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1 STUDIO MINERALOGICO SULLE CERAMICHE A VETRINA PESANTE L'interesse suscitato dal Seminario sulla ceramica a vetrina pesante tardo-antica e alto medievale ha coinvolto molti studiosi che hanno aderito con l'invio di numerosi campioni da sottoporre alle analisi di laboratorio. Scopo primario del convegno è stato di approfondire le informazioni archeologiche acquisite in questi anni con i risultati delle analisi minero-petrografiche degli impasti, per ampliare le conoscenze sulle aree di produzione e distribuzione di questa classe ceramica. La scarsa conoscenza sui centri di produzione delle ceramiche ha imposto di scegliere fra le varie metodiche di laboratorio quelle di tipo minero-petrografiche. Infatti queste analisi, rispetto a quelle di tipo chimico, forniscono preziose indicazioni sulle possibili aree di provenienza tramite il confronto con la bibliografia e la cartografia geologica e quindi la possibilità di svolgere una ricerca su ampi territori. Le analisi chimiche risultano invece particolarmente interessanti quando si effettuano confronti fra reperti provenienti da località sicure, poiché possono rilevare differenze degli elementi maggiori-minori e sono quindi in grado di differenziare singole cave di terra mineralogicamente simili (MANNONI et al. 1983). Questo lavoro ha altresì permesso di raccogliere un notevole campionario di sezioni sottili in rappresentanza di novantuno siti di ritrovamento in Italia e nel sud della Francia, costituendo una preziosa banca dati per futuri studi. Le analisi mineralogiche offrono, oltre all'identificazione dei minerali presenti, anche la possibilità di effettuare considerazioni importanti sulla tecnica di lavorazione. I dati raccolti mediante le indagini di laboratorio, sono stati quindi confrontati con la cartografia e bibliografia geologica italiana e europea, in riferimento alle informazioni archeologiche fino ad oggi acquisite 1 . [579] Inoltre, nei casi possibili, la ricerca è stata ampliata con il campionario di terre locali della SMAA (Sezione di Mineralogia Applicata all'Archeologia dell'Università di Genova) che ha permesso un ulteriore approfondimento sullo studio delle aree di produzione. Le indagini mineralogiche sui materiali ceramici sono state così articolate: -- osservazione al microscopio stereoscopico in luce riflessa (Zeiss SV 8). -- analisi dei frammenti preparati in sezione sottile al microscopio polarizzatore (Leitz Laborlux Poi 11). Questa ricerca è stata integrata da studi già effettuati ed in parte pubblicati: camp. Metropolitana di Milano: S. SFRECOLA; Analisi Mineralogiche, in Scavi della MM3 - Ricerche di archeologia urbana a Milano durante la costruzione della linea 3 della metropolitana 1982-1990, a cura di D. Caporusso, voi. 3.1, Milano, 1991, pp. 373-377; camp. San Silvestro (GE): B. D' AMBROSIO, T. MANNONI, S. SFRECOLA, Stato delle ricerche mineralogiche sulle ceramiche mediterranee, in La ceramica medievale nel Mediterraneo Occidentale, Atti del III Congresso Internazionale (Siena- Faenza 8-13 ottobre 1984), Firenze 1986, pp. 601-609; camp. Sant'Antonino di Perti (SV): S. SFRECOLA, Analisi mineralogiche e petrografiche di ceramiche tardoantiche da Luni e Sant'Antonino, appendice di S. LUSUARDI, G. MURIALDO, Le ceramiche mediterranee in Liguria durante il periodo Bizantino (VI-VII sec), in A ceramica medieval no Mediterraneo ocidental, Atti del IV Congresso Internazionale (Lisbona 16-22 novembre 1987), Mertola (Portogallo) 1991; T. MANNONI, E. MELLO, M. ODDONE, Ricerche archeometriche sulle ceramiche mediterranee, “ Bollettino del Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza ”, LXIX (1983), 5-6, pp. 363-366; T. MANNONI, Les propriétés générales des argiles, in Datation-caracterisation des céramiques anciennes, “ PACT ”, 10, 1984, pp. 215-221.

STUDIO MINERALOGICO SULLE CERAMICHE A VETRINA PESANTE … · Questo lavoro ha altresì permesso di raccogliere un notevole campionario di sezioni sottili ... quando il rivestimento

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Page 1: STUDIO MINERALOGICO SULLE CERAMICHE A VETRINA PESANTE … · Questo lavoro ha altresì permesso di raccogliere un notevole campionario di sezioni sottili ... quando il rivestimento

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STUDIO MINERALOGICO SULLE CERAMICHE A VETRINA PESANTE

L'interesse suscitato dal Seminario sulla ceramica a vetrina pesante tardo-antica e alto medievale ha coinvolto molti studiosi che hanno aderito con l'invio di numerosi campioni da sottoporre alle analisi di laboratorio.

Scopo primario del convegno è stato di approfondire le informazioni archeologiche acquisite in questi anni con i risultati delle analisi minero-petrografiche degli impasti, per ampliare le conoscenze sulle aree di produzione e distribuzione di questa classe ceramica.

La scarsa conoscenza sui centri di produzione delle ceramiche ha imposto di scegliere fra le varie metodiche di laboratorio quelle di tipo minero-petrografiche. Infatti queste analisi, rispetto a quelle di tipo chimico, forniscono preziose indicazioni sulle possibili aree di provenienza tramite il confronto con la bibliografia e la cartografia geologica e quindi la possibilità di svolgere una ricerca su ampi territori. Le analisi chimiche risultano invece particolarmente interessanti quando si effettuano confronti fra reperti provenienti da località sicure, poiché possono rilevare differenze degli elementi maggiori-minori e sono quindi in grado di differenziare singole cave di terra mineralogicamente simili (MANNONI et al. 1983).

Questo lavoro ha altresì permesso di raccogliere un notevole campionario di sezioni sottili in rappresentanza di novantuno siti di ritrovamento in Italia e nel sud della Francia, costituendo una preziosa banca dati per futuri studi.

Le analisi mineralogiche offrono, oltre all'identificazione dei minerali presenti, anche la possibilità di effettuare considerazioni importanti sulla tecnica di lavorazione.

I dati raccolti mediante le indagini di laboratorio, sono stati quindi confrontati con la cartografia e bibliografia geologica italiana e europea, in riferimento alle informazioni archeologiche fino ad oggi acquisite1. [579]

Inoltre, nei casi possibili, la ricerca è stata ampliata con il campionario di terre locali della SMAA (Sezione di Mineralogia Applicata all'Archeologia dell'Università di Genova) che ha permesso un ulteriore approfondimento sullo studio delle aree di produzione.

Le indagini mineralogiche sui materiali ceramici sono state così articolate: -- osservazione al microscopio stereoscopico in luce riflessa (Zeiss SV 8). -- analisi dei frammenti preparati in sezione sottile al microscopio polarizzatore (Leitz

Laborlux Poi 11).

Questa ricerca è stata integrata da studi già effettuati ed in parte pubblicati: camp. Metropolitana di Milano: S. SFRECOLA; Analisi Mineralogiche, in Scavi della MM3 - Ricerche di archeologia urbana a Milano durante la costruzione

della linea 3 della metropolitana 1982-1990, a cura di D. Caporusso, voi. 3.1, Milano, 1991, pp. 373-377; camp. San Silvestro (GE): B. D' AMBROSIO, T. MANNONI, S. SFRECOLA, Stato delle ricerche mineralogiche sulle ceramiche

mediterranee, in La ceramica medievale nel Mediterraneo Occidentale, Atti del III Congresso Internazionale (Siena-Faenza 8-13 ottobre 1984), Firenze 1986, pp. 601-609; camp. Sant'Antonino di Perti (SV): S. SFRECOLA, Analisi

mineralogiche e petrografiche di ceramiche tardoantiche da Luni e Sant'Antonino, appendice di S. LUSUARDI, G. MURIALDO, Le ceramiche mediterranee in Liguria durante il periodo Bizantino (VI-VII sec), in A ceramica medieval no

Mediterraneo ocidental, Atti del IV Congresso Internazionale (Lisbona 16-22 novembre 1987), Mertola (Portogallo) 1991; T. MANNONI, E. MELLO, M. ODDONE, Ricerche archeometriche sulle ceramiche mediterranee, “ Bollettino del Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza ”, LXIX (1983), 5-6, pp. 363-366; T. MANNONI, Les propriétés

générales des argiles, in Datation-caracterisation des céramiques anciennes, “ PACT ”, 10, 1984, pp. 215-221.

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-- interpretazione geologica dei risultati. I quattrocentosettantacinque frammenti, pervenuti nel laboratorio mineralogico di Genova,

sono stati sottoposti ad indagini al microscopio stereoscopico per l'osservazione preliminare dei minerali e dei granuli di roccia presenti negli impasti. Questa tecnica analitica ha permesso di rilevare i minerali vulcanici accessori e granuli di calce, derivanti dalla cottura di materiali carbonatici, spesso assenti in sezione sottile. Inoltre ha consentito la selezione degli impasti più rappresentativi, da sottoporre in seguito ad analisi dettagliate al microscopio polarizzatore, e annotare alcune considerazioni sugli impasti: ad esempio i campioni che hanno subito una cottura uniforme in ambiente ossidante o riducente testimoniano l'uso di una buona fornace e di una considerevole perizia del vasaio.

Terminata la fase iniziale, che ha consentito l'osservazione preliminare di tutti i campioni, si è proseguito con lo studio in sezione sottile degli impasti così selezionati. Tale metodo ha permesso, non solo di determinare i minerali e le associazioni litologiche presenti come dimagrante, ma anche la loro morfologia, che ha consentito di discernere tra materiali arrotondati per trasporto naturale e angolosi, derivanti dal disfacimento in posto di rocce madri, o dall'aggiunta di materiali intenzionali da parte del vasaio.

I minerali argillosi costituenti la frazione plastica delle argille durante la cottura subiscono notevoli trasformazioni chimico-fisiche a causa della perdita d'acqua di costituzione delle strutture cristalline per cui è impossibile risalire alla composizione originale salvo in casi particolari come ad esempio le argille caolinitiche (MANNONI 1984). [580] Lo studio di tali minerali, a causa delle loro dimensioni estremamente piccole, non può essere condotto al microscopio polarizzatore. Tuttavia questa tecnica di indagine consente significative considerazioni sui composti diffusi nella massa di fondo, come ad esempio carbonati di calcio e ossidi di ferro, permettendo una ulteriore selezione degli impasti.

Interessante è stato appunto rilevare come gli impasti delle ceramiche di Roma e della Campagna Romana vadano diversificandosi nel tempo; infatti, quelle di età imperiale presentano, nella maggior parte dei casi, argille in posto marnose molto depurate provenienti dalle marne prevulcaniche che si estendono dalla media Valle del Tevere fino a Roma, mentre per quelle successive, soprattutto di età alto-medievale/medievale si riscontra l'impiego di argille di tipo alluvionale ricche di ossidi di ferro con tracce di minerali vulcanici a testimonianza dell'utilizzo di differenti cave di approvvigionamento.

Le masse di fondo sono state differenziate con il seguente criterio:

Caolinitica: si distingue al microscopio per l'aspetto laminare fine nella pasta di fondo di colore bianco-grigiastro. Tali argille derivano dal disfacimento dei feldspati potassici e dei felspatoidi ad opera dell'acqua e dell'anidride carbonica. Finora i principali giacimenti di argilla caolinitica, impiegati per i corpi ceramici, in Italia sono ubicati nel Piemonte e nel Lazio (Cerveteri). In cottura questo tipo di argilla assume colorazione bianca, talvolta tendente al giallo per la presenza di impurità.

Marnosa: proveniente da depositi lacustri e marini di epoca terziaria e quaternaria. Sono argille molto depurate ricche di carbonato di calcio che non contengono quasi mai ferro ossidato e possono essere localizzate in depositi costieri. Dopo i processi di cottura aquistano un colore giallastro.

Carbonatica e Carbonatico-Ferrica: in sezione sottile si rilevano minute particelle di calcite talora associate a ferro ossidato. Purtroppo questo tipo di argilla assai diffusa non fornisce indicazioni sull'area di provenienza. Il colore assunto dopo la cottura, soprattutto per la presenza del ferro, è molto variabile dal giallo al rosso chiaro.

Ferrica: argille caratterizzate dall'abbondante presenza di ossidi e idrossidi di ferro, tipiche dei bacini fluviali a causa del dilavamento della frazione carbonatica e dei cappellacci delle marne ad opera del processo di decalcarizzazione. Il colore assunto a causa dei processi di cottura, che trasformano gli idrossidi di ferro in ossidi, è rosso intenso.

Ambiente riducente: quando la cottura avviene in atmosfera riducente, le sostanze carboniose del combustibile presenti nel forno e gli ossidi di ferro, trasformati in magnetite, colorano di nero l'impasto. In questo caso la massa di fondo rimane opaca in sezione sottile e non può fornire alcuna indicazione utile. [581]

Spesso sono stati osservati impasti con colorazioni intermedie comprendenti il nero; ciò è

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imputabile al tiraggio della fornace e alla perizia del vasaio. Una causa molto frequente era appunto la cattiva disposizione dei pezzi nel forno che determinava la formazione di zone nerastre nelle parti ceramiche a contatto, a causa dell'atmosfera riducente. Durante questo studio, è stato osservato in un notevole numero di campioni uno strato scuro sottostante la vetrina, causato probabilmente da una minore presenza di ossigeno nella zona coperta dalla vetrina.

Importante in questa classe ceramica è lo studio del rivestimento vetroso costituito essenzialmente da silice, associata ad un fondente per abbassarne la temperatura di vetrificazione rispetto al punto di fusione della silice.

Molto interessanti sono le informazioni acquisite dalla bibliografia tecnologica sulle vetrine. Il fondente più impiegato, nella preparazione della vetrina, era l'ossido di piombo in polvere di silice sparsa sulla superficie del vaso. I vasai erano soliti effettuare una doppia cottura, prima del periodo tardo-romano al fine di imitare i recipienti in bronzo.

Questo tipo di lavorazione è infatti riscontrabile su alcuni campioni di età imperiale e in minor misura su quelli di epoca tardo-antica dove in sezione sottile stratigrafica si nota un secondo strato vetroso molto fine e devetrificato (Fig. 1 e 2).

Per i periodi successivi dell'alto medioevo si riscontra una sempre più graduale semplificazione delle tecniche adottate, passando ad un solo strato di vetrina in monocottura.

Le ceramiche che hanno subito un solo processo di cottura si riconoscono al microscopio, nella maggior parte dei casi, per la presenza di minerali argillosi fusi con la massa vetrosa e per alcuni difetti di cottura, come ad esempio le puntinature a contatto con lo strato argilloso, causate dall'emissione di gas delle sostanze organiche e dall'evaporazione dell'acqua di costituzione (Figg. 3, 4).

In molti campioni si è potuto anche riscontrare il fenomeno della "cavillatura" che avviene quando il rivestimento ha un coefficiente di dilatazione maggiore rispetto a quello del corpo ceramico e quindi durante il raffreddamento si contrae in maniera differente provocando delle microfessurazioni (Fig. 5).

Le tonalità di colore delle vetrine variano dal giallo-marrone al verde. Dalla letteratura tecnologica si evince che la colorazione gialla e marrone deriva dalla presenza di ossidi di ferro, mentre il colore verde è dovuto alla presenza del ferro in atmosfera riducente, o all'addizione intenzionale di ramina in superficie. Naturalmente la tonalità di colore del fondo ceramico, influisce sulla tonalità della vetrina variando gli effetti cromatici finali. [582] I dati raccolti sulle vetrine di uno stesso periodo e di uguale provenienza spesso non presentano aspetti e colorazioni simili, ma variano apparentemente in maniera casuale.

L'indagine minero-petrografica al microscopio polarizzatore, effettuata su trecentoventisei impasti selezionati (cfr. MOLINARI supra), ha permesso di distinguere nove classi principali ulteriormente suddivise in gruppi e sottogruppi in base alla presenza di minerali accessori e alla matrice argillosa.

I costituenti ritrovati come dimagrante nelle argille sono stati suddivisi in:

Materiali Vulcanici: caratterizzati da rocce trachitico-andesitiche, lave, tufi e lapilli e da minerali derivati (augite, sanidino, ecc), tipici degli apparati vulcanici dei Colli Euganei, del Lazio, della Campania settentrionale, della Lucania orientale, della Sicilia orientale. I prodotti di disfacimento di queste rocce, a causa degli agenti di trasporto naturali sono ricontrabili anche in molte altre zone, associate a litotipi di diversa natura. È difficile a volte distinguere granuli di rocce basaltiche recenti da quelle antiche (diabase). Materiali Metamorfici: comprendono rocce acide di diversa origine che hanno subito un notevole metamorfismo. Le rocce sono costituite prevalentemente da minerali di quarzo, feldspati e miche. Quando le argille derivano direttamente dal disfacimento delle rocce in posto è possibile riconoscere gneiss, micascisti, filladi, ecc. Se i materiali di disfacimento subiscono un trasporto, diventa più problematico il riconoscimento dei litotipi. Nel caso di un lungo trasporto dei materiali, l'argilla presenta solo granuli di origine metamorfica, quarzo spesso policristallino, feldspati e

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miche con caratteri ottici metamorfici (estinzione ondulata, ricristallizzazione, tessitura disorientata). La provenienza in questo caso è incerta, poiché tali granuli sono contenuti anche nelle rocce clastiche sedimentarie (arenaria in modo particolare). Nei campioni osservati non sono stati mai riscontrati dimagranti provenienti direttamente da rocce intrusive e filoniane acide (graniti in modo particolare), ma sono talvolta presenti minerali derivanti dal disfacimento di tali rocce. Possono anch'essi a causa del trasporto essere associati al altri litotipi di diversa natura. Tali rocce sono molto diffuse (vedi infra, p. 586). Materiali Sedimentari: provengono da rocce comprendenti tutta la serie sedimentaria (calcari, calcareniti, arenarie, selce, ecc.) che non hanno subito un lungo trasporto e sono presenti in depositi argillosi limitrofi a queste formazioni. Tali giacimenti sono diffusi in molte zone del territorio italiano. L'associazione con altri litotipi e le informazioni archeologiche possono fornire utili indizi sulle aree di provenienza. La selce, essendo costituita da silice, è molto resistente all'abrasione meccanica rispetto alle rocce sedimentarie carbonatiche che la contengono; il ritrovarla da sola è un indizio sulla genesi dei materiali delle argille ad una certa distanza dalle formazioni calcaree. [583]

Discussione dei risultati analitici

La prima classe, degli impasti vulcanici, comprende tre raggruppamenti principali che trovano particolari confronti con l'area vulcanica campano-laziale. Le argille sono prevalentemente caratterizzate da granuli trachitici delle rocce effusive e minerali derivanti dalle rocce stesse e dai loro tufi. Attualmente non è possibile distinguere i manufatti della Campania da quelli del Lazio sulla base delle sole analisi mineralogiche, in questo caso l'uso di metodiche chimiche potrebbe aiutare notevolmente la ricerca. Una maggiore indicazione è possibile fornirla per i gruppi 2 (sottogruppo b) e 3, che si distinguono dal primo per un maggior grado di elaborazione meccanica dei minerali vulcanici. Sulla base dell'indicazione archeologica e da campioni di confronto trovano maggior corrispondenza con l'area salernitana, con qualche dubbio per i campioni di Gubbio (analisi 44).

La seconda classe comprende materiali vulcanici associati a granuli di origine metamorfica (Gruppo 4). In questa classe i materiali vulcanici sono sempre elaborati e presenti in scarsa quantità, mentre i materiali di origine metamorfica, anch'essi rimaneggiati, possono derivare dal disfacimento di rocce sedimentarie (arenarie) presenti in zone appenniniche. L'area di provenienza è sempre quella campano-laziale, anche se non si possono escludere alcune zone del Mediterraneo orientale, in particolare per il campione di Cadrix (analisi 101).

Analogamente la classe dei materiali derivanti dalle vulcaniti associati a frammenti di rocce sedimentarie (Gruppi 5, 6, 7, 8) trova le medesime corrispondenze della classe precedente ed in particolare con alcune zone appenniniche.

Per il sottogruppo 7 b marnoso, si può presumere una provenienza dalle marne plioceniche laziali, che si estendono dalle media valle del Tevere fino a Roma. Questo dato è ulteriormente confermato dallo scarto di fornace proveniente dalla Crypta Balbi (analisi 260).

Il Gruppo 8 trova particolari similitudini anche con la fascia costiera della Puglia meridionale dove arrivano i minerali vulcanici dell'apparato del Vulture.

Simile alla precedente associazione è quella dei materiali vulcanici, sedimentari e metamorfici (Gruppo 9) che presenta affinità sia con aree dell'Appennino centro-meridionale sia con zone della Valle del Tevere e di Roma (Fig. 6). [584]

Aree con caratteristiche simili si riscontrano nel Mediterraneo orientale, di dove si può ipotizzare che provengano in particolare i due campioni di S. Antonino di Perti (analisi 227 e 3563).

La classe caratterizzata da frammenti di rocce e minerali metamorfici: (Gruppo 10), in Italia può essere localizzata nelle Alpi Occidentali, Savona, basso Piemonte, Calabria meridionale, Sicilia nord-orientale, Sardegna orientale, Corsica occidentale.

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Inoltre tali materiali, se elaborati, possono provenire dal disfacimento di rocce sedimentarie dell'Appennino centro-settentrionale e dalla fascia Prealpina. In Oriente sono presenti nell'Egeo nord-orientale e in alcune isole.

Un caso a parte è costituito dai due campioni di Lucca (analisi 364 e 365, sottogruppo e), tipologicamente affini a prodotti nord europei, per i quali non è tuttavia possibile indicare, dal punto di vista mineralogico, zone precise della Francia settentrionale e dell'Inghilterra, data la vastità dell'area interessata. I manufatti caratterizzati da questa associazione sono stati confrontati con le aree geolitologiche presenti nell'ambito regionale, indicando le aree compatibili più vicine. Alcuni litotipi riscontrati in certi impasti, come ad esempio gli scisti filladici (Fig. 7) permettono di circoscrivere le aree di provenienza al savonese e alle Alpi occidentali. In molti casi ha fornito informazioni utili anche la massa di fondo di tipo caolinitica che ha permesso di distinguere prodotti savonesi da quelli piemontesi. Infatti l'uso di questo tipo di argilla è documentato esclusivamente in Piemonte.

L'associazione di rocce metamorfiche con quelle sedimentarie (Gruppo 11) (Fig. 8) trova riscontro con le terre dell'Appennino centro-settentrionale, della fascia Prealpina italiana e francese, del basso Piemonte, della Liguria occidentale, della Puglia meridionale e della Sicilia meridionale. Anche questa classe trova confronti con terre provenienti dall'Egeo. In questo caso si è proceduto, come per la classe precedente, nel confrontare le associazioni minero-petrografiche dei campioni con la situazione geolitologica della zona di provenienza degli stessi. La presenza di alcuni litotipi caratterizzanti come gli scisti filladici, le cloriti, i basalti e/o le petroselci, ecc. consentono di verificare ulteriormente il dato mineralogico con la situazione locale.

In questa classe e nelle seguenti in assenza di diverse indicazioni, la provenienza delle argille deve considerarsi compatibile con l'area locale (ad eccezione dei campioni del sud della Francia che non trovano confronti con le terre locali studiate in sezione sottile). [586] In questi casi è indispensabile tenere anche conto nella definizione di questa delle informazioni archeologiche.

Nella classe dei materiali sedimentari (Gruppi 12, 13) il gruppo 12, trova particolari corrispondenze con i materiali dell'Appennino laziale, mentre per gli impasti del gruppo 13, caratterizzati da argilla marnosa depurata, risultano troppo generici per indicare possibili aree di provenienza. In particolare per i sottogruppi b) e c), caratterizzati da piccoli calcari, si può ipotizzare dalla tipologia l'impiego di marne plioceniche site nel Lazio.

Per la classe dei materiali generici (Gruppi 14, 15) si è potuto soltanto confrontare i dati delle analisi con la cartografia geologica locale non avendo elementi caratterizzanti atti a delimitare precise aree geolitologiche. Eccezione è il campione di Brignano Frascata (analisi n. 208, gruppo 15, sottogruppo b) che presenta, come alcuni precedenti impasti piemontesi, la massa di fondo caolinitica.

Infine per la classe con dimagranti aggiunti intenzionalmente per migliorare le caratteristiche fisiche dell'argilla (Gruppi 16, 17, 18), si possono effettuare interessanti considerazioni. Infatti nei campioni rinvenuti in Liguria (Gruppo 16 e 18) si riscontra l'utilizzo della calcite macinata aggiunta all'inerte naturale. In particolare le argille dei campioni genovesi rientranti nel gruppo 16 con dimagrante naturale di tipo sedimentario (Fig. 9), sono compatibili con la situazione geolitologica di Ventimiglia. Mentre i campioni rinvenuti a Roma e ad Otranto del gruppo 17, caratterizzati dal selce macinata (Fig. 10), si differenziano per i materiali accessori naturali che forniscono informazioni significative sulle relazioni fra aree produttive orientali (esempio Otranto, analisi n. 28, 290 e 292) e Roma, in particolare con il campione della Crypta Balbi (analisi n. 361) non invetriato che si può forse interpretare come una prova di cottura da

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parte del vasaio2.

SERGIO SFRECOLA (*) [587]

Bibliografia

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H. BLAKE, 1981, Ceramica Paleo-italiana. Studio in onore di Giuseppe Liverani, Faenza, anno LXVII, n. 1-6, pp. 20-52.

M. BONIFAY, L. PAROLI, M. PICON, 1986, Ceramiche a vetrina pesante scoperte a Roma e a Marsiglia: risultati delle prime analisi fisico-chimiche, “ Archeologia Medievale ”, XIII, Firenze, pp. 79-95.

Crypta Balbi 6 = D. MANACORDA, E. ZANINI (a cura di), Dalla Porticus Minucia alle via delle Botteghe Oscure, c.s.

F. D'ANGELO, 1980, La ceramica nella archeologia urbana: Palermo nel basso medioevo, in La céramique médiévale en Méditerranée Occidentale. Xe-XVe siècles, Paris, pp. 175-182.

R. HODGES, H. PATTERSON, 1986, San Vincenzo al Voltumo and the origins of the medievale pottery industry in Italy, in La ceramica medievale nel Mediterraneo Occidentale, cit., pp. 13-26.

M. G. MAIOLI, 1985, Ceramica invetriata tardo-antica e alto-medievale in Romagna, in La ceramica invetriata tardoromana e alto medievale, Atti del Convegno (Como 14 marzo 1981), Comò, pp. 67-77.

D. MANACORDA, L. PAROLI, A. MOLINARI, M. Ricci, D. ROMEI, 1986, La ceramica medievale di Roma nella stratigrafia della Crypta Balbi, in La ceramica medievale nel Mediterraneo Occidentale, cit., Firenze, pp. 511-544.

T. MANNONI, 1985, Ceramiche invetriate alto medievali in Liguria, in La ceramica invetriata tardoromana e alto medievale, cit., pp. 90-95.

A. O. SHEPARD, 1965, Ceramics for the archaeologist, Washington. J. M. SCHURING, 1986, The Roman Early Medieval and Medieval Coarse Kitchen Wares from the

San Sisto Vecchio in Rome, “ Bullettin Antieke Beschaving ”, n. 61, pp. 158-207. J. M. SCHURING, 1987, Supplementary Note to the Roman, Early Medieval and Medieval Coarse

Kitchen Wares from the San Sisto Vecchio in Rome: the Distribution of the Fabrics, “ Bullettin Antieke Beschaving ”, n. 62, pp. 109-129.

Classificazione degli impasti

IMPASTI VULCANICI

Gruppo 1

a) Impasto con grana medio-fine (dimensione media degli inclusi 0.20 mm), caratterizzato da granuli di trachite, sanidino, augite accessoria e poca chamotte. Massa di fondo ferrica. Lo strato di vetrina è spesso 0.025 mm.

2 Il campione della Crypta Balbi (analisi n. 361) è illustrato in Crypta Balbi 6, c.s., att. 58 US 550. * Laboratorio Analisi Ricerche Archeometriche (L.A.R.A., Genova). Desidero esprimere i miei più vivi ringraziamenti al prof. Tiziano Mannoni e alla dott.ssa Lidia Paroli per i proficui suggerimenti e la lettura critica del testo.

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10 Roma - Via Aurelia ta

b) Impasto con grana medio-fine (0.20 mm), caratterizzato da abbondante trachite, augite e sanidino. Cottura in ambiente riducente. Lo strato di vetrina è spesso 0.25 mm.

158 Rocca San Silvestro (LI) m

[588]

Gruppo 2

a) Impasto con grana media (0.25 mm), caratterizzato da abbondanti lapilli con cristallizzazione ofitica, sanidino, poco quarzo, lamine fini di muscovite e biotite. Massa di fondo ferrica. Strato di vetrina spesso 0.10 mm.

144 Siracusa am

b) Impasto con grana media (0.25 mm) costituito da granuli di trachite, sanidino, quarzo, plagioclasio, tracce di augite, lamine fini di muscovite e biotite. Strato di vetrina spesso 0.10 mm

Massa di fondo ferrica 1 Altavilla Silentina-S.Lorenzo (SA) am 2 Ravello - Villa Rufolo (SA) am 44 Gubbio (PG) am 156 Scarlino (GR) am Dimagrante medio-grossolano (0.5 mm). Massa di fondo carbonatico-ferrica 362 Scorano (RM) am

Gruppo 3

a) Impasto depurato con pochi inclusi di medio-fini dimensioni (0.18 mm): augite, quarzo, sanidino e lamine fini di muscovite e biotite. Massa di fondo carbonatica con poco ferro ossidato.

4 Mercato S. Severino - S.Marco a Rota (SA) ta (presenta un doppio strato di vetrina: strato interno sp.0.20 mm, strato esterno 0.01 mm)

b) Impasto depuratissimo con pochissimi feldspati alcalini di medie dimensioni e lamine fini di muscovite e biotite.

La massa di fondo è carbonatica con poco ferro ossidato. 248 Salerno ri

IMPASTI VULCANICO-METAMORFICI

Gruppo 4

a) Impasto con inclusi medio-fini (0.22 mm) caratterizzato da abbondanti granuli di origine metamorfica, pochi di trachite, quarzo, plagioclasio, tracce di augite e sanidino, lamine fini di muscovite e biotite.

Massa di fondo ferrica. 36 S.Cornelia (RM) (tracce di vetrina sp.0.06 mm) am 146 Collalto Sabino (RI) (vetr.sp.0.06 mm) am/m 155 Scarlino (GR) (vetrina sp.0.10 mm) am/m 246 Capaccio (SA) am 247 Capaccio am Massa di fondo carbonatico-ferrica 243 Capaccio (vetrina sp.0.13 mm) am 243 Capaccio (vetrina sp.0.9 mm) am Cottura in ambiente riducente 242 Capaccio am

b) Impasto con grana medio-fine (0.15 mm) costituito da scisti cristallini acidi, con minerali di quarzo, feldspati e pochi pirosseni vulcanici. Massa di fondo carbonatica, cotta parzialmente in ambiente riducente. [589]

101 Cadrix (Saint Maxim - Var) am/m

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c) Impasto depurato con pochi feldspati alcalini medio-grossolani e abbondanti lamine di muscovite e biotite di mediedimensioni.|Cottura in ambiente riducente.|360 Roma - Crypta Balbi

IMPASTI VULCANICO-SEDIMENTARI

Gruppo 5

Impasto con grana medio-grossolana (0.30 - 0.65 mm), caratterizzato da frammenti di trachite, calcare, selce e da minerali di quarzo, feldspati, augite e abbondanti lamine fini di muscovite e biotite. Cottura in ambiente riducente (o parzialmente) 5 Napoli - S. Patrizia am 135 Montella (AV) (vetr.0.30 mm) am 136 Montella (vetr.0.20 mm) am 137 Montella (vetr.0.08 mm) am 3 Mercato S.Severino (SA) S. Marco a Rota am 19 S.Vincenzo al Volturno (IS) (vetr.0.45 mm) am 20 S.Vincenzo al Volturno (vetr 0 05 mm) am 21 S.Vincenzo al Volturno am 23 S.Vincenzo al Volturno (vetr.0.15 mm) am 237 Capaccio (SA) (vetr. 0.13 mm) am 238 Capaccio (vetr.0.06 mm) am 294 Otranto (LE) am - Massa di fondo ferrica con poco carbonato di calcio 26 Colle Castellano (IS) (vetr.0.07 mm) am 107 Marseille - Bourse (vetr. 0.15 mm) am 108 Marseille - Bourse (vetr. 0.10 mm) am 376 Palermo - Castello S.Pietro am - Massa di fondo ferrica 239 Capaccio am

(vetrina 0.15 mm) am Gruppo 6

Impasto con grana medio-fine (0.15 mm) caratterizzato da trachite, selce, pochi calcari quarzo, feldspati e abbondanti lamine fini di muscovite e biotite. Massa di fondo carbonatico-ferrica. Vetrina spessa 0.08 mm 106 Digne – Cattedrale am

Gruppo 7

a) Impasto con grana fine e pochi granuli di medie dimensioni (0.25 mm), caratterizzato da calcari, quarzo, feldspati, poca augite e lamine fini di muscovite e biotite - Massa di fondo ferrica33 Anguillara (RM) (vetr.0.20 mm) am 34 Anguillara m [590]

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