguito dell’introduzione della nuova normativa, per le banche e gli altri enti finanziari, le seguenti voci assumono piena ed integrale rilevanza nel momento di rilevazione a conto economico:• la perdita / utile su crediti da cessione a titolo

oneroso;• la perdita / utile generatasi in seguito allo stralcio del

credito dal bilancio;• le svalutazioni e le riprese di valore da valutazione o

da incasso.

In sostanza, i componenti positivi e negativi che sono generalmente iscritti nelle voci 100 a) e 130 a) del conto economico “bancario”, redatto in base agli schemi di cui alla citata circolare di Banca d’Italia (rettificati da specifiche componenti in base alle regole del TUIR), assumono immediata rilevanza ai fini IRES.

Le perdite su crediti diversi da quelli verso la clientela seguiranno sempre le previsioni di cui all’art. 101, c. 5, TUIR, per potersi procedere alla deduzione.

In considerazione della continuità con le modifiche apportate nel 2013, sono da ritenere applicabili alla nuova disciplina di cui al D.L. 83/2015 tutti i chiarimenti contenuti nella Circolare 2014, anche con riferimento alle voci di bilancio specificamente rilevanti.

Il regime transitorio

La norma introduce un regime transitorio per il primo esercizio di applicazione delle nuove disposizioni e per il riassorbimento delle quote di svalutazioni / perdite non dedotte negli esercizi precedenti, che, in virtù della previgente normativa, erano deducibili, nell’esercizio di rilevazione, nella misura di un diciottesimo, per la parte eccedente il limite deducibile, o di un quinto del loro ammontare.

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Tale regime transitorio, contenuto nel terzo comma dell’art. 16, D.L. 83/2015, prevede che “per il primo periodo di applicazione le svalutazioni e le perdite di cui al comma 1 diverse dalle perdite realizzate mediante cessione a titolo oneroso sono deducibili nei limiti del 75 del loro ammontare. L’eccedenza è deducibile secondo le modalità stabilite al comma 4”.

Pertanto, per il primo periodo di applicazione della normativa (vale a dire, il periodo di imposta 2015 per i contribuenti con periodo di imposta coincidente con l’anno solare), le svalutazioni e le perdite nette, diverse da quelle derivanti da cessione a titolo oneroso, sono deducibili limitatamente al 75% dell’ammontare iscritto in conto economico, mentre il restante 25% dovrà essere ripreso a tassazione, con conseguente rilevazione in bilancio di imposte differite attive.

In base al tenore letterale della norma, sembra ragionevole concludere che la voce 130 a) concorrerà alla formazione della base imponibile nel limite del 75% solo se negativa, mentre, qualora positiva sarà interamente tassata anche nel periodo di imposta 2015 Per quanto riguarda le imposte differite attive iscritte sul 25% di svalutazioni e perdite su crediti non ammesse in deduzione nel primo periodo di applicazione delle nuove norme, secondo una lettura rigida dell’art. 2, commi 55-58 del D.L. 225/2010, si potrebbe giungere alla conclusione che dette DTA non possano beneficiare dello speciale regime di trasformazione in crediti di imposta; infatti, la speciale disciplina della trasformazione, limita il proprio ambito oggettivo di applicazione alle DTA sorte in relazione alle rettifiche di valore su crediti non dedotte ai sensi dell’art. 106, comma 3, TUIR, mentre l’iscrizione delle DTA sul 25% avviene per effetto di quanto previsto dal terzo comma dell’art. 16, D.L. 83/2015, che quindi sembrerebbe escluso dal campo di applicazione della trasformazione. Tuttavia, pur nel silenzio della norma, è la Relazione Illustrativa al D.L. 83/2015 a precisare che le “la quota del 25 per cento delle svalutazioni e perdite su crediti la cui deducibilità è sospesa continua a generare DTA trasformabili in credito di imposta”. In effetti, considerato lo speciale regime di recupero che, come vedremo fra breve, accomuna e unifica il recupero delle precedenti quote su crediti non dedotte e il 25% del 2015, sarebbe stato irragionevole prevedere due regime diversi di recupero (uno con e l’altro senza possibilità di trasformazione). Ciò detto, è auspicabile che, in sede di conversione del Decreto, il Legislatore provveda a coordinare le disposizioni citate.

La norma prevede che il recupero della quota del 25% delle rettifiche su crediti non ammessa in deduzione dovrà cumularsi con il rientro delle svalutazioni e delle perdite su crediti maturate ante 2015, vale a dire quelle iscritte in bilancio fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2014 e non ammesse in deduzione ai sensi dell’art. 106, comma 3, TUIR, pro tempore vigente.

In base al quarto comma dell’art. 16 del Decreto, l’ammontare complessivo di tali componenti negativi perde la propria originaria cadenza di rientro essendo deducibile in modo non lineare e proporzionale secondo tale calendario di deduzione decennale:• 5% del loro ammontare nel periodo di imposta in

corso al 31 dicembre 2016;• 8% del loro ammontare nel periodo di imposta in

corso al 31 dicembre 2017;• 10% del loro ammontare nel periodo di imposta in

corso al 31 dicembre 2018;• 12% del loro ammontare nel periodo di imposta

in corso al 31 dicembre 2019 e fino al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2024 (i.e. 6 periodi di imposta);

• 5% del loro ammontare nel periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2025.

Infine, va osservato che il medesimo articolo, nell’identificare le svalutazioni e le perdite su crediti iscritte in bilancio fino al 31 dicembre 2014 da dedurre secondo il metodo non lineare decennale illustrato, fa riferimento esclusivamente a quelle quote non dedotte ai sensi dell’art. 106, comma 3, TUIR, pro tempore vigente. Ciò detto, appare evidente che la lettera della norma ricomprende in tale alveo i diciottesimi e i quinti di svalutazioni su crediti non dedotti, ma tale formulazione non ricomprende di fatto le svalutazioni non ancora dedotte ai sensi dell’art. 106, comma 3-bis, TUIR, abrogato a decorrere dal periodo di imposta 2013, che come noto, consentiva di dedurre le svalutazioni relative ai nuovi crediti in 9 quote costanti, trattandosi di norma volta ad incentivare l’erogazione del credito.

Stante l’attuale formulazione dell’art. 16 del Decreto, dunque, le quote non ancora dedotte ai sensi del comma 3-bis dell’art. 106 TUIR non concorrerebbero alla deduzione secondo il metodo non lineare decennale introdotto dal Decreto, e di fatto, resterebbero escluse da tale previsione, mantenendo il precedente piano di “ammortamento”. Questa conclusione non appare sistematica e coerente con la volontà della norma e appare probabilmente più legata ad una “svista” legislativa che ad una chiara decisione di differenziazione. Si auspica, dunque, che tale punto venga affrontato e modificato in sede di conversione del D.L. 83/2015.

Le modifiche del D.L. 83/2015 alla disciplina IRAP

Ai fini IRAP, va osservato che mentre gli utili e le perdite derivanti dalla cessione di crediti concorrevano alla determinazione del valore della produzione già prima delle modifiche di cui alla L. 147/2014 in quanto compresi nel margine di intermediazione, le rettifiche nette su crediti verso la clientela sono state incluse nella base imponibile solo a decorrere dal periodo di imposta 2013 (per i contribuenti c.d. “solari”).

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Come noto, per effetto delle previsioni di cui all’art. 1, comma 158, della Legge di Stabilità 2014, è stata introdotta la lettera c-bis al primo comma dell’art. 6, D. Lgs. 446/1997, in base a cui le rettifiche e le riprese di valore nette su crediti verso la clientela iscritti in bilancio a tale titolo, concorrono alla formazione del valore della produzione netta in quote costanti, nell’esercizio di rilevazione in bilancio e nei 4 esercizi successivi. Pertanto, se le rettifiche di valore erano superiori alle riprese di valore, l’eccedenza era deducibile in quote costanti in 5 periodi di imposta, mentre nel caso contrario in cui le riprese di valore fossero superiori delle rettifiche, tale eccedenza concorreva a tassazione in 5 quote costanti.

La determinazione del valore della produzione per le banche e gli altri entri finanziari viene nuovamente modificata dal D.L. 83/2015, in base a cui, ai fini IRAP, le svalutazioni e le perdite su crediti verso la clientela, al netto delle riprese di valore, concorrono integralmente alla base imponibile, nell’esercizio di rilevazione in bilancio, a partire dall’esercizio in corso al 31 dicembre 2015, analogamente a quanto previsto ai fini IRES.

Infatti, il sesto comma dell’art. 16 del Decreto precisa che “Al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, sono apportate le seguenti modifiche: a) all’articolo 6, comma 1, la lettera c-bis) è sostituita dalla seguente: «c-bis) rettifiche e riprese di valore nette per deterioramento dei crediti, limitatamente a quelle riconducibili ai crediti verso la clientela iscritti in bilancio a tale titolo».

Come già illustrato con riferimento alle modifiche apportate dal Decreto alla disciplina dell’IRES, anche con riferimento alle modifiche apportate ai fini IRAP si rendono applicabili i chiarimenti forniti dall’Amministrazione Finanziaria con la Circolare n. 14/E del 2014. In particolare, per quanto concerne l’ambito oggettivo di applicazione, la Circolare precisa che occorre fare riferimento alle rettifiche e riprese di valore nette contabilizzate nella voce 130.a) “Rettifiche/riprese di valore nette per deterioramento” di crediti del conto economico redatto secondo gli schemi del bilancio bancario ai sensi di quanto previsto nella Circolare 262/2005 di Banca d’Italia. Anche con riferimento all’IRAP, viene precisato che assumono rilevanza ai fini di tale disciplina le sole rettifiche e riprese di valore nette relative ai crediti verso la clientela, ovvero i crediti contabilizzati nella voce 70 di Stato Patrimoniale dei citati schemi.

Regime transitorio

Anche con riferimento all’IRAP, il Decreto introduce un regime transitorio per il primo esercizio di applicazione delle nuove disposizioni e per il riassorbimento dei quinti di cui si è rimandata la deduzione/tassazione, a cui si aggiunge quello previsto interpretativamente dall’amministrazione finanziaria con la circolare 14/E/2014.

In sintesi, le previsioni transitorie da tenere in considerazione ai fini IRAP riguardano:• il primo esercizio di applicazione delle nuove

disposizioni (i.e. periodo di imposta 2015 per i contribuenti con periodo di imposta coincidente con l’anno solare);

• il riassorbimento delle quote di svalutazioni / perdite non dedotte negli esercizi precedenti, che, in virtù delle disposizioni di cui alla L. 147/2013, non sono ancora state dedotte al 31 dicembre 2014;

• il regime delle svalutazioni su crediti effettuate nel periodo 2008 – 2012 (per i soggetti con periodo di imposta “solare”).

Con riferimento ai primo punto, in linea con quanto previsto per l’IRES, la deducibilità delle rettifiche su crediti è limitata, per il solo periodo di imposta 2015, al 75% dell’ammontare delle stesse. Il restante 25% viene dedotto, secondo le medesime percentuali previste ai fini IRES, unitamente alle svalutazioni relative al 2013 ed al 2014 la cui deducibilità è stata rinviata in base alla normativa pro tempore applicabile.

Il tenore letterale della norma, che parla solo di “deducibilità limitata”, suggerisce implicitamente che, qualora nel periodo di imposta 2015, la voce 130 a) del conto economico bancario sia positiva, essa concorrerà integralmente a tassazione nel periodo di rilevazione in bilancio (quindi differenziandosi a quanto previsto per il meccanismo dei quinti del biennio 2013/2014 che scattava anche in caso di voce 130 a) positiva.

Con riferimento al punto sub ii), invece, il Decreto prevede anche ai fini IRAP un meccanismo non lineare per il riassorbimento delle rettifiche su crediti non ancora dedotte al 31 dicembre 2014 in applicazione delle disposizioni di cui alla previgente lett. c-bis) del primo comma dell’art. 6 del D.Lgs. 446/1997 a cui deve cumularsi il recupero della quota del 25% delle rettifiche su crediti non ammessa in deduzione dal Decreto.

Dette rettifiche andranno dedotte secondo il medesimo calendario previsto con riferimento all’IRES, dal 2016 al 2025. Ciò detto, emergono delle perplessità in relazione al coordinamento tra la previgente normativa, che prevedeva la tassazione delle riprese di valore (se superiori alle rettifiche) in quote costanti in 5 esercizi, e quella appena entrata in vigore, che prevede il riassorbimento delle rettifiche su crediti non dedotte nei periodi di imposta 2013 e 2014 secondo la previgente disciplina. La norma in parola sembra riferirsi unicamente ai componenti negativi e quindi sembra ragionevole concludere che i quinti positivi non debbano essere interessati alla rimodulazione del piano di riassorbimento, dovendo continuare secondo quanto previsto originariamente.

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Alla luce di quanto sopra esposto si ritiene, dunque, possibile sostenere che: • se nei periodi di imposta 2013, 2014 e 2015 la voce

130 a) è negativa, i quinti relativi al 2013 e al 2014 nonché il 25% delle rettifiche devono essere dedotti secondo il metodo di recupero non lineare, nel periodo 2016-2025;

• se nei periodi di imposta 2013, 2014 e 2015 la voce 130 a) è positiva, i quinti relativi al 2013 e al 2014 dovrebbero concorrere al valore della produzione nei periodi di imposta successivi, in base all’originario piano di ammortamento quinquennale, mentre nel 2015, si dovrebbe tassare integralmente tale voce;

• se invece si presenta un mix di tali situazioni per cui, ad esempio, nel 2013 la voce 130 a) è positiva, mentre la stessa è negativa nel 2014, ovvero viceversa, risulta incerto il comportamento che deve essere tenuto da parte del contribuente, poiché si renderebbero percorribili due differenti scenari. In particolare, a tal riguardo potrebbe prevedersi, in un caso, di sommare le diverse componenti, assoggettandole a tassazione o deducendole, a seconda del risultato netto, oppure, al contrario, di continuare a trattare separatamente tali componenti, assoggettando a tassazione per quinti i componenti positivi di cui si è rimandata la tassazione e deducendo nel periodo 2016-2025 gli eventuali quinti negativi.

Ad avviso di chi scrive, risulterebbe preferibile la seconda ipotesi che, prevedendo un trattamento separato, pare maggiormente in linea con la ratio sia della previgente che della attuale disciplina. Si attendono sul punto, chiarimenti da parte dell’Amministrazione Finanziaria.

Infine, con riferimento al punto sub iii), nel silenzio del Decreto, dovrebbe rimanere valido il trattamento da riservare alle svalutazioni su crediti effettuate nel periodo 2008 – 2012 (per i soggetti con periodo di imposta “solare”) come delineato dall’Amministrazione Finanziaria nella circolare 14/E/2014.

Infatti, precedentemente alle modifiche apportate alla determinazione del valore della produzione netta, a decorrere dal 2013, dalla Legge di Stabilità 2014, le componenti valutative imputate a conto economico in voci che non rientravano nel “margine di intermediazione”, effettuate tra il 2008 e il 2012 non concorrevano a determinare la base imponibile IRAP nell’esercizio di rilevazione, bensì al momento della cessione dei relativi crediti.

A tal riguardo, si rammenta che la disciplina da applicare a tali componenti valutative è stata chiarita nella Circolare 12/E del 2008, e nelle Circolari 27/E e 36/E del 2009, in cui l’Amministrazione Finanziaria ha ritenuto che, se il credito verso clientela assume rilevanza Irap, nel caso di cessione, il valore del credito da considerare al fine della determinazione dell’utile/perdita è quello di carico in

sede di erogazione/acquisizione (vedi Circolare 27/E del 2009), ponendo tuttavia un limite in relazione al passato, prevedendo la cristallizzazione del valore dei crediti al 1 gennaio 2008, data da cui decorrono le disposizioni relative alla “nuova” base imponibile Irap (per i soggetti solari).

Si consideri il seguente esempio contenuto nella circolare 27/E del 2009, in cui si ipotizza che un credito originariamente iscritto in bilancio a 100, subisca una riduzione di valore per 20 (sino al 2012), con conseguente imputazione in conto economico di una svalutazione irrilevante ai fini IRAP (iscritta in voce 130 b) del conto economico bancario). Nel caso in cui tale credito venga successivamente ceduto per 50, a fronte di una perdita civilistica pari a 30 (differenza tra 80 e 50), si avrà una perdita fiscale ai fini IRAP di valore pari a 50 (differenza tra 100 e 50), recuperandosi così la differenza precedentemente non dedotta.

A tal riguardo, nel silenzio delle disposizioni di Legge, l’Amministrazione Finanziaria è intervenuta, con la Circolare 14/E del 2014, a fornire chiarimenti in relazione al regime transitorio da applicarsi alle rettifiche e riprese di valore su crediti iscritti in bilancio. Tale documento prevede che, con riferimento ai crediti iscritti in bilancio anteriormente al periodo di imposta 2013, le componenti valutative imputate a conto economico dal periodo di imposta 2008, che non hanno rilevato ai fini IRAP al momento della loro imputazione, concorrono a determinare la base imponibile al momento della cessione dei relativi crediti, considerato che il valore fiscale di questi ultimi non è stato influenzato dalle eventuali svalutazioni o rivalutazioni civilistiche operate. Le rettifiche o riprese di valore effettuate su detti crediti a partire dall’esercizio 2013, invece, assumeranno piena rilevanza anche ai fini IRAP, modificando il valore fiscale del credito: pertanto, partendo dall’esempio precedente (che ipotizziamo non ceduto), se nel corso del 2013 si procede a ristabilire contabilmente il credito al valore originale di erogazione (ripresa di valore di 20, che porta il credito da 80 a 100), detta ripresa concorrerà a tassazione IRAP (in quinti e se effettuata dal 2015 in poi, immediatamente) e la svalutazione precedentemente non dedotta pari a 20, si renderà deducibile solo in occasione di eventuale cessione. Ne consegue che se il credito fosse tornato in bonis (in linea con una ripresa di valore come ipotizzata) e successivamente incassato, la banca subirebbe una doppia tassazione.

La posizione dell’amministrazione finanziaria è stata criticata in dottrina, ma non risulta modificata in quanto l’art. 16 del D.L. 83/2015 non contiene disposizioni innovative sul punto (un ripensamento dell’amministrazione sul punto sarebbe sicuramente molto apprezzato dagli operatori che si potrebbero vedere irragionevolmente danneggiati dalla norma).

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Effetti della nuova regola sulla normativa della trasformazione delle DTA in crediti di imposta

La nuova disciplina, introducendo a regime l’immediata ed integrale deduzione delle svalutazioni e delle perdite su crediti, implica una progressiva scomparsa dello stock di DTA su crediti, sia ai fini IRES che IRAP.

Questa innovazione legislativa non solo elimina un problema competitivo che le banche italiane hanno storicamente sofferto nei confronti dei competitor europei, ma risolve anche all’origine le possibili contestazioni che sono state sollevate dalla stampa specializzata in relazione alla procedura informale aperta dalla Commissione Europea in merito alla disciplina della trasformazione delle DTA in credito di imposta e alla possibile contestazione di aiuto di Stato al settore bancario (le cui motivazioni risultano, peraltro, di difficile comprensione, posto che la norma è nata proprio per risolvere il differimento della deduzione delle rettifiche su crediti).

Dunque, al fine di evitare l’eventuale apertura di una procedura di infrazione da parte dell’Unione Europea, il Legislatore ha deciso di eliminare all’origine il problema: infatti, da un lato, la deducibilità immediata delle svalutazioni e delle perdite su crediti non genererà, a regime, DTA su tali componenti negativi da far concorrere alla trasformazione in crediti di imposta (art. 16 del Decreto) e dall’altro, il blocco della trasformazione delle DTA relative all’avviamento e ad altre attività immateriali iscritte per la prima volta a partire dai bilanci relativi al 2015, di fatto eliminano pro-futuro la disciplina della trasformazione delle imposte differite attive in crediti di imposta (art. 17 del Decreto).

Il D.L. 83/2015 lascia inalterata la trasformazione delle imposte differite attive iscritte su svalutazioni e perdite al 31 dicembre 2014, al verificarsi delle condizioni previste dal D.L. 225/2010. Inoltre, come in precedenza descritto, la stessa Relazione Illustrativa chiarisce che sono trasformabili in crediti di imposta anche le DTA stanziate sul 25% delle svalutazioni e delle perdite su crediti verso la clientela e non ammesse in deduzione nel periodo di imposta 2015.

Ciò detto, occorre riflettere sul comportamento da tenere qualora le DTA iscritte in bilancio al 31 dicembre 2014 siano state anche solo parzialmente trasformate in crediti di imposta alla data di approvazione del bilancio o nei precedenti esercizi, con conseguente utilizzo in compensazione dello stesso, parzialmente o interamente, al 27 giugno 2015, data di entrata in vigore del D.L. 83/2015. Sul punto, infatti, considerato che l’art. 16 del Decreto prevede che le rettifiche e le riprese di valore

nette iscritte in bilancio fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2014 e non ancora dedotte, siano deducibili nel periodo 2016 - 2025, ci si chiede quale sia l’ammontare di tali variazioni da considerare qualora una parte di tali DTA sia stata trasformata e il relativo credito utilizzato in compensazione. Nel silenzio della norma, occorre riflettere sulle possibili modalità attraverso cui imputare ai reversal dei diciottesimi e dei quinti esistenti al 31 dicembre 2014 da dedurre secondo le modalità riscadenziate dal D.L. 83/2015, i componenti negativi corrispondenti alle DTA trasformate che, per la norma, non sono più deducibili (derivanti non solo da crediti ma anche da avviamenti e altri intangibles). In particolare, partendo dai chiarimenti a suo tempo forniti dalla Circolare n. 37/E del 2012, secondo cui vanno annullate prioritariamente le variazioni in diminuzione a scadenza più prossima per un ammontare a cui corrisponde un’imposta pari alle DTA trasformate, ci si chiede come coordinare il nuovo meccanismo decennale di deduzione delle rettifiche su crediti non dedotte al 31 dicembre 2014, con l’annullamento di tali variazioni per effetto della trasformazione.

In particolare, a parere di chi scrive, potrebbero ipotizzarsi due differenti soluzioni:• approccio A - imputazione c.d. a “saldi aperti”:

secondo tale impostazione, i reversal delle rettifiche su crediti andrebbero ripartiti secondo il calendario di deduzione modulato dal D.L. 83/2015 senza tenere in considerazione gli effetti della trasformazione che andrà a bloccare, fino a capienza di ciascun anno il reversal dei crediti rimodulato in base al periodo 2016-2025 ed eventuali reversal “ordinari” relativi all’avviamento ed altre attività immateriali;

• approccio B - imputazione c.d. a “saldi chiusi”: secondo tale impostazione, i reversal delle rettifiche su crediti andrebbero prima ridotti dell’ammontare di variazioni in diminuzione da annullare per effetto della trasformazione delle DTA, e tale importo netto andrebbe ripartito secondo il calendario di deduzione modulato dal D.L. 83/2015. In caso di DTA su avviamenti, potrebbero, peraltro, ipotizzarsi scenari diversi in funzione della quota di DTA attribuita ai crediti. Infatti, l’imputazione delle variazioni negative da annullare potrebbe essere effettuata proporzionalmente tra reversal relativi a rettifiche su crediti e reversal relativi ad avviamento ed altre immobilizzazioni immateriali (ipotesi B1) ovvero sia effettuata con esclusivo riferimento ai reversal relativi alle rettifiche su crediti (ipotesi B2).

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Per maggiore chiarezza, si propone di seguito un’esemplificazione che illustra nel dettaglio le impostazioni sopra descritte. In particolare, si ipotizzi il caso di una Banca in perdita civilistica al 31 dicembre 2014 nel cui bilancio risultavano DTA relative a rettifiche su crediti di 600 e relative all’avviamento di 400, per un importo complessivo pari a 1.000. I reversal annui relativi a tali DTA sono ipotizzati pari rispettivamente a 60 e a 40, per cui, l’originario piano di recupero di tali variazioni è il seguente:

Piano originale

2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 2023 2024 2025

Crediti 60 60 60 60 60 60 60 60 60 60 600

Avviamento 40 40 40 40 40 40 40 40 40 40 400

Totale 1000

Supponiamo ora che alla data di approvazione del bilancio 2014, la Banca abbia proceduto a trasformare DTA per un importo di 300 (perdita civilistica pari al 30% del patrimonio netto) e che, con riferimento al bilancio 2015, non vi siano rettifiche su crediti.In tal caso, in vigenza delle precedenti regole di deducibilità, la trasformazione avrebbe bloccato il rigiro dei reversal nei periodi di imposta 2015, 2016 e 2017 (per un importo complessivamente pari a 300).

Piano originale dopo trasformazione di 300

2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 2023 2024 2025

Crediti 60 60 60 60 60 60 60 60 60 60 600

Avviamento 40 40 40 40 40 40 40 40 40 40 400

Trasformazione -100 -100 -100 -300

Totale 700

Per effetto dell’introduzione delle nuove regole di deducibilità delle rettifiche su crediti verso la clientela, in assenza della trasformazione, il rigiro dei reversal sui crediti e sull’avviamento sarebbe stato il seguente:

Piano originale rimodulato senza trasformazione

2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 2023 2024 2025

Crediti 30 48 60 72 72 72 72 72 72 30 600

Avviamento 40 40 40 40 40 40 40 40 40 40 400

Totale 1000

Ciò detto, si propone di seguito un’esemplificazione degli approcci A, B1 e B2 precedentemente illustrati, al fine di meglio comprendere le alternative possibili con riferimento all’annullamento delle variazioni in diminuzione relative alle DTA trasformate in presenza di un nuovo meccanismo di deduzione dei reversal sulle rettifiche su crediti previsto dal Decreto.

IPOTESI APiano originale rimodulato con trasformazione a saldi aperti

2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 2023 2024 2025

Crediti 60 60 60 60 60 60 60 60 60 60 600

Avviamento 40 40 40 40 40 40 40 40 40 40 400

Trasformazione -100 -100 -100 -300

Totale 700 IPOTESI BPiano originale rimodulato con trasformazione a saldi chiusi (attribuzione proporzionale/crediti 180 - avviamento 120)

2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 2023 2024 2025

Crediti 21 33,6 42 50,4 50,4 50,4 50,4 50,4 50,4 21 420

Avviamento 40 40 40 40 40 40 40 40 40 40 400

Trasformazione -40 -40 -40 -120

Totale 700

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Le DTA trasformate vengono attribuite ai crediti ed agli avviamenti in base al peso che le stesse assumono nell’importo complessivo (60% ai crediti e 40% agli avviamenti), riducendo l’importo dei reversal nel decennio previsto dal Decreto.

IPOTESI B2Piano originale rimodulato con trasformazione a saldi chiusi (attribuzione tutta a crediti/crediti 300 - avviamento 0)

2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 2023 2024 2025

Crediti 15 24 30 36 36 36 36 36 36 15 300

Avviamento 40 40 40 40 40 40 40 40 40 40 400

Totale 700

Le DTA trasformate vengono interamente attribuite alla voce Crediti.

Più in generale, sembrerebbe maggiormente in linea con il dettato normativo l’ipotesi sub A, in quanto:• il regime di trasformabilità rimarrebbe il medesimo,

sia con riferimento alle DTA trasformate ante 2015, che a quelle trasformate successivamente;

• in base a tale approccio, non si porrebbero tematiche di rideterminazione delle DTA trasformabili e non vi sarebbe, peraltro, alcuna discrezionalità da parte del contribuente nell’attribuzione delle DTA trasformate (ipotesi B1 e B2);

• infine, si rispetterebbero le previsioni della Circolare 37/E del 2012 del cosiddetto “blocco in testa” dei reversal a seguito di trasformazione.

Blocco della trasformazione in crediti di im-posta delle DTAL’art. 17, D.L. 83/2015 modifica la disciplina della conver-sione in crediti di imposta delle DTA, bloccando l’applica-zione di tali disposizioni con riferimento alle DTA relative al valore dell’avviamento e delle altre attività immateriali iscritte per la prima volta a partire dai bilanci relativi all’e-sercizio in corso al 27 giugno 2015.Come noto, tale disciplina è stata introdotta dall’art. 2, commi da 55-58, D.L. 225/2010, con la finalità di consen-tire, in presenza di perdita civilistica, la trasformazione in crediti di imposta della DTA iscritte in bilancio relative alla svalutazione di crediti non dedotte ai sensi dell’art. 106, comma 3, TUIR, e al valore dell’avviamento e delle altre attività immateriali i cui componenti negativi sono deducibili in più periodi di imposta ai fini delle imposte sui redditi. Si ricorda che la trasformazione opera, a decorrere dalla data di approvazione del bilancio, per un importo pari al prodotto tra la perdita di esercizio e il rapporto tra le DTA e la somma del capitale sociale e delle riserve e che dal periodo di imposta in corso alla data di approva-zione del bilancio, i componenti negativi corrispondenti alle DTA trasformate in crediti di imposta non sono più deducibili.

La disciplina in oggetto è stata successivamente modificata dal D.L. 201/2011, che ha previsto la conversione delle DTA in presenza di perdite fiscali rilevanti ai fini IRES, per la quota parte riferibile ai componenti negativi di reddito citati (i.e. rettifiche su crediti, avviamento ed altre attività immateriali), a decorrere dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi in cui viene rilevata la perdita in esame.

Infine, come accennato, la disciplina è stata ulteriormente modificata dai commi 167-171 dell’art. 1, L. 147/2013, che, in coerenza con le modifiche apportate alla determi-nazione della base imponibile IRAP, ha previsto la conver-sione delle DTA iscritte ai fini IRAP relativa alle svaluta-zioni dei crediti non dedotte ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. c-bis), al valore dell’avviamento e delle altre attività immateriali i cui componenti negativi sono deducibili in più periodi di imposta ai fini IRAP, in caso di perdita civili-stica o di valore della produzione netta negativo.

La disciplina della conversione delle DTA in crediti di im-posta era stata inizialmente introdotta al fine di mitigare il divario di incidenza delle imposte anticipate nei bilanci degli operatori italiani rispetto a quelli europei, dovuto al trattamento fiscale poco favorevole previsto dalla norma-tiva domestica in relazione alla deduzione delle rettifiche su crediti. In seguito alle modifiche alla disciplina delle svalutazioni e delle perdite su crediti applicabile, ai fini IRES ed IRAP, a decorrere dal periodo di imposta 2015, la disposizione di cui all’art. 17, D.L. 83/2015 elimina la trasformazione in crediti di imposta limitatamente alle DTA relativa all’av-viamento ed alle altre attività immateriali, iscritte per la prima volta a partire dal bilancio dell’esercizio in corso al momento dell’entrata in vigore del D.L. 83/2015 (i.e. bilancio dell’esercizio 2015).

Infine, si ricorda che la Relazione Illustrativa al D.L. 83/2015 precisa che, con riferimento alle imposte differite attive iscritte precedentemente all’esercizio 2015, non vie-ne meno la possibilità di trasformare in crediti di imposta la quota di DTA derivante dalla deduzione di detti compo-nenti negativi, iscritta nei bilanci precedenti all’esercizio 2015, qualora si verifichino le condizioni richieste dalla norma per l’operare della trasformazione (i.e. in presenza di una perdita civilistica, di una perdita fiscale IRES, ovve-ro di un valore della produzione netta negativo).

Gli acconti di imposte IRES ed IRAP

Con riferimento alla determinazione degli acconti dovuti ai fini IRES ed IRAP per i periodi di imposta 2015, 2016 e 2017, i commi 5 e 10 del D.L. 83/2015 prevedono che ai fini di tali versamenti non si tenga conto delle modifiche relative all’integrale deducibilità delle svalutazioni e delle perdite e della rimodulazione delle modalità di deduzione delle svalutazioni pregresse apportate dal Decreto.

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Il calcolo di tali acconti, quindi, deve essere effettuato applicando il previgente regime di deducibilità di svalu-tazioni e perdite su crediti, operando, dunque, solo ai fini di tale calcolo la deduzione dei diciottesimi e dei quinti pregressi, nonché la concorrenza per quinti delle rettifiche di valore iscritte nei bilancio 2015, 2016 e 2017.Tale previsione comporterà, dunque, la tenuta di una sorta di contabilità parallela ai fini fiscali, basata sull’applicazio-ne della formulazione previgente degli artt. 106 TUIR e 6 del Decreto Irap.Per quanto attiene, invece, il calcolo del saldo, dovranno essere utilizzate le nuove regole di deducibilità introdotte dal Decreto 83/2015.

Un simile regime parallelo dovrà essere mantenuto anche nell’eventualità in cui nei periodi di imposta i cui accon-ti sono oggetto di ricalcolo dovesse essere operata una conversione di DTA in crediti di imposta ai sensi della disciplina di cui al D.L. 225/2010. In tale circostanza, si dovrebbe infatti imputare la trasformazione ai diciottesimi e ai quinti residui da considerare ai fini del calcolo degli acconti. Va da se che, con riferimento alla determinazione del saldo, eventuali trasformazioni in crediti di imposta determineranno una proporzionale riduzione dell’ammon-tare dei reversal.

Occorre, peraltro, chiedersi se tale normativa non compor-ti implicazioni anche con riferimento ad altre previsioni di natura fiscale, quali ad esempio la determinazione del credito di imposta per i redditi prodotti all’estero. Infatti, laddove l’art. 165 TUIR prevede la detrazione dell’imposta nel limite del rapporto tra i redditi prodotti all’estero e il reddito complessivo, ci si potrebbe chiedere quale sia la base imponibile da considerare a tal riguardo, ovvero se quella da utilizzare per gli acconti di imposta ovvero quel-la che rileva ai fini del saldo. Tale circostanza può portare a chiedersi, peraltro, se la rideterminazione del reddito imponibile non si traduca, come conseguenza, anche in una rideterminazione dell’imposta liquidata.

Si attendono sul punto chiarimenti ovvero modifiche in sede di conversione del Decreto.

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Decreto Legge n. 83/2015 - Misure Urgenti in materia civile e processuale civile(Marco Sebastiano Accorrà - Riccardo Lonardi)

Law Decree no. 83/2015 – Urgent measures in Italian civil law and Italian civil procedural lawThe Law Decree no. 83, dated June 27, 2015 (the “Law Decree no. 83/2015”) has been converted, with amendments, by Law no. 132 dated August 6, 2015.The Law Decree no. 83/2015 has amended the Italian Civil Code and the Italian Code of Civil Procedure with the aim to improve the efficiency of the execution proceedings through a modernization of the advertising methods of such proceedings and the introduction of a “website for public sales”.

In addition, it is worth mentioning the introduction of an instrument for the benefit of creditors: the possibility to seize the debtor’s assets that have been made unavailable or transferred free of charge.Finally, the Law Decree no. 83/2015 has also provided for a measure aimed at the protection of debtors, that is, in particular, the introduction of limits for seizing pensions or amounts deposited in bank accounts.

Il Decreto Legge n. 83 del 27 giugno 2015, convertito con modificazioni in Legge n. 132 del 6 agosto 2015, recante “Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria” ha apportato diverse novità normative in materia di contenzioso civile (il “Decreto Legge n. 83/2015”).

Come verrà in seguito evidenziato, le misure sono già operative, in quanto entrate in vigore il medesimo giorno di pubblicazione di tale provvedimento nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana (i.e. 27 giugno 2015).

Di seguito, una panoramica delle principali novità:

Atto di precettoIl Decreto Legge n. 83/2015 introduce l’obbligo per il creditore di inserire nell’atto di precetto un avvertimento per il debitore in merito alla facoltà in capo a quest’ultimo di porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento1 concludendo con i creditori un accordo di composizione delle crisi o proponendo agli stessi un piano del consumatore.

1Situazione di non momentaneo squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, tale da determinare, per il debitore, una rilevante difficoltà ad adempiere le proprie obbliga-zioni o la definitiva incapacità di adempierle regolarmente (A. TORREN-TE – P. SCHLESINGER, Manuale di diritto privato, a cura di F. Anelli e C. Granelli, ventiduesima edizione, Milano, 2015, p. 471).

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Il precedente termine di novanta giorni è stato, quindi, dimezzato.

Assegnazione e vendita nel procedimento di espropriazione mobiliare presso il debitore

In materia di assegnazione e vendita nei procedimenti di esecuzione forzata mobiliare, le modifiche apportate dal Decreto Legge n. 83/2015 all’articolo 530, Codice di Procedura Civile, hanno introdotto:• l’obbligo di effettuare la pubblicità dell’avviso dell’atto

esecutivo sul “portale delle vendite pubbliche” presente sul sito del Ministero della giustizia;

• la facoltà in capo al giudice di disporre una rateizzazione del versamento del prezzo entro un termine non superiore a dodici mesi.

Le menzionate novità normative sono applicabili ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore del Decreto Legge n. 83/2015, fatti salvi i procedimenti in cui sia già stata disposta la vendita; in tali casi, la stessa avrà luogo con l’osservanza della norma precedentemente in vigore.

Vendita a mezzo commissionario

Ai sensi dell’articolo 532, Codice di Procedura Civile, il giudice dell’esecuzione dispone “la vendita senza incanto o tramite commissionario dei beni pignorati”.

Il Decreto Legge n. 83/2015 ha, inter alia, stabilito che il giudice, dopo aver fissato il prezzo minimo di vendita e l’importo globale fino al raggiungimento del quale la vendita deve essere eseguita, deve altresì stabilire:• il numero complessivo, non inferiore a tre, degli

esperimenti di vendita;• i criteri per determinare i relativi ribassi;• le modalità di deposito della somma ricavata dalla

vendita e il termine finale non inferiore a sei mesi e non superiore a un anno alla cui scadenza il soggetto incaricato della vendita deve restituire gli atti in cancelleria.

In aggiunta, l’articolo 533 del Codice di Procedura Civile, così come modificato dal Decreto Legge n. 83/2015, stabilisce che nel caso in cui la vendita non avvenga nei termini indicati al precedente punto (iii) “il commissionario restituisce gli atti in cancelleria e fornisce prova dell’attività specificamente svolta in relazione alla tipologia del bene per reperire potenziali acquirenti, oltre alla pubblicità disposta dal giudice”.

Le modifiche apportate dal Decreto Legge n. 83/2015 agli articoli 532 e 533 del Codice di Procedura Civile si applicano dalla data di entrata in vigore dello stesso decreto, anche nelle procedure pendenti alla medesima data.

Tali procedure, come introdotte dalla Legge n. 3 del 27 gennaio 2012, sono dedicate a soggetti nei cui confronti non trovano applicazione le norme sulle procedure concorsuali ed ai consumatori che, per far fronte alle situazioni di “sovraindebitamento”, propongono ai creditori un accordo di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti sulla base di un piano che, assicurato il regolare pagamento dei titolari di crediti impignorabili, preveda scadenze e modalità di pagamento dei creditori, anche suddivisi in classi ed indichi le eventuali garanzie rilasciate per l’adempimento dei debiti e le modalità per l’eventuale liquidazione dei beni.

Il “portale delle vendite pubbliche”Le procedure di vendita di beni immobili e beni mobili registrati verranno effettuate mediante l’utilizzo di un portale on-line; le pubblicazioni sul sito web di tali procedure dovranno essere effettuate da un professionista delegato per le operazioni di vendita o dal commissionario o, in mancanza, dal creditore pignorante o dal creditore intervenuto munito di titolo esecutivo.

Le novità normative in tema di “portale delle vendite pubbliche” entreranno in vigore trascorsi trenta giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale delle specifiche tecniche che dovranno essere emanate dal Ministero della Giustizia entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge di conversione del Decreto Legge n. 83/2015.

Rateizzazione dell’importo dovuto dal debitore in sede di conversione del pignoramentoNei casi in cui gli oggetti del pignoramento siano costituiti da beni immobili o mobili ed il debitore intenda sostituire gli stessi con una somma di denaro, il Decreto Legge n. 83/2015 ammette la possibilità per il giudice di disporre che il debitore versi tale importo attraverso un meccanismo di rateizzazione mensile entro il termine massimo di trentasei mesi.

Tale somma dovrà essere maggiorata di interessi scalari al tasso convenzionale pattuito ovvero al tasso legale. Le somme così versate dal debitore verranno poi corrisposte dal giudice, su base semestrale, al creditore pignorante o distribuite tra i creditori (si veda l’articolo 495, comma 4, Codice di Procedura Civile).

L’istituto della rateizzazione si applica ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore del Decreto Legge n. 83/2015, fatti salvi i procedimenti in cui sia già stata disposta la vendita, nell’ambito dei quali la stessa avrà luogo con l’osservanza della norma precedentemente in vigore.

Perdita di efficacia del pignoramentoE’ stata introdotta una modifica all’articolo 497 del Codice di Procedura Civile che, nella nuova versione, prevede - per le procedure esecutive iniziate successivamente all’entrata in vigore del Decreto Legge n. 83/2015 - l’inefficacia del pignoramento una volta trascorsi quarantacinque giorni senza che sia stata richiesta l’assegnazione o la vendita.

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Limiti alla pignorabilità di somme dovute a titolo di pensione e di stipendio

Importati modifiche sono state apportate in tema di crediti impignorabili. I nuovi commi 7, 8, 9, e 10 dell’articolo 545 del Codice di Procedura Civile sanciscono diversi limiti alla pignorabilità di stipendi e pensioni; in particolare:• le somme da chiunque dovute a titolo di pensione,

di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza, non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell’assegno sociale, aumentato della metà […]”;

• “le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore, possono essere pignorate, per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale, quando l’accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento”. Diversamente, quando l’accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, tali somme possono essere pignorate nei limiti stabiliti dai commi terzo, quarto, quinto e settimo dell’articolo 545 del Codice di Procedura Civile, nonché dalle speciali disposizioni di legge.

Il Decreto Legge n. 83/2015 ha inoltre espressamente sancito la parziale inefficacia (rilevabile dal giudice anche d’ufficio) del pignoramento eseguito in violazione dei divieti e dei limiti previsti sia dall’articolo 545 del Codice di Procedura Civile sia dalle speciali disposizioni di legge.

La modifiche legislative hanno interessato, inoltre, l’articolo 546 del Codice di Procedura Civile, prevedendo che nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore di somme a titolo di “stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza”, gli obblighi di custodia in capo al terzo pignorato:• non operano quando l’accredito ha luogo in data

anteriore al pignoramento, per un importo pari al triplo dell’assegno sociale;

• si attuano nei limiti previsti dall’articolo 545 del Codice di Procedura Civile e dalle speciali disposizioni di legge, quando l’accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente.

Le modifiche apportate all’articolo 545 e 546 del Codice di Procedura Civile si applicano alle sole procedure esecutive iniziate successivamente alla data di entrata in vigore del Decreto Legge n. 83/2015.

Modifiche ai procedimenti di espropriazione immobiliare

Il Decreto Legge n. 83/2015 interviene significativamente sui procedimenti di espropriazione immobiliare. Di seguito riepiloghiamo le principali modifiche in materia:• riduzione a sessanta giorni (rispetto ai centoventi

giorni previsti ante riforma) (a) del termine - decorrente dal deposito del ricorso - per l’allegazione dell’estratto del catasto, nonché dei certificati delle iscrizioni e trascrizioni relative all’immobile pignorato effettuate nei venti anni anteriori alla trascrizione del pignoramento (si veda l’articolo 567, comma 2, Codice di Procedura Civile); (b) delle eventuali proroghe per la produzione della documentazione di cui alla precedente lettera (a) (si veda l’articolo 567, comma 3, Codice di Procedura Civile). I nuovi termini ridotti si applicheranno alle procedure esecutive iniziate successivamente alla data di entrata in vigore del Decreto legge n. 83/2015;

• modifica delle modalità di determinazione del valore dell’immobile. Il nuovo articolo 568 del Codice di Procedura Civile (applicabile anche ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del Decreto Legge n. 83/2015 in cui non sia già stata disposta la vendita) prevede espressamente che il valore dell’immobile sia determinato dal giudice avuto riguardo al valore di mercato sulla base degli elementi forniti dalle parti e dall’esperto nominato ai sensi dell’articolo 569, primo comma del Codice di Procedura Civile. In particolare, “nella determinazione del valore di mercato l’esperto procede al calcolo della superficie dell’immobile, specificando quella commerciale, del valore per metro quadro e del valore complessivo, esponendo analiticamente gli adeguamenti e le correzioni della stima, ivi compresa la riduzione del valore di mercato praticata per l’assenza della garanzia per vizi del bene venduto, e precisando tali adeguamenti in maniera distinta per gli oneri di regolarizzazione urbanistica, lo stato d’uso e di manutenzione, lo stato di possesso, i vincoli e gli oneri giuridici non eliminabili nel corso del procedimento esecutivo, nonché per le eventuali spese condominiali insolute”;

• riduzione a (a) 15 giorni del termine - decorrente dal deposito della documentazione allegata all’istanza di vendita - per la nomina dell’esperto, ai sensi dell’articolo 569 del Codice di Procedura Civile; (b) 90 giorni del periodo massimo intercorrente fra la data del provvedimento e la data fissata per l’udienza (si veda il nuovo articolo 569 del Codice di Procedura Civile);

• introduzione della facoltà per il giudice di disporre, quando ricorrono giustificati motivi, la rateizzazione del versamento del prezzo di vendita del bene pignorato in un termine non superiore a dodici mesi (si veda il nuovo articolo 569, comma 3, Codice di Procedura Civile);

• accoglimento da parte del giudice dell’offerta di acquisto nel caso in cui la stessa sia (a) pari o superiore al valore dell’immobile stabilito

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nell’ordinanza di vendita; (b) inferiore rispetto al prezzo stabilito nell’ordinanza di vendita in misura non superiore ad un quarto, quando il giudice ritenga che non vi sia una seria possibilità di conseguire un prezzo superiore con una nuova vendita e non sono state presentate istanze di assegnazione da parte dei creditori ai sensi dell’articolo 588 del Codice di Procedura Civile (si veda il nuovo articolo 572 del Codice di Procedura Civile);

• introduzione di alcune modifiche in tema di gara tra gli offerenti (articolo 573 del Codice di Procedura Civile), in particolare il nuovo articolo prevede che nel caso in cui siano state presentate istanze di assegnazione e il prezzo indicato nella migliore offerta o nell’offerta presentata per prima è inferiore al valore dell’immobile stabilito nell’ordinanza di vendita, il giudice non faccia luogo alla vendita e proceda all’assegnazione. A tale riguardo, ai fini dell’individuazione della migliore offerta, il giudice deve tenere conto dell’entità del prezzo, delle cauzioni prestate, delle forme, dei modi e dei tempi del pagamento nonché di ogni altro elemento utile indicato nell’offerta stessa;

• introduzione della possibilità per il giudice - nei casi di aggiudicazione della vendita con corresponsione rateale del prezzo - di autorizzare l’aggiudicatario della vendita ad immettersi nel possesso dell’immobile venduto, a condizione che “sia prestata una fideiussione, autonoma, irrevocabile e a prima richiesta, rilasciata da banche, società assicuratrici o intermediari finanziari […] per un importo pari ad almeno il trenta per cento del prezzo di vendita” (si veda il nuovo articolo 574, comma 2, Codice di Procedura Civile).

Misure di coercizione indiretta

Il Decreto Legge n. 83/2015 ha introdotto un nuovo titolo (IV-bis) al Codice di Procedura Civile in tema di “Misure di coercizione indiretta”, modificando il testo dell’articolo 614-bis del Codice di Procedura Civile.

In particolare, il nuovo disposto normativo prevede che il giudice, con il provvedimento di condanna all’adempimento di obblighi diversi dal pagamento di somme di denaro, e salvo in casi in cui ciò sia manifestamente iniquo, fissi, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dall’obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento (l’ammontare di tale somma viene determinato sulla base del valore della controversia, della natura della prestazione, del danno quantificato o prevedibile e di ogni altra circostanza utile).

L’articolo 614-bis del Codice di Procedura Civile specifica che tale provvedimento di condanna costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per ogni violazione o inosservanza.

Modifiche al Codice CivileIl Decreto Legge n. 83/2015 ha introdotto il nuovo articolo 2929-bis al Codice Civile che ammette la possibilità per il creditore di esperire un procedimento di esecuzione forzata sui beni immobili o beni mobili registrati di proprietà del debitore anche nei casi in cui gli stessi siano sottoposti a vincoli di indisponibilità o di alienazione (compiuti a titolo gratuito successivamente al sorgere del credito).

Il creditore può evitare di ottenere preventivamente una sentenza dichiarativa di inefficacia del vincolo o del trasferimento:• nei casi in cui il vincolo sia sorto successivamente al

sorgere del credito, e• se il pignoramento sia stato trascritto entro un

anno dalla data in cui l’atto pregiudizievole è stato trascritto.

Il nuovo articolo 2929-bis del Codice Civile precisa che “quando il pregiudizio deriva da un atto di alienazione, il creditore promuove l’azione esecutiva nelle forme dell’espropriazione contro il terzo proprietario”.

Nei casi di esecuzione forzata di beni resi indisponibili o alienati a titolo gratuito, il debitore, il terzo assoggettato a espropriazione e ogni altro interessato alla conservazione del vincolo possono proporre le opposizioni all’esecuzione disciplinate dagli articoli 615 e ss. del Codice di Procedura Civile se contestano la sussistenza dei presupposti per l’esecuzione forzata nonché la conoscenza da parte del debitore del pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del creditore.

La nuova disposizione di legge si applica esclusivamente alle procedure esecutive iniziate successivamente alla data di entrata in vigore del Decreto Legge n. 83/2015.

Dall’analisi delle novità normative introdotte dal Decreto Legge n. 83/2015 si evince l’intento del Governo Renzi di migliorare l’efficienza delle procedure di esecuzione forzata attraverso un ammodernamento delle forme di pubblicità e l’istituzione di un “portale delle vendite pubbliche”.

Si segnala, inoltre, l’introduzione di uno strumento a beneficio dei creditori: la possibilità di procedere con l’esecuzione forzata dei beni del debitore resi indisponibili o alienati a titolo gratuito.

Infine, si riscontra la volontà del legislatore di prevedere anche alcune misure a tutela delle posizioni debitorie, con particolare riferimento ai limiti di pignoramento delle pensioni e delle somme depositate in conto corrente.Alla luce di quanto sopra, non resta che attendere l’impatto “pratico” di tali misure, per poterne valutare la concreta efficacia.

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Legislative Decree no. 127/2015 - E-invoicing in B2B transaction and submission via electronic means of the considerations

The final version of the Legislative Decree no. 127 dated 5 August 2015 related to business-to-business e-invoicing and electronic submission of considerations for certain transactions to Italian tax authorities was published on the Official Gazette. The mentioned decree will introduce simplifications in the case the taxpayer opts for the submission via electronic means of the invoices issued and received and, where applicable, of the electronic submission of the considerations.

In data 18 agosto 2015, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 190 il decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127 (di seguito il “Decreto”) recante disposizioni in materia di “Trasmissione telematica delle operazioni IVA e di controllo delle cessioni di beni effettuate attraverso distributori automatici in attuazione dell’articolo 9, comma 1, lettere d) e g), della Legge 11 Marzo 2014, n. 23”.

Il provvedimento era già stato approvato, in via preliminare, durante la riunione del Consiglio dei Ministri tenutasi lo scorso 21 aprile 2015. Rispetto alla prima versione di decreto (a tal proposito si veda la TLS Newsletter n. 6/2015) sono state parzialmente accolte alcune osservazioni avanzate dalle Commissioni parlamentari competenti a cui era stato trasmesso il Decreto. In particolare, nel presente contributo, si vogliono ripercorrere i punti salienti contenuti nel provvedimento, analizzando, se del caso, le principali modifiche apportate durante l’iter di approvazione al testo normativo.

Fatturazione elettronica fra “privati”Il Decreto in esame si prefigge il precipuo obiettivo di agevolare lo sviluppo dell’uso della fattura elettronica anche nei rapporti fra soggetti “privati” (rectius: non riconducibili ad enti della Pubblica Amministrazione).L’articolo 1, comma primo, Decreto, stabilisce che l’Agenzia delle Entrate metterà a disposizione, a partire dal 1 luglio 2016, un servizio gratuito per la generazione, la trasmissione e la conservazione delle fatture elettroniche.

Per specifiche categorie di soggetti d’imposta, individuate con un successivo decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, verrà messo a disposizione, anche con riferimento alle fatture elettroniche scambiate fra “privati” il servizio gratuito di generazione, trasmissione e conservazione attualmente distribuito da Unioncamere in collaborazione con AgID.Una novità importante, rispetto al decreto approvato in via preliminare dal Governo, consiste proprio nell’estensione alla “conservazione”, delle fatture elettroniche, del servizio gratuito messo a disposizione dall’Agenzia delle Entrate.

Inoltre, come previsto dal secondo comma dell’articolo 1 del Decreto, a partire dal 1 gennaio 2017, tutti i soggetti passivi IVA potranno usufruire – in modo gratuito – di un servizio per la trasmissione e la ricezione delle fatture elettroniche, e di eventuali variazioni delle stesse, utilizzando il sistema di interscambio (“SdI”) gestito

Decreto legislativo n. 127/2015 – Fatturazione elettronica fra “privati” e trasmissione telematica dei corrispettivi(Alessia Angela Zanatto – Andrea Werner Beilin – Marco Ceriotti)

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dall’Agenzia delle Entrate. Si ricorda che il Sistema di Interscambio è un sistema informatico, gestito dall’Agenzia delle Entrate, in grado di:• ricevere le fatture sotto forma di “file” aventi le

caratteristiche proprie della fattura elettronica inviata alle pubbliche amministrazioni (c.d. “FatturaPA”);

• effettuare controlli sui file ricevuti;• inoltrare le fatture elettroniche alle amministrazioni

pubbliche destinatarie.

Al comma 3 del Decreto viene data facoltà al contribuente di optare per la trasmissione di tutte le fatture (sia emesse che ricevute) e delle relative note di variazione all’Agenzia delle Entrate. Tale facoltà si applicherà con riferimento alle operazioni rilevanti ai fini IVA effettuate a partire dal 1 gennaio 2017. L’opzione avrà efficacia a decorrere dall’inizio dell’anno solare in cui è esercitata sino alla fine del quarto anno successivo e, se non revocata, si estenderà di quinquennio in quinquennio.

Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, sentite le associazioni di categoria nell’ambito dei forum nazionali sulla fatturazione elettronica, saranno definite le regole e soluzioni tecniche e i termini per la trasmissione telematica, in formato strutturato, dei dati di tutte le fatture (sia emesse che ricevute) e delle relative note di variazioni, effettuate anche tramite il Sistema di Interscambio, nonché le modalità di messa a disposizione ai contribuenti delle stesse informazioni acquisite.

La norma in commento sancisce, inoltre, che un successivo decreto del Ministero delle Economia e delle Finanze (da emanarsi entro la fine di febbraio 2016) stabilirà nuove modalità semplificate di controlli a distanza degli elementi acquisiti dall’Agenzia delle Entrate per il tramite della trasmissione telematica dei dati già menzionata in precedenza.

Ai contribuenti che avranno optato per la trasmissione telematica delle fatture, conformemente a quanto previsto dal comma 3 del summenzionato decreto, in caso di omissione della predetta trasmissione ovvero di trasmissione con dati incompleti o inesatti, si applicherà la sanzione di cui all’articolo 11, d.lgs. n. 471/1997 (i.e. sanzione amministrativa da euro 258 ad euro 2.065).

Trasmissione telematica dei corrispettiviL’articolo 2 del Decreto, prevede una specifica disciplina per i soggetti di cui all’articolo 22 del d.P.R. n. 633/72 come, in via esemplificativa, commercianti al minuto, artigiani, alberghi, bar e ristoranti. In breve, si ricorda che l’articolo 22 prevede l’esonero dall’emissione della fattura per alcune categorie di operazioni, se non richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione dell’operazione.A decorrere dal 1 gennaio 2017, i soggetti, che effettuano le operazioni di cui all’articolo 22, d.P.R. n. 633/72, potranno optare per la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica all’Agenzia delle Entrate dei dati dei corrispettivi giornalieri delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi di cui agli articoli 2 e 3, d.P.R. n. 633/72. Anche in questo caso l’opzione sarà vincolante

per un quinquennio e, salvo revoca al termine dello stesso, si rinnoverà di cinque anni in cinque anni.

È altresì previsto che, in caso di esercizio dell’opzione stabilita dall’articolo 2 del Decreto in esame, la memorizzazione elettronica e la relativa trasmissione telematica dei corrispettivi sostituirà gli obblighi di registrazione stabiliti dall’articolo 24, d.P.R. n. 633/72 (i.e. tenuta del registro dei corrispettivi per i commercianti al minuto e per i soggetti ad essi assimilatati di cui all’articolo 22, d.P.R. n. 633/72).

Viene altresì previsto dal secondo comma della norma in commento che la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi saranno obbligatorie (e non solo facoltative) per i soggetti passivi IVA che effettuano cessioni di beni tramite distributori automatici. Viene, peraltro, accolta dal Governo una delle osservazioni mosse dalla Commissione del Senato in merito alla possibilità che le funzioni di memorizzazione e trasmissione possano essere effettuate dai gestori di distributori automatici anche utilizzando strumenti tecnologici già in uso.

Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, sentite le associazioni di categoria nell’ambito dei forum nazionali sulla fatturazione elettronica, saranno definite le informazioni da trasmettere, le regole tecniche, i termini per la trasmissione telematica e le caratteristiche tecniche degli strumenti tecnologici che garantiranno l’inalterabilità e la sicurezza dei dati, compresi quelli che consentono i pagamenti tramite carta di credito o debito. Con lo stesso provvedimento sopraccitato saranno approvati i relativi modelli ministeriali ed ogni altra disposizione necessaria per l’attuazione delle disposizioni sulla trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi.

La memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica effettuata ai sensi dell’articolo 2 del Decreto sostituirà la modalità di assolvimento dell’obbligo di certificazione fiscale dei corrispettivi effettuata tramite il rilascio della ricevuta fiscale o dello scontrino fiscale. Resterà comunque fermo l’obbligo, da parte dei soggetti di cui all’articolo 22, d.P.R. n. 633/72, di emettere la fattura su richiesta del cliente effettuata prima del momento di effettuazione dell’operazione. Con successivo decreto ministeriale potranno essere individuate specifiche tipologie di documentazione idonee a rappresentare, anche ai fini commerciali, le operazioni in questione.

Il Decreto precisa, altresì, che in caso di mancata memorizzazione elettronica o di omissione della trasmissione telematica dei corrispettivi, ovvero in caso di memorizzazione o trasmissione con dati incompleti o non veritieri, si applicano le disposizioni di cui agli articoli 6, comma 3 e 12 comma 2, d.lgs. n. 471/1997 (sanzione amministrativa pari al 100% dell’imposta corrispondente all’importo non documentato, con un minimo di euro 516 oltre all’eventuale sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività, in caso di ripetute violazioni, per un periodo da tre giorni ad un mese).

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Viene infine prevista, a decorrere dal 1 gennaio 2017, l’abrogazione delle disposizioni, in tema di trasmissione telematica dei corrispettivi giornalieri da parte delle imprese operanti nella grande distribuzione, di cui all’articolo 1 commi da 429 a 432 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (si veda l’articolo 7, Decreto).

Incentivi all’opzione per la trasmissione telematica delle fatture e dei corrispettiviL’articolo 3 del Decreto, parzialmente modificato a seguito di alcune osservazioni mosse dalle Commissioni parlamentari, prevede alcune semplificazioni per i soggetti che opteranno per la trasmissione telematica all’Agenzia delle Entrate dei dati di tutte le fatture emesse e ricevute e delle relative note di variazione, effettuata anche mediante il Sistema di Interscambio e, sussistendone i presupposti, sia di tale opzione che di quella prevista per la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica all’Agenzia delle Entrate dei dati dei corrispettivi giornalieri.

In particolare tali soggetti:• saranno esonerati dall’obbligo di presentazione

(laddove applicabile):1. della comunicazione dei dati rilevanti ai fini

IVA, di cui all’art. 21 del D.L. n. 78/2010 (c.d. “Spesometro”),

2. dall’obbligo di comunicazione delle operazioni effettuate nei confronti di soggetti domiciliati in Stati c.d. “black list”, di cui all’ 1 comma 1 del DL 40/2010,

3. dalla comunicazione dei dati relativi ai contratti stipulati dalle società di leasing, nonché dagli operatori commerciali che svolgono attività di locazione e di noleggio, ai sensi dell’articolo 7, dodicesimo comma, d.P.R. n. 605/1973 (i.e. comunicazione all’anagrafe tributaria di dati o notizie in possesso di particolari soggetti);

4. dalla presentazione delle comunicazioni di cui all’articolo 16, lettera c) del Decreto del Ministero delle Finanze 24 dicembre 1993 (i.e. comunicazione degli acquisti da operatori della Repubblica di San Marino senza addebito d’imposta);

• non avranno l’obbligo di presentazione della presentazione dei modelli INTRASTAT limitatamente agli acquisti intracomunitari di beni (mod. INTRA-2 bis) e alle prestazioni di servizi ricevute da soggetti stabiliti in un altro Stato membro dell’Unione Europea (mod. INTRA-2 quater);

• beneficeranno di una “corsia” preferenziale in merito ai rimborsi IVA disciplinati dall’articolo 30 del d.P.R. n. 633/72. Tali rimborsi saranno eseguiti in via prioritaria, entro tre mesi dalla presentazione della dichiarazione annuale, anche in assenza dei requisiti di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del secondo comma del summenzionato articolo 30 (i.e. esercizio esclusivo o prevalente di attività che comportano l’effettuazione di operazioni soggette ad imposta con aliquote inferiori a quelle dell’imposta relativa agli acquisti e alle importazioni; effettuazione di

operazioni non imponibili ex artt. 8, 8-bis e 9, d.P.R. n. 633/72 superiore al 25% del totale delle operazioni effettuate; limitatamente all’imposta relativa all’acquisto o importazione di beni ammortizzabili; prevalenza di operazioni non soggette all’imposta per effetto degli articoli da 7 a 7-septies, d.P.R. n. 633/72; quando il richiedente si trova nelle condizioni di cui al terzo comma dell’art. 17, d.P.R. n. 633/72).

Infine, viene prevista la riduzione di un anno dei termini per l’accertamento in materia di IVA e di imposte dirette per quei contribuenti che garantiranno la tracciabilità dei pagamenti dagli stessi ricevuti ed effettuati (cfr. articolo 3, primo comma, lettera d), Decreto).

Riduzione degli adempimenti amministrativi e contabili per specifiche categorie di soggettiL’articolo 4 del Decreto introduce, dal 1 gennaio 2017 e per specifiche categorie di soggetti passivi IVA di “minori dimensioni”, la riduzione di adempimenti amministrativi e contabili, quali:• la messa a disposizione, in via telematica, degli

elementi informativi necessari per le liquidazioni periodiche e per la dichiarazione annuale IVA;

• l’esonero dall’obbligo di registrazione delle fatture emesse e ricevute di cui agli articoli 23 e 25 del d.P.R. n. 633/72;

• l’esonero dall’apposizione del visto di conformità o la sottoscrizione alternativa dell’organo di controllo che sottoscrivono la relazione di revisione e la garanzia previsti per i rimborsi IVA (disciplinati dall’articolo 38-bis, d.P.R. n. 633/72).

Condizione necessaria per beneficiare delle suddette “agevolazioni” è che i suddetti soggetti si avvalgano della trasmissione telematica delle fatture emesse e ricevute e relative variazioni (anche tramite il “SdI”) e, qualora effettuino operazioni di cui all’art. 22, d.P.R. n. 633/1972, della memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi giornalieri (si veda il paragrafo 2).Mediante apposito decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, saranno individuate le categorie di soggetti passivi di “minori dimensioni” - ed eventualmente anche a quelli di non “minori dimensioni” limitatamente al periodo in cui intraprendono l’attività di impresa, arte o professione e per i due successivi.

Cessazione degli effetti premialiFatta salva l’applicazione delle sanzioni indicate nei precedenti paragrafi in caso di violazioni, l’articolo 5 del Decreto prevede la cessazione degli effetti premiali sopra elencati (cfr. articolo 3 e articolo 4 primo comma del Decreto) in caso di omessa trasmissione telematica delle fatture o dei dati dei corrispettivi (e relative variazioni) ovvero nell’ipotesi di trasmissione dei dati in modo incompleto o non corrispondente al vero. È fatta salva la facoltà del contribuente di rimediare al proprio errore od omissione entro un termine che sarà individuato successivamente con apposito provvedimento.

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Transfer of a business unit: the responsibility is limited to the business transferredThe Supreme Court decision, n. 13319, dated June 30, 2015, stated that in a transfer of a business unit, the debtor is liable only for the liabilities related to the business transferred.Only in this case, there is not several liability between purchaser and the seller.

Premessa

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13319, depositata in Cancelleria lo scorso 30 giugno, ha statuito che l’acquirente del ramo d’azienda risponde dei debiti pregressi risultanti dai libri contabili obbligatori, solo qualora siano inerenti alla gestione del ramo d’azienda acquistato.

Tale principio limita così la responsabilità solidale tra cedente e cessionario. Sul punto, si ricordi quanto indicato all’art. 2560 c.c., in materia di cessione dei debiti in caso di trasferimento d’azienda. In merito, l’alienante non è liberato dai debiti inerenti l’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi abbiano acconsentito. Inoltre, risponde dei suddetti debiti, anche l’acquirente dell’azienda, se essi risultano dai libri contabili obbligatori.

Il caso sollevato nella presente controversia, tuttavia, non riguarda la cessione dell’intera azienda, ma solo di un ramo della stessa.

Il caso

Una ditta individuale, titolare di un supermercato, aveva ceduto parte dell’azienda ad una Srl. La parte dell’attività non ceduta, relativa al reparto macelleria, era rimasta in capo all’impresa individuale.

Un fornitore chiedeva alla Srl il pagamento di una fornitura di carne, effettuata ante cessione del ramo di azienda, in quanto la Srl era responsabile in solido, ai sensi dell’art. 2560 c.c., secondo comma: “nel trasferimento di un’azienda commerciale risponde dei debiti suddetti anche l’acquirente della azienda, se essi risultano dai libri contabili obbligatori”. Infatti, nel caso di cessione d’azienda, l’iscrizione dei debiti inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta nei libri contabili obbligatori, è elemento costitutivo della responsabilità dell’acquirente dell’azienda.

La Srl si costituiva in giudizio contestando che aveva acquisito solamente un ramo d’azienda, non la sua totalità, pertanto rimaneva estranea alla fornitura in parola e, conseguentemente, al relativo debito (sul punto, si sottolinea che il reparto macelleria era rimasto in capo all’impresa individuale).

Cessione di ramo d’azienda: la responsabilità per i debiti commerciali è limitata al ramo trasferito(Simone Guidi – Valentina Biagini)

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In sede di primo ricorso, il Tribunale di Udine, aveva condannato la Srl al pagamento del debito nella misura corrispondente al valore attribuito al ramo d’azienda acquisito, in ossequio ai contenuti dell’art. 2560 c.c..

In secondo grado, la Corte di appello aveva rigettato il ricorso presentato dalla Srl, sul rilievo che non era stato trasferito un ramo d’azienda, ma l’intera azienda, e che al momento della registrazione del debito, l’azienda era unica ed unica era la contabilità.

La Srl, impugnava la decisione di merito in Cassazione, lamentando, con il primo motivo, che ad essere ceduto era stato solo un ramo d’azienda, e non l’intera azienda. La Cassazione, con sentenza n. 26414/09, accoglieva il motivo sollevato e rinviava la questione alla Corte di appello di Trieste.

Tale giudice di merito, dopo aver riconosciuto che l’oggetto di cessione era un ramo d’azienda, ha ritenuto che il cessionario del ramo di azienda, data la tenuta di un’unica contabilità e di un unico avviamento, era tenuto al pagamento di tutti i debiti aziendali. La Corte di appello, affermava quindi il principio secondo cui l’acquirente del ramo di azienda doveva rispondere in solido con l’alienante di tutti i debiti aziendali, e quindi anche del debito oggetto di controversia, anche se relativo alla parte dell’azienda rimasta in proprietà del cedete.

Motivi del ricorso in Corte di Cassazione

La Srl ricorre avverso la sentenza della Corte d’appello sopra indicata per i seguenti motivi:• la Corte d’appello ha violato l’art. 2560 c.c.: infatti,

secondo la Srl, l’acquirente del ramo di azienda deve rispondere solo dei debiti inerenti a quella parte di azienda ceduta;

• la definizione di ramo di azienda, contenuta al comma 5 dell’art. 2112 c.c., la qualifica come una identità funzionalmente autonoma. Perciò, in linea con l’art. 2560 c.c., l’acquirente del ramo d’azienda avrebbe dovuto rispondere solo dei debiti inerenti l’azienda ceduta;

• la tenuta di una unica contabilità in capo alla cedente, non costituisce la giustificazione al passaggio della responsabilità per tutti i debiti aziendali iscritti in contabilità, in capo all’acquirente del ramo d’azienda.

Decisione di legittimità

La Cassazione, dopo aver esaminato gli aspetti relativi alla cessione d’azienda e della cessione di ramo di azienda, si sofferma sull’art. 2560 c.c.. Il secondo comma dell’articolo in parola, indica che l’iscrizione dei debiti inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta, nei libri contabili obbligatori, è elemento costitutivo della responsabilità dell’acquirente. Conseguentemente, come sostenuto dalla giurisprudenza e dottrina prevalente, la norma non può essere derogata da un accordo tra alienante ed acquirente. Viceversa, può essere derogata da un accordo tra acquirente e creditore.Tuttavia, il caso sottoposto all’attenzione della Suprema

Corte, non riguarda la cessione d’azienda, ma di un suo ramo.

Ripercorrendo il ragionamento presente nei motivi della sentenza, la Corte di Cassazione, sottolinea che anche il ramo di azienda costituisce un’articolazione funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata, idonea ad iniziare o proseguire l’attività d’impresa. Pertanto risulta applicabile anche alla cessione di ramo d’azienda il disposto dell’art. 2560 c.c..

In merito all’art. 2560 c.c., occorre ricordare la ratio a tutela di tale disposizione: da una parte c’è l’interesse dei creditori a vedere inalterata la garanzia del loro credito, data dal patrimonio aziendale ante cessione, dall’altro, si intende favorire la circolazione dell’azienda e quindi di tutela dell’acquirente limitando la sua responsabilità ai debiti conosciuti, in quanto presenti nelle scritture contabili.

La Cassazione, con la sentenza n. 13319 qui in commento, mossa dall’esigenza di contemperare i due contrapposti interessi, sancisce che l’acquirente del ramo di azienda risponde solo dei debiti che dalle scritture contabili risultano riferirsi alla parte di azienda a lui trasferita, non risultando quindi solidalmente responsabile, nemmeno pro quota, per quelli afferenti alla gestione complessiva dell’impresa.

Pertanto, la Srl non poteva essere chiamata a rispondere per il debito di fornitura, in quanto il reparto macelleria era rimasto in capo all’impresa individuale.

Conclusioni

La sentenza n. 13319 del 30 giugno 2015, è intervenuta a chiarire alcune delle incertezze che, in campo civile, sono ancora presenti in materia di cessione di ramo d’azienda.Infatti, nel caso in esame era richiesto, non solo di analizzare il trattamento specifico delle cessioni dei debiti commerciali nel caso di trasferimento del solo ramo di azienda (non espressamente regolate normativamente), ma soprattutto richiedeva un equo contemperamento degli interessi coinvolti.

A seguito della sentenza in parola, l’acquirente del ramo d’azienda risponde anche per i debiti anteriori alla cessione, quando sono iscritti nei libri contabili obbligatori della società alienante ed, inoltre, se questi debiti sono inerenti all’attività svolta dal ramo d’azienda acquistato.

Appare opportuno soffermarsi, non solo sul merito della sentenza, ma anche sul terzo motivo di impugnazione da parte della Srl, relativo alla tenuta di una unica contabilità quale requisito sufficiente ad estendere la solidarietà dei debiti anche al ramo d’azienda acquisito.

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Qualora fosse stata accettata tale tesi, appare evidente che si sarebbero generati incertezze in capo ai terzi creditori. Sul punto, si pensi che i creditori dovrebbero conoscere il sistema contabile del terzo contraente, al fine di sapere se il loro credito potrà essere soddisfatto o meno anche dall’acquirente, in solido con l’alienante.

Posto che trattasi anche, e forse soprattutto, di aspetti di carattere civilistico, meritevoli di ulteriori commenti, soffermandoci sugli aspetti tributari, ci preme precisare che esistono specifiche disposizioni poste a tutela della pretesa erariale. Disciplina che fa espresso richiamo anche all’ipotesi di trasferimento di ramo d’azienda.

Infatti, all’art. 14 del D.Lgs. 472/1997, è espressamente previsto che il cessionario è responsabile in solido per il pagamento dell’imposta e delle sanzioni relative a violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti. Inoltre, la responsabilità si estende anche alle violazioni commesse in epoca anteriore quando già irrogate e contestate.Precisiamo infine, che in materia tributaria, il creditore dovrà prima escutere il proprio credito presso il cedente e, solo successivamente, presso l’acquirente del ramo d’azienda, ed in ogni caso entro i limiti del valore dell’azienda o del ramo d’azienda ricevuta.

Italian Supreme Court confirms a judicial remedy against the denial of access to the European Arbitration ConventionOn June 19, 2015, the Joint Sitting of the Divisions of the Supreme Court held in two orders that a taxpayer may plead in Tax Court the denial of access to the European Arbitration Convention (no. 90/436/EEC). These orders, while limited to the conflict of jurisdiction, co-operate in protecting the right of a taxpayer to eliminate double taxation in connection with transfer pricing adjustments within the European Union (EU).

The Court stated that the stage at which the case is presented under the Convention is wholly domestic and involves exclusively the taxpayer and the local Competent Authority: therefore, no foreign State’s sovereignty is affected. Moreover, even though the law does not explicitly regard the ministerial notice of denial as appealable, it is nonetheless a clear expression of the power to tax and the taxpayer may bring the action before the Tax Court.

Le ordinanze delle Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione nn. 12759 e 12760 del 19 giugno 2015, nel contesto di un regolamento di giurisdizione, hanno ritenuto le Commissioni Tributarie munite di giurisdizione e, quindi, in grado di decidere i ricorsi avverso le note ministeriali di diniego di accesso alle procedure previste dalla Convenzione arbitrale europea (n. 90/436/CEE).

I fatti

L’Agenzia delle entrate italiana formulava taluni rilievi in materia di prezzi di trasferimento («transfer pricing») nei confronti del contribuente che, inizialmente, intendeva addivenire ad accertamento con adesione. Intanto, ai sensi della Convenzione arbitrale europea, presentava altresì apposita istanza all’autorità competente per richiedere l’eliminazione della doppia imposizione derivante dai suddetti rilievi.Successivamente, la Direzione Relazioni Internazionali del Ministero dell’Economia e delle Finanze negava (anzi, revocava) l’accesso alla procedura convenzionale, nonostante l’accertamento con adesione potesse ritenersi non perfezionato a causa del mancato pagamento delle previste rate.Tale diniego veniva successivamente impugnato avanti alla Commissione Tributaria ed il resistente Ministero proponeva regolamento di giurisdizione.

La decisione delle Sezioni Unite

La Corte di Cassazione, nel confermare la giurisdizione tributaria sulla questione, ha disatteso gli argomenti eccepiti dal Ministero.

La Corte di Cassazione conferma l’impugnabilità del diniego di accesso alla Convenzione arbitrale europea(Carlo Romano - Daniele Conti)

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Sebbene, infatti, la Convenzione arbitrale europea preveda uno scambio di posizioni tra le autorità degli Stati coinvolti (c.d. fase amichevole) per eliminare la doppia imposizione, la proposizione dell’istanza per avviare questa procedura si inquadra interamente nel diritto nazionale. Individuata la giurisdizione italiana, il contribuente deve necessariamente rivolgersi alle Commissioni Tributarie per le controversie di natura fiscale (c.d. limiti esterni), mediante ricorso. Ciò non è in alcun modo escluso dall’esistenza di un elenco di atti impugnabili all’articolo 19 del decreto legislativo n. 546 del 1992 (c.d. limiti interni): la Corte chiarisce, infatti, come sia superata la tesi della tassatività della menzionata norma, in ossequio alla tutela costituzionale del diritto di difesa del contribuente e del principio di buon andamento dell’amministrazione.

Nei fatti, secondo la Corte, la nota ministeriale di diniego soddisfa entrambi i requisiti idonei ad attestarne l’impugnabilità, ossia:• portare a conoscenza del contribuente una ben

individuata pretesa tributaria, ed• esplicitare nel fatto e nel diritto le ragioni che

fonderebbero detta pretesa.

Le ripercussioni

La controversia torna, pertanto, all’esame della Commissione Tributaria Provinciale di Roma, ritenuta munita di giurisdizione dalla Corte di Cassazione. Sino ad oggi l’interpretazione dei meccanismi convenzionali era rimessa ad un atto accompagnatorio privo di natura vincolante, ossia il Codice di Condotta, ed alla prassi dei singoli Stati, tra cui la Circolare 21/E del 2012 dell’Agenzia delle entrate italiana.Le commentate ordinanze delle Sezioni Unite garantiscono al contribuente un rimedio giudiziale avverso il diniego di accesso alla Convenzione arbitrale relativa all’eliminazione della doppia imposizione scaturente da contestazioni dei prezzi di trasferimento nell’Unione europea. In una tematica così delicata, tali pronunce consentiranno agli organi giurisdizionali di contribuire all’interpretazione della Convenzione e dei connessi diritti del contribuente.

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The Circular no. 19867 issued by Confindustria in relation to the self-laundering crime and the Legislative Decree no. 231/2001On June 12, 2015, Confindustria published the Circular no. 19867 concerning the self-laundering crime introduced by Law no. 186 dated December 15, 2014.The new criminal offence may determine an administrative liability for entities pursuant to Legislative Decree no. 231/2001. Confindustria pointed out that the introduction of such new crime raised out certain interpretative issues related to the modalities of commission of the self-laundering crime and the consequences that such offence may have on the updating of the organisational models pursuant to Legislative Decree no. 231/2001.

Con Circolare n. 19867, pubblicata in data 12 giugno 2015, Confindustria è intervenuta sul tema del reato di autoriciclaggio introdotto nel nostro ordinamento dalla Legge n. 186 del 15 dicembre 2014, recante “Disposizioni in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all’estero nonché per il potenziamento della lotta all’evasione fiscale. Disposizioni in materia di autoriciclaggio” (entrata in vigore il 1° gennaio 2015).

Come anticipato nel precedente numero 1/2015 della TLS Newsletter, tale fattispecie di reato (sanzionata dall’articolo 648-ter.1, c.p.) punisce chi commette - o concorre con altri nel commettere - un delitto non colposo, provvedendo successivamente alla sostituzione, trasferimento, impiego in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, di denaro, beni o altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, così da ostacolarne l’identificazione della relativa provenienza delittuosa.

Il reato di autoriciclaggio è, inoltre, sanzionato in capo agli enti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001, in quanto la fattispecie di reato di autoriciclaggio è stata inserita nel catalogo dei reati-presupposto, per espressa previsione di cui all’articolo 3, comma 5, della Legge n. 186/2014.

L’introduzione di tale nuova fattispecie di reato ha sollevato questioni interpretative che Confindustria aveva già evidenziato durante l’iter di approvazione della Legge n. 186/2014.

Nella Circolare oggetto di commento, Confindustria rileva, in primo luogo, la necessità di definire specifiche modalità di condotta della fattispecie che devono risultare idonee ad occultare la natura illecita delle utilità ricavate dal reato base, al fine di evitare il rischio di punire per autoriciclaggio anche operazioni di reimpiego delle utilità illecite prive di quell’ulteriore disvalore penale che fonda la punibilità dell’autoriciclaggio.

Un’interpretazione rigorosa della fattispecie eviterebbe, infatti, l’elevato rischio che l’autore di un reato tributario possa incorrere in automatico anche nel reato di autoriciclaggio senza aver posto in essere le ulteriori condotte cui il Legislatore attribuisce disvalore penale. In altri termini, come precisa la Circolare, i reati tributari determinano “per la loro stessa natura un risparmio di imposta (la c.d. provvista illecita), che resta automaticamente inglobato nel risultato di esercizio e, quindi, viene automaticamente reimpiegato nella stessa

Circolare n. 19867 emanata da Confindustria avente ad oggetto il reato di autoriciclaggio e la responsabilità ex Decreto 231/2001 (Pietro Orzalesi - Pamela Terazzi)

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attività economica dell’impresa. Di conseguenza potrebbe accadere che la medesima condotta venga punita due volte sul piano penale (per il reato tributario base e per l’autoriciclaggio), oltre che sul piano amministrativo, il che realizzerebbe quella violazione del principio del ne bis in idem”.

Con specifico riferimento alla responsabilità degli enti, ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001, Confindustria sottolinea l’importanza di valutare l’impatto che l’introduzione del reato di autoriciclaggio potrà avere sull’adeguamento dei modelli organizzativi adottati dalle imprese. A tale proposito, risulta evidente che una delimitazione più chiara dell’ambito dei reati-presupposto rilevanti avrebbe l’effetto di chiarire i confini della responsabilità dell’ente, anche in considerazione del cumulo di sanzioni che si verrebbe a creare, ovvero: i) amministrativa, ii) penale per il reato-base, iii) penale per l’autoriciclaggio e iv) amministrativa ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001. A tale proposito, “non è chiaro se l’eventuale responsabilità dell’ente è limitata ai casi in cui il reato-base rientra tra i reati presupposto di cui al Decreto 231, ovvero se essa possa configurarsi anche in presenza di fattispecie diverse. Tale aspetto ha considerevoli ricadute sul piano pratico, in quanto ipotizzare l’insorgere della responsabilità dell’ente per tutti i reati previsti nel nostro ordinamento, quali reati-base dell’autoriciclaggio, vorrebbe dire sovraccaricare il

sistema di prevenzione attivato dall’impresa, verificandone l’efficacia. Infatti, sul piano operativo ne potrebbe derivare un’attività di aggiornamento del modello organizzativo pressoché impraticabile”.

Alla luce di quanto sopra esposto, come indicato da Confindustria, non rimane che attendere l’orientamento della giurisprudenza, al fine di verificare l’interpretazione che la stessa fornirà al concetto di delitto non colposo, quale reato-base della fattispecie dell’autoriciclaggio di cui all’articolo 648-ter.1, c.p., e sanzionata ai sensi dell’articolo 25-octies, D.Lgs. n. 231/2001.

Ad ogni modo, l’Associazione industriali conclude prevedendo che “in attesa che la giurisprudenza definisca con certezza il perimetro della responsabilità dell’ente, i presidi adottati per prevenire il reato di riciclaggio e di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (tutti inclusi nell’articolo 25-octies del Decreto 231) dovrebbero rappresentare una buona base anche per contenere il rischio di realizzazione dell’autoriciclaggio”.

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Introduzione di una percentuale minima per il soddisfacimento dei creditori chirografari, nuovi requisiti per la nomina del Curatore, ulteriori termini per la redazione del programma di liquidazione, apertura alla concorrenza nel concordato preventivo, finanziamenti in corso di crisi, accordo di ritrutturazione con creditori finanziari e sostituzione del debitore inadempiente nell’esecuzione del concordato. Le principali modifiche apportate alla Legge Fallimentare dal D.L. 27 giugno 2015, n. 83, convertito con modificazioni dalla Legge 6 agosto 2015, n. 132, vengono illustrate e commentate in questo contributo.

Premessa

In data 20 agosto 2015 è stato convertito con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, n. 1321, il D.L. 27 giugno 2015, n. 832. Numerose sono le novità introdotte dal provvedimento, le quali hanno inciso in maniera significativa, oltre che sulla materia civile e processuale, anche su quella fallimentare.

Con riferimento a tale ultimo ambito, si segnalano in particolare rilevanti modifi-che al R.D. n. 267 del 16 marzo 1942 (“L.F.”), le cui principali vengono di seguito sinteticamente richiamate.

Introduzione della percentuale minima di soddisfacimento dei creditori chirografari

La Legge di conversione del D.L. n. 83/2015 ha introdotto una rilevantissima integrazione all’art. 160, ultimo comma, L.F., in forza della quale la proposta di concordato deve assicurare il pagamento di almeno il venti per cento dell’ammontare dei crediti chirografari. La proposta di concordato deve assicurare il pagamento di almeno il 20% dell’ammontare dei crediti chirografari.Per espressa previsione normativa, tale modifica non si applica al concordato con continuità aziendale di cui all’art. 186-bis L.F..

L’integrazione poc’anzi riportata va nel segno di rafforzare la tutela del ceto chirografario e, nello stesso tempo, di scongiurare l’omologazione di concordati preventivi con percentuali di soddisfacimento irrisorie, più volte criticate dalla dottrina e dalla giurisprudenza.

Requisiti per la nomina a Curatore

Sono state modificate le regole relative alla disciplina dei requisiti per la nomina di Curatore previste dall’articolo 28 L.F.. In particolare, ai sensi della nuova formulazione, non può essere nominato Curatore chi ha concorso al dissesto dell’impresa, divieto quest’ultimo che, nella versione previgente dell’art. 28 L.F., era riferito soltanto a colui che

Misure urgenti e novità in materia di crisi d’impresa(Paola Barazzetta - Romina Ballanca)

In pubblicazione sul numero 11/2015 di Amministrazione & Finanza

1 G.U. 20 agosto 2015, n. 192.

2 D.L. n. 83/205 recante “Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria” approvato dal Consiglio dei

Ministri lo scorso 27 giugno 2015.

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aveva concorso a tale dissesto durante i due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento. Non può essere nominato Curatore chi ha concorso al dissesto dell’impresa.Ai fini della nomina come Curatore occorre altresì tenere conto delle risultanze dei rapporti riepilogativi che lo stesso, in forza dell’art. 33, V comma, L.F., è tenuto a redigere ogni sei mesi a partire dalla relazione sulle cause e circostanze del fallimento presentata al Giudice Delegato entro 60 giorni dalla sua dichiarazione.

Le principali novità introdotte dalla modifica in commento rispondono a specifiche esigenze che il Legislatore ha voluto soddisfare in tema di affidabilità della figura di Curatore, nell’ottica di garantire al ceto creditorio un livello di maggiore tutela. Si segnala, tuttavia, che in sede di legge di conversione, sono state eliminate alcune disposizioni in materia di impedimenti alla nomina di Curatore contenute nel D.L. n. 83/2015.

In particolare, é stato eliminato il divieto di nominare come Curatore un soggetto che ha svolto la funzione di Commissario Giudiziale in relazione a una procedura di concordato per il medesimo debitore e il divieto di nominare chi sia unito in associazione professionale con colui che ha in precedenza svolto la funzione di Commissario nei confronti del medesimo debitore. É stata, altresì, eliminata la previsione che imponeva al Curatore di dotarsi di una struttura organizzativa e di risorse che appaiano adeguate al fine del rispetto dei tempi previsti dall’art. 104-ter L.F. con riferimento alla stesura del programma di liquidazione. A parere di chi scrive, il mancato recepi-mento nella Legge di conversione delle previsioni sopra menzionate, costituisce un’occasione mancata per rendere mag-giormente organizzata ed imparziale la gestione della complessiva procedura di crisi/insolvenza, soprattutto nei casi di maggiore ampiezza e complessità della stessa.

Programma di liquidazione

Nell’ambito delle norme che disciplinano il programma di liquidazione, è stato inserito un ulteriore termine che il Curatore è tenuto a rispettare per la redazione dello stesso. Invero, ai sensi del previgente testo dell’art. 104-ter L.F., tale programma do-veva essere predisposto entro 60 giorni dalla redazione dell’inventario. Per effetto della nuova normativa, il Curatore è tenuto ad osservare delle tempistiche più stringenti, posto che il programma di liquidazione deve essere redatto in ogni caso “non oltre 180 giorni dalla sentenza dichiarativa di fallimento”.

Il programma di liquidazione deve essere redatto dal Curatore entro e non oltre 180 giorni dalla sentenza dichiarativa di fallimento.L’intervento normativo, oltre ad incidere sui tempi di redazione, ha riguardato al-tresì il contenuto del programma in que-stione: infatti, oltre agli elementi già

previsti dall’art. 104-ter, tale programma dovrà indicare anche “il termine entro il quale sarà completata la liquidazione dell’attivo”, termine quest’ultimo che non potrà eccedere due anni dal deposito della sentenza di fallimento.

Parimenti, se è necessario un termine maggiore, il Curatore deve motivare specificamente in ordine alle ragioni giustificanti. È stata poi inserita la possibilità per il Curatore di essere autorizzato dal Giudice Delegato ad affidare anche a società specializzate (prima solo ad altri professionisti) alcune incombenze della procedura di liquidazione dell’attivo. A maggiore evidenza dell’importanza attribuita dal Legislatore a questa fase della procedura, sono state introdotte in proposito due nuove cause di revoca del Curatore: • il mancato rispetto, senza giustificato motivo, del

termine di 180 giorni dalla sentenza dichiarativa di fallimento previsto per la predisposizione del programma di liquidazione;

• il mancato rispetto, senza giustificato motivo, dei termini previsti nel programma di liquidazione per il compimento delle relative attività. L’introduzione di questi nuovi requisiti relativi alla redazione del programma di liquidazione - in particolare quelli concernenti le conseguenze legate all’inottemperanza dei termini - deve essere interpretata nel senso di conferire maggiore efficienza, efficacia e speditezza nella conclusione delle procedure fallimentari.

Apertura alla concorrenza nel concordato preventivo

Proposte concorrenti

La riforma in oggetto ha altresì introdotto la possibilità per i creditori di presentare proposte di concordato concorrenti a quella ipotizzata dal debitore, purché vengano rispettate determinate condizioni.Infatti, per effetto delle modifiche introdotte all’art. 163 L.F., uno o più creditori rappresentanti almeno il 10% dell’ammontare totale dei crediti potranno presentare una proposta concorrente di concordato preventivo. I creditori possono presentare proposte di concordato concorrenti a quella ipotizzata dal debitore a patto che siano rispettate deterrminate condizioni.Tale proposta non è, tuttavia, ammissibile «se nella relazione di cui all’articolo 161, terzo comma, il professionista attesta che la proposta di concordato del debitore assicura il pagamento di almeno il quaranta per cento dell’ammontare dei crediti chirografari o, nel caso di concordato con continuità aziendale di cui all’articolo 186-bis, di al-meno il trenta per cento dell’ammontare dei crediti chirografari».La proposta di concordato concorrente di cui sopra, resa disponibile unitamente al relativo piano, dovrà essere presentata non oltre 30 giorni prima dell’adunanza dei creditori. Ai fini del computo della percentuale del 10% - precisa la norma come riformata - non si considerano

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i crediti della società che controlla la società debitrice, delle società da questa controllate e di quelle sottoposte a comune controllo. La possibilità di presentare proposte concorrenti ai sensi dell’articolo in commento è tra l’altro agevolata dalla previsione ex art. 163 L.F. per cui la relazione del professio-nista, da depositare obbligatoriamente insieme alla domanda di concordato, può limitarsi ad attestare la fattibilità del piano per gli aspetti che non siano già oggetto di verifica da parte del Commissario Giudiziale, quindi senza dover statuire anche in ordine alla veridicità dei dati aziendali (come prescrive invece l’art. 161, III comma, L.F.). Ma c’è di più: infatti, qualora non vi siano aspetti rimasti estranei alla verifica del Commissario Giudiziale, la relazione può anche essere del tutto omessa.

Risulta quindi evidente, anche alla luce delle modifiche, la volontà da parte del Legislatore di favorire il più possibile la concorrenza nel concordato preventivo, promuovendo l’immissione di nuovi capitali nell’impresa in crisi e garantendo così la corretta valorizzazione del patrimonio del debitore.Sotto questo profilo, non è difficile imma-ginare che alla luce della norma poc’anzi commentata creditori qualificati come banche e istituti di credito ovvero fornitori prevalenti e/o strategici possano assumere un ruolo rilevante se non addirittura dirimente nell’ambito della dinamica concordataria.

Offerte concorrenti

Sempre nell’ottica di agevolare l’apertura alla concorrenza nel concordato preventi-vo, per effetto della riforma, è stato inserito il nuovo art. 163-bis L.F., che regola il caso in cui il piano concordatario contenga offerte aventi ad oggetto il trasferimento - ancorché non immediato - dell’azienda, di uno o più rami di essa oppure di specifici beni, da parte di soggetti già individuati. In questi casi, il Tribunale è tenuto a di-sporre la ricerca di interessati all’acquisto mediante l’apertura di un procedimento competitivo.

Se il piano concordatario contempla il trasferimento dell’azienda, di parti di essa o di specifici beni, il Tribunale deve aprire un procedimento competitivo per la ricerca di interessati.

Con il decreto che dispone l’apertura di tale procedimento, vengono stabilite le modalità di presentazione di offerte irrevocabili, viene disposta la pubblicità sul portale delle vendite pubbliche di cui all’articolo 490 del Codice di procedura civile e viene stabilito l’aumento minimo del corrispettivo che le offerte devono prevedere.

Qualora vengano presentate più offerte migliorative, il giudice sarà tenuto a di-sporre una gara tra gli offerenti, che potrà avere luogo all’udienza disposta per l’esame delle stesse, ovvero ad un’udienza immediatamente successiva.

All’esito della gara, il debitore dovrà modificare la proposta e il piano di concordato in conformità ai risultati della stessa. Per mezzo del nuovo articolo in commento, il Legislatore ha voluto completare il quadro di disposizioni dirette a favorire la concorrenza nel concordato preventivo ed evitare la svalutazione abusiva del patrimonio del debitore: tale obiettivo, già perseguito mediante l’introduzione della disciplina di cui al paragrafo precedente (con cui è stata agevolata la presentazione di proposte concorrenti di concordato da parte di una minoranza dei creditori), diviene ancora più attuale e realistico mediante l’introduzione di un procedimento competitivo quale quello contemplato dal nuovo art. 163-bis appena descritto.

Si osserva che l’obbligatorietà di ricercare offerte concorrenti nell’ipotesi poc’anzi descritta è stata introdotta dalla Legge di conversione del D.L. n. 83/2015, posto che la versione previgente di tale Decreto Legge prevedeva l’apertura di un procedimento competitivo solo qualora il Commissario avesse valutato come incongrua l’offerta contenuta nel piano concordatario.

Fermo restando la necessità di verificare l’iter di applicazione dell’art. 163-bis L.F., si rileva che tale norma se, da un lato, appare migliorativa per il ceto creditorio, dall’altro, per come formulata, potrebbe avere l’effetto di falsare le regole della concorrenza e conseguentemente dissuadere i soggetti interessati all’acquisto/affitto di un’azienda o di specifici beni dalla proposizione di un’offerta da cristallizzare nella proposta di concordato, considerato peraltro che, per effetto del nuovo automatismo, i nuovi soggetti interessati potrebbero ve-nire a conoscenza delle condizioni proposte dal primo potenziale acquirente.

Finanziamenti nel corso di una crisi aziendale

Ai sensi del nuovo art. 182-quinquies L.F., il Tribunale può autorizzare il debitore a contrarre finanziamenti prededucibili, funzionali a urgenti necessità relativi all’esercizio dell’attività aziendale, senza che sia necessario presentare l’attestazione da parte di un professionista. Il Tribunale può autorizzare il debitore a contrarre determinati finanziamenti senza l’attestazione di un professionista.

In particolare, tale facoltà è rivolta alternativamente al debitore che presenta: a) una domanda di ammissione al concordato preventivo c.d. in bianco (vale a dire quella domanda di concordato corredata principalmente dai bilanci della società e dall’elenco dei creditori, con riserva di presentazione successiva della ulteriore do-cumentazione richiesta dalla legge); ovvero b) una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione; ovvero ancora c) una proposta di accordo di ristrutturazione dei debiti (con cui il debitore, certificando che sono in corso trattative con i creditori rappresentanti almeno il 60% dei crediti e depositando

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la relazione di un professionista, fa istanza al Tribunale affinché vengano bloccate le azioni esecutive e cautelari). La richiesta può essere formulata dal debitore entro precisi limiti temporali individuati dalla norma ed il Tribunale provvederà con decreto motivato, sentito il Commissario Giudiziale (se nominato) e, in alcuni casi, anche i creditori principali (senza formalità).

Tale nuova disciplina persegue la finalità di aumentare la possibilità di riuscita di piani di risanamento dell’impresa in crisi, garantendo maggior speditezza ed efficienza nel ricorso al credito da parte del debitore in un momento così delicato, in cui l’apporto di nuova finanza riveste carattere strategico ai fini della capacità dell’impresa di onorare i propri impegni e di continuare ad operare nell’ottica di positiva risoluzione della crisi.

Ristrutturazione dei debiti

Infine, viene introdotto l’art. 182-septies, L.F., applicabile quando un’impresa pre-senti debiti verso banche e intermediari finanziari pari ad almeno la metà dell’indebitamento complessivo. In tali casi, il debitore potrà concludere un accordo di ristrutturazione con il 75% dei crediti delle categorie di banche e intermediari finanziari aventi tra loro posizione giuridica e interessi economici omogenei vincolando all’accordo anche i creditori (banche e intermediari finanziari) non aderenti, che appartengano alla medesima categoria. Se la metà dell’indebitamento è contratto con banche e intermediari l’impresa può concludere un accordo di ristrutturazione con il 75% dei crediti delle categorie di banche e intermediari finanziari aventi tra loro posizione giuridica e interessi economici omogenei , vincolando così la totalità dei creditori appartenenti a tale categoria. Affinché questi ultimi rimangano vincolati, tuttavia, è necessario che: a) abbiano posizione giuridica e interessi economici omogenei rispetto a quelli delle banche e intermediari finanziari aderenti; b) abbiano ricevuto complete e aggiornate informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria del debitore, nonché sull’accordo e sui suoi effetti e siano stati messi in condizione di partecipare alle trattative; c) possano risultare soddisfatti, in base all’accordo, in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili. Al fine di preservare il più possibile le ra-gioni delle banche e degli intermediari fi-nanziari non aderenti all’accordo, la Legge impedisce che a questi ultimi possa essere imposta l’esecuzione di nuove prestazioni, la concessione di affidamenti, il mantenimento della possibilità di utilizzare affidamenti esistenti o l’erogazione di nuovi fi-nanziamenti.

A prescindere dalla nuova disciplina introdotta, rimangono, in ogni caso, fermi i diritti dei creditori diversi da banche e intermediari finanziari. Pur nel rispetto dei diritti dei creditori di minoranza, la modifica in questione va, tuttavia, nel senso di agevolare la conclusione dell’accordo di ristrutturazione e, conseguentemente, favorire il celere risanamento

dell’impresa, evitando che una esigua percentuale di crediti possa bloccare o anche solo rallentare l’esito della pro-cedura.

Esecuzione del concordato

Al fine di assicurare il buon esito del concordato, la disciplina relativa alla fase di esecuzione viene integrata, in particolare sotto il profilo dei controlli da effettuare durante l’attuazione della proposta concordataria. Ed invero, l’art. 185 L.F. viene integrato con la previsione per cui qualora il Commissario Giudiziale rilevi che il debitore non sta provvedendo al compimento degli atti necessari a dare esecuzione alla suddetta proposta o ne sta ritardando il compimento, deve senza indugio riferirne al Tribunale il quale, sentito il debitore, può attribuire allo stesso Commissario Giudiziale i poteri necessari a provvedere in luogo del debitore al compimento degli atti a questo richiesti.Il debitore può essere sostituito dal Commissario Giudiziale nell’esecuzione del concordato se non compie, o ritarda, gli atti necessari al suo espletamento. La decisione spetta al Tribunale.

Anche il soggetto che ha presentato la proposta di concordato – cioè i creditori ai sensi del nuovo testo dell’art. 163 L.F. - approvata e omologata dai creditori ha diritto ad esercitare dei controlli diretti ad assicurare la migliore esecuzione del concordato. Invero, quest’ultimo può denunziare al Tribunale i ritardi o le omissioni da parte del debitore, mediante ricorso notificato al debitore e al Commissario Giudiziale, con il quale può chiedere al giudice di attribuire al Commissario Giudiziale i poteri necessari a provvedere in luogo del de-bitore al compimento degli atti a questo richiesti.

Fermo restando il disposto dell’articolo 173 L.F., che regola la revoca dell’ammissione al concordato per comportamento scorretto del debitore, il Tribunale, sentiti in camera di consiglio il debitore e il Commissario Giudiziale, può revocare l’organo amministrativo, se si tratta di società, e nominare un Amministratore Giudiziario, stabilendo la durata del suo incarico e attribuendogli il potere di compiere ogni atto necessario a dare esecuzione alla suddetta proposta, ivi incluso, in certi casi, quello di convocare l’assemblea straordinaria per deliberare un aumento di capitale e l’esercizio del voto nella stessa.

In chiusura dell’articolo, è stato altresì specificato che tali poteri, quando è stato nominato il Liquidatore, possono essere attribuiti direttamente a quest’ultimo. Le modifiche apportate all’articolo 186 L.F. rivestono un ruolo fondamentale nell’ottica di consentire la positiva conclusione del procedimento concordatario. Da esse emerge chiaramente l’intento del Legislatore di favorire, in caso di ritardo o inadem-pimento delle obbligazioni assunte dal debitore nell’ambito del concordato, la sostituzione di quest’ultimo con figure che agiscono o dovrebbero agire in modo maggiormente professionale ed efficace evitando, laddove possibile, la risoluzione del concordato.

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Altre rilevanti modifiche normative

Oltre alle novità normative sopra indicate, la Legge di conversione del D.L. n. 83/2015 ha apportato alla Legge Fallimentare ulteriori rilevanti modificazioni di seguito sinteticamente descritte.Il contenuto del piano concordatario, oltre alla descrizione delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta, dovrà indicare anche “l’utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile che il proponente si obbliga ad assicurare a ciascun creditore”.

Inoltre, nell’ottica di rendere maggiormente efficiente ed integrata l’azione dei singoli organi della procedura, sono state introdotte le seguenti disposizioni: • il Commissario Giudiziale, ai sensi dell’art. 165,

ultimo comma L.F., è tenuto a comunicare senza ritardo al Pubblico Ministero i fatti dei quali viene a conoscenza nello svolgimento delle proprie funzioni che possono essere rilevanti ai fini delle indagini preliminari in sede penale;

• la relazione sulle cause del dissesto, sulla condotta del debitore, sulle proposte di concordato e sulle garanze offerte ai creditori che il Commissario Giudiziale è tenuto a redigere in forza dell’art. 172 L.F., dovrà contenere anche l’indicazione delle utilità che, in caso di fallimento, possono essere apportate dalle azioni risarcitorie, recuperatorie o revocatorie che potrebbero essere promosse nei confronti di terzi.

Conclusioni

Nonostante gli intenti di integrare una disciplina già oltremodo complessa ed articolata, molti dubbi permangono tutt’ora in merito all’interpretazione letterale delle norme sopra citate ed alla loro conseguente implementazione. Ed infatti, già ad una prima lettura degli articoli come riformati, è possibile individuare diversi aspetti la cui attuazione rimane incerta. Indispensa-bile sarà, pertanto, ai fini dell’applicazione pratica e corretta interpretazione delle novità intervenute, il contributo esegetico degli operatori di settore.

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