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Storia costituzionale italiana. Unificazione nazionale e età liberale Unificazione nazionale e età liberale

Storia costituzionale italiana. Unificazione nazionale e ... · Leggi di unificazione amministrativa A. Stato di emergenza: dopo /annessˇ ne dea Lombardˇ, ne 1859, sˇ procede a’emanazˇ

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Page 1: Storia costituzionale italiana. Unificazione nazionale e ... · Leggi di unificazione amministrativa A. Stato di emergenza: dopo /annessˇ ne dea Lombardˇ, ne 1859, sˇ procede a’emanazˇ

Storia costituzionale italiana.

Unificazione nazionale e età liberaleUnificazione nazionale e età liberale

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Cronologia del “decennio di preparazione”

1848, 4 marzo – Carlo Alberto promulga lo Statuto

1848, 17 marzo – Legge elettorale

1848, 27 aprile – Prime elezioni. Cavour deputato con le elezioni suppletive del 26/6)

1849, 23 marzo – Abdicazione di Carlo Alberto; sale al trono il figlio Vittorio Emanuele II e giura fedeltà allo Statutoil figlio Vittorio Emanuele II e giura fedeltà allo Statuto

1850-1852 – Cavour ministro dell’agricoltura, del commercio, poi anche delle finanze, del governo guidato da Massimo d’Azeglio

1852-1855 – Primo governo Cavour

1855-1859 – Secondo governo Cavour

1860-1861 – terzo governo Cavour

1861, 6 giugno – Cavour muore.

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Posizioni di Cavour in materia costituzionale

Attività di governo di Cavour

Programma:

preservazione dello Statuto

in una prospettiva di gradualismo costituzionale, intende spingere il sistema politico nella direzione del parlamentarismo: per compensare la forza e la centralità parlamentarismo: per compensare la forza e la centralità della Corona, agganciare la politica dei ministri al Parlamento; necessità di ampliare e stabilizzare la maggioranza di governo → “connubio”: convergenza al centro fra conservatori guidati da Cavour, emancipati dall’elemento estremo, clericale, e il centro-sinistra guidato da Urbano Rattazzi, emancipato dall’elemento democratico.

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Posizioni di Cavour in materia costituzionale

Secondo Cavour questa era la strada per rafforzare la monarchia:

Discorso 1851 in occasione di dichiarazione di voto su leggi Siccardi (Siccardi è ministro della giustizia con D’Azeglio; politica di laicizzazione dello Stato; in particolare abolizione del foro ecclesiastico):

«Progredite largamente nella via delle riforme, e non temete «Progredite largamente nella via delle riforme, e non temete che esse siano dichiarate inopportune; non temete d’indebolire la potenza del trono costituzionale, che è nelle vostre mani affidato, ché invece lo rafforzerete; invece con ciò farete sì che questo trono ponga nel nostro paese così salde radici, che quand’anche s’innalzi intorno a noi la tempesta rivoluzionaria, esso potrà non solo resistere a questa tempesta, ma altresì, raccogliendo a sé tutte le forze vive d’Italia, potrà condurre la nostra nazione a quegli alti destini cui è chiamata».

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Il territorio dello Stato italiano

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Il Regno d’Italia: il territorio

1849-1859: “decennio di preparazione”

1859: Seconda guerra d’indipendenza e annessione della Lombardia, plebisciti di Emilia e Toscana;

1860: ratifica annessioni Emilia e Toscana; plebisciti e annessioni del regno di Napoli, Umbria e Marche;

1861, 17 marzo: legge con cui il re di Sardegna assume il 1861, 17 marzo: legge con cui il re di Sardegna assume il titolo di re d’Italia; la capitale resta a Torino

1865: Firenze capitale

1866: annessione di Veneto, Friuli e Mantovano

1870: occupazione del Lazio e di Roma;

1871: Roma capitale

1919: acquisizione del Trentino-Alto Adige e di Trieste (Trattato di saint-Germain)

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Cronologia atti costitutivi del territorio del Regno d’Italia

Seconda guerra di indipendenza (1859).

Annessioni:

per la Lombardia si considera valido il plebiscito del 1848, avvenuto durante la rivoluzione (di fatto Lombardia ceduta dall’Austria alla Francia e da questa al Piemonte, con la pace di Zurigo, 10 e 11 nov 1859].

11 maggio 1859: plebiscito Emilia

12 maggio 1859: plebiscito Toscana (entrambe con alternativa fra annessione al Regno di Sardegna o regno separato)

11-12 marzo 1860: ratifica annessione di Emilia e Toscana

21 ottobre 1860: plebiscito Regno delle Due Sicilie («il popolo vuole l’Italia una e indivisibile, 21 ottobre 1860: plebiscito Regno delle Due Sicilie («il popolo vuole l’Italia una e indivisibile, con VE re costituzionale e i suoi legittimi discendenti?»)

4 e 5 novembre 1860: Umbria e Marche («Volete voi far parte…»)

Legge 17 marzo 1861: proclamazione del Regno d’Italia; successiva legge sull’intitolazione degli atti: introdotta formula: Tizio, re «per grazia di Dio e volontà della Nazione»)

1865: trasferimento capitale a Firenze, su richiesta di Napoleone III, a condizione del ritiro delle truppe francesi da Roma

1866: annessione di Veneto e Friuli, provincia di Mantova [restano fuori Gorizia, Trieste, Trento e Bolzano] in seguito a terza guerra di Indipendenza, che si innesta sulla guerra austro-prussiana del 1866.

1870, 20 settembre: Lazio e Roma

L. 3 febbraio 1871: trasferimento capitale a Roma

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Formazione dello stato italiano

Vittorio Emanuele Orlando (giurista):

“L’odierno Stato italiano, quantunque nel fatto sorto da un procedimento rivoluzionario, tuttavia formalmente esso vennesicostituendo per mezzo dell’allargamento successivo di un piccolo stato, il quale aveva davvero una vita secolare … Con grande senno politico questa continuità dello stato, sia pure formale, dappoiché altrimenti questa continuità dello stato, sia pure formale, dappoiché altrimenti non poteva conseguirsi, venne gelosamente curata, non mutandosi nel nome dei Re il numero relativo alla serie dei suoi precedecessori”.

[Bonini, Lezioni, p. 116]

NB: anche il numero delle legislature non si interrompe, ma continua dalla prima del 1848

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Problemi relativi all’unificazione

- frammentazione politica e molteplicità degli ordinamenti;

- debito pregresso degli Stati preunitari;

- pluralismo linguistico;

- altissimo tasso di analfabetismo (nel 1871 vengono censiti, su quasi 27 milioni di abitanti, quasi 20 milioni di analfabeti, cioè il 73%, 62% dei maschi e 76% delle femmine);su quasi 27 milioni di abitanti, quasi 20 milioni di analfabeti, cioè il 73%, 62% dei maschi e 76% delle femmine);

- forti differenze degli assetti economici, infrastrutturali, insediativi e sociali fra le varie aree della Penisola;

- inasprimento del brigantaggio nel meridione;

- rapporti fra Stato italiano e Chiesa cattolica;

- collocazione dell’Italia nell’arena internazionale;

- aspettative costituzionali dell’opinione pubblica moderata e democratica deluse dalle scelte dei Savoia

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Leggi di unificazione amministrativa

A. Stato di emergenza: dopo l’annessione della Lombardia, nel 1859, si procede all’emanazione di una serie di norme per l’organizzazione politica e amministrativa del Regno dell’Alta Italia. Non è il Parlamento a legiferare, ma il governo [ministero Lamarmora-Rattazzi] a procedere con una serie di decreti-legge, giustificati dallo stato di guerra prima e poi dall’emergenza in cui il Regno si trova [legge sarda 25 aprile 1859, che investe il governo «di tutti i poteri legislativi ed esecutivi per il caso di guerra all’Austria»].

B. I decreti legge di unificazione amministrativa riguardano:

a. Ordinamenti amministrativi periferici e locali;a. Ordinamenti amministrativi periferici e locali;

b. Magistratura;

c. Organizzazione amministrazione centrale;

d. Pubblica Sicurezza;

e. Pubblica istruzione [legge Casati];

f. Opere Pie;

g. Sanità;

h. Processo penale;

i. Processo civile;

l. Elezioni;

m. Contenzioso amministrativo.

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Leggi elettorali per la formazione

della Camera dei Deputatidella Camera dei Deputati

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1861: prima legge elettorale dello Stato italiano

Il Regno d’Italia adotta il regio editto del re di Sardegna, 17 marzo 1848 n. 680, che configura un sistema maggioritario uninominale a doppio turno con ballottaggio / il voto è attribuito in ragione del genere, dell’età, dell’alfabetizzazione, del censo e della capacità →

Nel 1848 godevano dei diritti politici 77.366 maschi almeno 25enni, su 1 milione circa di cittadini maggiorenni, cioè aventi almeno 21 anni [7,7%]. E’ elettore 1 abitante su 62 [circa 2,2% popolazione complessiva]

[testo in: http://www.dircost.unito.it/root_subalp/docs/1848/1848-680.htm ]

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R.E. 17 marzo 1848 n. 680: ELETTORATO ATTIVO / CENSO

TITOLO PRIMO

DELLE CONDIZIONI PER ESSERE ELETTORE, E DEL DOMICILIO POLITICO.

Art. 1. Ad essere elettore è richiesto il concorso delle seguenti condizioni:

1.° Di godere per nascita, o per origine dei diritti civili e politici nei Regii Stati. Quelli che né per l’uno, né per l’altro degli accennati titoli appartengono ai Regii Stati, se tuttavia Italiani, parteciperanno anch’essi alla qualità di elettori, sol che adempiano quanto si ricerca dall’art. 26 del Codice civile per acquistare il suo godimento dei diritti civili.

I non Italiani potranno solo entrare nel novero degli elettori, ottenendo la naturalità per legge.

Nell’ammettere i cittadini all’esercizio dei diritti elettorali non si ha riguardo alle disposizioni speciali relative ai diritti civili o politici, di cui taluno possa essere colpito per disposizioni speciali relative ai diritti civili o politici, di cui taluno possa essere colpito per causa del culto che professa.

2.° Di essere giunto all’età d’anni 25 compiti nel giorno dell’elezione.

3.° Di saper leggere e scrivere.

4.° Di pagare un annuo censo non minore di lire quaranta nuove di Piemonte.

Per le provincie della Savoia, e per quelle di Nizza, Oneglia, S. Remo, Genova, Chiavari, Levante, Novi, Savona, Albenga e Bobbio basta il censo di lire venti.

Art. 2. Il censo elettorale si compone di ogni specie d’imposta diretta, e così tanto dell’imposta prediale, quanto della personale e mobiliare, delle prestazioni fisse e proporzionali che si pagano per le miniere e fucine, dei diritti di finanza imposti per l’esercizio d’ufficii e professioni, e di ogni altra imposta diretta di simil genere. dove per l’esercizio degli ufficii e professioni siasi pagato al Regio Governo un capitale, gl’interessi del medsimo saranno computati come finanza.

Al Regio tributo prediale si aggiunge il provinciale, non il comunale.

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R.E. 17 marzo 1848 n. 680: ELETTORATO ATTIVO / CAPACITA’

TITOLO PRIMO

DELLE CONDIZIONI PER ESSERE ELETTORE, E DEL DOMICILIO POLITICO.

Art. 3. Sono ammessi all’elettorato, indipendentemente da ogni censo:

1.° I membri effettivi, residenti e non residenti, delle R. Accademie di scienze, lettere e belle arti, la cui nomina sia approvata dal Re.

2.° I Professori tanto insegnanti, che emeriti, ed i Dottori di Collegio delle diverse facoltà componenti le Università degli studi.

3.° I Professori insegnanti ed emeriti nelle Regie Accademie di belle arti di Torino e Genova.Genova.

4.° I Professori insegnanti od emeriti delle scuole Regie fuori delle Università.

5.° I Professori insegnanti od emeriti delle scuole provinciali di metodo.

6.° I membri inamovibili dei Magistrati e Tribunali.

7.° I membri delle Camere di agricoltura e di commercio, delle R. Accademie di agricoltura e di medicina, e della Direzione dell’Associazione agraria, ed i Direttori dei Comizii agrarii.

8.° Gli Uffiziali giubilati di ogni milizia sì di terra che di mare il cui grado non sia inferiore a quello di Capitano.

9.° Gl’impiegati civili in riposo godenti a tal titolo di annua pensione non minore di lire mila dugento.

...

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R.E. 17 marzo 1848 n. 680: COLLEGIO UNINOMINALE

TITOLO TERZO

DEI COLLEGII ELETTORALI.

ART. 63. Ogni Collegio elettorale elegge un

solo Deputato.

Il numero totale dei Deputati è di 204.

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R.E. 17 marzo 1848 n. 680: BALLOTTAGGIO

(TITOLO TERZO

DEI COLLEGII ELETTORALI)

Art. 92. Alla prima votazione niuno s’intende eletto, se non

riunisce in suo favore più del terzo delle voci del total numero

dei Membri componenti il Collegio, e più della metà dei

suffragi dati dai votanti presenti all’adunanza.suffragi dati dai votanti presenti all’adunanza.

Art. 93. Dopo la prima votazione, dove niuna elezione sia seguita,

l’Ufficio in persona del Presidente proclama i nomi dei due

Candidati che ottennero il maggior numero de’ suffragi, e si

procede ad una seconda votazione nel modo avanti espresso.

In questa votazione i suffragi non potranno cadere se non

sopra l’uno o l’altro dei due or detti Candidati.

La nomina seguirà in capo a quello dei due Candidati che avrà

in suo favore il maggior numero dei voti validamente espressi.

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R.E. 17 marzo 1848 n. 680: ELETTORATO PASSIVO

TITOLO QUARTO

DEI DEPUTATI

Art. 97. Chiunque può essere eletto Deputato Art. 97. Chiunque può essere eletto Deputato purché in esso concorrano i requisiti voluti dall’art. 40 dello Statuto.

[Stat. art. 40. - Nessun Deputato può essere ammesso alla Camera, se non è suddito del Re, non ha compiuta l'età di trent'anni, non gode i diritti civili e politici, e non riunisce in sé gli altri requisiti voluti dalla legge.]

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R.E. 17 marzo 1848 n. 680: ELETTORATO PASSIVO / INCOMPATIBILITA’

TITOLO QUARTO. DEI DEPUTATI

Art. 98. Non possono essere eletti Deputati:

1.° I funzionari stipendiati ed amovibili dell’ordine giudiziario.

2.° I membri del corpo Diplomatico in missione.

3.° Gl’Intendenti Generali di Divisione, gl’Intendenti di provincia, ed i Consiglieri d’Intendenza.

4.° Gl’Impiegati stipendiati dell’ordine amministrativo che esercitano un impiego di grado inferiore a quello d’Intendente Generale, ad eccezione degli Uffiziali del Genio civile e delle miniere, non inferiori al grado d’Ingegnere capo, e degli Uffiziali sanitari civile e delle miniere, non inferiori al grado d’Ingegnere capo, e degli Uffiziali sanitari che siano membri del Protomedicato, e dei Consigli di sanità.

5.° Gli Ecclesiastici aventi cura d’anime, o giurisdizione con obbligo di residenza.

6.° Gli Uffiziali di qualunque grado non potranno essere eletti nei distretti elettorali sui quali esercitano un comando.

99. Ogni funzionario e impiegato Regio in aspettativa è assimilato a quello in attività.

100. Non si potrà ammettere nella Camera un numero di funzionarii o d’impiegati regiistipendiati maggiore del quarto del numero totale dei Deputati. Ove questa proporzione sia superata, la Camera estrarrà a sorte il nome di coloro la cui elezione deve essere annullata.

Quando il numero degl’impiegati sia completo, le elezioni nuove d’impiegati saranno nulle.

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1861: aumento del numero dei Collegi elettorali

Con l’unificazione i Collegi elettorali vengono Con l’unificazione i Collegi elettorali vengono portati da 204 a 443 e poi a 508, a motivo dell’ingrandimento territoriale del Regno

Può votare l’1,9% della popolazione del nuovo Stato italiano

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1882: prima riforma elettorale

Testo Unico 24/09/1882 (governo Depretis)

Allargamento del suffragio:

a) Abbassamento della soglia d’età a 21 anni;

b) Inclusione di nuove categorie capacitarie:

- tutti coloro che abbiano assolto l’obbligo scolastico;- tutti coloro che abbiano assolto l’obbligo scolastico;

- tutti i contribuenti per almeno 19,80 lire annue;

- gli appartenenti a ulteriori categorie di professione e merito patriottico;

- tutti coloro che manifestino la volontà di essere iscritti alle liste elettorali con una domanda autografa certificata da notaio.

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1882: prima riforma elettorale

Testo Unico 24/09/1882 (governo De Pretis)

Esperimento di integrazione di una quota

plurinominale per una parte minoritaria dei collegi plurinominale per una parte minoritaria dei collegi

(più eletti nello stesso collegio, con abbassamento

del quorum da 1/3 a 1/8).

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1882: prima riforma elettorale

Testo Unico 24/09/1882 (governo De Pretis)

L’elettorato sale al 25% della popolazione maschile

maggiorenne (2 milioni di uomini) e al 6,6% della maggiorenne (2 milioni di uomini) e al 6,6% della

popolazione complessiva

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1912: seconda riforma elettorale

Legge 30/06/1912, n. 665 (governo Giolitti)

Elimina il requisito di censo;

Mantiene un’unica categoria capacitaria: l’alfabetizzazione, attestata dall’assolvimento dell’obbligo scolastico.dell’obbligo scolastico.

Allargamento del suffragio:

a) a tutti i maschi maggiori di 30 anni;

b) ai maschi maggiori di 21 anni che abbiano assolto l’obbligo scolastico;

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1912: seconda riforma elettorale

Legge 30/06/1912, n. 665 (governo Giolitti)

Con questa riforma ha diritto al voto, alle elezioni

politiche del 1913, il 23,2% della popolazione politiche del 1913, il 23,2% della popolazione

italiana.

Si parla di suffragio maschile quasi universale.

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1918-1919: terza riforma elettorale

Testo Unico 02/09/1919, n. 1495 (governo Orlando)

Elimina il requisito di scolarizzazione;

Prevede un’unica categoria di merito patriottico: gli ex soldati mobilitati per la guerra.

Hanno diritto di voto tutti i maschi di almeno 21 anni e tutti Hanno diritto di voto tutti i maschi di almeno 21 anni e tutti gli ex mobilitati.

→ la riforma realizza il suffragio universale maschile; gli elettori superano gli 11 milioni (27% della popolazione)

Le donne restano escluse, sebbene un progetto di legge per riconoscere loro il diritto di voto sia stato approvato dalla Camera (caduto per scioglimento)

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1918-1919: terza riforma elettorale

Testo Unico 02/09/1919, n. 1495 (governo Orlando)

Riforma dei collegi elettorali (54) e adozione del sistema

del collegio plurinominale. In ciascun collegio si eleggono

da 5 a 20 deputati.da 5 a 20 deputati.

Si instaura dunque un sistema proporzionale, con liste,

voto di preferenza, e metodo d’Hondt per l’assegnazione

dei voti.

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1921: aumento dei seggi

In virtù dell’ingrandimento territoriale derivato

dall’acquisizione del Trentino, dell’alto Adige e di

Trieste i seggi sono portati a 535.Trieste i seggi sono portati a 535.

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Conclusioni sulle norme per il suffragio politico

Il sistema elettorale del Regno d’Italia riflette dapprima una concezione censitaria della capacità politica, tipica dello Stato monoclasse quale era quello Italiano dei decenni centrali dell’Ottocento;

Il suffragio molto ristretto affidava le decisioni Il suffragio molto ristretto affidava le decisioni politiche a rappresentanti dotati di una base elettorale e quindi di una rappresentatività debole.

Prima del 1880 un collegio contava poco meno di 1000 elettori: questa era la base elettorale potenziale di un deputato, il quale poteva essere eletto al primo turno con 330 voti circa.

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Conclusioni sulle norme per il suffragio politico

Nell’ultimo quarto del secolo si registrano

profonde trasformazioni nella società italiana, per

il consolidamento dell’economia industriale-

capitalistica; le classi lavoratrici fanno sentire

sempre più il loro peso;sempre più il loro peso;

→ il suffragio viene allargato con tre successivi

interventi di riforma. Questa trasformazione segna

il passaggio allo Stato pluriclasse.

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Conclusioni sulle norme per il suffragio politico

L’espansione del diritto di voto incide profondamente sui raggruppamenti politici.

A partire dagli anni Novanta i gruppi liberali sono affiancati dai nascenti partiti di massa, di ispirazione socialista e poi, dal primo dopoguerra, cattolica.socialista e poi, dal primo dopoguerra, cattolica.

I partiti di massa spingono per ulteriori assunzioni di responsabilità da parte dello Stato: chiedono allo Stato di farsi carico dei problemi sociali, aumentando la spesa e di conseguenza anche la pressione fiscale.

Questo processo a sua volta tende a espandere i compiti dell’amministrazione pubblica e a rafforzarne il ruolo.

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Limiti del sistema rappresentativo italiano in età liberale (Martucci)

- l’allargamento del suffragio è lento: questo ritarda l’integrazione dei ceti medi e delle fasce lavoratrici nella vita dello Stato;

- Assenteismo elettorale elevato (circa 40%)

- le elezioni sono pesantemente orientate dai prefetti e dai questori nelle rispettive province: essi esercitano pressioni sull’elettorato a favore del candidato pressioni sull’elettorato a favore del candidato filogovernativo;

- l’assenteismo parlamentare è elevato;

- il re fa un uso eccessivo della proroga delle sessioni parlamentari;

- dalla fine dell’Ottocento si sviluppano tendenze anti-parlamentari che indeboliscono il sistema rappresentativo agli occhi dell’opinione pubblica.

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Assenteismo elettorale nell’età liberale (Bonini, lezioni di storia dlele istituzioni politiche, p. 133)

Elezioni politiche 1880: vota il 59% degli aventi

dirittodiritto

Elezioni politiche 1882: vota il 60,7%

NB pesa l’astensionismo dei cattolici

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Assenteismo parlamentare nell’età liberale (Martucci)

§ Era assente dalle sedute della Camera almeno 1/5 dei deputati,

ma spesso le assenze arrivavano ai 3/5.

§ Anche in occasione del voto su importanti progetti di legge gli

assenti risultano essere molti:

- trasferimento capitale a Roma (1870) assenti 211/508

- legge Coppino sull’istruzione elementare obbligatoria (1877): - legge Coppino sull’istruzione elementare obbligatoria (1877):

assenti 280/508;

- riforma legge elettorale(1881): assenti 190/508.

Secondo Martucci l’assenteismo incideva tanto perché il numero dei seggi

era sovradimensionato appositamente per consentire ai deputati di

non presenziare. Tuttavia esso dava argomenti a quanti criticavano il

sistema rappresentativo e l’operato dei legislatori.

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La proroga delle sessioni della Camera nell’età liberale (Martucci, Storia costituzionale, p. 82)

La proroga è prevista dall’articolo 9 dello Statuto e consiste nel differimento dei lavori della Camera dei deputati. Spesso storicamente un periodo di proroga si è concluso con un decreto di scioglimento anticipato.

Martucci propone questi dati sul periodo che intercorre fra l’inizio dell’VIII legislatura (18/02/1861) alla chiusura della XXVI(10/12/1923), per un totale di 62 anni:dell’VIII legislatura (18/02/1861) alla chiusura della XXVI(10/12/1923), per un totale di 62 anni:

62 anni: durata complessiva;

22 anni: somma dei periodi di lavoro della Camera;

40 anni: somma dei periodi di proroga e di vacanza

Decennio di leadership Giolitti: 4 anni di lavori e 7 di vacanza

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La proroga delle sessioni della Camera nell’età liberale (Martucci, Storia costituzionale, p. 101)

XVI legislatura (1886-1890 / governi De Pretis X-De Pretis XI-

Crispi I-Crispi II)

Sessione 1: 10/6/86 – 4/9/87 proroga; 15 mesi; camera 145

sedute (10/mese)

Sessione 2: 16/11/87 – 4/1/89 proroga; 13,5 mesi; camera 216

sedute (16/mese)

Sessione 3: 28/1/89 – 20/7/89 proroga; 6 mesi; Camera 112

sedute (18/mese)

Sessione 4: 25/11/89 – 3/8/90 scioglimento; 8 mesi; Camera

158 sedute (19/mese)

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Legislature – Durata prevista dallo Statuto: 5 anni (Martucci,

Storia costituzionale, p. 100)

26 legislature e non 13 secondo la cadenza quinquennale prevista dallo Statuto

VIII 1861/65 - 4 anni

IX 1865/67 - 2 anni e mezzo

X 1867-70 - 3 anni e mezzo

XI 1870/74 - 4 anni

XII 1874-76 - 2 anni

XIII 1876-80 - 3 anni e mezzo

XIV 1880-82 - 2 anni e mezzoXIV 1880-82 - 2 anni e mezzo

XV 1882-86 - 3 anni e mezzo

XVI 1886-90 - 4 anni

XVII 1890-92 - 2 anni

XVIII 1892-1895 - 2 anni

XIX 1895-97 - 2 anni

XX 1897-1900 - 3 anni

XXI 1900-1904 - 4 anni

XXII 1904-1909 - 4 anni e 3 mesi [sessione unica]

XXIII 1909-1913 - 4 anni e mezzo [sessione unica]

XXIV 1913-1919 - 6 anni [sessione unica]

XXV 1919-1921 - 1 anno e mezzo [sessione unica]

XXVI 1921-1923 - 2 anni e mezzo [sessione unica]

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Il potere esecutivo: la debolezza

dei ministri (Rebuffa, Martucci)

La mancata articolazione in un Consiglio dei ministri

L’assenza di una presidenza solidamente legittimata della compagine ministerialedella compagine ministeriale

Il rapporto debole e instabile del “primo ministro” con il Parlamento, per l’assenza di dispositivi istituzionali di collegamento

I ministri “ostaggio” del re;

→ FREQUENTI CRISI DI GOVERNO

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Periodizzazione politica dell’età liberale

1861-1876 DESTRA AL GOVERNO /

Primi ministri: Ricasoli, Rattazzi, Farini, Minghetti, La Marmora ; Menabrea; Lanza /

Politiche: Ordinamenti di unificazione amministrativa; pareggio del bilancio

Crisi: perde appoggio del sud: la destra non sembra in grado di farsi carico della “questione meridionale; questione statizzazione ferrovie

1876 – 1896 SINISTRA AL GOVERNO1876 – 1896 SINISTRA AL GOVERNO

Primi ministri: De Pretis (11 governi); Cairoli; Crispi (6 governi); Giolitti

Politiche: riformismo per allargare base sociale del consenso e modernizzare il paese; difesa principi di laicità e lotta al clericalismo; istruzione elementare obbligatoria; legge sulle Opere pie; decentramento amministrativo; diminuzione e redistribuzione carico fiscale; sostegno al Mezzogiorno (abolizione tassa macinato 1879); libertà associazionismo operaio; Codice penale Zanardelli; rafforzamento strumenti repressivi per ordine pubblico [stato d’assedio]; politica estera: avvicinamento alle potenze germaniche e espansionismo coloniale (Eritrea)

Crisi: sconfitta nella guerra italo-etiopica

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Periodizzazione politica dell’età liberale

1896-1900 CRISI DI FINE SECOLO

Primi ministri: Giolitti, Di Rudinì, Pelloux, Saracco

Operato: depressione economica, crescente

conflittualità sociale, problemi di ordine pubblico;

spinte anti-parlamentari e autoritarie provenienti

dall’esercito e dalla corte, dall’industria, dagli agrari dall’esercito e dalla corte, dall’industria, dagli agrari

meridionali, da settori della piccola borghesia; atti

violentemente repressivi (Bava Beccaris a Milano);

progetti di legge per ridurre libertà di stampa; crisi

della monarchia con l’assassinio di Umberto I (1878-

1900, 27 luglio)

Crisi: la linea repressiva non risulta adeguata a

superare la crisi politica, sociale ed economica.

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Periodizzazione politica dell’età liberale

1900-1914 ETA’ GIOLITTIANA

Primi ministri: Zanardelli, Giolitti (6 governi), Tittoni, Fortis, Sonnino, Luzzatti

Politiche:

abbandoni della strategia repressiva e adozione di una strategia di inclusione; tentativo di integrazione del movimento sindacale; integrazione dei cattolici; suffragio quasi universale maschile

espansione economica fino a 1907: boom dell’industria meccanica; intervento dello stato nella amministrazione delle infrastrutture intervento dello stato nella amministrazione delle infrastrutture (statizzazioni, municipalizzazioni) e controllo sugli istituti di credito; protezionismo

ripresa espansionismo coloniale e conquista della Libia

rapporti governo e parlamento: impegno a rafforzare il partito di maggioranza, utilizzo massiccio di pressioni in contesto elettorale; utilizzo della crisi di governo come strumento di pressione sul parlamento

rafforzamento dell’autonomia della magistratura (istituzione CSM).

Crisi: contrasti con la monarchia sull’intervento in guerra; ingresso dell’Italia nel conflitto