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DIMENSIONE CIVILE DELLA SICUREZZA 52 CC 04 I Originale: francese Assemblea Parlamentare della NATO STABILITÀ NELLE TRE REPUBBLICHE DEL CAUCASO DEL SUD: DIECI ANNI DOPO L'INDIPENDENZA, PROGRESSI E NUOVE SFIDE BOZZA DI RELAZIONE GENERALE VERENA WOHLLEBEN (GERMANIA) RELATORE GENERALE * Segreteria Internazionale 26 ottobre 2004 * Finché non approvato dalla Commissione Dimensione Civile della Sicurezza, questo documento rappresenta esclusivamente l’opinione dell’autore. I documenti dell’Assemblea sono disponibili all’indirizzo web http://www.nato-pa.int

STABILITÀ NELLE TRE REPUBBLICHE DEL …...un'economia di mercato. 10. Nel complesso la storia della Georgia e dell'Azerbaigian può essere distinta in tre periodi. Il primo, di rinnovamento

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DIMENSIONE CIVILE DELLA SICUREZZA

52 CC 04 I Originale: francese

Assemblea Parlamentare del la NATO

STABILITÀ NELLE TRE REPUBBLICHE DEL

CAUCASO DEL SUD: DIECI ANNI DOPO L'INDIPENDENZA, PROGRESSI E NUOVE SFIDE

BOZZA DI RELAZIONE GENERALE

VERENA WOHLLEBEN (GERMANIA) RELATORE GENERALE *

Segreteria Internazionale 26 ottobre 2004 * Finché non approvato dalla Commissione Dimensione Civile della Sicurezza, questo

documento rappresenta esclusivamente l’opinione dell’autore.

I documenti dell’Assemblea sono disponibili all’indirizzo web http://www.nato-pa.int

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INDICE Pagina

I. INTRODUZIONE........................................................................................................................2

II. STATO DI FATTO NELLE TRE REPUBBLICHE..................................................................3 A. STABILITÀ POLITICA..................................................................................................................... 3

1. Primo decennio di indipendenza ....................................................................................................................... 3 2. Transizione e Democratizzazione ..................................................................................................................... 4

B. CONFLITTI TERRITORIALI.......................................................................................................... 6 1. Abhasia.............................................................................................................................................................. 6 2. Ossezia .............................................................................................................................................................. 7 3. Nagorno-Karabakh............................................................................................................................................ 8 4. Altre potenziali minacce.................................................................................................................................... 9 5. Le minoranze transnazionali ........................................................................................................................... 10

III. NUOVE SFIDE E NUOVE MINACCE ...............................................................................11 A. CAUSE INTERNE DI DESTABILIZZAZIONE ........................................................................... 11

1. Conseguenze della pauperizzazione e della disgregazione del tessuto socioeconomico sulla demografia ..... 11 2. Malcontento popolare e tendenze politiche estremiste.................................................................................... 12 3. Comparsa di “zone grigie” o "zone a rischio"................................................................................................. 13

B. CAUSE ESTERNE DI DESTABILIZZAZIONE........................................................................... 14 1. L'impatto del conflitto in Cecenia ................................................................................................................... 14 2. Questioni religiose regionali ........................................................................................................................... 14 3. La spartizione delle acque del mar Caspio ...................................................................................................... 15 4. Presenza militare russa nella regione .............................................................................................................. 16 5. Il nuovo ordine regionale ................................................................................................................................ 17

IV. SOMMARIO E CONCLUSIONI ..........................................................................................20

APPENDICE..……………………………………………………………………………………………….23

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I. INTRODUZIONE 1. Con la dissoluzione dell'Unione Sovietica e l'indipendenza delle tre repubbliche, la regione del Caucaso del sud è rientrata a far parte dello scenario internazionale. Il ritorno di ciò che Sir Halford MacKinder, uno dei padri fondatori della geopolitica, ha definito "il cardine geografico della storia", cioè il Caucaso del sud e l'Asia centrale, costituisce senza dubbio uno degli avvenimenti più importanti dell'ultimo decennio del XX secolo. 2. Prossima a diventare un grande centro petrolifero ed energetico e un ponte tra l'Asia e l'Europa, l'"Eurasia" è un punto di contatto tra il mondo russo ortodosso, l'europeo cristiano e il turco persiano musulmano. Grazie all'ampliamento della Nato e all'allargamento dell'UE, questa regione si trova oggi ai confini dello spazio europeo. La vicinanza della Cecenia, dell'Iran e dell'Asia centrale, ma soprattutto le notevoli risorse energetiche, contribuiscono a fare di questa regione un punto geopolitico cruciale e una zona di grande interesse per le potenze regionali e internazionali. Diviso tra la vocazione orientale e quella europea, il Caucaso del sud costituisce un unicum a sé stante. Sempre secondo MacKinder, l'Eurasia è il cuore o il cardine dell'equilibrio geopolitico del mondo. Senza spingerci tanto oltre nel determinismo geopolitico, bisogna però ammettere che la regione è oggi al centro di numerose questioni. 3. Nell'ottobre 2002, a Praga, Lord Robertson ha affermato che la recrudescenza dell'instabilità nel Caucaso del sud e nell'Asia centrale e le sue conseguenze (emigrazione, aumento dei traffici illeciti ecc.); la crescita del terrorismo e del fanatismo estremista; la moltiplicazione degli "stati falliti", veri e propri vivai di violenza e traffici illeciti; e la proliferazione di armi chimiche, biologiche e nucleari saranno le sfide principali che la NATO dovrà affrontare in futuro: gli eventi succedutisi recentemente sembrano confermare la validità di questa analisi. 4. Successivamente all'indipendenza, il Caucaso del sud, con la sua complessità etnica, linguistica e religiosa, è stato scosso da violenti conflitti territoriali e indebolito da una difficile transizione politica economica e sociale. Il primo decennio della storia del Caucaso del sud indipendente si chiude con nuove prospettive. Si annuncia una nuova era: in Georgia, grazie alla "rivoluzione delle rose" del novembre 2003; in Azerbaigian, l'atteso afflusso di entrate derivate dagli idrocarburi, fa presagire importanti ricadute sullo sviluppo economico del paese, mentre in Armenia, scossa dalla crisi politica della scorsa primavera, si prosegue sulla strada delle riforme che potranno influenzare le sue future scelte strategiche. 5. All'alba del nuovo millennio, questi paesi affrontano sfide importanti per uscire dall'iniziale fase di transizione caotica e promuovere lo sviluppo di una stabilità e una prosperità durature. Anche le potenze e le istituzioni occidentali si trovano di fronte a una sfida: riservare attenzione e assistenza sufficienti affinché queste repubbliche non si lascino tentare dall'integralismo religioso o dall'autoritarismo politico, né trascinare alla soluzione violenta dei conflitti, e non siano abbandonate in balìa delle organizzazioni mafiose e dei trafficanti. Inoltre, il radicamento di istituzioni democratiche e il processo di liberalizzazione di queste società sono ancora ben lontane ed è quindi di vitale importanza sostenere il fragile processo di democratizzazione di queste repubbliche. 6. In questo contesto bisogna considerare i rischi di destabilizzazione derivanti da quei paesi e riflettere sul possibile ruolo e sulla posizione che ci si aspetta che la NATO assuma in quella regione. Allo scopo di fornire un quadro dell'attuale situazione nelle tre repubbliche, questa relazione presenta: nella prima parte, un panorama dello "stato di fatto" della situazione e dell'evoluzione di questi paesi a un decennio dall'indipendenza; nella seconda, si analizzano i potenziali fattori di destabilizzazione e le sfide principali determinate dalla nuova configurazione geopolitica.

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7. Nel settembre 2004, una visita in Armenia e in Georgia ha permesso alla Commissione di incontrare un gran numero di alti funzionari delle due repubbliche e di trovare conferma alla sensazione che queste regioni stanno attraversando un periodo di transizione cruciale. L'organizzazione di un seminario Rose-Roth in Azerbaigian, previsto per novembre 2004, permetterà ai membri della Commissione e a chi scrive di avere incontri simili anche con le autorità azere. 8 Chi scrive desidera ringraziare le delegazioni dell’Armenia, dell’Azerbaigian, della Turchia e del Regno Unito per i validi commenti espressi dopo il primo dibattito sulla bozza di relazione del maggio 2004. Anche a fronte di argomenti contrari, all’atto della stesura di questa nuova versione, chi scrive ha voluto tener conto al massimo dei punti di vista e dei commenti presentati da queste delegazioni. II. STATO DI FATTO NELLE TRE REPUBBLICHE A. STABILITÀ POLITICA 1. Primo decennio di indipendenza a. Scelte strutturali e politiche 9. Diversamente dall'Asia centrale, che al momento della dissoluzione dell'Unione Sovietica manifestò contrarietà allo smembramento dell'impero sovietico, le tre repubbliche del Caucaso del sud hanno sostenuto senza esitazioni il movimento a favore dell'indipendenza. Tutt'e tre avevano vissuto un'effimera indipendenza tra il 1917 e il 1921 ed erano impazienti di cogliere questa nuova opportunità offerta dalla storia. Tutte hanno optato per un sistema politico democratico e per un'economia di mercato. 10. Nel complesso la storia della Georgia e dell'Azerbaigian può essere distinta in tre periodi. Il primo, di rinnovamento nazionale, corrispondente alle prime ore dell'indipendenza e alla costruzione di un'identità nazionale, è stato anche un periodo di fermento politico con tendenze nazionaliste e la recrudescenza di controversie territoriali, che in qualche caso sono sfociate in gravi conflitti armati. Il secondo, caratterizzato dalla delusione determinata dalla caotica realtà della transizione e dei conflitti; e, nella seconda metà degli anni 90, dal ritorno al potere di esponenti del vecchio regime sovietico favorito dai costi economici e sociali della disintegrazione dell'Unione Sovietica. Infine, il periodo più recente che appare, a priori, improntato al cambiamento con l'avvento di una nuova classe dirigente, come dimostrano le ultime elezioni presidenziali nel 2003-2004; che hanno visto la vittoria in Azerbaigian di Ilham Aliev (44 anni, figlio dell'ex Presidente) e in Georgia di Mikhail Saakashvili (36 anni). In Armenia, invece, l'evoluzione politica è stata caratterizzata da due periodi ben distinti. Il primo, che ha visto un rinnovamento nazionale sotto il governo di Levon Ter-Petrossian, è stato offuscato dalla guerra in Nagorno-Karabakh. Discreditato dal suo atteggiamento conciliante rispetto alla guerra e dalla gravità della crisi economica, Ter-Petrossian ha rassegnato le dimissioni nel 1998 e al suo posto è subentrato Robert Kocharian, successivamente rieletto nel marzo 2003. 11. Nonostante le diversità, questi paesi condividono determinati problemi. Le difficoltà economiche hanno causato una forte pauperizzazione della popolazione e una corruzione generalizzata a tutti i livelli dello Stato e della società. Il potere politico ed economico rimane estremamente centralizzato e scarsi sono i progressi nella promozione delle autonomie locali e nel decentramento. Seppure a livelli differenziati, anche lo sviluppo sociale, l'assetto democratico delle istituzioni e del sistema giudiziario, nonché la creazione di un sistema democratico pluralista, permangono problematici. b. La nuova realtà politica

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12. Nel 2003-2004, importanti sviluppi politici si sono registrati in Azerbaigian e in Georgia e se ne vedono avvisaglie anche in Armenia. L'analisi della natura di questi cambiamenti risulta ancora difficile, tuttavia, la comunità internazionale si augura che l’arrivo al potere, in due delle tre repubbliche, di politici che rappresentano la nuova generazione, che spesso ha studiato all’estero e possiede forse una maggiore familiarità con il mondo occidentale rispetto ai suoi padri, possa favorire il dialogo politico e le riforme democratiche. 13. C'è, però, una differenza non trascurabile tra i due presidenti recentemente eletti. In Georgia Mikhail Saakashvili è arrivato al potere con un ampio consenso politico e un'impressionante maggioranza di voti, pari al 93,3% dei suffragi, sostenuto da un paese che era sceso in piazza per protestare contro il nepotismo e l'inefficienza del potere corrotto del presidente Shevardnadze. Il popolo ha così scelto di manifestare il proprio appoggio alla “rivoluzione delle rose”, alla transizione politica e al cambiamento radicale. Di conseguenza, dalla sua salita al potere, Mikhail Saakashvili gode di un appoggio popolare pressoché unanime e di un favore internazionale Per contro, Ilham Aliev, un neofita della politica, è stato eletto con un sorprendente 67% nel corso di una tornata elettorale molto criticata dalla comunità internazionale. Durante le elezioni alcuni partiti d’opposizione hanno organizzato manifestazioni di protesta popolare represse dalla polizia, con conseguenti gravi scontri che hanno causato almeno un morto. 14. In Armenia, la rielezione di R. Kocharian nel marzo 2003, con un risultato (67,5% dei voti) contestato da parte della comunità internazionale e uno svolgimento delle elezioni caratterizzato da irregolarità, ha certamente gettato un ombra sul governo in carica. Recenti sviluppi hanno dimostrato che la coalizione al potere vive forti dissensi interni ed è oggetto di aspre critiche per l'inefficacia della sua politica contro la corruzione e per la scarsa trasparenza nel campo delle privatizzazioni1. L'opposizione è estremamente divisa e non dispone di sufficienti seggi parlamentari per incidere effettivamente sulla vita politica. o per avviare una procedura di destituzione del Presidente. Riunita intorno al blocco politico “Giustizia”, nel marzo 2004, l’opposizione ha organizzato manifestazioni popolari di protesta che invocavano le dimissioni del Presidente . La principale richiesta dei manifestanti è l’organizzazione di un plebiscito o di un voto di fiducia nei confronti del Presidente. Le manifestazioni violentemente disperse dalla polizia hanno portato al fermo temporaneo di esponenti dell’opposizione, di alcuni parlamentari e di giornalisti. La crisi politica è stata aggravata dal dibattito sulla modifica di testi importanti, tra cui il codice elettorale e la Costituzione. Una parte dell’opposizione, avendo proclamato un parziale boicottaggio delle proprie attività parlamentari, non è stata ammessa al processo di revisione di quei testi. L'apparente stabilità di cui sembrava godere l'Armenia è messa in discussione dalle recenti agitazioni. 2. Transizione e Democratizzazione a. Separazione dei poteri e democrazia pluralista 15. Raggiunta l'indipendenza, una delle priorità di questi nuovi Stati è stata la creazione di istituzioni democratiche, conseguita, però, con risultati diversi, come emerge dalle conclusioni adottate dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa (APCE). Nondimeno, questi paesi non dispongono ancora di strutture istituzionali efficaci basate su un sistema parlamentare. Il peso del parlamento rispetto all'esecutivo è decisamente esiguo. I partiti politici, caratterizzati da scarsa maturità, mancanza di organizzazione e gravi ristrettezze economiche, sono spesso polarizzati da forti personalità politiche. Frequentemente sanzionate localmente per il ricorso alla violenza e alla diffamazione, le forze politiche d’opposizione si auto-emarginano e sono spesso escluse dalla vita politica. Sono arroccate su un’opposizione di principio e contestano la legittimità del governo in carica. Il mezzo di espressione più sfruttato è il ricorso alle manifestazioni di piazza cui si

1 Fonte : RFE/RL, rapporto marzo-aprile 2004

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aggiungono la provocazione e la violenza. A quanto pare, in questi tre paesi, i partiti politici non riescono ancora a rivestire il ruolo che dovrebbero avere in una democrazia parlamentare. 16. In pratica l'attuazione di norme democratiche risulta ancora piuttosto difficoltosa. L'assimilazione di principi di gestione democratica si scontra con una cultura politica retaggio del sistema sovietico e delle culture politiche tradizionali. Il concetto di diritti e libertà individuali, la collocazione e il ruolo della società civile, l'opposizione e il dibattito politico, il riconoscimento del potere degli eletti e il ruolo del parlamento nella vita politica del paese sono tutte nozioni che i maggiorenti soprattutto, ma anche le popolazioni, fanno fatica ad applicare. Il principio della separazione dei poteri non sembra aver ancora trovato una propria collocazione in questi sistemi politici 17. Manca chiarezza nelle relazioni tra i governi e i rispettivi parlamenti, e questi ultimi vedono spesso il proprio ruolo ridotto semplicemente a quello di organo ratificante, inoltre non esercitano affatto le proprie prerogative di controllo parlamentare. I governi hanno poche responsabilità e sono in generale sottoposti all'autorità della potente amministrazione presidenziale. Questa controlla con la massima attenzione l'attività legislativa e, non di rado, eccede le proprie competenze a discapito del ruolo tradizionale del parlamento. Inoltre persistono stretti legami tra il potere esecutivo e quello giudiziario che infrangono il principio dell'indipendenza dei giudici. L'esecutivo esercita un ruolo diretto o indiretto, comunque estremamente influente, sulle procedure di nomina e revoca dei magistrati.2 b. Elezioni Democratiche 18. Fatta eccezione per le ultime elezioni in Georgia, tutte le tornate elettorali che si sono succedute fino a oggi nel Caucaso del sud si sono dimostrate ben lontane dai comuni standard internazionali e sono state caratterizzate da brogli gravissimi, diversi tra loro a seconda del paese e del tipo di elezione. A quel che sembra, in genere, i risultati riflettevano solo parzialmente la volontà dell'elettorato. 19. I rapporti dell'OSCE-ODIHR (Organizzazione per la sicurezza e cooperazione in Europa - Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani) sulle elezioni nei tre paesi evidenziano una serie di problemi comuni, e cioè: le difficoltà di funzionamento e di partecipazione alla vita politica del paese dei partiti di opposizione; la vulnerabilità dei media indipendenti; il disinteresse generale e il disprezzo del popolo per il dibattito politico; la mancanza di fiducia negli eletti e l'incapacità di questi ultimi nell'instaurare un dialogo politico con le autorità di governo. Tutto ciò conferma che queste società sono ancora lungi dall'aver compreso il significato del dibattito politico e, nel complesso, sono rimasti ancorate al sistema governanti-governati di stampo sovietico. 20 Stando alle osservazioni dell'OSCE-ODIHR, le ultime elezioni presidenziali e parlamentari in Georgia sono state caratterizzate rispettivamente da “progressi notevoli” e “lodevoli” se paragonate alle tornate precedenti. Valutando le elezioni svoltesi recentemente in Armenia e in Azerbaigian, nella sua relazione preliminare, l'OSCE-ODIHR, pur notando un certo progresso, ha concluso che: ”queste elezioni non sono ancora all’altezza degli standard internazionali in materia di elezioni democratiche".3 Anche se l’OSCE-ODIHR non mette in dubbio i risultati complessivi delle elezioni dei due paesi, rimane il fatto che le alte percentuali che hanno assegnato la vittoria ai due presidenti appaiono discutibili4. c. Diritti Umani 2 Fonti : relazioni della Commissione di monitoraggio dell'Assemblea Parlamentare del Consiglio

d'Europa (PACE) sul funzionamento delle Istituzioni democratiche nei tre paesi 3 Relazione preliminare dell'OSCE-ODIHR, Seconda tornata per le elezioni presidenziali in Armenia

5 marzo 2003 ed elezioni presidenziali in Azerbaigian 15 ottobre 2003 ed elezioni presidenziali in Georgia, 4 gennaio 2004.

4 67,5 % dei voti per il presidente Kocharian e 71,5 % dei voti per il presidente Aliev.

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21. I tre paesi hanno adottato i testi fondamentali e le convenzioni in materia di diritti umani; la salvaguardia dei diritti fondamentali e l'attuazione delle convenzioni non sono ancora, però, soddisfacenti. In genere, le libertà di espressione, associazione e riunione non sono rispettate e le organizzazioni internazionali denunciano regolarmente l'esistenza di detenuti politici (vedere in merito il lavoro del Consiglio d’Europa in Azerbaigian), le pessime condizioni di detenzione nonché i maltrattamenti e le torture praticati dalle forze dell'ordine. B. CONFLITTI TERRITORIALI 22. I confini internazionali tra le tre repubbliche sono rimasti quelli amministrativi ereditati nel 1991 alla dissoluzione dell'Unione Sovietica, ma i loro tracciati sono in parte messi in discussione da rivendicazioni territoriali. Due dei tre paesi del Caucaso del sud non riescono a esercitare pienamente la sovranità sul proprio territorio e sono stati sconvolti da violente guerre che hanno causato numerose vittime e migliaia di profughi. Oggi i conflitti si sono più o meno placati, ma non hanno comunque trovato soluzione; sono per così dire "congelati" e costituiscono una seria minaccia alla stabilità della regione. 1. Abhasia 23. Le rivendicazioni all'origine del conflitto riguardano la secessione dalla Georgia e non sono aperte a ipotesi di autonomia. Nel 1988, il partito comunista abhasio si pronuncia a favore della secessione, causa immediatamente sposata dal movimento del Fronte Popolare Abhasio. Nel 1992, gli abhasi dichiarano unilateralmente l'indipendenza. In risposta Tbilisi tenta di riprendere militarmente il controllo della provincia separatista. Le forze abhase, sostenute dalla confederazione dei popoli del Caucaso e avvantaggiate dalla “benevola neutralità” della Federazione Russa, contrattaccano con successo. La questione trova conclusione in un cessate il fuoco siglato a Mosca nel 1994. L'accordo ratifica de facto una linea di confine tra l'Abhasia e la Georgia lungo il fiume Inguri. Questo conflitto ha causato la fuga dall'Abhasia di circa 250.000 georgiani, che sono, quindi, diventati profughi interni. Nel giro di qualche anno, la popolazione nella regione è passata da 500.000 a 100.000 unità. 24. A più riprese e senza risultato, l'Abhasia ha dichiarato la propria volontà di ricongiungersi alla Federazione Russa (dove vivono circa 34.000 abhasi musulmani). La moneta circolante nel paese è il rublo e l'Abhasia dipende dalla Russia per gli approvvigionamenti. La popolazione abhasa non solo non ha obbligo di visto per entrare in Russia, ma, da ciò che risulta, in buona parte ha acquisito la cittadinanza russa e possiede un passaporto della Federazione Russa.5 Inoltre la Russia, con la sua base militare a Gudauta (Abhasia), ha un ruolo primario nella risoluzione del conflitto. Questo è lo statu quo da un decennio a questa parte nonostante i tentativi di mediazione compiuti dall’ONU e dal consorzio diplomatico noto come “gruppo di amici del Segretariato Generale delle Nazioni Unite”. Va qui sottolineato che il duplice mandato dell’ONU in Abhasia (per favorire in negoziati e per monitorare il cessate il fuoco siglato nel 1994) è temporaneo, di conseguenza è sottoposto, ogni sei mesi, a una formale procedura di estensione. Il mandato attuale scadrà il 31 gennaio 2005. 25 La crisi in Adzaristan e, più recentemente, gli incidenti in Abhasia e in Ossezia meridionale hanno contribuito ad avvelenare le relazioni russo-georgiane. Questa crisi ha raggiunto l’apice nell’agosto del 2004, quando il presidente georgiano ha minacciato di affondare qualsiasi nave che si fosse avvicinata alle coste abhase senza la preventiva autorizzazione formale di Tbilisi. Oltre a ciò, Tbilisi ha, ovviamente, accolto molto male l’organizzazione delle “elezioni presidenziali” in Abhasia il 3 ottobre 2004. Tutti i candidati alla successione del leader abhaso Ardzinba hanno

5 Fonte: OSCE, "Background Information paper" predisposto per la visita dei capi delegazione

dell’OSCE, 5-6 settembre 2004.

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assunto una posizione ferma contro qualsiasi concessione, a favore della parte georgiana, che potesse mettere in discussione la “autoproclamata indipendenza della Repubblica”. Tutto ciò non rappresenta certo un’evoluzione positiva. 26 Nel corso di una visita in Georgia, la Commissione ha avuto modo di ascoltare espressioni di forte preoccupazione per la situazione attuale da parte della maggioranza degli interlocutori nazionali e internazionali. Le posizioni politiche assunte da ambo le parti sembrano essere ancora più rigide e ciò rende, se possibile, più difficile l’ipotesi di una normalizzazione delle relazioni tra Sukumi e Tbilisi e il rientro dei profughi. Le recenti proposte di Tbilisi per la risoluzione del conflitto sono state respinte da parte degli abhasi. Tuttavia, si spera che la riforma, attualmente in corso, per trasformare l’odierna struttura dello stato in un sistema federale possa portare elementi positivi alla soluzione del conflitto e offrire a questa regione uno status territoriale e un’autonomia soddisfacenti. 2. Ossezia 27. L'Unione Sovietica aveva stabilito un confine amministrativo regionale tra l'Ossezia settentrionale e l'Ossezia meridionale. Dopo il 1991, quel confine è diventato una frontiera internazionale che separa la Georgia dalla Russia, dividendo anche la popolazione. A questa separazione amministrativa si aggiunge la diversità religiosa: gli osseti del nord sono musulmani mentre quelli del sud sono cristiani. Nei primi anni dall'indipendenza, gli osseti del sud (circa 100.000 persone) si oppongono strenuamente alla politica di Tbilisi che, rifiutandosi di riconoscerne la specificità, propugna una politica di assimilazione. Nel 1990, così come gli abhasi, anche gli osseti reagiscono autoproclamandosi "repubblica indipendente". L'invio di truppe da Tbilisi, per riprendere il controllo del paese, scatena violenti scontri armati e provoca la fuga di circa 40.000 profughi. Oggi, fonti georgiane riferiscono che nell’Ossezia meridionale restano tra i 10.000 e i 15.000 georgiani. Nel 1992, con un referendum, l'Ossezia vota compatta per l'indipendenza e l'integrazione nella Federazione Russa. La pace, negoziata dalla Russia, porta all’accordo di Sochi firmato nel 1992 che riconosce l'integrità territoriale della Russia e della Georgia e l'inviolabilità delle loro frontiere, ma lascia irrisolto il conflitto. L’accordo prevede inoltre la costituzione di una forza congiunta di mantenimento della pace (JPKF) tripartita; che è stata schierata nel luglio del 1992 ed è composta da 500 uomini delle forze di pace russe, 500 dell’Ossezia settentrionale e 500 della Georgia. Al momento i negoziati non hanno portato alla risoluzione del conflitto e non hanno nemmeno permesso il rientro dei profughi. 28. Negli ultimi anni della presidenza di Shevardnadze, la maggior parte degli osseti residenti nella zona del conflitto ha acquisito la cittadinanza russa e dispone, quindi, di passaporto della Federazione Russa. Ciò comporta, di conseguenza, un chiaro problema di sovranità. Durante le elezioni presidenziali russe del marzo 2004, le autorità locali hanno incoraggiato questi osseti a partecipare al voto. La tattica del nuovo capo georgiano, mirante a ristabilire l’ordine legittimo nella regione e a esercitare pressioni per la risoluzione del conflitto, ha causato gravi tensioni che sono esplose nuovamente nell’agosto del 2004. Tbilisi ha inviato nella regione forze del ministero dell’Interno, scatenando in primo luogo una lotta contro i fiorenti traffici di merci illegali in questa zona di confine. Gli scontri a fuoco che ne sono derivati, nell’agosto del 2004, hanno causato più di una trentina di morti. La popolazione georgiana che vive oggi in Ossezia si ritrova al centro degli interessi dei belligeranti, intrappolata e isolata dalle operazioni militari. Gli eventi che si sono verificati in agosto nella regione portano a temere l’irrigidimento sulle proprie opposte posizioni delle parti in conflitto e, quindi, la paralisi del processo di negoziazione. 29 Il deterioramento delle condizioni di sicurezza nella regione hanno ovviamente influito sulle relazioni tra la Russia e la Georgia. Le autorità russe ritengono indispensabile restituire la tranquillità alla regione e proteggere i propri cittadini. Le autorità georgiane mettono decisamente in discussione l’imparzialità delle truppe russe facenti parte delle forze di mantenimento della pace,

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e lamentano che queste forze non si attengono al principio dell’integrità territoriale del paese. Il presidente Saakashvili, nel denunciare l’aiuto militare fornito da Mosca all’Ossezia meridionale nonché la presenza sul suo territorio di mercenari, cosacchi e forze paramilitari che operano in sostegno dei ribelli osseti, paventa il fatto che “la guerra con la Russia è prossima".7 30 Durante i colloqui organizzati in Georgia, i membri della delegazione della NATO-PA hanno potuto incontrare autorità governative e internazionali e visitare il 113° Battaglione georgiano delle forze di mantenimento della pace di stanza in prossimità della “zona del conflitto”, Il battaglione garantisce la sorveglianza della zona, teoricamente smilitarizzata dopo la fine delle ostilità e la ripresa dei negoziati. La parte georgiana ha espresso preoccupazione per la costituzione di ciò che considera un vero e proprio esercito dell’Ossezia meridionale, resa possibile grazie ad aiuti esterni; e chiede insistentemente: la smilitarizzazione totale della zona, compresi i territori adiacenti al confine con la Russia; l’organizzazione di una conferenza internazionale sulla risoluzione del conflitto e la sostituzione dei contingenti della forza congiunta con forze di mantenimento della pace che siano imparziali e sotto un’autorità internazionale. Infine, la Georgia auspica un intervento internazionale per la sorveglianza dei movimenti di persone e cose, in entrata e in uscita, nel tunnel di Roki che collega la Russia alla Georgia. 3. Nagorno-Karabakh 31. Diversamente dai conflitti precedentemente descritti, il nodo centrale della questione è il controllo di questa enclave che da anni contrappone Azerbaigian e Armenia. Ovviamente le parti coinvolte nel conflitto adducono opposte versioni dei fatti, nel tentativo di dimostrare l’appartenenza storica del territorio alla propria rispettiva nazione. La situazione è particolarmente complessa a causa delle svariate correzioni apportate alla linea di confine azero-armeno, e delle conseguenti migrazioni di popolazione, sotto l'impero russo, prima; e sotto l'Unione Sovietica8, poi, che hanno ripetutamente stravolto l’equilibrio geopolitico ed etnico della regione. 32 Il Khanato di Karabah faceva parte della Russia in forza del trattato di Gulistan del 1813. Nel 1921 Stalin lo unisce formalmente, come provincia, alla Repubblica Socialista Sovietica dell'Azerbaigian; e nel 1923 lo dichiara repubblica autonoma all’interno del territorio dell’Azerbaigian9. Prima della guerra, la provincia contava una popolazione per il 21% azera e per il 77% armena. Nel febbraio del 1988 il Soviet del Karabah proclama unilateralmente il distacco dall'Azerbaigian e l'unione con l'Armenia. Nel giugno dello stesso anno il Soviet Supremo della Repubblica Socialista Sovietica di Armenia ratifica la decisione. Manifestazioni di protesta da ambo le parti del confine portano a violenti scontri etnici che, nel 1991, sfociano nella guerra. Il Karabah si dichiara indipendente il 18 luglio del 1992 e la guerra si conclude nel 1994 con un cessate il fuoco. Da allora la linea del cessate il fuoco separa l'Arzebaigian dall'Armenia e dalla provincia del Karabah, privando l'Azerbaigian di circa il 20% del suo territorio (la provincia del Karabah e sette distretti azeri occupati) e determinando un flusso di rifugiati e di profughi nei due paesi (280.00010 in Armenia e circa 800. 00011 in Azerbaigian). Tutti i negoziati tentati finora non hanno portato né a un accordo di pace, né a una composizione del conflitto per "il Karabah e i territori occupati". 33. La soluzione del conflitto coinvolge di fatto almeno tre protagonisti: l'Azerbaigian, che cerca di preservare la propria integrità territoriale; il Karabah, che invoca il principio del diritto all'autodeterminazione dei popoli; e l'Armenia, che vuole proteggere gli interessi della popolazione armena insieme con i suoi confini storici. A questi si aggiungono: la Russia, che ha apertamente sostenuto le forze armene, da un punto di vista sia militare sia diplomatico; l'Iran e la Turchia (quest'ultima ha sostenuto militarmente l'Azerbaigian) che sono interessate alla soluzione del

7 Intervista al presidente Saakashvili, 28 agosto 2004, Libération 8 Vedi il Trattato di Turkmanchay 1828 e la deportazionee 1948-1954 degli azeri dall’Armenia. 9 Council of Europe - Parliamentary Assembly, Report 7793, April 1997. 10 Fonte: UNHCR rapporto generale 2000, 360.000 secondo fonti ufficiali armene 11 Fonte: UNHCR-UNDP Azerbaigian, un milione secondo fonti ufficiali azere.

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conflitto. Nonostante quattro risoluzioni dell'ONU, che riaffermavano il principio di inviolabilità delle frontiere e condannavano l'uso della forza per ottenere vantaggi territoriali [Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell'ONU n. 822 (1993), 853 (1993), 874 (1993), 884 (1993)], e i tentativi di mediazione operati dalla co-presidenza russa, statunitense e francese sotto l'egida dell'OSCE, la situazione sembra senza via d'uscita. Da quasi dieci anni ormai, il Karabah e i territori occupati sono ufficialmente territori azeri, su cui però Baku non può esercitare la propria sovranità12. La chiusura13 della frontiera alla circolazione di persone e cose imposta dalle nazioni turche (Azerbaigian e Turchia) isola l'Armenia. Lungo la linea del cessate il fuoco si verificano regolarmente scontri armati che provocano nuove vittime e continui cambiamenti al tracciato del confine. 34 In Armenia come in Azerbaigian, tutti i governi devono affrontare la spinosa questione dei negoziati sul conflitto per il Nagorno-Karabakh. Le posizioni radicali assunte da certi partiti politici armeni, che rifiutano ogni forma di compromesso, o le dichiarazioni bellicose di alcuni partiti azeri lasciano spazio solo a vaghe speranze di una soluzione prossima del conflitto. Ne consegue che questi paesi rimangono paralizzati da una situazione conflittuale il cui impatto va ben oltre i confini dei due stati e polarizza la politica del Caucaso. L’Armenia si trova confinata in una posizione di enclave che potrebbe senza dubbio alleggerirsi se si raggiungesse una normalizzazione delle relazioni con i vicini turchi e azeri. La Turchia e l’Azerbaigian si rendono perfettamente conto del fatto che una regolarizzazione delle relazioni con l’Armenia potrebbe portare vantaggi economici, logistici e politici. Chi scrive si augura che le prospettive di cambiamenti politici nella regione e il nuovo orientamento politico dell’Unione Europea, in particolare il riavvicinamento alla Turchia, possano avere un ruolo positivo nella risoluzione del conflitto. 4. Altre potenziali minacce 35. Le altre minacce sono essenzialmente legate a movimenti di carattere nazionalista e indipendentista e potrebbero mettere in pericolo la coesione e la stabilità del Caucaso del sud . a. Adzaristan 36. L'Adzaristan gode da tempo di un alto grado di autonomia. Retta per oltre dodici anni dall'autoritario Aslan Abashidze, la regione ha acquisito un'ampia indipendenza economica e una certa autonomia politica. Situata in prossimità del tracciato del costruendo oleodotto, che nel 2005 convoglierà il petrolio esportato dal mar Caspio, l'Adzaristan è per la Georgia una regione strategica. Avendo il controllo del commercio proveniente dalla Turchia e di alcuni porti importanti del mar Nero (Batumi), si è dotata di una milizia armata e di un sistema amministrativo quasi autogestito. 37. Il neoeletto presidente georgiano nel desiderio di ristabilire l'autorità Tbilisi su tutte le regioni del paese ha ingaggiato, nella primavera del 2004, un braccio di ferro con il capo di questa regione irriducibile. La popolazione adzara, contraria alla politica di Abashidze, ha organizzato imponenti manifestazioni di piazza che hanno contribuito sicuramente a destabilizzarne il regime. La crisi si è conclusa con la partenza dell’ex uomo forte adzaro e una prima vittoria della “strategia di reintegrazione” del presidente Saakachvili. Va inoltre notato che la posizione del governo russo ha contribuito alla risoluzione di questa crisi. b. Talishtan

12 Principio dell’integrità territoriale dell’Azerbaigian riaffermato nel documento del vertice OSCE a Lisbona il 2-3 dicembre 1996. 13 Nei suoi commenti alla bozza, la delegazione turca ha dichiarato che la nozione di “blocco” nel diritto internazionale implica la preesistenza di uno stato di guerra tra le due parti interessate, In questo contesto, l’impiego di questo termine sarebbe quindi improprio. Per questa ragione chi scrive ha rinunciato ad usarlo.

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38. La regione si trova nel sud dell'Azerbaigian alla frontiera con l'Iran. Di forti tradizioni religiose sciite, la comunità talish in Azerbaigian (ufficialmente 76 84114 individui, contro i 500/600.000 stimati dai talish stessi) intrattiene stretti legami economici, religiosi e culturali con la regione contigua in territorio iraniano e parla un dialetto farsi (persiano). Nel 1919 quando era la "Repubblica Socialista Sovietica Talish-Mugan" visse un breve periodo di indipendenza, poi nel 1921 Stalin la integrò nel territorio dell'Azerbaigian. Nel 1993, il movimento separatista talish ha tentato di restaurare una repubblica indipendente, ma Baku ha represso severamente il movimento, condannandone buona parte dei dirigenti per attentato alla sicurezza e all'integrità dello stato. Il “presidente” della brevissima "Repubblica Autonoma dei Talish", Alikram Gumbatov, dopo una lunga detenzione in Azerbaigian, ha recentemente trovato asilo nei Paesi Bassi. 39. L'identità talish è fortemente radicata e si caratterizza sia per la sua diversità rispetto alla realtà turca della maggioranza azera sia per la sua affinità culturale e religiosa con il mondo persiano e iraniano. Se la politica autoritaria attuata dal presidente Heydar Aliev per contrastare il separatismo si è rivelata efficace, il sentimento e l'identità nazionale dei talish non è stato fiaccato. Non si può quindi escludere una recrudescenza di velleità indipendentiste in questo territorio economicamente prospero e dotato di risorse petrolifere. c. Lesghistan 40. I lesghi sono una minoranza presente nel territorio a cavallo della frontiera russo-azera e si differenziano dagli altri popoli della regione per le proprie specificità etniche e linguistiche. Si calcola che siano 250.000 in Dagestan (Federazione russa) e ufficialmente 178.02115 in Azerbaigian, ma secondo la comunità lesghina dovrebbero essere nel complesso 700.000. I lesghi hanno espresso ripetutamente velleità indipendentiste: nel 1991, un movimento denominato Sadval, creato in Dagestan nel 1990, ha invocato la creazione di un Lesghistan indipendente che riunisse i lesghi del Dagestan e quelli dell'Azerbaigian. Il Sadval è sospettato di essere responsabile di atti terroristici, tra cui l'attentato nella metropolitana di Baku, che nel 1994 ha causato 19 morti. È accusato inoltre di aver partecipato al sequestro di ostaggi in Dagestan nel 1996 e di essere implicato nell'attentato che, nel 1999, ha danneggiato un tratto dell'oleodotto Baku–Novorossijsk. Nel 1996, il movimento è stato disciolto, in collaborazione con le autorità russe, dall'amministrazione di Heydar Aliev che ha tratto in arresto gli attivisti più impegnati accusandoli di attentato alla sicurezza e all'integrità dello stato. Da allora, il movimento ha assunto una posizione più conciliante e pacifista e si concentra sullo sviluppo dell'autonomia culturale della comunità nei due paesi. Tuttavia, appare verosimile che le speranze di riunificazione in uno stato indipendente non siano state abbandonate. 5. Le minoranze transnazionali 41. Le minoranze transnazionali sono comunità etniche divise a causa dello spostamento dei confini del paese di origine. Grazie agli sforzi delle autorità governative, queste minoranze non hanno, finora, espresso il desiderio di essere ricongiunte al paese d'origine. In virtù di accordi bilaterali, gli stati interessati riconoscono l'intangibilità dei confini, accordano autonomia culturale a queste comunità e controllano che non si sviluppino movimenti nazionalisti. Questa complessità etno-geografica, comunque, costituisce un elemento di potenziale indebolimento per quegli stati. a. Gli armeni in Georgia: il Javakheti 42. In Georgia vive una popolazione armena di circa 420.000 individui (ufficialmente l'8% della popolazione georgiana), concentrata nelle grandi città e nel territorio del Samtskhe-Javakheti, che conta una popolazione per il 95% armena. Questa regione si trova lungo la frontiera armena, oltre

14 Ultimo censimento del 1999. 15 Ultimo censimento del 1999

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che sul tracciato dell'oleodotto, e ospita una base militare russa che dà lavoro alla maggior parte della popolazione. Un tempo il Javakheti apparteneva all'Armenia e, di recente, si sono levate voci armene che ne chiedono il ricongiungimento alla patria. Queste rivendicazioni appaiono al momento marginali, ma potrebbero inficiare le relazioni armeno-georgiane, specialmente nell'ipotesi di chiusura delle basi russe. Tuttavia, va detto che le comunità armene si sono espresse contro la chiusura della base militare russa in quel territorio. b. Minoranze azere in Georgia e georgiane in Azerbaigian 43. Si stima che circa 289 76116 azeri vivano in territorio georgiano (il 6,5% della popolazione) mentre alcuni villaggi in territorio azero sono popolati da georgiani. Grazie alle loro buone relazioni e ad accordi siglati dai rispettivi paesi (in particolare gli accordi di cooperazione bilaterale sottoscritti nel 1993 e nel 2004), le due comunità hanno validamente accesso all’istruzione e alla cultura nelle rispettive lingue madri. c L'Azerbaigian iraniano 44. Sin dagli inizi del XIX secolo, il territorio azero si trova ripartito in due: una parte costituisce l'attuale stato indipendente dell'Azerbaigian (un tempo parte dell'Unione Sovietica), l'altra appartiene all'Iran. Secondo fonti della CIA gli azeri in territorio iraniano costituiscono il 24% della popolazione iraniana; secondo fonti azere, invece, la loro consistenza sarebbe di tre volte superiore. In entrambe le parti, sono in atto movimenti che aspirano alla riunificazione, ma sono ancora marginali e tenuti sotto stretto controllo dai governi dei rispettivi paesi. Indubbiamente anche alcuni partiti politici aspirano alla riunificazione della nazione in un unico territorio. Un eventuale indebolimento dello stato iraniano, potrebbe offrire ai nazionalisti l'occasione per rilanciare l'idea. III. NUOVE SFIDE E NUOVE MINACCE A. CAUSE INTERNE DI DESTABILIZZAZIONE 1. Conseguenze della pauperizzazione e della disgregazione del tessuto

socioeconomico sulla demografia 45. La dissoluzione dell'Unione Sovietica ha lasciato in totale abbandono ampi segmenti dell'economia integrata delle tre repubbliche. Per quanto sia difficile ottenere dati statistici affidabili e anche se le statistiche ufficiali non sempre lo confermano, è comunemente accettato che in effetti la disoccupazione si attesta come minimo tra il 15% e il 20% della popolazione di questi paesi. Il tenore di vita degli abitanti è calato drasticamente rispetto a quello goduto sotto il regime sovietico. Alla crisi economica si è accompagnato il degrado dei servizi sociali. In base ai dati forniti dalle istituzioni internazionali, il 52% dei georgiani, il 57,3% degli armeni e il 47% degli azeri vivono al di sotto della soglia di povertà17 e il divario tra ricchi e poveri si è sensibilmente accresciuto. Tuttavia, vi sono segni di una lenta ripresa. Nel 2002 si è assistito a un aumento reale del PIL del 5.4% in Georgia, del 12.9% in Armenia e del 10.6% in Azerbaigian. 46. L'amministrazione farraginosa e inefficace, il bilancio pubblico insufficiente, la sproporzione tra i salari e i livelli di vita favoriscono lo sviluppo della corruzione e contribuiscono alla crescita di una forte economia parallela. L'organizzazione "Trasparenza Internazionale", nella sua classifica 2003 in base all'indice di percezione della corruzione, pone l'Azerbaigian e la Georgia al 124° posto e l'Armenia al 78° su 133 paesi valutati. 16 Dati comunicati dalla delegazione azera 17 Country brief 2004, World Bank Brief and CIA Fact sheets, 2004 http://www.worldbank.org/

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47. Le conseguenze sociali di questa situazione sono inquietanti. Innanzitutto una larga fetta di popolazione, spesso la più istruita, ha lasciato il proprio paese per cercare una vita migliore all'estero o per fuggire conflitti e instabilità politica. In tutti e tre i paesi si lamenta una pesante "fuga di cervelli" e la partenza dei migliori elementi della società. Questi movimenti migratori hanno, ovviamente, un impatto maggiore in paesi di piccole dimensioni come questi. Come nel caso degli indicatori economici, anche le statistiche demografiche non possono essere totalmente affidabili. Un’ampia porzione della popolazione possiede un secondo passaporto estero o gode del diritto di soggiorno in Russia. Inoltre, i dati statistici spesso prendono in considerazione solo le emigrazioni permanenti e ufficiali. Questi elementi, uniti alla presenza di rifugiati e profughi, complicano ulteriormente le statistiche. La materia è indubbiamente delicata, tuttavia studi indicano che questa regione sta vivendo un periodo di emigrazioni significative nonché di stravolgimento dell’equilibrio demografico. Gli effetti delle crisi economiche e politiche, uniti ai profondi cambiamenti socioeconomici, hanno un forte impatto sui comportamenti sociali. Nel complesso si registra una forte tendenza al ribasso del tasso di matrimoni, fertilità e nascite; contro un aumento dei divorzi, dell’età media dei matrimoni, a riprova di un profondo cambiamento in queste società, e un invecchiamento generalizzato della popolazione.18 48 In Armenia l’ultimo censimento ha registrato 2,9 milioni di abitanti, ma fonti diplomatiche, incontrate sul posto, stimano che in realtà solo 2,2 milioni di persone vivono nel paese, opinione condivisa dalle ONG locali. Lo stesso vale per le altre due repubbliche, ma in proporzioni differenti. In Georgia, fonti ufficiali parlano di un tasso di emigrazione del 2,3 per mille e di circa 218.000 persone emigrate all’estero tra il 1990 e il 1997. Per contro, le organizzazioni non-governative sostengono che nello stesso periodo almeno un milione di persone abbia lasciato il paese. In Azerbaigian, tenendo conto delle dimensioni della popolazione, più di 8 milioni secondo il censimento del 2001, gli effetti di queste nuove tendenze non sono ancora effettivamente percettibili. Tuttavia, il calo delle nascite e l’indice di crescita della popolazione confermano la tendenza generale. 49. Il disinteresse dello stato nel settore dell’istruzione ha ripercussioni molto preoccupanti. I livelli della salute e dell’istruzione pubblica scendono sempre di più. I nuovi orientamenti dei programmi e della didattica, la mancanza di testi scolastici e le innovazioni linguistiche (il passaggio dall’alfabeto cirillico a quello latino in Azerbaigian) contribuiscono a questo degrado. In risposta a questi problemi sono sorte varie scuole private decisamente costose e quindi, generalmente, riservate a una determinata élite cittadina e agiata, inasprendo così il divario tra le zone urbane e quelle rurali, tra i ricchi e i poveri. 2. Malcontento popolare e tendenze politiche estremiste 50. Le manifestazioni popolari che hanno fatto seguito alle ultime tornate elettorali nelle tre repubbliche testimoniano un crescente malcontento. Il processo evolutivo in questi paesi non è uniforme e le aree rurali subiscono maggiormente gli effetti della crisi. La miseria in cui vive la parte più svantaggiata della popolazione costituisce terreno favorevole per lo sviluppo di ideologie estremiste o nazionaliste. In Azerbaigian, gruppi religiosi islamici fanno proselitismo presso I poveri e I profughi. C’è quindi il chiaro rischio di uno slittamento verso il radicalismo di certa parte della popolazione e in particolare delle giovani generazioni segnate dalla guerra e dall’infanzia trascorsa nei campi profughi. 51. Nei tre paesi in questione si osserva una radicalizzazione dei partiti politici che spesso propugnano idee nazionaliste, scioviniste e bellicose. Questi partiti stanno riguadagnando

18 Georgian Centre of Population Research. UNFPA Second country cooperation framework for Armenia

(2000-2004), UNFPA third regular session 1999, Assistance to the Government of Azerbaijan and data from The State Statistical Committee of Azerbaijan Republic, World Development Indicators database, April 2004.

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consensi specialmente tra chi subisce maggiormente la crisi economica o chi si mostra nostalgico dell’era sovietica. 3. Comparsa di “zone grigie” o "zone a rischio" 52. La conseguenza diretta dell’andamento politico-economico di quest’ultimo decennio e del perdurare di conflitti irrisolti è stata la comparsa di zone che sfuggono al controllo dello stato, e che dimostrano, inoltre, la grave crisi dello stato e delle autorità centrali che molti dei paesi, scaturiti dal crollo dell’Unione Sovietica, si sono trovati ad affrontare. Alcune di queste entità si accontentano di essere integrate in uno “stato ospite”, fintantoché questo non si intromette nel suo sistema “autogestito”. Altre, invocando l’autodeterminazione, tagliano ogni legame con lo stato centrale di riferimento, creando di fatto situazioni illegali e di vuoto giuridico. Tipiche di queste zone sono la non sottomissione alle leggi nazionali e la mancanza di un’autorità e di un sistema di gestione riconosciuto. Alcune si limitano a ospitare zone commerciali “franche”, altre, gestite da “governi” privi di vincoli internazionali, sono sospettate di dare ricetto a organizzazioni criminali e vari traffici illeciti, di offrire asilo a terroristi o di servire da basi per organizzazioni paramilitari. Questo fenomeno inquietante potrebbe costituire un grave pericolo per la stabilità degli stati e la sicurezza globale del Caucaso del sud.

53. Questo fenomeno provoca ogni genere di congetture sulla natura delle risorse finanziarie di queste entità illegali. Alcuni paesi accusano i loro vicini di produrre stupefacenti o di favorirne il transito. L’Azerbaigian denuncia il fatto che i suoi territori occupati siano utilizzati per la coltivazione e il traffico di droghe illecite. La Georgia sospetta che l’Abhasia e l’Ossezia meridionale si prestino al traffico di armi. L’Adzaristan da tempo sfrutta la sua possibilità di controllo sui confini e il suo status particolare per sviluppare reti commerciali che Tbilisi considera mafiose. Verificare la consistenza di queste accuse è una faccenda delicata, tuttavia, è certo che la vicinanza della zona di conflitto cecena, la vicinanza delle rotte del traffico di droga, i bisogni finanziari di certi movimenti, la corruzione generalizzata e i controlli, spesso inadeguati, alle frontiere favoriscono l’instaurarsi di reti mafiose e criminali internazionali. La regione è un punto di smistamento ideale per il transito degli stupefacenti provenienti dall’Asia centrale, dall’Afghanistan, dal Pakistan e dall’Iran (attraverso il mar Caspio e le frontiere terrestri con l’Azerbaigian e l’Armenia20) e destinati ai laboratori libanesi, russi ed europei. Nonostante la mancanza di precisi dati statistici sulle dimensioni del fenomeno, si riscontrano nei tre paesi gravi problemi di tossicodipendenza, specialmente tra le giovani generazioni. 4. Altre zone d’interesse a. La Valle di Pankisi 54. Questa zona è abitata da una popolazione georgiano-cecena (i Kists) di circa 7.000 persone. Dall'inizio della guerra ha accolto un forte flusso di profughi ceceni stimato tra le 5.000 e le 7.000 persone. Con la sua configurazione montagnosa la zona, così come la frontiera con la Cecenia, è difficile da controllare. Le autorità russe ritengono che sia servita e possa servire da base arretrata e logistica per le forze separatiste cecene; parimenti si sospetta che abbia a suo tempo dato rifugio a militanti islamici legati ad al-Qaeda. Specialmente durante la prima guerra cecena, risorse finanziarie e attrezzature militari, provenienti da simpatizzanti e paesi arabi, sarebbero giunte in Cecenia attraverso la frontiera con il Pankisi. A più riprese le autorità russe, ritenendo che le autorità georgiane non fossero in grado di garantire un controllo sufficiente, hanno organizzato operazioni di polizia, talvolta anche senza consultarsi preventivamente con le autorità

20 Dictionnaire géopolitique des drogues, Alain Labrousse/2003 e rapporto dell’International Narcotic

Control Strategy 2001/2004

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di Tbilisi, come nel caso del bombardamento a sorpresa dei villaggi nell'agosto 200221. Il Presidente georgiano neoeletto ha dato nuovo impulso alle relazioni russo-georgiane in questo settore, avviando una cooperazione. In occasione del loro incontro a Mosca nel febbraio 2004, i due presidenti si sono impegnati a sviluppare una stretta collaborazione per il controllo effettivo della frontiera comune, per lo scambio di informazioni e per la formazione di pattuglie di frontiera congiunte con lo scopo di eliminare sospetti e congetture sul fatto che i separatisti ceceni possano continuare a ricevere sostegno dall’estero attraverso la Georgia. 55. Inoltre, dal 1999, la missione OSCE in Georgia esercita un’accurata sorveglianza dei confini orientali georgiani. In occasione della loro visita, i membri della Commissione sono stati informati del fatto che, a partire dal 2000, l’OSCE ha progressivamente moltiplicato le sue basi di osservazione e oggi copre tutta la frontiera con le province russe del Dagestan, della Cecenia e dell’Inguscezia. Il sistema d’osservazione realizzato assicura, giorno e notte, la sorveglianza dei principali punti di transito e garantisce un controllo efficace e sistematico di tutti i movimenti. Ovviamente questo sistema ha contribuito enormemente a rassicurare le autorità russe e georgiane sul fatto che questo confine è ormai praticamente sicuro. La missione OSCE impiega circa 177 persone, messe a disposizione dai 32 stati membri dell’organizzazione, nonché circa 135 georgiani distribuiti in squadre. Il mandato scadrà nel gennaio 2005. Gli interlocutori nazionali e internazionali incontrati in Georgia hanno appoggiato, pressoché unanimemente, la richiesta del capo missione OSCE di rappresentare nel presente rapporto l’assoluta importanza e necessità del rinnovo del mandato. Inoltre, sembra che l’estensione del sistema di osservazione al tratto di frontiera con l’Ossezia settentrionale, tunnel di Roki compreso, potrebbe contribuire molto a rafforzare il clima di fiducia necessario per risolvere il conflitto con l’Ossezia. In effetti sembra essenziale per consolidare la sicurezza in questa parte della Georgia e per sedare i sospetti su ambedue i lati del confine. B. CAUSE ESTERNE DI DESTABILIZZAZIONE 1. L'impatto del conflitto in Cecenia 56. Si può dire che la regione nel suo complesso ha subito le conseguenze del conflitto. Questa guerra, che contrappone la Russia ortodossa a un popolo musulmano, ha contribuito a rinfocolare i dissidi religiosi. La solidarietà dei paesi musulmani per la causa cecena è stata strumentalizzata da governi e istituzioni religiose. In alcune moschee indipendenti dell'Azerbaigian, senza alcun appoggio da parte delle autorità del paese, si sono sentiti discorsi che, con toni incendiari e prendendo a esempio la repressione cecena, esortavano i fedeli a riaffermare la propria identità e la propria fede musulmana. Questa situazione ha parallelamente incoraggiato l'evolversi di un movimento xenofobo contro i musulmani, ma anche contro i popoli caucasici nel loro complesso. 2. Questioni religiose regionali 57. L'apertura delle frontiere ex-sovietiche e il rinnovato interesse delle popolazioni per i fenomeni religiosi hanno favorito l'instaurarsi di movimenti di proselitismo religioso. I conflitti nel Caucaso del sud, inoltre, hanno attirato mercenari, veterani dell'Afghanistan e anche membri di organizzazioni estremiste che contribuiscono alla diffusione di ideologie religiose oltranziste e politicizzate. 58. L'Azerbaigian ha una popolazione di etnia turca e quindi vi è una presenza dominante di sciiti, il nord del paese è abitato da varie minoranze, tra cui quella sunnita è piuttosto numerosa. Questo paese sta vivendo, specialmente nelle zone rurali, un forte rinascimento religioso e costituisce, per la sua posizione al confine tra il mondo cristiano e quello musulmano, un’area di interesse strategico per le organizzazioni religiose musulmane.

21 Informazioni corroborate da fonti OSCE et RFE/RL. Il portavoce della Casa Bianca aveva all’epoca

condannato gli “interventi dell’aviazione militare russa nella regione” 23 agosto 2002.

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59 La vicinanza linguistica e culturale con il mondo turco ha favorito lo sviluppo di legami religiosi e l'insediamento in Azerbaigian di alcune istituzione religiose turche. Secondo il Comitato di Stato per le relazioni con le istituzioni religiose, su 150 moschee di nuova costruzione, 36 sono state finanziate da movimenti turchi. Inoltre, molti studenti azeri sono stati mandati in Turchia a studiare nelle scuole coraniche. 60. Non si dispone di statistiche relative agli aiuti provenienti dall’Iran, che hanno assunto forme diverse in virtù della vicinanza geografica dei due paesi. La tradizione religiosa, la comunanza linguistica e la posizione confinante della regione meridionale (Talishstan) con l'Iran hanno facilitato scambi d'istruzione nel settore religioso, l’importazione di letteratura religiosa iraniana e la formazione del clero presso istituzioni iraniane. 61. Grazie ai progetti umanitari, le organizzazioni religiose arabe sono riuscite a introdursi tra i profughi. Stando al Comitato di Stato circa 62 moschee (sulle 150 di nuova costruzione), sono state finanziate dalla medesima organizzazione kuwaitiana Islamic Hereditary Development Society. Si sa che queste comunità, stabilitesi in Azerbaigian, hanno collegamenti, in linea di massima prevedibili, con movimenti religiosi nel Caucaso del Nord. Non è improbabile che alcuni abbiano sfruttato la propria presenza nel Caucaso del sud come punto di partenza per attività nel Caucaso del nord e in Cecenia. 62. In Georgia, nei distretti popolati da azeri, nelle regioni settentrionali del paese e in Adzaristan, Meskhetia e Abhasia, vivono tre antiche comunità musulmane. Secondo il censimento del 1989, approssimativamente il 12% della popolazione georgiana è musulmana. Le comunità sunnite (in Adzaristan, Meskhetia e Abhasia) vivono fianco a fianco con quelle sciite dei “distretti azeri”. La tradizione di reciproca tolleranza religiosa sembra sussistere, almeno per ora, tra le dominanti comunità cristiane e le minoranze islamiche. Si sono rilevati solo pochi casi isolati di comunità religiose (in Adzaristan o tra i Kists del Pankisi) tentate da estremismi salafisti, se sunnite, o wahhabiti, se kists. 63. Al momento, nella regione, le tendenze religiose sono moderate. Nondimeno la religione è un fattore chiaro ed essenziale dell’equilibrio geopolitico della regione. Il fatto che comunità cristiane si trovino in territorio musulmano (Nagorno Karabakh), o condividano la maggior parte dei propri confini con paesi musulmani (Armenia) oppure che, viceversa, minoranze musulmane vivano su territori cristiani (Adzaristan, Abhasia ecc) è il segno di una coesistenza storica delle religioni nel Caucaso. La libertà di coscienza e di religione è un diritto fondamentale assolutamente necessario per una vita e una coesistenza pacifica. 3. La spartizione delle acque del mar Caspio 64. A circa 13 anni dalla dissoluzione dell'Unione Sovietica e dalla comparsa dei nuovi Stati del Caucaso del sud e dell'Asia centrale, la questione della suddivisione delle acque del mar Caspio, e quindi la definizione dei confini marittimi dei paesi rivieraschi (Federazione russa, Azerbaigian, Iran, Turkmenistan e Kazakhstan) e il loro accesso alle risorse petrolifere non ha ancora trovato soluzione. Nel 2003, i negoziati trilaterali tra tre (Azerbaigian, Kazakhstan e Federazione russa) dei cinque paesi rivieraschi hanno portato a un accordo parziale sulla definizione delle linee che delimitano le loro acque territoriali. Tuttavia, manca ancora un accordo tra tutti i paesi sullo status del mar Caspio. In questa situazione, è difficile immaginare come si possano sfruttare le risorse marine e il petrolio off-shore senza ingenerare conflitti di interesse. Si sono registrati infatti alcuni incidenti tra i paesi rivieraschi che sembrano preludere a un inasprimento della questione. Nel 2001 il consorzio petrolifero guidato dalla British Petroleum ha dovuto interrompere la propria attività di sfruttamento, nella zona off-shore contestata, a seguito di un intervento armato dell'Iran teso a bloccare qualsiasi operazione nella area che considera sotto la sua sovranità. In questo contesto, gli iraniani hanno anche sollevato la questione legata, a loro dire, allo status del mare: la

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non-militarizzazione del Caspio. Questa questione senza dubbio avrà un ruolo importante nei futuri negoziati tra i cinque paesi rivieraschi. 4. Presenza militare russa nella regione 65. Per tradizione e vicinanza geografica e storica, la Russia intrattiene stretti rapporti con il Caucaso. La sua posizione geopolitica e i suoi interessi nel bacino del mar Caspio spiegano la politica strategica condotta dalla Russia nella regione. Importanti vincoli economici la legano alle tre repubbliche. Essendo co-presidente del Gruppo Minsk (OSCE); membro del “gruppo di amici del Segretariato Generale delle Nazioni Unite” per la risoluzione del conflitto in Abhasia; principale fornitore di personale per le missioni di mantenimento della pace della CSI in Caucaso; oltre a rappresentare una delle quattro componenti della Commissione di Controllo della forza di mantenimento della pace quadripartita in Ossezia meridionale e a mantenere strutture militari e/o truppe in ciascuna dei tre paesi; la Russia ritiene di avere, e naturalmente si vede assegnare, un ruolo particolare in tutte le discussioni per i negoziati regionali e partecipa a tutti i processi decisionali strategici della regione. 66. In virtù di un'alleanza tradizionale tra i due paesi, la Russia mantiene un'importante base militare (3,500 uomini e attrezzature) in Armenia, paese con cui intrattiene stretti rapporti di cooperazione nel settore militare. 67. Tre basi russe (4.000 uomini e attrezzature) si trovano, invece, sul territorio georgiano e operano senza il consenso delle autorità nazionali. Queste basi sono a Gudauta in Abhasia, a Batumi (in Adzaristan) e ad Akhalkalaki (in Javakheti). Come le installazioni russe in Moldavia, queste basi sono soggette alle limitazioni dettate dal Trattato sulle Forze Convenzionali in Europa (FCE) e come in Moldavia avrebbero già dovuto essere evacuate. Le autorità russe pretendono di restare ancora per 10 anni, mentre i georgiani sono disposti a consentirne solo tre. Si attendono progressi in materia. La ratifica del Trattato sulle Forze Convenzionali da parte dell'amministrazione americana è condizionata al ritiro dalla Georgia e dalla Moldavia delle forze russe. 68. Le autorità russe sostengono di aver ritirato le truppe di Gudauta, quelle presenti lo sarebbero in virtù dell’accordo CSI sulle forze di mantenimento della pace della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI), autorizzata dal Trattato FCE. Una delle ragioni principali, addotte dalle autorità russe per mantenerle operative, è l'instabilità della regione e le sue conseguenze sulla parte russa del Caucaso. Secondo alcuni osservatori, i militari russi avrebbero sostenuto certi movimenti separatisti per motivare la presenza della Russia nella regione a fini di sicurezza. Stando ad alcuni interlocutori incontrati in Georgia dalla delegazione della NATO-PA, la recente crisi in Ossezia meridionale sarebbe un esempio di questa forma di ingerenza negli affari georgiani e un’operazione destinata a rafforzare il ruolo di sicurezza della Russia. 69. L'amministrazione Putin ha cercato di ristabilire relazioni militari con l'Azerbaigian, precedentemente compromesse dall'impegno russo in Armenia. Questo riavvicinamento a Mosca si è concretizzato, nel 2002, con un primo accordo, che cede alla Russia (a pagamento) l'uso della base radar di Gabala per un periodo di 10 anni, cui ha fatto seguito, nel 2003, un secondo accordo che stabilisce una stretta cooperazione in particolare nel settore degli armamenti e della formazione di quadri militari. Questa evoluzione indica il desiderio di Mosca di normalizzare le sue relazioni con la Georgia e l'Azerbaigian e, quindi, di non essere soltanto partner dell'Armenia. I recenti sviluppi confermano la perdita di slancio dell'iniziativa GUUAM (Georgia, Ucraina, Uzbekistan, Azerbaigian e Moldavia). Questa alleanza, parallela agli accordi di sicurezza collettiva della CSI, è considerata come una risposta alternativa all'iniziativa russa e della Comunità degli Stati Indipendenti (CIS) in materia di sicurezza regionale. Oggi, si direbbe che, avendo abbandonato alcune delle proprie ambizioni politiche, questa organizzazione si sia indirizzata verso una politica complementare a quella della CSI. In particolare, l’iniziativa GUUAM si occupa di

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cooperazione in materia di lotta al terrorismo e all’estremismo, nonché di accordi di carattere commerciale. 5. Il nuovo ordine regionale 70. Dall'indipendenza, la Georgia e l'Armenia godono di un certo sostegno americano. In Azerbaigian, la cooperazione ha recentemente conosciuto nuovi sviluppi dopo l’abolizione dell’articolo 907 del Freedom Support Act, che tra il 1992 e il 2001 ha impedito agli USA un sostegno diretto a favore di strutture governative. Nonostante un forte sostegno americano, dovuto in particolare all’azione della diaspora armena, l'Armenia resta l’alleato tradizionale della Russia, nella regione. Il nuovo ordine mondiale creatosi dopo l'11.09.2001, unito alle recenti operazioni militari in nome della lotta contro il terrorismo, favorisce lo sviluppo di nuove forme di cooperazione con questi paesi. a. Intesa Russia-USA nel Caucaso del sud

71. L'intervento della coalizione internazionale in Afghanistan e la recente convergenza di interessi della comunità internazionale, e più specificatamente degli Stati Uniti, con le preoccupazioni russe per la sicurezza nella lotta contro il terrorismo, hanno parzialmente modificato l'equilibrio regionale. Vi è una chiara ridefinizione delle priorità statunitensi nella regione, che si manifesta nel rafforzamento della presenza americana22. Poco dopo l'installazione di basi americane in Asia centrale, Washington ha inviato istruttori militari in Georgia (programma train and equip [addestrare e attrezzare] - aprile 2002 - circa 200 esperti e 10 elicotteri). 72. Il rinnovato interesse degli USA per la regione, determinato, tra l’altro, da importanti investimenti nello sfruttamento del petrolio del bacino del mar Caspio, coincide con un gran ritorno della Russia nel settore della cooperazione militare e con il rafforzamento della sua politica economica ed energetica. 73. Una nuova tendenza russa, illustrata dalla teoria de "l’impero liberale russo” di Anatoli Tshubaïs23, prevede il mantenimento dei legami politici essenziali e privilegiati con i paesi del “vicino estero” (le Repubbliche dell’ex URSS confinanti) grazie alla posizione della Russia nei settori strategici dell’economia. La strategia russa nel Caucaso del sud, quindi, è di privilegiare lo sviluppo di stretti legami economici e una cooperazione militare. Nell’ambito dei consorzi petroliferi, la Russia prende posizioni determinanti e, nelle tre repubbliche, realizza investimenti che le garantiscano una posizione privilegiata tra le imprese importanti (la distribuzione di elettricità in Georgia e in Armenia, per esempio). La proliferazione degli accordi di cooperazione tra Mosca e le repubbliche per la sicurezza dei confini comuni e lo sviluppo di una stretta cooperazione per la lotta contro il terrorismo confermano questa tendenza. b. Evoluzione delle alleanze 74. Ci si potrebbe chiedere quali siano i limiti di questa coabitazione russo-americana nel Caucaso del sud. La volontà comune delle due potenze di contenere l’impennata del terrorismo e di stroncare i traffici illeciti deve confrontarsi con un certo grado di rivalità geostrategica ed economica. I nuovi stati del Caucaso del sud potrebbero ritrovarsi in una situazione delicata di fronte a scelte politiche incompatibili, specialmente nel settore militare. Inoltre, c’è chi in Russia vede con inquietudine ciò che percepisce come un espansionismo americano in una zona, per natura, d’influenza russa. In una certa misura, queste scelte strategiche restano legate alle variazioni nelle relazioni russo-americane.

22 Questa nuova strategia non deve comportare un ammorbidimento delle posizioni americane in materia

di promozione dei diritti umani. 23 Anatoli Tshoubaïs ha orchestrato la politica di privatizzazione di Boris Eltsine.

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c. Concorrenza economica e strategica: verso una nuova frattura? 63. I grandi progetti internazionali per l’esportazione di risorse petrolifere attraverso la Georgia e la Turchia contrastano con i progetti di Mosca che vorrebbe fare transitare il petrolio nel suo territorio fino al porto di Novorossijsk. Parimenti, la Russia sembra assolutamente infastidita dall’ipotesi di una forza militare congiunta (Turchia, Georgia e Azerbaigian) con il compito di sorvegliare e proteggere gli oleodotti dalla minaccia terroristica. Si direbbe non solo che la Russia abbia difficoltà ad accettare la presenza militare turca, e in generale straniera, su un territorio del “vicino estero”; ma anche che l’Armenia, sostenuta da Mosca, tema l’isolamento visto l’accerchiamento militare. Questo progetto rischia di dividere la regione in due blocchi separati dal corridoio euroasiatico. Il primo blocco è composto da Georgia, Azerbaigian e Turchia e si collega ai progetti per il petrolio (Baku, Supsa-Ceyhan) e per il gas appoggiati dagli Stati Uniti e dalle compagnie petrolifere occidentali. Un oleodotto di circa 1.760 km attraverserà l’Azerbaigian, la Georgia e la Turchia per portare, dalla primavera del 2005, il petrolio sul Mediterraneo nel porto turco di Ceyhan (35 milioni di tonnellate all’anno, entro il 2010). Più o meno con lo stesso percorso, nel prossimo futuro, dovrebbe essere costruito anche un gasdotto per l’esportazione del gas azero. Sono allo studio altri progetti per consentire l’esportazione delle immense riserve di gas del Turkmenistan. Il secondo blocco comprende i paesi che si trovano sull’altro versante dell’oleodotto e che sono economicamente e politicamente svantaggiati dal progetto. L’Armenia, sostenuta da Mosca, si associa alla Grecia per contrastare “l’accerchiamento turco” e sviluppa con l’Iran progetti economici. Un accordo, per circa 120 milioni di dollari, è stato concluso con l’Iran per la costruzione di un gasdotto che, in una prima fase, rifornirà l’Armenia di gas iraniano. Questo progetto potrebbe essere ulteriormente sviluppato per controbilanciare le "rotte energetiche settentrionali". d. Le relazioni con la NATO 76. Dal 2004, l’Azerbaigian e la Georgia partecipano a una nuova forma di cooperazione con la NATO attraverso il Piano d’azione individuale per il Partenariato della NATO (IPAP).24 Questo programma offre la possibilità di stabilire un Piano d’azione per l’Adesione (MAP) individuale e specifico per l’applicazione delle riforme e lo sviluppo di una cooperazione mirata. Questi due paesi desiderano diventare membri effettivi della NATO. La delegazione ha ascoltato in proposito il presidente Saakashvili. Anche l’Armenia, pur mantenendo il suo tradizionale attaccamento al partenariato con la Russia, sembra voler sviluppare una cooperazione più stretta con la NATO. Il presidente Kocharian ha spiegato in modo esauriente alla delegazione della NATO-PA, la sua politica di diversificazione e la complementarità delle alleanze dell’Armenia. Giustificata da una posizione geopolitica difficile, questa politica è dimostrata dalla recente iniziativa dell’Armenia di impegnarsi nel programma IPAP pur mantenendo le sue scelte politiche tradizionali. Il presidente Kocharian ha precisato che, per il momento, l’Armenia non aspira a diventare membro effettivo della NATO. 77. Alla luce di quanto detto, alla frattura regionale annunciata dalle prospettive economiche si aggiungerebbe una frattura politico-militare mettendo a rischio la coesione della regione. Allo stesso tempo, la questione di un rafforzamento delle relazioni militari con la NATO, in particolare l’installazione di basi su quei territori del Caucaso del sud, anche se ancora là da venire, è fortemente avversata da Mosca e da Teheran.25 Questa opposizione di principio alla presenza di forze straniere in Georgia e in Azerbaigian rischia di rimettere in discussione l’attuale “intesa amichevole russo-americana” e potrebbe imporre a questi paesi un'imbarazzante scelta di campo strategica. 78. L’ultimo vertice NATO a Istanbul ha ratificato l’intensificarsi delle relazioni con il Caucaso e l’Asia centrale. Non solo si presterà particolare attenzione a queste regioni, ma l’Alleanza ritiene

24 Creato al vertice di Praga 2002 25 RFE/RL "Transcaucasia and Central Asia" Rapporti

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anche necessario rafforzare cooperazioni strategicamente importanti nel Caucaso. A questo scopo, il 15 settembre 2004, il Segretariato Generale della NATO, Jaap de Hoop Scheffer, ha nominato Robert Simmons quale Rappresentante speciale per il Caucaso e per l’Asia Centrale. Parimenti, la nomina di due ufficiali di collegamento con queste due regioni dovrebbe facilitare i contatti e lo sviluppo di stretti rapporti di lavoro. Il comunicato emesso dopo il vertice di Istanbul rilancia anche l’importanza della zona del mar Nero e impegna l’Alleanza a sostenere e partecipare agli sforzi per rafforzare la stabilità e la sicurezza nella regione. 79. La persistenza di conflitti locali e regionali non semplifica la cooperazione regionale. La recente cancellazione di un’esercitazione NATO in Azerbaigian, NATO Cooperative Best Effort-2004, che si sarebbe dovuta tenere il 14-23 settembre 2004, getta un’ombra sulle prospettive di cooperazione a livello regionale. In pratica, avendo le autorità azere rifiutato la concessione dei visti d’ingresso agli ufficiali armeni, la NATO non ha potuto mantenere il progetto e ha cancellato l’esercitazione. L’Assemblea parlamentare della NATO, che ha in programma un seminario Rose-Roth a Baku per il prossimo novembre 2004, si augura che in quell’occasione non si verifichi un incidente di questo genere. I seminari della NATO-PA devono essere aperti a tutti i paesi membri e associati. e. L’Unione Europea 80. L’Unione Europea (UE) ha incrementato la sua attenzione su questa regione, nominando, nel giugno 2003, un Rappresentante speciale dell’Unione Europea per il Caucaso del sud, Heikki Talvitie. Più concretamente, il vertice UE, tenutosi nel giugno 2004, ha stabilito di estendere la propria “politica europea di vicinato” alle tre repubbliche del Caucaso del sud, che sono ora inserite nei programmi Europe plus large-Wider Europe. Grazie a un processo graduale, i governi delle tre repubbliche potranno definire un “piano d’azione nazionale” che determinerà la portata della cooperazione con l’Unione. L’UE rimane profondamente attaccata al rispetto e alla messa in pratica dei valori e dei principi democratici e agli sforzi per una risoluzione pacifica dei conflitti. Anche il Parlamento europeo desidera che l’UE accresca il proprio contributo e incoraggi lo sviluppo di rapporti più ampi, sia commerciali sia politici, con gli stati di questa regione. Nel febbraio 2004, il Parlamento ha rilanciato il progetto per sviluppare un “Patto di Stabilità per il Caucaso del sud”, traendo le conclusioni del Patto per l’Europa del sud-est. Alcune autorità del Caucaso, in particolare il presidente Saakashvili, hanno già dichiarato il proprio desiderio di impegnarsi in una stretta cooperazione e di prendere in esame le condizioni per diventare, in futuro, membro dell’Unione. f. Il ruolo della Turchia 81. Questa nuova configurazione deve anche tenere conto del ruolo economico e politico che la Turchia intende avere nella regione. Recentemente si è notato l’impegno del governo turco nell’opera di mediazione durante la crisi adzara. La diplomazia turca, spinta, tra l’altro, dall’idea dell’integrazione europea, si augura di contribuire agli sforzi di negoziazione per il conflitto nel Karabah e lascia intravedere la possibilità di una normalizzazione dei suoi rapporti con l’Armenia. A questo proposito, una serie di recenti iniziative aprono nuove prospettive. La Turchia e l’Armenia hanno avviato un dialogo tra i ministri degli Esteri. La delegazione turca ha fatto sapere a chi scrive che queste consultazioni dovrebbero portare all’attuazione di una “road map” per la normalizzazione delle relazioni turco-armene. Nel suo comunicato, la delegazione turca ha riconfermato di “non avere nulla in contrario alla normalizzazione delle relazioni con l’Armenia”. Il sottosegretario agli Esteri armeno e il Presidente della Repubblica hanno fatto altrettanto dichiarando che il loro paese aspira a una normalizzazione delle relazioni con i vicini turchi, con particolare riferimento alla liberalizzazione della situazione alla frontiera. Due voli settimanali collegano già regolarmente Erevan con Istanbul e, richiedendo un visto, i cittadini dei due stati possono viaggiare da un paese all’altro. Questi elementi dimostrano un nuovo impulso nelle relazioni tra questi due paesi.

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. IV. SOMMARIO E CONCLUSIONI 82. In poco più di un decennio, il Caucaso del sud ha subito numerosi e profondi cambiamenti. Divenute indipendenti, le Repubbliche di Armenia, Azerbaigian e Georgia hanno ereditato molti problemi dovuti al crollo dell’Unione Sovietica e alle sue conseguenze. Secessioni territoriali, conflitti armati, spostamenti di popolazione, difficoltà economiche e sociali, la transizione verso un sistema democratico e la creazione di un nuovo stato sono alcune delle sfide che queste repubbliche hanno dovuto affrontare. 83. Anche se non si può ancora parlare di una vera stabilità politica, è importante sottolineare che in una decina d’anni appena queste nuove repubbliche hanno saputo creare i loro stati, consolidarli e dotarli di istituzioni. Nella presente relazione si sottolineano le dimensioni dei risultati ottenuti ma si vuole anche evidenziare il fatto che persistono dei problemi. Si attendono progressi concreti per il consolidamento e il buon funzionamento delle istituzioni democratiche e per il rispetto dei diritti umani. Inoltre si ribadiscono le raccomandazioni delle istituzioni internazionali che richiedono seri sforzi per radicare questi valori democratici e per proseguire nell’opera di trasformazione dei queste società post-sovietiche. È necessario rafforzare il dialogo regionale in modo da promuovere la risoluzione dei conflitti. 84. La stabilità e la sicurezza nella regione sono ancora potenzialmente minacciate da numerosi fattori destabilizzanti. Oltre ai conflitti, in corso o latenti o congelati, questa relazione individua due tipi di minacce che potrebbero rimettere in discussione l’attuale quiete nella regione. Si tratta di cause di destabilizzazione potenziale: interne (problemi di coesione degli stati; difficoltà economiche, demografiche e sociali; crimine organizzato e corruzione; ideologie estremiste ecc.) ed esterne (geopolitica regionale, militarizzazione della regione, impatto del conflitto ceceno, minacce terroristiche ecc.); tutte esaminate in dettaglio in questa relazione. In conclusione questo documento constata che lo sviluppo e la prosperità di questi tre paesi, così come l’evoluzione complessiva della regione, sono ostacolati dalla persistenza di conflitti territoriali e transnazionali. 85. Infine, chi scrive ha voluto trattare questioni più generali di geopolitica regionale, prendendo in considerazione gli sviluppi dell’industria energetica che fanno di questa regione un nuovo polo di attrazione commerciale. Le tre repubbliche del Caucaso del sud sono partner strategici per la NATO, che è convinta dell’importanza di sviluppare ulteriormente le sue relazioni con una regione cruciale per la stabilità della periferia dell’area euroatlantica. 86. In previsione di un rafforzamento dei progetti della NATO in questa regione, confermato dalle decisioni del vertice NATO a Istanbul, l’Assemblea parlamentare ha un’ottima possibilità per intensificare con i parlamentari di quei paesi una riflessione e una cooperazione sulle comuni preoccupazioni in materia di sicurezza. 87. In quest’ottica, chi scrive raccomanda:

All’Assemblea:

di prestare particolare attenzione al Caucaso del sud e all’Asia centrale, e di promuovere una collaborazione particolare con quelle regioni. È essenziale che si sviluppi una conoscenza individuale e regionale di questi paesi e si incoraggi il dibattito sulle questioni strategiche;

di adoperare in questo contesto il vantaggio offerto dalla struttura indipendente e

flessibile dell’Assemblea, per incrementare il numero dei contatti formali e informali con le autorità di questi paesi e per promuovere lo sviluppo di reti di comunicazione;

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di sviluppare un dialogo, in sede di Assemblea, con gli Stati membri e i partner della NATO e, in particolare, con gli stati (la Federazione Russa e la Turchia) collegati per storia e posizione geografica a queste zone, sulle condizioni necessarie per rafforzare la stabilità regionale nonché sulle condizioni preliminari e le possibili conseguenze di un rafforzamento delle relazione della NATO con questi stati.

Alla Commissione per la dimensione civile della sicurezza:

di proseguire nelle attività connesse a questa regione e di sviluppare una conoscenza regionale di questi paesi;

di analizzare, nel quadro di un prossimo rapporto, le possibilità di risoluzione dei conflitti

di questa regione alla luce delle iniziative internazionali già esistenti e di studiare in questo contesto il contributo dell'Alleanza.

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- APPENDICE –

DOCUMENTI DI RIFERIMENTO • Relazione della Commissione di monitoraggio dell'Assemblea Parlamentare del Consiglio

d'Europa (PACE) “Funzionamento delle Istituzioni democratiche in Georgia”, Doc.10049, 26 gennaio 2004; “ Funzionamento delle Istituzioni democratiche in Azerbaigian”, Doc 10030, gennaio 2004; e “Rispetto degli obblighi e degli impegni dell'Armenia », Doc. 10027, 12 gennaio 2004 e Doc 10286, 7 ottobre 2004. Rapporto di Jean Seitlinger, “Conflitti in Transcaucasia”, Doc. 7793, 10 aprile 1997; Rapporto di Mme Vermot-Mangold “Situazione dei rifugiati e dei profughi in Armenia, Azerbaigian e Georgia », Doc 9480 27 giugno 2002.

• Documenti OSCE: OSCE “Background Information paper” preparato per la visita dei Capi

delegazione OSCE, 5-6 settembre 2004; Rapporto finale d’osservazione sulle elezioni: Elezioni Presidenziali in Armenia, 5 marzo 2003, Elezioni Presidenziali in Azerbaigian 15 ottobre 2003, Elezioni Presidenziali in Georgia, 4 gennaio 2004; Documenti dei vertici OSCE a Lisbona, 2-3 dicembre 1996, a Budapest nel 1994 e a Istanbul nel 1999

• Agenzie delle Nazioni Unite: UNDCCP, Report on illegal drug trade in Russia; UNHCR:

General report 2002-2003; UNFPA: “Country Cooperation Framework” per l’Azerbaigian e l’Armenia e per le statistiche demografiche; sito web UNDP nei singoli paesi per le relative informazioni generali; UN Chronicle, “The Caspian Sea still undefined” Oksana Kim, 2004.

• NATO-PA, resoconti dei seminari Rose-Roth tenuti in Georgia nell’ottobre 2002 e Comunicato

del vertice NATO a Istanbul, 28 giugno 2004. Nato Defense College, “The South Caucasus: Promoting values through cooperation”, seminar report No. 20, July 2004.

• Geo-economics, quarterly review No. 28, winter 2003-2004, “Caucasus: risks and stakes”. • Geopolitical dictionary of drugs, Alain Labrousse, Editions de Boeck et Larcier 2003. • Mehdi Parvizi Amineh “Globalisation, geopolitics and energy security in Central Asia and the

Caspian Region”, May 2003. • “Islam and the practice of Islam in Georgia”, George Sanikidze and Edward Walker, Institute of

Oriental Studies at the Academy of Science in Tbilisi and the University of Berkeley. April 2004. • Central Asia-Caucasian Institute, Johns Hopkins University June 2004: "Regional Security in

the South Caucasus: the role of NATO”, S. Cornell, F. Starr . • Central Asia and the Caucasus, Review of Social and Political Studies, 2004. • CIA- The world Fact Book 2003-2004. • RFE/RL “Is Russo-Georgian rapprochement a threat for the Chechens?” J.C. Peuch

13th February 2004. • International Narcotic Control Strategy Reports 2001, 2003 and 2004.

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• Géoéconomie, rivista trimestrale N° 28, inverno 2003-2004, « Caucase risques et enjeux ». • CIA- The world Fact Book 2003-2004. • UNDCCP, Report on illegal drug trade in Russia • NATO PA, Rapporto del seminario Rose-Roth a Tbilisi, Georgia, ottobre 2002. • RFE/RL « Le rapprochement russo-géorgien est il une menace pour les Tchétchènes?” • J.C.Peuch 13 febbraio 2004.