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Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese, La letteratura come dialogo [G.B. Palumbo Editore]

parte seconda • La letteratura italiana nell’età dei Comuni (1226-1310)

capitolo III“Cortesia” e “gentilezza”, dai poeti provenzali allo Stil novo

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È una delle *canzoni più celebri di Guittone, fieramente segnata dalla passione e dall’impegno civi-le. Ne è oggetto la sconfitta subìta dai fiorentini guelfi a Montaperti il 4 settembre 1260 a opera de-gli esuli ghibellini aiutati dalle truppe tedesche di Manfredi. Guittone fonda qui, sull’esempio sia del*sirventese che del * planh (compianto) provenzale, il genere delle poesia civile italiana, che darà isuoi maggiori risultati, nel secolo successivo, con Dante e Petrarca. La consueta ricercatezza retoricae la eloquenza stilistica dell’autore sono qui messe al servizio dello sdegno e della tristezza. Dominala figura dell’*ironia.

Guittone d’Arezzo«Ahi lasso, or è stagion de doler tanto»

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metrica Canzone di sei strofe di quindici versi ciascuna,endecasillabi e settenari, con rime, secondo loschema ABBA, CDDC; EFGgFfE. Il congedo ripetela sirma. Tutte le strofe seguono la tecnica pro-venzale della capfinidura che consiste nella ri-presa, ad inizio di una nuova strofa, dell’ultimaparola della strofa precedente.

6-15 Ahimè (ahi lasso), ora è il momento (stagion) disoffrire (doler) a tal punto (tanto) da parte di chiun-que (a ciascun om che) ami veramente (ben) la Giu-stizia (Ragione), che io (ch’eo) [mi] meraviglio chetrovi (u’ trova; u’ = dove, lat. “ubi ”) conforto (gue-rigione = guarigione), [e] che (ca) la sofferenza (cor-rotto) e il pianto non lo abbiano (no l’ha) già ucci-so (morto), vedendo la nobile (alta) Firenze (Fior)sempre fiorente (granata; da “granare” = metteresemi) e l’antico [e] onorato costume (uso) romanoche certamente (ch’a certo) muoiono (pèr = peri-sce), crudeltà (crudel) assai (forte) vergognosa (vil-lano), se essa (s’...ella) [: Firenze] non è soccorsa(ricoverata) in fretta (avaccio): dato che (ché) lasua grandezza ricca e rispettata (onorata) e il (’l)[suo] valore (pregio) sono (è) già quasi interamen-te (tutto) estinti (perito) e il valore e il potere (’l po-der) se ne vanno (si desvia). Ahimè, quando altromai (or quale dia...mai; dia = dì, giorno) fu sentita

(fu...audito) una sventura (dannaggio = danno) al-trettanto (tanto) crudele? [O] Dio (Deo), come lohai (hailo) tollerato (sofrito = sofferto), [che] muo-ia (pèra = perisca) il diritto e il torto trionfi (entri ’naltezza; ’n = in)? Fior: è il giglio, simbolo di Firen-ze, e qui per *metonimia indica la città (e perciò èconsiderato grammaticalmente un femm.). Onora-to...romano: il mito delle dirette origini romane diFirenze è assai diffuso nelle leggende e nelle cro-nache del tempo ed è fatto proprio dallo stesso Dan-te. Roma era d’altra parte il modello di città e di ci-viltà ideale.

16-30 [Vi ] fu (fo) tanta grandezza (altezza) nella (êlla= en la = in la) sfiorita Firenze (sfiorata Fiore; con*figura etimologica), finché (mentre) è stata (era)leale nei propri confronti (ver’ se stessa) che aveva(ritenëa) un aspetto (modo) [di città] imperiale [: de-gno di Roma], conquistando (acquistando) grazie al(per) suo alto valore numerose (mante) regioni (pro-vinc<e>) e città (terre), vicine (press’<e>) o lontane(lunge); e sembrava che volesse costituire (far) unimpero così (sì) come in passato (già) fece Roma,e le (li = gli; al Fiore) era facile (leggero), perchénessuno (c’alcun) le (i = gli) poteva stare al di so-pra (avante) [: superarla]. E ciò le (li = gli) avveni-va (stava) certamente (ben certo) per diritto (a ra-gione), perché (ché) non se ne dava affanno (se ne

penava) [: di accrescere il proprio potere] tanto perproprio vantaggio (per pro), quanto (como = come)per mantenere (ritener) giustizia e pace (poso); epoiché le piacque (poi folli amoroso; folli = li fo =gli fu) di fare ciò, si spinse (si trasse) tanto avanti,che al mondo non vi è (no ha) angolo (canto) dove(u’; lat. ubi ) non sia risuonato (non sonasse) l’elo-gio (il pregio) di Firenze (del Leone). Leone: il Mar-zocco (un leone seduto che tiene lo scudo con il gi-glio con la zampa destra) simbolo araldico di Fi-renze.

31-45 Ahi (lasso) [Firenze] ora non è un Leone, dato cheio (ch’eo) le vedo (li veo) strappate (tratto) le unghie(l’onghie) e i denti e la forza (lo valore), e [vedo] la(’l = il) [sua] stirpe (lignaggio) nobile (gran) uccisacon dolore (mort’a dolore) oppure (ed) messa(mis’<a>) con grande ingiustizia (a gran reo) in (en)crudele prigione. E chi le (li = gli) ha fatto ciò? Quelliche sono discesi (stratti) e nati dalla sua stirpe (schiat-ta) nobile (gentil), che furono (fun) grazie a lei (perlui; riferito al Leone) resi potenti (cresciuti) e innal-zati (avanzati) più di chiunque altro (sovra tutti altri),e collocati in [una posizione di] prestigio (a bono); ea causa della (per la) grande altezza ove [Firenze] li[: i suoi cittadini] mise si inorgoglirono (ennantîr; dalprovenz. “enantir” = ‘salire, innalzare’) tanto (sì = co-sì), che la (’l = il) ferirono (piagâr) quasi a morte;

Ahi lasso, or è stagion de doler tantoa ciascun om che ben ama Ragione,ch’eo meraviglio u’ trova guerigione,ca morto no l’ha già corrotto e pianto,

5 vedendo l’alta Fior sempre granatae l’onorato antico uso romanoch’a certo pèr, crudel forte villano,s’avaccio ella no è ricoverata:

ché l’onorata sua ricca grandezza10 e ’l pregio quasi è già tutto perito

e lo valor e ’l poder si desvia.Oh lasso, or quale diafu mai tanto crudel dannaggio audito?Deo, com’hailo sofrito,

15 deritto pèra e torto entri ’n altezza?

Altezza tanta êlla sfiorata Fiorefo, mentre ver’ se stessa era leale,che ritenëa modo imperïale,acquistando per suo alto valore

20 provinci’ e terre, press’o lunge, mante;

e sembrava che far volesse imperosì como Roma già fece, e leggeroli era, c’alcun no i potea star avante.

E ciò li stava ben certo a ragione,25 ché non se ne penava per pro tanto,

como per ritener giustizi’ e poso;e poi folli amorosode fare ciò, si trasse avante tanto,ch’al mondo no ha canto

30 u’ non sonasse il pregio del Leone.

Leone, lasso, or no è, ch’eo li veotratto l’onghie e li denti e lo valore,e ’l gran lignaggio suo mort’a dolore,ed en crudel pregio[n] mis’ a gran reo.

35 E ciò li ha fatto chi? Quelli che sonode la schiatta gentil sua stratti e nati,che fun per lui cresciuti e avanzatisovra tutti altri, e collocati a bono;

e per la grande altezza ove li mise40 ennantîr sì, che ’l piagâr quasi a morte;

da G. Contini, Poeti delDuecento, Ricciardi,

Milano-Napoli 1960.

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ma Deo di guerigion feceli dono,ed el fe’ lor perdono;e anche el refedier poi, ma fu fortee perdonò lor morte:

45 or hanno lui e soie membre conquise.

Conquis’è l’alto Comun fiorentino,e col senese in tal modo ha cangiato,che tutta l’onta e ’l danno che datoli ha sempre, como sa ciascun latino,

50 li rende, e i tolle il pro e l’onor tutto:ché Montalcino av’abattuto a forza,Montepulciano miso en sua forza,e de Maremma ha la cervia e ’l frutto;

Sangimignan, Pog[g]iboniz’ e Colle55 e Volterra e ’l paiese a suo tene;

e la campana, le ’nsegne e li arnesie li onor tutti presiave con ciò che seco avea di bene.E tutto ciò li avene

60 per quella schiatta che più ch’altra è folle.

Foll’è chi fugge il suo prode e cher danno,e l’onor suo fa che vergogna i torna,e di bona libertà, ove soggiorna

a gran piacer, s’aduce a suo gran danno65 sotto signoria fella e malvagia,

e suo signor fa suo grand’ enemico.A voi che siete ora in Fiorenza dico,che ciò ch’è divenuto, par, v’adagia;

e poi che li Alamanni in casa avete,70 servite·i bene, e faitevo mostrare

le spade lor, con che v’han fesso i visi,padri e figliuoli aucisi;e piacemi che lor dobiate dare,perch’ebber en ciò fare

75 fatica assai, de vostre gran monete.

Monete mante e gran gioi’ presentateai Conti e a li Uberti e alli altri tuttich’a tanto grande onor v’hano condutti,che miso v’hano Sena in podestate;

80 Pistoia e Colle e Volterra fanno oraguardar vostre castella a loro spese;e ’l Conte Rosso ha Maremma e ’l paiese,Montalcin sta sigur senza le mura;

de Ripafratta temor ha ’l pisano,85 e ’l perogin che ’l lago no i tolliate,

e Roma vol con voi far compagnia.Onor e segnoria

ma Dio le fece (feceli = li fece) dono della (di) gua-rigione, ed ella (el = egli) li perdonò (fe’ lor perdo-no = fece, cioè diede, il perdono a loro); e ancorala (el = il = lo) ferirono di nuovo (refedier = riferiro-no) dopo (poi), ma [Firenze] fu forte [: resistette] erisparmiò loro la vita (perdonò lor morte = rinunciòa ucciderli): ora hanno sconfitto (conquise = con-quistate) lei e le sue (soie) membra. E ’l gran li-gnaggio...a gran reo: dopo la battaglia di Monta-perti le più prestigiose famiglie fiorentine si trova-vano o decimate dalle uccisioni o imprigionate. ’Lpiagâr quasi a morte: con riferimento alla primacacciata dei guelfi da Firenze, nel 1248. Fe’ lor per-dono: si allude alla fragile pace stipulata tra guelfie ghibellini nel 1251. El refedier poi: dopo ulterio-ri tensioni, nel 1258 vi fu una nuova congiura ghi-bellina. Or hanno...conquise: dopo la sconfitta diMontaperti.

46-60 Sconfitto è il prestigioso (alto) Comune fiorenti-no, e in tal modo si è scambiato le parti (ha can-giato) con il (col) [comune] senese, dato che (che)[questi] gli [: al Comune fiorentino] restituisce (lirende) tutta la vergogna (l’onta) e le sconfitte (’ldanno; ’l = il) che gli (li) [: al Comune senese] hadato sempre, come sa ogni italiano (ciascun lati-no), e gli toglie (i tolle) del tutto il potere (il pro) el’onore: dal momento che (ché) [Siena] ha (av’<e>)abbattuto con la (a) forza [le mura di ] Montalcino,conquistato (miso en sua forza; en = in) Montepul-ciano, e ha la cerva [: il tributo] e la rendita (’l frut-to) della Maremma; considera come suoi (a suo te-ne = tiene per proprio) San Gimignano, Poggibonsi

e Colle [di Val d’Elsa] e Volterra e il [relativo] terri-torio (’l paiese); e [Siena] ha (ave) presi la campa-na, le insegne e le armi (li arnesi) e gli arredi (lionor), tutti insieme a ciò (con ciò) che c’era (avea;impers.) di buono (di bene) in essa [: Firenze] (se-co). E tutto ciò gli (li) [: al Comune di Firenze] suc-cede (avene = avviene) a causa di (per) quella par-te (schiatta = stirpe) [: i ghibellini] che è più mal-vagia (folle) delle altre (ch’altra). A Montaperti Sie-na aveva combattuto a fianco dei fuoriusciti ghibel-lini di Firenze, così da avvantaggiarsi della vittoriacon numerose città e territori. La campana: è la Mar-tinella, che dal Carroccio dava in guerra i segnali dicomando; fu conquistata, insieme al Carroccio, allebandiere ecc., dai senesi a Montaperti. Il significa-to simbolico del fatto è evidente.

61-75 È folle chi abbandona (fugge) il proprio vantag-gio (suo prode) e cerca (cher<e>) il danno, e fa [inmodo] che il proprio onore gli si muti (i torna) in ver-gogna, e dalla (di) buona libertà, nella quale (ove)vive (soggiorna) con (a) gran piacere, si conduce(s’aduce) con proprio grave danno (a suo gran dan-no) sotto un potere (signorìa) traditore (fella) e mal-vagio, e trasforma (fa) [in] proprio (suo) signore ilproprio peggior nemico (grand’enemico). Io mi ri-volgo (dico) a voi [: i ghibellini] che ora siete in Fi-renze (in Fiorenza), che ciò che è successo (dive-nuto), a quanto sembra (par), gradite (v’adagia); edato che (poi che) avete in casa i Tedeschi (li Ala-manni), serviteli (i = li) bene, e fatevi (faitevo) mo-strare le loro spade, con le quali (con che) vi han-no ferito (fesso; part. pass. di “fendere”) i visi, [e]

uccisi (aucisi) padri e figlioli; e mi fa piacere (pia-cemi = mi piace) che dobbiate dare loro del vostrodenaro (de vostre...monete) in gran quantità (gran),dal momento che (perch’<é>) fecero (ebber) molta(assai) fatica nel (en = in) fare ciò [: ferire e ucci-dere fiorentini]. I vv. 61-66 si riferiscono ai ghibelli-ni di Firenze, che hanno preferito mettere la propriacittà nelle mani dei soldati tedeschi di re Manfredie dei senesi piuttosto che accettare la sua condi-zione di libertà; e facendo ciò hanno ottenuto unavittoria che li disonora, alleandosi con i propri ne-mici, cioè con i nemici della propria città. Ai vv. 67-75 l’*ironia tocca punte di violento sarcasmo: alletruppe tedesche mercenarie, entrate in Firenze do-po la rotta di Montaperti, i capi ghibellini diederoalte ricompense per aver ucciso i loro stessi concit-tadini.

76-90 Monete in abbondanza (mante) e numerosi gio-ielli (gran gioi’<e>) offrite (presentate) ai Conti[Guidi] e agli (a li) Uberti e a tutti gli altri che vihanno condotto a tanto grande onore, che hannomesso (miso) Siena in vostro potere (v’<i>...in po-testate) [: con ironia]; Pistoia e Colle [di Val d’Elsa]e Volterra ora fanno sorvegliare (guardar) le vostrefortezze (castella) a loro spese; e il conte Aldo-brandino (’l Conte Rosso) ha il territorio della Ma-remma (Maremma e ’l paiese), Montalcino sta si-curo (sigur) senza le mura; i pisani (’l pisano; ilsing. è *metonimia) hanno paura (temor) per (de)Ripafratta, e i perugini [hanno paura] che togliateloro (no i = non gli) il lago [Trasimeno], e Romavuole (vol) fare un’alleanza (compagnia) con voi.

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capitolo III“Cortesia” e “gentilezza”, dai poeti provenzali allo Stil novo

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Guittone d’Arezzo ~ «Ahi lasso, or è stagion de doler tanto»T2on line

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adunque par e che ben tutto abbiate:ciò che desïavate

90 potete far, cioè re del toscano.

Baron lombardi e romani e pugliesie toschi e romagnuoli e marchigiani,

Fiorenza, fior che sempre rinovella,a sua corte v’apella,

95 che fare vol de sé rei dei Toscani,dapoi che li Alamaniave conquisi per forza e i Senesi.

Dunque pare che abbiate onore e potere (segnoria)e ogni altro bene (ben tutto): potete fare ciò che de-sideravate (desïavate), cioè i re della Toscana (deltoscano; neutro). Prosegue la sferzante ironia; la in-tera realtà politica di Firenze è presentata rovescia-ta, a partire dal richiamo a Siena, che aveva Firenzein mano (e non viceversa, come è detto al v. 79). L’iro-nia tocca le note più feroci ai vv. 80 sg. (i castelli chePistoia e Colle e Volterra, nemiche di Firenze, sorve-gliavano gratis per i fiorentini erano stati in verità sot-tratti a Firenze e appartenevano ora a quelle città) e

al v. 83 (Montalcino, precedentemente fiorentina, ap-parteneva dal 1260 ai senesi, che l’avevano conqui-stata distruggendone le mura; se la città è ora sicu-ra è solo perché Firenze non ha la forza di riconqui-starla). Si noti la *rima siciliana al v. 83.

91-97 Signori (baron<i>) del Nord (lombardi) e romani e delSud (pugliesi) e toscani (toschi) e romagnoli e mar-chigiani, Firenze, fiore che sempre rinasce (rinovella),vi invita (v’apella = vi chiama) alla sua corte, [lei] chevuol proclamarsi (far de sé = fare di se stessa) re (rei)dei Toscani, dal momento che (dapoi che) ha (ave) con-

quistato con la (per) forza i Tedeschi (li Alamani) e isenesi. La conclusione insiste nell’ironia, benché conun timbro più amaro, e annuncia una specie di invitofestoso a tutti i potenti d’Italia per la proclamazionedella supremazia fiorentina in Toscana. Dietro l’ironiasi nasconde l’allusione alla facilità con cui da questomomento in poi chiunque avrebbe potuto approfitta-re della follia politica dei fiorentini, sottraendo alla cit-tà parte delle sue forze e ricchezze, come già hannofatto Tedeschi e senesi (qui nominati ironicamente qua-li sconfitti da Firenze).

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Guittone d’Arezzo ~ «Ahi lasso, or è stagion de doler tanto»T2on line

La struttura e i temi La *canzone è divisibile in due parti: di tre*strofe, la prima parte; di tre strofe più il *congedo, la seconda. La pri-ma parte segue fedelmente il modello del *planh [compianto] pro-venzale, manifestando il dolore appassionato per la condizione pre-sente (I *stanza), il rimpianto per la grandezza perduta (II stanza), e rie-vocando la gloria passata insieme alle ragioni generali della deca-denza (III stanza). La seconda parte risulta meglio aderente all’occa-

sione storica contingente, e più direttamente impegnata nelle pole-miche politiche da essa suscitate: vi è rievocata la vergogna subìta(IV stanza), e vengono accusati i ghibellini fiorentini di aver venduto Fi-renze ai nemici per miseri ed effimeri vantaggi personali (V stanza), af-fidandosi a famiglie che hanno prostrato il prestigio e la grandezzadella città (VI stanza). Non resta che aspettarsi il peggio per il futuro,cioè che Firenze sia preda di chi vorrà averla (congedo).

ANALISI DEL TESTO

INTERPRETAZIONE DEL TESTO

I simboli e le figure La prima parte si avvale di *simboli im-pegnativi sul piano retorico e narrativo (il Fiore, il Leone), finaliz-zati a innalzare il ricordo del passato e a collocarlo in una di-mensione quasi leggendaria e mitica. La seconda parte fa invece

ricorso alla figura-chiave dell’ironia, la più adatta a rappresenta-re una materia avvilita e degradata, e insieme a mostrare lo sde-gno dell’autore senza che questi debba rinunciare alla elevatez-za dello stile.

Gli artifici retorici Tanto la prima quanto la seconda parte sipresentano segnate da numerosi artifici retorici, volti a dare nobiltà esolennità alla canzone, nonché a renderne più solida e sostenuta lastruttura espositiva e dimostrativa. Tra le numerose figure, si ricorda-no qui quelle metriche (*rime equivoche: vv. 40-44, vv. 51 sg., vv. 61-64; rime identiche: vv. 1-25-28, vv. 2-24, vv. 19-32), quelle stilisti-che (*antitesi: v. 15, vv. 48-50, v. 61, v. 62, v. 66; *chiasmo: vv. 48-50 e v. 76; *iperbato: v. 20, v. 87 sg., v. 96 sg.; *polisindeto: nume-rosi; *apostrofe: v. 14 e v. 67; interrogazione retorica: v. 13 e v. 35; *

perifrasi: v. 27, v. 41 e v. 60), quelle logiche (*metonimia: v. 5 e v. 16,v. 30 e vv. 31 sgg., 53; *ironia: stanze V, VI e congedo). Il valore se-mantico di tali figure può essere considerato attraverso i due esempiseguenti: la perifrasi al v. 60 («quella schiatta che più ch’altra è folle»:i ghibellini) rende più violenta ed efficace la condanna dei colpevoli,generalizzandone il torto; il polisindeto ai vv. 91-92. («Baron lombar-di e romani e pugliesi /e toschi e romagnuoli e marchigiani») sottoli-nea la potenziale probabile moltiplicazione dei nemici di Firenze pron-ti ad approfittare della sua imprevidenza politica e militare.

La strategia del rovesciamento Come numerosi appaio-no i collegamenti tra una strofe e l’altra (a partire dalla figura dellacapfinidura), così risultano interessanti le riprese, rovesciate, di alcunitemi dalla prima alla seconda parte. In particolare la figura dell’iro-nia vale a riproporre nella seconda parte i temi della potenza, della

ricchezza, della vittoria, già introdotti nella prima, alludendo al rove-sciamento del loro possesso e del loro significato: il potere e la vit-toria sono ora dei nemici di Firenze, e le ricchezze vengono spese daquest’ultima per ricompensare i propri oppressori. La ripresa piùesplicita e significativa è, in questo senso, quella del tema di Roma,

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Guittone d’Arezzo ~ «Ahi lasso, or è stagion de doler tanto»T2on line

ESERCIZI

Analizzare e interpretare

Il contenuto

Riassumi sinteticamente il contenuto delle singole strofeesplicitando l’occasione storica da cui la canzone prendele mosse.

I registri stilistici

Metti in rilievo il passaggio graduale dei vari registri, dal la-mento al compianto al biasimo all’ironia al sarcasmo.

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La prospettiva etica

L’interpretazione degli eventi avviene secondo un’otticache giudica i fatti alla luce di valori assoluti e universali. Faialmeno due esempi.

Quali valori, calpestati dai ghibellini, vengono invece attri-buiti ai guelfi?

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assai sentito dai fiorentini come decisivo per la propria stessa iden-tità cittadina; ebbene: quella Firenze che aspirava senza difficoltà aemulare l’esempio dell’impero romano (vv. 18-23), ora non può nep-

pure illudersi che Roma voglia allearsi con lei (v. 86); cambiamen-to dichiarato in apertura di canzone, con il riferimento alla perdutatradizione romana (vv. 6 sgg.).

L’esclusione di Guittone dal canone dantesco Co-me risulta da tutti i punti precedenti, «Ahi lasso, or è stagion de do-ler tanto» è un testo di particolare ricchezza retorica e metrica.Una ricchezza che a Dante dovette sembrare sovrabbondante econvulsa. Lo sperimentalismo guittoniano, le scelte linguistiche,l’irregolarità, talora l’oscurità di Guittone, lo rendevano incompati-

bile con il progetto di canone che Dante caldeggiava: una lineafondata sulla promozione del volgare illustre, sulla purezza di lin-gua e di stile, sulla gravità e nobiltà raffinata di accenti e metri.Queste le ragioni della condanna e dell’esclusione di Guittone,che poi – proprio per l’autorevolezza del giudizio dantesco – si è fis-sata nel canone lirico.