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Suffragette italiane verso la cittadinanza 1861-1946

Suffragette italiane verso la cittadinanza · 2018. 2. 26. · si costituisce in cooperativa ano-nima con il nome di Unione fem-minile nazionale. In collaborazione con la Società

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Suffragette italiane verso la cittadinanza

1861-1946

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Immagini:Provengono dall’Archivio Storico di

Unione Femminile NazionaleFondazione Anna Kuliscioff

e la loro pubblicazione è stata autorizzatacon concessione n° 2/2018

Realizzazione grafica:Carlo Micheli

Allestimento:Francesco Alberto Butera

Stampa:Paolo Etturi - Mantova

organizzazione della mostra a Mantovaa cura di

Gruppo7-Donne per la Pacecon la collaborazione di

Istituto Mantovano di Storia ContemporaneaDonne degli Horti

in copertina:Florence Hope Luscomb (1887–1985), attivistadel movimento suffragista del Massachusetts

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Casa di Rigoletto

Suffragette italiane verso la cittadinanza (1861- 1946)

Mostra storico/fotograficaa cura di

Concetta Brigadeci Marina CattaneoEleonora Cirant

Giuliana Franchini

Mantova, 24 febbraio/16 marzo 2018

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The Suffragette, organo ufficiale dell’Unione Politica e Sociale delle Donne, edito da Christabel Pankhurst. 17 ottobre 1913

La Casa di Rigoletto ospita fino al 16 marzo, un’interessantissima mostra, realizzata con immagini e documenti provenienti dagli archivi dell’Unione Femminile Nazionale e della Fondazione Anna Kuliscioff. Raccontano le vicende del movi-mento per il suffragio femminile in Italia e nel contesto internaziona-le in un arco di tempo che va dal 1861, anno dell’Unità d’Italia, al 1946, data delle prime elezioni a suffragio universale. Un percorso avvincente che sembra scorrere parallelamente alla storiografia uf-ficiale -che di fatto ne ignora qua-si l’esistenza- e che parla di un passato, non così remoto, in cui si credeva che il voto alle donne fosse addirittura cosa “contro na-tura”. Una mostra che ci permette di cogliere l’importanza di quelle lotte condotte per il suffragio, per l’emancipazione femminile, ma anche, e soprattutto, per una cre-scita etica e culturale dell’intera società civile. Femminicidio e vio-lenza di genere, mostri quotidiani dei nostri tempi, sono i bersagli contro cui ingaggiare le prossime sfide, che dovranno vedere la par-tecipazione di tutte le componenti sociali, a sostegno di una batta-glia che i movimenti femminili non hanno mai smesso di combattere.

Il SindacoMattia Palazzi

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Mantova ospita la mostra “Suffragette italiane verso la cittadinanza (1861-1946)”, curata dall’Unione Femminile Nazionale insieme alla Fondazione Anna Kuliscioff, inaugurata a Milano nel 2016 e generosa-mente messa a disposizione come mostra itinerante. I materiali esposti, provenienti in gran parte dagli archivi delle due organizzazioni milanesi, ci narrano quanto sia stata lunga e sofferta la battaglia delle donne italiane scese in campo per rivendicare il suffragio, insieme a una definitiva parità di diritti civili. La versione mantovana della mostra è promossa dal Gruppo7-Donne per la Pace, insieme alle Donne degli Horti ed è sostenuta dal Comune di Mantova e dall’Istituto Mantovano di Storia Contemporanea. La parabola del movimento suffragista italiano si snoda attraverso la lotta coraggiosa delle donne per ottenere il diritto di voto: un lungo percorso che parte dal 1861, anno dell’Unità d’Italia, e si conclude soltanto nel 1946, anno delle prime elezioni a suffragio universale (ricordiamo che l’Inghilterra aveva ot-tenuto il voto amministrativo già nel 1918, proprio grazie alla tenace militanza dei movimenti femminili). Manoscritti, fotografie, volantini, giornali, vignette satiriche, restituiscono il clima e i contenuti di quel-la intensa vicenda della politica italiana che vede nascere il movimento emancipazionista a Mi-lano, dove le condizioni culturali, economiche, sociali e politiche ne favoriscono lo sviluppo. Sul finire dell’Ottocento nasce, infatti, nel capoluogo lombardo l’Unione femminile che si batte per l’eman-cipazione giuridica e politica delle donne, ma anche per un programma di tutela delle lavoratrici, per affermare e difendere il valore della maternità e dell’infanzia, l’istruzione e la formazione professiona-le. Ben presto il movimento si organizza in tutta Italia e nei rapporti con l’estero, costituendo comita-ti confluiti nel 1906 nel Comitato Nazionale Pro Suffragio, di cui fanno parte Anna Maria Mozzoni, Lin-da Malnati, Carlotta Clerici e molte altre, tra le quali le mantovane Ada e Beatrice (Bice) Sacchi.La mostra è supportata dal corso di formazione per insegnanti “La cittadinanza femmini-le dal suffragismo alla Costituzione”, organizzato dall’Istituto Mantovano di Storia Contempo-ranea e curato da Nicoletta Azzi, Fernanda Goffetti e Maria Teresa Rabitti, articolato in cinque incontri (dal 26 febbraio al 23 marzo 2018); esso fa seguito a un altro ciclo di incontri, dal titolo “Co-stituzione e genere”, svolto nei mesi di novembre e dicembre 2017, sulle tematiche della partecipa-zione politica femminile nel Novecento, sul lavoro femminile, sulle donne all’Assemblea Costituente.Ci si augura, dunque, che queste attività possano contribuire a dimostrare quanto sia costato e quale valore abbia la grande conquista del voto alle donne, che oggi sembra essere scontata, soprattutto per le giova-ni generazioni. E ci si augura che proprio le giovani e i giovani possano trarne beneficio e insegnamento.

Daniela FerrariPresidente Istituto Mantovano di Storia Contemporanea

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Siamo orgogliose e grate di esporre a Mantova, nella sede prestigiosa della Casa di Rigoletto, la mostra Suffragette italiane verso la citta-dinanza (1861-1946), realizzata da Unione femminile nazionale e Fon-dazione Kuliscioff. Ringraziamo, dunque, il Comune di Mantova per l’ospitalità in questo luogo storico e tutte le istituzioni organizzatrici per l’invito a noi così gradito. Ci fa molto piacere far conoscere a tut-ta la cittadinanza e, in particolare, a insegnanti, studentesse/studenti e alle giovani generazioni il lungo cammino di emancipazione per-corso dalle donne già all’indomani dell’Unità d’Italia. Sapienza, en-tusiasmo e valori condivisi hanno consentito la creazione di un movi-mento femminile e femminista forte e unitario al di là delle differenze di classe e di orientamento politico, incrinato solo dalle divisioni interne di fronte alla I guerra mondiale e in-fine spezzato dal fascismo. Cono-scere la lotta per la rappresentan-za politica femminile è importante, perché è una storia che parla di noi, delle nostre radici e di un passa-to in cui si credeva che il voto alle donne fosse “contro natura”. Essa ci aiuta a leggere tra le righe di un presente ancora segnato da stereo-tipi e pregiudizi nei confronti del-l’educazione di genere nelle scuole e dalla violenza nei confronti delle alterità, donne, omosessuali, immi-grati, appartenenti ad altre culture.Manifesto dell’Unione Femminile, 1899

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Questa mostra, nata all’interno delle celebrazioni dei Settanta anni del voto alle donne, non vuo-le essere solo commemorativa ma un tentativo di dare voce a una storia dimenticata del movimen-to politico delle donne le quali in Italia, già ai primi del Novecento, si autodefinivano “femministe”. Esse lottavano per un mondo mi-gliore, più giusto, di reale ugua-glianza tra le classi e tra gli uomini e le donne. Dai nostri archivi ab-biamo portato alla luce documen-ti che testimoniano questa storia appassionante, affinchè le nuove generazioni sappiano quanto sia costata la nostra libertà, ne faccia-no buon uso ed escano dall’indif-ferenza nei confronti della politica. L’auspicio è che gustino il genui-no sapore che rende veramente cittadine e sappiano cos’è agire politicamente nello spazio pub-blico che appartiene a tutti sen-za esclusioni. Chi sono i soggetti che hanno organizzato la mostra? La Fondazione Anna Kuliscioff na-sce nel 1993 e conserva materiale documentario proveniente dalla biblioteca e dalla collezione priva-ta di Giulio Polotti, che ne è anche il fondatore. L’intento è quello di valorizzare il patrimonio librario e documentario esistente e di rac-cogliere e conservare documenti sul movimento operaio, sociali-sta, femminile e libertario (libri, opuscoli, audiovisivi, manifesti,

cartoline, fotografie, volantini).L’Unione femminile si costituisce a Milano nel dicembre del 1899, su iniziativa di un gruppo di donne, come Ersilia Bronzini Majno, Nina Rignano Sullam, con l’intento di riunire in una Casa le associazioni esistenti e tutte le donne senza di-stinzioni religiose e di classe, per l’elevazione morale e l’istruzio-ne femminile e, in generale, per la conquista dei diritti giuridici, politici e sociali delle donne. Vi aderiscono associazioni operaie femminili e donne di differenti ceti sociali. Da subito, nel 1900, apre l’Ufficio indicazioni ed assistenza, per dare agli indigenti i mezzi per accedere all’assistenza pubblica. Nel 1901 presenta una mozione a sostegno della legge sul lavoro delle donne e dei bambini, firmata da cinquemila persone. Contem-poraneamente promuove la costi-tuzione di un Comitato contro la tratta delle bianche che fonderà l’Asilo Mariuccia, un rifugio per minorenni a rischio di prostituzio-ne. Nel 1902 l’Unione e la Camera del lavoro sostengono lo sciope-ro di 400 piscinine, bambine di 9 anni, lavoranti di sartoria, per le quali l’Unione fonda il Ricreato-rio “La Fraterna” e una Scuola di disegno professionale. Nel 1905 si costituisce in cooperativa ano-nima con il nome di Unione fem-minile nazionale. In collaborazione con la Società Umanitaria, apre

l’Ufficio di collocamento per il personale femminile di servizio e nel 1906 istituisce nella propria casa un Dormitorio - pensione per domestiche e impiegate. Nel 1905 crea una Cassa di maternità milanese, aperta anche alle non operaie e nel 1910 acquista con una raccolta di fondi la Casa del-l’Unione in corso di Porta Nuova. Pubblica dal 1901 al 1905 la rivista mensile “Unione Femminile”, di-retta da Ersilia Majno, su cui apre un’inchiesta sul voto alle donne a sostegno della battaglia suffragi-sta. Durante la I guerra mondiale si impegna nell’assistenza ai soldati, ai bambini e alle donne disoccu-pate ma sarà sciolta dal regime fascista nel 1939. Nel secondo dopoguerra la Casa dell’Unione riprende le sue battaglie per i dirit-ti politici, civili e sociali. Dagli anni ‘90 apre una biblioteca e conserva importanti archivi di donne e di as-sociazioni che intende valorizzare e far conoscere attraverso mostre, video e laboratori con le scuole.

Unione Femminile Nazionale

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«La Domenica del Corriere»,10-17 ottobre 1909.

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Ancora una mostra (se pure importata dall’Unione Femminile Nazionale che l’ha organizzata con la Fon-dazione Kuliscioff) per il Gruppo 7- Donne per la pace, quasi a conferma dell’andamento carsico che ha, negli ultimi anni, caratterizzato la sua attività espositiva. Questa volta non si tratta di arte, ma della pro-posta di un momento fondamentale nella storia delle donne e in questo caso anche di donne mantovane: perché per noi del Gruppo, che siamo state in prevalenza insegnanti, è motivo di non secondario interesse lo sguardo storico sul passato e insieme la possibilità della sua divulgazione, la trasmissione -rivolta alla cittadinanza tutta, ma in particolare alle scuole- delle esperienze più significative del nostro percorso di emancipazione. Non solo un percorso nella memoria, ma un invito alle giovani donne a valutare le lotte condotte dalle nostri ‘madri’ per la conquista dei diritti, e in particolare il diritto al voto in un momento storico, il nostro, in cui le giovani generazioni pare si disinteressino alla politica e l’idea dell’astensioni-smo aleggia come inevitabile risposta al disimpegno. Non a caso la mostra, ricca di materiali illustrativi, si accompagna ad un corso di formazione per insegnanti, che vede confrontarsi alcune storiche italiane sul tema del voto politico alle donne. E per presentare infine il Gruppo stesso, cosa dire della sua storia e dellla sua fisionomia? Che nasce negli anni ‘70, inizialmente come Gruppo 7, per la decisione ‘politica’ di alcune di noi -che già si incontravano liberamente in un giorno fisso della settimana- di organizzarsi in una forma più riconoscibile: constatato che, nonostante le diversità di percorsi, di provenienza sociale, di formazione culturale, potevamo riconoscerci prima di tutto come genere. A partire dalla guerra del Golfo del 1991 il Gruppo 7, con l’apporto prezioso di donne di altra provenienza politica che testimoniavano come noi la loro volontà di pace in manifestazioni pubbliche, diventa Gruppo 7 - Donne per la pace: per dire No alla guerra come modalità maschile di risolvere i conflitti. E prendono allora vita le iniziative lega-te al confronto donne-guerra, che si accompagnano alla riflessione sui temi della soggettività femminile e ultimamente all’analisi del rapporto memoria-storia. Così come si sono organizzati dibattiti su temi di attualità, recensioni pubbliche di libri di donne, presentazioni di mostre d’arte con protagoniste contempo-ranee: alla ricerca di occasioni e di incroci. Come è avvenuto per esempio con le Donne degli Horti e l’Isti-tuto Mantovano di Storia Contemporanea, con cui spesso, così come in questa occasione, collaboriamo.

Gruppo 7 - Donne per la Pace

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Pellegrina Pirani, Ersilia Majno Bronzini, Elisa Boschetti, Anna Celli, 1905

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Ancora la semina è lontana. Si vedonoterreni inzuppati di pioggia e stelle di marzo.Nella formula di pensieri infecondisi configura l’universo seguendo l’esempiodella luce, che non sfiora la neve.

Sotto la neve ci sarà anche polveree, non disfatto, il futuro nutrimento della polvere. Il vento che si leva!Altri aratri dirompono l’oscurità.Le giornate tendono a farsi più lunghe.

Nelle lunghe giornate, non richieste, veniamo seminate entro quei solchi stortie diritti, e si eclissano le stelle. Nei campiprosperiamo o ci corrompiamo a caso,docili alla pioggia, e infine anche alla luce.

Ingeborg Bachmann, “Stelle di marzo

Ci siamo date questo nome, alla latina, per indicare non solo l’orto della terra in cui tutte noi siamo abi-tuate a mettere le mani ma il giardino, un luogo che accoglie, che fa stare bene perché apre alle storie.Abitiamo in paesi piccoli, segnati dal fiu-me e dalla nebbia, e abbiamo case grandi, con le porte che si aprono sullo spazio intorno. Nei primissimi anni ‘90 è cominciata la nostra sto-ria, con gli scambi di letture e di esperienze, le fre-quentazioni e gli incontri. Il lavoro nella scuola, e il desiderio di scioglierlo dalle briglie dei formalismi, ci ha viste frequentemente intorno a un tavolo a pensare e studiare, a inventare modalià di relazio-ne sempre più vicine a quel’universo di corrispon-denze e affinità che si stava costruendo tra noi.

La comunità filosofica di Diotima e il pensie-ro della differenza che da là si delineava han-no fornito scoperte alla nostra ricerca e han-no dato parole e pratiche alla nostra vita.Molte di noi sono entrate nell’Ordine della Sorori-tà, fondato da Ivana Ceresa a Mantova nel 1998, ispirato proprio alla differenza femminile, conti-nuando a frequentare gli incontri degli Horti e portando nel cuore dello scambio l’idea di liber-tà, anche religiosa, che interagisce con il femmi-nismo e prova a mostrarne varianti e complessità.Parliamo con altre donne che hanno interesse per i temi che ci stanno a cuore e, con cadenza qua-si annuale, ci ritroviamo a dialogare su politica, mi-stica, autorità femminile, a organizzare mostre, in-contri, occasioni di scambio. Ci siamo accorte nel tempo, intermittente e discontinuo, del nostro sta-re insieme, che il valore che si attiva nella relazione non è regolato da parità o reciprocità, ma piuttosto dalla consistenza dispari dell’amore e dell’affida-mento. E, in questa periferia che ci è capitata come luogo della vita, zona di confine, di lontananze e di silenzi, abbiamo privilegiato un passo distan-te dalle manifestazioni corali, convinte che la ricerca di contrappesi e antidoti ai fenomeni del nostro tempo possa soprattutto realizzarsi nella pratica di vita e nell’incontro con donne che ci sono maestre.Riconosciamo pienamente il grande debito nei con-fronti delle Suffragette che hanno aperto orizzonti, compiendo anche per noi lotte estreme. Portiamo il tesoro di conquiste che ci hanno donato come ricchezza irrinunciabile, sentiamo la loro forte pre-senza accanto alla presenza di altre maestre, al trasformarsi progressivo del pensiero che ricono-sce un’autorità femminile circolante che porta luce e intelligenza al mondo comune di donne e uomini. La mostra avvia alla comprensione di un momen-to storico originario che è necessario conoscere.

Donne degli Horti

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National women’s social, 1903

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«La donna», 5 maggio 1908, periodico,

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«La Domenica del Corriere»,10-17 maggio 1908

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«La Domenica del Corriere», 27 ottobre-3 novembre 1907

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Aletta-Eva Jacobs tenta Adamo Cort con la mela del suffragio femminile.In: «De nieuwe Amsterdammer», 6 no-vembre 1915, periodico, UFN

Aletta Henriëtte Jacobs (1854-1929), femminista olandese, primadonna a laurearsi in medicina nel suo paese, pioniera nel campo della pianifica-zione familiare. Fondatrice epresidente della Vereniging voor Vrou-wenkiesrecht (Associazione per il suffra-gio femminile), promotrice della conferen-za di pace delle donne a L’Aia nel 1915.

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“Ti prego Vittoria, fermati o farai tardi alla riunione delle donne oppresse». In: «L’assiette au Beurre», rivsta francese di satira politica e sociale della Belle Époque (1901-1912), 1908, UFN

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Alle donne d’Italia, opuscolo di propaganda per raccolta fondi da destinare alle spese militari,1918.

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Maria Teresa Sega

Ada e Beatrice Sacchi

Maria Teresa Sega

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Ada (Mantova 1874) e Beatrice (Mantova 1878), figlie di Achille Sacchi e Elena Casati, crescono in una famiglia di forti sentimenti risorgimentali, in un crocevia di scambi intellettuali e politici. Nel clima postrisorgimentale le sorelle portano avanti gli ideali repubblicani nella compiuta concezione democratica di una cittadinanza che riconosce pari diritti e doveri a uomini e donne. Al raggiungimento di questo obiettivo dedicano le loro complementari energie, come naturale prosecuzione dell’educazione ricevuta e della stessa storia famiglia-re. Studiano insieme a Bologna, poi le loro mete si dividono: Ada, laureatasi in lettere a Genova, vince il posto di direttrice della biblioteca di Mantova, che dirige dal 1902 al 1925. Per avvicinare il popolo alla lettura nel 1911 apre una Biblioteca popolare.Beatrice, laureatasi in materie scientifiche, diventa insegnante di mate-matica nella Scuola normale a Roma. Nella capitale frequenta gli ambienti mazziniani e socialisti, vive anni intensi di lavoro, di studio, di impegno politico ed entra nei circoli femministi che si stanno impegnando per i diritti delle donne. Aderisce all’Associazione per la donna, assieme alle più note personalità dell’emanci-pazionismo democratico, come Anna Maria Mozzoni, Maria Montessori, Virginia Nathan, Elisa Agnini Lollini, Tersa Labriola. Quando l’Associazione diventa nazionale e promuove varie associazioni locali, Ada fonda la sezione mantovana (1909), che diventa uno dei centri di quel “femminismo pratico” eminentemente lom-bardo. Ne sono un esempio concreto il ricreatorio-scuola, intitolato a Elena Casati, e una scuola serale per lavoratrici con una sezione giovanile per ragazze. Possiamo dire che le due sorelle, diverse per carattere, rappresentano le due tendenze del femminismo che si affermano nel primo Novecento: quello pratico di Ada, più propenso a privilegiare la battaglia delle idee attraverso la stampa e l’azione pubblica quello di Beatrice.Contemporaneamente sono impegnate nel movimento suffragista, che nei primi del Novecento vede la na-scita di organizzazioni nazionali e internazionali e intensifica la sua azione per ottenere il voto. Nel 1906, dal momento che la legge elettorale politica del 28 marzo 1895 non esclude esplicitamente la donna, Beatrice chiede l’iscrizione nelle liste elettorali del Comune di Mantova. Il suo gesto, divulgato dal giornale nazionale “La vita”, diventa “esemplare”, molte donne in tutta Italia chiedono l’iscrizione. A smorzare gli entusiasmi giungono le sentenze delle varie Corti d’Appello, che annullano le iscrizioni dalle liste ove fossero state accolte. Nel maggio la Commissione elettorale provinciale di Mantova cancella dalla lista comunale il nome della Sacchi con la motivazione: “allo stato attuale della legislazione le donne non godono dei diritti politici”. In questi anni le Sacchi si avvicinano al Partito socialista, condividendone il progetto di una giu-stizia sociale come compimento della democrazia mazziniana. Più coerente il rapporto di Ada coi socialisti mantovani, mentre Bice mantiene un rapporto dialettico che diventa talvolta polemico, tanto da opporre un netto rifiuto quando, nel 1903, le viene offerta una candidatura simbolica al collegio elettorale di Budrio. E’ critica nei confronti della teoria politica dei due tempi, che rinvia l’emancipazione della donna all’avven-to del socialismo; per lei la questione dei diritti civili riguarda il presente e attraversa ogni società; si deve quindi equiparare la condizione giuridica degli uomini e delle donne mentre si persegue l’obiettivo di una rivoluzione sociale nella quale la parità tra i sessi dovrà essere riconosciuta. In vista della convocazione del Congresso internazionale dell’International Women suffrage association (IWSA) a Copenaghen nel 1906, il Comitato romano pro suffragio dà vita al Comitato nazionale, supremo sforzo di unità al quale aderiscono cattoliche, laiche, socialiste. Bice Sacchi, delineando il profilo del Comitato, sostiene che questo debba essere unitario ma non unanime e la convivenza di differenze sociali, culturali e politiche considerata unvalore, un apprendistato alla democrazia. All’interno del Comitato sta emergendo però un conflitto, tra la

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componente moderata e la componente radicale, in preparazione del I Congresso nazionale delle donne italiane, che si tiene a Roma nell’aprile 1908. Con l’obiettivo di favorire l’adesione di socialiste, cattoliche, liberali e democratiche il Comitato pro suffragio dichiara la propria apoliticità. Il Congresso si propone pertanto di discutere discutere le questioni sulle quali si è raggiunta una posizione comune con le cat-toliche, lasciando da parte quelle più controverse come il divorzio e l’insegnamento religioso. Beatrice è tra coloro che ritengono invece che la conciliazione non possa sussistere mentre è in corso un confronto tra posizioni diverse. Condivide inoltre la scelta strategica delle suffragiste inglesi di un coinvolgimento diretto nella politica e un sostegno aperto ai partiti e ai candidati favorevoli al voto femminile. In vista delle elezioni del 7 marzo 1909 si profila all’interno del Comitato romano un dissidio politico tra le “vec-chie”, che privilegiano un approccio interclassista, e le “giovani” militanti (tra le quali Bice Sacchi) che sostengono i deputati “amici” e redigono un manifesto Alle donne italiane invitandole a fare altrettanto. Alla vigilia del voto parlamentare sul suffragio universale il movimento è dunque in una fase critica. C’è bisogno di raccogliere le forze e unificare le voci. Il Congresso dei Comitati pro suffragio di Torino del 1911 è l’estremo tentativo di conciliare le posizioni classiste delle socialiste con l’ispirazione interclassi-sta delle suffragiste. Nel suo intervento Bice puntualizza l’importanza di una visione unitaria fondata sul genere, dal momento che le donne sono tutte ugualmente prive di voto, lasciando in secondo piano le divergenze politiche. Mentre faticosamente si cerca di arrivare a posizioni condivise, giunge l’annuncio dell’entrata in guerra dell’Italia contro la Turchia a segnare la rottura tra socialiste e femministe. A ridos-so della I Guerra Mondiale le donne prendono strade diverse e inconciliabili tra pacifismo, neutralismo e interventismo. Molte militanti dell’Associazione per la donna - tra loro Beatrice ed Ada Sacchi - sposano l’interventismo democratico e vedono nella “guerra giusta” contro l’oppressore germanico il compimento del Risorgimento e il riconoscimento di quel ruolo pubblico a lungo rivendicato per le donne. Con l’entra-ta in guerra dell’Italia danno vita al Comitato nazionale femminile per l’intervento e pubblicano il giornale “L’Unità d’Italia”, di cui Bice è direttrice. Il suo pensiero è espresso con chiarezza e appassionata adesio-ne nello scambio di idee con Anita Dobelli, la quale sostiene le ragioni del pacifismo come connaturato al femminismo.A Mantova Ada intensifica le iniziative pratiche a favore dei combattenti e delle loro famiglie. Nel momento dei doveri il tema dei diritti è rimandato. Ma occuparsi di assistenza nel fronte interno non le basta, rivendica una partecipazione diretta e paritaria. Scrive quindi a al Ministro della guerra una lettera di richiesta per essere arruolata come volontaria, auspicando una decisione favorevole all’arruolamento delle donne nell’esercito in tutti i ruoli, non escludendo quello di combattenti. In tal caso l’Associazione per la donna si offre di raccogliere le iscrizioni di volontarie, soprattutto tra le studentesse universitarie. “Le donne mostreranno di non essere seconde agli uomini nell’amor di patria”, sono le parole con le quali chiude la lettera. L’impegno suffragista di Ada e di Bice riprenderà dopo la guerra nella Federazione ita-liana per il suffragio e i diritti della donna (FISEDD). La speranza di ottenere il voto, seppur parziale, viene riaccesa dalle promesse di Mussolini nell’intervento di apertura del IX Congresso della Federazione in-ternazionale, che si tiene a Roma nel 1923. Sembra sia arrivato finalmente il momento di ottenere ciò per cui tanto si sono impegnate. Bice compie un gesto quasi di sfida, si presenta al seggio per votare chie-dendo di vedere il testo della legge che l’esclude, gesto che stavolta però cade nel vuoto e nel silenzio. In questi anni l’atteggiamento nei confronti del regime è ambivalente. Bice si batte contro le limitazioni

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imposte alle donne nel lavoro che negano la parità. Ada subisce una decurtazione dello stipendio, fatto che rappresenta un disconoscimento del suo valore, ed entra in conflitto con l’Amministrazione comunale. Nello stesso tempo però continuano a lanciare appelli e proposte nell’illusione di ottenere il voto anche se parziale. Nella rottura tragica della I Guerra mondiale, una parte consistente del femminismo suffragi-sta accoglie il nazionalismo, non soltanto in termini strategici, ma come elemento fondante di una nuo-va identità politica. Il «femminismo nazionale» rappresenta anche per Beatrice l’orizzonte ideologico alla base del progetto di fondazione di un nuovo giornale femminile che vuole intitolare «L’Italiana». Muore a Torino, dove è andata a propagandarlo, nel 1931, senza riuscire a realizzarlo. Ada continua da sola il suo impegno come presidente della FISEDD che, oltre a battersi per la tutela dei diritti della donne fortemente contrastati, raccoglie le firme per una petizione alla Società delle nazioni a favore del disarmo. Nel 1935 il Governo la rimuove dall’incarico sostituendola con una persona vicina al regime. Muore in Brasile nel 1944.

Ada Sacchi Beatrice Sacchi

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25 aprile 1945

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