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Quello strano arresto alla Maddalena
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Storie di ordinari soprusi
S a r d e g n aS a r d e g n a
Q u e llo s tr a n o a r r e s to a lla M a d d a le n aQ u e llo s tr a n o a r r e s to a lla M a d d a le n a
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Due storie di antimafiosidi antimafiosi
( disegno di Dariush Radpur )
In questo numero di Ucuntu si parla di due personaggiIn questo numero di Ucuntu si parla di due personaggi importanti dell'Italia di ora. Non sono dei Vip e non neimportanti dell'Italia di ora. Non sono dei Vip e non ne avete mai letto sui giornali. Eppure sono dueavete mai letto sui giornali. Eppure sono due protagonisti, due cittadini che fra mille difficoltàprotagonisti, due cittadini che fra mille difficoltà affrontano ogni giorno la vita per affermare un'ideaaffrontano ogni giorno la vita per affermare un'idea
Due storie di due antimafiosi distanti
tra loro, il mare che separa La
Maddalena dalla Sicilia, e venti anni di
differenza. Andrea, 43 anni, militante
di base alla Maddalena, in lotta contro
i soprusi alla sua isola e Salvatore, 20
anni, abitante a Catania, nel quartiere
popolare di Zia Lisa.
Andrea vive la sua vita contro ogni
violenza, solidale con i compagni e la
gente comune, lavorando come
mastro muratore durante il giorno e
piantando siti web, volantini, lenzuola e proteste popolari: dalla lotta per l'acqua pubblica (
http://www.desaparecidos.it/acquopoli.htm) a quella contro la recinzione delle case del quartiere dell' ex Arsenale (
www.youtube.com/watch?v=SFL1pHSOLFA ). Andrea ha vissuto
questo decennio usando la vita contro
ogni sopruso attorno a sè. Un grande
orgoglio, un grande amore per il
prossimo, dopo una vita di sofferenza,
ha portato avanti ogni lotta con
grande senso di umanità e
responsabilità. A tutto questo, alla sua
lotta per la civiltà nella sua isola, la
risposta sono state le attenzioni di un
gruppo di carabinieri dell'isola (
http://www.youtube.com/watch?v=9rSm4kh_B6s ). Già qualche anno
fa era stato arrestato per resistenza a
pubblico ufficiale, e per ingiuria
aggravata (si sarebbe rivolto al
comandante della stazione dicendo
che non era degno di indossare
l'uniforme). Il processo è tuttora in
corso, in secondo grado.
Ora un nuovo epilogo: il 28 marzo, il
giorno prima di pasqua, Andrea viene
ancora una volta arrestato “perché
accusato dei fatti previsti dagli
artt.337, 582, 585 e 341bis c.p.”
(resistenza a pubblico ufficiale, lesione
personale, circostanze aggravanti,
oltraggio a pubblico ufficiale). L'arresto
avviene mentre rincasava dalla
commemorazione di un amico
morto,dove ha partecipato a un torneo
di biliardino. Andrea esce dal bar
Charlie. I carabinieri lo fermano in
piazza, lo prelevano e lo portano
dentro. Adesso aspetta il processo.
Seconda storia. E' quella di Salvatore -
così distinta nella forma da quella di
Andrea -, un giovane antimafioso di un
quartiere popolare. E' una storia di
semplice resistenza a un ambiente che
costantemente lo porterebbe altrove.
Ma lui invece è caparbio nella volontà
di far bene per tutti. Al lavoro di
volantinaggio, a scuola, dentro il
quartiere. Legge molto e cammina
molto tra il web, nella rete di
Facebook. Ha scritto un pezzo con una
geografia fin troppo precisa del suo
quartiere.
Da una parte del mare Andrea, da
un'altra parte Salvatore. Nel mezzo
l'Italia di Berlusconi, la crisi nelle
fabbriche, la scuola ridotta al minimo,
la democrazia ferita. Non bastano le
parole per ricordare che senza cittadini
che fanno semplicemente l'uso della
civiltà ci troveremo di nuovo a
piangere i martiri che hanno
lungamente abitato le strade del
nostro paese. E che sono finiti, loro
malgrado, in un vortice di una violenza
sociale, ancora difficile da raccontare.
La gente in Italia continua a resistere
e nel segno della croce ricorda
continuamente che si può morire di
ingiustizia come Stefano Chucchi.
Fabio D' Urso
www.desaparecidos.it
Storie di ordinari soprusi
“Alla Maddalena hanno arrestato un estremista ubriaco” Italia, anno 2010. Questa è la cronaca di una vicenda giudiziaria di un cittadino che ha contribuito in questo decennio alla salvaguardia ecologica, morale e sociale del nostro paese. E che sta pagando con la minaccia del carcere l'aver difeso la democrazia reale nel nostro Paese. La stampa locale ne ha dato notizia alla maniera sua, senza approfondimenti. Ma per fortuna c'è internet, e su internet ha camminato subito la verità Il 28 marzo 2010, alla Maddalena, Andrea Scolafurru è stato arrestato, prelevato dai carabinieri, e portato in carcere. Il tribunale ha disposto il suo arresto domiciliare. Il processo è stato fissato al 29 aprile. Andrea è accusato dei fatti previsti dagli artt. 337, 582, 585 e 341bis c.p.” (art. 337 è “resistenza a pubblico ufficiale“, art. 582 è “lesione personale“, art. 585 è “circostanze aggravanti“, art. 341bis è “oltraggio a pubblico ufficiale” ). Vediamo la vicenda. Andrea esce dal bar Charlie dopo aver partecipato a un incontro in memoria di un amico, morto un anno addietro, nella zona di Barabò. Va verso casa, a piedi. Una macchina dei carabinieri è ferma tra il bar e Piazza Umberto I. I carabinieri fermano Andrea e lo caricano in macchina. Lui si lascia portare via senza far nulla. La notizia viene riportata da la Nuova Sardegna in questi termini: “Il gip del tribunale di Tempio ha concesso gli arresti domiciliari al 33enne (Andrea ne ha 43 ) maddalenino A.S. arrestato dopo essere stato sorpreso ubriaco mentre disturbava i clienti del bar. Brandendo una bottiglia e dopo aver
minacciato i militari che cercano di calmarlo aveva colpito un carabiniere procurandogli una lesione ad un dito”.Il carabiniere in ospedale dichiarerebbe sia di essere stato colpito da calci all'altezza della mano che (in un altro momento) che di essere stato afferrato alla mano e strattonato a un dito. Di fatto l'urto riscontrato in ospedale viene diagnosticato con un trauma contusivo guaribile entro dieci giorni. La moglie di Andrea, Chicca Francesca, con l'amica Alessandra Marsilii ha messo in rete una lettera. Alla notizia uscita sulla stampa locale, viene mandando in rete una lettera ( www.cronacheisolane.it/lettere.al.sito.165.htm ) in cui invece si ricostruiscono accuratamente i fatti e si smontano una per una le accuse fatte ad Andrea.“Stavano procedendo all’arresto, nell’adempimento delle proprie funzioni che il reo avrebbe ostacolato? Nel codice di procedura penale all’art. 380 si parla di "Arresto obbligatorio in flagranza” per “un delitto non colposo, consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel
minimo a cinque anni e nel massimo a vent’anni”. Perché Andrea è stato accusato di oltraggio a pubblico ufficiale? “Avrebbe dato “in escandascenze inveendo contro di loro”. Per questo egli è punibile ai sensi dell’art.341bis “nel massimo a tre anni”; addirittura non punibile se l’offesa è verità... Come mai è stato arrestato all'istante per la "lesione personale" al carabiniere? I referti medici, come dicevamo, testimoniano una prognosi che non supera i dieci giorni. Ma, secondo l'art. 582 del codice penale, "se la malattia (causata dalla lesione, ndr.) ha una durata non superiore ai venti giorni (…) il delitto è punibile a querela della persona offesa".Nella lettera si ci domanda ancora: “Come si procede a un arresto legale? Con quale criterio giuridico sono stati cumulati tutti insieme questi articoli per trovare nel complesso che si proceda ad un legale arresto? In altre parole come e perché si è proceduto a quest'arresto? Come si confrontano i capi d'accusa con il riferimenti alla vicenda e alla vita reale di Andrea?".
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Si può indirettamente capirlo seguendo il successivo dibattito su "Cronache Isolane". Un commentatore risponde: “Esistono due tipi di arresto, uno obbligatorio quello di cui all’art. 380 c.p.p., al quale fa riferimento la sig.ra Francesca Chicca, ed uno facoltativo di cui all’art. 381 c.p.p. L’uso di armi ancorché improprie – tipo una bottiglia – costituisce aggravante”. Ma in nessuno dei verbali si parla di una bottiglia usata come arma impropria! E infatti questa è la risposta data da Francesca:“ Se è come dice penso proprio che manca l'art. 336 nei capi d'accusa, perché l'arresto facoltativo ai sensi dell'art. 381, comma 2,lettera c prevede una "violenza o minaccia a pubblico ufficiale prevista dall'art.
336 comma 2 del codice penale". Andrea, però, per l'articolo 336 non è accusato affatto."Quello che scrivo è solo per fare capire a chi legge che esistono due tipi di versioni:quella vera che si discute atti alla mano e quella falsa che si basa su voci smentite agli atti dagli stessi Carabinieri”. Ma allora, perché tutto questo accanimento? Mah. E' una storia lunga. Se ne parla su un articolo di "Casablanca" di due anni fa. L'articolo cominciava così:"Indio ha cominciato a fare una sorta di campagna informativa, a sue spese, per divulgare al popolo maddalenino il funzionamento delle bollette forfettarie, dei contatori dell’acqua, della legalità e dei sigilli ai contatori. Insomma, se alla Maddalena si sa qualche nozione
sull’acqua, lo si deve a Indio. Ma non riusciva a capire, questo ragazzo, come mai dopo che lui denunciava abusivismi nelle mega ville, le autorità lasciavano correre. Contatori mai attivati, eppure che erogavano acqua. In alcune occasioni, mentre stendeva lenzuola di protesta a mo’ di striscione da stadio, Indio fu colpito alla testa da una persona con un casco addosso. Solito iter: pronto soccorso, un po’ di giorni di prognosi, e poi di nuovo da capo, per strada, a sensibilizzare la gente su temi scottanti. Insomma, più si parlava d’acqua, più le autorità e le forze dell’ordine si infastidivano...".
Riccardo Orioles e Fabio D'Urso
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LA GIUSTIZIA NEGATA MORIRE DI PRIGIONE
Non serve essere colpevoli, per rischiare la pelle. Potrebbe essere sufficiente entrare in un carcere, magari da innocente, e uscire da morti. Dall'inizio dell'anno, sono 54 i detenuti morti nelle carceri italiani. Dal 2000 sono quasi 1700 i decessi. Ci vogliono casi eclatanti come la morte di Stefano Cucchi per sollevare il problema; la famiglia di questo ragazzo, entrato con l'accusa di possesso di stupefacenti, massacrato di botte, e fatto morire agonizzante, sta aspettando giustizia.Di solito si aprono fascicoli contro qualche medico che ha curato male o per niente l'ammalato, ma per quanto riguarda le sevizie, di solito è “contro ignoti” che si procede. Stefano Cucchi non è un caso sporadico. Come lui, centinaia. Tutti finiti in carcere per qualche reato ridicolo, e in alcuni casi senza nemmeno che il reato ci sia.E' il caso di Niki Aprile Gatti, informatico che sapeva troppo, portato al carcere di Sollicciano, perché la società per cui lavorava, con sede a San Marino, era la responsabile delle truffe per i numeri telefonici a pagamento con prefisso 899. Niki aveva intenzione di parlare e raccontare nomi e fatti, perché lui era un tecnico, non un truffatore. Gliel'hanno impedito in tempo. Si è “suicidato”, e la sua abitazione è stata svaligiata. Ci sono sempre elementi di indagine in casi come questo. Ci sono cose su cui indagare, persone da interrogare, firme nei verbali d'arresto da verificare, turni di secondini da controllare. Particolari – si direbbe - “senza importanza”.Manuel Eliantonio è un altro caso. Simile a Stefano Cucchi, per le modalità dell'arresto e per come è stato trovato il corpo, irriconoscibile per i familiari, con chiari segni di percosse.Quella che viene posta è una questione di cittadinanza, di rispetto dei diritti civili. La violenza sulla persona (a tutti i livelli, anche psicologica), stupra la dignità umana. Cifre altissime, quelle dei suicidi. Ma non abbiamo contato tutti gli arresti illegali, immotivati, di innocenti. Sta agli avvocati cercare di arrivare alla giustizia, sta ai giudici del collegio giudicante, perché gli inquirenti spesso dimenticano che prima di svolgere il ruolo di pubblica accusa devono accertarsi che i reati siano veri o presunti. Ma questa mansione, che esiste nel Codice di Procedura Penale, art. 358, è stata spesso inferiore al dovere di “svolgere accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle
indagini”.Se ci si limita a togliere libertà e dignità alle persone, in casi estremi anche la vita, si dovrà togliere la frase “percorso riabilitativo”, quando si parla della vita del carcerato nella Costituzione, mettere “punizione efferata”. Nei casi in cui si usa la pena detentiva per gli innocenti, non c'è nemmeno la Costituzione a darci una mano. L'ipocrisia è imperante tanto quanto il fenomeno è dilagante.
Antonella Serafini
* * *
Un passo indietroChi usa la violenza e la minaccia per terrorizzare e come la sfangano sempre potete sentirlo con le vostre orecchie. Vi invito a leggere ed ascoltare il contenuto del "profetico" post: "Abusi-killer" pubblicato su questo blog lo scorso 7 Novembre 2009.Naturalmente il fattaccio è stato segnalato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Tempio Pausania con un esposto denuncia. Alla denuncia è seguita la richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero. Alla richiesta di archiviazione del PM è stata depositata l'opposizione alla richiesta di archiviazione. Non è servito a nulla.Queste le conclusioni:Si ritiene quindi l'infondatezza della notizia di reato in quanto gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non appaiono allo stato idonei a sostenere l'accusa in giudizio nei confronti delle persone indagate.Parimenti, non si ritiene però di dover procedere a carico del querelante per l'ipotesi di reato di cui all'art.368 c.p., poichè lo stesso ha comunque presentato la querela in atti essendosi radicato in lui l'erroneo convincimento di avere effettivamente subito un sopruso da parte dei Carabinieri.
Archiviato. Ritenendo manifestamente suprefluo per la Giustizia l'audizione della persona offesa. Ritenendo superfluo per la Giustizia procedere all' acquisizione della registrazione agli atti. Avanti il prossimo.
Chicca Francesca
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Precarietà
Il mioIl mio
quartierequartiere
Sto a Catania in via San Jacopo,in mezzo ai dueSto a Catania in via San Jacopo,in mezzo ai due tronconi del quartiere di Zia Lisa. Sono cresciuto intronconi del quartiere di Zia Lisa. Sono cresciuto in questo quartiere, anche se la zona dove me la facevo eraquesto quartiere, anche se la zona dove me la facevo era l'Antico Corso e la Petriera, zona via Plebiscito-Lago dil'Antico Corso e la Petriera, zona via Plebiscito-Lago di Nicito...” Nicito...”
A cinque anni, quando ci siamo trasferiti in questo quartiere, la zona era diversa, non c'era il bar vicino al cimitero, non c'era il benzinaio, non c'era il parco giochi, ma la gente era la stessa. Infatti ci sono sempre le stesse famiglie. Qua ho dei parenti, i miei nonni e dei miei cugini, ma non mi sono ambientato subito, e forse non lo sono fino ad ora. Mia madre non mi faceva scendere a giocare con gli altri bambini, diceva lei, per proteggermi. Io non capivo. Questi ragazzini, poi, li ho conosciuti a scuola. Andavo all'Angelo Musco, situata nel rione Zia Lisa II. La scuola era vecchia e in pericolo di crollo. Infatti l’anno scorso, i bambini sono stati trasferiti nella scuola elementare di San Giorgio. Era buona come ambiente, la direttrice e le maestre avevano fatto un buon lavoro. Mi trovavo bene. Avevo legato con i
compagni della mia classe, anche se la maggior parte venivano da Librino.Nelle altre classi erano più presenti i bambini di Zia Lisa, ma io non mi trovavo bene con loro. Addirittura alcuni neanche sapevano che ero di Zia Lisa! Non mi vedevano mai per strada a giocare. E' destino che non dovevo andare d'accordo con i ragazzi del quartiere dove abito. Finita l'elementare, ho seguito i miei compagni di Librino e sono andato alla scuola Dusmet. Pensavo che essendoci loro, mi sarei ambientato subito. Niente di più sbagliato. A me e ai miei amici ci hanno messo in classi diverse e i miei nuovi compagni erano scatenati. Tornavo a casa quasi sempre col mal di testa, era impossibile studiare, infatti durante l'anno i miei voti scesero, e finivo quasi ogni giorno per litigare con loro. Non capivo perché avevano questo
comportamento, anche nei miei confronti. Forse mi vedevano “diverso” da loro perché pensavo a studiare. E non solo i compagni maschi, ma anche le femmine avevano questo comportamento.Giorno dopo giorno le cose peggioravano, ed io, ormai al limite, andai dal preside per fargli prendere dei provvedimenti. Ottenni pochi risultati, e allora feci venire i miei genitori. Parlarono con i professori e coi compagni e le cose migliorarono. Nel frattempo andai a giocare a calcio nella squadra della parrocchia, l'Elysia. Io all'inizio ero molto contento di questa nuova avventura, perché pensavo di trovare dei ragazzi con la mia stessa passione. Invece le cose andarono di male in peggio. Non c'era armonia nella squadra, litigavamo fra di noi, uno derideva l'altro perché giocava peggio di lui. E io mi chiedevo perché questi ragazzi
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continuavano a comportarsi così. Avevamo undici anni e non mettevano mai testa nelle cose che facevano. La loro unica soddisfazione era essere più “sperto” dell'altro. Era quello che gli insegnavano i genitori, l'importante era che a casa erano educati, poi fuori potevano sfogarsi come volevano. Non capivo se ero io che ero diverso, o erano loro che non erano “normali”.Comunque dopo due anni me ne andai dalla squadra, troppe pressioni.Poi vennero gli anni del motorino. Chiedevo ai miei genitori di comprarmelo, ma la loro risposta era sempre negativa. Non possiamo permettercelo” dicevano, e poi avevano paura che mi facessi male... E certo, vedevano i miei coetanei sfrecciare su una ruota nel quartiere. E loro come potevano permetterselo il motorino se i loro genitori erano disoccupati o erano
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operai. Mia madre diceva che loro, lavorando col ferro vecchio, facevano molto soldi. Ora questi ragazzi hanno macchine sportive, sempre lavorando al ferro vecchio. Dopo un paio d'anni feci l'errore di lasciare la scuola per andare a lavorare. Almeno io lavoravo, facevo volantinaggi. Ma loro? Tutto il giorno senza fare niente. La scuola l'avevano lasciata alle medie, ogni tanto andavano a lavorare con qualche parente. Ora qualcuno lavora, altri non fanno niente, cioè non proprio niente... spacciano. Altri sono in galera, uno è andato all'estero, altri sono mantenuti dai genitori, e hanno macchinoni. Altri sono nel “giro”, altri pensano ad allevare i cavalli per fare le corse clandestine. Altri si dedicano alla politica, insieme all'assessore provinciale C.G., che è del quartiere.
Ucuntu n.73Ucuntu n.73
15 aprile 201015 aprile 2010
Tutti lo venerano, ma lui non ha mai fatto niente per il quartiere. E dire che è cresciuto qua, ha anche il patronato. Forse l'unica cosa che ha fatto per il quartiere è che, ai tempi delle elezioni del 2005, ha promesso posti di lavoro, insieme al sindaco. Lo fece anche venire e lui in persona promise posti di lavoro, in cambio dei voti.Purtroppo questo quartiere sta andando indietro invece di andare avanti, come tutta la città d'altronde. Deve cambiare la mentalità. Ora per il catanese l'importante è essere superiore all'altro, essere più “sperto”.
Salvatore D’Antoni
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