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Sulle Ali Di Un Sogno

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Una storia d'amore, d'amicizia, di sacrificio. Cosa sarà disposto a perdere, per proteggerla? Cinque Capitoli di Un Paranormal Romance che racconta la storia di Alice, una diciassettene in crisi, in fuga da un amore prepotente... la cui vita verrà totalmente stravolta dall'incontro del misterioso Raul Winston, conosciuto per caso nel paesino di montagna in cui vive sua nonna. Alice non sa niente di lui, della sua vita, del suo passato...ma tra loro nascerà una forte amicizia. Ma chi è Raul Winston? Cosa nasconde? E’ accompagnato da un alone di mistero, custodisce terribili segreti di cui Alice è totalmente ignara. Lui non parla mai di sé, del suo passato, né dei suoi progetti futuri, nessuno in paese sembra conoscerlo né averlo mai visto. Nel frattempo, Alice vivrà strane allucinazioni… in cui, stranamente, Raul è lì accanto a lei...

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Sulle ali di

un sogno

Deborah Fedele

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Sulle Ali Di Un Sogno (Romanzo)

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Copyright © 2012 by Deborah Fedele Tutti i diritti riservati Edizione Novembre 2012

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Alla mia lettrice preferita,

mia madre, e a Nino, che ha

letto questo libro per primo.

Alle mie sorelle, a mio padre, e ai miei

affezionati nonni.

Una foto è un pezzo di mondo,

è una parte di te,

un libro che ti racconta. Può farti notare cose che prima non avevi visto.

Può sorprenderti. Una foto può cambiarti la vita.

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PARTE PRIMA

CAPITOLO UNO

FOTOGRAFIE E RICORDI

ra mezzanotte e la città dormiva. Il cielo era coperto da nuvoloni scuri e rigato da fulmini,

che suggerivano che di lì a poco sarebbe scoppiato un

temporale; da uno scorcio di finestra aperta, Alice Cafarelli

respirava l’odore della pioggia in arrivo. Casa sua, la città stessa, erano silenziose e addormentate, ma lei non

riusciva a prender sonno.

Sedette alla scrivania e analizzò attentamente un gruppetto di foto

sparse sulla superficie del tavolo; mordicchiava una matita

lentamente, quel gesto pareva infonderle concentrazione, e

avvicinava a una a una le foto alla luce dell’abat-jour. L’ispirazione

giunse d’improvviso: scarabocchiò qualche simbolo sulle foto, tirò

fuori dal cassetto le forbici, e iniziò a ritagliare. Quando ebbe finito,

Alice raccolse il gruppetto di pezzi di foto, si avvicinò a un vecchio

cavalletto da pittore e gli sedette di fronte. Il foglio era liscio e

bianco, come un mappamondo da disegnare, e quei pezzi di foto tutti

vicini, tra le sue dita, le davano quasi la sensazione di poter viaggiare

indietro nel tempo. La ragazza ricompose i ritagli a suo piacere, su quel foglio bianco,

creando un collage di volti, di cose, d’istanti. Quando andò a dormire, quella sera, si sentì soddisfatta: aveva creato

un altro mondo che, a suo dire, era perfetto.

E

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<<Brava, e così ieri notte ti sei data da fare a tagliuzzare foto,

anziché dormire?>> esclamò Ilenia, fissando nervosamente il

semaforo rosso. <<E soprattutto anziché studiare.>> puntualizzò dal sedile posteriore

Lucia. Alice sorrise, nascosta dietro enormi occhiali da sole. <<Mi è venuta l’ispirazione!>> si giustificò, con un sorriso

innocente. Lucia alzò gli occhi al cielo esasperata, richiudendo il grosso libro di

latino che stava mandando giù a memoria, parola per parola. <<Spero t’ispiri anche la versione di latino che dovrai tradurre tra

poco>> aggiunse, sistemandosi gli occhiali sul naso. Non c’era da

sorprendersi che fosse la più brillante della scuola, non faceva altro

che studiare! Lucia Piccolo e Ilenia Famoso erano le migliori amiche di Alice, e

lei le considerava come sorelle. Erano così diverse da lei, eppure

sentiva che in qualche modo la completavano. Lucia, dai capelli neri

a caschetto e quei limpidi occhi azzurri, era sicuramente la “mamma”

del gruppo, quella che diceva sempre la cosa giusta e che teneva tutti

con i piedi per terra. Ilenia invece era un vulcano attivo, esuberante,

piena di vita. Era anche molto bella, con lunghissimi capelli biondi

che le incorniciavano il viso, leggere efelidi che donavano puerilità

alla sua sensualità, labbra disegnate, un sorriso bianco e, a dispetto di

quella malizia che dominava i suoi occhi, angelico. La ragazza accelerò e superò con un sorriso una vecchia automobile

guidata da due giovani. Nello specchietto, i suoi occhi verdi

brillarono di puro divertimento: adorava sfidare gli uomini,

soprattutto in attività in cui si credevano insuperabili. In quanto ad Alice non era né la più popolare della scuola né

tantomeno il genio della classe; però era brillante, originale e

creativa. La sua passione era la fotografia, ma amava anche scrivere

poesie (mai ordinate in quaderno, ma sempre sparse in pezzi di carta

o addirittura foglie) e dipingere. Era bella, nella sua disarmante

semplicità. Aveva i capelli rossi, di un riccio morbido, occhi nocciola

e un viso pulito.

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Ilenia si fermò nel parcheggio della scuola e guizzò fuori dall’auto

come una gazzella, chiudendosi dietro la portiera con un teatrale

movimento di capelli. <<Basta con i rimproveri … per oggi saremo clementi. Però tu devi

offrirmi un gelato questo pomeriggio, così con la scusa ci

vediamo!>> esclamò con un tono imperativo, al quale sarebbe stato

quasi impossibile rispondere di no. Lucia non si contenne e rispose con voce quasi implorante, ancora

prima che Alice potesse aprir bocca: <<Non è possibile, Ile! Quest’anno hai gli esami e domani avrai

verifica di fisica! In quanto a noi, abbiamo il compito in classe di

filosofia!>> soffiò, mentre si trascinava goffamente fuori dalla

macchina, schiacciata dal peso di libri e vocabolari. Alice le andò

incontro per prenderle di mano qualche libro, trattenendo le risate. <<Non preoccuparti per me, copierò qualcosa, vedrai!>> rispose

allegramente, e Lucia impallidì dietro la pila di libri. Ilenia rise sonoramente. <<Per l’amor del cielo, Lucy! Sai tutti i libri a memoria, non puoi

negare alle tue amiche un pomeriggio con te! E poi Alice deve

raccontarci tutto di ieri sera!>> <<Oh, giusto, dimenticavo che ieri tu e Alex avevate una delle

vostre … serate speciali …>> bofonchiò Lucia. Diventava sempre

rossa e s’imbarazzava quando si parlava di ragazzi e appuntamenti. <<Serate speciali? Starai scherzando spero, ieri Alice e Alex

festeggiavano dodici mesi insieme. Non è vero, Alice?>> Alice annuì e si strinse i libri al petto. Sembrava trovare

particolarmente interessante la processione di un gruppo di formiche

per strada. Si scostò i capelli dal viso, raccogliendoli dietro

l’orecchio. Era solita farlo ogni volta che avrebbe preferito cambiare

discorso o trovarsi dall’altra parte del mondo, anziché nella sua

situazione. E chi meglio di Ilenia, sua migliore amica da sempre,

avrebbe potuto capire? <<Non dirmelo! Non anche ieri! Alex ha di nuovo fatto lo

stronzo?>> <<Ilenia!>> la rimproverò Lucia.

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Alice si strinse nelle spalle sorridendo, ostentando il suo inguaribile

orgoglio. <<Quel ragazzo è un idiota, Ile, lo sai… per lui non litigare è troppo

noioso. Ha fatto una delle sue scenate, come sempre!>> Sorrise appena, poi s’incupì. Sì, erano passati dodici mesi, dodici mesi con lui. Un anno non

esattamente sereno a essere sinceri. Ricordava bene il caldo pizzicante del pomeriggio in cui lo aveva

conosciuto: era diretta al bar con Lucia e mentre l’amica le parlava

(dissertava, esattamente) di un qualche filosofo, una macchina,

ignorando il semaforo rosso, era sfrecciata in strada rischiando di

travolgerle. Al volante c’era Alessandro, ai tempi neppure maggiorenne.

Preoccupato, era sceso dall’auto, si era scusato e alla fine aveva

offerto loro qualcosa al bar. Era iniziata così la loro storia, da uno spiacevole evento, poi avevano

continuato a vedersi (Alessandro continuava a dire che doveva farsi

assolutamente perdonare), finché l’amore non era sbocciato. Adesso però, più di un anno dopo, Alessandro Puglisi si era rivelato

tutto meno che il gentiluomo che fingeva di essere. Lui l’amava, ma

sapeva essere odiabile e i suoi atteggiamenti rasentavano quasi la

violenza. Era il ragazzo più egoista che Alice conoscesse, oltre che il

più superbo, presuntuoso, possessivo (e ossessivo) che avesse mai

avuto per fidanzato. Bè, non che Alice potesse vantare una vasta

gamma di ragazzi passati. Alessandro era la sua prima storia seria,

era stato veramente il primo amore. <<Ti offendi Alice, se ti dico che lo odio? Dovresti fare come me

amica mia, niente uomini, solo avventure!>> disse Ilenia ridendo

allegramente, mentre le guance di Lucia avvampavano di

disapprovazione. Ilenia non era davvero una mangiatrice di uomini,

come cercava di apparire, la maggior parte delle volte esagerava per

divertirsi a irritare Lucia. <<Non ascoltare i suoi consigli, Alice … piuttosto, come mai avete

litigato? Questa volta è stata una gonnellina troppo corta o uno

sguardo di troppo al cameriere?>> domandò Lucia, ma sembrava

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troppo tardi per ricevere una risposta. La campanella di entrata suonò,

e le ragazze dovettero salutarsi. <<Ci vediamo questo pomeriggio allora!>> disse Alice con un tono

che suonava più come una promessa. Ilenia andò via, accompagnata dagli sguardi di ammirazione di molti

ragazzi, mentre Lucia – il topo da biblioteca Lucia –annunciava che

avrebbe tardato qualche minuto per fare una ricerca. Alice proseguì da sola lungo il corridoio dell’edificio, diretta in

classe, mentre fissava distrattamente gli altri ragazzi del liceo.

Quando passò davanti alla porta della 5 A, la classe di Alessandro,

uno sguardo curioso le scappò inevitabilmente dentro. Non sapeva neppure se lui fosse a scuola. A dire il vero, non sapeva

neppure se fosse sveglio; Alessandro aveva perso da mesi ormai

l’abitudine di darle per telefono il quasi scontato, ma sempre bene

accetto, buongiorno, e lei, forse per troppo orgoglio, aveva smesso di

farlo anche prima di lui, quando aveva sentito in quel gesto odore di

routine. Forse in realtà tutti quei mesi iniziavano a sapere di

monotonia: le cose stavano cambiando tra loro, e il giorno

precedente, il giorno dell’anniversario, nuovi litigi erano saltati a

galla. Alice si rabbuiò. Quegli ultimi mesi erano stati quasi infernali,

con Alessandro.

Per fortuna aveva le sue amiche e le sue passioni, senza le quali,

forse, si sarebbe fatta trascinare dalla follia di Alessandro. La ragazza sospirò, forzandosi i capelli dietro l’orecchio. Nonostante

Alessandro fosse testone, presuntuoso e cocciuto … lei gli voleva

bene.

Il cielo quel giorno aveva qualcosa di speciale. L’azzurro era

macchiato dal panna, nuvole morbide e a batuffoli lo accarezzavano. Alice lo fissava incantata, attraverso la finestra circolare della sua

stanza. La cosa che più amava della sua camera, la piccola mansarda

di casa, era proprio quella finestra, ampia e spalancata sul mondo

come un occhio curioso. Passava spesso il suo tempo lì davanti,

scattando foto alle nuvole dalla forma più buffa, e divertendosi a

scarabocchiare sopra un vecchio diario strani disegni, fantasie che le

forme di quelle nuvole le suggerivano.

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<<Toc, toc, posso entrare?>> Alice trasalì. <<Sì, mamma, vieni pure.>> La porta si schiuse ed entrò in camera la signora Cafarelli, graziosa e

rotondetta. Stava ridacchiando. <<Perché non vieni di sotto? Tuo padre ha fatto i biscotti e…>> rise

ancora, preda dell’ilarità: <<dovresti assaggiarli, ma mi raccomando

di’ che sono ottimi!>> aggiunse, spostandosi con il braccio paffuto

dei capelli spettinati dal viso, rossi come quelli di Alice. <<Accidenti, papà ai fornelli! Perché non me lo hai detto prima,

potevo fotografarlo!>> <<Oh, Alice, con queste foto!>> disse Rosa, con un pizzico di

disapprovazione, e si chinò per raccogliere dal pavimento dei vestiti,

brontolando qualcosa sul disordine di quella stanza. <<Comunque credo che l’assaggio–suicidio dovrà aspettare fino a

stasera! Sto uscendo con le ragazze. Anzi, è tardi, vado!>> Alice si alzò dal pavimento, si spazzolò i jeans con le mani e sfilò

con aria birbante davanti allo sguardo crucciato di sua madre. Alice

aveva sempre amato quell’espressione, che metteva in risalto le

guance paffute e i suoi occhi rotondi, azzurrissimi. <<Non hai qualcosa da studiare?>> obbiettò Rosa, i suoi occhi

dardeggiavano dal viso sorridente di Alice alla scrivania sommersa

da fogli, che avevano tutto l’aspetto di compiti non svolti. <<No!>> rispose Alice con un sorriso innocente. Baciò la madre sulla fronte e corse a gran passi al piano di sotto.

Salutò il padre che, proprio come si era immaginata, era seduto al

tavolo, perplesso, a chiedersi come i biscotti potessero essersi

bruciati e soprattutto come potessero essersi attaccati tutti tra loro, e

uscì da casa. A volte Alice invidiava i suoi genitori. Nella loro umiltà e semplicità,

vivevano una vita felice e perfetta. Lui lavorava come impiegato in

una posta privata, mentre lei gestiva la casa e ogni tanto dava lezioni

di recupero agli studenti delle medie. Alice li amava teneramente ed era molto grata loro per tutto quello

che facevano per lei. Non poteva permettersi un tenore di vita

esagerato, come Ilenia magari, ma non aveva mai sentito la

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mancanza di nulla e soprattutto, quello che in casa sua non mancava

mai, oltre ai dolci, era l’amore. Alice arrivò al bar dopo qualche minuto, a gran passi, e rischiò di

farsi investire da un’automobile perché, così come si giustificò dopo,

il rosso era scattato all’improvviso mentre lei stava già attraversando.

Lucia e Ilenia la stavano aspettando già sedute, la prima con un

vecchio romanzo tra le mani, la seconda armata di uno smalto dal

colore vivace e luccicante, che si stava passando sulle unghie. C’era

anche Roberta con loro, l’ultima componente del gruppo, la giovane

“new entry”. L’avevano conosciuta l’estate precedente e, forse per la

sua simpatia e semplicità, forse semplicemente perché aveva fatto di

tutto per essere una di loro, l’avevano a poco a poco conosciuta e

apprezzata. Roberta era graziosa: aveva dei brillanti occhi neri e lunghissimi

capelli castani, che accompagnavano morbidi un viso dalla

carnagione olivastra. <<Alice!>> esclamò Roberta salutandola con la mano, ridendo di

cuore insieme alle amiche per aver goduto di uno dei quotidiani

episodi di sbadataggine di Alice. <<Questa volta stavi per rimetterci le penne! Si attraversa con il

verde Ali, con il verde.>> disse Lucia senza staccare gli occhi dal

libro, e Alice la guardò come se avesse di fronte un alieno. Come

faceva a vedere tutto senza alzare neppure gli occhi dal romanzo? <<Guarda che è vero, il rosso è scattato d’improvviso.>> rispose,

indignata. <<Cosa vi porto?>> Arrivò un cameriere con il suo taccuino, e Ilenia gli rivolse

un’occhiata ammaliatrice. Si divertiva a mettere i ragazzi in

imbarazzo, sapeva di aver un forte ascendente su di loro grazie alla

sua bellezza, e non mancava mai di sfoderare le sue armi migliori. <<Tu cosa mi consigli?>> cinguettò. Il ragazzo avvampò, sotto lo sguardo sensuale di Ilenia. <<Ehm… non saprei… beh…>> Roberta salvò il malcapitato dalle grinfie dell’amica, parlando per

tutte: <<Quattro frappè per favore. Uno alla fragola, uno nocciola,

due cioccolato!>>

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<<E i biscotti per favore, come puoi dimenticare i biscotti, Roby?>>

aggiunse Alice. Quando il cameriere se ne andò con l’ordinazione, le ragazze

scoppiarono a ridere. Fu lo squillo del telefono ad interromperle; Alice guardò il suo

cellulare, la foto con il viso di Alessandro lampeggiava sullo

schermo. <<Alex! Avevo dimenticato di dirgli che stavo venendo qua!>>

sospirò, battendosi una mano sulla fronte. <<Devi pure chiedergli il permesso?>> borbottò Ilenia stizzita, ma

Alice stava già rispondendo alla chiamata. <<Pronto?>> <<Dove sei?>> la voce altisonante di Alessandro rimbombò nel suo

orecchio, e Alice dovette allontanare il telefono. <<Ciao anche a te!>> commentò, più a se stessa che a lui, poi

continuò: <<Sono al bar con le ragazze… se ti va, puoi fare un

salto…>> Roberta sorrise e mimò con le mani un applauso per la proposta,

mentre Ilenia scuoteva il capo con vigore dicendo “no” e si portava

le mani alla gola minacciando di uccidersi. Alice fu assalita dalla

voglia di ridere, e nel tentativo di trattenersi le esplose sul viso un

forte color cremisi. <<Fare un salto? Vengo subito a prenderti!>> esclamò Alessandro,

con lo stesso tono arrabbiato. Alice perse l’ilarità e sbuffò. <<Ma erano giorni che non uscivo con loro…>> rispose con un tono

arreso. Ilenia faceva strani gesti con le mani e preoccupanti smorfie con il

viso, probabilmente stava “uccidendo” Alessandro in quel momento,

nella sua fantasia. <<Dove sei esattamente?>> Ilenia lanciò un’occhiata pietosa all’amica, e disse sottovoce:

riattacca. Alice rispose stancamente: <<Al bar all’angolo di casa mia… ci

vediamo tra poco.>> Alessandro riattaccò senza troppe cerimonie e l’umore di Alice

sprofondò.

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I frappè e i biscotti arrivarono in tempo per evitare che la discussione

vertesse totalmente sull’argomento “Cento motivi per mollare

Alessandro”. Cento motivi per mollare Alessandro; Ilenia amava ripeterli spesso e,

addirittura, aveva stilato una lista per Alice, completa di disegni e

consigli vari. Alice aveva riso di cuore quando l’aveva letta, e per un

attimo era stata tentata di farla leggere anche a lui. Poi però aveva

cambiato idea; tra Ilenia e Alessandro i rapporti erano disastrosi e

sicuramente Alessandro – il permaloso Alessandro– non avrebbe

compreso l’ironia di quella lista. Alice ricordava che, dopo averci riso su, aveva preso coscienza che

la maggior parte di quelle affermazioni elencate da Ilenia erano vere.

Era stata la prima volta che rifletteva sul problema che negli ultimi

mesi attanagliava la sua vita, derubandola del piacere di vivere una

storia d’amore. Lì aveva capito che qualcosa più non andava. Alessandro, quando lo aveva conosciuto, era un ragazzo dolcissimo,

allegro, divertente. Spedirle i fiori a casa era d’obbligo a ogni

occasione, l’aveva viziata di tenerezze e doni, l’aveva fatta sentire la

regina di un regno che si erano creati insieme, era riuscito per un po’

a entrare in quel piccolo mondo di cui Alice era morbosamente

gelosa. E poi era cambiato. A poco a poco era diventato prepotente,

scorbutico, arrogante, un vero e proprio dominatore. Alice viveva nel

ricordo di ciò che lui era stato, ma la realtà di ciò che ora era,

dominava su tutto. Alessandro non si fece aspettare molto; mentre Alice, immersa nei

suoi pensieri, sorseggiava il frappè (senza essersi accorta che era già

finito) e Ilenia e le altre parlavano di borse, il ragazzo arrivò nel

locale, stagliandosi in tutta la sua bellezza. Perché di fatto, una delle

tante cose che nascondevano i numerosi difetti di Alessandro, era il

suo aspetto. Era alto, i suoi capelli erano biondo scuro, di un falso disordine

praticamente voluto, e aveva due occhi scuri e profondi. Aveva un

viso squadrato e pulito, eccetto che per quell’ombra di barba lasciata

di proposito. Il suo fisico scolpito era il risultato di anni e anni di

allenamento, visto che giocava nella squadra di calcio della scuola.

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<<Ma guarda chi è venuto a farci visita, Alessandro Puglisi! Che

piacere!>> disse la voce sarcastica e pungente di Ilenia. <<Ciao Alessandro!>> aggiunse con molto più entusiasmo Roberta,

salutandolo con due baci sulle guance. Lucia fu una via di mezzo tra l’entusiasmo mostrato da Roberta e

l’insofferenza di Ilenia, limitandosi a sorridere muovendo la mano, e

immergendosi nuovamente nella sua appassionante lettura. <<Ragazze, è un piacere rivedervi.>> disse Alessandro. Ilenia fece per ribattere, ma Alice le pizzicò la coscia, mentre

Alessandro la salutava con un bacio frettoloso, sfiorandole appena le

labbra. Roberta gli fece spazio con la sedia, invitandolo a sedere tra sé e

Alice. Quest’ultima aveva sul viso, ben stampato, un sorriso di

circostanza, poco credibile. In verità, nonostante si sforzasse di

nasconderlo, si sentiva terribilmente tesa. Sapeva che Alessandro era

già pericolosamente irritato e temeva una piccola scintilla, di

qualunque tipo, che avrebbe causato lo scoppio di un fuoco proprio lì,

nel bel mezzo di un bar, nel bel mezzo di un tranquillo pomeriggio

tra amiche. Il suo pomeriggio tra amiche. Sospirò sforzandosi di apparire tranquilla. <<Come stai Alessandro? Da quanto tempo non ci vediamo?>> disse

Lucia con il suo solito tono diplomatico. Alessandro aveva appoggiato la sua mano sul pugno chiuso e rigido

di Alice; la ragazza gli rivolse ancora un po’ il suo sorriso grinzoso,

mentre Roberta (morbosamente romantica) minacciava di sciogliersi

persino di fronte ad un gesto tanto semplice. Roberta era forse

l’unica del gruppo a invidiare una storia d’amore come quella di

Alice. <<Almeno un mese, Lucia.>> rispose Alessandro con disinvoltura. <<Che peccato…>> bofonchiò Ilenia tra sé, ma Alessandro la udì e

le puntò gli occhi addosso. <<Già che peccato non esserci visti per così tanto tempo. Certamente

Giacomo penserà la stessa cosa, Ilenia. In fin dei conti l’hai illuso e

sfruttato per due mesi, prima di fingerti improvvisamente ispirata alla

religione e desiderosa di diventare suora.>>

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Le guance di Ilenia esplosero di un forte color cremisi. Colpo basso. Terribile colpo basso. Giacomo era stato l’ultima

“fiamma” di Ilenia, che aveva scaricato un mese prima in seguito a

una riscoperta fede religiosa. Solo bugie, simpatiche – a dire di

Ilenia– scorciatoie per dire ad un ragazzo che tutto era finito. Ilenia stava per rispondere a tono, ma Alice decise di intervenire. <<Alex ed io stavamo per andare, ragazze.>> disse sfoggiando un

sorrisone, fingendo di aver considerato l’interventaccio di

Alessandro una simpatica battuta priva di malizia. Ilenia però non avrebbe ignorato un simile attacco. <<Certamente, caro Alessandro, tu meglio di me conosci tutti i

trucchi per trattare male e ferire le persone più vicine.>> Alice si sentì cadere la mascella. No, non un altro litigio! Non

chiedeva altro! <<Ehm… Alessandro, perché non mi racconti com’è andata la

trasferta?>> Roberta s’intrufolò quasi con violenza nella conversazione, ma il

danno ormai era fatto. Alessandro le rispose con superficialità,

accennando qualcosa del viaggio, ma Alice non lo stava a sentire, era

come assente. Si era chiusa nel suo mondo, desolata, si sentiva già

addosso l’ansia e il senso di claustrofobia che avrebbe provato

mettendo piede nella macchina di Alessandro, quando lui avrebbe

iniziato a gridarle contro, come se lei avesse colpa di qualcosa. Un

terribile senso di soffocamento l’assalì. E allora provò anche un mal

di testa, un terribile, lancinante mal di testa.

Alice si riprese solo quando Alessandro la chiamò, per due volte, e la

trascinò alla realtà. Il mal di testa era passato, ma la terribile

sensazione di angoscia la stava ancora tormentando. <<Alice mi senti?>> ribadì irritato Alessandro, prendendole il viso

tra le mani. Gli occhi di Alice incontrarono i suoi e annuì con scarsa

convinzione. <<Bene. Noi ce ne andiamo. E’ stato un piacere vederti Roberta,

Lucia.>> quel tono gentile fu susseguito da una frecciatina

gelida: <<Ciao Ilenia.>> Solo Roberta e Lucia risposero al saluto, mentre Ilenia specificò: <<A presto, Alice.>>

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E Alice sospirò, pensando a qualcosa che non fosse il litigio che

l’aspettava. E che sarebbe arrivato presto. Troppo presto. <<Che cosa dici alle tue amiche? Che non sei felice?! Che io ti tratto

male?!>> Alessandro, in macchina, imitava fastidiosamente la voce di Alice

enfatizzando un tono piagnucoloso. <<E NON DEVI USCIRE PIU’ CON QUELLA… QUELLA…>>

Alessandro guidava come un forsennato al volante della sua BMW,

mentre Alice, appiattita al sedile, aspettava solo il momento in cui

fosse arrivata finalmente sana e salva – forse– a casa. Si strinse con

le unghie e con i denti a quel pensiero e rispose sforzandosi di

apparire tranquilla. <<Te la sei cercata Alex, Ilenia non ti aveva detto niente di male. Sei

stato offensivo.>> <<Certo, difendila! Sono sempre io ad avere le colpe! Mi sono rotto,

Alice, mi sono rotto a morte di sopportare questi tuoi insopportabili

infantilismi!>> Alessandro gridava, e mentre la sua voce scoppiava tra i vetri

dell’abitacolo dell’auto, con i finestrini chiusi, tra le fioche note di

una canzone, Alice sentiva la rabbia assalirla e scoppiarle dentro.

Cercò di contenersi, cercò disperatamente di trattenere la rabbia ma

comprese che se l’avesse fatto, se anche quella volta avesse taciuto,

sarebbe esplosa. <<Infantilismi? Infantile a me? Vogliamo parlare invece dei tuoi

autoritarismi? Ma con chi credi avere a che fare, Alessandro? E osi

anche dire di essere stanco! Che cosa dovrei fare io con te, sempre

messa sotto accusa, sempre criticata e giudicata! Era un normale

pomeriggio questo, e sei riuscito a trasformarlo in un incubo!>> <<Povera vittima! Povera piccola Alice! Avanti, corri da papà a

piangere!>> Alessandro accelerò in una curva, e Alice fu sospinta contro la

portiera. La ragazza non trattenne un grido di terrore che sembrò

irritare ancora più Alessandro. Decelerò guardando dritto davanti a sé. Sembrava essersi calmato.

La quiete prima della tempesta.

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<<La realtà, Alice, è che non sei abbastanza matura per me. Non sai

cosa voglia dire ragionare in due.>> disse con tono con diffidente,

autorevole, come se avesse davanti una bambina cocciuta da educare. <<Ragionare in due per te, significa seguire le tue regole! Ragionare

in due, per te, significa che devo sottostare ad ogni tua decisione, che

tu sei libero di andare dove diamine ti pare e con chi diavolo vuoi,

mentre a me è vietato andare in certi luoghi e con certa gente!>>

disse Alice con rabbia. Era inutile, con un colosso di presunzione come Alessandro le sue

parole erano solo fiato sprecato. <<Oh Alice…>> rispose lui scuotendo il capo, mentre una specie di

falso sorriso gli storpiava il viso in una smorfia obliqua. Alice odiava quando Alessandro metteva su quell’espressione,

avrebbe avuto voglia di prenderlo a schiaffi, era la faccia che aveva

ogni volta che stava per dirle qualcosa che, secondo lui, lei era

troppo immatura per capire. <<Non è come dici tu, lo sai. Ciò che detesto è che tu frequenti

persone non adatte a te!>> Alice rise, che idiota, come se lui sapesse cosa fosse adatto per lei. <<Io cerco solo di proteggerti. E Ilenia è una compagnia… non mi

piace. Potresti uscire di più con Lucy, che so, fare un giro in

biblioteca, guardare un film da te…>> <<Sei patetico Alessandro, sei veramente ridicolo. E non cercare di

giustificarti! Sai cosa penso? Che Ilenia è l’unica persona che riesca

davvero a capirmi!>> Alessandro la guardò con rabbia, poi, imprudentemente, frenò

all’improvviso. <<Sai cosa penso io, invece? Che Ilenia è una puttana! E tu… forse

non sei da meno. Cosa faresti, se non stessi con me?>> Fu troppo. Alice gli rivolse uno sguardo disgustato, incredulo e pieno

di ripulsione. <<Mi fai schifo.>> disse con fin troppa sincerità e finalmente vide

sorgere la sorpresa sul viso di Alessandro. <<Portami subito a casa, e non farti mai più rivedere.>> Alice non disse altro.

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Come un piccolo riccio indifeso si richiuse in sé, e si esiliò dal

mondo. Il tragitto le parve interminabile. Pensieri, parole, le ronzavano in testa dolorosamente, minacciando di

farla impazzire. Vedeva flash back, ricordi del passato, stralci di

momenti e felicità vissute. Ora era tutto grigio, si sentiva soffocata

dal grigio, il più anonimo dei colori. Quando vide casa sua le sembrò un sogno. Non attese neppure che

l’auto fosse del tutto ferma per slacciarsi la cintura e scendere. Ignorò Alessandro, non lo salutò neppure. Scattò fuori come un gatto

in fuga, e si allontanò a gran passi. Inaspettatamente, Alessandro scese dalla macchina. <<Alice…>> mormorò con tono docile, quasi amorevole. Lei non si

voltò. Stava tremando. <<Alice, scusa… credo di aver esagerato.>> Sembrava incredibile. Alessandro, orgoglioso e testardo, che chiedeva scusa. Alice pensò che valesse la pena di girarsi, ma a quel punto la sua

piccola speranza si distrusse dolorosamente. Forse il tono sembrava

onestamente dispiaciuto, ma nell’espressione di quel bel viso c’era

tutto meno che dolore. La guardava con sufficienza. Sembrava che le

avesse chiesto scusa solo per farle un favore, per chiudere la

questione. In fin dei conti, perché preoccuparsi? Era uno dei soliti

litigi dove Alice finiva con il minacciare di lasciarlo e poi, una parola

gentile finiva per risolvere tutto. <<Avanti dammi un bacio e facciamo pace.>> aggiunse Alessandro

allungando un braccio e cercando di afferrarla, ma Alice fu più

veloce a ritrarsi da lui. <<Non questa volta. Sono stufa di essere trattata così. Vattene.

Venerdì parto, vado a trovare mia nonna. Non cercarmi. Se mi andrà,

ci rivedremo lunedì. E se vuoi scusarti, sforzati di mettere su almeno

un’espressione decente. Questa fa proprio schifo. Odio essere presa

in giro.>> Alice non aggiunse altro. Aprì il cancello di casa, e corse a gran passi

verso il portone.

Page 20: Sulle Ali Di Un Sogno

Mentre correva via da lui, in cuor suo sperava solo che la fermasse,

che sinceramente dispiaciuto la convincesse che da quel momento

tutto sarebbe stato diverso. Ma Alessandro non lo fece. Se ne andò

spavaldo, e partì sgommando. Pioveva. Alice guardava malinconicamente fuori dalla finestra della sua

camera, e fissava le goccioline di pioggia scendere giù frettolose per

poi schiantarsi sul davanzale. Erano infinite, il loro continuo moto

era angosciante. Persino il suono che emettevano lo era, sembrava

quasi il lamento di piccole, minuscole vite che finivano. Alice rotolò sul tappeto e si rannicchiò di lato, fissando il suo

cellulare. Dalla sera precedente aveva ricevuto moltissimi messaggi

di scuse da parte di Alessandro, ma li aveva cancellati tutti, evitando

di rispondergli. Sforzandosi di non rispondergli. Anche Ilenia aveva cercato di scusarsi, ma non aveva voglia di

sentire neppure lei in quel momento. Ripensò all’ultima e– mail che

le aveva mandato. L’aveva fatto sorridere, in particolare le ultime

righe: “Perdonami Ali, e sarò tua schiava per una settimana, anzi

che dico, per tutta la vita!”. Dopotutto avere una schiava come Ilenia a vita sarebbe stato comodo.

Alice si sentì d’improvviso in colpa: Ilenia le era sempre stata

accanto, dandole il meglio dell’amicizia. Non era il caso di

prendersela troppo con lei. Decise di chiamarla. Ilenia rispose al primo squillo e Alice sospettò che avesse tenuto per

tutto il tempo il cellulare in mano aspettando quella telefonata. <<Alice! Tesoro! Sorellina mia! Come stai? Sono così felice che tu

mi abbia chiamato per… oddio, non vorrai insultarmi? Oh, Alice, mi

dispiace! Ti prometto che mi scuserò con quello… ehm… con

Alessandro e poi…>> Ilenia era un fiume in piena, inarrestabile, e sarebbe stata capace di

continuare in quel modo per ore. <<Sta’ tranquilla Ilenia. Non ce l’ho con te.>> Ilenia trasse un sospiro di sollievo. <<Se vuoi mi scuserò con Alex, sai che per me è contro natura, ma

lo farò.>>.

Page 21: Sulle Ali Di Un Sogno

<<Non c’è bisogno. E comunque sarebbe anche inutile ora come

ora…>> Un silenzio pieno di parole sembrò circondarle. <<Oh Alice … è stato lui?>> <<No, sono stata io. Gli ho detto di stare alla larga per un po’.>> Alice si sdraiò per terra, mentre il suo sguardo si perdeva fuori dalla

finestra, in quei nuvoloni grigi che le ricordavano tremendamente il

suo stato d’animo. <<Scusami Ali, ma non riesco proprio a essere dispiaciuta per questa

momentanea pausa. E’ meglio che tu rifletta un po’ per conto tuo

riguardo a questa situazione. Non può farti che bene. Se vuoi, posso

venire da te stasera. Prometto che non sarò di parte, ti ascolterò

parlare e basta.>> La voce di Ilenia era sicura e confortante, un vero e proprio pozzo di

sincerità. Alice le voleva bene sinceramente, e nonostante si

mostrasse a volte frivola ed evasiva, era soprattutto mente e cuore,

altruista, dotata del grande dono della sincerità. <<Grazie, Ilenia.>> rispose Alice con un tono di voce più tranquillo. <<Comunque avevo già pensato di prendermi una pausa, nel fine

settimana. Domattina presto parto, vado a trovare la nonna.>> <<Cosa? E con chi ci vai?>> <<Da sola.>> rispose Alice facendo spallucce, mentre fissava

distrattamente il pc, sul quale era arrivata l’ennesima e– mail di

Alessandro. <<Te lo scordi! Decidi di partire in quel paesino sperduto e

romantico, immerso nel verde e lontano dal mondo, meraviglioso e

selvaggio, senza di me? Non ci pensare neanche. Veniamo con te.

Ovviamente io, Lucia e Roberta! E’ fantastico! Lucy adorerà studiare

all’ombra di un cipresso! Ci vediamo domani mattina alle sei a casa

tua, passo a prenderti! Puntale!>> Ilenia riattaccò, lasciando Alice esterrefatta. Era matta. Matta da legare. Alice scoppiò a ridere e scosse il capo. Il

suo fine settimana di tristezza e pensieri, si era appena trasformato in

una vacanza tra amiche. L’allegria la invase, dandole d’un tratto una gran voglia di scrivere.

Sedette alla scrivania, poi si fermò i capelli in alto, con un vecchio

Page 22: Sulle Ali Di Un Sogno

pennello che aveva praticamente quel solo scopo. L’ispirazione

arrivò immediata, insieme a quel fulmine che squarciava il cielo:

scrisse una poesia che parlava di un sole splendente, in mezzo ad una

tempesta, come simbolo di continua speranza.

Page 23: Sulle Ali Di Un Sogno

CAPITOLO DUE

UN ANGOLO DI PARADISO

lenia rispettò il suo impegno: alle sei del mattino si trovava

già sotto casa Cafarelli, con un immancabile sorriso. Era

bellissima in quella tuta bianca (che non rendeva del tutto

giustizia alle sue forme) abbinata all’elastico bianco– peloso ed

eccentrico– che teneva uniti i suoi capelli biondi in un’elegante coda

alta. Alice si avvicinò a gran passi alla Mercedes rombante, sfoggiando un

gran sorrisone e mettendo in bella vista la sua favolosa macchina

fotografica. Era stata un regalo di Ilenia, il più bello che Alice avesse

mai ricevuto. Solo dopo essersi accomodata in macchina, Alice si accorse che

anche Lucia e Roberta erano già a bordo. Lucia dormiva come un

sasso, sicuramente distrutta da una nottata passata insonne sui libri

(come sarebbe potuta partire per tre giorni senza mettersi a buon

punto con i compiti?) mentre Roberta guardava con sguardo assente

davanti a sé. <<Buongiorno…>> sussurrò Alice per non svegliare Lucia, e

Roberta le rispose muovendo con poca allegria la mano. Ilenia riservò all’amica un altro trattamento:<<Buongiorno a te!>> Era euforica, e partì sgommando. Si preparava una bella mattinata di sole, niente male, per una

giornata di novembre. Alice si sentì rincuorata per l’atmosfera meravigliosa che quel sole

appena nato creava, abbinata alla melodia dolcissima e appena

accennata che suonava nella Mercedes. E poi c’era quel venticello,

quell’apprezzatissima brezza mattutina che odorava ancora della

pioggia della sera precedente. Tutto perfetto. Alice scattò una foto al

cielo e Ilenia ridacchiò.

I

Page 24: Sulle Ali Di Un Sogno

<<Datti una calmata, Ali, questo fine settimana è tutto per te.

Scatterai un’infinità di foto, vedrai!>> disse rassicurante, e imboccò

l’autostrada. In giro c’erano poche auto, la città dormiva ancora. Alice trasse un profondo, lunghissimo sospiro, prima di tirare su il

finestrino e concedersi un brivido di freddo. Non voleva pensare che quel viaggio fosse una codarda fuga da

Alessandro e dal suo tortuoso presente: preferiva invece considerarlo

come una pausa dalla sua stessa incasinata vita, per rifugiarsi in un

angolo di paradiso. Un angolo di paradiso; Alice aveva sempre considerato così Brunello,

il meraviglioso paesino di montagna in cui viveva nonna Carmen.

Era un luogo bellissimo, lontano dalla tecnologia e

dall’inquinamento, un posto pieno di alberi, di piante, di fiori.

Correva persino un ruscelletto da quelle parti e Alice, da bambina,

molte volte si era immaginata di essere una principessa sirena che

viveva lì dentro, in attesa del suo principe azzurro. Alice si lasciò

sfuggire un borbottio scettico, solo a pensare alle parole “principe

azzurro”, che prese separatamente potevano significare ben poco, ma

in coppia, potevano essere letali per lei in quel momento. Quella

mattina però sarebbe stato difficile distruggere il suo buon umore:

voleva andare dalla nonna. Quando era piccola passava i due mesi estivi sempre lì a Brunello,

ma le cose erano cambiate da quattro anni a quella parte, da quando

era morto il nonno. La nonna, solitaria com’era, non ne aveva voluto

sapere nulla di andare a vivere in città, ma di contro, Rosa e Mario,

non avevano voluto lasciarle la responsabilità di gestire

un’indomabile ragazzina come Alice tutta da sola in estate,

considerate le mille cose che ogni giorno aveva da sbrigare. E così,

Alice, era da quattro anni ormai che non viveva più a Brunello.

Sentiva molto la mancanza di quegli anni… le piaceva quando al

mattino la nonna le canticchiava una canzoncina all’orecchio per

svegliarla, mentre con la mano morbida e calda le accarezzava la

fronte. Era una sensazione di pace e benessere che Alice non avrebbe

mai voluto abbandonare… l’odore delle lenzuola fresche, il sole che

Page 25: Sulle Ali Di Un Sogno

le baciava gli occhi chiusi con i suoi raggi più dolci, quel sorriso,

quella voce soave. Brunello era davvero un piccolo paradiso. Ma ancor più, Alice

sentiva la mancanza del nonno. Buono, intelligente, tuttofare,

all’apparenza timido, sembrava averle trasmesso tutta la sua

personalità. Anche il nonno era un inguaribile sognatore… e se n’era

andato così, di notte, forse sognando qualcosa di meraviglioso. La mattinata si svolse per la maggior parte del tempo tranquilla, tra

le tante foto scattate da Alice e le tante chiacchiere di Ilenia; dopo

qualche ora anche Lucia e Roberta si svegliarono, e iniziarono ad

animare il viaggio cantando e raccontando storie divertenti. Fu un albero a far tornare in mente ad Alice un episodio vissuto a

Brunello da bambina; stava giocando a pallavolo con Ilenia e Lucia,

che erano andate a trovarla, e all’improvviso, tra un salto e l’altro,

aveva messo un piede in fallo, cadendo come un fagotto. Si era

sorbita due punti di sutura, ma che divertimento! Se l’avesse raccontato ad Alessandro, lui avrebbe riso. Alice si ammonì: che sciocca. Ancora una volta pensava a lui. Eppure era vero, Alessandro avrebbe riso di cuore di quel racconto,

le avrebbe baciato la fronte e l’avrebbe chiamata con quel nomignolo

che aveva coniato per lei. L’avrebbe chiamata “sbadatotta”. Ma non

lì. Non quel giorno. Forse tantissimi giorni fa. Sembravano passati

secoli. Ma erano solo… tre mesi? Forse quattro? Che differenza

c’era? Faceva male ugualmente. Un’ultima curva nascondeva ancora gelosamente casa della nonna,

ancora per poco, per fortuna. D’improvviso una baita apparve tra gli

alberi, unica struttura nelle vicinanze; era perfetta, il tempo per

fortuna non l’aveva cambiata, le aveva lasciato il suo colore

giallastro, il suo tetto di mattoni color legno, quel comignolo fumante,

quelle porticine e quelle finestre verdi, un verde che in apparenza

stonava con il resto della facciata, ma che era perfetto, inserito nel

più ampio quadro della vegetazione. Lo rendeva parte della foresta. I ricordi riaffiorarono inarrestabili e non ci fu modo per controllarli.

Ed ecco l’altalena, sulla quale molte volte da bambina Alice si era

Page 26: Sulle Ali Di Un Sogno

dondolata… la cuccia di un cane che un tempo, tantissimi anni fa,

aveva amato profondamente… la sua bicicletta! Quante avventure,

quante cadute! Apparve l’orto del nonno, sul retro della casa, con

tutti i frutti che mostrava spavaldo. C’era ancora il suo cappellino blu

affisso a un chiodo, accanto alla zappa e al rastrello. Sembrava quasi

che il nonno non se ne fosse mai andato. Alice si sentì stringere un nodo allo stomaco. La nonna si era

occupata anche di quell’orticello, tanto amato dal marito,

mantenendo in vita almeno parte di tutto quello che nonno Marco era

stato. D’improvviso ogni tristezza fu spazzata via: ecco la nonna.

<<Nonna!>> gridò Alice, sventolando la mano con entusiasmo. Scese dalla macchina in fretta, trascinandosi dietro a fatica la valigia,

che poi lasciò cadere ai suoi piedi; la nonna scuoteva il capo,

divertita. <<Oh, Alice!>> esclamò, e allargò le braccia pronta a ricevere un

abbraccio. Alice dovette resistere all’istinto di sollevare la nonna di

peso, per stringerla meglio. Non se la ricordava così minuta. La strinse per secondi che le parvero interminabili, poi la guardò in

viso, in quelle rughe profonde, in quegli occhi furbi; le somigliava

moltissimo. Anche i capelli della nonna, nonostante fossero oramai

bianchi, mantenevano ancora tonalità rossastre, e gli occhi nocciola

scintillavano su un viso che nascondeva la sua effettiva età. Nonna

Carmen aveva trasmesso a sua figlia Rosa e a sua nipote Alice

brillanti capelli rossi e leggere lentiggini, da buona spagnola quale

era. Sì, perché nonna Carmen aveva vissuto in Spagna fino a diciotto

anni, prima di incontrare suo marito, Marco, italiano avvincente e

sognatore. Da sposati, l’aveva portata a vivere in Italia, a Brunello,

donandole una vita che mai, mai avrebbe cambiato. Ilenia, Roberta e Lucia arrivarono dopo pochi secondi, sfoggiando i

loro sorrisi migliori. <<Ma cosa ci fate ancora qui fuori? Santo cielo come sono scortese!

Venite dentro! Tra qualche minuto pioverà!>> esclamò la nonna. <<Ma nonna, il cielo è bellissimo!>>

Page 27: Sulle Ali Di Un Sogno

Alice fece accomodare le sue amiche, ma prima di entrare guardò il

cielo, dove il sole brillava, leggermente coperto da nuvole grigie

appena addensatesi. <<Perché credi che debba…piovere…>> Un fulmine squarciò il cielo, seguito da un tuono che rimbombò

minaccioso tra le pareti di casa. Alice rimase interdetta, sulla soglia,

fissando il cielo esplodere in una leggerissima e freschissima pioggia

improvvisa. Un acquazzone! A Brunello tutto era magia. Le ragazze raggiunsero tutte l’interno della casa, e la nonna le invitò

a mettersi a loro agio. Alice si guardava intorno estasiata: non era cambiato nulla. La porta

d’ingresso dava a un piccolo androne giallo antico, arredato con

antichissimi mobili costruiti dal nonno Marco stesso, moltissimi anni

prima. C’era una piccola libreria, un mobile pieno di foto e di

bamboline, delle mensole, che esponevano suppellettili chissà quanto

importanti per la nonna. Un vecchio lampadario mandava una luce

fioca sulle loro teste, mentre la pioggia picchiettava insistente ai vetri

della finestra, con le tende bianche e fresche, le stesse tende di

sempre. Una scala a chiocciola saliva al piano di sopra, e una porta

aperta dava accesso a un corridoio che portava nella zona pranzo, in

bagno e in una stanzetta piccolissima in cui la nonna e il nonno

conservavano, da giovani, le cose a loro care. La sala da pranzo,

collegata alla cucina, era la parte più bella della casa, perché si

affacciava grazie a una grande porta a vetri sul giardino, regalando la

meravigliosa panoramica di Brunello. Alice sospirò lentamente, voleva respirare quell’odore insuperabile,

l’odore di Brunello. <<Avanti, raccontatemi tutto della vostra vita!>> Nonna Carmen, a cena, riempì per l’ennesima volta i piatti delle

ospiti di cibo, distraendole dando loro discorso. <<Le cose vanno sempre nello stesso modo in città, nonnina. Scuola,

compiti, uscite tra amici… non è la stessa di cosa di stare qui.>>

Page 28: Sulle Ali Di Un Sogno

<<E i tuoi genitori cara, hanno ancora quel negozio di fiori?>>

domandò la nonna a Lucia. Aveva un tono di voce gentile, melodico

e i suoi occhi castani scrutavano tutto con interesse. <<Oh, sì, adesso hanno anche aperto un vivaio! La prossima volta, se

lei me lo permetterà, le porterò una pianta! Anche se qui a Brunello,

il verde non scarseggia!>> <<Oh Lucia, ti prego, dammi di tu! Non mi piacciono i formalismi.

Mi fanno sentire vecchia. E comunque, io adoro le piante. Ti

ringrazio.>> La nonna sorrise mentre Lucia prometteva di rivolgersi a lei in tono

più confidenziale. <<Oh nonna, ma non devi sentirti vecchia!>> esclamò Alice fervente.

Alice era sempre stata una sostenitrice della bellezza femminile,

quella vera però, che andava aldilà delle rughe, di un chilo in più o di

un taglio di capelli alla moda. La bellezza di una donna proveniva da

dentro, scaturiva dal suo genio e dal suo sentimento. Alice credeva

che la giovinezza coincidesse con la capacità di amare la vita, mentre

la vecchiaia con la noia e l’apatia per il mondo esterno. Ne

conosceva tante, Alice, di sue coetanee già vecchie. Ma nonna

Carmen era giovane, e non sarebbe invecchiata mai. Alla fine della cena, le ragazze aiutarono la nonna a ripulire casa,

opponendosi energicamente ai suoi tentativi di spedirle a letto. Poi, sbadigliando, salirono le scale a chiocciola e raggiunsero la loro

camera. Aveva smesso di piovere; Brunello ora odorava di fiori e di piante, di

terra umida e di notte. Le ragazze unirono il lettino singolo al letto matrimoniale e

dormirono tutte insieme. Si addormentarono subito, erano sfinite. Alice riuscì a resistere ancora un po’, decisa a non dimenticare mai

niente di quella giornata. In punta di piedi per non far rumore (il vecchio pavimento di legno

ricoperto di moquette scricchiolava a ogni passo) si avvicinò alla

finestra, e sbirciò fuori, nell’oscurità della notte. Non credeva di aver

mai visto tanto buio e tanta luce naturale al contempo. Erano le stelle, dall’alto, a dare colore alla notte, rendendo

leggermente macabra la foresta nera sotto di loro.

Page 29: Sulle Ali Di Un Sogno

Ad Alessandro sarebbe piaciuto senza dubbio tutto ciò; Alice sentì

un piccolo tonfo in fondo allo stomaco quando, inconsapevolmente

pensò a quel nome, e il viso di Alessandro le apparve subito in mente.

Sentiva la sua mancanza come mai. Aveva voglia di sentire la sua

voce. Alice prese il telefono dalla tasca, e lo guardò, combattuta. Avrebbe

potuto provare a chiamare Alessandro, con l’anonimo, giusto un

attimo per sentire la sua voce. La luce del cellulare invase la stanza e sembrò una cosa terribilmente

innaturale nel silenzio dei sospiri rilassati delle ragazze addormentate.

Guardò il desktop e il cuore iniziò a batterle più forte. C’era un

messaggio di Alessandro. Non letto. Alice si morse il labbro inferiore

con foga, esitante. Le mancava, era assolutamente vero, ma non

poteva perdonargli anche quella. Non dopo quelle terribili parole

dette. Sospirò, risoluta, e decise di leggere il messaggio senza

chiamare. Il messaggio diceva: Ti amo. Ti amo. Un brivido l’assalì. Ti amo. Era così bello, sapere che

Alessandro la stava pensando. Sospirò e dovette costringersi a

spegnere il telefono e tenerlo lontano da lei. Allora andò a letto, con l’ombra di un sorriso, sentendosi un po’

meglio. Era come Alice lo ricordava, il giorno, a Brunello; il sole entrava

dalla finestra con i suoi primi raggi, regalando una luce tiepida e

timida, mentre fuori, lontani, gli uccellini cantavano, porgendo in

qualche modo il loro “buongiorno”. La musica di una radio

proveniva, un po’ disturbata, dal piano di sotto, mentre più vivido e

chiaro giungeva il canto della nonna. Alice si lasciò andare in un grande sbadiglio, stiracchiandosi

soddisfatta tra le lenzuola. Aveva dormito benissimo, si sentiva piena

di energia e forte. Si rigirò tra le coperte, incontrando il viso di

Roberta, ancora addormentata, con le labbra leggermente schiuse.

Un’incontrollabile allegria l’assalì, guardando la buffa espressione

sul viso dell’amica; si allungò per afferrare la fotocamera dal

Page 30: Sulle Ali Di Un Sogno

comodino, e le scattò una foto. Roberta mugugnò appena e Alice,

ridacchiando, si tuffò tra Lucia e Ilenia.

<<SVEGLIA!>> Ilenia fu la prima a saltare dal letto gridando, mentre Roberta

bofonchiava insulti in una lingua incomprensibile e Lucia lanciava

minacce molto credibili. <<Gli alieni, sono gli alieni…>> diceva Ilenia guardandosi intorno

impaurita. Aveva i capelli spettinati, gli occhi ancora chiusi e il

broncio. <<Ma che alieni! Alzatevi! Guardate, splende il sole!>> strillò Alice

con più energia, strappando di dosso le lenzuola a Roberta, che si

raggomitolava come un acrobata su se stessa. <<Ma sono le otto del mattino Alice, santo cielo…>> mormorò

Lucia sbadigliando e Alice le scattò una foto. <<Sei venuta benissimo.>> assicurò. <<Uccidiamo Alice?>> propose Ilenia. Stranamente, tutte trovarono piacevole la proposta e travolsero

l’amica, schiacciandola con i cuscini e avvolgendola tra le lenzuola. Braccia e gambe scalpitanti sbucavano ogni tanto dall’arrotolato

umano e dopo secondi di pura lotta, il risultato fu un curiosissimo

“Alice–involtino”, ottenuto dopo aver arrotolato la ragazza tra le

coperte, immobilizzandola con un cuscino sulla pancia e uno sotto la

schiena, in modo che uscissero fuori solo le mani ed il viso. <<Vi odio.>> bofonchiò Alice, muovendo debolmente i piedi. <<Sorridi Ali, immortaliamo questa scena!>> esclamò Lucia ed un

attimo dopo, il flash invase la stanza, illuminando l’espressione torva

di Alice. <<Onestamente, sei quasi più carina delle mummie. Siamo state

brave.>> commentò con estrema professionalità Ilenia, facendosi

passare da Lucia la fotocamera e scattando un’altra foto. Alice tirò

fuori la lingua. <<Strabiliante, meravigliosa interpretazione di una mummia, quasi

più spaventosa!>> Roberta scoppiò a ridere e Alice rotolò sul letto, investendola.

Liberarono Alice solo dopo averle fatto promettere di essere loro

schiava per un giorno, poi corsero a fare colazione.

Page 31: Sulle Ali Di Un Sogno

Le aspettava una lunga mattinata; in programma c’era un’escursione

alla ricerca di un ruscelletto che scorreva da quelle parti e la raccolta

di asparagi selvatici. Le ragazze uscirono da casa molto presto, armate di cappellini,

scarpe da ginnastica e, ovviamente, macchina fotografica.

La nonna le guardava da lontano, con quell’immancabile sorriso;

nonostante l’invito delle ragazze a essere loro guida per quella

mattina, aveva preferito stare in casa e sbrigare le sue quotidiane

mansioni. Vivere sola in una casa di campagna significava un sacco

di cose ed un giorno non bastava mai: aveva una lista di cose da fare

attaccata con una calamita al frigorifero, tra le quali potare le piante,

curare l’orto, nutrire gli animali, far giocare un po’ Billy eccetera.

Billy, naturalmente, era l’amato cane da pastore della nonna, il suo

migliore amico nonché compagno di vita. Le ragazze non impiegarono molto tempo a raggiungere il ruscello, e

dopo aver scattato qualche foto, sedettero intorno ad esso. Era limpido, appena increspato da un leggerissimo venticello, e delle

foglie verdi e gialle vi navigavano dentro, come barchette di avidi

scopritori di terre. Alice fotografò una foglia, mezza verde e mezza

gialla, che si faceva trascinare spensierata, quasi pigramente,

disinteressata da tutto ciò che non fosse l’armonia del vento. <<Allora Alice, adesso che siamo qui, lontane da orecchi indiscreti e

soprattutto da lui, credo che tu possa raccontarci cosa è successo...>>

disse Ilenia. Alice iniziò a pensare a mille scuse plausibili per evitare l’argomento,

ma lo sguardo irreprensibile di Ilenia annullò ogni tentativo. <<Quel pomeriggio al bar eravate già freddi… si può sapere cos’è

successo all’anniversario?>> iniziò, senza troppo cerimonie. <<Abbiamo litigato…>> tentò Alice, sforzandosi di apparire

disinvolta. Roberta sospirò e scosse il capo: <<Questo l’avevamo capito. Ma

che è successo?>> Alice sospirò. <<Bè, Alex ha prenotato in un ristorante. Un ristorante di lusso

esattamente…e stava molto bene in smoking…!>> Roberta rise entusiasta.

Page 32: Sulle Ali Di Un Sogno

<<Oddio, eccolo mentre fa lo splendido!>> esclamò invece Ilenia

irritata. <<Comunque, abbiamo cenato, scherzato e… stranamente non ha

tirato fuori discussioni spiacevoli, come quelle dell’ultimo periodo…

che so, uscite con gli amici, miei atteggiamenti che non gli piacciono

o semplicemente Ilenia. Ah… Ile mi sento in dovere di dirtelo. Alex

ci è andato giù pesante con te, l’altro pomeriggio. Ha detto che

sei…>> <<Non ripetere le parole che quell’infame riesce a sputare da quella

boccaccia.>> disse Ilenia seriamente, tutto d’un fiato. <<E’ geloso persino di me, è ridicolo.>> aggiunse sprezzante. Lucia decise di interrompere sul nascere un monologo d’Ilenia pieno

d’ingegnosi insulti verso Alessandro, intervento che avrebbe

sicuramente ferito Alice. <<Comunque, che è successo dopo cena?>> chiese. <<Siamo usciti dal locale e lui… mi ha bendata.>> <<E’ così romantico…>> mormorò Roberta, mentre Lucia e Ilenia le

scoccavano un’occhiataccia. <<Eravamo in macchina e non ho saputo dove mi avesse portata

finché non mi ha tolto la benda. Fuori pioveva e… mi ha preso in

braccio. Una volta al riparo, mi ha appunto sbendata e…>> <<E?>> incalzò Roberta con il fiato sospeso. <<E qui gatta ci cova.>> aggiunse Ilenia. <<E mi sono accorta di essere in casa sua… in camera sua. Luce

soffusa, candele…>> Alice e Lucia avvamparono insieme, non era facile sancire chi delle

due si fosse imbarazzata di più. Roberta si lasciò scappare un

gridolino divertito, taciuto all’istante dallo sguardo serio di Ilenia. <<E?>> domandò, improvvisamente isterica, fissando Alice torva. <<E ovviamente ci siamo baciati. Dovevo chiederti il permesso

mammina?>> Ilenia alzò gli occhi al cielo, probabilmente avrebbe voluto

rispondere: sì! <<Ma è finita lì.>> Alice alzò le sopracciglia come se stesse alludendo a qualcosa. Ilenia

non si risparmiò i commenti.

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<<Non credevo che Alessandro potesse cadere così in basso. Avete

litigato perché non hai voluto fare sesso con lui?>> disse senza peli

sulla lingua. <<Santo cielo non metterla così, Ile!>> rispose Roberta, in difesa di

Alessandro. <<Sì, e come allora? Non hai capito un bel niente tu, sei troppo

giovane!>> <<Alessandro, in effetti, l’ha presa male, visto che stiamo insieme

già da un anno…>> rispose Alice sospirando, sconfortata. <<Mi ha ferito il suo atteggiamento. Ha cercato di convincermi a

cambiare idea, finché non ha perso le staffe. Allora ha iniziato a

gridarmi contro che sono una… bambina, e immatura>> <<E tu cosa ne pensi?>> chiese Lucia precedendo Ilenia, pronta a

fare una sfuriata contro di lui. Alice sbuffò e appoggiò il capo contro

un albero. La corteccia era ruvida e fresca, umida, profumava. <<Prima di me ci sono state altre ragazze, per lui. Forse sente

nostalgia di quel tipo di rapporto. Ma io… non credo di essere

pronta.>> ammise, ed ebbe la sensazione che la temperatura fosse

salita di qualche grado. <<Ma hai diciassette anni…>> obbiettò Roberta, e Ilenia la fulminò

letteralmente con lo sguardo. <<L’età non conta, Alex è un porco e vuole solo fare sesso.>> Alice si sentì sprofondare per l’imbarazzo. Ilenia era la solita. <<Non è per l’età… è che quella sera ho trovato tutto sbagliato, non

era il momento. Lui l’aveva… programmato, capite? E poi

ultimamente litighiamo così spesso...>> <<Guarda che non ti devi giustificare di niente, Ali… non c’è fretta,

devi volerlo…>> disse Lucia, carezzevole, prendendole una mano. Alice sospirò. <<Vorrei che la pensasse come te.>> disse amaramente. <<E quindi adesso che farai?>> chiese ancora Ilenia. <<Vedremo.>> rispose Alice. In realtà non sapeva ancora come

sarebbe andata. <<Ma basta parlare di lui! Ho una voglia matta di divertirmi!

Andiamo ragazze!>>

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Alice scattò in piedi, rapida come una scintilla, afferrò Lucia per i

polsi e la costrinse a fare lo stesso, saltellando. <<Si parte! Gara a chi arriva prima a quell’albero!>> Le ragazze ritornarono a casa al tramonto, felici ed esauste. Avevano

raccolto una buona dose di asparagi! La nonna le accolse con calore, e face trovare loro in tavola la

merenda. Quando Alice, Ilenia, Lucia e Roberta, ebbero finito di mangiare,

fecero una doccia, poi aiutarono la nonna a cucinare. Alice e Ilenia si rivelarono un fiasco ai fornelli: Alice si tagliò un

dito e Ilenia, che non aveva ben compreso cosa fare, pulendo gli

asparagi gettò nel cestino la parte da cucinare. Furono entrambe

relegate al lavello, a lavare verdure e piatti.

Era sicuramente Roberta la cuoca della situazione, dopo la nonna

naturalmente. Avevano trovato una certa armonia le due,

collaborazione che avrebbe portato sicuramente a risultati molto

apprezzabili. Di sera, dopo cena, aiutarono nonna Carmen a sparecchiare e ripulire

e poi, tutte e cinque, guardarono un film. <<Per fortuna ho portato il lettore dvd e film a volontà!>> esclamò

Roberta tirando fuori dallo zaino il tutto. Ilenia la guardò interdetta: <<Ma ci sono solo film d’amore!>>

esclamò, lanciandole occhiatacce bieche, e Roberta annuì

allegramente. Nonostante Ilenia si fosse opposta energicamente alla proiezione di

un film d’amore, le altre decisero di accontentare la romantica

Roberta; alla fine, il film piacque a tutte al punto tale che, a fine

riproduzione, stavano piangendo. <<Quell’attore somigliava molto a mio marito.>> disse la nonna. Era seduta su una sedia a dondolo marrone e il suo viso riluceva di

un sorriso commosso. <<Avevo la vostra età, più o meno, quando lo incontrai. Ero in

vacanza in Italia, e quando lo vidi, mi piacque subito. Aveva capelli

neri come l’ebano, pelle abbronzata dal sole… e quel sorriso sicuro.

Tutto iniziò da lì. Il primo giorno che lo vidi sentii che non lo avrei

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più dimenticato. E così avvenne, infatti. Passai i tre mesi estivi in

Italia, con la mia famiglia e con lui. Era un giovane avvincente e

intelligente, d’idee aperte e pieno di vita. Voleva fare il medico.>> La nonna sorrise teneramente, mentre Alice, sbalordita, ascoltava

rapita quelle parole, che descrivevano una parte del nonno che non

aveva mai conosciuto. <<Tuttavia, non andò così. Ci innamorammo. Un giorno i miei

genitori, erano così severi, ci videro insieme, e m’impedirono di

rivederlo. Così fuggimmo. Quella notte stessa, davanti a Dio, ci

promettemmo amore eterno. Le nostre vite cambiarono radicalmente:

lui abbandonò gli studi e venimmo a vivere qui. Non fu facile per me

abituarmi a una vita fatta di sacrifici e lavoro. Ma è stata la vita più

felice e piena che qualunque essere umano possa desiderare.>> la

nonna rise, con gli occhi lucidi e una mano stretta al petto. <<Lo porto dentro come se fosse una parte di me.>> Alice ebbe un brivido. <<Amate bambine mie, amate. Fate lavorare il vostro cuore, non

inaridite l’anima, non privatevi del grande dono della vita. Ma amate

solo chi si merita l’amore… e non accontentatevi di mezzi sorrisi,

mezzi baci, mezzo cuore. Desiderate e prendetevi tutta l’anima di chi

ve la offre. Niente per metà. Se così fosse, avreste sbagliato cuore.>>

La nonna sospirò, e si chiuse in un silenzioso pensare. Alice la guardò spiazzata, era colpita, le sue parole avevano

raggiunto una parte profonda di lei, le avevano spalancato una

finestra, dalla quale era entrato un vento gelido.

Sbagliare cuore. Accontentarsi di un cuore a metà. La nonna aveva ragione, avrebbe dovuto pretendere tutto di

Alessandro, ogni sua singola cellula, e invece aveva in pugno solo un

mucchio di parole e promesse infrante.

Alice non dormì bene quella notte, non faceva che pensare alle

parole della nonna. E se avesse “sbagliato cuore”? E se tutto ciò che

stava facendo per tornare a esser felice con Alessandro, se i sacrifici,

le lacrime, le volte in cui aveva soffocato tutto il dolore dentro, non

avessero portato a niente? E se stesse commettendo l’ennesimo,

stupido errore?

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Alice si rigirò tra le coperte, inquieta, invidiando i respiri regolari

delle sue amiche addormentate. Che fortunate che erano, non

amavano! La loro vita non era quotidianamente tormentata da sbalzi

d’umore e tristezze, litigi e poi riappacificazioni. Alice si passò una mano sulla fronte e si accorse di stare tremando.

Era nervosa, non riusciva a ragionare lucidamente. Contò fino a dieci,

dopodiché decise: doveva uscire. Si vestì in fretta, di quel che trovò sparso per la stanza, poi afferrò la

macchina fotografica e corse precipitosamente al piano di sotto. La casa era addormentata, vuota, di un colore mesto, tra il sonno e la

veglia, tra il buio e la luce. Tra non molto sarebbe sorto il sole, un

nuovo giorno era sul punto di nascere. Si trascinò fuori di corsa. Billy, il cane della nonna, quando la vide passare correndo, le andò

dietro scodinzolando e sollevandosi sulle zampe posteriori si

appoggiò alla sua schiena, quasi pretendendo una carezza per saluto.

Alice allungò una mano tremante verso di lui e si sentì meglio. Si

sentiva libera, nel verde e nell’immensità del cielo di Brunello. Alice passeggiò per il bosco e non si rese conto di quanto tempo

passò, né di quanto si stesse allontanando da casa. D’improvviso la

foresta, prima folta e verdeggiante, divenne più rada, finché non

arrivò a schiudersi sopra una grande distesa di erba bassa, giallo

verde, che ammirava timidamente le immense montagne davanti a

sé. Meraviglioso. Alberi grandissimi andavano nascendo oltre la distesa pianeggiante,

circondati da fiori e cespugli, mentre dalle montagne alle loro spalle,

sorgeva il sole. Pura bellezza. Luce e colore, nuvole sommerse di oro, alberi che si

protendevano con i loro rami verso l’infinito, sempre più in alto. Non sembrava vero. Alice aveva il fiato corto, mentre la luce si spandeva, illuminando

anche lei di oro. Si sentiva parte di quel quadro. Decise di rubare alla

natura un po’ di quello splendore: prese la macchina fotografica,

inquadrò tutto, e scattò una foto.

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Respirò a pieni polmoni, con gli occhi chiusi, e si concentrò sulle

sensazioni che quella frescura le provocava. Era così rilassante, così

al disopra di ogni preoccupazione umana. Alice si avvicinò a un albero e sedette ai suoi piedi. Appoggiò il capo

contro la corteccia e respirò l’odore umido della terra smossa, della

rugiada, dell’erba bagnata. Da lì il cielo si vedeva meglio, mentre si svegliava pigramente. Alice chiuse gli occhi e con le dita penetrò il terreno morbido e

umido, poi si portò le mani vicino al viso, per respirare l’odore della

terra. In quel momento notò una foglia, dal colore giallo oro, un po’

appassita. Ma la cosa più curiosa, erano le scritte che apparivano,

evidenti, sulla superficie. Si appoggiò con le ginocchia per terra, la

prese tra le dita, e lesse:

“Triste

vedere come la rosa, mentre sboccia per raggiungere il culmine della bellezza, si prepari inesorabilmente

ad appassire.” Alice rilesse stupefatta quelle parole, mentre un brivido le saliva

lungo la schiena; qualcun altro viveva lì nei paraggi, qualcun altro

aveva passeggiato in quel suo paradiso. Alice deglutì. Non era la

paura di potersi imbattere in qualcuno di sconosciuto che la

preoccupava, quanto più le parole lette in quella foglia appassita, che

adesso sembrava morta anziché dorata. Erano parole tristi. Erano

parole sconfortanti. Si sentì quasi in pena per la rosa morente. Si guardò intorno con circospezione, e vide che non c’era nessuno,

dunque guardò nuovamente il cielo, che adesso era luminoso e chiaro.

Page 38: Sulle Ali Di Un Sogno

Era ora di tornare a casa. <<Ma sei pazza, Alice? Che ti sei messa in testa! E’ pericoloso

uscire da sole qui, e a quell’ora!>> disse Lucia strabuzzando gli

occhi, a colazione, quando Alice raccontò alle amiche della sua

piccola gita. <<C’era Billy con me.>> si giustificò Alice, spingendo con il

cucchiaio i cereali sul fondo della sua tazza. Lucia alzò gli occhi al cielo spazientita. <<Questo spiega tutto allora. Non farlo mai più, per favore Alice.>>

disse implorante, lanciando occhiate alla nonna, che preparava le

crepes al cioccolato. Alice non rispose. Lei, dopo quella passeggiata, si sentiva molto

meglio, e nella fotocamera poi c’era quella foto, la foto che le

avrebbe ricordato per sempre quell’alba incantevole. D’improvviso si ricordò della foglia, che stava custodita e nascosta

nella sua tasca; la tirò fuori per mostrarla alle amiche. <<Ed ho trovato questa.>> Roberta prese la foglia e lesse ad alta voce la scritta, poi batté le

ciglia, stupefatta. <<Wow.>> <<Alice non è l’unica pazza a scrivere sulle foglie.>> sdrammatizzò

Ilenia. <<Questo è molto strano! Qualcuno ti spiava!>> suggerì Lucia,

terrorizzata. Alice sospirò, e scosse il capo. <<Ma figurati, perché qualcuno avrebbe dovuto spiarmi?! E poi qui

su non vive nessuno, oltre mia nonna. L’avrà trascinata il vento>> Alice si strinse nelle spalle e sorrise alla preoccupatissima e per nulla

convinta Lucia.

<<Su, non fatene un dramma. E’ solo una stupida foglia! Mangiamo

dai!>> e così dicendo, Ilenia, afferrò un muffin al cioccolato. In quel momento arrivò la nonna, stringendo tra le mani un vassoio

di crepes. <<Buongiorno ragazze!>> disse gioviale, facendo largo sulla tavola

per poter appoggiare anche quel vassoio. I pasti in casa sua erano

sempre eccessivamente abbondanti.

Page 39: Sulle Ali Di Un Sogno

<<E così oggi hai trovato la Radura dei Girasoli.>> aggiunse, mentre

prendeva posto. <<Bè… se è così che si chiama...>> rispose Alice, arrossendo. <<Certo, la Radura dei Girasoli. Se ho sentito bene, ci sei stata

questo mattino. Ho sentito che uscivi, ma non ho avuto il tempo di

chiederti se volevi compagnia, che eri già sfrecciata via.>> Certo, pensò Alice, Che sciocca. Come aveva potuto pensare di passarla liscia con la nonna, che,

vivendo da sola, aveva sviluppato un udito sopraffino? La nonna per

fortuna, pur essendo così potenzialmente capace, non riusciva a

leggerle nel pensiero e così non si accorse del suo disagio. <<Si chiama così perché in estate quello spazio sconfinato si

trasforma in un bellissimo campo di girasoli. E’ incantevole. >> Sorrise, sognante. Chissà quali ricordi la legavano a quel posto. <<Comunque, vi ho preparato uno spuntino da portare con voi. Ma

attente a tornare prima delle cinque, questa sera ci sarà un

temporale!>> Alice guardò fuori dalla finestra. Il cielo era azzurrissimo. Ma ormai,

aveva imparato a fidarsi delle previsioni meteorologiche della nonna.

Brunello era davvero magico, e nonna Carmen, una fata. La giornata si svolse tranquilla. Le ragazze passeggiarono per

Brunello, giocarono a pallavolo, pranzarono e poi si riposarono sotto

i raggi gentili di un sole tiepido. Si divertirono a chiacchierare della

scuola, dei loro progetti, delle prossime vacanze natalizie e nessuna

di loro parlò più della foglia gialla, né della triste poesia. Fu quel fulmine che colorò il cielo a ricordare loro che si era fatto

tardi, e che presto avrebbe piovuto. Dei nuvoloni grigi si erano

addensati sulle loro teste. Al fulmine, successe un fragoroso tuono…

e scoppiò a piovere. Così tornarono a casa correndo sotto la pioggia, riparandosi con le

giacche e le borse, e continuarono a ridacchiare felici finché misero

piede in casa. La nonna era in cucina, e sorseggiava del tè. <<Bentornate.>> disse.

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Aveva uno sguardo indecifrabile, gli angoli delle labbra sollevati in

un sorrisetto. Tacquero tutte per un po’. <<Andiamo a fare una doccia e a sistemare le valigie, noi…>> disse

Alice guardando la nonna di sottecchi. La nonna annuì e le lasciò

andare. Alice stava per sparire del tutto su per le scale, quando sentì la voce

della nonna dire: <<A proposito… C’è un giovanotto fuori, sotto la

pioggia. E’ lì da qualche ora. Dovrei farlo entrare, cara?>> Alice irrigidì e avvampò, prima di catapultarsi al piano di sotto e

fissare la nonna con gli occhi sgranati. Questa si strinse nelle spalle

con innocenza, sorrise e mosse una mano in direzione della sua

schiena. Alice corse verso la finestra… e rimase a bocca aperta. Fuori c’era Alessandro, con un mazzo di fiori, bagnato dalla testa ai

piedi, sotto la pioggia. Alice riuscì a respirare solo dopo secondi di apnea. Alessandro. Fuori.

Alessandro lì per lei. <<Non mi avevi detto di avere un ragazzo.>> commentò la nonna

mentre appoggiava delicatamente la tazzina sul piattino. Il tintinnio

della ceramica fu il primo suono che Alice sentì dopo aver passato

secondi di silenzio e isolamento. Tirò le tende sino a coprire completamente la finestra, e si voltò di

scatto verso la nonna. Si sentiva un disastro, impacciata e schiacciata

dall’imbarazzo; si appoggiò al muro in cerca di un sostegno. <<Cosa ti fa pensare che… sia qui per me…>> disse, cercando di

sorridere. La nonna mostrò ancora quel sorrisetto obliquo, divertito. <<I fiori che porta in mano… sono avvolti in una fascia su cui è

scritto il tuo nome.>> rispose con tranquillità. <<Un dettaglio…>> bofonchiò con poca convinzione Alice. In quel momento anche le altre la raggiunsero e l’espressione

sbalordita di Alice suggerì loro che cercava di nascondere qualcosa

con le spalle. Ilenia la scansò gentilmente, sbirciò dalla tenda,

poi sbuffò irritata. <<Ci ha trovate, il segugio.>>

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<<Dovrei farlo entrare? Forse sentirà freddo.>> disse ancora la

nonna battendo le ciglia con innocenza. Era divertita, tremendamente

divertita. Ilenia scoccò ad Alice un’occhiata omicida, aspettando che lei

rispondesse, pendendo quasi dalle sue labbra. <<Ehm…>> Alice scostò appena la tenda e guardò fuori, ma quando incrociò lo

sguardo serio e convinto del ragazzo, la richiuse in uno scatto

nervoso. <<Meglio di no.>> disse risoluta. <<Deve averla fatta grossa, per meritarselo.>> commentò la nonna

con saggezza e furbizia, troppa furbizia. Ilenia annuì con vigore e

Alice le lanciò un’occhiataccia fulminante. Sedette al tavolo, poi

affondò il viso tra le mani. Alessandro era arrivato fin lì per lei, ma non era del tutto certa che le

sarebbe bastato per perdonarlo. Tuttavia si sarebbe dispiaciuta se

l’avesse visto abbrustolito da un fulmine, o preda di qualche animale

randagio. Alice scosse leggermente il capo, ma una fitta acuta alla testa la

inchiodò sulla sedia. Un capogiro, un violento colpo secco, poi, a

poco a poco, svanì. Alice si sentì sciocca; davvero, la presenza di

Alessandro fuori dalla finestra, riusciva a infliggerle tanto male? Sì.

La risposta era sì. Forse l’aveva già perdonato; non per le parole

dette né per gli errori fatti, aveva perdonato l’Alessandro che amava,

quello che aveva conosciuto un anno prima, quello che forse adesso

non c’era più. Alice si accorse solo dopo minuti interminabili di pensieri tormentati

che Ilenia, imbronciata, forse amareggiata, la stava guardando. <<Scusami Ile…>> disse Alice, giustificandosi di qualcosa che non

aveva ancora fatto. Ma che voleva fare. <<Spero solo che tu comprenda le tue scelte. E che tu scelga bene. E’

l’ultima occasione che devi regalargli, secondo me. Cerca di farti

furba, Alice. Io credo in te.>> Alice sorrise, annuì, e senza aggiungere altro si alzò dal tavolo.

Incontrò per un attimo lo sguardo sorridente della nonna, poi, senza

indugiare oltre, aprì la porta a vetri.

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Fuori faceva freddo, si era alzato un forte vento e i brividi

s’impossessarono subito di lei. Lo sguardo di Alessandro le fu immediatamente addosso. Alice

camminò a falcate per raggiungerlo, e finalmente gli fu vicina. Si guardarono senza dire niente, le parole erano inutili. Avevano

condiviso tanto insieme, giorni, risate, pomeriggi, momenti

indimenticabili. Alice non avrebbe mai dimenticato niente di lui: il

modo in cui si passava distrattamente le dita tra i capelli, la sua

abitudine di baciarle la punta del naso, l’espressione severa di

quando litigavano. Non poteva dimenticare le lunghe conversazioni, nel cuore della

notte, le promesse che si erano fatti. Ma ora, davanti ai suoi occhi,

c’era quell’amato sconosciuto, e spesso si chiedeva se non fosse

quello il vero Alessandro. Forse prima recitava soltanto. <<Alice…>> fu lui a rompere il silenzio. <<Amore, scusa. Dimentica tutti questi ultimi mesi. Sono stato uno

stronzo, me ne rendo conto. Ma ti amo.>> Alessandro azzardò un passo avanti, le braccia schiuse, come se

aspettasse un abbraccio. <<Mi hai delusa e… ferita.>> riuscì a bofonchiare Alice. <<Lo so. Sono stato un perfetto idiota>> Alessandro lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, in segno di resa. Adesso che era così vicino, Alice riusciva a vedere i suoi occhi scuri

e sicuri, le ciglia bagnate di pioggia, i capelli incollati alla fronte.

Visto così, il suo predatore, il suo più grande nemico, sembrava

tenero e innocuo come un cucciolo. <<Prendi, questi sono per te.>> Le porse il mazzo di fiori e Alice li accettò dubbiosa. <<Sei talmente stupido!>> esclamò infine, scuotendo amaramente il

capo. <<Lo so.>> aggiunse lui sorridendo, stranamente arrendevole. <<Vieni via con me. Ti riporto a casa io.>> aggiunse, e allungò una

mano verso il suo viso, sfiorandolo delicatamente. Alice irrigidì, era in cerca della risposta più giusta, non sapeva se

dare ascolto alla vocina che gridava “no!” o a quella che gridava

“sì!”. Abbassò il capo, e sospirò, abbattuta.

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La mano di Alessandro, intanto, scendeva lungo la guancia, sino al

mento, che le sollevò lentamente. La guardò brevemente, i suoi occhi

ardevano di sicurezza e di passione, dunque la baciò. Dolcemente,

senza fretta, come non faceva da tanto. Alice si lasciò travolgere

dalle emozioni confuse che le provocò quel bacio, felice, ma anche

preoccupata; fidarsi di nuovo di lui significava esporsi alla prossima,

probabile delusione. <<Vado a prendere le mie cose…>> decise infine. Alessandro annuì, e non trattenne un gran sorriso. Alice corse verso casa a testa bassa, i fiori tra le braccia. Li portava

più come un fardello che come un dono. Aveva solo voglia di

sbarazzarsene. <<E così un mazzo di fiori è bastato.>> commentò Ilenia sarcastica,

un po’ delusa. <<Sono… stupendi!>> aggiunse Roberta estasiata, prendendoglieli

di mano. <<Che intenzioni hai ora?>> chiese sospettosa Lucia, ponendosi di

fronte a lei. <<Credo che… sì, vado con lui.>> rispose Alice tutto d’un fiato. <<Mi riporta a casa. Perdonatemi ragazze se non torno con voi.>> Alice si sporse a baciare la nonna sulle guance, e quella sospirò,

accarezzandole la testa zuppata. <<Ah, l’amore, l’amore.>> canticchiò gioviale, mentre in sottofondo

Ilenia ripeteva “Ah, la follia, la follia”. Alice le sorrise distrattamente, mentre si catapultava al piano di

sopra, per scendere pochi minuti dopo con la valigia carica, gonfia,

malamente richiusa. Ci aveva messo dentro tutta la roba

ammucchiata, così lembi di maglione fuoriuscivano e portava molte

cose in mano. <<Quello è mio.>> bofonchiò Ilenia riprendendosi un maglioncino. <<Scusatemi ancora. E’ che… non so che fare. Ma sono certa che se

ci pensassi ancora su… cambierei mille volte idea. Dunque vado.>> Alice salutò le amiche, si scusò ancora con qualche debole parola,

poi fuggì via, verso Alessandro. Lui era ancora immobile, con lo stesso sorriso di prima. <<Grazie.>> disse gentilmente.

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<<E di cosa, esattamente?>> aggiunse Alice, voleva sentirsi dire

ancora qualcosa di bello, ma non riusciva a liberarsi di quel tono

diffidente. <<Di questo regalo. Di essere con me.>> Alice sospirò e si morse il labbro inferiore. <<E’ l’ultima occasione, però. Non sprecarla.>> disse con

improvvisa serietà, sorprendendo se stessa per la convinzione del suo

tono. Il ragazzo la trasse a sé con forza, e la guardò intensamente. <<Non lo farò.>> disse con estrema sicurezza, senza sorridere, senza

muoversi. Immobile, sembrava una statua. Alice sospirò. Sperava davvero che lui non la deludesse più

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CAPITOLO TRE

LO SCONOSCIUTO

uel viaggio di ritorno verso casa sembrò un sogno. Alice, tranquilla e serena, si lasciava accarezzare dal tocco

sicuro di Alessandro, che le sfiorava il viso, seguendone il

profilo con un dito, i capelli, poi la schiena. In sottofondo una musica dolce favorì Alice nel completo

rilassamento dei sensi. Non parlarono molto. Era Alessandro ogni tanto a sussurrarle parole

gentili all’orecchio e a baciarle le labbra. Perfetto. Triste e deprimente fu dover scendere dall’auto, con il timore che

l’indomani, quella pace e quell’armonia finissero. <<Siamo a casa tua, Alice…>> sussurrò Alessandro baciandole il

lobo. Alice si raggomitolò e gli passò le braccia intorno al collo. <<Non mi va di scendere.>> piagnucolò, assonnata, soffocandolo

con i suoi capelli adesso asciutti, che odoravano di pioggia.

Alessandro le sorrise e si liberò dall’abbracciò. <<Sei un disastro, Alice. Tua madre si preoccuperà a morte. Avanti,

vai.>> Alice sbuffò e guardò l’orologio virtuale della macchina. <<Ma sono solo le ventuno.>> bofonchiò. <<Vieni dentro. Mi sistemo in un attimo e guardiamo un film.>>

propose, improvvisamente allegra. <<Soli?>> Alice era interdetta. <<Bè, in camera mia non c’è nessuno. Infondo dobbiamo solo…

vedere un film…>> bofonchiò confusa. Alessandro le sfiorò la

guancia con la mano. <<Non mi sembra una grande idea, Alice. Sai, non mi diverte l’idea

di me e te in camera tua… sul tuo letto… e tua madre che ci spia.>> Alessandro sorrise.

Q

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<<Capisco.>> rispose Alice delusa. Non ci vedeva niente di male, la

cosa sbagliata era che Alessandro abbinasse ogni proposta al… letto.

Come se invece di chiedergli “guardiamo un film” avesse chiesto

“andiamo a sdraiarci nel mio letto!”. <<Come vuoi.>> aggiunse Alice, poi sospirò. Iniziò a raccattare le

sue cose, s’infilò il giubbotto e aprì la portiera. Alessandro le passò

un braccio intorno alla vita, e l’abbracciò da dietro. <<Ti voglio bene Alice…>> sussurrò con un tono angelico. <<Ti voglio bene anch’io. Buona notte.>> <<Buona notte a te, piccola>> Alice fece per scendere dall’auto, ma Alessandro la fermò: <<A proposito...>> iniziò con tranquillità, <<Vado a giocare a carte

stasera, da Giacomo.>> aggiunse, disinvolto. Alice dovette mandare giù la risposta acida che avrebbe voluto

sputargli contro, e si limitò a dire: <<Ah, Giacomo. Il fratello di

Giulia, o sbaglio?>> Lo avrebbe volentieri ucciso, in quel momento. <<Sì, lui.>> Alice gli dava ancora le spalle e forse fu meglio: era furente. Giulia,

dopotutto, era la ragazza che stava dietro ad Alessandro da mesi, lo

corteggiava in maniera sfrontata, ignorando il fatto che fosse già

impegnato. Ed era anche bellissima, come se non bastasse; Giulia era

una delle ragioni per cui litigavano spesso, perché Giacomo era uno

dei migliori amici di Alessandro. <<E se ti dicessi di non andare?>> tentò Alice. Alessandro sospirò e lei si sentì improvvisamente stupida. Come

aveva anche solo potuto pensare che la sua opinione potesse

interessargli? Ecco che la faceva sentire nuovamente una bambina

immatura. <<Oh, Alice, andrei lo stesso. Ma non perché non ritenga importanti

le tue idee, ma perché non ci sarebbe motivo per non andare. Fidati

di me. Non iniziare a fare la bambina.>> Alessandro sorrise e allargò le braccia per ricevere un abbraccio.

Alice glielo concesse, senza troppa allegria. Preferiva tagliarla lì,

anziché ricominciare a litigare. Lui aveva già sfoderato l’arma “non

iniziare a fare la bambina”. Come se fosse giusto che lui avesse

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scelto una partita a carte a lei. Come se fosse giusto che, dopo tre

giorni di silenzi e buio, lui preferisse lasciarla sola, pur di non dover

“solo” guardare un film con lei. Alice si sentiva veramente offesa. Scese dall’auto e non si voltò più, ma sapeva che Alessandro la stava

fissando con quel sorriso soddisfatto, presuntuoso, convinto di avere

ragione. Aveva vinto un’altra volta. Alice dovette affrontare qualche minuto d’interrogatorio da parte di

Rosa e Mario, che vollero raccontato subito tutto ciò che aveva fatto

nel fine settimana, ma riuscì a liberarsi presto di loro, e a correre in

camera sua, nel suo piccolo mondo. Era tutto come l’aveva lasciato. Il suo disordine, il suo caos, i suoi sogni, erano ancora tutti lì, sparsi

per la scrivania e sul comodino, in attesa del suo arrivo. Alice lanciò un’occhiata veloce alla posta elettronica, lesse le

incalcolabili e-mail che Alessandro le aveva mandato durante la sua

assenza, poi chiuse il computer e corse a fare una doccia. L’acqua calda andava a poco a poco calmando i brividi di freddo che

aveva, provocati dalla pioggia che le si era asciugata addosso, mentre

i pensieri si liberavano e scorrevano come un fiume in piena. Alice sospirò. Aveva lasciato che Ilenia, Lucia e Roberta tornassero

da sole da Brunello, per non parlare della nonna. Non l’aveva

salutata per come avrebbe dovuto, chissà adesso quando l’avrebbe

rivista! Alice si sentiva orribile: aveva fatto ancora una volta la

scelta sbagliata. Alessandro era riuscito ad averla vinta un’altra volta,

riportandola a casa come un trofeo per poi andare a divertirsi con gli

amici. Gliela avrebbe fatta pagare. O forse era meglio di no. Forse

era quell’atteggiamento di sfida che li portava inesorabilmente ai

litigi. Alice sedette sul pavimento del box doccia, e chiuse gli occhi, la

fronte poggiata alla ginocchia, lasciando che l’acqua le cascasse

addosso come pioggia. Avrebbe voluto che anche i dispiacerei andassero via, che

affogassero nello scarico per sempre.

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Alice andò a dormire, ma prima mandò un messaggio alle amiche per

scusarsi. Meritavano una spiegazione e sicuramente l’avrebbero

perdonata. Il problema era che, purtroppo era lei a non riuscire a perdonare se

stessa. L’indomani mattina Alice non ebbe modo di incontrare né le sue

amiche né Alessandro. A scuola non era lo stesso senza Lucia seduta accanto e il rumore

della penna che graffiava freneticamente la carta, per non perdersi

nessun appunto. Adesso l’unico suono che sentiva era la voce della

professoressa, che spiegava qualcosa riguardo ai legami chimici, e

quelle eccitate delle sue compagne di classe, sedute dietro di lei.

Sembrava stessero spettegolando di qualcuno. Alice non aveva

intenzione di spiarle, ma percepì un brandello della loro

conversazione e non riuscì a fare a meno di origliare. <<Mio Dio che sballo! Mai vista una festa così ben riuscita.

L’avevano organizzata i suoi amici, una festa a sorpresa! Ma la cosa

più bella è stata la presenza per intero della squadra di calcio! Quanto

sono belli quei ragazzoni!>> disse una di loro, Alessia, con un tono

di voce stridulo. Alice si rizzò a sedere e spalancò gli occhi. Sbagliava, o aveva

sentito dire “la squadra di calcio?”. Strinse i pugni e d’improvviso

ogni altro rumore in classe divenne un insignificante brusio. Si concentrò sulle voci frivole delle compagne: <<A me piace Giacomo. E’ bello da impazzire!>> rispose l’altra,

Francesca. <<Ne vogliamo parlare invece di Alessandro? E’ perfetto. Sprecato

per quella gatta morta spelacchiata.>> Alice contenne un ringhio degno da gatta spelacchiata. Per giunta,

quelle oche stavano anche ridacchiando! Ridevano di lei! Le avrebbe

volentieri uccise entrambe. <<Ovviamente alla festa di ieri lui non l’ha portata. E ci

mancherebbe altro! Non è mica sciocco il ragazzo, sa il fatto suo.

Giulia ieri sera non ha perso tempo! Hanno anche ballato insieme.

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Secondo me Alex la molla quella… cosa… entro qualche mese.

Scommettiamo?>> disse Francesca. Alice era sul punto di esplodere per la rabbia. E così Alessandro era

stato a una festa! E aveva ballato insieme a Giulia! Alice si sforzò di respirare regolarmente. In quel momento, l’idea di

prendere per i capelli Alessia e Francesca era niente in confronto a

quello che avrebbe voluto fare a lui. <<Oggi pomeriggio i ragazzi si allenano. Io ci vado. Ci sarà anche

Giulia probabilmente, magari con questa scusa ci facciamo

presentare qualcuno. Comunque mi sono rotta di stare in classe,

andiamo in bagno>> Alessia e Francesca chiesero il permesso per uscire dalla classe, e

non si accorsero di quello sguardo infuocato che le accompagnò per

tutto il tragitto, dal banco alla porta, e che non le lasciò finché anche

l’ultimo brandello di pantalone non svanì dalla sua visuale. Alice era un braciere ardente, era un vulcano di emozioni, soprattutto

di rabbia. L’idea di una prima piccola vendetta le venne improvvisa: badando

bene a non farsi vedere, prese da sotto il banco delle compagne

appena uscite i loro quaderni e se li rinchiuse nello zaino. Dopo pochi minuti le due tornarono in classe. Giusto in tempo. <<Bene ragazzi, per oggi è tutto. Adesso fatemi vedere il tema che

dovevate svolgere. Passo tra i banchi.>> La professoressa iniziò a controllare i quaderni dalla fila opposta a

quella di Alice e, severa come sempre (ma quel giorno Alice

condivideva in pieno le sue maniere rigide), metteva un due a

chiunque non avesse fatto il suo dovere. Ben presto, arrivò al banco di Alessia e Francesca. <<I temi?>> La professoressa aveva un tono di voce acido, ma per Alice fu

delizioso. <<Ehm… il quaderno… lo avrò lasciato a casa!>> rispose Alessia,

un tono tremolante, controllando in ogni angolo del sottobanco e

dello zaino. La professoressa la guardava con sospetto: quella di aver dimenticato

a casa il quaderno era una scusa vecchia.

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<<E tu?>> disse rivolta a Francesca. <<Ero sicura di averlo preso!>> piagnucolò quest’ultima, che forse

per la prima volta aveva davvero svolto i compiti. <<Voglio parlare con i vostri genitori!>> sibilò la tenera serpe– prof. <<Non fate mai niente! Vi boccerò se continuerete così, vedrete!

Due!>> La professoressa schizzò alla cattedra per scrivere meglio i suoi

bellissimi due. Alice approfittò del momento per voltarsi verso le

compagne e dire: <<Non è così grave, aggiunto agli altri due che

avete preso, fa sei. State migliorando.>> Sorrise perfidamente e si sentì d’improvviso in paradiso. E il bello

doveva ancora arrivare. Tirò fuori il cellulare dalla tasca, con frenesia, e scrisse: TI ODIO. SPERO TU TI SIA DIVERTITO ALLA FESTA, A

BALLARE CON GIULIA. NON CERCARMI PIU’.

Alessandro aveva fatto almeno venti telefonate nell’ultima mezz’ora

e Alice si era divertita a rifiutarle puntualmente tutte. Seduta sul suo

letto, a gambe incrociate, sembrava esser intenzionata a passare il

resto della serata in quel modo. Non aveva voglia di sentire la sua

voce e le sue banali scuse. Alice si sdraiò, appoggiando la testa tra i cuscini soffici e colorati.

Aveva mal di testa ed era arrabbiata. Alessandro era un bugiardo

nato, falso dalla testa ai piedi. Non riusciva a credere che la sera

prima l’avesse guardata negli occhi e le avesse detto che andava a

giocare a carte da Giacomo quando in realtà stava andando a una

festa. Alice chiuse gli occhi e si sdraiò su un fianco, respirando l’odore

delle coperte. Era così stanca… avrebbe volentieri dormito per tutto

il resto della serata fino alla mattina successiva. Nonostante il dolce sonno la attraesse, stranamente, si sentiva

ispirata a mettere in ordine la sua stanza. Si mise in piedi e iniziò a sistemare fogli, libri e quaderni, liberando

la scrivania. E allora, s’imbatté nella foglia gialla che aveva trovato

alla Radura dei Girasoli.

Page 51: Sulle Ali Di Un Sogno

Sorpresa, la guardò come se la vedesse per la prima volta; eccola lì,

ancora integra, la strana foglia gialla sulla quale, minacciosa come un

ultimatum, stava scritta quella poesia che faceva pensare a inesorabili

fini, quella poesia orfana, senza padre. Era un ricordo degno di un

posto magico come la Radura dei Girasoli. La radura… per un attimo, le sembrò di poter sentire il profumo di

Brunello, di vedere i suoi colori, la sua alba. L’alba. Alice sorrise; come aveva potuto mettere da parte una cosa così

importante? Ritrovò una nuova, piccola gioia e, mentre rifiutava al cellulare

l’ennesima chiamata di Alessandro, afferrò la macchina fotografica.

Non aveva ancora scaricato le foto sul computer! Collegò la macchina fotografica al computer, litigando un po’ con i

cavi. Aveva scattato duecento foto, si sentiva soddisfatta! Iniziò a

scorrerle, ed ecco i primi scatti, fatti il giorno della partenza. Le

osservò tutte, a una a una, soffermandosi sulle immagini dei

panorami più unici di Brunello che era riuscita a catturare, ma che

non gli rendevano del tutto giustizia. Ecco i visi delle sue amiche! Lucia era venuta malissimo in una foto,

scattata di sorpresa, mentre Ilenia e Roberta, in un’altra, sembravano

modelle. Eccone una, in cui erano tutte e quattro insieme. Quanti

ricordi. Quante risate. Finalmente trovò le foto dell’alba nella radura. Erano bellissime.

Avrebbe avuto bisogno di un’altra meravigliosa alba, in quel

momento, per sentirsi meglio. Ma ecco lo stupore. Alice si allontanò dallo schermo sbigottita, mentre i suoi occhi si

riempivano di confusione e paura. Non poteva essere. Non era possibile. Si stropicciò gli occhi, sperando che quello che aveva visto fosse

solo frutto della sua immaginazione, provocata dalla stanchezza.

Quando aprì gli occhi però, quel viso, quel profilo, c’era ancora. Un brivido gelido la percorse, lasciandola senza fiato per qualche

interminabile secondo.

Page 52: Sulle Ali Di Un Sogno

Un giovane uomo, serio, distratto, immerso nel mistero e nel segreto.

Era appoggiato di schiena a uno degli alberi che delimitavano la

radura, poco lontano da quell’albero in cui lei aveva trovato la foglia. Com’era possibile? Avrebbe giurato che non ci fosse nessun’altro

nella radura! O forse no? Forse quel giovane, chiunque fosse, l’aveva

spiata e seguita. Alice guardò quella foto a lungo, lo sguardo di quel ragazzo,

apparentemente disinteressato, la trafiggeva come un pugnale.

Possibile che non si fosse accorta di non essere sola? Alice trasse un profondo sospiro, doveva essere razionale;

sicuramente quel ragazzo doveva essere un cacciatore o un pastore.

Certo, un pastore. C’erano fattorie là vicino, anche se avrebbe

giurato di non aver sentito, a quell’ora, nessun belato o muggito.

Forse era un turista. Alice trasse un profondo sospiro e si picchiettò

la fronte con le dita. Non è assolutamente nessuno, si disse. Solo un solitario amante delle

albe, come me. Niente di più. Alice guardò ancora una volta quel volto, disinteressato, quasi

malinconico. Forse la poesia sulla foglia apparteneva a lui. Si morse un labbro, e chiuse il computer. E’ solo un passante, si ripeté. Con quella convinzione, si costrinse ad andare a letto. Per tutta la mattinata successiva, Alice riuscì a ignorare alla

perfezione Alessandro e i suoi tentativi di parlarle. E la cosa bella,

era che questo non le pesava. Tra i continui mal di testa, gli impegni, i pensieri assillanti che la

riportavano continuamente e senza una spiegazione a quel giovane

uomo ritratto in foto, era riuscita a tenere lontane le tristezze d’amore. Una strana voglia di sfida e avventura l’aveva posseduta, si era

risvegliata in lei una primordiale vena da “detective”, e aveva una

voglia matta di scoprire come quel ragazzo fosse finito nella sua

fotografia. La sera, dopo un pomeriggio passato a studiare, Alice si abbandonò

esausta contro lo schienale della sedia. Non sapeva se fosse

Page 53: Sulle Ali Di Un Sogno

attribuibile al troppo studio o a qualche problema di vista, ma si

sentiva malissimo. Aveva un mal di testa feroce e incalzante. Sospirò e lanciò un’occhiata al cellulare, che s’illuminava a ritmi

continui e costanti. Alessandro tentava ancora di chiamarla. Alice si chiedeva cosa avrebbe dovuto fare di quella sua storia, forse

avrebbe dovuto semplicemente trovare il coraggio di prendere una

scelta: o perdonarlo o farla finita. Assalita da un forte senso di ansia, scattò in piedi, e afferrò il

giubbotto. <<Mamma, sto uscendo. Faccio una passeggiata!>> Annunciò gridando, saltando i gradini a due a due. Rosa apparve

d’improvviso di fronte a lei, sbarrandole la strada. <<Ma è tardi.>> disse a denti stretti, tirando fuori un’improvvisa

severità. L’atteggiamento distaccato e nervoso di Alice degli ultimi

tempi l’aveva insospettita. Alice sorrise, cercando di tirar fuori il suo innato talento per la

recitazione, decisa a distogliere sua madre dal proposito di diventare

un’austera sentinella. Poco credibile, inoltre. <<Lo so mamma… ma ho studiato tanto che ho proprio bisogno di

sgranchirmi le gambe.>> sorrise gaiamente, forse troppo. Rosa la

fissò intensamente, prima di assentire. <<Torna subito.>> si raccomandò, tra i denti. Alice annuì e si defilò prima che potesse cambiare idea. Quando mise piede fuori l’aria fresca della sera le colpì il viso; Alice

si strinse nel giubbotto, rabbrividendo. Il tempo a novembre non era

molto stabile; i mattini erano essenzialmente tiepidi, ma di sera,

l’umidità del mare non troppo lontano, riusciva a rendere

insopportabile quel freddo pungente. Era totalmente immersa nei suoi pensieri, quando, distrattamente,

finì addosso a una persona. <<Ahi!>> esclamò la ragazza, massaggiandosi un braccio. <<Ahi un corno!>> le rispose qualcuno. Una voce nota, troppo nota. Alice trasalì e si mise in posizione di

difesa, arrossendo violentemente. Di fronte a lei c’era Alessandro, e

aveva in viso un’espressione tutto meno che allegra.

Page 54: Sulle Ali Di Un Sogno

<<Che vuoi?>> gli disse subito Alice, sulla difensiva. Alessandro era

furibondo. <<Che voglio? Che voglio! Voglio che tu la smetta di evitarmi!

Diavolo, come sei immatura! Ecco perché non ti ho detto subito della

festa. Sono stanco di litigare, lo vuoi capire che voglio stare solo con

te?>> L’afferrò per le braccia tenendola ferma, e parlò con enfasi e

sicurezza. Doveva essere sotto da ore, le sue mani erano gelide e lui

di pessimo umore. Alice sospirò e si guardò i piedi, sentendosi d’un tratto a disagio e

fuori luogo. <<Non ho niente da dirti. Sei un bugiardo, un falso, un ipocrita. Non

riesco a fidarmi di te, non fai altro che prendermi in giro!>> disse

d’un fiato. Alessandro alzò gli occhi al cielo. <<Era solo una festa! Sembra che tu cerchi ogni motivo per

scatenare una tragedia! Stai divento paranoica, ora! Alice… sono

stanco di questa vita. Che sia chiaro. Se hai intenzione di giocare

ancora una volta a nascondino… per me è finita. Voglio maturità. La

chiudo qua, non scherzo. Non un’altra bambinata di queste. Non

rispondi alle mie chiamate da ieri mattina!>> Alice era immobile. Guardava Alessandro negli occhi, incapace di

parlare o di difendersi. Stava nuovamente trasformando le cose per

incolparla, per camuffare la sua colpa in ragione. E adesso

minacciava persino di finirla! Certo! Era lui il padrone indiscusso, lei

doveva solo assecondare le sue decisioni. Guai, se le cose fossero

state per un attimo ribaltate. <<Solo una festa?! Ok, forse avrò anche sbagliato a non affrontarti

ieri e a evitarti ma…>> <<Forse?>> Alessandro la interruppe, prepotente come sempre. Riusciva a sentire

solo se stesso. <<Fammi parlare!>> ruggì Alice in un impeto di rabbia. Alessandro parve stupito da quella reazione, così tolse la presa dalle

sue braccia.

Page 55: Sulle Ali Di Un Sogno

<<Ho detto che non avrei dovuto fare così! Ma tu non avresti

neppure dovuto…>> <<Alice! Vuoi smetterla con questi “tu non avresti dovuto ed io non

avrei dovuto”? Ti prego Alice… siamo due adulti…>> Alessandro, il suo tono esasperato. Era incredibile la sua capacità di

essere sempre e in ogni occasione quello saggio, maturo e costretto a

riprendere Alice per le sue puerilità. Alice si ritrovò senza niente da dire, era attonita. <<Tu mi ami?>> chiese ancora Alessandro. Alice sospirò stancamente. <<Sì.>> disse infine. Alessandro le mise un dito sulle labbra, zittendola. <<Allora non dire altro. Non parliamone più.>> E con quelle ultime parole, si chinò su di lei per baciarla. Alice ricambiò il bacio, ma per la prima volta si sentì diversa,

distante, fuori dal suo corpo. Quel bacio non significava niente, era la

firma su un contratto stilato da lui, un contratto che non aveva letto,

che era stata obbligata ad accettare. <<C’è… ancora quel film che volevi vedere con me…>> sussurrò

Alessandro, ancora attaccato alle sue labbra. Alice si separò da lui lentamente, con gli occhi bassi. <<Sì… ma stasera non posso vederlo. Abbiamo ospiti a casa.>> Alice mentì spudoratamente. Alessandro si lasciò sfuggire una rapida occhiata intorno, e comprese

all’istante che il parcheggio vuoto lì vicino fosse il segno più palese

di quella menzogna. Non la contraddisse. Annuì con un leggero

sorriso sulle labbra. <<D’accordo. Allora lo rimanderemo a domani.>> <<Certo.>> <<Adesso vado.>> Alessandro le baciò la punta del naso, poi le strinse le mani. <<Buona notte, piccola. Non litighiamo più per queste

sciocchezze>> <<Buona notte a te.>> Non si dissero altro: Alessandro tornò alla sua macchina, pacato e

sicuro, mentre Alice, immobile, attese che andasse via.

Page 56: Sulle Ali Di Un Sogno

Allora rientrò in casa ostentando un sorriso di facciata per sua madre.

Dentro però aveva l’inferno: sentiva di provare per Alessandro un

risentimento, che la portava inevitabilmente a odiare ogni suo più

piccolo difetto. Si era distrutto qualcosa tra di loro, si era creata una

voragine profonda che li teneva lontani, e inutile era tendere la mano

verso lui, non riusciva a raggiungerlo. E allora lo guardava da

lontano, mentre si ravvivava i capelli, mentre rideva, mentre

diventava serio, mentre le mentiva. Una voragine si era creata anche nel cuore di Alice. Ed era sempre

più ampia. E bruciava terribilmente, soprattutto quando lui non c’era.

E la faceva sentire così sola. Alice si abbandonò sul letto, avvilita e sconfitta. Stava malissimo, la

testa minacciava di esploderle. Forse aveva la febbre. O forse era

Alessandro a farle quell’effetto letale. Alice dovette correre in cucina a prendere un antidolorifico, e dopo

una mezz’ora passata con la testa tra le mani, il dolore affievolì. Quella notte si addormentò quasi subito, ma ebbe degli incubi.

Page 57: Sulle Ali Di Un Sogno

CAPITOLO QUATTRO

SINGOLARE INCONTRO

ndiamo a trovare la nonna, domani!>> Era passata una settimana dall’apparente

riappacificazione con Alessandro, e una sera, a

cena, Alice fu colta di sorpresa dalla notizia datale da sua madre. Alice rimase interdetta, la forchetta sollevata, a guardarla. <<E perché?>> chiese sospettosa, scrutando i visi eccessivamente

sorridenti dei suoi genitori. <<Oh... così.>> iniziò con noncuranza Rosa, <<Siccome sappiamo

che ti piace tanto Brunello, abbiamo pensato di andarci nel fine

settimana.>> E siccome ultimamente sei apatica, noiosa e silenziosa, vorremmo

farti prendere un po’ d’aria. Alice lesse nel viso di sua madre tutte

quelle parole non dette e le fu grata per averle tenute per sé. Se i suoi

genitori avevano deciso di accompagnarla sino a Brunello solo per

vederla sorridere, evidentemente c’era davvero qualcosa di

preoccupante in lei. <<Ok. Bello.>> rispose, sforzandosi di sorridere. Ovviamente non riuscì a ingannare nessuno e dunque considerò

opportuno non turbare più i suoi genitori con la sua negativa

presenza. Trangugiò in fretta la sua cena, prima di dileguarsi in

camera. Quando fu sola, si lasciò cadere sul tappeto di fronte alla finestra, e

appoggiò la fronte sulle ginocchia. In quegli ultimi giorni il suo umore era stato sempre pessimo,

nonostante non ci fossero stati litigi rilevanti con Alessandro. In realtà aveva cercato di utilizzare contro di lui la “strategia

dell’indifferenza”. Si era sforzata di essere diversa, fredda, distaccata,

disinteressata. Straordinariamente però lui sembrava non essersene

<<A

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accorto, anzi; Un giorno le aveva persino detto: <<Lo vedi come

andiamo d’accordo per ora?>>. Era stato terribile. Perché Alessandro non si accorgeva che lei non

era più la stessa? C’era un’estranea in quei giorni al posto suo, ma

evidentemente a lui piaceva di più. La considerava più matura. Che cosa era stata disposta ad accettare pur di essere tranquilla? Pur

di stare con lui? A un amore piatto, un amore per metà. Per lei però

la felicità stava oltre: stava nelle risate, nella spontaneità, nel piacere

di stare per mano in silenzio, nella complicità di un sorriso che

sboccia per caso, e che è immediatamente ricambiato. Stava nel

condividere tutto, gioie, tristezze, nell’arrabbiarsi, magari

prendersela con lui per poi chiedere scusa, riderci su, fare pace. La

felicità stava nell’uscire insieme il sabato sera, anche solo per fare le

solite cose, una pizza, il cinema, ma quanto ti manca se un giorno

non puoi vederlo. E invece non c’era niente di tutto ciò, c’era solo il timore di essere

criticata, di dire qualcosa di stupido. Alice rabbrividì all’idea di dover vivere ancora quella banale

messinscena. Forse era vero, a tutto c’è una fine, e la loro storia era arrivata al

capolinea. Il sabato mattina passò in un lampo e ben presto Alice si ritrovò nel

sedile posteriore dell’auto di suo padre. Guardava fuori dal finestrino, il mondo sfrecciava veloce, i colori si

fondevano in un mischio di verde e azzurro. Si sentiva come quando era bambina e partiva per Brunello per le

vacanze estive. Erano lì, in quel paesino, in quel verde, i ricordi più

belli della sua infanzia. Era già sera quando arrivarono e a quell’ora, Brunello, odorava di

legna bagnate e il suono che echeggiava era quello delle foglie che si

muovevano sotto il soffio del vento. Una volta messo piede dentro

casa, invece, i suoni erano quelli delle legna scoppiettanti nel camino

e delle risate gioiose della nonna. Il tempo a quel punto volò. La nonna e Rosa passarono ore a parlare,

ridere, scambiarsi confidenze, mentre Mario giocava con Billy, il

Page 59: Sulle Ali Di Un Sogno

cane. Sembrava un bambino, mentre gli lanciava la palla e lo incitava

a riportarla. Cenarono, e senza neppure rendersene conto, Alice si ritrovò a letto,

con sua madre che le augurava la buona notte con un bacio. Si addormentò subito, sfinita, con il solito mal di testa che ormai le

faceva quotidianamente compagnia. Papà credeva si trattasse di un

problema alla vista, e avevano prenotato una visita dall’oculista per

la settimana successiva. Prima di cadere completamente tra le braccia di Morfeo, Alice si

ricordò della foglia, della poesia, di quel volto… e una vocina le

sussurrò: “Non fare cose stupide o pericolose, Ali”. La mattina seguente però, Alice si svegliò con la dannata voglia di

fare qualcosa di stupido. <<Buongiorno!>> disse ostentando una piccola allegria, giunta in

cucina. La nonna si meritava quello sforzo, era sempre così tranquilla che ad

Alice parve quasi offensivo distruggere l’armonia di casa sua con il

suo muso lungo. <<Buongiorno, Ali.>> le rispose la nonna soavemente, poi ridacchiò. <<Tutto bene con quel tuo amico?>> chiese divertita, ammiccando

verso Mario che, ogni volta che sentiva parlare di “amici” diventava

paonazzo e iniziava a tossire, forse per sembrare indifferente, forse

perché quei discorsi gli andavano letteralmente di traverso. Alice annuì con un lieve sorrisetto imbarazzato. <<Sì nonna, abbiamo risolto le nostre... divergenze.>> <<Meno male. Mi è sembrato un ragazzo... sicuro.>> la nonna

sorrise. Certo, sicuro era il termine giusto, ma anche “arrogante” e

“egocentrico” sembravano termini coniati apposta per lui. <<Che cosa fai stamattina?>> tagliò corto Mario. <<Ehm… veramente avevo pensato di fare una passeggiata e scattare

qualche foto.>> <<Noi andiamo al ruscello!>> intervenne Rosa. <<Fantastico! Ci sono stata l’altra volta con le ragazze! Vi

accompagnerei volentieri, ma se non vi dispiace resto qui… così

Page 60: Sulle Ali Di Un Sogno

faccio questa passeggiata>> propose Alice speranzosa, abbozzando

un mezzo sorriso. Mario sbuffò e Rosa parve delusa, così la ragazza aggiunse: <<E

faccio compagnia alla nonna.>> Detta così sembrava più accettabile. <<Come preferisci.>> rispose tetra Rosa, alzando gli occhi in

un’espressione che forse voleva mandare a Mario un qualche

messaggio. Alice sospirò e incontrò lo sguardo enigmatico della

nonna. Niente di stupido, Ali! Ripeteva la saggia vocina dentro di lei, ma

quella volta Alice decise di non ascoltarla. La strada per raggiungere la Radura dei Girasoli parve infinita. Per lo

meno ora l’aveva memorizzata e questo le sarebbe tornato utile se

avesse dovuto… scappare. Alice deglutì. No. Non ci sarebbe stato

niente da cui dover fuggire e soprattutto nessuno. Continuò a camminare, ignorando scrupolosamente le infondate

paure che affollavano i suoi pensieri. Alice allungò il passo ma all’improvviso un dubbio la paralizzò: e se

veramente chiunque avesse scritto la poesia, si trovasse lì alla radura

perché la stava spiando? Alice si morse un labbro. Si guardò alle spalle, il sentiero che aveva percorso serpeggiava tra i

boschi e in quel momento era illuminato dai raggi del sole, sembrava

accogliente e sicuro… mentre la strada che conduceva alla Radura

dei Girasoli era ancora lunga e potenzialmente pericolosa. Per un attimo ebbe persino compassione di sé: era talmente annoiata

che andare alla ricerca di un maniaco, fantasma, o poeta (ovviamente

pericoloso) che fosse, le sembrava la cosa più divertente del mondo. Decise di proseguire. La Radura dei Girasoli non tradì le sue aspettative. Più umida e

fangosa dell’ultima volta in cui ci era stata a causa delle recenti

piogge, si stagliò ai suoi occhi nella sua perfezione, salutandola

muovendo leggera, sotto effetto del vento, i rami dei mastodontici

alberi, che sembravano nasconderla e proteggerla. A una prima occhiata veloce le sembrò deserta.

Page 61: Sulle Ali Di Un Sogno

Peccato. Alice camminò con passo felpato sul prato ingiallito e si

avvicinò a quell’albero che le era oramai così familiare, l’albero ai

cui piedi aveva trovato la foglia. Lì vicino, aveva fotografato il poeta. All’improvviso, appena poco lontano da lei, udì uno scricchiolio.

Come di passi. Passi su dei rami esattamente. Ebbe un tonfo in fondo allo stomaco, e si sentì avvampare. Si appiattì contro la corteccia e chiuse gli occhi, il cuore le

martellava in petto furiosamente. I passi si stavano avvicinando. Forse qualcuno la seguiva da un

pezzo e aveva atteso che fosse abbastanza lontana da casa per poter

chiudere aiuto, e ora l’avrebbe aggredita. Solo adesso che aveva paura iniziava a pensare che, forse... aveva

avuto una cattiva idea ad andare laggiù da sola. Il sole di mezzogiorno era alto, bruciava gli occhi nonostante fosse

coperto dalle nuvole. Lo scenario ideale per vicende tenebrose. Alice deglutì, la separava una distanza irrisoria da quei passi. Decise

di contare fino a dieci: a quel punto sarebbe andata minacciosamente

incontro a chiunque avesse trovato alle sue spalle e lo avrebbe

costretto a fuggire. L’idea di se stessa che incuteva terrore a qualcun

altro le parve poco credibile. Iniziò a contare. Uno. Due. Tre. Quattro. Cinque. Sei… A sette si voltò e schizzò fuori dal nascondiglio. <<Billy!>> gridò, con tono isterico. Non poteva crederci! Tanta

paura solo per un cane! Rise, sollevata, e si disse che aveva imparato

la lezione: niente più passeggiate alla ricerca di sconosciuti. Alice

fece un passo verso il cane ma, come risultato, ottenne un abbaio

nervoso. <<Ehi…>> gli rispose imbronciata, e quello continuò ad abbaiare.

Alice si accigliò. <<D’accordo, d’accordo me ne vado a casa. Mi stai

rimproverando?>> Per tutta risposta, Billy scappò via. Alice era sorpresa, ma decise di seguirlo e andarsene da lì. Ma c’era qualcosa che non aveva previsto. Provò paura, una paura viva e calda, il cuore iniziò a scalpitare

furioso e le scoppiò sul viso un colorito rosso vivo.

Page 62: Sulle Ali Di Un Sogno

Quando si era voltata, si era ritrovata davanti, a pochi metri di

distanza, un ragazzo. Inciampando banalmente sui suoi stessi piedi, Alice cadde per terra,

lasciandosi sfuggire un gemito. Il ragazzo di fronte a lei sembrò

abbozzare un’espressione divertita. <<Ciao…>> farfugliò Alice imbarazzata. Il ragazzo la fissò accigliato e non le rispose. <<Ehm… non parli la mia lingua? Hello, Hola...>> Silenzio. Alice sbirciò l’espressione stupita sul viso del ragazzo,

mentre la paura sfumava leggermente lasciandole addosso un

colossale senso di imbarazzo. Era ancora seduta per terra, con le

mani sprofondate nel fango, il viso sicuramente illuminato da

un’espressione da allocca. Che vergogna. Il giovane non sembrava molto loquace né disposto al dialogo.

Adesso si era voltato di spalle, come per assicurarsi che non ci fosse

nessuno dietro, per poi tornare a guardarla intensamente. Alice

irrigidì. Ma certo. Era il momento in cui l’avrebbe attaccata. Strinse i

pugni cercando di calcolare quanto tempo avrebbe impiegato a

fuggire se quel tipo avesse fatto un passo verso di lei. <<Ehm… ciao.>> Incredibile. Il ragazzo aveva risposto. Mantenendosi anche a una certa distanza

di sicurezza. Alice si lasciò sfuggire un sorriso imbarazzato e si

strinse nelle spalle. <<Bella giornata, eh?>> farfugliò. Quel tipo la guardava come se fosse un’aliena. Si sentiva a disagio.

Forse era solo sorpreso nel costatare che al mondo potesse esistere

una persona così maldestra. <<Niente male…>> le rispose lui ancora con distacco. All’improvviso Alice prese coscienza di ciò che le era successo:

aveva appena incontrato il suo ipotetico poeta. Il ragazzo della foto. Era molto carino, alto, elegante, e aveva un nonsoché di nobile.

Forse gli occhi, così imperscrutabili, occhi che, persino a distanza di

qualche metro, erano evidentemente blu. Un blu profondo, intrigante. <<Ehm… sono inciampata.>> aggiunse Alice, con un tono che la

diceva lunga sulla sua disinvoltura con gli estranei.

Page 63: Sulle Ali Di Un Sogno

Il ragazzo si avvicinò, titubante, e le porse una mano. Alice gli tese la

sua, che lui afferrò, tirandola su senza troppi sforzi. Non riusciva ancora a spiegarsi come fosse finito nella sua fotografia

ma, per lo meno, aveva appurato che non era un fantasma. <<Grazie. Sono Alice Cafarelli.>> Alice si ripulì alla meno peggio i vestiti dal fango. <<E sono piena di fango!>> aggiunse, e rise per sdrammatizzare. Di contro, il ragazzo la guardò impassibile, per poi abbozzare un

sorrisino di circostanza. <<Ciao, Alice. Scusa la mia reazione di prima, non sono abituato a

vedere gente qui.>> disse. Tacquero entrambi, l’imbarazzo era palpabile. <<Ma… perdonami. Sono stato maleducato.>> il ragazzo prese la

mano di Alice in un comunissimo ma stranamente nuovo tentativo di

presentarsi. <<Il mio nome è Raul. Piacere di conoscerti.>> <<Il piacere è… tutto mio.>> rispose Alice evitando di guardarlo

negli occhi. Lui la metteva a disagio, era così strano, fuori

dall’ordinario, sembrava fosse capitato lì per sbaglio, con quel

vestiario esageratamente elegante per qualcuno che va a fare una

scampagnata. Indossava un pantalone scuro, una camicia blu, un

cappotto nero, e un paio di scarpe dello stesso colore. <<Bè, adesso ti saluto, devo andare.>> Raul fece per andare via, ma una parte di Alice, la più audace, decise

di porgli la fatidica domanda. <<Aspetta! So che potrò sembrare… invadente ma… ho trovato una

poesia qui, scritta su una foglia e mi chiedevo se… l’avessi scritta tu,

per caso.>> Alice stava torcendosi le dita delle mani per il nervosismo.

L’espressione di Raul non tradì emozioni. <<E perché lo chiedi proprio a me?>> chiese con tono sorpreso, ora

però sorrideva, beffardo. Alice si pentì di averglielo chiesto. <<Bè… non ho mai visto nessun altro qui, oltre che te, perciò...>> e

poi eri tu nella mia fotografia, con tutta l’aria di qualcuno che ti spia!

Pensò Alice, stizzita.

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Raul tacque per qualche secondo infinito, poi rispose, mettendo su

un’espressione divertita e – o forse Alice lo stava solo

immaginando – di scherno. <<Sei sempre così curiosa?>> chiese. Non aveva smesso neppure un attimo di guardarla negli occhi con

quell’indecifrabile moto di sorpresa e allegria. <<Non sono curiosa. Semplicemente mi domandavo se... lascia

stare.>> Alice si sentì sprofondare. Cielo, ma cosa le stava succedendo?

Perché era così interessata a comprendere quali moti avessero dato

vita a quella poesia che, in realtà, era macabra e triste? Raul in effetti,

con quei capelli neri, quegli occhi indecifrabili e liquidi, aveva

l’aspetto di un serial killer. Alice ebbe d’improvviso voglia di andarsene, di andare via da lui,

quello sconosciuto saccente che sembrava ridere di lei. <<E sei venuta fin qui per la poesia, o ci vieni di frequente?>> Alice si sentiva infastidita da tanta sicurezza. <<Per la poesia? Certo che no.> Strinse i pugni. <<E’ meglio che vada. In fondo non mi interessa affatto sapere cosa

significhi né tanto meno chi l’abbia scritta.>> disse con fervore,

incrociando le braccia. Il ragazzo scoppiò a ridere, genuinamente, e Alice si sentì cadere la

mascella. Ora rideva anche di lei. Ma chi si credeva di essere?! <<Non era mia intenzione offenderti. Vado anche io.>> Raul sorrise, da come parlava, sembrava fosse uscito da un romanzo.

Senza aggiungere altro, la salutò con la mano e si allontanò a passi

leggeri e sicuri. <<Perfetto!>> disse Alice a gran voce, più a sé che a lui. <<Così posso continuare a fare… quello per cui sono venuta fin

qui.>> aggiunse sfoggiando un sorriso sicuro e indicando la sua

macchina fotografica. Raul si fermò e la guardò. <<Buon proseguimento allora. Arrivederci…>> <<Spero di no.>> mormorò Alice, ma la risata sommessa del ragazzo

le diede il sospetto che l’avesse sentita. Il ragazzo sparì tra le foglie e gli alberi.

Page 65: Sulle Ali Di Un Sogno

Alice, seccata per la triste sorte di quella mattina (aveva riempito i

jeans di fango in cambio della conoscenza di un ragazzo che già

detestava), si soffermò a guardarsi intorno. Aveva solo voglia di tornarsene a casa, ma il ragazzo aveva

intrapreso la stessa strada che avrebbe dovuto percorrere lei, e non le

andava di parlargli ancora. Tra l’altro, a giudicare dalla prima

impressione che aveva avuto di lui, probabilmente avrebbe creduto

che lei lo stesse seguendo. Alice decise di fare la strada più lunga. Iniziò a camminare verso la

foresta, a gran passi, ma d’improvviso s’irrigidì, bloccandosi

immediatamente: aveva sentito righi e guaiti di cani in litigio. E non

dovevano essere molto lontani. Alice si morse un labbro: ma perché, perché era così sfortunata? Valutò le alternative in fretta, mentre i ringhi si avvicinavano

pericolosamente. In fin dei conti, era meglio sopportare per qualche

minuto l’irritante presenza di Raul che diventare il pranzo di un

branco di cani randagi. Alice non ebbe tempo per decidere; le gambe scattarono da sole in

corsa, lungo la direzione intrapresa dal ragazzo. <<Forse è meglio che io ti accompagni! Sai… potrebbe essere

pericoloso per un viaggiatore tutto solo questo luogo!>> disse,

quando lo raggiunse. <<Certo, in effetti, iniziavo a temere per la mia incolumità. Ho

sentito terribili ringhi di cani.>> rispose Raul con indifferenza, ma

quel sorrisetto ironico era penetrante come una lama. <<Cani? Quali cani? Non ho sentito niente e poi… io non ho paura

di qualche cucciolo spelacchiato.>> Alice si costrinse i capelli dietro l’orecchio, lanciando occhiate

curiose al suo accompagnatore. Non aveva il coraggio di puntargli

sfrontatamente gli occhi addosso, ma evidentemente lui non si

preoccupava di fare lo stesso. Mentre camminavano, la guardava

continuamente. <<Allora, dove ti accompagno?>> domandò Raul con cortesia.

<<Non devi accompagnarmi, non preoccuparti. Io comunque devo

andare sempre dritto, sono ospite di mia nonna. Vive in quella

casetta con gli infissi verdi. La conosci?>>

Page 66: Sulle Ali Di Un Sogno

Alice cercava, con ben riuscita indifferenza, di scoprirne di più su di

lui. <<Sì, mi sembra di averla vista quella casa qualche volta. Ma

purtroppo non ho avuto il piacere di conoscere tua nonna. Se

permetti, ti accompagno lì.>> <<Ma tu dove devi andare?>> Raul tacque per un tempo che ad Alice parve interminabile, così

temette di essere stata invadente. <<Io non vivo da queste parti, cammino molto per venire alla Radura

dei Girasoli.>> rispose, finalmente. <<E vieni spesso qui?>> indagò ancora Alice. <<Sì, direi di sì.>> << Allora abbiamo una cosa in comune. Ci piace questo luogo.>> <<E amiamo le poesie.>> <<Quindi l’hai davvero scritta tu?>> chiese Alice, quasi aggressiva. <<Sì, lo devo ammettere.>> L’incredibile curiosità di Alice parlava per lei. Forse però avrebbe

fatto meglio a chiedergli un'altra volta del significato di quei pochi

versi. D’improvviso, lo stupore. Ci sarebbe stata un’altra volta?

L’avrebbe mai più rivisto? Casa della nonna fece capolino tra le cime verdi degli alberi,

stagliandosi pigra nel cielo pieno di nuvole appena addensatesi,

grigie e minacciose. <<Eccoci. E’ questa no?>> disse Raul, indicando il comignolo

fumante della casa. Alice annuì mentre lo scodinzolante Billy le

correva in contro, con la lingua ciondolante. La festeggiò leccandole

le mani, ma stranamente ignorò Raul. Di solito era un cane molto

socievole, soprattutto con gli estranei, eppure quel giorno si limitava

a scodinzolare disinteressato. <<Si dice che i cani captino le cattive intenzioni>> disse Alice

schietta, scrutando l’espressione di Raul, che a quelle parole scoppiò

a ridere di cuore. <<Immagino che sia vero! Bè, Alice, amico di Alice, adesso vado.>> <<Grazie per avermi accompagnata.>> disse Alice con distacco. La buona educazione le imponeva di ringraziare lo sconosciuto, ma

detestava la sua espressione irrisoria.

Page 67: Sulle Ali Di Un Sogno

<<Di niente. Allora ci vediamo sabato prossimo.>> Il sorriso di Raul si allargò, adesso era amichevole. La guardò dritto

in viso, sicuro di sé, e Alice non riuscì a trovare parole per

rispondere. Era stupefatta. Il solitario poeta le aveva appena proposto

di incontrarsi nuovamente. <<Sabato prossimo? Io non so se verrò qui ma…forse. Forse ci

sarò.>> farfugliò imbarazzata. Non riusciva a credere a quello che

aveva appena fatto: aveva accettato una specie di appuntamento da

un ragazzo? <<Vuoi vedermi la prossima settimana, quindi?>> ripeté lui. Ora Alice era un fascio di nervi. Ma che tipo! <<No, ovviamente! Volevo solo parlare della poesia!>> esclamò

indignata, i pugni stretti lungo le gambe. <<Ok, alla prossima volta allora!>> Senza aggiungere altro, soprattutto senza voltarsi più, il ragazzo se

ne andò via. <<Guarda che sabato prossimo non verrò certo per incontrare te!>>

gli gridò dietro Alice puntando i piedi per terra. Lui non le rispose, si limitò a ridere, e se ne andò. Quando Alice mise piede dentro casa, si sentiva ancora

completamente stralunata e irritata. Che sfrontato, che presuntuoso!

Come le era saltato in mente di dirgli che forse ci sarebbe stata?!

Avrebbe dovuto ridergli in faccia e mandarlo a quel paese. Invece si

era fatta prendere dall’imbarazzo e dalla sorpresa. Sbuffò, snervata. Non preoccuparti Alice, si disse. Basterà non andare alla radura per

non vederlo. Quel pensiero la tranquillizzò. Fu la nonna la prima persona che vide, la quale la squadrò

attentamente. <<Stavi parlando con qualcuno?>> indagò sorpresa, sbirciando fuori

dalla finestra l’immensità vuota di Brunello. Alice annuì. <<Ehm… sì… in effetti, parlavo con un ragazzo. Si chiama Raul,

abita qui vicino. Lo conosci?>> La nonna parve sorpresa.

Page 68: Sulle Ali Di Un Sogno

<<Umm… no, non conosco nessun Raul. A dire il vero la casa più

vicina nei paraggi è a qualche chilometro, ma ci vivono solo una

coppia di anziani.>> <<D’accordo, non importa.>> Alice sfoggiò un gran sorriso. <<Che ne dici di fare dei biscotti? O una torta?>> propose,

prendendo le mani della nonna e stringendole. La nonna non sarebbe potuta essere più felice. <<Certo, tesoro! Vai a darti una ripulita e iniziamo!>> Il resto della giornata a Brunello volò: Alice cucinò i dolci sotto

supervisione della nonna, riuscì a distrarre Mario (imbronciato e

geloso) e scherzò con Rosa, rallegrandola. Quando venne la sera, purtroppo, fu ora di tornare a casa. Il meraviglioso week-end era finito. Alice era felice perché in quei pochi giorni in cui era stata lontana da

tutti, da Alessandro, persino dalle sue amiche, dalla città stessa,

aveva avuto modo di riflettere su ciò che stava succedendo, e

soprattutto su quello che voleva dal futuro. Sentì un tonfo allo

stomaco quando pensò al suo atteggiamento degli ultimi tempi ed

ebbe voglia di sprofondare. Come aveva potuto essere così stupida?!

La preoccupazione dei suoi genitori, quel viaggio sino a Brunello

organizzato da loro per renderla felice, erano riusciti a farle aprire gli

occhi su ciò che stava diventando: una persona annoiata, nervosa, triste, stanca. Non poteva permettere che Alessandro la cambiasse sino a quel

punto. Non meritava che lei perdesse la sua allegria per lui. Nel viaggio di ritorno a casa, con quei pensieri e il nuovo, fortissimo

proposito di non mettere mai più da parte la sua felicità per il quieto

viver, Alice si addormentò. Prima di lasciarsi andare completamente al sonno, un viso sorridente

e buffo le balzò davanti agli occhi, nella mente. Era il viso di Raul.

Page 69: Sulle Ali Di Un Sogno

CAPITOLO CINQUE

IL MULINO

l sole era tramontato e il cielo era meraviglioso quella sera. Un rosa bruciava il cielo, lo sovrastava il violetto, poi ancora

il blu e infine il nero. Alice sedeva sul tappeto di fronte alla finestra, e spiava da lassù lo

sfrecciare delle auto, il via vai di qualche passante, mentre scattava

qualche foto. Erano già passati tre giorni da quando era tornata da Brunello e

aveva “ritrovato se stessa”, eppure non aveva ancora avuto modo di

presentarsi ad Alessandro. Lui aveva avuto vari impegni, con la

scuola e con gli allenamenti e così, oltre ad una breve ora la sera a

fare un giro in macchina, non si erano visti per niente. Non aveva idea di come avrebbe potuto affrontare la cosa, non

sapeva se fosse il caso di fargli un discorso o semplicemente di

iniziare a cambiare atteggiamento verso di lui. Tutto quello che

voleva, in fondo, era maggiore rispetto, più considerazione, che lui la

smettesse di schiacciarla, di mortificare il suo orgoglio. Mentre pensava a quelle cose, s’immaginò Alessandro sogghignare,

scuotere il capo e dire: oh, Alice, sei così immatura. Sbuffò seccatamente. Il suo silenzio rumoroso di pensieri fu interrotto d’un tratto da forti

battiti alla porta. <<Avanti>> <<Ciao, piccola.>> Alice si voltò sorridendo. Quella voce calda e leggermente roca era

inconfondibile: Alessandro. Gli andò incontro sorridendo, e lo abbracciò. <<Oh Alice!>> si lamentò lui, infastidito, <<Mi soffochi!>>

aggiunse, liberandosi della sua stretta.

I

Page 70: Sulle Ali Di Un Sogno

Niente male come inizio serata; un ragazzo nervoso, isterico e

suscettibile. Alice sollevò le mani come a dire “scusa, non ti tocco più”, e

Alessandro andò a sdraiarsi sul letto. Chiuse gli occhi; sembrava davvero intenzionato a dormire. Alice

sospirò e sedette in un angolo vicino a lui. <<Sei nervoso?>> Alessandro annuì, rigido e distaccato. <<Abbastanza.>> <<Ti va di parlarne?>> Alice tentò di distruggere il muro che Alessandro aveva innalzato tra

lei e la sua vita privata, ma era difficile, era una barriera invalicabile,

e ogni tentativo sfumava di fronte a quel suo viso inespressivo,

l’espressione così fredda. <<Sinceramente no.>> rispose, schietto, aprendo finalmente gli

occhi neri e puntandoli in quelli amareggiati di lei. Alice sospirò, rassegnata. Era stanca di andargli incontro, di capirlo,

di giustificarlo sempre. <<Ok, come vuoi.>> concordò, con un sorriso non più molto sincero,

poi continuò: <<Che cosa vuoi fare quindi? Guardare la televisione

o … dormire?>> Alice sorrise, l’ironia traspariva dai suoi occhi nocciola. Alessandro

fu sorpreso da quell’atteggiamento e per un attimo la fissò in silenzio,

studiando le espressioni del suo viso. Per lo meno, Alice aveva

stimolato la sua attenzione! <<Voglio abbracciarti e riposarmi un po’ accanto a te. Ti va?>> <<Come vuoi.>> <<Ecco, così mi piaci.>> <<Ti piace quando non parlo?>> rispose lei quasi in automatico. Alessandro si sollevò sugli addominali e la fissò intensamente,

accigliato. <<Alice ma cosa stai dicendo?>> domandò gelidamente. Alice si strinse nelle spalle. <<Niente, stavo solo facendo una considerazione.>> <<Risparmiati certe considerazioni. Non voglio una stupida che dica

sempre sì, al mio fianco, lo sai.>>

Page 71: Sulle Ali Di Un Sogno

Alessandro la sfidò con lo sguardo: lo sapeva davvero? Alice non

rispose. Preferiva guardarlo attentamente in viso, chiedendosi che

tipo di risposta lui avesse potuto interpretare dai suoi silenzi.

Probabilmente, qualsiasi fu, gli piacque, perché si sdraiò nuovamente

accanto a lei, questa volta baciandole le labbra. Quel leggero bacio

divenne presto intenso, passionale, travolgente. Alice fu investita dall’intensità e dal calore di quei baci, le mani di

Alessandro la cercavano ansiose, in viaggio lungo le linee morbide

del suo corpo. Alessandro le spostò i capelli dal collo e iniziò a

baciarle lentamente l’incavo della gola, poi il collo bianco, poi

l’orecchio. Alice lo assecondava nei movimenti e nei baci, ma si sentiva sempre

un passo indietro, come se lo stesse inseguendo per potergli stare

dietro. D’improvviso la mano calda di Alessandro s’insinuò

coraggiosa sotto la felpa, avvicinandosi pericolosamente al bottone

dei jeans. Alice irrigidì e spalancò gli occhi, ma Alessandro e le sue

mani avide iniziavano a sganciarlo. <<Alessandro… fermati…>> intimò Alice a bassa voce,

allontanandolo. Lui sorrise sfacciatamente e riprese a baciarla con

più enfasi. Alice si contrasse a disagio ma sicura di sé e, questa volta con

maggiore sicurezza, lo allontanò. <<Alessandro…>> ribadì, guardandolo intensamente. Il disappunto e il fastidio incendiarono il viso di Alessandro

rendendolo d’improvviso, sotto la luce dell’abat-jour, contorto. <<Ci sono i miei genitori di sotto.>> disse Alice scandendo le parole. <<E in oltre non mi sembra né il luogo né il momento. Credevo che

ne avessimo parlato.>> Alessandro sbuffò snervato e rotolò di fianco. Non disse una parola,

sembrava sinceramente infastidito. <<C’è sempre qualcuno o qualcosa con te.>> sibilò. Era il solito egoista. <<Il vero problema sei tu veramente >> rispose Alice secca. Ma lo

sguardo che lui le lanciò, gelido, penetrante, la fece pentire per la

risposta data. <<Che cosa hai detto?!>>

Page 72: Sulle Ali Di Un Sogno

Alessandro scattò a sedere, stagliandosi di fronte a lei con aria

minacciosa. Alice si morse intimidita il labbro inferiore, si mise a

sedere a gambe incrociate e rispose sforzandosi di guardarlo negli

occhi. Non voleva apparire spaventata. <<Alex, voglio dire che…>> <<Tu hai detto che io sono il problema?!>> ribadì Alessandro, tra i

denti. <<Intendevo dire che ultimamente litighiamo per tutto e… non sono

pronta per… non ora e…>> Alice si rese conto di stare balbettando. Alessandro la fissò

esterrefatto per secondi interminabili, secondi in cui Alice fu invasa e

stordita da mille pensieri. Non riusciva neppure a guardarlo negli

occhi senza vedere in lui la deforme imitazione di un ragazzo che

aveva amato. Alice rabbrividì mentre il solito senso di claustrofobia

l’assaliva e il mal di testa tornava lancinante e doloroso. <<Io ho semplicemente voglia di stare con te, Alice, di portare avanti

questa storia. E’ un dramma?! Una colpa?! Per questo sarei io il

problema?>> Stava gridando. Alice sospirò, era sicura che di lì a poco suo padre

sarebbe entrato in camera armato e avrebbe cacciato Alessandro a

pedate. <<Io invece vorrei che tu rispettassi le mie decisioni.>> ripose.

Alessandro la fulminò letteralmente con lo sguardo. <<Me ne vado Alice, sono stanco di sentire queste stronzate. Fai la

vittima, bene. E’ l’unica cosa che ti riesce.>> Senza aggiungere altro Alessandro se ne andò sbattendo con forza la

porta. A quel tonfo sordo, Alice trasalì, stringendosi nelle braccia, e

rimase immobile sinché non udì da lontano il rombo di un motore e

poi un’accelerazione violenta. Alessandro se ne andò via così com’era arrivato, decidendo tutto da

solo. Alice fissò confusa il letto, ancora scomposto nel punto in cui erano

stati insieme, e si sdraiò. Era ferita, si sentiva offesa. Non riuscì a trattenere quelle lacrime che le rigarono le guance.

Page 73: Sulle Ali Di Un Sogno

La sua storia si stava sbriciolando, volava via a brandelli, come

sabbia al vento. Stava lottando per salvarla, ricucirla, e allo stesso

tempo per non farsi schiacciare, ma era difficile conciliare tutto. Alice si strinse il cuscino al petto, detestava persino se stessa per

quelle lacrime. Bussarono alla porta. Alice si asciugò gli occhi con la manica, in fretta, sporcandosi le

guance di trucco. <<Sì?>> Suo padre entrò in camera. <<Alice?>> La sua espressione era preoccupata, Alice si sentì un disastro. <<Sì, papà?>> <<Non stavi piangendo vero? Alice, piangi?>> No. Non anche questa. Non poteva mettersi di mezzo anche suo

padre. <<Ma no, sono raffreddata!>> mentì Alice, tirando su con il naso per

essere più convincente. <<Ho anche un mal di testa terribile. Forse mi sta venendo la

febbre.>> L’uomo si avvicinò a lei e le poggiò le labbra sulla fronte per sentirle

la temperatura. <<Mi sa proprio di sì, tesoro.>> disse accarezzandole il viso,

addolcendosi improvvisamente. <<Comunque volevi dirmi qualcosa?>> chiese Alice. <<Già, sì. Mi ha detto tua madre che le hai chiesto di poter andare a

Brunello il prossimo fine settimana.>> affermò lui. Non era una

domanda… forse voleva solo qualche spiegazione. <<Sì, papà, proprio così. Ho visto la nonna molto sola ultimamente e

vorrei starle vicino. In oltre, l’aria di Brunello mi mette su di

morale.>> In realtà era quello che c’era in città a trascinarla giù, sempre più a

fondo negli abissi della tristezza, era Alessandro, la sua presunzione,

la sua prepotenza, era il modo in cui si sentiva quando erano insieme.

Schiacciata. Criticata. Sempre sotto controllo.

Page 74: Sulle Ali Di Un Sogno

<<Ma tu non hai mica bisogno di essere tirata su di morale!>> sbottò

Mario. Alice abbozzò un sorriso poco credibile. <<Comunque va bene, ti accompagnerò io a Brunello.>> Con quelle ultime parole, Mario se ne andò. Era un uomo buono e affettuoso, e rispettava i silenzi degli altri.

Alice gli era grata per la sua discrezione. Quando fu finalmente sola, crollarono le maschere, crollarono le

barriere. Si accucciò sotto le coperte, con la luce spenta, e pianse. Si sentiva così sola, così infelice. Si addormentò dopo poco, senza neppure cenare, ed ebbe sogni

tormentati e tristi, dove piangeva e gridava sempre. Nel cuore, perpetuo e insostenibile, c’era il peso per quell’amore

opprimente. Il mese di Novembre era finito ormai, aprendo le porte a un

Dicembre che, a detta dei meteorologi, avrebbe dato un taglio alle

belle giornate presentandosi il più freddo degli ultimi anni.

Nonostante Alice preferisse l’estate all’inverno quell’idea di un

taglio netto con la bella stagione, e quindi con gli ultimi eventi, la

rendeva felice. Forse solo l’inverno avrebbe potuto congelare e

ibernare quei dolori e dispiaceri che l’estate aveva reso focosi e

ardenti. Nei giorni che seguirono Alice si sentì quasi sempre poco bene.

Iniziava a credere che ormai le sofferenze d’amore e le delusioni

stessero infettando parte del suo benessere fisico. Straordinariamente Alessandro le aveva chiesto scusa, affermando

che avrebbe atteso che lei decidesse il quando e il dove di quel passo

avanti così fondamentale e che si sarebbe sforzato di essere meno

brusco. Purtroppo però, Alice aveva smesso di credere alle sue promesse. Il sabato arrivò in fretta e subito dopo pranzo, Alice, era in auto con

suo padre diretta a Brunello. Mario sembrava felice di tenerla lontana dai guai della città nel fine

settimana e relegarla in un paradiso sicuro e privo di drogati,

Page 75: Sulle Ali Di Un Sogno

stupratori o ragazzi ossessivi che fossero. Era veramente soddisfatto.

Guidava veloce, come se non vedesse l’ora di portarla a destinazione. In auto aveva canticchiato allegro, sfidando Alice in un gioco in cui a

turno avrebbero dovuto riconoscere il titolo delle canzoni alla radio,

sentendone solo poche note. Alice lo aveva stracciato e lui si era giustificato con una delle sue

teorie sulla musica odierna, tutta uguale e monotona, che confondeva

gli amanti della vera musica italiana. Era da intendere ovviamente

che gli idoli musicali di Mario risalissero niente di meno che alla sua

adolescenza. Dopo qualche ora di viaggio Alice vide Brunello, florido e immenso

e un sorriso nacque spontaneo sulle sue labbra. Era già il tramonto, tiepido e rubicondo, in quel piccolo paradiso

colorato, un tramonto come solo a Brunello poteva essere; un misto

di buio e di rosso che si combattevano per ottenere supremazia nel

cielo. <<Divertiti con la nonna.>> si raccomandò Mario, salutandola dalla

macchina. Alice rise, affacciata alla finestra del corridoio. <<Certo! E tu vai piano!>> lo rimbeccò. Mario sospirò. <<Non metterti nei guai!>> aggiunse. Dunque partì con l’auto e Alice lo seguì con lo sguardo sinché non

sparì. <<E così preferisci stare con la tua vecchia nonna che con il tuo

ragazzo, nel fine settimana.>> La voce della nonna la colse di sorpresa, facendola trasalire. Alice

sorrise e circondò le spalle ossute della nonna con il suo braccio. <<Non c’è niente di più bello di te e questo posto.>> rispose. Nonna e nipote guardavano entrambe fuori dalla finestra. <<Sai che io amo averti qui. Mi ricorda tanto quando eri piccolina.

Ma ora sei una donna e... io non mi ero mai accorta di quanto fossi

cresciuta. Credo che neppure i tuoi se ne siano ancora accorti.>> <<Crescere fa schifo, a volte.>> rispose Alice con sincerità,

sorprendendo se stessa. Parlare con sua nonna le apriva l’anima.

Page 76: Sulle Ali Di Un Sogno

<<Eh sì, crescere fa male ed è difficile. Ecco perché si chiama così.

Crescere. Questa sola parola racchiude in sé mille significati. Vita,

gioie, cambiamenti, dolori ed esperienze che non vorresti fare.

Persone che ti deludono, che ti fanno male.>> Alice guardò la nonna dritta negli occhi, ma vi trovò solo tanto

amore e tanta tranquillità; con lei si sentiva in un porto sicuro e

confortevole. <<E’ lui. E’ lui che mi fa male. E lo farà sempre.>> <<Certo che ti farà male, cielo! E' ovvio! Sei innamorata.

Ricordalo. Che tu lo voglia o no, il dolore sarà sempre in agguato.

E a volte basterà un niente per scatenare una tempesta.

No, non fuori. Dentro di te. Proprio qui, nel cuore.>> Le appoggiò un dito sul petto, con un sorriso sereno. Alice e la nonna guardarono il tramonto, sinché il buio non ebbe

supremazia in cielo. Dunque Alice andò di sopra per sistemare la

valigia. La stanza da letto era fiocamente illuminata dalla luce caliginosa

della luna, ed era fresca. La finestra era aperta e le tende bianche si

muovevano sinuose sotto il soffio del vento, che trasportava in

camera odore di erba bagnata, di montagna. Alice lasciò cadere la valigia ai suoi piedi e si lasciò andare in un

interminabile sbadiglio. Si sfilò le scarpe e subito il parquet le solleticò la pianta dei piedi.

Andò a chiudere la finestra, scossa da un lungo brivido, e allora si

accorse, con stupore, che proprio ai suoi piedi, sotto la tenda, c’era

uno strano oggetto. Accese subito la luce, poi tornò alla strana “cosa” per analizzarla.

Era una pietra, color topazio e ricoperta di venature nere. La sollevò

tra le dita, e si accorse solo dopo che la pietra era attaccata a una

bustina bianca con un filo di cotone. Era una lettera! Un moto di pura

curiosità e allegria la spinse, con mani ansiose, ad aprire la busta,

mentre non la sfiorava l’idea che quella lettera potesse essere lì per

sua nonna. No, era per lei, lo sentiva. Ecco che delle righe di una calligrafia ordinata e composta apparvero

ai suoi occhi. Dicevano:

Page 77: Sulle Ali Di Un Sogno

Cara Alice, non ho dimenticato il nostro impegno.

Sarei onorato di poterti incontrare domani, alle dieci, dietro lo steccato di casa di tua nonna (Tranquilla, non mi farò vedere.). E parleremo della poesia, naturalmente.

Questa volta non ti prenderò in giro, lo prometto.

Naturalmente, solo se lo desideri, ma spero che tu decida di venire. Ti auguro una buona notte, non fare arrabbiare tua nonna.

Raul Alice si rigirò tra le mani, stupita, quella lettera, e non riuscì a non

sorridere. Lesse e rilesse la lettera per più volte, analizzando ogni

singola parola. Quel ragazzo era matto! Come gli era saltato in mente di mandarle

quella lettera? E poi altro che postini, la pietra colorata e il filo

facevano molto più effetto. D’improvviso Alice si sentì in imbarazzo;

ma perché mandarle un simile invito? Come poteva essere certo che

lei lo avrebbe letto, lei e nessun altro? Forse era nelle vicinanze

quando lei era arrivata… forse addirittura era ancora in giro! Si

affacciò alla finestra, osservò attentamente ogni angolo, ogni albero,

sperando di scorgerci una ciocca di capelli neri o un lembo di vestiti.

Niente. Era vuoto, freddo e silenzioso. Chiuse la finestra e s’incupì: e se la stesse prendendo in giro? Se

ridesse del fatto che lei era tornata lì a Brunello, secondo lui apposta

per rivederlo?

Page 78: Sulle Ali Di Un Sogno

Infastidita da quella prospettiva, fu tentata di prendere carta e penna

e insultarlo. Ma abbandonò subito l’idea: non l’avrebbe letta, inutile

perdere tempo. Alice sospirò e si sdraiò sul letto. Non sapeva se fosse giusto accettare quell’invito. Una parte di lei

non faceva che rimproverarla, perché non lo conosceva, perché

nessuno avrebbe saputo dove cercarla se le fosse accaduto qualcosa,

perché era ancora un mistero come Raul fosse apparso nella sua

fotografia, tempo prima… e perché, se Alessandro l’avesse saputo,

avrebbe scatenato il finimondo. Alice si sforzò di non pensarci. In fin dei conti, perché avrebbe dovuto accettare quell’invito? Quel

ragazzo era insolente, non faceva che ridere di lei qualunque cosa

dicesse. Ma è un poeta. Hai trovato la sua poesia. E poi devi capire come è

finito in una delle tue foto, disse una vocina dentro di lei. Se c’era un difetto che Alice aveva, e che non cercava di nascondere,

era la sua curiosità incontrollabile. Era deciso. Lo avrebbe incontrato. La cena con la nonna fu uno spasso. Scherzarono e parlarono di tutto,

come due vecchie amiche, si scambiarono confidenze, rivangarono

vecchi ricordi, episodi divertenti. La nonna era scaltra e divertente, aveva sempre una storia da

raccontare. Le sue parole erano talmente precise che a volte, Alice,

aveva l’impressione di vederli gironzolare per la casa, quei volti di

persone sconosciute che si muovevano e parlavano con la voce della

nonna. Dopo cena guardarono la televisione insieme, poi uscirono in

giardino per dare la buonanotte a Billy, ma alla fine rimasero sulla

veranda a guardare le stelle. Quella notte Alice andò a letto soddisfatta e felice. Si addormentò

subito, e quella sensazione di pace e benessere, per fortuna, non

accennava ad andare via.

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L’indomani a colazione, la nonna stava aspettando Alice già in piedi,

e naturalmente aveva riempito la tavola di vassoi colmi di ogni

delizia. Alice era esterrefatta: dove trovava il tempo per far tutto? Doveva

avere un elfo, nascosto da qualche parte in cantina. <<Buongiorno tesoro.>> <<Buongiorno a te!>> rispose Alice, particolarmente di buon umore,

ridendo per il pensiero dell’elfo che preparava la sua colazione. Sedette a tavola, il suo piatto, ovviamente, era già pieno di pietanze. Alice scoccò alla nonna un’occhiata divertita, e selezionò solo una

fetta di torta di mele e un bicchiere di latte. <<Che programmi hai per oggi?>> domandò la nonna, versandole in

un bicchiere della spremuta d’arancia fresca. <<Passeggio e scatto foto. Hai visto la luce fuori?! E’ … voglio dire,

è perfetta.>> Nonostante la nonna fosse la sua confidente preferita, Alice non

voleva parlarle di Raul; era un segreto che, per il momento, voleva

tenere per sé. Era certa che sua nonna, i suoi genitori, persino le sue

amiche, non avrebbero mai approvato quello che stava per fare,

incontrare un perfetto sconosciuto. Pensò a Lucia, a quanto si era

preoccupata quella mattina a Brunello solo perché lei era uscita da

sola. Alice sospirò. Era stanca di dover pensare sempre agli altri, di

dover dare spiegazioni, di non poter fare una cosa semplicemente

perché le andava, e punto. E poi non sarebbe stata in pericolo, avrebbe portato Billy con sé. <<Io vado in chiesa. Ti va di accompagnarmi?>> Alice si soffocò con la spremuta e tossì, con gli occhi un po’ lucidi. <<Come?>> <<Hai capito.>> <<Nonnina, io ho molta fede, lo sai. E’ solo che andare in chiesa non

mi piace. Diciamo che ho una filosofia tutta mia. Credo solo in certe

cose.>> Alice sfoggiò un sorriso sincero che alla nonna piacque molto,

perché lo ricambiò. <<D’accordo. Se mai dovessi cambiare idea, potrai venire con me.

Qui, non molto lontano, c’è una bella chiesetta.>>

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<<Splendido.>> rispose Alice: <<E come ci vai?>> <<Con la macchina, naturalmente.>> risposa la nonna, con tono

ovvio. Alice la fissò a lungo, stupita. Non si ricordava la nonna al

volante, forse perché non l’aveva mai vista. Se l’era sempre

immaginata come una sorta di Heidi imbianchita e, chissà perché, si

era sempre immaginata che si spostasse con una carrozza. <<Divertiti allora.>> disse Alice. <<Anche tu, tesoro, con le tue foto.>> La nonna sorrise con uno sguardo talmente furbo e sfottente che

Alice, smettendo di mangiare, si chiese se magari avesse letto quel

biglietto. Dannato Raul. Lasciava prove tangibili della sua esistenza. Avrebbe

dovuto liberarsene. Alice attese con impazienza che la nonna andasse via, andando su e

giù per la cucina, e lanciando, ogni tanto, occhiate nervose allo

steccato sul retro, oltre la barriera di pini. Si aspettava di vedersi

balenare davanti, da un momento all’altro, quei sornioni occhi blu. Quando si recò al luogo dell’appuntamento, con dietro Billy

ovviamente, scoprì che il ragazzo era stato puntuale. Era appoggiato

di schiena a un albero e l’attendeva con quel mezzo sorriso sul viso. <<Buongiorno. Allora sei venuta?>> la salutò allegramente,

offrendole la mano. <<Certo, mi facevi pena. Non ti volevo lasciare qui fuori.>> rispose

Alice indifferente, porgendogli la sua. Raul la strinse con fare disinvolto accennando anche a un piccolo

inchino con il capo. Iniziava a prenderla in giro. <<E hai portato i rinforzi…>> aggiunse, alludendo allo

scodinzolante Billy. <<Rinforzi? Non ce ne sono di bisogno. Studio karate.>> mentì

Alice spudoratamente. Lei e il karate erano talmente in antitesi che il

solo pensiero della bugia che aveva appena detto la faceva arrossire. Raul dal canto suo rise di cuore; che studiasse karate o meno, Alice

non aveva un’aria pericolosa. <<Puoi sempre tornare a casa, se hai paura.>> la provocò.

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Alice lo fulminò con lo sguardo, imbronciandosi. Raul riusciva a

stuzzicare il suo orgoglio come nessuno, e avrebbe volentieri colto la

sfida tornandosene a casa. <<Credo che resterò. Preferisco sperare che durante il tragitto ti

assalga qualche bestia.>> sorrise perfidamente e Raul scoppiò a

ridere. Una risata fresca, spontanea. <<D’accordo, allora andiamo. Effettivamente devo riconoscere di

essere uno spuntino più invitante di te. Ma credo che correrò il

rischio.>> disse. Coglierlo senza la risposta pronta era impossibile. I ragazzi iniziarono a camminare, lanciandosi occhiate di sfida,

entrambi sorridenti. <<E quindi hai deciso di fidarti di me, un perfetto sconosciuto...>>

affermò Raul, soddisfatto. <<Ho una bomboletta spray al peperoncino in borsa, cosa credi, e poi

Billy è un cane da guardia>> rispose Alice a tono agitando sotto ai

suoi occhi la borsetta e indicando Billy, che in quel momento si stava

grattando un orecchio. Raul scoppiò a ridere. <<Sei folle, Alice.>> Alice lo fissò stupita: <<Folle io? Ne vogliamo parlare di un tipo che

lancia lettere in camera a innocue vecchiette? Per fortuna l’ho

intercettata io.>> <<Ehm, veramente c’era il tuo nome nella lettera.>> Puntualizzò allora Raul con sagacia. Alice sbuffò: possibile che

sapesse sempre cosa dire? Prima o poi avrebbe dovuto sorprenderlo

senza parole. Alice sembrò trovare il proposito così accattivante da

farle balenare in testa l’idea di visitare Brunello ogni fine settimana

solo per quello. L’idea di poter evadere dalla città almeno due giorni a settimana le

infondeva conforto, ma in realtà sapeva che sarebbe stato impossibile.

A casa ad aspettarla c’erano i suoi genitori, le sue amiche…

Alessandro. Brunello aveva la capacità di cancellare dalla mente tutto ciò che non

fosse se stesso e le sue magiche creature. Come Raul e la nonna. Raul. In effetti, passeggiare da sola per i boschi con un perfetto

sconosciuto, non era saggio. Alice s’immaginò Lucia scuotere il capo,

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il viso sgomento mentre diceva: “Alice sei impazzita!”. E poi

s’immagino Alessandro. Alessandro… quel nome le suscitò un brivido. Era giusto, nei suoi

confronti, starsene lì a Brunello con Raul? Alice non ci aveva

pensato, era come se Brunello fosse una vita a parte, staccata da tutto

il resto. <<Mi piacerebbe sapere a cosa pensi...>> disse Raul, guardandola

come se cercasse di leggerle dentro. Alice sorrise, soddisfatta di

poter avere pensieri tutti suoi che lui non poteva conoscere. <<Pensavo… dove stiamo andando? Devo veramente prendere la

mia bomboletta?>> scherzò Alice, e Raul rise di cuore. <<Fossi in te lo farei.>> strizzò l’occhio. <<In realtà, visto che sei così interessata alla mia poesia, volevo

portarti nel luogo più importante per me, in questo senso. Quello in

cui sono stato ispirato a scrivere i miei primi versi.>> Alice si fermò sui suoi passi, fissandolo sbalordita. <<Magnifico... sono… sono sorpresa>> farfugliò. <<Sorprenderti è molto facile.>> rispose lui sorridendo. Camminarono ancora un po’, chiacchierando di poche cose, poi

ancora stando in silenzio. A Raul piaceva molto osservare; il cielo,

gli alberi, il verde. Alice. Si fermarono dopo non molto: Raul indicava un punto,

un’accozzaglia di alberi, piante e rosati arrampicati su per qualcosa.

Sotto il verde squamoso e forte s’intravedeva appena un grigio sasso:

doveva essere un vecchio muro di pietra. Forse, la recinzione di una

casa. Non lo avrebbe mai notato, comunque, se lui non glielo avesse

indicato, come se anche quel luogo fosse stato assorbito dalla natura

florida di Brunello, diventandone parte. All’improvviso fu assalita da un dubbio: e se Raul fosse stato

davvero pericoloso, e l’avesse fatta allontanare da casa per farle del

male? Lo guardò improvvisamente seria, con occhio critico. <<Guarda che mia nonna sa che sono qui con te.>> lo informò. Raul sollevò un sopracciglio. <<Con me? Ma neppure mi conosce.>> <<Sa che sono con Raul.>> rispose lei in un soffio.

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<<E chi ti dice che sia il mio vero nome?>> Alice si sentì agghiacciare. <<La lettera è firmata da te, l’hai scritta tu, è piena di impronte

digitali.>> farfugliò, in fretta, mettendosi in posizione di difesa. Raul però scoppio a ridere di cuore, e lei si sentì sollevata. Se avesse

continuato a parlare con quel tono serio, sarebbe corsa via a gambe

levate. <<Potrei aver usato dei guanti, Alice, ma non è il caso di

preoccuparsi. Sei al sicuro con Billy, no?>> Sorrise amichevolmente, ma c’era dell’ironico nella sua voce, e Billy

dopotutto, con quella lingua ciondolante, sembrava tutto meno che

pericoloso. <<Comunque, questa è casa tua?>> domandò Alice per cambiare

discorso. Raul scosse il capo. <<No. Vieni, c’è da scavalcare un muretto. Credi di farcela?>> Alice lo guardò indignata. <<Ho scavalcato centinaia di muretti, da piccola.>> affermò con

sicurezza. <<Procurandoti centinaia di ferite?>> domandò lui, sagace. Alice

alzò gli occhi al cielo. <<Guarda che ci sono cresciuta qui, non sono una novellina, come te

magari.>> Raul le offrì la destra: <<Dammi la mano, ti aiuto io.>> Alice la rifiutò sfilandogli davanti piena di sé e superba. <<Oh, scusa se mi preoccupo per te…!>> esclamò lui, passandole

avanti e arrampicandosi su per una montagnola di terra smossa e

umida. Salì con grazia e disinvoltura tale che Alice, prima di fare lo stesso,

non avrebbe mai potuto immaginare che la terra fosse tanto

scivolosa. Perse l'equilibrio due o tre volte, la terra sdrucciolava

sotto i suoi piedi come se, anziché una ragazza, vi stesse

camminando sopra un gigante goffo. La mano di Raul era ancora tesa di fronte a lei, ma Alice avrebbe

preferito rotolare per terra anziché accettarla.

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Fortunatamente riuscì a sorvolare il piccolo ostacolo. Camminarono

intorno al muretto, cercando la parte più agibile e bassa per

scavalcare. Raul sorrideva appena, divertito dall’aria di sfida di lei. Finalmente trovarono un tratto di muro che sembrava scavalcabile. Alice aiutò Billy a oltrepassarlo, dopodiché fece leva sulle braccia

per tirarsi su. <<Ti faccio la scaletta.>> propose gentilmente Raul, mettendo

entrambe le mani all’altezza del ginocchio di Alice, consentendole

così di fare peso e poter scavalcare. Lei lo trovò un aiuto abbastanza

dignitoso, e gli piantò un piede sulla mano dandosi la spinta.

Scavalcò senza troppi problemi, poi con un salto si lasciò cadere

dalla parte opposta. Il ragazzo scivolò al suo fianco poco dopo, per nulla scomposto. Si

ripulì le mani sporche di terra sui suoi stessi jeans e Alice rimase a

fissarlo, improvvisamente rapita. Gli aveva riempito le mani con il

fango che aveva sotto le scarpe e lui non aveva battuto ciglio.

Alessandro le faceva scenate terribili solo se gli sfiorava i capelli. <<Eccoci, siamo arrivati.>> Raul sfoggiò uno dei suoi sorrisi più ampi, mentre Alice ammirava

stupefatta ciò che li circondava. Era meraviglioso. Alberi centenari, un ruscelletto, un giardino

ingiallito. Erano i resti di un vecchio mulino. Dell’antica struttura

adesso non restava molto, se non un diroccato edificio su un piano

più una piccola mansardina, per metà distrutta. Le mura, color della

pietra, erano quasi interamente sovrastate dal verde delle piante

rampicanti, e all’esterno, una via fatta con pietruzze colorate

ondeggiava tra il manto di foglie ingiallite. Alice aveva la strana e bella sensazione di esserci già stata, in quel

luogo, magari moltissimi anni prima. <<Che ne pensi?>> domandò Raul soddisfatto, nemmeno fosse tutta

opera sua. <<Incredibile... sembra di essere in un vecchio film.>> Alice era estasiata, tirò fuori la macchina fotografica e iniziò a

scattare delle foto. <<Le mie amiche impazziranno quando le vedranno>> Tra i tanti scatti, Alice rubò una foto anche a Raul.

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Eccolo, in mezzo al giallo e al rosso delle foglie appassite, distratto.

Questa volta in foto non ci era finito per sbaglio, questa volta lo

aveva scelto lei. <<Vuoi anche l’autografo?>> Raul era a braccia conserte, e Alice scoppiò a ridere. <<E’ che sei ingombrante, non posso fare una foto al panorama che

ti ci metti in mezzo.>> scherzò, scattandogli un’altra foto. Raul le prese la fotocamera di mano e iniziò a fotografarla, e

nonostante lei si nascondesse tra le braccia riuscì a rubarle alcuni

bellissimi scatti. <<Ho imparato la lezione, niente più foto d’improvviso!>> assicurò

Alice, tra le risate, e Raul le restituì la fotocamera con aria solenne,

prendendola come una promessa. I ragazzi passeggiarono in silenzio attorno al mulino, poi sedettero

comodamente sotto un albero, sopra un soffice manto di foglie gialle.

Alice ne prese distrattamente una tra le mani, accorgendosi così di

vedere la stessa specie di foglia sulla quale aveva trovato la poesia,

tempo prima. E allora capì di avere tra le mani la prova che fosse davvero lui il suo

poeta. <<Allora… la poesia è veramente tua.>> disse Alice, stringendo il

pugno attorno alla foglia. Raul annuì lentamente. Non sembrava particolarmente fiero di quei

versi, così Alice decise di infierire. <<Certo, come pezzo non era granché…>> scherzò. Raul si accigliò, e abbozzò un sorriso. Chissà a cosa pensava, quando

metteva su quell’espressione indecifrabile. Sicuramente ride di me, pensò Alice, agitandosi. Si guardò le ginocchia senza fiatare. <<Non piace granché neanche a me.>> disse infine Raul, con un

sospiro. <<Ma io stavo scherzando… è molto bella.>> Raul la guardò negli occhi, ora era sorpreso. Alice ebbe un brivido, uno strano fastidioso brivido che le percorse

la schiena e che non sapeva spiegare. Quei due occhi blu erano così

distanti, così profondi.

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<<Grazie. E’ il primo complimento che mi fai da quando ci

conosciamo. Sono onorato.>> Alice scoppiò a ridere. <<Puoi ritenerti fortunato. Comunque, perciò è qui che ti sei ispirato

a scrivere per la prima volta.>> <<Sì, proprio così. E’ successo circa... dieci anni fa. Lo ricordo come

se fosse ieri.>> Raul socchiuse gli occhi e appoggiò il capo alla corteccia dell’albero.

Alice lo analizzò in silenzio; aveva un profilo molto bello. D’improvviso gli occhi di Raul si spalancarono immobilizzandola in

quel suo curioso sbirciare. Alice arrossì e distolse subito lo sguardo. <<Sono stato ispirato da una persona.>> spiegò. <<Una ragazza?>> <<Umm... diciamo. Era più come una sorella per me. Quasi tutte le

mie poesie sono tuttora ispirate a lei.>> Raul sembrò pentirsi di aver detto una parola di troppo, perché ora

Alice, che lo fissava presa, era pronta a bombardarlo di domande. <<E questa tua amica... questa tua musa. Dov’è? Siete ancora...

amici...>> o fidanzati, sposati o qualunque cosa sia, dimmelo!

Avrebbe voluto dire l’impaziente Alice, ma riuscì a mordersi la

lingua giusto in tempo. Raul non rispose, si richiuse nel suo labirinto di mistero e verità

concesse a piccole dosi. <<E perché scrivi proprio sulle foglie?>> chiese allora Alice. <<Tu non scrivi sulle foglie?>> Raul la spiazzò con una domanda, anziché concederle una risposta. <<Bè... sì.>> ammise lei. <<L’ho intuito perché ti ha sorpreso molto il fatto che lo faccia

anch’io. Nessuno fa caso a queste cose.>> Alice iniziò a pensare alle parole di Raul. Aveva detto che aveva

scritto la poesia dieci anni prima, dunque, quanti anni poteva avere?

Lei non gliene avrebbe dati più di venti, ventidue. <<Hai... qualcosa tra i capelli. Un ragno.>> disse d’improvviso Raul,

sfuggendo al suo sguardo. Alice arrossì e scattò in piedi. Iniziò a scuotere con vigore i capelli,

saltellando impressionata. Lei era terrorizzata dai ragni!

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<<Dov’è?! Dov’è?! Ho ancora quel coso addosso?>> disse

piagnucolando e rabbrividendo al sol pensiero che otto zampette

sottili e pelose stessero avventurandosi tra i suoi capelli. Raul

scoppiò a ridere, e le scattò una foto. <<Stavo scherzando!>> <<Che… scemo!>> ringhiò Alice furiosa e gli lanciò contro un

pugno di foglie, che si limitarono a librare in aria, prima di farsi

trascinare con maggior accondiscendenza dal vento e cadere

lentamente giù. <<Prendimi, avanti Alice! Senza cadere però!>> Raul rideva, continuava a scattarle fotografie, immortalando la sua

espressione seccata, e in quel momento Alice si accorse che quando

sorrideva gli si formava sulla guancia sinistra una fossetta. Aveva un sorriso bellissimo. <<Ti detesto…!>> gli gridò dietro Alice. Avrebbe voluto chiamarlo per cognome, ma non sapeva nemmeno

quale fosse. La mattinata volò, tra una risata e l’altra e molte chiacchiere. Il sole

stava brillando, ma c’erano nuvole grigie da poco condensate sopra

le loro teste. Se ne stavano lì, immobili e minacciose, sul punto di

esplodere. <<Forse conviene fermarci qui.>> disse Raul indicando la casa della

nonna. Si trovavano al punto di partenza, oltre i pini alti e verdissimi.

Alice sbirciò la casa con aria scrutatrice, chiedendosi se la nonna la

stesse guardando, nascosta dietro una delle finestre. Durante le sue

veloci occhiate di perlustrazione, notò una saracinesca aperta su un

garage: all’interno era vuoto. Significava che la nonna non era

ancora rientrata. Alice si morse un labbro… non riusciva a credere a quello che stava

per fare. <<La nonna è ancora fuori. Ti va di entrare? Ti offro qualcosa.>>

propose educatamente. <<Oh, ma non voglio disturbare.>> Raul sembrava impacciato, per la prima volta mostrava un briciolo di

timidezza. Era un inizio!

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<<Nessun disturbo.>> Alice sorrise e s’incamminò verso casa. Attraversarono l’orticello, poi il giardino di margherite della nonna,

dove c’era anche l’altalena, fino ad arrivare all’ingresso. Finalmente

entrarono in casa. Alice accompagnò Raul in cucina e gli offrì da bere, ma non riusciva

a togliersi dalla testa il viso di Lucia che la guardava scuotendo il

capo, contrariata. Il telefono squillò poco dopo che furono in casa. <<Pronto?>> <<Pronto, Alice? Sono io.>> <<Nonna. Tutto bene?>> <<Tranquilla, va tutto bene. Il problema è che sta arrivando un

terribile acquazzone e dovrò rimanere in paese per qualche altra ora.

Resto a pranzo da alcuni amici della parrocchia.>> <<Oh, ok nonna, tranquilla, io mi cucinerò qualcosa.>> <<Mi dispiace tanto, tesoro. Salirò da te il prima possibile!

Purtroppo non posso mettermi in strada ora!>> si giustificò ancora la

nonna, mortificata. <<Non preoccuparti, io starò bene! E poi c’è Billy con me!>> Alice si morse il labbro inferiore mentre un pensiero le balenava in

testa: davvero sarebbe stata bene, sola con quello sconosciuto? Le

vennero in mente le mille volte in cui sua madre le aveva

raccomandato di non far entrare mai in casa perfetti ignoti… e lei al

contrario era stata tutto il giorno in giro con un Raul qualunque, di

cui non conosceva neppure il cognome. In realtà, di cui non sapeva

proprio niente. <<D’accordo. Non bruciarmi la casa, Ali. A presto.>> La nonna riattaccò e Alice si lasciò sfuggire un sospiro. Non le

piaceva mentire, ma in fondo, più che una bugia stava semplicemente

dicendo una mezza verità. <<Che è successo?>> indagò Raul, che nel frattempo si era tolto il

cappotto. Alice trattenne a fatica un moto di sorpresa; il ragazzo,

sotto il cappotto, teneva ben nascosto un fisico che avrebbe fatto

invidia a tutti i giocatori della squadra di calcio. Alice arrossì per gli

sciocchi pensieri che le passavano in mente.

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<<La nonna dice che tornerà tra qualche ora. Sembra che stia per

arrivare un acquazzone.>> spiegò, stringendosi nelle spalle. <<Perché non resti qui? Cuciniamo qualcosa.>> Per la seconda volta avrebbe voluto fermare il tempo e chiedersi: ma

sei matta, cosa ti passa per la testa? Tra l’altro, era un disastro ai fornelli. Arrossì leggermente e sperò

che lui non avesse sentito o, per lo meno, che rifiutasse. Forse anche Raul aveva molti dubbi sulle sue capacità culinarie,

perché sorrise ampiamente, con occhi divertiti. <<Oh, grazie. Accetto volentieri. Vorrei... assaggiare davvero

qualcosa di buono cucinato da te.>> a quel punto scoppiò a ridere.

Alice roteò gli occhi, irritata. <<Sta’ attento a quello che dici, potrei avvelenarti! Sei avvisato!>>

gli disse, alzando la voce, per sovrastare l’eco musicale della sua

risata. <<Scusami, Alice. Pace?>> propose. Alice sospirò e gli diede le spalle per aprire il frigo, alla ricerca di

qualcosa che avrebbe potuto cucinare. Da sola aveva preparato al

massimo dei panini o pasta con qualche sugo già pronto. Si chiuse il frigo alle spalle e vi si appoggiò, sorridendo. <<E se ci ordinassimo una pizza?>> sorrise speranzosa, ma Raul rise. <<Alice non ci sono pizzerie qui!>> rispose divertito, scuotendo il

capo. Alice sospirò e sedette su una sedia. Che ingiustizia. Sua madre

avrebbe dovuto pensare a inculcarle qualcosa sull’arte del cucinare.

Ora che ci pensava aveva tentato più volte di farlo, ma durante una di

quelle “lezioni” lei si era quasi affettata un dito, e avevano evitato di

ripetere l’esperienza. Dal modo indecifrabile in cui Raul la guardava, divertito e nostalgico,

sembrava quasi che anche lui potesse rivivere i ricordi di Alice,

chiusi gelosamente nel suo animo. La ragazza arrossì, lui la stava

guardando intensamente, e distolse in fretta lo sguardo puntandolo in

una delle piastrelle del muro. <<Ti aiuto io, dai. Cuciniamo una frittata. Facile e veloce. Ti piace la

frittata?>>

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Raul sorrideva: teneva le mani sui fianchi, sembrava non vedesse

l’ora di mettersi al lavoro, e si dava già veloci occhiate intorno per

decidere da cosa cominciare. <<D’accordo.>> farfugliò Alice allargando le braccia, disarmata. Raul non scherzava: con una disinvoltura da far invidia alle cuoche

più esperte, si diede da fare, tirando fuori dal frigo uova e lattuga, e

dalla dispensa, patate. Sembrava perfettamente a suo agio. Alice gli portò un grembiule rosa da cucina, convinta di umiliarlo

almeno un po’, ma neppure quella volta lui gliela diede vinta, e lo

indossò. Nonostante i quadrettini rosa su sfondo bianco, Raul stava

davvero bene anche così. Il ragazzo iniziò a lavare la verdura, poi la tagliuzzò per farne

un’insalata. Alice lo guardava, e si chiedeva se fosse il caso di

scattargli una foto, almeno una, per non dimenticarsi mai

quell’immagine così lieta e divertente, o se dargli una mano. Scelse

la seconda opzione. <<Che faccio io?>> chiese dubbiosa, dondolandosi con le braccia

come una bambina. Raul la guardò paziente e le indicò le uova

poggiate sul bordo del lavello. <<Puoi iniziare a sbatterle in quel piatto.>> Ecco, sbattere era facile. Alice aveva sempre avuto un certo talento

per distruggere le cose, ancor meglio se fragili come delle uova. Non

sarebbe stato difficile. Prese il primo uovo con allegria, si sentiva

una gran cuoca con al fianco il suo assistente. Sbatté l’uovo contro il piatto, distruggendolo, in una miscela di

buccia, tuorlo e albume. Rimase esterrefatta pochi secondi, prima di sentire la risata

echeggiante di Raul. <<Alice!>> Raul si poggiò il capo sulla mano, ma un sorriso gli illuminava gli

occhi. <<Davvero non hai mai sbattuto un uovo, Ali?>> Alice arrossì visibilmente e abbassò gli occhi. Non per la sua

evidente incapacità di cucinare... ma perché lui, con una familiarità

disarmante, l’aveva chiamata Ali. Solo i suoi genitori e le sue amiche

la chiamavano Ali. Neppure Alessandro lo faceva.

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<<Ti occupi delle patate?>> tentò ancora lui gentile e lei annuì con

vigore, sperando di allontanare il color cremisi delle guance. Si

avvicinò in silenzio alle patate e prese a pelarle una per una,

sovrappensiero. Il tempo era volato in un batter d’occhio quel giorno e una strana

sensazione si era impossessata di lei. Era come se conoscesse Raul

da una vita, come se fossero amici da sempre. Che cosa avrebbe dato

per vivere con Alessandro ore di tranquillità come quelle passate

quel giorno con quello sconosciuto? Era disarmante... lo conosceva

da così poco tempo eppure aveva tanto da condividere con lui. Era

come se Raul sapesse tutto di lei e della sua vita, come se fosse

abituato a ogni suo singolo difetto e pregio. Rabbrividì. Forse davvero, nel mondo, esistono anime uguali

destinate a trovarsi e restare per sempre vicine. Alice questo non lo sapeva. Sapeva solo che adesso, a Brunello,

aveva trovato un amico. La frittata era gonfiata una volta in padella, assumendo l’ottimo

aspetto di una torta di patate. Alice l’aveva quasi cotta con gli occhi,

senza smettere di guardarla neppure per un attimo. Quando fu finalmente pronta, Raul la servì su un piatto di vetro,

tagliandola a metà. L’insalata era stata condita da Alice, ma Raul, per

pura meticolosità, aveva voluto aggiungerci del sale. I ragazzi iniziarono a mangiare, complimentandosi gli uni con gli

altri per l’ottimo lavoro di squadra. Aveva fatto tutto lui, in realtà, ma l’aiuto di Alice era stato

indispensabile: se non ci fosse stata, lui non avrebbe saputo dove

prendere gli ingredienti. Sarebbe andato tutto bene se Alice, in maniera quasi fulminante, non

fosse stata assalita dal solito odioso mal di testa. La forchetta le

cadde di mano mentre si prendeva la testa tra le mani, stringendola

per soffocare ogni singola fitta. Di solito funzionava. I dolori

duravano qualche secondo, poi svanivano. Quella volta però era

diverso: erano tornati più violenti, forse per ricordarle che la vacanza

a Brunello, quella lietezza, sarebbe presto finita.

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Persino la sua vista ora vacillava, era intontita dal dolore. Ma passò.

Perché passava sempre, dopo averla strapazzata un po’. <<Stai bene?>> chiese Raul preoccupato, con la forchetta sospesa a

mezz’aria. Alice annuì e rise. <<Mal di testa, come sempre.>> <<Davvero?>> s’informò lui interessato. Alice sospirò. <<Mi ricorda che presto tornerò a casa.>> Era sicura di quanto detto, ma probabilmente come risposta doveva

apparire insensata. In fin dei conti a casa sua, in città, non aveva solo

problemi. D’improvviso, l’umore di Raul, sempre ottimo e sereno, sembrò

subire un brusco e improvviso cambiamento. Il ragazzo si ammutolì,

sembrava particolarmente attratto dal piatto, che osservava a occhi

bassi. Alice non lo aveva mai visto in quel modo; non che lo conoscesse da

molto, chiaro. Ma quel suo cedere alla tristezza era testimonianza che,

sotto quella perfezione, era umano. Alice lo osservò silenziosa,

spiazzata da quell’improvvisa tristezza. Era così carismatico che

adesso, in mancanza del suo sorriso, Alice si sentiva strana. <<C’è... qualcosa che non va...?>> domandò titubante, guardando

attentamente i suoi occhi. Erano abbassati e fissavano il tavolo, come

se le fantasie di frutta della tovaglia fossero estremamente

interessanti. Raul sollevò il capo quasi trasalendo, e le sorrise appena. <<No… niente...>> rispose sfuggente. <<Non ti piace la frittata?>> tentò ancora, colpita. Non voleva che lui se ne andasse via. Non ora. Alice rimase

spiazzata da quei suoi stessi pensieri. Lo conosceva così poco, cosa

gliene importava se restava o se andava? <<No... è ottima... >> Raul tacque. Forse un brutto pensiero lo trafiggeva come una lama,

magari uno di quei ricordi che avevano dato vita alle poesie più tristi. Un fulmine fuori dalla finestra piegò il cielo, il tuono che lo seguì

fece vibrare le finestre, potente e rombante come un ruggito. Persino

le luci vacillarono e si spensero per una manciata di secondi, per poi

tornare tenui sulle loro teste.

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Scoppiò a piovere. Alice sorrise e si alzò per guardare fuori dalla finestra. La pioggia a

Brunello era anche lei bella. Sembrava di un altro colore o

semplicemente meno odiabile e umida. Era come calda. <<Ti piace la pioggia?>> domandò Raul, evidentemente ancora un

po’ abbattuto, ma con il solito sorriso allegro. <<La adoro. Ma solo quella di Brunello, quella della città è solo

umidità e viscidume. Questa mi fa pensare alle rinascite. Mi fa

pensare alla vita. Ci pensi mai? Un fiore che sboccia timidamente

dopo un acquazzone, i suoi petali e le foglie grondanti, goccioline

che si rifugiano timide. E’ idilliaco.>> <<Quello che dici è poesia.>> rispose lui. Alice si voltò per ribattere, ma a sorpresa se lo ritrovò alle spalle,

molto vicino. <<E’ Brunello che è poesia. Io mi limito a leggerla.>> rispose,

sfuggendo al suo sguardo. Ma era impossibile. <<Hai mai fatto una pazzia, Ali?>> Gli occhi di Raul erano calamite, la voce suadente e profonda. Alice

si sentiva in pericolo con lui, perché ogni sua idea sembrava sensata. <<Io non faccio mai... pazzie.>> Raul allungò una mano e prese la sua, mentre un sorriso gli andava

da un orecchio all’altro. <<Togliti le scarpe.>> ordinò a quel punto. Alice strabuzzò gli occhi allibita e lui rafforzò il sorriso con

entusiasmo. <<Avanti, Alice! Seguimi!>> Raul si abbassò sulle ginocchia e si liberò senza fatica di calzini e

scarpe, e Alice scoppiò a ridere, imitandolo come se non avesse altra

scelta. Raul la prese per mano, e schizzò come un razzo fuori dalla

casa, trascinandosela dietro. L’acqua le inzuppò i vestiti, giocava tra i suoi ricci come in uno

scivolo per poi ricadere tra le pozzanghere con piccoli “splash!”. La

sensazione dell’erba bagnata sotto i piedi nudi fu unica: una

freschezza immediata, un piacevole solletico, brividi che risalivano

lungo le braccia.

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I ragazzi corsero sotto la pioggia, rincorrendosi, spingendosi,

fissarono il cielo, tra le risate, tirarono fuori la lingua per gustare il

sapore della pioggia. I vestiti si erano incollati addosso, i capelli

sembravano cornice attaccata al viso… a ogni passo susseguiva un

rumore di pozzanghere profanate e schizzi d’acqua, mentre a ogni

tuono Alice trasaliva spaventata. Era tutto così spontaneo e vivo: il

cielo era il teatro e loro abili ballerini. E tutto girava intorno a loro,

mentre la pioggia cadeva, il cielo ruggiva, e loro, danzavano.

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