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Elena Borella Le origini e la storia della tipografia nel fumetto Spagna. Raimondo Lullo, Vita Coetanea, 1311

Tipografia nel fumetto

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Il libro consiste in una ricerca tipografica del fumetto, analizza l'evoluzione della scrittura a mano libera fino alla scrittura in digitale.

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Elena Borella

Le origini e la storia della tipografia nel fumetto

Spagna. Raimondo Lullo, Vita Coetanea, 1311

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INDICE

Prefazione 1

IL PROTOFUMETTO 2-18Il rapporto testo immagine

IL FUMETTO VERO E PROPRIO 19-41Il fumetto negli Stati Uniti 19-35La ligne clair di Hergè 35-38Il Fumetto Italiano 38-41

AD OGNI GENERE IL PROPRIO CARATTERE 42-58Genere satirico/grottescoComic BookWill Eisner e il Graphic novelFumetto Underground

UN LAVORO DI SQUADRA 58-66Dall’originale al digitaleLa traduzione

SIRAFF: SISTEMA RANDOM DI SCRITTURA PER 66-73FUMETTI

L’ALFABETO OGAMICO 74-76

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Il carattere tipografico pone un problema semiotico interessante.Il problema è quello che sorge quando si pensa al contributo di senso che il carattere tipografico può dare a un testo verbale lungo, durante la fruizione del quale l’attenzione del lettore è interamente e giustamente presa dalle parole e dal loro significato.A essere estremisti, si dovrebbe dire che in situazioni come queste il carattere migliore è quello di cui la forma non si nota; perché se si guarda la sua forma, l’attenzione è parzialmente distratta dal leggere.In altre parole, il carattere migliore sarebbe quello la cui forma è invisibile, o meglio, del tutto trasparente.Tuttavia, se così fosse, non ci sarebbe ragione di possedere più di un font di caratteri da testo. Le cose, tuttavia, non stanno così. Certo, la questione della leggibilità è cruciale, e quindi la trasparenza formale del font è un requisito da cui non si può prescindere. Eppure, nonostante questo, la scelta resta ancora vasta.Credo che il punto stia nel fatto che il confine tra guardare e leggere non è netto, nemmeno nel passaggio da un atteggiamento all’altro. Nel momento in cui ci si accosti a una pagina di testo prima di iniziare a leggerla inevita-bilmente si veda, e dunque la si guardi. Per quanto superficiale e rapido sia questo guardare, perché si trasforma rapidamente in un leggere, comunque esso esiste e in quel momento di passaggio non solo il carattere tipografico non è trasparente, ma anzi è fondamentalmente la sola cosa che si vede. Così, data un’attesa per un carattere normale, il rispetto o la deviazione dalla norma ci predispongono genericamente nei confronti di quello che stiamo per leggere. Ma di questa predisposizione non restiamo consapevoli, pro-prio perché nel momento in cui siamo concentrati nella lettura, il carattere tipografico è già diventato trasparente. Da questo punto di vista, la letteratura a fumetti è più onesta: la sua richiesta di essere guardata, infatti, non si nasconde mai; e in qualsiasi momento siamo consapevoli tanto di stare leggendo il racconto quanto di stare guardando le sue figure. Possiamo pensare un tipo di scrittura le cui figure siano standard come i caratteri tipografici, ma continuino a farsi notare? Forse è una certa poesia visiva ma, di nuovo, la brevità del testo da leggere continua a essere essenziale per fare emergere il guardare.

Prefazione

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Cos’è un Protofumetto?: esempi tratti dalla storia letteraria ed artistica molto remota che precedettero di molto decenni anche di un buon secolo, la nascita dei fumetti veri e propri.Le più note procedure di integarzione grafico narrative consistono essenzialmente nella rap-presentazione di successioni di immagini a supporto di una narrazione storica o letteraria (storie ad immagini o illustrazioni a scopo didattico di un testo a carattere narrativo di genere religioso, mitologico, poetico letterario o storico), inoltre altrettanto importante seppur estremamente raro, l'uso di quello che la critica storico letteraria chiama filatterio, cioè quella "palla" che somiglia ad una nuvoletta di fumo, e che uscente dalla bocca dei personaggi disegnati, fa capire che si tratti di parole o discorsi da essi proferiti.

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IL PROTOFUMETTO

Il rapporto testo-immagine

L’esigenza di corredare un testo di un'immagine non è certo prerogativa soltanto del fumetto. Basti pensare alle scritte dedicatorie dell'antichità: da quelle che compaiono sulle pareti dipinte delle tombe egizie e spesso accom-pagnano le immagini della divinità e del faraone, committente dell'intera decorazione, all’iscrizione sul celeberrimo Auriga di Delfi che spiega come la vittoria dell'auriga esalti la gloria di Gelone tiranno di Gela. Il più delle volte, le scritte hanno funzione integrativa, poiché aggiungono informazioni a quelle che l’immagine fornisce già di per sé. Talvolta, invece, l’immagine va a corredare un testo illustrandone alcune parti, come avviene in un codice tardoantico, contenente le opere di Virgilio e conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana, il Virgilio vaticano.Ben diverso l’uso che delle immagini si fa in un’opera assai più tarda, ma non per questo meno legata al linguaggio figurativo della classicità, il Rotulo di Giosuè, databile al X secolo e conservato anch’esso nella Biblioteca Apostoli-ca Vaticana. Vi sono narrate le vicende della conquista della Terra Promessa da parte del popolo di Israele. Il Rotulo svolge il racconto non sulle pagine di un libro, ma sulla superficie di un nastro continuo di pergamena: compaiono scritte di supporto alle immagini, che consentono di conoscere i nomi dei personaggi, i popoli cui appartengono le truppe rappresentate ecc., mentre al di sotto scorre il testo con la narrazione vera e propria. Tale modo di abbin-are immagini e scritte denuncia un notevolissimo cambiamento di mentalità rispetto alle due colonne coclidi, dove la narrazione era intelligibile soltanto nel suo insieme perché la distanza che separava lo spettatore da gran parte delle scene ne limitava il completo godimento; in altri termini, pur narrando, si finiva per negare valore al racconto perché questo si perdeva ben presto nell’indistinguibile e quel che rimaneva chiaro era solo il “segno” globale della colonna; l’assenza di un testo esplicativo o di commento era dovuta alla stessa ragione. Nel Rotulo, invece, prevale l’idea del continuum narrativo.

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Una soluzione analoga a quella del Rotulo si ritrova nel ricamo di Bayeux, una tela di settanta metri sulla quale sono rappresentate le vicende della con-quista dell'Inghilterra da parte dei normanni. Il ricamo (talora erroneamente chiamato ‘arazzo') fu realizzato, forse a Canterbury, da ricamatrici anglosas-soni fra il 1066 e il 1082 all'indomani della battaglia di Hastings, che segnò il trionfo di Guglielmo il Conquistatore. Si può osservare come qui il rapporto fra il testo di commento e le immagini anticipi la relazione che si instaurerà fra questi due elementi nelle prime strisce comiche. Anche in questo caso, infatti, il racconto è diviso in scene, che non sarebbe esagerato chiamare vi-gnette, commentate dalla scritta latina soprastante: il testo, che è quanto mai scarno, si pone sullo stesso piano delle immagini, non è un elemento prepon-derante e le figure lo seguono passo passo. È proprio questo il tipo di rapporto testo-illustrazione che si ritroverà, a distanza di secoli, in alcune delle prime strisce comiche, per es. quelle degli Amours de Monsieur Vieux-Bois, create nel 1827 da R. Töpffer, o quelle, assai più note in Italia, del Signor Bonaven-tura, personaggio inventato da S. Tofano nel 1917.

Ricamo di Bayeux tela di 70 m periodicamente esposto nella cattedrale della cittadina dell’attuale Calvados in Normandia

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Un altro caso importante per l'innovazione del rapporto fra testo e immagine è costituito dalla Biblia pauperum o 'Bibbia dei poveri', un tipo di trattato medievale, diffuso soprattutto nei paesi di lingua germanica, con il quale si mirava a porre in evidenza le relazioni fra Antico e Nuovo Testamento. Si tratta di un Block-Book ovvero di un’unico blocco di legno inciso intorno alla metà del XV secolo in Olanda. Per evidenziarne l'interconnessione, nel medesimo foglio comparivano le immagini degli episodi vetero e neotesta-mentari da prendere in considerazione, con la conseguenza che il testo si parcellizzava, adeguandosi alle nuove esigenze illustrative. La relazione fra testo e immagine è perciò strettissima e tale che, proprio come nel moderno fumetto, l'uno senza l'altra non potrebbe sussistere. L'impianto delle pagine della Biblia pauperum ebbe larga diffusione attraverso la xilografia e andò a incidere profondamente sul futuro concetto d'illustrazione e di rapporto fra figura e testo.

“Biblia Pauporum”: Block-Book Bible non colorato situato nella Biblioteca dell’Università di Glasgow probabilmente XIV sec.

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Questa versione della Biblia Pauporum non è incisa su legno ma dipinta a mano.

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Esisteva inoltre nell’arte medievale la consuetudine di scrivere parole uscenti dalla bocche di alcuni personaggi, in modo da dare un’idea di ciò che stessero dicendo. Un caso esemplare è il cosiddetto “fumetto” di San Clemente, sito nella basilica inferiore di San Clemente a Roma, risalente all’XI secolo. Nella leggenda di Sisinno, le parole pronunciate dai personaggi dell’affresco, seb-bene prive di veri e propri balloon, escono dalle bocche dei personaggi.

San Clemente, sito nella basilica inferiore di San Clemente a Roma, risalente all’XI secolo.

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Anche in opere di carattere monumentale, talvolta, si ricorse all’espediente di porre una scritta in bocca a un personaggio. Ne sono un esempio le im-magini dell’Annunciazione dove, spesso, le parole pronunciate dall'arcangelo Gabriele fanno parte integrante della composizione; addirittura, nel caso della scena della Santissima Annunziata di Firenze, sono scritte a rovescio per sottolineare che il messaggio è solo per Maria, l’unica che possa leggerlo nel verso giusto. Sulla base di queste opere si può dire che la riflessione medievale sul rapporto testo-immagini è assai sofisticata e, in definitiva, molto più moderna di quella sviluppata non soltanto dalla classicità, ma anche dal Rinascimento.

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In alto Santissima Annunziata di FirenzeIn basso “Annunciazione” di Simone Martini

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Un'incisione di Raimondo Lullo del 1311 dalla cui bocca esce un filatterio, cioè un fumetto vero e proprio che recita: Lux mea est ipse dominus e cioè La mia luce è in Dio. Il termine tecnico filatterio è usato soprattutto dagli storici e dai critici della nona arte e cioè del cosiddetto fumetto. Il termine filatterio, tephilin in ebraico, è stato ripreso dall’uso da parte dei fedeli ebrei di legarsi alla fronte o al braccio durante la preghiera, delle strisce di per-gamene contenenti passi della Bibblia e conservati in due contenitori di cuoio.

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Francis Barlow “A true Narative of the Horrid Hellish Popish Plot”,1682

I primi veri tentativi di integrare il testo con le immagini in blocchi separati (vignette) con il testo inserito nelle didascalie e nei baloons avviene dopo la seconda metà del 1600 fino a protrarsi nel 1900 con la nascita vera e propria del fumetto.Uno tra i primi europei che realizzò un prototipo di “comic strip” fu Francis Barlow con “The Horrid Hellish Popish Plot” del 1682. In seguito si ricorda-no molti altri ‘protofumettisti’ quali William Hogarth, James Gillray, George Cruikshank e infine Rodolphe Töpffer.È evidente come nelle immagini che seguono, la scrittura non sia di stampo religioso come nella Bibbia Puaparum o nelle opere di Raimondo Lullo,non segue canoni precisi: la scrittura è molto calligrafica,il corsivo predomina e molte volte viene fatto scorrere il testo in verticale.Un’altra differenza rispetto ai fumetti del 1900 è sostanziamente quella che per ora il pubblico a cui sono destinate queste opere è ancora elitario, poichè si tratta di artefatti costosi,di difficile produzione essendo molti di questi incisi su rame. Inoltre l’alfabetizzazione non è ancora cosa diffusa almeno fino alla seconda metà del 1800.

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William Hogarth “The Bathos”, 1764

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James Gillray “The King of Brobdingnag and Gulliver”,1803

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James Gillray “Parnassus”,1783

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George Cruikshank “Trying on the Napoleon boots”, July 1829

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George Cruikshank “Vaccination”, 20 June 1808

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Nel 1827 Töpffer realizzò una storia, composta da immagini in successione accompagnate da didascalie, dal titolo Historie de M.Vieux Bois a cui,negli anni successivi, fecero seguito altri racconti simili. I lavori di Töpffer sono caratterizzati da una netta separazione tra i disegni e il testo: infatti non sono presenti filatteri o baloons, ma solo didascalie scritte in corsivo rappresentanti storie di vita quotidiana.La seconda metà dell’Ottocento, è anche il periodo di diffusione della stampa popolare cosa che coincide con il diffondersi dell’alfabetizzazione anche alle classi meno abbienti. Tipicamente, si giustifica l’uso delle immagini a scopo narrativo in questo contesto attraverso il fatto che sarebbero più facili e più immediate per un simile pubblico, ancora non pienamente alfabetizzato; e comunque sensibile alle trattazioni umoristiche, leggere, assai più che a quelle drammatiche.

Rodolphe Topffer “Histoire de M.Vieux Bois” dal manoscritto originale 1827

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Rodolphe Topffer “Histoire de M.Albert”

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Rodolphe Topffer “Histoire de M.Albert”

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Cos’è un fumetto? Può essere un passatempo per chi lo legge, un lavoro e anche un divertimento per chi lo inventa. Può essere un gioco, talora molto serio. Può essere un modo diverso di fare letteratura e arte, può essere un modo d’interpretare il mondo. Tuttavia, al di là delle rigide definizioni dei vocabolari, il fumetto è un particolare modo di porre in relazione l’immagine con il testo, anzi è un modo assai sofisticato d’intendere questo rapporto, cui si è giunti al termine di un lungo, inconsapevole percorso attraverso la storia dell’arte di diverse epoche.

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Il fumetto, che è certamente un tipo di narrazione per immagini, non esiste prima del 1895, e quello che fa la differenza tra Outcault e Töpffer non è un salto di qualità espressiva, bensì il sistema di produzione e consumo che li circonda e all’interno del quale il lavoro di Töpffer appare come una curiosità mentre quello di Outcault come una novità di tale successo che bisogna im-mediatamente imitarlo.Il vero problema consisteva nel condensare in un’unica pagina una vicenda.Dal punto di vista dell’immagine, il disegno deve essere tale da dare al lettore la massima informazione con il minimo uso di segni. Per questo il disegno del fumetto mira, sin dalla sua origine, all’essenzialità. Nel disegnare Yel-low Kid Richard Felton Outcault doveva inventarsi un segno che di artistico avesse ben poco. Queste vicende richiedono una visione e una lettura lenta: la medesima figura richiede di essere percorsa più volte dall’occhio, per essere compresa appieno. Outcault e i suoi colleghi non possono permettersi di far spendere al lettore del tempo nel riflettere sul proprio segno grafico. Questo deve esser quindi neutro, il più standard e al tempo stesso il più efficace possibile: efficace perché il suo scopo non è quello di illustrare una storia già nota, ma di dare al lettore gli elementi per comprendere una storia che sta accadendo davanti ai suoi occhi. Il carattere utilizzato inizia ad essere in maiuscolo prima scritto solo sul camicione del protagonista poi in veri e propri baloons. Il testo non è ancora allineato perfettamente, ma si distingue certamente dai lavori di Cruikshank e di Topffer. La chiarezza del testo si fa, quindi, a pari passo con il disegno, più semplice e fruibile ad un pubblico più numeroso.

Il Fumetto negli Stati

IL FUMETTO VERO E PROPRIO

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Outcault “Yellow Kid” (New York Journal, December 27, 1896)

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Outcault “Yellow Kid” (New York Journal, November 8, 1896)

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Outcault “The yellow Kid” (New York Journal, October 25 1896)

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Frederick Burr Opper “Happy Hooligan” (1899)

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Rudolph Dirks “Katzenjammer Kids” (1897)

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Quando, intorno alla metà del primo decennio del secolo, Windsor McCay e Lyonel Feininger iniziano a creare i loro capolavori a fumetti, vengono meno talvolta alla regola della semplicità visiva delle immagini, ma non alle altre. E comunque, la raffinatezza del loro segno grafico è del tutto funzionale alla resa nel più breve spazio possibile delle loro vicende oniriche o surreali. In altre parole: sono i testi che si sono fatti più complessi, ma la brevità, l'essenzialità con cui vengono raccontate le storie è la medesima; anzi, forse, rispetto a Outcault, persino maggiore.

Windsor McCay “Hindenburg is right”

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Frank King “Gasoline Alley” 1932

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Frank King “Gasoline Alley”, 1932

L’immagine,i colori,i baloons e i testi scritti sono collegati da un filo logico.Come altri autori dopo di lui, Frank King cerca di mantenere una forte coerenza tra il paesaggio desertico e i bianchi nel baloon con un carattere del testo sottile, chiaro e pulito senza forti variazioni e un notevole spazio tra le parole.

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George Herrimann

Il lavoro di George Herriman, serializzato per trent’anni sui quotidiani sta-tunitensi senza cadute di tono, esprime benissimo la natura del fumetto: un rapporto fortissimo e complice, quasi vero amore, tra parole e immagini. Un equilibrio fragile che tradisce la propria stabilità ogni volta che si tenta una traduzione: passando dalla lingua originaria a un’altra, le parole iniziano a cascare male sui disegni e tutto quello che era perfezione formale suona più rigido. Già, perché la giustapposizione complice di segni iconici e verbali fun-ziona in Krazy Kat anche grazie alle storpiature linguistiche e ortografiche e al lettering acuminato e sghembo che fioriscono dalla bocca dei personaggi.

George Herriman “Crazy Cat”

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Cliff Sterrett, Due dettaglio di “Polly and Her Pals”, Sunday strip, September 11, 1927

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Come anche Gluyas Williams, Jimmy Swinnertonnon utilizza i baloon o una didascalia all’esterno dell’immagine,ma inserisce il testo all’interno di essa a discapito a volte della leggibilità del carattere lineare,ma molto sottile e opaco.

In alto Jimmy Swinnerton In basso Gluyas Williams

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L’utilizzo del maiuscolo è,come si può notare dalle immagini,comune a molti fumettisti a differenza di come avveniva nell’800 dove la maggioranza delle narrazioni per immagini veniva eseguita in minuscolo e soprattutto in corsivo.Questo può trovare una parziale spiegazione nel fatto che solo dopo Yellow Kid di Outcault il fumetto incomincia ad essere un fenomeno di massa ed è proprio da quel momento che appaiono sempre di più narrazioni per im-magini in maiuscolo. Il maiuscolo, infatti, è visivamente meno elegante, ma più semplice e spesso rispecchia il carattere informale del fumetto.Nonostante questa constatazione non mancano comunque esempi più recenti di fumetti scritti in minuscolo.

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The Riples Sunday Strio 1941

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Noel Sickles fu un fonte di ispirazione per Milton Caniff e insieme collaborarono per la realiz-zazione di “Scorchy Smith”. La particolarità di Noel Sickles fu un’utilizzo accentuato del giochi chiaroscurali sia nelle immagini quanto nel testo. (1935)

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Tarpe Mills “Miss Fury” Sunday strip, 1944

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Albert Chartier Original strip Settembre 1962

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La ligne clair di Hergè

La linea chiara è un linguaggio grafico caratterizzato da nitidezza, luminosità e colore, che trovò la sua più piena espressione in Hergé,l'autore delle Avven-ture di Tintin,e, in generale, nello stile grafico associato alla omonima rivista.L'espressione, in senso più largo, è usata per riferirsi anche a un particolare stile narrativo che, in aggiunta all'espressione grafica, si caratterizza per pre-diligere vignette di dimensioni regolari, inquadrate di norma su campi lunghi o almeno piani larghi, in cui vengono evitati i primi piani sottolineando l'attenzione sull'ambiente circostante piuttosto che sulla figura.La ligne claire consiste in un segno grafico chiaro e preciso, improntato a un tratto di grande pulizia ed estrema leggibilità, segnato da linee nere, solo lievemente e morbidamente modulate, aliene da tratteggi e sfumature, che delimitano con nettezza contorni chiusi, in cui ogni elemento della composiz-ione grafica è trattato uniformemente. La chiarezza del segno è ulteriormente sottolineata dalla consapevole e ricercata assenza di ogni ombreggiatura e dall'uso limitato dei neri, che sono sempre pieni, in un disegno esente da ogni sorta di «sporcatura».La 'linea chiara' è considerato un tratto peculiare e originario del fumetto di area franco-belga, una cifra stilistica che, fin dai primissimi esordi delle bandes dessinées, ha marcato l'autonomia stilistica dell'area francofona ris-petto alla lezione fumettistica statunitense.In séguito, e soprattutto con gli anni '70, la modalità espressiva della 'linea chiara' conoscerà un notevole successo anche al di fuori dell'area francofona, soprattutto in Italia.

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The orginal by Hergé for Tintin (1939) Museo del fumetto di Bruxelles

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La linea chiara in Giardino

Vittorio Giardino, fumettista italiano, raffina con gli anni la sua tecnica con la “linea chiara”di Hergè. Nei suoi fumetti vengono ignorate alcune simboliz-zazioni grafiche(stelle per dolore, sudore per tensione, lampadina per idea); altri segni grafici ignorati sono i contorni dei balloons; importanza primaria viene data alla simulazione di una colonna sonora, con cui Giardino cerca di adempiere alla mancanza del suono nel fumetto. Si nota subito l’uso dello stampatello minuscolo nei balloons; il grassetto è usato con molta parsimonia, a indicare l’innalzamento della voce; altra caratteristica in Giardino è la scrit-tura a mano delle lettere; canonico uso dei puntini di sospensione, con le più svariate funzioni (tra cui cambio di turno in conversazione).

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In Italia, la diffusione delle prime strisce comiche è legata al Corriere dei Pic-coli, supplemento domenicale del Corriere della sera, diretto e fondato da S. Spaventa Filippi, e ricco di collaboratori di valore, sia scrittori sia illustratori; tra questi ultimi vi erano A. Rubino,A. Mussino, B. Angoletta. Sulle pagine del Corriere dei Piccoli i testi erano affidati a tradizionali didascalie battute a macchina, per lo più in versi ottonari a rima baciata, che vennero abbando-nate solo negli anni Sessanta. Motivo di tale scelta fu dovuta al fatto che i bal-loon costituivano un eccessivo vuoto grafico non gradito ad Antonio Rubino, inoltre la cultura letteraria del tempo era ancora lontana dal concepire libri per l’infanzia finalizzati al puro intrattenimento. Il fumetto quindi era visto come puro strumento educativo, atto a contribuire alla formazione dei giovani ragazzi.

Il Fumetto Italiano

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Corriere delle Sera 10 Luglio 1938

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Con l’avvento del fascismo il Corriere dei Piccoli divenne medium della pro-paganda nazionalista di regime. Nel febbraio del 1923 nelle edicole italiane compare Il Balilla, giornalino a fumetti propagandistico in forte concorrenza con il Corrierino, dal quale infatti prese ispirazione per la grafica, e che pro-pose nuove storie incentrate sui primi eroi del fumetto italiano. Il primo settimanale italiano a fumetti pubblicato fu Jumbo, apparso in edi-cola il 17 dicembre 1932, il quale pubblicava storie a puntate di produzione inglese e propose una convivenza tra la vecchia didascalia e il ballon.Nel 1934 Nerbini pubblicò L’Avventuroso che ebbe molto successo per l’eliminazione delle didascalie a favore dei ballons e ospitò quasi esclusiva-mente fumetti d’avventura americani.Anche altre testate periodiche come L’Audace e L’Intrepido pubblicarono soprattutto materiale americano. Nel 1936 nacque il settimanale di orientam-ento cattolico Il Vittorioso, pubblicato fino al 1966 e che propose una serie di fumetti rigorosamente dal sapore nazionale.Nel frattempo il fumetto avventuroso statunitense continuava a collezionare un crescente numero di appassionati. Ma nel 1938 il regime cercò di opporsi ai contagiosi comics americani proibendone la pubblicazione delle storie, tranne che per Topolino. Presto in Italia cominciarono ad apparire i primi eroi nostrani, sostitutivi di quelli americani, ma non inferiori per qualità o originalità. Comunque finalmente le vecchie didascalie rimate cominciarono a essere sostituite dai più moderni e dinamici balloons di ispirazione ameri-cana.

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“L’avventuroso” Nerbini editore 1934

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“Il Vittorioso” Nerbini editore 1956

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AD OGNI GENERE IL PROPRIO CARATTERE

Nei film non si può cambiare la dimensione e la forma dello schermo: tutte le scene, dall'inizio alla fine di un film sono inquadrate nello stesso rettan-golo. Invece, le vignette di una storia a fumetti possono variare di grandezza e di forma quanto si vuole. Spesso la vignetta viene disegnata più grande in proprzione alla quantità di testo da inserire, altre volte perchè l’autore vuole sottolineare un passaggio importante; le vignette di forma irregolare vengono invece usate spesso per dare un'impressione di movimento anche alla pagina, e non solo ai personaggi rappresentati. Le pagine piene di forme curve o a zigzag sono più adatte per i fumetti grotteschi e in generale per bambini, mentre forme più lineari e pulite sono destinate per fumetti con un pubblico adulto. I rumori, nel fumetto, sono sempre degli oggetti un po' particolari, che i bravi disegnatori sanno caricare di espressività, facendoli più grandi, o più colorati, o addirittura tridimensionali. Il modo in cui un rumore viene scritto è importante per dare l'idea di quanto è forte,vicino o lontano. Fuori dai balloon ci sono parole che non sono pronunciate dai personaggi, ma che servono per raccontare meglio la storia. Ci sono semplici espressioni come “Un'ora dopo”, ma anche racconti più dettagliati, che in alcuni fumetti ac-compagnano tutte le vignette. Bisogna tenere presente che il fumetto è un lin-guaggio che ha delle parentele: da un lato è parente del cinema, perché come il cinema racconta con le immagini, dall'altro è parente della letteratura, per-ché come i romanzi è stampato su carta e fa uso delle parole scritte. Allora, i fumetti che non hanno parole fuori dai balloon vogliono assomigliare un po' di più al cinema, mentre quelli che ne hanno moltissime vogliono assomigli-are un po' di più ai romanzi. Queste distinzioni tra fumetto e fumetto non hanno delle regole ferree, ma si può notare come negli stessi generi ricorrono gli stessi particolare soprattutto per quanto riguarda il lettering e l’ossatura della vignetta.

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Bonvi, per esempio nelle sue celebri Sturmtruppen, ragionava in orizzontale sia nelle immagini che nei baloons nei quali al fine di mantenere la stessa linea dritta per tutto il testo tracciava le righe con una matita blu, per non doverle cancellare dopo l'inchiostrazione.

Il genere grottesco è principalmente rivolto ai bambini.Sia le immagini che il carattere utilizzato, quindi, saranno caratterizzati da un tratto morbido, curvilineo; lo stile sarà giocoso e irregolare e con l’arrivo dei comic book anche molto colorato e vivace. Iniazialmente però le uscite dei fumetti seriali avvenivano solo nei quotidiani: dominava il bianco e nero ed il pubblico era forse più vasto.I fumettisti erano tenuti a realizzare interamente il lavoro di creazione di un fumetto dalla sceneggiatura al lettering e sebbene questo portava numerosi svantaggi tra i quali i tempi di realizzazione più lunghi e la mancanza di tecnologie al fine di perfezionare il lavoro, il fumetto finale presentava una coerenza di fondo che manca a molti lavori odierni. Il lettering infatti era completamante integrato all’immagine sebbene diviso da quest’ultima dai baloons. Lo stile era chiaramente da attribuire alla medesima mano e niente era lasciato al caso.

Genere satirico/grottesco

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Franco Bonvicini nelle Sturmtruppen rappresentava la sua personale parodia della vita militare e il nazismo, che ridicolizzava, portando il formato delle daily strip americane anche in Italia.

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Jacovitti utilizzava il pennino per eseguire il lettering. Nelle sue prime storie c'erano dei letteristi, ma in seguito fu lui ad occuparsene, con risultati decisa-mente migliori. Il testo veniva sempre scritto prima a matita e poi ripassato a china. Era solito utilizzare un unico pennino per l'inchiostrazione, il famoso Perry inglese, e con quello eseguiva anche il lettering. Per ispessire il tratto, nel caso di personaggi in primo piano o, nel lettering, per sottolineare un concetto o simulare un grido, ci ripassava più volte sopra:un lavoro degno del più meticoloso amanuense, che lo ha reso unico nel suo genere. La costruzione del balloon è in funzione anch’essa dello stile grafico dell’autore. Ad uno stile umoristico non si addicono balloon creati con curvilinei ed ellissometri, ma disegnati a mano libera secondo l’estro dell’autore. I balloon utilizzati da Jacovitti sono rettangoli dai bordi arrotondati e molte volte si adattano alla forma della vignetta:

Perry inglese

Lo strumento tradizionale del vignettista è la cannuccia a cui si attacca il pennino.Vi sono vari pennini, che generano diverse qualità del tratto, il perry inglese è uno di questi: deve essere abbastanza flessibile e deve essere utilizzato solo da una mano esperta altrimenti si rischia di rovinare la tavola con solchi e sbavature. Esistono due tipi di cannuccia, corta o lunga, anche questa scelta è dettata dalla preferenza personale.

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Benito Jacovitti “Cocco Bill” del 1963.

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Schulz, il padre dei Peanuts, usava abbozzare il lettering nella vignetta, poi, definita l'area che avrebbe occupato, lo riscriveva per bene a matita, lo ripas-sava quindi con una matita più dura per inchiostrarlo infine col pennino:

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Con l’avvento dei Comic Book il mondo del fumetto fino ad all’ora conosciu-to viene stravolto: il colore si fa protagonista della scena, le didascalie sono a volte più rilevanti del testo all’interno dei baloons e di conseguenza sono evi-denziate e rese preponderanti. Il lettering si semplifica e sembra quasi appiat-tirsi, omologarsi poichè viene usato senza variazioni sia in Spider Man che in Flash Gordon che in Batman ecc...I fumetti attraverso questi nuovi espedienti diventano di più facile, quasi frettolosa lettura ed il contenuto predomina di gran lunga sulla forma.

Comic Book

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Steve Ditko “Spider Man”, la pagina finale di Amazing Fantasy #15, agosto 1962

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Carmine Infantino e Murphy Anderson “The Flash” 1965

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I precedenti esempi erano propri di Autori dallo stile umoristico e grottesco ed eroici, ma per il genere realistico occorrono caratteri più seriosi. Il lettering è molto lineare, quasi da calligrafo, e si addice perfettamente al genere narrato. Si può quindi stabilire che ad ogni stile corrisponde un lettering.Si provi ad immaginare come apparirebbe una tavola di Dylan Dog col letter-ing di Silver per Lupo Alberto... o viceversa! Si noterebbe, in entrambi i casi, una stonatura. Lo studio del lettering è importante anche nei fumetti, in cui le onomatopee vengono spesso elaborate in modo tale che passano dallo stato di “scritta” allo stato di “disegno”.

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Purtroppo nella storia del fumetto troviamo anche del testo non fatto da un letterista o dall’autore stesso, ma spesso battuto a macchina o utilizzando car-atteri quali l’Helvetica del tutto estranei al mondo fumettistico. Una vignetta per quanto possa essere disegnata bene perde tutto il suo fascino con una scrittura che si discosta così tanto dalla linea di fondo. Esempi di questi errori di forma li troviamo in molti fumetti della Disney come Topolino nei fumetti italiani del Corriere dei Piccoli e in altri autori quali Bernard Krigstein, Crockett Johnson, Alan Friedman e molti altri.

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Bernard Krigstein Original Art for two panels from “The Bath”, 1954

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Cos’è il Grafic Novel?Il romanzo grafico è un formato di fumetto in cui le storie sono più lunghe, autoconclusive e in genere rivolte ad un pubblico adulto.Una tra le prime storie a fumetti ad autodefinirsi romanzo grafico fu Contratto con Dio, pub-blicata da Will Eisner nel 1978 (la prima ad usare il termine è però Bloodstar di Richard Corben del 1975), ma la nascita vera e propria del genere è da farsi risalire a tempi più lontani, considerando solo che nel 1967 Hugo Pratt già aveva pubblicato Una ballata del mare salato, opera prima della serie delle avventure di Corto Maltese, considerata un vero e proprio "romanzo a fumetti". Autori di graphic novel possono considerarsi, ad esempio, Alan Moore e Jiro Taniguchi.Nel corso degli anni molti stilemi di questo genere, come lo spessore narrativo e la carat-terizzazione psicologica dei personaggi, hanno profondamente influenzato tutto il panorama fumettistico, segnandone la crescita artistica. È una tipologia di fumetto molto curata e lavorata, in cui viene utilizzata tipologia di carta più pregiata rispetto ai classici fumetti. La sua distribuzione avviene in genere nelle librerie e non nelle edicole.

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Will Eisner e il Graphic novel

È stato un autore di fumetti statunitense. Considerato uno dei più importanti autori di fumetti di tutti i tempi è un punto di riferimento per gran parte degli autori contemporanei. È stato disegnatore,colorista,letterista,scrittore,tipografo,editore,redattore,pubblicitario,imprenditore,insegnante,saggista,studioso,conferenziere e,nel corso di una carriera lunga quasi settant’anni,ha scritto e disegnato storie a fumetti,pubblicato riviste,prodotto volumi e ogni tipo di progetto speciale per l’editoria,come riviste per l’esercito,manuali didattici e di procedura parlamentare.Guardando il fumetto nel contesto dei mass media lo possiamo analizzare con le problematiche e gli schemi di avvicinameno e di studio vicini agli approcci che si hanno nei riguardi di quelli più diffusi come la radio, la televisione e i giornali.Will Eisner, dal 1936 al 2005 ha pensato al fumetto proprio in questo modo, per comunicare di volta in volta un messaggio differente. Nessuno come lui per quantità e qualità si è espresso con il fumetto, tracciandone le nuove strade sperimentando l’idea delle influenze tra i vari linguaggi.“The Spirit” per esempio è vicino al linguaggio cinematografico per in-quadrature e narrazione.alcuni suoi graphic novel sono molto teatrali,altri sono invece racconti derivati da testi classici con contenuti lontani da quelli che usualmente il pensiero comune attribuisce ai fumetti. Eisner propone il trattamento visivo delle parole come forma di arte grafica, l’inserimento cioè delle parole come estenzione dell’immagine. Le lettere dell’alfabeto,scritte in questo determinato stile,contribuiscono a fomare il significato e ad au-mentare il coinvolgimento emotivo del lettore. L’immagine in questo caso è imprescindibile dal testo e viceversa. La vignetta è, e deve essere vista, come unità di senso nel suo insieme. Un oggetto visivo è la fomra più pura di arte sequenziale perchè cerca di impiegare una mescolanza di lettere e immagini come un linguaggio per la narrazione.

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Will Eisner Original Spirit pages

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...“Non importa come sia fatto, la cosa deve essere un tutt’uno coeso, una volta finito, ci deve essere un sentore che almeno le cose abbiano la stessa appartenenza prima ancora che vengano messe sulla pagina, che le figure nell’immagine siano fuse in modo tale da impedire di vedere come esse possano esistere come entità separate.”...“Penso che i fumetti siano qualcosa con testo e immagini. Non tengo mai sketchbook o scarabocchi, uso le immagini solo mentre sto scrivendo una storia, so le immagini per realizzare una storia.”...

EDDIE CAMPBELL (collaboratore di Alan Moore)

Universalmente riconosciuto come il più grande autore di fumetti vivente, Alan Moore è il padre di capolavori della letteratura disegnata come V for Vendetta, Watchmen e From Hell: opere che hanno influito sul medium fumetto come poche altre. Dall’idea al messaggio, dal messaggio al soggetto, dal soggetto alla sceneg-giatura. Il processo creativo alla base della scrittura (di fumetti, ma non solo), eviscerato da Alan Moore il quale compie un percorso ragionato attraverso le potenzialità e le peculiarità del linguaggio fumetto, approcciandosi alla mate-ria in maniera originale e assolutamente innovativa, come soltanto un genio può fare. Come nascono le idee? Come è possibile imbrigliarle in una narrazi-one coerente? Moore stabilisce principi di sceneggiatura a partire dall’analisi delle proprie storie, generalizzando e dissezionando un sistema di narrazione unico ed efficace. Prassi comune negli Stati Uniti è realizzare sceneggiature poco dettagliate l’eccezione è Alan Moore, che scrive sceneggiature dettagli-atissime, dove descrive minuziosamente cosa vuole in ogni singola vignetta.

Alan Moore

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“Watchman” realizzato da Alan Moore e scritto da Dave Gibbons.

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Protagonista della scena del fumetto underground britannico sul finire degli anni Sessanta, nel tempo Talbot si è affermato come un maestro del genere. Le qualità che fanno di lui un punto di riferimento indiscusso ancora oggi per gli amanti del fumetto sono la scrittura, sorprendente, raffinata e capace di spaziare su registri e piani narrativi molto diversi e il tratto, ricco e par-ticolareggiato, la cui estetica, dopo tanti anni di carriera, è sempre capace di rinnovarsi. La collana che raccoglie le opere di Talbot presenta formati diversi, rispettosi dell’edizione originale e rappresenta una panoramica esau-stiva e accurata della sua produzione, dalle prime opere alle più recenti.

Fumetto Underground

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Featured artwork from Alice in Sunderland, 2007 Bryan Talbot/Jonathan Cape

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Dino Buzzati

Poema a fumetti è un'opera singolare anche nel composito mondo di Dino Buzzati. Vero racconto in versi illustrato con tavole a fumetti: è lo stesso Buz-zati l'autore di tutte le illustrazioni. Esempio anticipatore e modernissimo di una tecnica: la contaminazione dei generi, che oggi è sempre più utilizzata, anche grazie all'evoluzione dei mezzi tecnologici, in particolare dell'ipertesto. Sintesi piacevolissima e completa, in poesia e fumetti, di tutti i temi che carat-terizzano le opere di Buzzati: sogni, ossessioni, sesso, morte, amore, vita. Tema centrale dell'opera la rivisitazione di un grande mito epico: Orfeo e Euridice , attraverso l'uso dei versi di numerosi e differenti autori e i fumetti di Buzzati; utilizzando il nudo, la pop-art e le autocitazioni. L'incontro tra Buzzati e il fumetto non è stato casuale: la sua vocazione al fantastico è del tutto simile alla vocazione al fantastico che attraversa da sempre le storie a fumetti: dai primordi di Yellow Kid, fino a Tex, ai superoi con superproblemi della Marvel, al moralismo alla rovescia degli eroi del noir e delle pin up anni '70-'80.Dino Buzzati prende ispirazione da Guy Peellaert, autore, nel 1966 e 1968 di due albi che appartengono alla storia del fumetto della migliore qualità, gli unici che abbiano davvero portato nel fumetto l’universo dell’immagine psichedelica.Sicuramente, quello stile fatto di linee semplici e forti e di forti contrasti era già congeniale a Buzzati ancora prima di incrociare Peellaert, come si può vedere dai suoi dipinti; ma non c’è solo quello a tradire l’ispirazione peel-laertiana. L’erotismo ostentato e parodiato dei fumetti di Peellaert viene fuori tutto nel Poema a fumetti, in chiave più melanconica e meno dirompente, ma con la stessa carica provocatoria per la cultura bigotta di quegli anni.Sebbene ci siano dei punti di incontro tra i due tutto viene meno quando si guarda il “carattere”: nel primo la forma del lettering si identifica perfet-tamente con il disegno, ma lo spazio delle lettere non è ben studiato e molte volte si possono notare dei restringimenti verso la fine del baloon; in Dino Buzzati, il lettering è ben inserito nello spazio, ma non ha una personalità così preponderante come in Peellaert.

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Guy Peellaert "Jodelle"

Dino Buzzati "Poema a fumetti"

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Agli inizi della pubblicazione dei fumetti nei quotidiani il ruolo di scrittore,artista,sceneggiatore e letterista, erano svolti,come abbiamo visto,dalla stessa persona. Ma con l’affermazione del genere e con la seguente forte popolarità dei fumettisti considerati dei veri e propri artisti,si cominciò a parcellizzare il lavoro. Più persone collaboravano al fine di realizzare quello che prima veniva creato da una sola persona;si delinearono così nuove figure lavorative:lo scrittore,il letterista,l’inchiostratore,il colorista con uno stuolo di assistenti al seguito che molto spesso completavano parti di lavoro.Nei fumetti americani di supereroi, per esempio, di solito sono autori diversi che realiz-zano soggetto e sceneggiatura, matite, chine, colori e lettering; e c’è perfino un’altra persona, l’editor o supervisore, che controlla che tutto funzioni. Neifumetti europei, argentini e giapponesi, più spesso gli autori sono soltanto due, uno per soggetto e sceneggiatura e l’altro per i disegni.Si comincia con l’idea di un racconto, che viene chiamata soggetto. Il sogetto è ancora un’idea non sviluppata, o sviluppata solo in parte. La sceneggiatura è una descrizione molto precisa del fumetto che si vuole realizzare, dove si descrive il contenuto di ogni vignetta e tutto quello che i personaggi dicono, e inoltre tutto quello che deve essere scritto nelle vignette e tra una vignetta e l’altra. A questo punto si può iniziare a disegnare. Prima di tutto le pagine a fumetti vengono realizzate a matita, e il disegnatore che fa le matite (cioè che realizza a matita i disegni) deve decidere inquadrature e posizioni dei personaggi, rispetto a quello che dice la sceneggiatura, magari qualche volta correggendo quello che vi trova scritto.La maggior parte dei fumetti sono poi ripassati a china, per mezzo del pen-nino o del pennello, lasciando però bianchi gli spazi per le parole. Poi c’è la colorazione, quando serve, e infine il lettering, cioè la scrittura dei testi nei balloon e negli altri spazi lasciati apposta.E’ solo a questo punto che i fumetti possono essere stampati.

UN LAVORO DI SQUADRA

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Il lavoro del letterista freelancer si delineò maggiormente dagli anni 50 in poi; uno tra gli esponenti di maggiore spessore nel campo del lettering nei fumetti fu Todd Klein il quale lavorò con scrittori quali Neil Gaiman, Alan Moore, Bill Willingham e molti altri,e collaborò con altri artisti come J.H. Williams III, Gene Ha, Don Rosa, Michael Kaluta, Mark Buckingham, Kevin O’Neill e Alex Ross. In modo particolare lavorò nel lettering di alcuni fumetti con Dave Gibbons, artista e scrittore nonchè letterista.

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“Tales of the green lantern corps” Todd Klein e Dave Gibbons, 1982

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Dall’originale al digitale

Fino agli anni 90 il lettering veniva scritto solo a mano, adesso invece è pos-sibile farlo al computer anche se gran parte dell’opera è ancora fatta a mano, poi acquisita su un computer.Il primo esempio di lettering creato a computer si può vedere nelle opere dall’artista e scritoore John Byrne, che ha utilizzato un font già esistente per risparmiare tempo. Purtroppo, Byrne ha fatto l’errore di usare caratteri esist-enti di altre persone senza sempre ottenere il loro consenso, come in questo caso, in cui il lettering è stato realizzato da Dave Gibbons.

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Ma la diffusione vera e propria del lettering realizzato a computer avvenne durante gli anni 90.Tra gli esponenti di maggior rilievo c’è Richard Starkings e il suo socio John Gaushell i quali creano un libro di caratteri per fumetti chiamato COMICRAFT. Richard fu il primo a promuovere il suo lettering con caratteri da lui stesso inventati e a venederli sul sito da lui creato.

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Anche lo stesso Todd Klein iniziò a realizzare personalmente i font in digitale creandone per la sua libreria più di cento. Di seguito alcuni dei caratteri che compaiono nei suoi lavori:

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Il Comic Sans è il font più odiato tra gli appassionati di fumetto ed esperti di calligrafia e design nonché tra i più diffusi grazie alla sua presenza tra i font di Microsoft Word e al suo utilizzo da parte di chiunque voglia dare un aspetto fumettoso alle proprie creazioni, si tratti di fumetti, volantini, magliette o quant’altro.Il suo autore, Vincent Connare, designer che lo creò per la Microsoft si ispirò a due font in particolare: quello ideato da John Costanza per Il ritorno del cavaliere oscuro e quello ideato da Dave Gibbons per Watchmen. Todd Klein, coglie l’occasione per analizzare il font sul proprio blog, parago-nandolo ai font di Watchmen e Il ritorno del cavaliere oscuro, sottolineando alcuni problemi della creatura di Connare come ad esempio la mancanza di una versione Italic dell’intero font o le proporzioni sballate tra alcuni caratteri.

La prima colonna presenta il lettering di Watchman, la seconda de Il ritorno del cavaliere oscuro e la terza il Comic Sans di Vincent Connare. Partendo dal presupposto che i primi sono stati modificati leggermente essendo stati scritti e pensati a mano e non a computer, il Comic Sans è stato realizzato completamente con il mouse e con le diffcoltà che esso comporta. A parte questa diffcoltà tecnica il font manca di varietà di spessori e di chiaroscuri. La differenza tra minuscole e maiuscole non è rispettata e non esiste la versione Italic utilizzata invece molto spesso nei fumetti.

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Comic Sans

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La traduzione

Dopo la consegna della traduzione, questa viene editata (cioè rivista e cor-retta dall’editor/redattore della pubblicazione) e letterata. La fase successiva è la correzione bozze, che avviene sul lavoro già impostato graficamente. Sulla base dei contenuti riepilogati nel timone, viene poi assemblato il menabò, una guida per la tipografia composta da tutto il materiale passato attraverso le varie fasi di correzione. La tipografia elabora il materiale ricevuto dalla casa editrice in un documento pdf, da cui realizza la cianografica, la bozza finale su cui si effettuano gli ultimi controlli prima dell’incisione delle lastre per la stam-pa. In tutte le fasi, le pubblicazioni originali del fumetto a cui si sta lavorando rappresentano il termine di paragone per tutti controlli del caso: difformità nei colori, font, posizionamento dei testi e così via.Il letterista americano compie un lavoro molto grafico: riceve dal disegnatore schizzi o layout, sulla base dei quali imposta la pagina, in cui crea e inserisce tutto ciò che non è disegno. Per i fumetti originalmente americani, il letterista italiano riceve un file con le immagini (cioè i disegni della storia a fumetti, già a colori se lo è l’edizione) e un file EPS, contenente balloon, didascalie e onomatopee con i testi originali. Il suo compito è più meccanico: assemblare il materiale, inserire i testi tradotti e compiere gli adattamenti necessari.Non sempre vengono fornite indicazioni specifiche e quando necessario il letterista agisce in base al suo giudizio e gusto personale, proponendo delle soluzioni che verranno poi valutate nelle successive fasi di correzione.Uno dei programmi di impaginazione più usato dai letteristi italiani per assem-blare testo e immagini è QuarkXPress, mentre i letteristi americani utilizzano Adobe Illustrator, con cui creano balloon e didascalie. Per l’elaborazione delle immagini è invece è di uso comune il diffusissimo Adobe Photoshop. Nel caso del fumetto giapponese i materiali forniti spesso contengono già i testi originali, che devono essere rimossi dal letterista, lavorando direttamente sull’immagine.Nel manga lettering e adattamento sono considerati distintamente.In par-ticolare, nella gestione delle onomatopee è considerato lavoro di lettering inserire una nota con la traduzione vicino all’onomatopea originale, mentre l’adattamento grafico, più complesso, consiste nel ridisegnare l’onomatopea giapponese, oppure nel ricrearla utilizzando un font.

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Sempre più spesso molti fumetti vengono prodotti in comune da più case editrici per abbattere i costi di stampa. Queste coproduzioni partono dal pre-supposto che l’unica differenza nel prodotto sia il lettering, quindi la lastra del nero, mentre quelle a colori (magenta, ciano e giallo) siano comuni. Il docu-mento per la lavorazione è quindi unico per tutti i prodotti ed è la base per la tipografia. In questo caso le indicazioni per la realizzazione del volume sono ben definite e devono gestire tutte le situazioni particolari, perché tutto sarà traducibile ma non tutto sarà adattabile.Spesso, quindi avviene che il letterista ritagli con il taglierino le parti sbagli-ate o da tradurre e le riscriva mantenendo così la stessa misura del baloon e cercando di emulare il più possibile lo stile del carattere originale. Nei fogli originale questo “taglio” è ben visibile, mentre scompare nelle altre copie.

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HM’s Star Dissections, 1988 Friedman

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Original Art detail for Sidetrack City and Other Tales

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Original Artwork for “A very Jarry Year”, single page strip, Los Angeles magazine, 2005

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Nonostante il lettering creato a computer può realizzare un lavoro ammirevole fornendo molte scorciatoie tecniche,ci sarà sempre qualcosa che mancherà rispetto alla scritta a mano: la freschezza, la rugosità, la varietà delle forme delle lettere.Bisogna considerare il fatto che la digitalizzazione comporta una spersonaliz-zazione e standardizzione del carattere e nega ai fumetti odierni quella raf-finatezza dei primi anni in cui ogni lettera aveva un proprio carettere.Riguardo a questo argomento una studentessa del Politecnico di Milano,Francesca Mangiaracina, ha teorizzato un sistema random di scrittura per fumetti:SIRAFF.Questo sistema ha l’obiettivo di riprodurre in versione digitale le scritture dei fumetti nel rispetto delle caratteritiche della scrittura .dell’autore considerato.Esistono sostanzialmente due raggi di azione nella progettazione: il primo che si concentra sull’esteriorità, gestendo solo l’aspetto estetico dell’immagine, (il glifo); il secondo, invece, agisce più in profondità, interrogandosi su cosa esista oltre all’immagine. Sia che si preferisca utilizzare il primo o il secondo metodo è in dubbio che in entrambi i casi l’elemento base di tutto sia la matematica ed è certa la sua esistenza, di cui la funzione che governa il random ne è l’aspetto più interes-sante. Può la matematica governare la generazione di un carattere che simuli una scrittura manuale?È possibile ricavare da una scrittura manuale delle regole che consentano in qualche modo di catalogare il comportamento di un glifo?Partendo da questa riflessione ha preso forma SiRaff offrendo una metod-ologia che si fondi su regole matematiche utili a simulare scritture manuali sfruttando il random. È proprio la variazione della scrittura a mano libera che si cerca di controllare nel rispetto delle sue caratteristiche originali.Viene eseguita, quindi, un’analisi accurata sul lettering. La scelta del campi-one da analizzare è ricaduta sul fumetto d’autore “David Boring” di Daniel Clowes, in cui il lettering è interamente eseguito a mano dall’autore stesso.Previa un analisi accurata sulle caratteristiche dello stile della scrittura punto di partenza per l’analisi è la verosimile possibilità che ciascun glifo venga in qualche modo influenzato, nel modo di scrittura, dal suo precedente.

SIRAFF: SISTEMA RANDOM DI SCRITTURA PER FUMETTI

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“David Boring” di Daniel Clowes, USA 2000

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Seguendo questa logica le 26 lettere dell’alfabeto vengono suddivise per con-venzione in 4 gruppi di influenza:1. A E H I L T F K Z Y2. W N M V3. O Q G C S U J4. D P R BPresi in esame una ventina di campioni per singola lettera, scelti casualmente, se ne valuterà analiticamente il diverso comportamento in relazione al glifo che lo precede, estrapolando aree d’azione per ciascun punto considerato appartenente al glifo. Stessa metodo di analisi è applicato per l’estrapolazione delle maniglie di controllo.L’analisi effettuata prevede l’individuazione di variabili, successivamente parametrizzate, che possano caratterizzare il diverso comportamento del singolo glifo:• altezza del glifo (distanza tra punti in ordinata)• larghezza del glifo (distanza tra punti in ascissa)• posizione del glifo (distanza tra punti in ascissa e ordinata, del singolo glifo rispetto al precedente)e due varibili che agiranno su tutto l’alfabeto indipendentemente dal glifo che precede:• tipologia del tratto (riprodurre il tipo di tratto dello strumento utilizzato)• posizione del glifo (distanza del glifo, in ordinata, rispetto alla baseline)

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Così facendo si riesce ad avere una panoramica completa sulla scrittura con-siderata. I campioni analizzati vengono scomposti in parti minime al fine di comprenderne la struttura costruttiva della singola lettera nonché le relazioni dei tratti costitutivi. Ruolo fondamentale è riservato al random che agirà nello spazio secondo range di valori individuati e consentirà di generare nuovi e sempre diversi glifi sempre nel rispetto delle caratteristiche individuate per ti-pologia di comportamento. Il metodo di analisi utilizzato tiene conto del modo di operare del software nonché delle regole costruttive del glifo riconosciuto come insieme di punti e di curve di bezièr. Il risultato di tale metodo sarà un alfabeto tanto duttile da poter cogliere e simulare, tramite il random appunto, tutte le diversità di una scrittura per sua natura casuale. La generazione di nuove lettere può essere così fatta agendo direttamente sullo script che l’ha generato e producendo font adattabili a qualsivolgia scrittura manuale.

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Studio dei modelli di H se preceduta dai glifi del primo gruppo

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Valutazione randomica dei punti H se preceduta dal primo gruppo

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Francesca Mangiaracina

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L’ALFABETO OGAMICO

L’alfabeto OGAMICO è una forma di scrittura nativa dell’Irlanda. Intesa ini-zialmente per essere incisa su pietra venne poi utilizzata anche su manoscritti che ne portarono un arricchimento di caratteri.La leggenda vuole che sia stata inventata dal dio OGMA, signore della lettera-tura e dell’eloquenza.Non è facile trovarne un buon adattamento per computer e mi è piaciuto crearne un font basandomi sulla traslitterazione riportata da Charles Squire nel suo libro “Mytology of the Celtic People”.

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Mantenuto, volutamente, un po’ grezzo, è l’esempio di un lettering naturale e non troppo preciso, come era spesso, un tempo, quello fatto a mano.

Lettering realizzato per la Indy Press basato sui caratteri creati a mano da Philippe Dupuy e usato per letterare le edizioni italiane di “Monsieur Jean” di Philippe e Berberian.Phillippe lo ha utilizzato, tra l’altro anche per scrivere testi in un suo CD musicale.La particolarità di questo font è che attraverso il maiuscolo o minuscolo delle lettere si scelgono due varianti del carattere che garantiscono un effetto più realistico della scrittura.

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Il carattere Little Miss no Name è stato creato sulla calligrafia di Sara Pavan, letterista di fiducia di Luca Genovese e da quest’ultimo usato in tutti i suoi lavori, tanto per l’etichetta Self Comics, quanto per l’America sul volume “The Awakening”, della Oni Press, recentemente tradotto da Alta Fedeltà.

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Ma, per venire al punto, come si pensa a fumetti?

Sappiamo che, tipicamente, una storia a fumetti viene ideata nelle sue grandi linee da un soggettista, dettagliata nell’organizzazione in quadri e nei dialoghi da uno sceneggiatore, e infine messa su carta da un disegnatore (o più di uno: matite, chine, colori, lettering). Ma sappiamo anche che spesso questi diversi ruoli vengono assolti da un unico autore, e sap-piamo anche che un buon sceneggiatore non scrive allo stesso modo in cui scriverebbe se stesse scrivendo un romanzo, e chi disegna non concepisce le singole vignette in maniera indipendente l’una dall’altra, come se fossero dipinti. Nel fumetto, azione e taglio di montaggio coincidono necessariamente, perché la vignetta è rappresentazione immobile di un evento che dura, ma che non può durare più di tanto (il fumetto non possiede la piano-sequenza) e deve inevitabilmente lasciar passare la lettura alla vignetta che segue, e questa mostrerà per forza un evento succes-sivo. Non si può, come nel cinema, far scorrere un evento da un’inquadratura all’altra giocando sulla continuità temporale dell’azione; né si può (se non in misura minima) far susseguire più eventi nella medesima inquadratura. Il fumetto racconta per blocchi di inquadrature che sono insieme eventi (o poco più, talvolta), trovandosi costretto a questo ritmo fatto di alternanze ob-bligate di battiti e assenze, battiti e assenze, vignette e spazi bianchi, eventi e lacune temporali. In tutto questo la scrittura nei fummetti gioca un ruolo chiave. Essa infatti è ciò che avvicina il fumetto al romanz, ma nello stesso tempo serve per discostarvi: il lettering, spesso inventato dall’autore stesso fa in modo di rendere questo particolare “romanzo” unico nel suo genere e contraddistinto da una coerenza di fondo particolarmente presente e viva.

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BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

Comic Art Number 1Comic Art Number 4Comic Art, Number 8 Summer 2006Comic Art, Number 9 2007“L’Arte del fumetto. Regole tecniche e segreti dei grandi disegnatori” Will Eisner“Writing for Comics” Alan Moore“Breve storia della brevità a fumetti” Liber, 44, Ottobre-Dicembre 1999“Linguaggi del fumetto” Daniele Barbieri“Early Works” Winsor McCay“Scrivere Fumetti” Gianfranco Goria

http://guardareleggere.wordpress.comhttp://kleinletters.comhttp://scuolatraduzionefumetto.wordpress.comhttp://letteraturagrafica.over-blog.com

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