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Sulla via di Santiago

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A settandue anni Franco Zingoni decide di compiere a piedi l’intero Cammino di Santiago di Compostela. Lo percorre due volte. Nel 2010 in compagnia, e l’anno seguente in solitaria. Da Saint Jean Pied de Port fino a Santiago, 800 chilometri di marcia. La sua non è una prova agonistica o una sfida contro se stesso, ma il tentativo di capire il senso profondo dell’essere Pellegrino. Ha voluto non avere nessuno al suo fianco, collegare i suoi pensieri a quei passi, ripercorrere i sentieri infiniti in mezzo alle mesetas rigogliose di messi, assorbire tutto ciò che gli veniva incontro, vedere intensamente gli spazi senza fine, guardare gli zaini aggrappati alla schiena di coloro che lo precedevano, e compiacersi del dondolio delicato della conchiglia appesa al mondo di ognuno di loro, trasportato sulle spalle. E ha voluto andare verso se stesso.

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EsPlorazioni / Viaggi

Finisterre: il mio zaino all’ultimo ceppo.

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Franco Zingoni è nato a Empoli nel 1938, dove ha trascorso l’in-fanzia e la giovinezza. trasferitosi a Firenze, città in cui dice di avervissuto ‘‘la Vita Vera’’, ha svolto diverse professioni per poi fermarsia lungo nell’edilizia in qualità di procuratore di una importante spa.Ha percorso l’intero cammino di santiago due volte, nel 2010 e nel2011. Ha quattro figli. le sue grandi passioni sono la montagna, losci e il tennis. ama “trattenere” gli attimi fuggenti con la sua mac-china fotografica e una biro, senza gomma per cancellare. oggi vivea Pontassieve, insieme a sua moglie roberta.

Ingresso in Galizia. Una sorprendente stele, carica di variopinti stemmi eriferimenti regionali, segna il confine tra la pianeggiante Castiglia e Leóne la bella Galizia.

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titolo dell’opera: SULLA VIA DI SANTIAGO.Un paio di scarponi, un bordone, una conchiglia... e Altro.

© copyright 2013 Franco zingoni© copyright 2013 gingko Edizioni

Molinella (Bo)www.gingkoedizioni.it

i EdizionE novembre 2013collana Plancton

isBn 978-88-95288-45-1Progetto grafico di copertina: © 2013 atalantE

Praterie, verso santo domingo della calzada, nella rioja. © 2013 Franco zingoni

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in camminodi Franco Zingoni

così come descrivere il rapporto con una persona con cuisi è condivisa una specifica vitalità intellettuale genera il

piacere di un ricordo che crea l’effetto di abbracciare con le pa-role quella persona, raccontare una storia ricca di sensazioni,profonde o lievi, che comunque allertano l’animo, è come ripro-porre la contemplazione di quegli accadimenti spingendo nuo-vamente il pensiero verso le sensazioni che hanno offertopiacevolezza o tensione di spirito nel loro divenire. io ho avver-tito la necessità impulsiva di scrivere sulla carta quei pensieriche sul mio cammino di santiago qualcosa o qualcuno avevastampato nella mia mente. lo stimolo non è stato la pianifica-zione delle tappe del cammino, bensì vivere quelle tappe e so-prattutto vivere un sogno.

Un uomo ‘antico’, avanti negli anni, che frequentò da “gio-vinsignore” le scuole inferiori e superiori presso i Padri scolopie i Padri Barnabiti, osservante cattolico e fermamente credenteper razionalità ed educazione, avverte pressante il desiderio, fi-nalmente realizzabile, di interrompere la ripetitiva quotidianitàdi “pensieri, parole e opere”. ripiega così la sua anima in unozaino e la trasporta in un cammino che non finisce mai.

su quel cammino la sua anima si libera in un’attività rinno-vata e gli fugge in avanti, come se spaziasse sulle immense pia-nure che contengono quei sentieri. l’uomo è turbato dallabellezza dei luoghi. realizza di essere creatura tra tutte quelle“laudate” creature, e, riappropiatosi della sua anima nuova, cam-mina con determinazione ritrovata, verso quel Mistero che nonraggiunge mai ma che ora sa di poter avvicinare.

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le mie tappe del cammino di Santiago

Km

Inizio da Saint Jean Pied de Port (Francia)

1. roncisvalle (spagna) 272. zubiri 223. Pamplona 214. Puente la reina 245. Estella 236. torres del río 307. navarrete 338. azafora 249. grañon 2310. tosantos 2211. agés 2312. Burgos 2413. Hontanas 3214. Boadilla del camino 2915. carrión de los condes 2616. terradillos de los templarios 2617. Bercianos del real camino 2418. Mansilla de las Mulas 2619. león 1920. san Martín del camino 2721. astorga 2422. Foncebadón 2523. Ponferrada 2724. Pereje 2825. o cebreiro 2526. samos 3127. Portomarín 3228. Palas de rei 2529. arzúa 2930. Monte do gozo 3531. santiago de compostela 5

____791

32. negreira 2233. olveiroa 3434. Muxía 2835. Finisterre 31

____906

Media giornaliera 26

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…nessun luogo è lontano...

richard Bach

Meseta in Castiglia e León, nei pressi di Bercianos del Real Camino.

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pa r t e p r i m a

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NO SUEÑES TU VIDA. VIVE TU SUEÑO

Il botafumeiro era sospeso e immobile al centro del-l’incrocio tra la navata principale e il transetto. Ap-pariva libero, snello e solenne; tratteneva la meraviglia cheè in grado di manifestare e che, sul momento, i presentiavvertivano solo potenziale ma che da lì a breve avrebbemostrato, recando stupore. I fedeli, rapiti dall’emozione, avrebbero stimolato, cia-

scuno nell’animo, la propria eccitazione, la propria fanta-sia, i propri sentimenti, il proprio leggero divertimento, lapropria fede religiosa. Il botafumeiro era tenuto saldamente da un grosso ca-

napo che da terra saliva fino all’apice della cupola dellacattedrale di Santiago di Compostela; da lassù, controllatoda una speciale carrucola, il cavo scendeva verticale finoad agganciare il singolare turibolo.La cattedrale era colma di gente. Ogni spazio destinato

ai fedeli era invaso e stipato di persone sopraggiunte conl’intento intimo di realizzare la propria presenza in quelluogo tanto significativo. Persone di ogni età, nazionalità,sensibilità e cultura.L’anno jacobeo e la ricorrenza del giorno del Corpus

Christi avevano fatto convenire una moltitudine di fedeli,ognuno mosso dalla propria sensibilità nell’approccio aglieventi del giorno. Molti, per assicurarsi un posto sulle pan-che disponibili, erano entrati nella cattedrale di buon ora eavevano atteso a lungo la celebrazione della messa solenne

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— quella messa che, per la straordinarietà delle ricorrenze,concedeva i profumi dell’incenso. Al momento previsto dal cerimoniale, il botafumeiro

venne fatto scendere in mezzo ai numerosi celebranti; que-sti si avvicinarono al turibolo con accortezza, quasi con ri-spetto. Lo straordinario braciere attirava l’attenzione deipresenti, ricordando a tutti il carico di storia che racco-glieva nella sua luccicante carenatura di ottone argentato;ad ognuno stimolava il desiderio di indagare e immaginarei costumi dei pellegrini nei tempi in cui ne fu ritenuta op-portuna l’installazione.

Cattedrale di Santiago. La prima costruzione risale al IX sec., nel luogodove, secondo la leggenda, fu miracolosamente rinvenuto il corpo del-l’apostolo Giacomo il Maggiore. Il luogo fu inizialmente denominato “Cam-pus Stellae”, da cui Campostela. È meta costante di pellegrini, specialmentequando si celebra l’Anno Santo che ricorre ogni volta in cui il 25 luglio,festa di Santiago, cade di domenica. L’ultimo Anno Santo fu il 2010 e i pel-legrini sul Cammino ‘fummo’ oltre 272.000.

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Fu versato l’incenso sulle braci e un leggero fumo si levònella navata. I tiraboleiros, in perfetto sincronismo, tiraronocon forza ognuno la propria corda collegata al cavo princi-pale e il botafumeiro si alzò d’un tratto; prima lentamente,poi accelerando, cominciò ad oscillare lungo il transetto.

Col movimento del pendolo oscillava e saliva in alto,sempre più in alto e sempre più velocemente. Raggiunsequasi l’altissimo soffitto della cattedrale, sembrò che l’ur-tasse, quindi discese e risalì dalla parte opposta del tran-setto con la medesima velocità, raggiungendo la stessaimpressionante altezza.Il movimento si ripeté più volte, accompagnato da un

coro trionfale e coinvolgente. Infine, i tiraboleiros dimi-

Cattedrale di Santiago e piazza Obradoiro. Piazza Obradoiro è il simbolodell’arrivo a Santiago, del raggiungimento della meta, del compiacimentointimo e dell’abbraccio con i compagni di cammino.

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nuirono adeguatamente la forza della corda e lasciaronoche l’eccezionale pendolo rallentasse gradualmente i suoimovimenti, fino a venire facilmente fermato nella posi-zione iniziale. Pur sapendo che tutto ciò sarebbe accaduto, non di meno

fu sorprendente e stupefacente per quanti erano presenti. Unfestevole applauso si levò con la soddisfazione di tutti.Mi guardai attorno, la messa era terminata, mi sentivo in

uno stato di leggera serenità. La folla ancora si accalcava inchiesa: personaggi tra i più disparati. Gente del posto chesantificava la domenica, gruppi parrocchiali venuti da qual-che lontana diocesi, guidati dal parroco e chiaramente affa-ticati dal lungo viaggio, famiglie di turisti giunti perreligiosità o per cultura e, infine, pellegrini. O, più esatta-mente, peregrinos. Questa definizione, in tali luoghi, ha unsignificato peculiare, anzi una moltitudine di significati, diespressioni e interpretazioni varie.Ero contento di trovarmi lì, in quella chiesa, in mezzo

a tutte quelle persone. Mi sentivo compartecipe del senti-mento collettivo verso il medesimo oggetto catalizzatore.Di quel comune riferimento, se ne avvertiva incombente lafigura e il senso della sua straordinaria vita di apostolo emartire. Ero, dunque, lieto di essere arrivato fin lì, ma par-ticolarmente perché vi ero giunto da “pellegrino”. Mi sem-brava di essere “speciale”.

Avevo compiuto per intero, a piedi, il Camino de San-tiago. Un desiderio che molte volte mi aveva preso neglianni ma che i troppi e diversi impedimenti, che solitamentesi frappongono a questo genere di progetti, mi avevano sem-pre impedito di realizzare. Il tempo necessario, il lavoro, ifamigliari, gli impegni mi erano sempre apparsi come paletti

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inamovibili, prima dell’opportunità che mi si era presentata.In tale circostanza, avendo raggiunto l’età in cui ci si liberada molti obblighi, potevo finalmente unirmi ad amici cheavevano programmato il viaggio. Mi si era presentata l’occasione di realizzare quanto de-

sideravo, rimuovendo quasi tutte le difficoltà del caso,anche se non proprio tutte, e così l’avevo colta al volo. Iltempo che avevo a disposizione, in primo luogo, era limi-tato: non potevo andarmene da casa per più di un mese,lasciando da sola mia moglie, semplicemente per soddi-sfare un mio desiderio e sapendo che lei non avrebbe po-tuto seguirmi. Io e Roberta siamo abituati a vivere sempreinsieme, non ci eravamo mai distaccati per così tantotempo prima di allora. Vedevo tutte le difficoltà e i disagiche avrebbero potuto insorgere durante la mia assenza eche lei, da sola, avrebbe dovuto affrontare. Pensai cheforse non sarei dovuto partire, ma poi fu proprio Robertaad incoraggiarmi. La sua sensibilità, sempre palese nelleattività che sollecitano lo spirito, le fece intuire all’istanteil significato e il valore che per me rivestiva quell’inizia-tiva. Non avrebbe avuto alcun problema, le mie appren-sioni erano eccessive. Per ogni eventualità ci sarebberostati i nostri quattro figli.Così, dopo aver molto ponderato il progetto, mi gettai

nell’impresa. Roberta mi aiutò con sollecitudine e accura-tezza a completare l’attrezzatura e quanto sarebbe stato ne-cessario. Alla fine, l’equipaggiamento pareva avere unasufficiente affidabilità.Frattanto, il mio pensiero si andava intensificando sul

concetto del “Camino”. L’impegno aveva moltepliciaspetti: fisico, relazionale, motivazionale e per quanto po-teva sorgere nel prosieguo. Pensavo ai Pirenei, da attraver-

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sare nella prima tappa con notevoli dislivelli; alle relazionicon gli amici e con coloro che avrei incontrato sul percorso;alle motivazioni che con tanta forza mi spingevano.Finalmente partimmo. All’inizio le difficoltà non man-

carono e furono di varia natura; comunque, le superammo.Fin da subito, le mie motivazioni si ampliarono, divenneropiù numerose e più nitide, come se uscissero da una leg-gera foschia da troppo tempo tollerata. Giorno dopo giornosi accresceva la percezione del Cammino e il mio pensiero,sempre più ansioso, mi fuggiva in avanti, come spaziassesulle immense pianure che contenevano quei sentieri.Tutto ciò coltivò la mia determinazione e mi fece capire

perfettamente che quello era un cammino che imponeva unvigore di testa, di intelletto e di volontà, molto più che digambe. Capii, mentre salivo le prime montagne, che l’obiet-tivo vero era di scendere dentro me stesso. Così, cammi-nando ed elaborando i miei pensieri, mi sentii gratificato dalfine che mi veniva indicato e che mi ero proposto, ma ancheun poco titubante sulle mie possibilità di comprendere tutto.

In cammino nei pressi di Estella.

Franco zingoni

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UNA FRECCIA GIALLA

ASaint Jean Pied de Port vi arrivammo nella tardaserata del cinque maggio, al termine di alcuni ghi-

rigori fatti con treni, aerei ed autobus. Eravamo partiti daFirenze il giorno precedente. Nei Pirenei, le condizionimeteo erano cattive, la temperatura bassa, e sentivamofreddo. Sulla montagna era caduta molta neve e sapevamoche ancora ne sarebbe caduta, stando alle previsioni. Il nostro equipaggiamento era giusto quello che pensa-

vamo necessario per affrontare un maggio spagnolo rite-nuto tutt’altro che rigido, cosicché questo stato di coserappresentava un inconveniente imprevisto. Ma l’emo-zione che inconsciamente ci eccitava, riconduceva co-stantemente il nostro pensiero al cammino che stavamoper intraprendere, e le nostre volontà anteponevano quelprogetto ad ogni altra eventualità.Costituivamo un gruppo di sei persone: quattro uomini

e due donne. Tutti in età medio-alta. Ognuno con la propriamentalità maturata in lunghi anni e, com’è naturale,ognuno con le proprie modalità di interpretare i casi dellavita.Così cominciammo il Cammino, ciascuno con le sue

attese, da scoprire con attenzione, forse anche con un po’di tensione durante i primi passi e i primi giorni. Sapevamodi essere tutti in grado di camminare a lungo. Tutti con ilpiacere di fare escursioni a piedi e amanti della montagna— la montagna maestosa, con la quale è bello misurare se

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stessi, risalire su pendii aspri e ripidi, dominare l’eccita-zione di percorsi difficili e, infine, arrivare sulle cime conintima soddisfazione. Quella montagna che ripaga tutti conle sue molteplici bellezze mostrate su sconfinate valli,spesso godibili solo da chi, con tenacia, raggiunge queiluoghi a piedi.

Questo aspetto fisico-sportivo di ciò che stavamo perintraprendere, e la consapevolezza di dover affrontare unaprova di notevole impegno, inizialmente ci spinse a con-siderare soltanto lo stato oggettivo delle cose, ovverol’impegnativo attraversamento dei Pirenei proprio al primogiorno, e il dover procedere su neve e fango scivoloso, tol-lerando pioggia e freddo. Tutto ciò, comunque, fece tornare alle nostre menti il ri-

Da Saint Jean Pied de Port a Roncisvalle. Pirenei innevati al primo ap-proccio, nel superamento del confine tra Francia e Spagna.

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Una FrEccia gialla_____________________________________________________________

cordo di situazioni già altre volte vissute in montagna, mi-tigando il timore per le imminenti asperità, con il confortodi esperienze acquisite. Ciononostante, benché lo sportivoami superare le difficoltà e, una volta vinte, ne rimanecompiaciuto, qui eravamo in un altro contesto. Non si trat-tava di appagare solo una passione ludica; non era un’im-presa da cui le nostre capacità fisiche dovevano trarre unagratificante soddisfazione. Qui c’erano quelle frecce gialle,ripetute, assidue, insistenti, dipinte su strade, muri di edificie cippi di pietra, unitamente a quelle conchiglie stilizzate, re-plicate come le frecce, sempre ad indicare con la loro onni-presenza non solo una via ma, soprattutto, un obiettivo.

Era piacevole camminare, impegnarsi sul percorso, go-dere le bellezze dei luoghi ma quelle indicazioni costanti,quei segni precipui e inconfondibili del Camino de San-tiago, a me, forse a tutti, fecero scivolare l’animo e la

Un ceppo segnaletico con freccia gialla e conchiglia.

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mente, passo dopo passo, su riflessioni e interrogativi in-trospettivi insolitamente pungenti.Cominciai a considerare quelle frecce e quelle conchi-

glie non soltanto come un ausilio per seguire il giusto per-corso, ma piuttosto come la rappresentazione di uno scopoe come l’indicazione di una via secolare che, fin da epochepassate e lontane nel tempo, veniva calcata, con fatica, pa-zienza e amore, da antichi peregrinos, sostenuti dalla vo-lontà e dal desiderio di portare alla meta un sentimento didedizione, per ricevere il dono della purificazione.Nel mio cammino, osservando i pellegrini di oggi, su

strade forse più agevoli e sicure di quelle di un tempo manon di meno prova di generoso impegno, rimasi attrattodalla serenità che tutti mostravano di avere nel conseguirequello scopo comune, facendo risaltare, con evidenza, ilsenso di comunanza, di solidarietà e di allegria.

Partendo da Saint Jean Pied de Port, la prima tappa so-litamente si conclude a Roncisvalle.Al termine della giornata impegnativa, superate le temute

difficoltà e compiuto l’approccio con il Cammino, si giungein questo complesso ecclesiastico molto bello, imponente eaustero. Impregnato di storia e avvolto da leggenda.Da sempre è un luogo di accoglienza per i pellegrini.

Un monastero di vaste proporzioni, eretto solitario sullamontagna dove, con affabilità, vengono ospitati i viandantiche di questo asilo avvertono chiaramente l’aspetto moltosignificativo, in relazione al pellegrinaggio.Arrivare alla spicciolata alla fine della giornata, tutti al

medesimo rassicurante rifugio, compiere le medesime ope-razioni quanto all’equipaggiamento, al proprio corpo, agliabiti, spesso aggrediti dalle intemperie, ed infine dormire

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l’uno accanto all’altro, circa in centosessanta, tutti in mode-sti letti a castello, nello stesso camerone, fa nascere fin dasubito il senso dell’unità d’intenti, della sicurezza e non dimeno della gaiezza. E anche della dolcezza, poiché al mat-tino si è svegliati all’alba da un canto armonioso e sorpren-dente dell’Alleluia che predispone a una attiva serenità.

L’espressione della gaiezza, della letizia, della compia-cenza di trovarsi nell’adempimento di un evento condivisoda tutti i partecipanti, sia pure con molteplici, diverse mo-tivazioni, costituisce lo spirito di questo Cammino. UnCammino assai singolare, dove si possono incontrare ade-renti di ogni nazione: spagnoli, ovviamente, ma anche ita-liani, francesi, tedeschi, inglesi, australiani, brasiliani,coreani e altri provenienti anche da luoghi sorprendente-mente lontani.

Monastero di Roncisvalle.

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È quasi impossibile superare qualcuno sul sentiero, oessere superati, senza scambiarsi un saluto, un incitamentoo qualche parola che non manifesti la condivisione degliintenti, la nazionalità, le esperienze, gli auspici.Si parla, si fa qualche passo insieme, poi ci si saluta e

ci si lascia. Il passo più o meno rapido ci divide e ognunoprosegue nella propria andatura. Ciascuno con il propriopensiero, con le proprie riflessioni, con la necessità e ilpiacere di camminare anche in solitudine, contemplando losplendore dei luoghi e cercando qualcosa in se stesso che,in qualche modo, in quello splendore, vi possa essere col-locato.Poi succede che, dopo qualche chilometro, o la sera

nell’ostello al termine della tappa, o addirittura qualchegiorno dopo, capiti di incontrare di nuovo le persone giàincontrate sul sentiero e con le quali avevamo condiviso untratto di fatica. Allora è l’allegrezza che si esprime, si ma-nifesta in tutti la spensieratezza di un piacere inaspettato,come se quelle persone, occasionalmente conosciute perpochi attimi, fossero vecchi amici, complici di tante im-prese. E insieme ci si chiedono informazioni e notizie,esperienze e programmi, reciprocamente in lingue diverse,non conosciute ma esplicate con gesti, ammiccamenti efrasi ripetute e scandite, talvolta in tono più alto, come sela difficoltà d’intesa fosse la sordità dell’interlocutore. Matutto questo fa gioia, contentezza, amicizia e comparteci-pazione.

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IL CAMMINO

Da Pamplona a Puerto la Reina, presso la metà delpercorso di ventiquattro chilometri, il sentiero,

fino a quel punto prevalentemente pianeggiante, si iner-pica facendo risalire i pellegrini a un luogo tra i più signi-ficativi del Cammino, l’Alto del Perdón.Il monte, oltre alla bellezza solitamente insita in queste

terre, ha la peculiarità di essere insistentemente ventoso.Lassù sorge il monumento al Pellegrino: una sequenza disagome metalliche che rappresentano e glorificano i pere-grinos di tutti i tempi. È una processione di figure di uo-mini, donne, giovani, cavalli, asini, vettovaglie, quasi unpopolo. Dall’insieme traspaiono umiltà e determinazioneper il raggiungimento di una meta ambita. Il monumento è posto saldamente sul crinale, contro

l’orizzonte e le intemperie, “dove si incrocia il camminodel vento con quello delle stelle”. Il luogo e la visione sonotalmente suggestivi da far ignorare, almeno per un mo-mento, le troppe pale eoliche che nei pressi trivellano ilpanorama. Su questo monte è nata anche una leggenda. Siracconta che un pellegrino, molto affaticato ed assetato, inquesto tratto di cammino fu tentato dal diavolo che gli offrìacqua ristoratrice da bere, in cambio del rinnegamento dellafede. Il pellegrino rifiutò una prima volta, poi una seconda,e infine una terza le reiterate proposte del demonio. Alloraapparve San Giacomo, che rivelò al pellegrino una fontenascosta e gli porse acqua da bere con la sua conchiglia. In

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prossimità dell’Alto del Perdón si trova effettivamenteun’antica fonte che, ancora oggi, talvolta fa sgorgare acqua,la Fuente de la Reniega (Fonte del Rinnegamento).

In anni lontani, di queste leggende ne venivano propostenon poche. Il Cammino di Santiago ha origini nel Me-dioevo, quindi è facile pensare che anche questo pellegri-naggio abbia fatto diffondere raffigurazioni simili, comeavveniva per gli eventi storici e quelli di notevole rilevanza.Questi racconti erano utili per avvicinare il popolo minutoai concetti della religione e alle nozioni della storia. Oggi, passando davanti a queste testimonianze, può av-

venire che, dal cumulo delle nostre cognizioni e dei nostridiscernimenti, si levi un interrogativo gravato dal dubbio.Se avessimo necessità di bere acqua senza disporne, ci ap-parirebbe Santiago con la sua conchiglia? Pensiamo di no. Ci sentiamo fuori da questa immagina-

zione, la nostra conoscenza ci fa ritenere che ciò non siapossibile; il nostro pragmatismo non farà apparire Santiago

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Puente la Reina, in Navarra.

alla Fuente de la Reniega. Oppure, chi sa? Forse basterebbesoltanto desiderarlo.In questo pellegrinaggio la tradizione vuole che i par-

tecipanti raccolgano alcune pietre dal sentiero, ponendolesui cippi che segnano il percorso o su piccoli massi o sem-plicemente una sull’altra. Ciò vuole avere il significato diun’azione tesa alla pulizia della strada, liberandola dallepietre, per facilitare il cammino dei pellegrini che seguono.Talvolta vengono edificate minuscole piramidi: isolate oraggruppate in gran numero in uno spazio delimitato. Ame piace pensare che questo togliere una pietra dalla stradae posizionarla con cura in un punto evidente, costituiscaun atto di presenza e di testimonianza, la manifestazionedella volontà di partecipare. Ancora una volta, le pietre costituiscono un simbolo del

Cammino.

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Sulla strada che va verso Ponferrada, passata Fonceba-don, si affronta il punto più alto di tutto il percorso, supe-rando i millecinquecento metri di altitudine. Quasi sullacima, si giunge in un luogo tra i più emblematici del Cam-mino, molto sentito dai pellegrini, che spesso sono spintifino alla commozione. Qui, un alto palo si erge a sostenereuna sobria croce di ferro che sembra toccare il cielo. Allabase del palo si addossa una montagnola di pietre, come aformare un piedistallo. Quelle pietre sono state depositatelì dai pellegrini transitati negli anni, dopo averle raccoltein luoghi diversi, più o meno lontani, e trasportate neglizaini. Le motivazioni simboliche sono varie: ognuna è le-gata strettamente al sentimento che il portatore sente la ne-cessità di esprimere. Si può portare la pietra per espiazionedelle proprie trasgressioni, sottoponendosi così a un attopenitenziale; oppure per implorare protezione per il viag-gio o per altre necessità. La mia interpretazione è stata

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quella della donazione. Posto che la pietra è il simbolo diquesta sacralità, sentivo anch’io il desiderio di posare lamia pietra; ma non per chiedere, bensì per ringraziare eper donare qualcosa di me, fosse pure una modesta cosasimbolica. Dovevo dare qualcosa a questo Cammino cheda giorni mi inondava di bellezza e di incontri, materiali espirituali, in un’inaspettata serenità.Raccolsi due pietre e le deposi nel mucchio alla base

della Cruz de Hierro. Una era per mia moglie. Lei nonc’era, ma quella pietra certamente sarà stata ricevuta allastessa maniera.

Superato Foncebadon, un minuscolo paese che sembra immerso nel Me-dioevo, si raggiunge il punto più alto del Cammino, a quota 1500 metri. LaCruz de Hierro pone questo luogo fra i più emblematici del pellegrinaggio.

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I simboli spesso ci sorprendono, ci stimolano a rifletteree a ricercare il messaggio che intendono trasmettere, spe-cialmente quando si tratta di segnali spirituali.

A Furelos, paesino nella Galizia, dopo aver superato ilbellissimo ponte medievale ci si imbatte in una piccolachiesa all’interno della quale si conserva un crocifisso dieccezionale particolarità: ha un braccio staccato dallacroce. Il braccio è dritto, parallelo al corpo, e la mano è inlinea con il braccio. La mano non è tesa verso chi vi si av-vicina ma è aperta, ferma a una altezza che fa intuire la di-sponibilità. Volendo, la si può afferrare. Ricorda ilcamminare insieme tenendosi per mano. Certo non può si-gnificare un richiamo a salire su quella croce; altrimenti,LUI, cosa ci sarebbe salito a fare? E inoltre, non ci ha giàdetto che ognuno ha la propria e cosa deve farne? Semmaipuò essere un invito ad andare lì sotto, dove la ricchezzache potremmo acquisirvi non la dovremmo vincere gio-cando a dadi. Ciò che non mi piacerebbe di quest’opera sarebbe che

fosse ipoteticamente in relazione con l’episodio che si rac-conta riguardo alla richiesta insistita, fino al limite dellasuperstizione, della regina Isabella la Cattolica, circa ilvoler venire in possesso di un chiodo di un singolare cro-cifisso, fatto con cuoio di bufalo, esposto nella cattedraledi Burgos.Sembra che la regina, raccoglitrice di reliquie, bramasse

un chiodo di quel crocifisso fino ad ottenerlo esercitandoil suo potere. Infine l’ottenne e il braccio di Gesù Cristo,si abbassò. Finalmente la regina, fortemente impressio-nata, rinunciò alla richiesta. Altri simboli reali, enormemente rappresentativi di que-

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sto Cammino, sono i numerosissimi pellegrini che vi tran-sitano con gaiezza, desiderio di incontri, scambio di valuta-zioni, racconti di episodi curiosi e idealmente coinvolgenti.Il mangiare insieme alla sera, nella cucina allestita dall’al-bergue ospitante, talvolta sbilanciandosi rischiosamente nelcucinare un piatto tradizionale della propria nazione e pro-ponendolo ad appetiti di etnie diverse, o il cenare dopo unafaticosa giornata in ristoranti al modico prezzo del menù delpellegrino, con la scelta tra poche e invariate portate, macon l’allegria dello stare insieme, della cerveza o del vinotinto frío, del sole che tarda a calare in queste zone e dellacompagnia di amici nuovi, complici in una vita un gradinoal di sopra di quella reale, lasciata a casa.

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Il singolare crocifisso con il braccio di Gesù staccato dalla croce, nella pic-cola chiesa di Furelos, in Galizia.

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Hontanas. Antico paesino isolato nella meseta.

In cammino nei secoli passati: un hórreo della più antica tipologia.

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