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Spiegazione della messa Semplicissima spiegazione della Santa Messa secondo il rito romano Premessa Questo testo deriva da un corso di catechismo tenuto a dei ragazzi. Non vuole essere in nessun modo un testo scientifico, né ha la pretesa della completezza. Gli studiosi e gli esperti di liturgia non vi troveranno nessun apparato scientifico. Questo opuscolo vuole essere solo un testo di divulgazione, un rapido sussidio per il fedele che si avvicina alla Messa di rito romano e vuole avere un’idea più chiara del senso dei riti che vede compiere. L’unica pretesa che vogliamo avere è quella di una certa esattezza, anche se si capirà che data la natura dell’opera molte cose discusse sono date per certe e molte cose complesse sono date per semplici. Ogni affermazione però vuole avere per fonte, oltre ai testi liturgici stessi, degli autori antichi e moderni di sicuro valore, cui rimandiamo coloro che vorranno approfondire: lo Jungmann, il Righetti, il Moroni, il Card. Bona, il Card. Schuster, e tanti altri. Speriamo che la comprensione più esatta dei riti serva a ciascuno per conoscere meglio colui che da questi riti è rappresentato e significato, Nostro Signore Gesù Cristo. Don Mauro Tranquillo 1 / 24

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Spiegazione della messa

Semplicissima spiegazione della Santa Messa secondo il rito romano

Premessa

Questo testo deriva da un corso di catechismo tenuto a dei ragazzi. Non vuole essere in nessunmodo un testo scientifico, né ha la pretesa della completezza. Gli studiosi e gli esperti di liturgianon vi troveranno nessun apparato scientifico. Questo opuscolo vuole essere solo un testo didivulgazione, un rapido sussidio per il fedele che si avvicina alla Messa di rito romano e vuoleavere un’idea più chiara del senso dei riti che vede compiere.

L’unica pretesa che vogliamo avere è quella di una certa esattezza, anche se si capirà che datala natura dell’opera molte cose discusse sono date per certe e molte cose complesse sono dateper semplici. Ogni affermazione però vuole avere per fonte, oltre ai testi liturgici stessi, degliautori antichi e moderni di sicuro valore, cui rimandiamo coloro che vorranno approfondire: loJungmann, il Righetti, il Moroni, il Card. Bona, il Card. Schuster, e tanti altri. Speriamo che lacomprensione più esatta dei riti serva a ciascuno per conoscere meglio colui che da questi riti èrappresentato e significato, Nostro Signore Gesù Cristo.

Don Mauro Tranquillo

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Spiegazione della messa

IL RITO DELLA MESSA

I. ALCUNE NOZIONI SULLA DOTTRINA DELLA MESSA

Come insegna il Concilio di Trento, la Messa è la ripresentazione del sacrificio stesso dellaCroce rinnovato misticamente sotto le apparenze del pane e del vino che diventano Corpo eSangue di Gesù Cristo, tramite il ministero del Sacerdote. Tale Sacrificio della nuova ed eternaalleanza venne istituito e celebrato per anticipazione nel corso dell’Ultima Cena e realizzato inmodo cruento sul Calvario. Messa e Calvario sono dunque il medesimo sacrificio, perché lostesso Sacerdote offre a stessa Vittima nei due casi. Se sul Calvario Nostro Signore acquistò imeriti e le grazie per la salvezza del genere umano, è nella Messa che li distribuisce e liapplica; e se sulla Croce offrì se stesso senza strumenti, nella Messa utilizza il Sacerdoteumano Suo ministro. Quest’istituzione del Sacerdozio, tramite la quale degli uomini partecipanoal Sacerdozio del Figlio di Dio incarnato, è contemporanea all’istituzione del Sacrificio, poichénell’Ultima Cena il Cristo trasmise questo dono ai suoi Apostoli con il comando “Fate questo inmemoria di me”. La Messa è rinnovazione di quel Sacrificio della Croce, e per ciò stesso famemoria delle sofferenze patite dal Cristo ormai glorioso in quel Venerdì di Parasceve.

Quattro sono i fini del Sacrificio della Croce, e quindi di quello della Messa: la latria oadorazione ,cioè l’atto di sottomissione a Dio e di riconoscimento della Sua assoluta sovranità; il ringraziamentoper i benefici ricevuti; la propiziazione, cioè la supplica per ottenere il perdono dei peccati anche quanto alle pene che ne derivano,sia per noi sia per i defunti; e l’impetrazione, cioè la richiesta di grazie e di aiuti. Il Sacrificio è offerto a Dio solo, anche se può esserecelebrato in onore dei Santi e richiedendo la loro intercessione.

II. NOZIONI PRELIMINARI

SUL RITO DELLA MESSA

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La parte essenziale della Messa è la consacrazione del pane e del vino che diventano il Corpoe il Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo. Questa parte fu istituita da Gesù stesso dopol’Ultima Cena, il Giovedì Santo, e da sola basta a produrre il Sacrificio della Croce.

Gli Apostoli e la Chiesa hanno aggiunto in seguito numerosi altri gesti e preghiere cheservono a far capire meglio quello che succede nella Consacrazione, e ad esprimere le veritàdella fede concernenti in particolare il Sacrificio stesso, il Sacerdozio e la Presenza reale delCristo nell’Eucaristia.

Secondo il grado di solennità di questi altri riti, la Messa si suddivide in:

-          Messa papale: celebrata dal Papa assistito dal Sacro Collegio dei Cardinali e dalla suaCorte, è il prototipo del rito romano e con essa e la sua storia si spiegano numerosi riti.

-          Messa pontificale: è la Messa celebrata dal Vescovo o da altri Prelati superiori con tuttigli attributi della loro dignità e il servizio dei ministri superiori (Diacono, Suddiacono) e di unPrete Assistente. Riduzione della Messa papale, può essere celebrata al Trono o al Faldistoriosecondo la dignità del celebrante e il luogo in cui celebra.

-          Messa solenne: è quella cantata dal semplice Sacerdote con l’assistenza dei ministrisuperiori (Diacono, Suddiacono)

-          Messa cantata: celebrata in canto dal semplice Sacerdote con l’assistenza dei soliministri inferiori

-          Messa letta, bassa o privata: il celebrante legge la Messa senza canto assistito da uno(o due) inservienti; Vescovi e Prelati possono godere di un’assistenza più completa.

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I Ministri della Messa

Oltre al Celebrante, ministro di Gesù Cristo e Suo strumento nella Consacrazionedell’Eucaristia, numerosi ministri inferiori al Sacerdote possono intervenire nella Messa. Questoperché il potere del Sacramento dell’Ordine è conferito in modo graduale: ogni Ordine gode diun potere sul Corpo Fisico di Nostro Signore (cioè sulla materia consacrata o da consacrare) edi un potere sul Corpo Mistico (cioè sui fedeli che dispone in vario modo alla ricezionedell’Eucaristia).

Il Diacono è ministro del Celebrante e suo immediato assistente e cooperatore nellaConsacrazione del Corpo e del Sangue di Cristo: partecipa all’oblazione, ha potere sui vasisacri pieni, istruisce i fedeli cantando il Vangelo.

Il Suddiacono è ministro del Diacono, ed ha potere sui vasi sacri vuoti che porta all’altare.Versa l’acqua nel Calice; istruisce i fedeli con il canto dell’Epistola.

Gli Accoliti, ministri inferiori, servono i ministri superiori presentando all’altare il vino e l’acqua,materia dell’Eucaristia; e portando dei ceri al Vangelo come segno della luce che illumina lementi dei fedeli che ascoltano. Ordinariamente sono due a compiere questi servizi (sette allaMessa Papale). Altri portano l’incenso o compiono incarichi secondari. È ammesso che tali ruoliinferiori (come anche quello di lettore) siano svolti da laici, che per l’occasione indossano l’abitoclericale, almeno se la funzione è cantata (i chierichetti).

Altri tre Ordini minori sono conosciuti in Occidente: l’Esorcistato, che dà il potere di liberarel’anima dei fedeli dagli spiriti immondi che impedirebbero l’accesso ai sacramenti; il Lettorato, che dà il potere di cantare l’Epistola alla Messa cantata e le altre lezioni della Messa (quando ilrito lo prevede) o dell’Ufficio; l’Ostiariato, cioè l’ufficio di portiere, che dà il potere di aprire e chiudere le porte della Chiesa e diammettere i fedeli ben disposti a partecipare ai riti, escludendo gli indegni e gli infedeli.

I Vescovi e Prelati superiori godono ovviamente di più ricca assistenza, in particolare di quelladi un Prete che serve loro al libro e porge loro il manutergio (al Papa gli stessi servizi sono svolti

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da un Cardinale Vescovo); degli altri ruoli non è qui d’uopo trattare.

I Paramenti

Il Sacerdote che deve celebrare la Messa indossa numerosi abiti sacri sopra l’abito talare e lacotta, che derivano principalmente dagli abiti in uso alla fine dell’Impero Romano, che la Chiesanon volle abbandonare per il modo di vestire “barbaro”. Il concetto di abiti riservati al culto ècertamente di origine apostolica, e trova ovvia origine nelle prescrizioni della Legge di Mosè peril sacerdozio dell’Antico Testamento. Li enumeriamo qui spiegandone brevemente l’origine e ilsignificato che il simbolismo medievale ha voluto loro attribuire:

-          L’amitto, un quadrato di lino con due nastri per legarlo, sta intorno al collo. Derivante dalfazzoletto che la nobiltà romana teneva per riparare la gola, indica la castigatiovocis , cioèla mortificazione della parola, o l’elmo di salvezza contro il Maligno: veniva infatti usato nelMedioevo per coprire anche la testa, ed ancora oggi lo si fa passare sul capo prima di adattarloattorno al collo. In tempi più antichi, ed ancora oggi in rito ambrosiano, si portava sopra ilcamice; in alcuni casi si porta sopra il rocchetto o la cotta.

-          Il camice o alba, uno dei paramenti più antichi, è una tunica talare di lino bianco, che perPapa sant’Aniceto è il tessuto che si addice a chi sacrifica, secondo l’uso tanto ebraico quantopagano. Oggi è spesso ornata ai bordi di pizzi, più anticamente lo era di ricami o di stoffepreziose ( aurifregi). Indica il candore battesimale che deve avere che siè lavato nel Sangue dell’Agnello.

-          Il cingolo, specie di cordone di lana o di seta, cinge i fianchi del camice adattandolo alcorpo. Adottato per ovvi motivi pratici, è divenuto il simbolo della purezza.

-          Il manipolo, o mappula, era anticamente un elegante fazzoletto di lino tenuto in mano insegno di dignità, dalla nobiltà romana. Il lasciarlo cadere o l’agitarlo da parte degli alti funzionarial Circo dava il segno dell’inizio dei giochi. Conservato dalla Chiesa, nel Medioevo passò perpraticità dal palmo della mano (sinistra) all’avambraccio e divenne di seta e del colore dellapianeta. Si vuole che indichi il frutto delle buone opere di chi semina nel pianto, sia per il doppiosenso della parola manipulum (che indica i fasci di grano di chi

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miete), sia perché come fazzoletto doveva servire ad asciugare le lacrime. Viene usato da tutti iministri superiori fino al Suddiaconato compreso, ma solo durante la Messa.

-          La stola, striscia di stoffa (oggi di seta e del colore della pianeta) che si porta attorno alcollo e che è l’insegna del potere d’Ordine in esercizio, era anticamente una salvietta tenuta alcollo per asciugare la bocca e il volto (in latino os, oris: ecco perché la stolaebbe a lungo il nome di orarium). Si vuole che rappresenti l’abito di immortalità di cui ci riveste la grazia. I Vescovi ne portano lestrisce parallele sul petto; i Preti ne incrociano le estremità; i Diaconi la fanno pendere dallaspalla sinistra. Gli altri ministri non ne hanno l’uso.

-          La Pianeta, o Casula, anticamente poenula, è abito che nel tardo Impero Romanoavvolgeva tutto il corpo e aveva sostituito la toga sopra la tunica. Successivamente ridotto ai latied anche in lunghezza per praticità di movimento e per la pesantezza dei tessuti sempre piùricchi utilizzati, ha preso con il Rinascimento e l’epoca barocca l’attuale forma che lascia liberele braccia. Poiché ricopre gli altri paramenti, si vuole che indichi la carità che tutto copre, o ilsoave giogo di Nostro Signore. Diaconi e Suddiaconi la usano, piegata sul davanti, nelle Messedei tempi di penitenza, in ricordo dei tempi antichissimi nei quali essa era usata da tutto il Clero;la depongono (ma il diacono la arrotola e la mette a tracolla), in ricordo dell’antica ampiezza,per essere più liberi nei movimenti in alcuni momenti della Messa. Deve essere di seta.

Accenniamo qui alla dalmatica, abito dei diaconi con corte maniche, derivante da un abitoappunto di origine dalmata ed entrato in voga nel Tardo Impero; e alla tunicella, abito delSuddiacono, oggi identico alla dalmatica (ma anticamente più lungo di maniche e di corpo).Entrambi questi abiti devono corrispondere nel colore alla pianeta del celebrante.

I Vescovi, quando celebrano pontificalmente, portano sotto la pianeta dalmatica e tunicella,segno della loro pienezza nel sacerdozio; in più indossano guanti di seta (detti chiroteche),speciali calze e sandali di seta del colore della pianeta, croce pettorale, mitra (alto copricapo adue punte); impugnano l’alto bastone ricurvo detto pastorale (di metallo prezioso) nella Messaal trono o in alcune particolari funzioni.

I colori dei paramenti

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Secondo la festa o l’ufficio che si celebra, sono in uso nel rito romano cinque colori per lapianeta e gli altri paramenti di seta.

-          Bianco: colore della luce della gloria e della purezza, si usa nel Tempo pasquale, nelperiodo dopo Natale, nelle feste del Signore, della Madonna, degli Angeli, dei Santi non martirietc.

-          Rosso: colore dello Spirito Santo e del sangue, si usa nella vigilia, nella festa enell’ottava di Pentecoste; nelle Messe e feste della Croce e del Preziosissimo Sangue; nellefeste degli Apostoli e dei Martiri.

-          Verde: si usa nelle Messe feriali e domenicali dall’Ottava dell’Epifania alla Settuagesima,e dall’Ottava della Pentecoste all’Avvento.

-          Viola: colore della penitenza, si usa in Avvento, Settuagesima e Quaresima; nelle Messee negli uffici delle Quattro Tempora (eccetto quelle dell’Ottava di Pentecoste) e delle Vigilie allequali era legato il digiuno; nelle Messe della Passione ed in altre Messe votive.

-          Nero: insieme al bianco, il colore più antico. Si usa nelle Messe da morto ed il VenerdìSanto.

Inoltre, la III domenica d’Avvento (detta Gaudete) e la IV di Quaresima (detta Laetare) si usa ilcolore rosa .Il tessuto d’oro (non dorato o giallo) sostituisce bianco, rosso e verde in ragione della sua preziosità.

Oggetti e suppellettile sacra

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L’altare sul quale si celebra la Messa è di pietra, consacrato dal Vescovo e contenente dellereliquie di Martiri (ed eventualmente anche di altri santi), in ricordo dell’epoca nella quale sicelebrava sulla tomba dei cristiani uccisi nella persecuzione. L’altare è simbolo del Cristoglorioso, quindi dev’essere rivestito di tre candide tovaglie benedette di lino o canapa,una delle quali discende sui lati, e sul davanti da un prezioso drappo del colore dei paramenti,detto paliotto. Non per nullainfatti viene spogliato il Venerdì Santo, in ricordo del Cristo spogliato delle sue vesti.Ugualmente è obbligatorio che sia sormontato da un ciborio(copertura retta da quattro colonne) o da un baldacchinodi legno o stoffa preziosa: questa antichissima usanza è un onore regale, una distinzione tipicadei Re che sedevano così sui loro troni. L’altare era anticamente rivolto generalmente adOriente, verso il sole che sorge, simbolo della luce del Cristo. Nulla importava né importa dellaposizione dei fedeli. Oggi, anche se da qualche secolo tale orientamento non è più prescritto,tuttavia il celebrante si rivolge sempre al Cristo, la cui immagine crocifissa deve sempre trovarsial centro dell’altare.

Sull’altare stanno ugualmente dei candelieri, che un tempo venivano portati in processione eposati su di esso per la Messa; due sono prescritti per la Messa bassa, quattro o sei per laMessa cantata e solenne; sette ne hanno il Papa e il Vescovo nella propria Diocesi.

Vasi sacri: ricordiamo il Calice, nel quale si consacra il Sangue di Nostro Signore, di metalloprezioso e dorato almeno internamente, consacrato dal Vescovo insieme alla patena, di simile fattura, un disco sul quale posa l’ostia al momento dell’offerta e poi alla frazione. Ilcalice è coperto da un velo di seta del colore dei paramenti fino all’Offertorio, in segno diriverenza. Inoltre la pisside, vaso benedetto con un coperchio, nel quale stanno le ostie per i fedeli; le due ampollinedi vetro, che contengono l’acqua e il vino per il sacrificio; il turibolo, braciere appeso a delle catenelle per bruciarvi l’incenso contenuto nella navicella; la broccao acquamanile(o in alternativa i gemellioni) con i relativi piatti, di metallo prezioso, usata dai Vescovi e dai Prelati per lavarsi le mani.

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Lini sacri: oltre alle tovaglie già menzionate, abbiamo il corporale, quadrato bianco di lino ocanapa benedetto, sul quale posano il Calice e l’Ostia, che ricorda la sindone che avvolse ilCorpo del Cristo morto; analoga origine e benedizione ha la palla, o animetta, piccolo quadrato di lino inamidato che serve a coprire il Calice per evitare che vicadano impurità. Anticamente, ed ancora oggi in alcuni riti monastici, il solo corporale, di piùgrandi dimensioni, avvolgeva e copriva anche il Calice. Il corporale viene trasportato ripiegato inuna borsao bustaquadrata di seta e del colore dei paramenti.

Il purificatoio è un fazzoletto di lino o canapa che serve ad asciugare il Calice, le labbra e le ditadopo le abluzioni; il manutergio invece serve ad asciugare le mani del celebrantedopo il Lavabo.

III. I RITI DELLA MESSA – SPIEGAZIONE

Il rito della Messa ha due parti principali: un’istruttiva e l’altra sacrificale. Nella prima, cuianticamente erano ammessi anche i catecumeni, cioè coloro che si preparavano al Battesimo,si dispongono le anime al Sacrificio con preghiere, letture e predicazione. Nella seconda,riservata ai battezzati, avviene il mistero del Sacrificio di Gesù Cristo.

1. PARTE ISTRUTTIVA o Messa dei Catecumeni

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a) Le preghiere ai piedi dell’altare

La Messa comincia con delle preghiere recitate dal Sacerdote ai piedi dei gradini, per indicareche egli non si ritiene degno di salire all’altare. In particolare egli recita il Salmo 42, che esprimeil suo desiderio di offrire il Sacrificio, e il Confiteor in cui riconosce i suoi peccati e si umiliachiedendo ai Santi e ai ministri di pregare perché Dio lo perdoni. Anche i ministri recitano poi illoro Confiteor.

Da notare che queste preghiere rappresentano la preparazione privata del Sacerdote: infattifurono introdotte gradualmente circa mille anni fa per aiutare il Sacerdote ad avere questisentimenti di umiltà e contrizione, e nella Messa cantata sono recitate a voce bassa mentre siesegue l’Introito. Inizialmente potevano essere recitate in Sacrestia, poi andando all’altare,infine si scelse di dirle ai piedi dell’altare medesimo.

b) Saluto e venerazione dell’altare

Il Sacerdote a questo punto sale all’altare. L’altare è il simbolo di Gesù Cristo, come si è detto. Ilbacio del Sacerdote è un saluto a Gesù e un atto di venerazione delle reliquie dei martiri chiusenell’altare.

L’altare viene allora incensato dal Sacerdote. L’incenso benedetto ha innanzitutto funzione dipurificazione (come l’Acqua Santa) e scaccia gli spiriti maligni che vagano nell’aria; inoltre è unsegno di onore e simbolo della preghiera che sale verso Dio. Dopo essere stato egli stessoincensato dal Diacono il Sacerdote legge l’Introito, che anticamente veniva cantato durante laprocessione verso l’altare. Oggi la Schola lo canta mentre il celebrante recita le preghiere aipiedi dell’altare. L’Introito è un’antifona, il cui testo è tratto generalmente dai Salmi, ripetutadopo un versetto. Anticamente si ripeteva tante volte quante erano necessarie a coprire laprocessione del Clero verso l’altare. Il Suddiacono del Papa, quando la processione entrava,agitava il manipolo del Pontefice per far segno alla Scholadi intonarlo, così come gli antichi magistrati romani agitavano la mappulaper dar inizio ai giochi del circo. Ancor oggi, alla Messa dei Vescovi, il Suddiacono entratenendo nell’Evangeliario il manipolo del Celebrante.Poi il coro canta il Kyrie eleison (che significa “Signore abbi pietà”), antica supplica in grecorivolta al Cristo, che il Sacerdote legge. Sarebbe ciò che resta di un’antica preghiera litanica,

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che era recitata anche fuori dalla Messa o nelle processioni; chiedeva la misericordia di Dio peruna serie di intenzioni. All’inizio si ripeteva finché il Papa, giunto al suo Trono nell’abside erivolto verso Oriente, non facesse segno di cessare. San Gregorio Magno (fine del VI secolo)fissò a nove il numero delle invocazioni: tre Kyrie, tre Christe etre Kyrie. Secondo alcuni autori i primi tre Kyriesono rivolti al Padre, i tre Christeal Figlio e gli ultimi tre Kyrieallo Spirito Santo.

c) Il Gloria o Inno Angelico

Anticamente il Gloria non era cantato nel corso della Messa ma all’aurora, al termine delleveglie di preghiera che duravano tutta la notte (e che divennero poi il Mattutino). Era recitato giàin tempi antichissimi nella sua versione greca: Plinio il Giovane nella sua famosa lettera suiCristiani all’Imperatore Traiano, parla del “canto a Cristo come a Dio” cantato all’alba nelleriunioni cristiane. Il suo testo comincia con le parole degli angeli nella notte di Natale, ed è unalode alle tre persone divine (ecco perché si fa il segno di croce alla fine). Verso il 530 il LiberPontificalis, che raccoglie notizie sulla vita dei Papi antichi, ci segnala che il Papa san Telesforo (+ 136)avrebbe ordinato di recitarlo durante la Messa di Natale; nel 514 Papa Simmaco permette aiVescovi soli di dirlo la Domenica e nelle feste. Verso la fine dell’XI secolo il canto del Gloria siestese ad altre feste ed anche ai semplici Sacerdoti. Oggi si recita in tutte le feste dei Santi enelle domeniche (tranne in Avvento, Settuagesima e Quaresima).Il testo del Gloria nella sua versione più antica conteneva le più svariate suppliche.

d) La Colletta

A questo punto il Sacerdote bacia l’altare per salutare il Cristo prima di salutare i fedeli: egliriceve dal Cristo la grazia che comunica ai fedeli dicendo: “Dominus vobiscum” (“Il Signore siacon voi”). I fedeli rispondono ricambiando quest’augurio. Poi il Sacerdote invita tutti allapreghiera dicendo: “Oremus” (“Preghiamo”). Allora recita la Colletta, così chiamata perché raccoglie le suppliche di tutti i

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presenti in una sola preghiera. Una buona parte delle Collette ha origini molto antiche e ci ètramandata dai Sacramentari (antichi Messali). I più importanti Sacramentari del rito romanosono tre: il Leoniano, il Gelasiano e il Gregoriano (dal nome dei tre Papi che li avrebberocomposti). Nell’antica liturgia romana la Colletta era recitata al riunirsi dei fedeli per la grandeprocessione per recarsi alla Chiesa dove si celebrava la Messa. Le Collette terminano tuttechiedendo l’intercessione di Gesù Cristo il quale ha detto: “Qualunque cosa chiederete al Padrenel mio nome ve la concederà”.Il contenuto della Colletta è generale ed è legato alla festa o al periodo liturgico che si celebra.

e) L’Epistola

Dai tempi degli Apostoli, certamente sul modello delle riunioni nelle sinagoghe, è d’uso in tutti iriti d’Oriente e d’Occidente leggere dei brani della Santa Scrittura per istruire i fedeli e disporregli animi a ricevere bene la Comunione. Nel rito romano queste letture sono generalmente due:la prima è detta Epistola perché è spesso tratta dalle lettere di San Paolo, la seconda è ilVangelo.L’Epistola viene letta al lato destro dell’altare; colui che legge è rivolto verso l’altare stesso.Viene letta nella Messa Solenne dal Suddiacono, nella Messa Cantata dal Lettore e nellaMessa Bassa dal Sacerdote stesso.L’Epistola è scelta in relazione al giorno o alla festa che si sta celebrando. Il ciclo delle Epistolee dei Vangeli è fissato da molti secoli, anche se nei primi tempi ogni singolo Vescovo potevascegliere le letture che riteneva più opportune.

f) I canti tra le letture

Per separare l’Epistola dal Vangelo si cantano dei brani generalmente tratti dai Salmi. Nei tempinormali, il coro canta il Graduale (così detto perché si cantava sui gradini dell’altare) e l’Alleluia(termine ebraico che significa “Lodate Dio”). L’Alleluia si sviluppa in lunghi melismi, segno digioia. Durante la Settuagesima e la Quaresima, l’Alleluia è sostituito dal Tratto, un salmo cheera cantato in tono lamentoso da un solista (oggi a cori alterni). Nel tempo Pasquale si omette ilGraduale e si cantano due Alleluia. Nel Medioevo si introdussero le Sequenze, testi dicomposizione ecclesiastica in versi poetici. Nell’attuale Messale ne restano cinque: a Pasqua il Victimae Paschali, a Pentecoste il Veni Sancte Spiritus, al Corpus Domini il Lauda Sion, alle due feste della Madonna dei Sette Dolori lo

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Spiegazione della messa

Stabat Mater, alla Messa da morto il Dies Irae.

g) Il Vangelo

A questo punto si canta la più importante delle letture che ci riferisce le parole stesse di NostroSignore Gesù Cristo. Viene cantato con solennità dal Diacono dal lato sinistro dell’altare. Neitempi antichi, quando il Vescovo sedeva in fondo all’abside e le chiese erano orientate (cioègirate verso Est, dove sorge il sole, simbolo della luce del Cristo che illumina ogni uomo), ilDiacono cantava avendo alla sua sinistra il Vescovo (o il Prete) e alla sua destra i fedeli, inmodo da essere rivolto ad entrambi contemporaneamente.Così facendo, tuttavia, il Diacono si trovava rivolto verso le donne, il che era reputatosconveniente. Lo si girò allora verso la parete, cioè verso Nord.A questa nuova posizione si diede un significato simbolico: il Nord essendo il lato delle tenebre,si volle indicare che il Vangelo illumina gli uomini seduti “nell’ombra della morte”. Siccome poida Nord venivano contro Roma gli invasori Longobardi, si disse anche che il Vangelo eracantato contro di loro.Prima di cominciare il canto del Vangelo il Diacono recita una preghiera e riceve la benedizionedal Sacerdote; poi si reca in processione al luogo in cui deve cantare: è accompagnato dagliaccoliti che portano le candele (simbolo della luce del Vangelo) e dall’incenso, mentre ilSuddiacono porta il libro.Il Diacono saluta i fedeli e legge il titolo segnandosi sulla fronte, sulle labbra e sul petto, poiincensa il libro in segno di onore per le parole del Vangelo. Al termine della lettura il Suddiaconoporta il libro dal Celebrante per farlo baciare; il Diacono incensa il Celebrante perché siasantificato dal fumo che è stato in contatto con le sante parole del Vangelo.Nelle Messe senzaministri superiori il Vangelo è cantato o letto dal celebrante stesso, dopo che il messale è statotrasportato dal lato sinistro dell’altare, in modo da essere sempre rivolto verso il Nord, almenosimbolicamente.Al Vangelo può far seguito la predica o omelia, durante la quale il celebrante o altro predicatorecommenta le letture, o tratta di articoli di fede o morale, o tesse l’elogio di un Santo. Praticacertamente di origine apostolica, fu resa obbligatoria dal Concilio Tridentino nelle Parrocchie enelle Cattedrali almeno ogni domenica e festa di precetto.A questo punto della Messa, nei tempi antichi e secondo l’antica disciplina prebattesimale,venivano rinviati i catecumeni, che non potevano assistere alla parte sacrificale della Messanon essendo in grado di ricevere i frutti del sacrificio e di conoscere i misteri eucaristici. Altreformule di rinvio servivano ad allontanare gli eretici, i penitenti pubblici, gli sfaccendati etc., in

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Spiegazione della messa

modo che fossero presenti al sacrificio solo quanti erano capaci di riceverne i frutti.

h) Il Credo o Simbolo Niceno-Costantinopolitano

Nelle domeniche e in alcune festività più solenni a questo punto si recita il Credo. La formulausata nella Messa è quella elaborata dal Concilio di Nicea (325) e dal Concilio di Costantinopoli(381). Inizialmente serviva nel battesimo (ecco perché è recitato al singolare). L’idea di farlorecitare nella Messa si fece strada inizialmente in Oriente, dove le controversie dottrinalirendevano necessaria la proclamazione pubblica e collettiva della vera Fede. Questa regola fuspecialmente voluta dagli Imperatori bizantini, preoccupati dell’unità di fede dei loro sudditi. InOccidente l’introduzione del Credo nella Messa avvenne più tardivamente e soprattutto in tempidiversi secondo le regioni. Se in Francia e in Germania Carlo Magno e altri sovrani franchi neaccelerarono la diffusione, l’uso era sconosciuto a Roma ancora nell’XI secolo. Fu infattil’Imperatore sant’Enrico II ad insistere presso il Papa Benedetto IX perché l’introducesse anchea Roma.L’attuale posizione del Credo nella Messa Romana indica l’adesione dei fedeli alle veritàproclamate dalle letture nella parte istruttiva della Messa. Si genuflette alle parole “ETINCARNATUS EST…” per riverenza all’Incarnazione del Signore; e ci si segna alla fine perchésono state nominate le tre persone della Trinità.

2. PARTE SACRIFICALE

a) L’Offertorio

Il Sacrificio è un’oblazione di immolazione: cioè l’offerta (oblazione) fatta a Dio di una cosa chesi distrugge (immolazione). Durante la Messa, che è il Sacrificio della Croce, l’offerta del Corpoe del Sangue di Gesù e la loro mistica immolazione, avvengono insieme al momento dellaConsacrazione. È tuttavia necessario che il Sacerdote e i fedeli uniscano l’offerta di se stessiall’unica offerta gradita a Dio, quella di Gesù. Perciò nel rito della Messa esiste un momento nelquale si esprime l’offerta di Gesù al Padre e quella dei cristiani con lui. Diciamo: “si esprime”perché si realizza solo alla Consacrazione: ma poiché l’uomo ha bisogno di tempo per porre isuoi atti, si è creato un momento specifico di oblazione. Quindi si capisca bene chenell’Offertorio quello che viene offerto è il Corpo e Sangue di Gesù, e NON il Pane e ilVino; è un’anticipazione per dare modo a tutti di unirsi all’Offerta di Gesù.

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Spiegazione della messa

Passiamo un esame delle varie fasi dell’evoluzione storica dell’Offertorio:

-          Nei tempi antichi a Roma il fatto stesso di posare le oblate (cioè le offerte, le specie delpane e del vino che diventeranno Corpo e Sangue) sull’altare era considerato sufficiente peresprimere l’offerta fatta a Dio. L’Offertorio consisteva spesso in una processione durante laquale le oblate erano portate al Celebrante dagli stessi fedeli, che indicavano così il lorodesiderio di unirsi al Sacrificio. Esistevano anche offerte di altro genere (offerte per i poveri oper le necessità della Chiesa, prima soprattutto in natura, oggi in denaro): ma erano ben distintedall’Offerta della materia del Sacrificio. La patena sulla quale stavano i pani dell’offerta eramolto grande, quindi una vota deposti i pani sul corporale veniva presa da un accolito con unvelo (infatti gi accoliti non potevano toccare i vasi consacrati) e sostenuta finché non servisse dinuovo cioè alla frazione. In seguito tale ufficio passò al suddiacono, che continuò tuttavia adusare il velo. Oggi il Suddiacono sostiene la patena, anche se piccola, velata davanti agli occhi,quasi a significare che nasconde i sacri misteri ai profani; e la riporta all’altare solo al momentodella frazione. L’unica preghiera che il Celebrante recitava a voce alta era l’orazione che oggi èchiamata “ Secreta”. I testi diqueste antiche orazioni esprimono bene che ciò che è offerto a Dio sono il Corpo e il Sangue diGesù per la remissione dei peccati. I riti erano e sono accompagnati dall’Offertorio, un branomusicale eseguito dalla Schola, anticamente in forma di responsorio.

-          In epoca carolingia (IX secolo) i Franchi adottarono la liturgia romana. Ora era difficileper la mentalità franca compiere i gesti senza accompagnarli con delle formule che lispiegassero. Nascono così le preghiere che il Sacerdote recita a voce bassa durante l’attodell’offerta. All’inizio esse erano molto varie secondo i luoghi e i tempi, ma tutte esprimevano lostesso concetto: l’offerta a Dio di un Sacrificio per molteplici intenzioni. Più tardi, e specialmentedopo il Concilio di Trento (1545-1562), vennero imposte delle formule uguali per tutti quelli chehanno il Rito Romano, scelte tra quelle che erano già in uso da almeno cinque secoli. Per lavicinanza di queste formule si cominciò a recitare anche la Secreta a voce bassa, mentre primaera cantata.

Altri riti dell’offertorio

a. Acqua e vino

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Spiegazione della messa

Nel Calice viene versato del vino dal Diacono e dell’acqua dal Suddiacono. Mentre il Sacerdotebenedice l’acqua, recita un’orazione tratta dal Sacramentario Leoniano, che ricorda comel’unione della nostra natura umana alla Divinità nella Persona di Nostro Signore Gesù Cristo.Ma numerosi altri sono i significati e i motivi di questo gesto. Innanzi tutto storicamente è certoche, secondo l’uso antico, Gesù Cristo ha mischiato dell’acqua al vino durante l’ultima cena.Inoltre il Vangelo di San Giovanni dice che dal costato del Cristo morto uscirono Sangue eacqua. In più l’acqua indica l’offerta di se stessi a Dio che acquista valore se unita a quella diGesù Cristo.

b. L’incensazione

Le oblate sono incensate in modo speciale per allontanare da esse gli spiriti maligni. IlSacerdote benedice qui l’incenso con una formula specifica, che invoca l’intercessionedell’Angelo che sta alla destra dell’altare dell’incenso (che sarebbe San Gabriele, secondo leparole della Scrittura e l’apparizione a Zaccaria nel Vangelo, ma la formula attuale, per unerrore tardivo, nomina San Michele). Con le oblate viene incensato anche l’altare come all’iniziodella Messa, poi il Celebrante, il Clero presente, i Ministri e anche i fedeli, per purificarli, onorarlie trasmettere loro le benedizioni che vengono dall’altare.

g. Il lavabo

Per evidenti motivi pratici, dopo la processione e ancor più dopo l’incensazione, è stataintrodotta la lavanda delle mani del Celebrante. Questa ha acquistato delle ragioni simboliche,per significare la purificazione dalla macchia del peccato e la purezza d’animo necessaria alSacerdote. Mentre avviene questo rito il Celebrante recita un estratto del Salmo 25 che dice:“Laverò le mie mani tra gli innocenti…”.

d. Orate fratres

Prima della Secreta, al termine dell’Offertorio, il Celebrante si rivolge tutt’intorno a sé al Cleropresente (sono questi i fratres) nel coro, e a mezza voce chiede preghiere perché il sacrificiosia gradito a Dio. Quest’invito appare costantemente fin da tempi abbastanza antichi in tuttol’Occidente (Milano esclusa). Dall’epoca carolingia sono state introdotte le più svariate rispostea tale appello, ma alla fine ha prevalso quella che era in uso in Italia, il nostro “

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Suscipiat Dominus…”.

b) Il Prefazio

La Secreta termina a voce alta con l’esclamazione: “Per omnia saecula saeculorum”. Segue laparte più solenne della Messa, in cui avviene la Consacrazione. Questa ha come portaled’ingresso il Prefazio, testo poetico e antichissimo il cui tema è sempre incentrato sulla lode e ilringraziamento a Dio. È introdotto da un dialogo in cui il Celebrante saluta i fedeli e li invita adinnalzare i cuori al Signore e a rendergli grazie. Anticamente il Prefazio era visto come la primaparte del Canone, in cui era espresso il principale fine della Messa: l’adorazione e ilringraziamento. Gli antichi Sacramentari raccolgono una grande varietà di formule per le variefeste e periodi dell’anno. Oggi il Rito Romano conserva quindici Prefazi, alcuni dei quali peròsono molto recenti. In realtà i Prefazi introducono nella Chiesa tutte le cerimonie solenni, nonsolo il Canone: vi sono Prefazi all’ordinazione dei Vescovi, dei Sacerdoti, dei Diaconi, allabenedizione delle palme, del crisma, dell’acqua battesimale etc.…Il Prefazio termina sempre con l’invito ad unire la propria lode di uomini mortali a quella deglispiriti beati del cielo.

c) Il Sanctus

Il testo del Sanctus deriva dal libro di Isaia: gli angeli che appaiono al profeta cantano per trevolte Sanctus in onore delle tre Persone divine. I versetti Hosanna e Benedictus vengonoinvece dall’episodio evangelico della domenica delle Palme. Sembra che sia entrato nellaliturgia verso l’anno 400. Viene cantato all’unisono dalla Scholae dai fedeli mentre il Sacerdote si inoltra nella recita del Canone.

d) Il Canone

La più antica testimonianza del testo del Canone si trova nel libro De Sacramentis diSant’Ambrogio (fine IV secolo), ma indubbiamente non lo ha inventato lui: egli lo ha solo tramandato. Alcuni sostengono che Sant’Ambrogio abbia tradotto il testo del

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Canone dal greco in latino; più probabilmente l’essenziale del testo latino risale ai tempiapostolici. Per lunghi secoli il Canone fu recitato ad alta voce, poi in modo che fosse udito solodai ministri dell’altare; ma almeno dal IX secolo si recita a voce sommessa. Le ragioni di questaevoluzione si trovano nella preoccupazione di non rendere note ai profani le parole del Canoneperché non fossero ripetute. Difatti ancora nel XIX secolo era proibito dalla Santa Sede ditradurre il Canone anche ad uso dei fedeli.I numerosi segni di croce fatti durante il Canone sulle sante specie non devono (generalmente)essere considerati delle benedizioni, ma dei gesti di designazione. Secondo la mentalitàgiuridica romana era necessario indicare esattamente le cose che erano nominate: per questole specie erano toccate o indicate ogni volta che si menzionavano. Nel corso del Medioevo sicominciò a indicare facendo dei segni di croce veri e propri.

a. Preghiere prima della Consacrazione

La Consacrazione o azione sacrificale è preceduta e seguita da delle preghiere di intercessione(che peraltro costituiscono la parte più recente del Canone). Fu sant’Innocenzo I verso il 410 adisporre che coloro per cui si offriva il Sacrificio, che erano elencati in certe tabelle dette dittici,fossero nominati durante il Canone e non nelle parti precedenti della Messa. All’inizio si ricordache il Santo Sacrificio è offerto in unione con tutta la Chiesa e il Papa, per il Vescovo e tutti ifedeli cattolici. Segue il cosiddetto “Memento” dei vivi. Qui il Sacerdote ricorda coloro che lohanno richiesto o coloro che lui desidera, e tutti i presenti. Dopo il ricordo della Chiesa militantesi fa memoria della Chiesa trionfante: il Sacrificio è offerto in unione e in onore dei Santi delParadiso: vengono nominati esplicitamente la Madonna, i dodici Apostoli (con san Paolo alposto di Giuda) e dodici martiri tra cui sei Pontefici.Questa preghiera d’intercessione si conclude, come era iniziata, con una formula diraccomandazione dell’offerta a Dio (Hanc igitur): questa preghiera viene recitata con le manistese sopra le offerte, gesto che il sommo Sacerdote dell’Antico Testamento faceva sul caproespiatorio per trasferirvi i peccati del popolo.

b. Il Sacrificio in quanto tale

Siamo ora alla parte più antica del Canone. Dopo una preghiera in cui si invoca Dio perchéaccetti l’offerta e la faccia diventare il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo, la Chiesa cessa diusare le sue parole per prendere quelle dell’Evangelista e del Cristo stesso: sono quelle parole

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Spiegazione della messa

del Cristo che producono il Sacramento. Il Canone riprende quindi il racconto dell’ultima cenacollocandolo nel tempo: “Il giorno prima di soffrire la passione” e fa ripetere al Sacerdote i gestidi Gesù Cristo; prende il pane, alza gli occhi al cielo, rende grazie e benedice. Ma le paroledella Consacrazione sono come staccate e isolate da questo racconto. Sono quelle parole cheGesù Cristo stesso pronuncia ad ogni Messa per bocca dei Sacerdoti: “Questo è il mio Corpo,questo è il calice del mio Sangue…”. Dopo ogni Consacrazione il Sacerdote immediatamentegenuflette per adorare, poi innalza le specie consacrate per farle adorare dal popolo; poigenuflette di nuovo. La genuflessione è atto di adorazione derivante dai gesti di origine orientaleche si facevano dinanzi ai Sovrani divinizzati (proskynesis): è entrata nella Messa Romana nelMedioevo tramite il cerimoniale papale (che la prevedeva davanti al Pontefice fin da tempi assaiantichi) sostituendo gli inchini anticamente previsti davanti alle specie consacrate. L’elevazionedell’ostia si introduce tra l’XI e il XII secolo a causa del desiderio dei fedeli di vedere il Corpo delSignore. Quella del calice subentrò poco più tardi per ragioni di parallelismo, benché non servafar vedere le specie consacrate. Nel frattempo il ministro suona il campanello in segno di onoree per avvertire i fedeli dell’avvenuta consacrazione, e le sante Specie sono incensate in segnodi onore.

γ. Le preghiere dopo la Consacrazione

Ogni volta che il Sacrificio della Croce si rinnova sull’altare, automaticamente si fa anchememoria della prima volta che Gesù Cristo si è offerto al Padre il Venerdì Santo. Si obbediscecosì all’ordine dato da Gesù agli Apostoli nell’Ultima Cena: “Ogni volta che farete questo, lofarete in mia memoria”. Quindi la prima preghiera dopo la Consacrazione (Unde et memores) famemoria della “Beata Passione” di Gesù (ma anche della Sua Resurrezione e Ascensione) erinnova l’offerta della Vittima immacolata.La preghiera seguente (Supra quae) invoca lo sguardo benigno di Dio sulle offerte, ed evocatre personaggi dell’Antico Testamento, il Sacrificio dei quali fu gradito a Dio e fu figura delSacrificio di Gesù. Questi tre sono:

-          Abele: è il primo di cui si ricorda che offrì dei sacrifici graditi a Dio. Egli fu vittimainnocente di suo fratello, così come il Cristo.

-          Abramo: il nostro Padre nella Fede (perché credeva nel Messia); era pronto a sacrificareil suo unico figlio, Isacco, che si offrì volontariamente egli stesso portando il legno del suosacrificio sul monte.

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Spiegazione della messa

-          Melchisedech: è l’immagine più perfetta del sacerdozio di Gesù Cristo. Questopersonaggio, senza genealogia come il Cristo nella Sua natura divina, è re di Salem (cioè dipace; Salem è Gerusalemme); il suo nome significa “re di giustizia”. Offre a Dio pane e vino,che il Cristo sceglierà poi come materia dell’Eucarestia.Il Sacerdote si inchina poi sull’altare e supplica che il Sacrificio sia portato davanti alla tremendamaestà di Dio sul Suo sublime altare dalle mani del Suo Santo Angelo, affinché scenda suipresenti la grazia e la benedizione del cielo. L’altare cui partecipano quelli che comunicherannoè identificato così all’altare che secondo il libro dell’Apocalisse si trova davanti al trono di Dio,sul quale sta l’Agnello perennemente immolato. L’Angelo fu da alcuni identificato con lo SpiritoSanto o Nostro Signore stesso (“Angelo” sarebbe quindi inteso nel senso di messaggero,inviato): ma queste opinioni sono senza fondamento e si deve piuttosto pensare all’Angelo chesta presso l’altare, quindi all’Arcangelo Gabriele.A questo punto la preghiera del Canone è “interrotta” da un’inserzione più recente: il mementodei morti, che fa da parallelo a quello dei vivi all’inizio del Canone. I vivi sono citati prima perchépossono unirsi al Sacrificio che si sta per compiere, i morti dopo perché ricevono i frutti delSacrificio già compiuto; si chiede per loro il luogo del refrigerio e della pace. La preghiera èconclusa da “per Cristo Nostro Signore” accompagnata da un inchino che vorrebbe ricordarel’inclinazione del capo di Nostro Signore al momento della Sua morte.Nella seguente preghiera (Nobis quoque) il Sacerdote riconosce di essere peccatore e chiedeanche per sé e per i presenti di aver parte con i Santi del paradiso che vengono elencati.Vengono particolarmente ricordati san Giovanni il Battista (primo di questa lista come laMadonna è prima dell’altra lista), santo Stefano il Protomartire e una serie di Santi e Santemartiri.Il Canone termina invocando l’intercessione di Nostro Signore per mezzo del quale tutte le cosesono santificate (dicendo queste parole il Sacerdote fa dei segni di croce perché anticamente aquesto punto venivano benedetti l’olio e altri doni dei fedeli – ancor oggi a questo punto dellaMessa il Giovedì Santo il Vescovo benedice l’Olio degli infermi). Il tutto è concluso da unagrande dossologia durante la quale il Sacerdote solleva l’Ostia (anticamente era questa l’unicaelevazione), esprimendo il fine ultimo del Sacrificio: la gloria eterna della Trinità tramitel’Umanità di Nostro Signore Gesù Cristo. Cinque segni di croce sono fatti con l’Ostia, tre sulcalice e due tra il Sacerdote e il calice, ultimo resto degli svariati gesti di elevazione ebenedizione, anche verso i vari punti cardinali, che durante questa dossologia si facevano nelcorso dei secoli.Fino ai tempi di San Gregorio Magno (e ancora oggi in rito Ambrosiano) a questo punto avevaluogo la frazione dell’Ostia, che faceva parte del Canone.

e) Il Pater noster

La Chiesa ha inserito, certamente per antichissima tradizione, la preghiera del Signore inprossimità della Comunione. In tutti i riti il Pater noster segue la frazione, solo nel Rito Romanola precede per volontà personale di san Gregorio, che considerava il Pater

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una parte del Canone e non della preparazione alla Comunione. Questo Santo Papa ha dettoche il Pater nosterè una preghiera sacerdotale: ecco perché viene recitata o cantata dal solo Celebrante.Sant’Ambrogio spiega che è una lode per Dio il farsi chiamare Padre. La preghiera è precedutada un’esortazione che ricorda il precetto di Gesù che ci permette di “osare” di chiamare Dio conil nome di Padre.

f) L’embolismo e la frazione

Il Pater noster è seguito da una preghiera oggi recitata sottovoce, detta embolismo, che neamplifica il contenuto, chiedendo a Dio di liberarci dai mali passati (le pene e le colpe deipeccati commessi), presenti e futuri (le tentazioni, i mali esterni). Si invoca l’intercessione dellaMadonna, di san Pietro e di san Paolo, oltre che di sant’Andrea aggiunto da San Gregorio perdevozione personale. Durante la conclusione di questa preghiera avviene la frazione dell’Ostia.Anticamente la frazione era durante l’Agnus Dei,ma fu anticipata per far coincidere la commistione con il saluto “Pax Domini…”. Infatti la riunione nel calice dell’elemento solido e dell’elemento liquido indica laResurrezione di Gesù, quando il Suo Corpo e il Suo Sangue si unirono di nuovo; ecco perché sisaluta con l’augurio di pace tipico del Risorto.

g) Agnus Dei e pace

Il canto dell’Agnus Dei, come si è detto, accompagnava anticamente la frazione. Formula diorigine greca, fu introdotta a Roma da Papa Sergio I (+ 701).Poiché bisognava spezzare i pani consacrati per tutti i fedeli, l’operazione richiedeva un certotempo: perciò si cantava l’Agnus Dei ripetendolo fino alla fine della frazione, mentre il popolorispondeva “miserere nobis”. Più tardi quando cominciòl’uso delle particole e la frazione divenne simbolica, si limitò il numero delle ripetizioni a tre;molto più tardi si modificò l’ultimo in “dona nobis pacem” per la prossimità del bacio di pace. Questa invocazione riprende le parole con le quali sanGiovanni Battista ha indicato il Messia.A questo punto alla Messa solenne viene data la pace. Il Sacerdote, dopo aver recitato la primaorazione di preparazione alla Comunione, bacia l’altare, che è la fonte della pace fra cielo eterra, frutto del Sacrificio, e con un abbraccio rituale, dà il bacio di pace al diacono, che la

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trasmette al suddiacono, il quale la trasmette agli altri membri del clero.È uno dei riti più antichi della Messa, e un tempo la pace veniva trasmessa anche ai fedeli; poi,per ragioni di decenza, la pace si trasmise ai fedeli con uno strumento, cioè si dava da baciareuna tavoletta con un’immagine sacra, cosa che si fa ancora in alcune circostanze.

h) Riti di Comunione

Recitate le preghiere preparatorie che sono di origine medioevale, e il “Domine non sum dignus” per tre volte, il Sacerdote fa la Comunione sotto le due specie. Il Papa, secondo gli usi antichi,dà una parte dell’Ostia al diacono e una al suddiacono; ugualmente, dopo aver comunicato alPreziosissimo Sangue tramite la fistula(una cannuccia d’oro), ne lascia una parte ai medesimi ministri. Se si deve dare la Comunioneal clero e/o ai fedeli, il diacono recita il Confiteorper disporsi con la contrizione a ricevere l’Eucarestia. Poi il Sacerdote dice la frase del Battista:“Ecce Agnus Dei…”. Anticamente tutti comunicavano sotto le due specie e il diacono seguiva il Sacerdote edistribuiva il Preziosissimo Sangue. Almeno dal XIII secolo, dato il pericolo di profanazione e ilrarefarsi della Comunione dei fedeli, in Occidente scompare gradualmente la Comunione sottola specie del vino. In Oriente tale pratica è ancora in uso. Nel distribuire la Comunione ilSacerdote pronuncia: “Il Corpo di Nostro Signore Gesù Cristo custodisca la tua anima per lavita eterna. Amen”, formula relativamente recente. Sant’Ambrogio invece diceva: “Corpus Christi”, cui il fedele rispondeva: “Amen”, in segno di professione di fede nella presenza reale. Una tovaglietta dovrebbe essere tesadagli accoliti sotto il mento dei comunicandi, ma oggi è spesso sostituita dal piattino.

i) Abluzioni e postcomunioni

Il Sacerdote purifica prima il calice e le labbra con del vino (che viene versato dal Suddiaconoalla Messa Solenne); poi si purifica le dita con dell’acqua temperata da vino. Anticamentequesta seconda abluzione non era bevuta ma veniva gettata nel sacrario; dal XV sec. circa si ècominciato a berla e si è quindi aggiunto il vino per addolcire la crudezza dell’acqua presa adigiuno.Durante queste abluzioni si recitano due preghiere di origine medievale che impetrano una

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Spiegazione della messa

degna e santa ricezione della Comunione.Dopo aver purificato e ricomposto il calice, che il Suddiacono riporta alla credenza, il Sacerdotesaluta i fedeli con il “Dominus vobiscum” e recita la/le postcomunione/i, orazioni che supplicanoDio di far fruttificare i doni ricevuti nella Comunione e nel Sacrificio, Poi il Sacerdote saluta dinuovo e viene il momento del congedo. Il Diacono rinvia i fedeli con la formula “Ite missa est”: “andate, è il congedo”. Da questa formula viene il termine “messa”: per indicare tutto il rito chesi è appena concluso. In altri riti sono in uso altre formule di congedo, questa essendotipicamente romana. Nelle Messe senza Gloria è sostituita dal “Benedicamus Domino” (e nelle Messe da morto da “Requiescant in pace”). I fedeli rispondono “Deo gratias” per esprimere riconoscenza a Dio per i benefici ricevuti.A questo punto il Sacerdote recita una preghiera di origine medievale alla Trinità, il “Placeat”, incui, a guisa di conclusione, egli supplica Dio che il sacrificio Gli sia gradito tanto per se stessoquanto per coloro per i quali lo ha offerto.

l) Benedizione e ultimo vangelo

Anticamente la Messa finiva con l’“Ite Missa est”, che poteva essere preceduto da un’orazionedetta “ Super populum”, che serviva ad invocarele benedizioni del cielo sull’insieme dei fedeli che stavano per essere congedati (oggi quest’orazione è sopravvissuta nelle ferie di Quaresima). Verso l’VIII-IX secolo i Vescovi presero abenedire il clero dopo essere rientrati in Sacrestia, usanza che presto si spostò all’altare inmodo da benedire anche il popolo. Lo scopo è quello di confermare nelle anime i frutti del santoSacrificio.Rapidamente anche i Sacerdoti vollero fare altrettanto, e nacque il rito della benedizione finale.Il gesto della benedizione in modo di croce fu fatto per la prima volta da Nostro Signore mentresaliva al cielo. I Vescovi benedicono facendo tre segni di croce nelle tre direzioni davanti a loro.L’ultimo Vangelo, che poi è l’inizio del Vangelo di san Giovanni, è entrato tardivamente nellaMessa, verso il XIII-XIV secolo. Veniva recitato per benedire i malati, poiché si attribuivano adesso proprietà taumaturgiche (e ancora oggi il Rituale ne prevede la lettura alla benedizione deifanciulli malati). Si cominciò a recitarlo per ringraziamento, rientrando in sacrestia, come ancoraavviene alla Messa Pontificale. Poiché il popolo lo voleva sentire, e molti chiedevano che fosserecitato al termine delle Messe che facevano celebrare, l’usanza divenne a poco a pocouniversale. Il testo ricorda l’eternità del Verbo e dell’Incarnazione.Nelle Messe lette che non hanno particolare solennità il sacerdote, prima di lasciare l’altare,recita in ginocchio tre Ave Maria, la Salve Regina e due orazioni, una per ottenere la libertàdella Chiesa e l’altra di esorcismo rivolta a san Michele, ordinate da Leone XIII (ma in parte giàprima da Pio IX per gli Stati della Chiesa) per far fronte ai mali dell’epoca presente. San Pio X

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Spiegazione della messa

ha aggiunto la triplice invocazione Cor Jesu sacratissimum, miserere nobis.

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