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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,50 Copia arretrata € 3,00 (diffusione e vendita 23-24 novembre 2020) L ’O SSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO POLITICO RELIGIOSO Unicuique suum Non praevalebunt Anno CLX n. 271 (48.595) lunedì 23 novembre 2020 Città del Vaticano y(7HA3J1*QSSKKM( +z!#!#!?!& Il nuovo libro del Pontefice Ritorniamo a sognare un futuro migliore I l mondo intero si trova prigioniero nel labirinto della pandemia. Uno stato di crisi permanente che comunque co- stringe a non stare fermi, anche se con il rischio di ritrovarsi sempre in un vicolo cie- co. Il labirinto è l’immagine che Francesco usa per fotografare il momento presente e per indicare una via d’uscita, seguendo il filo d’Arianna della creatività. Immagini, sugge- rimenti, e suggestioni potenti che il Papa do- na a tutti in Ritorniamo a sognare. La strada verso un futuro migliore, libro realizzato “in conversa- zione” con Austen Ivereigh, che in Italia vie- ne pubblicato per Piemme da Mondadori. FABRIZIO CONTESSA A PA G I N A 8 Nel messaggio ai giovani economisti riuniti ad Assisi La responsabilità dei cristiani nella visione di Francesco per uno sviluppo pienamente umano NOSTRE INFORMAZIONI PAGINA 11 Il terremoto di 40 anni fa Quei secondi infiniti che cambiarono la storia Q uarant’anni, ma il terremoto del- l’Ottanta in Campania e Basilicata — un minuto e mezzo di improvvi- sa collera della natura, quasi tre- mila morti, oltre ottomila feriti, decine di paesi distrutti, nel pomeriggio del 23 no- vembre di una domenica di festa — appare ancora più lontano. ANGELO SCELZO NELLE PA G I N E 4-5 di ANDREA MONDA I l cristiano si contraddistingue perché ha una buona notizia, un “vangelo”, da annunciare agli altri uomini; il cristiano impegnato nell’economia, cioè nel- l’attività di trasformare il mondo per renderlo sempre più umano, è anche lui portatore di una buona notizia che ha un preciso contenuto: «La prospettiva dello sviluppo umano in- tegrale è una buona notizia da profe- tizzare e da attuare — e questi non so- no sogni: questa è la strada». È uno dei passaggi-chiave del messaggio che il Santo Padre ha inviato sabato scorso ai giovani economisti riuniti per tre giorni ad Assisi per il grande evento della «Economy of France- sco» insieme ad altri grandi nomi del- le scienze economiche di tutto il mondo. Il lieto annuncio che i giova- ni economisti cristiani devono comu- nicare a tutto il mondo è quindi quel- lo legato allo sviluppo umano inte- grale, un tema che sta a cuore al Papa che nell’agosto del 2016 ha istituito un nuovo dicastero a servizio di que- sto sviluppo. Per spiegare ulteriormente e più precisamente di che “sviluppo” si tratta Francesco nel videomessaggio di Assisi ha preso in prestito le parole della Populorum progressio di san Paolo VI: «Lo sviluppo non si riduce alla semplice crescita economica. Per es- sere autentico sviluppo deve essere integrale, il che vuol dire volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo. […] — ogni uomo e tutto l’uomo! —. Noi non accettiamo di se- parare l’economico dall’umano, lo sviluppo dalla civiltà dove si inseri- sce. Ciò che conta per noi è l’uomo, ogni uomo, ogni gruppo d’uomini, fi- no a comprendere l’umanità intera». Non si tratta solo di profetizzare lo sviluppo umano integrale ma anche di attuarlo: la responsabilità che il Pa- pa indica agli economisti cristiani è grande quanto urgente, si deve agire (“incidere ” dice Francesco) in pro- fondità e oggi non domani, perché «La gravità della situazione attuale, che la pandemia del Covid ha fatto ri- saltare ancora di più, esige una re- sponsabile presa di coscienza di tutti gli attori sociali, di tutti noi, tra i qua- li voi avete un ruolo primario: le con- seguenze delle nostre azioni e deci- sioni vi toccheranno in prima perso- na, pertanto non potete rimanere fuori dai luoghi in cui si genera, non dico il vostro futuro, ma il vostro pre- sente. Voi non potete restare fuori da dove si genera il presente e il futuro. O siete coinvolti o la storia vi passerà sopra». L’attuazione di questo progetto ha una portata “rivoluzionaria”: è urgen- te elaborare risposte e nuove propo- ste da contrapporre a quella «unica logica dominante» a cui il Papa ci ri- corda «non siamo condannati». Il ri- ferimento è a quei modelli economici che concentrano «il loro interesse im- mediato sui profitti come unità di mi- sura e sulla ricerca di politiche pub- bliche simili che ignorano il proprio costo umano, sociale e ambientale. Come se potessimo contare su una disponibilità assoluta, illimitata o neutra delle risorse». Ad una econo- mia meramente estrattiva, il Papa in- dica la strada di una economia gene- rativa che però non può essere una scelta emotiva, sentimentale, ma frut- to di una seria e solida elaborazione culturale. Cultura è un’altra parola-chiave del messaggio: «In fondo ci manca la cultura necessaria per consentire e sti- molare l’apertura di visioni diverse, improntate a un tipo di pensiero, di politica, di programmi educativi, e anche di spiritualità che non si lasci rinchiudere da un’unica logica domi- nante. Se è urgente trovare risposte, è indispensabile far crescere e sostenere gruppi dirigenti capaci di elaborare cultura, avviare processi — non di- menticatevi questa parola: avviare processi — tracciare percorsi, allargare orizzonti, creare appartenenze…». Questi gruppi dirigenti, ispirati da una cultura aperta alla spiritualità, potranno contestare e contrastare «certe logiche (ideologiche) che fini- scono per giustificare e paralizzare ogni azione di fronte alle ingiustizie» e qui Francesco ricorda la Caritas in ve- ritate di Benedetto XVI secondo cui la fame «non dipende tanto da scarsità materiale, quanto piuttosto da scarsi- tà di risorse sociali, la più importante delle quali è di natura istituzionale» e SEGUE A PAGINA 2 «O siete coinvolti o la storia vi passerà sopra». Non usa mezzi termini Papa France- sco per rivolgere ai giovani il proprio appello affinché siano artefici del pre- sente e del futuro della società e della Chiesa. Protagonisti di due appuntamenti con il Ponte- fice in questo fine settimana, ragazze e ragazzi di tutto il mondo sabato pomeriggio hanno ascoltato il suo videomessaggio in occasione dell’evento internazionale online «The Econo- my of Francesco» e domenica si sono uniti ai loro coetanei di Panamá e di Lisbona che nella basilica di San Pietro, alla presenza del vescovo di Roma, si sono scambiati la croce e l’icona mariana, simboli della Giornata mondiale della gioventù, in vista del prossimo raduno interna- zionale, programmato nella capitale portoghese nel 2023. Un appuntamento atteso, che ha do- vuto essere rimandato di un anno a causa del- l’attuale situazione di pandemia, la stessa che nel marzo scorso aveva provocato il rinvio della riunione prevista ad Assisi con economisti, im- prenditori, lavoratori e dirigenti d’azienda “un- der 35”. Senza scoraggiarsi, gli organizzatori ne hanno ripensato la formula e così dal 19 al 21 novembre centinaia di migliaia di giovani da 115 nazioni si sono collegati con la cittadella fran- cescana per raccogliere la consegna del Ponte- fice, nella consapevolezza che «le conseguenze delle nostre azioni e decisioni toccheranno in prima persona» proprio i giovani, che pertanto non possono «rimanere fuori dai luoghi» deci- sionali. «È tempo — ha detto loro — di osare il rischio di favorire e stimolare modelli di svilup- po, di progresso e di sostenibilità in cui le per- sone, specialmente gli esclusi, cessino di essere una presenza meramente nominale». Parole che sembrano riecheggiare in quelle pronuncia- te nell’omelia domenicale, con l’esortazione a non rinunciare «ai grandi sogni», a non accon- tentarsi «del dovuto» perché «il Signore non ci vuole parcheggiati ai lati della vita». Al termine della messa il Papa ha guidato la recita dell’An- gelus commentando il Vangelo dell’ultima do- menica dell’anno liturgico, lanciando un appel- lo per le famiglie impoverite dalla crisi provo- cata dal covid e ricordando il sisma che quaran- t’anni fa sconvolse l’Italia meridionale. PAGINE 2-3 E 6-7 Il Papa conclude l’incontro on line «The Economy of Francesco» e affida alla gioventù di Lisbona la Croce della Gmg 2023 Protagonisti nella società e nella Chiesa Protagonisti nella società e nella Chiesa

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L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO POLITICO RELIGIOSO

Unicuique suum Non praevalebunt

Anno CLX n. 271 (48.595) lunedì 23 novembre 2020Città del Vaticano

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Il nuovo libro del Pontefice

Ritorniamoa sognare

un futuro migliore

Il mondo intero si trova prigioniero nellabirinto della pandemia. Uno stato dicrisi permanente che comunque co-stringe a non stare fermi, anche se con

il rischio di ritrovarsi sempre in un vicolo cie-co. Il labirinto è l’immagine che Francescousa per fotografare il momento presente eper indicare una via d’uscita, seguendo il filod’Arianna della creatività. Immagini, sugge-rimenti, e suggestioni potenti che il Papa do-na a tutti in Ritorniamo a sognare. La strada versoun futuro migliore, libro realizzato “in conversa-zione” con Austen Ivereigh, che in Italia vie-ne pubblicato per Piemme da Mondadori.

FABRIZIO CONTESSA A PA G I N A 8

Nel messaggio ai giovani economisti riuniti ad Assisi

La responsabilità dei cristiani nella visione di Francesco per uno sviluppo pienamente umano

NOSTREINFORMAZIONI

PAGINA 11

Il terremoto di 40 anni fa

Quei secondi infinitiche cambiarono

la storia

Q uarant’anni, ma il terremoto del-l’Ottanta in Campania e Basilicata— un minuto e mezzo di improvvi-sa collera della natura, quasi tre-

mila morti, oltre ottomila feriti, decine dipaesi distrutti, nel pomeriggio del 23 no-vembre di una domenica di festa — a p p a reancora più lontano.

ANGELO SCELZO NELLE PA G I N E 4-5

di ANDREA MONDA

I l cristiano si contraddistingueperché ha una buona notizia,un “vangelo”, da annunciareagli altri uomini; il cristiano

impegnato nell’economia, cioè nel-l’attività di trasformare il mondo perrenderlo sempre più umano, è anchelui portatore di una buona notiziache ha un preciso contenuto: «Laprospettiva dello sviluppo umano in-tegrale è una buona notizia da profe-tizzare e da attuare — e questi non so-no sogni: questa è la strada». È unodei passaggi-chiave del messaggioche il Santo Padre ha inviato sabatoscorso ai giovani economisti riunitiper tre giorni ad Assisi per il grandeevento della «Economy of France-sco» insieme ad altri grandi nomi del-le scienze economiche di tutto ilmondo. Il lieto annuncio che i giova-ni economisti cristiani devono comu-nicare a tutto il mondo è quindi quel-

lo legato allo sviluppo umano inte-grale, un tema che sta a cuore al Papache nell’agosto del 2016 ha istituitoun nuovo dicastero a servizio di que-sto sviluppo.

Per spiegare ulteriormente e piùprecisamente di che “svilupp o” sitratta Francesco nel videomessaggiodi Assisi ha preso in prestito le paroledella Populorum progressio di san PaoloVI: «Lo sviluppo non si riduce allasemplice crescita economica. Per es-sere autentico sviluppo deve essereintegrale, il che vuol dire volto allapromozione di ogni uomo e di tuttol’uomo. […] — ogni uomo e tuttol’uomo! —. Noi non accettiamo di se-parare l’economico dall’umano, losviluppo dalla civiltà dove si inseri-

sce. Ciò che conta per noi è l’uomo,ogni uomo, ogni gruppo d’uomini, fi-no a comprendere l’umanità intera».

Non si tratta solo di profetizzare losviluppo umano integrale ma anchedi attuarlo: la responsabilità che il Pa-pa indica agli economisti cristiani ègrande quanto urgente, si deve agire(“i n c i d e re ” dice Francesco) in pro-fondità e oggi non domani, perché«La gravità della situazione attuale,che la pandemia del Covid ha fatto ri-saltare ancora di più, esige una re-sponsabile presa di coscienza di tuttigli attori sociali, di tutti noi, tra i qua-li voi avete un ruolo primario: le con-seguenze delle nostre azioni e deci-sioni vi toccheranno in prima perso-na, pertanto non potete rimanerefuori dai luoghi in cui si genera, nondico il vostro futuro, ma il vostro pre-sente. Voi non potete restare fuori dadove si genera il presente e il futuro.O siete coinvolti o la storia vi passeràsopra».

L’attuazione di questo progetto hauna portata “rivoluzionaria”: è urgen-te elaborare risposte e nuove propo-ste da contrapporre a quella «unicalogica dominante» a cui il Papa ci ri-corda «non siamo condannati». Il ri-ferimento è a quei modelli economiciche concentrano «il loro interesse im-mediato sui profitti come unità di mi-sura e sulla ricerca di politiche pub-bliche simili che ignorano il propriocosto umano, sociale e ambientale.Come se potessimo contare su unadisponibilità assoluta, illimitata oneutra delle risorse». Ad una econo-mia meramente estrattiva, il Papa in-dica la strada di una economia gene-rativa che però non può essere unascelta emotiva, sentimentale, ma frut-to di una seria e solida elaborazioneculturale.

Cultura è un’altra parola-chiavedel messaggio: «In fondo ci manca lacultura necessaria per consentire e sti-molare l’apertura di visioni diverse,

improntate a un tipo di pensiero, dipolitica, di programmi educativi, eanche di spiritualità che non si lascirinchiudere da un’unica logica domi-nante. Se è urgente trovare risposte, èindispensabile far crescere e sosteneregruppi dirigenti capaci di elaborarecultura, avviare processi — non di-menticatevi questa parola: avviareprocessi — tracciare percorsi, allargareorizzonti, creare appartenenze…».

Questi gruppi dirigenti, ispirati dauna cultura aperta alla spiritualità,potranno contestare e contrastare«certe logiche (ideologiche) che fini-scono per giustificare e paralizzareogni azione di fronte alle ingiustizie»e qui Francesco ricorda la Caritas in ve-ritate di Benedetto XVI secondo cui lafame «non dipende tanto da scarsitàmateriale, quanto piuttosto da scarsi-tà di risorse sociali, la più importantedelle quali è di natura istituzionale» e

SEGUE A PAGINA 2

«O siete coinvolti o la storia vipasserà sopra». Non usamezzi termini Papa France-sco per rivolgere ai giovani il

proprio appello affinché siano artefici del pre-sente e del futuro della società e della Chiesa.Protagonisti di due appuntamenti con il Ponte-fice in questo fine settimana, ragazze e ragazzidi tutto il mondo sabato pomeriggio hannoascoltato il suo videomessaggio in occasionedell’evento internazionale online «The Econo-my of Francesco» e domenica si sono uniti ailoro coetanei di Panamá e di Lisbona che nellabasilica di San Pietro, alla presenza del vescovodi Roma, si sono scambiati la croce e l’iconamariana, simboli della Giornata mondiale dellagioventù, in vista del prossimo raduno interna-

zionale, programmato nella capitale portoghesenel 2023. Un appuntamento atteso, che ha do-vuto essere rimandato di un anno a causa del-l’attuale situazione di pandemia, la stessa chenel marzo scorso aveva provocato il rinvio dellariunione prevista ad Assisi con economisti, im-prenditori, lavoratori e dirigenti d’azienda “un-der 35”. Senza scoraggiarsi, gli organizzatori nehanno ripensato la formula e così dal 19 al 21novembre centinaia di migliaia di giovani da 115nazioni si sono collegati con la cittadella fran-cescana per raccogliere la consegna del Ponte-fice, nella consapevolezza che «le conseguenzedelle nostre azioni e decisioni toccheranno inprima persona» proprio i giovani, che pertantonon possono «rimanere fuori dai luoghi» deci-sionali. «È tempo — ha detto loro — di osare il

rischio di favorire e stimolare modelli di svilup-po, di progresso e di sostenibilità in cui le per-sone, specialmente gli esclusi, cessino di essereuna presenza meramente nominale». Paroleche sembrano riecheggiare in quelle pronuncia-te nell’omelia domenicale, con l’esortazione anon rinunciare «ai grandi sogni», a non accon-tentarsi «del dovuto» perché «il Signore non civuole parcheggiati ai lati della vita». Al terminedella messa il Papa ha guidato la recita dell’An-gelus commentando il Vangelo dell’ultima do-menica dell’anno liturgico, lanciando un appel-lo per le famiglie impoverite dalla crisi provo-cata dal covid e ricordando il sisma che quaran-t’anni fa sconvolse l’Italia meridionale.

PAGINE 2-3 E 6-7

Il Papa conclude l’incontro on line «The Economy of Francesco»e affida alla gioventù di Lisbona la Croce della Gmg 2023

P ro t a g o n i s t inella societàe nella Chiesa

P ro t a g o n i s t inella societàe nella Chiesa

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 lunedì 23 novembre 2020

Oggi in primo piano - Concluso ad Assisi l’incontro internazionale «The Economy of Francesco»

È tempo di osareun nuovo modello di sviluppo

I poveri hanno la dignità sufficienteper sedersi ai nostri incontri, partecipare alle nostre discussioni

e portare il pane alle loro case

È giàuna rivoluzione

Cari giovani, buon pomeriggio!Grazie per essere lì, per tutto il lavo-ro che avete fatto, per l’impegno diquesti mesi, malgrado i cambi diprogramma. Non vi siete scoraggia-ti, anzi, ho conosciuto il livello di ri-flessione, la qualità, la serietà e la re-sponsabilità con cui avete lavorato:non avete tralasciato nulla di ciò chevi dà gioia, vi preoccupa, vi indignae vi spinge a cambiare.

L’idea originaria era di incontrar-ci ad Assisi per ispirarci sulle ormedi San Francesco. Dal Crocifisso diSan Damiano e da altri volti — comequello del lebbroso — il Signore gli èandato incontro, lo ha chiamato egli ha affidato una missione; lo haspogliato degli idoli che lo isolava-no, delle perplessità che lo paraliz-zavano e lo chiudevano nella solitadebolezza del “si è sempre fatto co-sì” — questa è una debolezza! — odella tristezza dolciastra e insoddi-

sfatta di quelli che vivono solo persé stessi e gli ha regalato la capacitàdi intonare un canto di lode, espres-sione di gioia, libertà e dono di sé.Perciò, questo incontro virtuale adAssisi per me non è un punto di arri-vo ma la spinta iniziale di un proces-so che siamo invitati a vivere comevocazione, come c u l t u ra e come patto.

La vocazione di Assisi«Francesco va’, ripara la mia casa

che, come vedi, è in rovina». Questefurono le parole che smossero il gio-vane Francesco e che diventano unappello speciale per ognuno di noi.Quando vi sentite chiamati, coin-volti e protagonisti della “normali -tà” da costruire, voi sapete dire “sì”,e questo dà speranza. So che aveteaccettato immediatamente questaconvocazione, perché siete in gradodi vedere, analizzare e sperimentareche non possiamo andare avanti inquesto modo: lo ha mostrato chiara-mente il livello di adesione, di iscri-zione e di partecipazione a questopatto, che è andato oltre le capacità.Voi manifestate una sensibilità euna preoccupazione speciali peridentificare le questioni cruciali checi interpellano. L’avete fatto da unaprospettiva particolare: l’economia,che è il vostro ambito di ricerca, distudio e di lavoro. Sapete che u rg euna diversa narrazione economica, urgeprendere atto responsabilmente delfatto che «l’attuale sistema mondia-le è insostenibile da diversi punti divista»1 e colpisce nostra sorella ter-ra, tanto gravemente maltrattata espogliata, e insieme i più poveri e gliesclusi. Vanno insieme: tu spogli laterra e ci sono tanti poveri esclusi.Essi sono i primi danneggiati... eanche i primi dimenticati.

Attenzione però a non lasciarsi

convincere che questo sia solo un ri-corrente luogo comune. Voi sietemolto più di un “ru m o re ” sup erfi-ciale e passeggero che si può addor-mentare e narcotizzare con il tem-po. Se non vogliamo che questosucceda, siete chiamati a incidereconcretamente nelle vostre città euniversità, nel lavoro e nel sindaca-to, nelle imprese e nei movimenti,negli uffici pubblici e privati con in-telligenza, impegno e convinzione,per arrivare al nucleo e al cuore dovesi elaborano e si decidono i temi e iparadigmi2. Tutto ciò mi ha spinto ainvitarvi a realizzare questo patto.La gravità della situazione attuale,che la pandemia del Covid ha fattorisaltare ancora di più, esige una re-sponsabile presa di coscienza di tut-ti gli attori sociali, di tutti noi, tra iquali voi avete un ruolo primario: leconseguenze delle nostre azioni edecisioni vi toccheranno in primapersona, pertanto non potete rima-nere fuori dai luoghi in cui si gene-ra, non dico il vostro futuro, ma ilvostro presente. Voi non potete re-stare fuori da dove si genera il pre-sente e il futuro. O siete coinvolti ola storia vi passerà sopra.

Una nuova culturaAbbiamo bisogno di un cambia-

mento, vogliamo un cambiamento,cerchiamo un cambiamento3. Il pro-blema nasce quando ci accorgiamoche, per molte delle difficoltà che ciassillano, non possediamo risposteadeguate e inclusive; anzi, risentia-mo di una frammentazione nelleanalisi e nelle diagnosi che finisceper bloccare ogni possibile soluzio-ne. In fondo, ci manca la cultura ne -cessaria per consentire e stimolarel’apertura di visioni diverse, im-prontate a un tipo di pensiero, dipolitica, di programmi educativi, eanche di spiritualità che non si lascirinchiudere da un’unica logica do-minante4. Se è urgente trovare ri-sposte, è indispensabile far cresceree sostenere gruppi dirigenti capacidi elaborare cultura, avviare proces-si — non dimenticatevi questa paro-la: avviare processi — tracciare per-corsi, allargare orizzonti, creare ap-partenenze... Ogni sforzo per am-ministrare, curare e migliorare lanostra casa comune, se vuole esseresignificativo, richiede di cambiare«gli stili di vita, i modelli di produ-zione e di consumo, le strutture con-solidate di potere che oggi reggonole società»5. Senza fare questo, nonfarete nulla.

Abbiamo bisogno di gruppi diri-genti comunitari e istituzionali chepossano farsi carico dei problemisenza restare prigionieri di essi edelle proprie insoddisfazioni, e cosìsfidare la sottomissione — spesso in-consapevole — a certe logiche (ideo-logiche) che finiscono per giustifi-care e paralizzare ogni azione difronte alle ingiustizie. Ricordiamo,ad esempio, come bene osservò Be-nedetto XVI, che la fame «non di-pende tanto da scarsità materiale,quanto piuttosto da scarsità di risor-se sociali, la più importante dellequali è di natura istituzionale»6. Sevoi sarete capaci di risolvere questo,avrete la via aperta per il futuro. Ri-

peto il pensiero di Papa Benedetto:la fame non dipende tanto da scarsi-tà materiale, quanto piuttosto dascarsità di risorse sociali, la più im-portante delle quali è di natura isti-tuzionale.

La crisi sociale ed economica, chemolti patiscono nella propria carnee che sta ipotecando il presente e ilfuturo nell’abbandono e nell’esclu -sione di tanti bambini e adolescentie di intere famiglie, non tollera cheprivilegiamo gli interessi settoriali ascapito del bene comune. Dobbia-mo ritornare un po’ alla mistica [al-lo spirito] del bene comune. In que-sto senso, permettetemi di rilevareun esercizio che avete sperimentatocome metodologia per una sana e ri-voluzionaria risoluzione dei conflit-ti. Durante questi mesi avete condi-viso varie riflessioni e importantiquadri teorici. Siete stati capaci diincontrarvi su 12 tematiche (i “vil -laggi”, voi li avete chiamati): 12 te-matiche per dibattere, discutere eindividuare vie praticabili. Avetevissuto la tanto necessaria cultura del-l’i n c o n t ro , che è l’opposto della c u l t u radello scarto, che è alla moda. E questacultura dell’incontro permette amolte voci di stare intorno a unostesso tavolo per dialogare, pensare,discutere e creare, secondo una pro-spettiva poliedrica, le diverse di-mensioni e risposte ai problemi glo-bali che riguardano i nostri popoli ele nostre democrazie7. Com’è diffi-cile progredire verso soluzioni realiquando si è screditato, calunniato edecontestualizzato l’interlo cutoreche non la pensa come noi! Questoscreditare, calunniare o deconte-stualizzare l’interlocutore che nonla pensa come noi è un modo di di-fendersi codardamente dalle deci-sioni che io dovrei assumere per ri-solvere tanti problemi. Non dimen-tichiamo mai che «il tutto è più del-le parti, ed è anche più della loro

semplice somma»8, e che «la merasomma degli interessi individualinon è in grado di generare un mon-do migliore per tutta l’umanità»9.

Questo esercizio di incontrarsi aldi là di tutte le legittime differenze èil passo fondamentale per qualsiasitrasformazione che aiuti a dar vita auna nuova mentalità culturale e,quindi, economica, politica e socia-le; perché non sarà possibile impe-gnarsi in grandi cose solo secondouna prospettiva teorica o individua-le senza uno spirito che vi animi,senza alcune motivazioni interioriche diano senso, senza un’apparte -nenza e un radicamento che dianorespiro all’azione personale e comu-nitaria10.

Così il futuro sarà un tempo spe-ciale, in cui ci sentiamo chiamati ariconoscere l’urgenza e la bellezzadella sfida che ci si presenta. Untempo che ci ricorda che non siamocondannati a modelli economiciche concentrino il loro interesse im-mediato sui profitti come unità dimisura e sulla ricerca di politichepubbliche simili che ignorano ilproprio costo umano, sociale e am-bientale11. Come se potessimo con-tare su una disponibilità assoluta, il-limitata o neutra delle risorse. No,non siamo costretti a continuare adammettere e tollerare in silenzio neinostri comportamenti «che alcuni sisentano più umani di altri, come sefossero nati con maggiori diritti»12 oprivilegi per il godimento garantitodi determinati beni o servizi essen-ziali13. Non basta neppure puntaresulla ricerca di palliativi nel terzosettore o in modelli filantropici.Benché la loro opera sia cruciale,non sempre sono capaci di affronta-re strutturalmente gli attuali squili-bri che colpiscono i più esclusi e,senza volerlo, perpetuano le ingiu-stizie che intendono contrastare. In-fatti, non si tratta solo o esclusiva-

IL VIDEOMESSAGGIO

«È tempo, cari giovani economisti, imprenditori,lavoratori e dirigenti d’azienda, di osare il rischiodi favorire e stimolare modelli di sviluppo, di pro-gresso e di sostenibilità in cui le persone, special-mente gli esclusi, cessino di essere una presenzameramente nominale». Lo ha raccomandato ilPontefice intervenendo sabato pomeriggio, 21 no-vembre, con un videomessaggio, alla conclusionedell’Incontro internazionale «The Economy ofFrancesco - Papa Francesco e i giovani da tutto ilmondo per l’economia di domani», svoltosi adAssisi — in diretta streaming — da giovedì 19. Al-l’appuntamento, che avrebbe dovuto tenersi amarzo ma era stato rimandato a causa della pan-demia, sono intervenuti oltre duemila “under 35” ehanno partecipato centinaia di migliaia di lorocoetanei collegati da 115 Paesi del mondo.

aggiunge: «Se voi sarete capaci di risol-vere questo, avrete la via aperta per il fu-t u ro » .

Questa è la terza parola-chiave delmessaggio: il futuro, cioè la speranza,speranza di una rinnovata fraternità.Realizzare il progetto di uno sviluppoumano integrale permette infatti ad ogniuomo «di ritrovarci come umanità sullabase del meglio di noi stessi: il sogno diDio che impariamo a farci carico del fra-tello, e del fratello più vulnerabile (cfr.Gen 4, 9)». La risposta rabbiosa di Caino(“sono forse il guardiano di mio fratel-lo?”) indica la verità dell’uomo e quel so-gno di Dio efficacemente espresso dal te-sto della Spe salvi di Benedetto XVI che ilPapa cita opportunamente: «La misuradell’umanità si determina essenzialmentenel rapporto con la sofferenza e col soffe-rente — la misura dell’umanità —. Questovale per il singolo come per la società»,aggiungendo «misura che deve incarnar-si anche nelle nostre decisioni e nei mo-delli economici». La misura dell’umanitàè quindi espressa compiutamente dalbuon samaritano che prende su di sé ildramma e il dolore dell’altro, del diverso,

è questa la “rivoluzione”, la contestazio-ne rispetto agli assetti consolidati che èrichiesta ad ogni cristiano e che apre adun futuro nuovo e sorprendente. A que-sto punto Francesco conclude il suo mes-saggio lasciando il campo ad una grandevisione: «Un futuro imprevedibile è giàin gestazione», un passaggio che richia-ma la profezia di Isaia «Ecco, faccio unacosa nuova: proprio ora germoglia, nonve ne accorgete?», ma anche l’intuizionedi San Paolo «tutta la creazione geme esoffre fino ad oggi nelle doglie del parto»e comunque rivela una grande fiducianell’opera di Dio nella storia degli uomi-ni, perché, conclude il Papa: «La storia ciinsegna che non ci sono sistemi né crisi ingrado di annullare completamente la ca-pacità, l’ingegno e la creatività che Dionon cessa di suscitare nei cuori. Con de-dizione e fedeltà ai vostri popoli, al vo-stro presente e al vostro futuro, voi poteteunirvi ad altri per tessere un nuovo mododi fare la storia. Non temete di coinvol-gervi e di toccare l’anima delle città conlo sguardo di Gesù; non temete di abitarecoraggiosamente i conflitti e i croceviadella storia per ungerli con l’aroma delleBeatitudini. Non temete, perché nessunosi salva da solo».

La responsabilità dei cristianiCO N T I N UA DA PAGINA 1

della tre giorni di Assisi, hacommentato la fine dell’evento«The Economy of Francesco»,culminata con il videomessaggiodel Papa, il cui testo èpubblicato qui sopraintegralmente. Alle parole diFortunato si sono aggiuntequelle di suor AlessandraSmerilli, del Comitatoscientifico, idealmenteindirizzate a quanti non hannopotuto partecipare fisicamenteall’incontro: «Vi sentiamo vicini— ha detto la religiosa — anche sedietro lo schermo. «The

«C entinaia dimigliaia digiovani sisono connessi

da tutto il mondo con Assisi perun patto economico che guardaal futuro, ed è già rivoluzione.Studenti, economisti eimprenditori si sono confrontatida oltre 115 Paesi su quella chesarà l’economia di domani chenon sarà per gli ultimi, ma congli ultimi». Con queste parole,padre Enzo Fortunato, direttoredella struttura informativa cheha diffuso il contenuto dei lavori

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L’OSSERVATORE ROMANOlunedì 23 novembre 2020 pagina 3

Oggi in primo piano - Concluso ad Assisi l’incontro internazionale «The Economy of Francesco»

mente di sovvenire alle necessità piùessenziali dei nostri fratelli. Occorreaccettare strutturalmente che i po-veri hanno la dignità sufficiente persedersi ai nostri incontri, partecipa-re alle nostre discussioni e portare ilpane alle loro case. E questo è moltopiù che assistenzialismo: stiamoparlando di una conversione e tra-sformazione delle nostre priorità edel posto dell’altro nelle nostre poli-tiche e nell’ordine sociale.

In pieno secolo XXI, «non si trat-ta più semplicemente del fenomenodello sfruttamento e dell’oppressio -ne, ma di qualcosa di nuovo: conl’esclusione resta colpita, nella suastessa radice, l’appartenenza alla so-cietà in cui si vive, dal momento chein essa non si sta nei bassifondi, nel-la periferia, o senza potere, bensì sista fuori»14. State attenti a questo:con l’esclusione resta colpita, nellasua stessa radice, l’appartenenza al-la società in cui si vive, dal momentoche in essa non si sta nei bassifondi,nella periferia, o senza potere, bensìsi sta fuori. È la cultura dello scarto,che non solamente scarta, bensì ob-bliga a vivere nel proprio scarto, resiinvisibili al di là del muro dell’indif -ferenza e del confort.

Io ricordo la prima volta che hovisto un quartiere chiuso: non sape-vo che esistessero. È stato nel 1970.Sono dovuto andare a visitare deinoviziati della Compagnia, e sonoarrivato in un Paese, e poi, andandoper la città, mi hanno detto: “No, daquella parte non si può andare, per-ché quello è un quartiere chiuso”.Dentro c’erano dei muri, e dentroc’erano le case, le strade, ma chiuso:cioè un quartiere che viveva nell’in -differenza. A me colpì tanto vederequesto. Ma poi questo è cresciuto,cresciuto, cresciuto…, ed era dap-pertutto. Ma io ti domando: il tuocuore è come un quartiere chiuso?

Il patto di AssisiNon possiamo permetterci di

continuare a rimandare alcune que-stioni. Questo enorme e improroga-bile compito richiede un impegnogeneroso nell’ambito culturale, nel-la formazione accademica e nella ri-cerca scientifica, senza perdersi inmode intellettuali o pose ideologi-che — che sono isole —, che ci isolinodalla vita e dalla sofferenza concretadella gente15. È tempo, cari giovanieconomisti, imprenditori, lavoratorie dirigenti d’azienda, è tempo diosare il rischio di favorire e stimola-re modelli di sviluppo, di progressoe di sostenibilità in cui le persone, especialmente gli esclusi (e tra questianche sorella terra), cessino di esse-re — nel migliore dei casi — una pre-senza meramente nominale, tecnicao funzionale per diventare protago-

nisti della loro vita come dell’i n t e rotessuto sociale.

Questo non sia una cosa nomina-le: esistono i poveri, gli esclusi...No, no, che quella presenza non sianominale, non sia tecnica, non fun-zionale. È tempo che diventino pro-tagonisti della loro vita come del-l’intero tessuto sociale. Non pensia-mo per loro, pensiamo con loro. Ri-cordatevi l’eredità dell’illuminismo,delle élites illuminate. Tutto per il po-polo, niente con il popolo. E questonon va. Non pensiamo per loro, pen-siamo con loro. E da loro impariamoa far avanzare modelli economiciche andranno a vantaggio di tutti,perché l’impostazione strutturale edecisionale sarà determinata dallosviluppo umano integrale, così ben ela-borato dalla dottrina sociale dellaChiesa. La politica e l’economianon devono «sottomettersi ai detta-mi e al paradigma efficientista dellatecnocrazia. Oggi, pensando al be-ne comune, abbiamo bisogno inmodo ineludibile che la politica el’economia, in dialogo, si ponganodecisamente al servizio della vita,specialmente della vita umana»16.Senza questa centralità e questoorientamento rimarremo prigionieridi una circolarità alienante che per-petuerà soltanto dinamiche di de-grado, esclusione, violenza e pola-rizzazione: «Ogni programma, ela-borato per aumentare la produzio-ne, non ha in definitiva altra ragiond’essere che il servizio della perso-na. La sua funzione è di ridurre ledisuguaglianze, combattere le di-scriminazioni, liberare l’uomo dallesue servitù. [...] Non basta accresce-re la ricchezza comuneperché sia equamente ri-partita — no, non bastaquesto —, non bastapromuovere la tecni-ca perché la terra di-venti più umana daa b i t a re » 1 7. Neppurequesto basta.

La prospettiva dellosviluppo umano integrale èuna buona notizia da profe-tizzare e da attuare — e questi nonsono sogni: questa è la strada —, unabuona notizia da profetizzare e daattuare, perché ci propone di ritro-varci come umanità sulla base delmeglio di noi stessi: il sogno di Dioche impariamo a farci carico del fra-tello, e del fratello più vulnerabile(cfr. Gen 4, 9). «La misura dell’uma -nità si determina essenzialmente nelrapporto con la sofferenza e col sof-ferente — la misura dell’umanità —.Questo vale per il singolo come perla società»18; misura che deve incar-narsi anche nelle nostre decisioni enei modelli economici.

Come fa bene lasciar risuonare le

parole di San Paolo VI, quando, neldesiderio che il messaggio evangeli-co permeasse e guidasse tutte lerealtà umane, scriveva: «Lo svilup-po non si riduce alla semplice cresci-ta economica. Per essere autenticosviluppo deve essere integrale, il chevuol dire volto alla promozione diogni uomo e di tutto l’uomo. [...] —ogni uomo e tutto l’uomo! —. Noinon accettiamo di separare l’econo -mico dall’umano, lo sviluppo dallaciviltà dove si inserisce. Ciò checonta per noi è l’uomo, ogni uomo,ogni gruppo d’uomini, fino a com-prendere l’umanità intera»19.

In questo senso, molti di voiavranno la possibilità di agire e diincidere su decisioni macro-economiche, dove si gioca il destinodi molte nazioni. Anche questi sce-nari hanno bisogno di persone pre-parate, «prudenti come i serpenti esemplici come le colombe» (Mt 10,16), capaci di «vigilare in ordine allosviluppo sostenibile dei Paesi e perevitare l’asfissiante sottomissione ditali Paesi a sistemi creditizi che, benlungi dal promuovere il progresso,sottomettono le popolazioni a mec-canismi di maggiore povertà, esclu-

sione e dipenden-za»20. I sistemi cre-ditizi da soli sonouna strada per lapovertà e la dipen-denza. Questa legit-tima protesta chiededi suscitare e ac-compagnare un mo-dello di solidarietàinternazionale che

riconosca e rispetti l’interdip enden-za tra le nazioni e favorisca i mecca-nismi di controllo capaci di evitareogni tipo di sottomissione, comepure vigilare sulla promozione deiPaesi più svantaggiati e in via di svi-luppo; ogni popolo è chiamato arendersi artefice del proprio destinoe di quello del mondo intero21.

***Cari giovani, «oggi siamo di

fronte alla grande occasione diesprimere il nostro essere fratelli, diessere altri buoni samaritani cheprendono su di sé il dolore dei falli-menti, invece di fomentare odi e ri-sentimenti»22. Un futuro impreve-dibile è già in gestazione; ciascunodi voi, a partire dal posto in cui ope-ra e decide, può fare molto; non sce-gliete le scorciatoie, che seducono evi impediscono di mescolarvi peressere lievito lì dove vi trovate (cfr.Lc 13 ,20-21). Niente scorciatoie, lie-vito, sporcarsi le mani. Passata lacrisi sanitaria che stiamo attraver-sando, la peggiore reazione sarebbedi cadere ancora di più in un febbri-le consumismo e in nuove forme di

autoprotezione egoistica. Non di-menticatevi, da una crisi mai si esceuguali: usciamo meglio o peggio.Facciamo crescere ciò che è buono,cogliamo l’opportunità e mettiamo-ci tutti al servizio del bene comune.Voglia il Cielo che alla fine non cisiano più “gli altri”, ma che imparia-mo a maturare uno stile di vita in cuisappiamo dire “noi”23. Ma un “noi”grande, non un “noi” piccolino epoi “gli altri”, no, questo non va.

La storia ci insegna che non ci so-no sistemi né crisi in grado di annul-lare completamente la capacità, l’in -gegno e la creatività che Dio noncessa di suscitare nei cuori. Con de-dizione e fedeltà ai vostri popoli, alvostro presente e al vostro futuro,voi potete unirvi ad altri per tessereun nuovo modo di fare la storia.Non temete di coinvolgervi e di toc-care l’anima delle città con lo sguar-do di Gesù; non temete di abitarecoraggiosamente i conflitti e i croce-via della storia per ungerli con l’aro -ma delle Beatitudini. Non temete,perché nessuno si salva da solo. Nessu-no si salva da solo. A voi giovani,provenienti da 115 Paesi, rivolgo l’in -vito a riconoscere che abbiamo biso-gno gli uni degli altri per dar vita aquesta cultura economica, capace di«far germogliare sogni, suscitareprofezie e visioni, far fiorire speran-ze, stimolare fiducia, fasciare ferite,intrecciare relazioni, risuscitareun’alba di speranza, imparare l’unodall’altro, e creare un immaginariopositivo che illumini le menti, ri-scaldi i cuori, ridoni forza alle mani,e ispiri ai giovani — a tutti i giovani,nessuno escluso — la visione di unfuturo ricolmo della gioia del Van-gelo»24. Grazie!

1 Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio2015), 61. D’ora in poi L S.

2 Cfr. Esort. ap. Evangelii gaudium(24 novembre 2013), 74. D’ora in poiEG.

3 Cfr. Discorso nell’Incontro mondialedei movimenti popolari, Santa Cruz dela Sierra, 9 luglio 2015.

4 Cfr. LS, 111.5 S. GI O VA N N I PAOLO II, Lett.

enc. Centesimus annus (1 maggio 1991),58.

6 Lett. enc. Caritas in veritate (29giugno 2009), 27.

7 Cfr. Discorso al Seminario «Nuoveforme di fraternità solidale, di inclusione,integrazione e innovazione» organizzatodalla Pontificia Accademia delle Scienze So-ciali (5 febbraio 2020). Ricordiamoche «la vera sapienza, frutto della ri-flessione, del dialogo e dell’i n c o n t rogeneroso fra le persone, non si ac-quisisce con una mera accumulazio-ne di dati che finisce per saturare econfondere, in una specie di inqui-namento mentale» (LS, 47).

8 EG, 235.9 Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre

2020), 105. D’ora in poi F T.10 Cfr. LS, 216.11 Favorendo, all’occorrenza, l’e-

vasione fiscale, il mancato rispettodei diritti dei lavoratori, come pure«la possibilità di corruzione da par-te di alcune delle imprese più grandidel mondo, non di rado in sintoniacon il settore politico governante»(Discorso al Seminario «Nuove forme difraternità solidale, di inclusione, integrazio-ne e innovazione», cit.).

12 LS, 90. Per esempio «incolparel’incremento demografico e non ilconsumismo estremo e selettivo dialcuni, è un modo per non affronta-re i problemi. Si pretende così di le-gittimare l’attuale modello distribu-tivo, in cui una minoranza si credein diritto di consumare in una pro-porzione che sarebbe impossibilegeneralizzare, perché il pianeta nonpotrebbe nemmeno contenere i ri-fiuti di un simile consumo» (LS,50).

13 Benché tutti siamo dotati del-la medesima dignità, non tutti par-tono dalla stessa posizione e conle stesse possibilità allorché si con-sidera l’ordine sociale. Questo ciinterroga e ci chiede di pensaredelle strade affinché la libertà el’uguaglianza non siano un datomeramente nominale che si prestaa favorire l’ingiustizia (cfr. F T, 21-23). Ci farà bene domandarci:«Che cosa accade senza la frater-nità consapevolmente coltivata,senza una volontà politica di fra-ternità, tradotta in un’educazionealla fraternità, al dialogo, alla sco-perta della reciprocità e del mutuoarricchimento come valori?» (F T,103).

14 EG, 53. In un mondo di virtuali-tà, cambiamenti e frammentazione,i diritti sociali non possono esseresolamente esortazioni o appelli no-minalistici, ma devono essere faro ebussola del cammino, perché «lostato di salute delle istituzioni diuna società comporta conseguenzeper l’ambiente e per la qualità dellavita umana» (LS, 142).

15 Cfr. Cost. ap. Veritatis gaudium (8dicembre 2017), 3.

16 LS, 189.17 S. PAOLO VI, Lett. enc. Populo -

rum progressio (26 marzo 1967), 34.D’ora in poi P P.

18 BENEDETTO XVI, Lett. enc. Spesalvi (30 novembre 2007), 38.

19 P P, 14.20 Discorso all’Assemblea Generale del-

l’ONU (25 settembre 2015).21 Cfr. P P, 65.22 F T, 77.23 Cfr. ibid., 35.24 Discorso all’inizio del Sinodo dedicato

ai giovani (3 ottobre 2018).

Economy of Francesco» è unacomunità salda e viva, e nonvogliamo disperdere questaricchezza. Noi del Comitatoscientifico vogliamo tenere vivaquesta rete, che ha tre strati: glihub regionali, dove potete agireed essere protagonisti, ilvillaggio che avete creato, gli hubdei villaggi, un’opportunità percontinuare a lavorare suquestioni specifiche, e poi l’hubmondiale. In questi tre giorniabbiamo visto quanto è ricca efaremo del vostro meglio perincontrarvi tutti, di persona, adAssisi. Fino ad allora una cosa ciappare già chiara: non siamomai stati leader dell’economia diFrancesco, voi siete i leader diquesto processo e noi siamo quiper sostenervi».Sono stati molti e tutti di

rilievo, gli interventi che si sonosusseguiti a partire da giovedìscorso nella cittadina umbra ein tutte le sue diramazionidigitali. Tra questi, il messaggiointroduttivo del prefetto delDicastero per il servizio dellosviluppo umano integrale, ilcardinale Peter Turkson, rivoltoai giovani organizzatori:«Avete deciso di costruire unarete globale di giovani leader eportatori di cambiamento nelcampo economico — ha detto —una rete che può “d a reun’anima all’economia delf u t u ro ”. E in risposta allapandemia, state cercando diaiutare Papa Francesco, laChiesa e tutto il mondo auscirne migliori, immaginandoe sviluppando un’economiadiversa, inclusiva e sostenibile,

che possa aiutarci acomportarci come fratelli esorelle che vivono in una casacomune. Grazie per la vostrasperanza e perseveranza». Tra irelatori collegati via internetanche l’economista JeffreySachs, il cui intervento è statodedicato a «Perfecting Joy:three proposals to let lifeflourish». Durante l’incontro alquale Sachs ha partecipato èstata presentata la proposta diun Child Flourish Index, un indiceper valutare il benessere deibambini. Lo stesso economistasi è detto disponibile acollaborare al progetto: «IlNetwork per lo svilupposostenibile che dirigo haelaborato diversi indici cheriguardano la felicità, sulla basedi dati e indicatori che

riguardano anche il benessereinfantile. Abbiamo bisogno dimodalità pionieristiche ealcune di queste possono esseremolto utili. Ci sono modalitànel mondo interconnesso che ciconsentono di ottenere oggi queste informazioni daelaborare per poi proporresoluzioni agli operatoripolitici». Nell’incontro «Peaceeconomics and industrialreconversion: a recovery planfor the world» i relatori RaulCaruso, Juan Camilo Cárdenase Susy Snyder, hannoaffrontato i temi della relazionetra economia e pace. Inparticolare, Caruso, professoredi Economia della paceall’Università Cattolica delSacro Cuore, ha trattato ildelicato tema del rapporto tra

interesse pubblico e settoreprivato nel perseguimento dellapace: «Questo aspetto èparticolarmente rilevante seguardiamo all’industria militarein cui incentivi privati tendonospesso a collidere conl’interesse della collettività.Esiste poi un ruolo del settoreprivato nell’allocare le proprierisorse in investimenti che nonsiano forieri di conflitti ma chesiano piuttosto motori dirisoluzione degli stessi».Nella giornata di venerdì èintervenuto il Premio Nobelper la pace 2006, MuhammadYunus, con una relazionededicata a «Finance andHumanity: a road towards anintegral ecology». L’i d e a t o redel microcredito ha tracciato lavia per un cambio di

paradigma: «La pandemia dicovid-19 ha rivelato tutte ledebolezze del sistema attuale.Coloro che erano ai marginidell’esistenza a livello globalesono finiti ancora di più aimargini. Ora — ha proseguitoMuhammad Yunus — tuttilavorano per tornare allasituazione precedente allapandemia. Ma perché vogliamotornare a quel sistema, che eraterribile? Il treno che ci stavaportando verso la morte si èfermato. È il momento discendere e chiederci: vogliamotornare indietro o è il momentogiusto per seguire la direzioneopposta: un mondo senzainquinamento, senzaconcentrazione della ricchezza,senza disoccupazionemassiccia».

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 lunedì 23 novembre 2020

Alle 19.36 del 23 novembre 1980 una catastrofica scossa distrusse interi paesi e provocò tremila morti

Quei secondi infinitiche cambiarono la storia

Nord e sud più vicini con i gemellaggi tra le diocesi

di ANGELO SCELZO

Quarant’anni, ma il terremotodell’Ottanta in Campania eBasilicata — un minuto emezzo di improvvisa colleradella natura, quasi tremilamorti, oltre ottomila feriti,decine di paesi distrutti, nelpomeriggio del 23 novembredi una domenica di festa —appare ancora più lontano.Porta il segno della tragediadi un altro mondo, quellorude e arcaico di una naturache colpisce a viso aperto,scuotendo terra e pietre, de-vastando vite e paesaggi, la-sciando tracce ben visibilidel suo passaggio. Tutt’a l t roè il segno, rarefatto e inaffer-rabile, della tragedia in cor-so, nessun crollo, niente ma-cerie apparenti, case tutte inpiedi, rifugio, anzi, al conta-gio e non pericolo che, perla minaccia di crolli, costrin-geva a fuggirne e a scenderein strada. E in luogo del c ra-t e re , la piaga più aperta e do-lorosa delle ferite del sisma,l’insidia cieca e senza confini

Quarant’anni fa il terremoto in Campania e Basilicata

di un microrganismo chespande per il mondo la suamicidiale onda di paure an-tiche e nuove: come un fla-gello del passato ma con inpiù la protervia di una mo-dernità che, alla presunzionedi onnipotenza dei suoi tem-pi, affila ogni arma di offe-sa.

È certo un altro tempo,quello drammaticamente incorso sulla pandemia, aorientare lo sguardo al pas-sato come una rivisitazioneaddirittura di epoche e dimodelli di vita che tengonoa stento il passo dei ricordi.

Ma è forse proprio questoinaspettato attacco alla me-moria a rendere più strug-gente, ora, la rievocazione diun evento che ha segnato afondo le vicende del Paese enon soltanto di quel lembodi terra, sradicato a un trattodai suoi antichi silenzi. La-viano, Teora, Sant’Angelodei Lombardi, Conza, e, nelversante lucano, Bella, MuroLucano, Balvano: nomi chea stento trovavano rilievo

perfino nella grande antolo-gia della vecchia questionemeridionale e d’i m p ro v v i s oesposti alla cronaca di undolore senza fine, spinto ol-tre gli argini di una sofferen-za atavica, da sempre accet-tata come naturale e rasse-gnata condizione di vita. Lavita dura dei “paesi dell’o s-so”, la filiera di zone internestretta intorno alla dorsaledell’Appennino campano-lu-cano, aveva sempre racconta-to di sé attraverso i paesaggiaspri, le catene di monti cheserravano, quasi a protegger-le, le pianure che tendevanoverso la valle. E più ancoraattraverso i segni della faticadell’uomo, della sua lottaquotidiana ma non solo,proprio perché i terremotipiù che eventi, nel calenda-rio dei drammi di queste ter-re, sono segnati come tragi-che ricorrenze.

Ma quello dell’Ottanta fu,come nessun altro, il puntoe a capo di un’epoca, la sto-ria del terremoto che mette-va ancora una volta all’a n g o-lo, e stavolta in modo defi-nitivo, quel “terremoto dellastoria” da sempre identifica-to con l’irrisolta questionemeridionale. Proprio alla vi-glia degli anni Ottanta, usci-to dall’incubo degli anni dipiombo che avevano insan-guinato le sue piazze e lesue strade, il Paese, anchesotto la spinta della ripresaeconomica, aveva cominciatoa rivolgere un’attenzionemaggiore al suo Mezzogior-no. Si faceva sentire anche laspinta di una Chiesa semprepiù mobilitata, con i suoiPastori e una comunità viva,intorno all’unità sostanzialedella nazione.

Un segno ancora più for-te, preludio a una scelta pa-

storale delineata nel tempo,venne da Giovanni Paolo IIche, dopo appena due annidi pontificato, si era recatogià tre volte in visita nel me-ridione d’Italia: a Montecas-sino il 18 maggio e a Pom-pei il 21 ottobre del 1979, aOtranto il 5 ottobre del1980. Si aprivano prospettivenuove. Senza illusioni, per-ché già troppe volte in pas-sato la speranza aveva presoil volo da quelle terre sem-pre sfiorate da uno sviluppoche faceva fatica a inerpicar-si su quei monti e lasciava avalle, negli insediamenti ur-bani del Salernitano, dell’I r-pinia, del Sannio, oltre chedel Potentino, i segni di unamodernità di facciata im-pressi più che altro dalla v e r-nice f re s c a del consumismo.Ma quella volta il muro del-la “modernità senza svilup-p o”, la formula appena mes-sa in campo dai sociologi edai meridionalisti per identi-ficare quel momento delMezzogiorno, stava proprioper crollare. Le “zone inter-ne”, i “paesi dell’osso”, sem-

bravano uscire dall’i n c o n c l u-denza dei dibattiti e dall’a c-cademia di pagine letterarieche ne celebravano i tratti,per intraprendere un cammi-no nuovo. Sant’Angelo deiLombardi, indiscussa “c a p i-tale” dell’Altairpinia, accen-tuava il suo profilo di polocittadino, con i timbri deisuoi molti uffici, le scuole egli istituti superiori, l’osp e-dale, il tribunale e un im-pianto urbano — il corso conle vetrine dei negozi elegan-ti, le piazze del centro affol-late di giovani— già prontoper un cambio di ruolo. Lio-ni, a due passi, a rappresen-tare il piccolo mondo a par-te delle tute blu, l’area indu-striale, quel tanto di cantierecapace di far girare il motoreproduttivo di tutta la zona.Poi Conza, l’antica Compsa, ilgrande archivio storico ditutta la Valle, sede vescovile— la prima dell’Altairpinia —già dal sesto secolo, attornia-ta lungo il tempo da dimoregentilizie e castelli. Nel girodi pochi chilometri, c’eraperfino lo spazio di un po-

di GA E TA N O VALLINI

Q uasi 3.000 morti, oltre8.000 feriti, 300.000 senzatetto, 36 paesi rasi alsuolo, altri 244 seriamente

danneggiati; due le diocesiprincipalmente coinvolte (Avellino ePotenza), 29 quelle in qualchemodo colpite e racchiusenell’enorme cratere di 27.000chilometri quadrati devastato dalterremoto, un’area tre volte piùgrande di quella interessata dalsisma del Friuli quattro anni prima.Sono i numeri spaventosi di unatragedia immane che mise inginocchio una parte dell’Italia piùdebole, ma che non lasciòindifferente il Paese, capace dimettere generosamente in camponell’emergenza le sue forze migliori.Una mobilitazione, in partespontanea, alla quale contribuirononon poco le comunità ecclesiali.La Caritas veniva dalla innovativaesperienza dei gemellaggi tra diocesiitaliane e parrocchie terremotatesperimentata proprio in Friuli e così

si decise, in accordo con ilcommissario straordinario perl’emergenza, Giuseppe Zamberletti,lo stesso di allora, di riproporreanche in tale drammatica occasionequella modalità di concretasolidarietà rivelatasi molto positiva.Si trattava di uno strumento diprossimità e accompagnamento allecomunità colpite da parte di diocesidi ogni parte del Paese, allo scopodi assicurare sostegno morale emateriale per tutto il tempodell’emergenza e della prima fasedella ricostruzione.Come avvenuto quattro anni prima,la risposta fu eccezionale. Ben 132diocesi aderirono alla proposta digemellaggio, alla quale apportaronoun contributo rilevante volontari eobiettori di coscienza, per i quali sitrattò di un’esperienza formativa edi servizio indimenticabile. Fu unostraordinario scambio di presenza edi aiuto fra Chiede del nord e delsud Italia che in alcuni casi siprotrasse ben oltre l’emergenza, concontatti mantenuti nel tempo e dimolti è rimasta testimonianza nella

toponomastica locale.I gemellaggi non servirono solo allecomunità che accolsero, ma anche aquelle che offrirono aiuto. Questeultime, come ricordò in seguitomonsignor Giovanni Nervo,fondatore della Caritas italiana epromotore dei gemellaggi, «sitrovarono infatti a vivere in unamaniera forte il messaggio dicondivisione e comunione ecclesialeche proponevamo alle diocesi. Nellostesso tempo si trovarono a doverdare concretezza e continuità a taleesperienza. Di fatto si trattava dicostituire un’“antenna permanente”nella parrocchia gemellata e ungruppo operativo stabile in seno allaCaritas diocesana, dandosi, inoltreuna programmazione».Quanto venne realizzato in queimesi costituì un vero e propriolaboratorio pastorale. Fulcro deigemellaggi non furono tanto gliaiuti materiali, che pure arrivaronoassieme ai volontari, ma i rapportiumani, quella vicinanza ecclesialeche si esprimeva in vari modi.Iniziarono a prendere forma i centri

di comunità polifunzionali, chesarebbero destinati a diventare iritrovi principali di paesi che nonavevano più luoghi in cui riunirsiper celebrare, per stare insieme, peraggregarsi. Strutture che funseroanche da centri di ascolto, doveportare esigenze, richieste osemplicemente poter esprimere ildolore per ciò che si era perso,sapendo di trovare qualcuno capacedi ascoltare, dare conforto, sostegno.Ma che diventarono pure laboratoriin cui pensare e progettare il futuro.E per farlo le diocesi gemelleinviarono persone competenti indiversi settori, esperti che siaffiancarono a contadini, allevatori,piccoli imprenditori, per sostenerlinella ripresa delle loro attivitàcommerciali e produttive.Nei mesi successivi la presenza dipersone giunte sui luoghi delterremoto attraverso i gemellaggidivenne un forte stimolo non soloper la Chiesa italiana, impegnata,come detto, a proseguire nell’op eradi solidarietà con le popolazioni, maanche nei confronti delle istituzioni,

sollecitate a dare risposte allenumerose e urgenti richieste. Moltifurono infatti i tavoli locali diinterlocuzione che videro impegnatianche rappresentanti delle comunitàecclesiali per affrontare le situazionidi emergenza e prevedere interventidi sostegno alle popolazioni colpite.Ai gemellaggi di stampo ecclesiale siaggiunsero quelli nati tra province esoprattutto comuni, che coinvolseroanche municipalità estere, coniniziative spesso spinte da emigratidelle aree colpite.Si trattò di una mobilitazioneampia, che testimoniò ancora unavolta la grande generosità del paese,capace di mobilitarsi nelleemergenze, come sarebbe accadutoanche in seguito in occasione dianaloghe calamità. Ed èsignificativo constatare come lecomunità che allora ricevettero unaiuto tanto prezioso, siano statespesso in prima linea sui nuovifronti, pronte e disponibili a offrireil loro sostegno. Perché chi moltoha ricevuto, molto più sente didover restituire.

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L’OSSERVATORE ROMANOlunedì 23 novembre 2020 pagina 5

Quarant’anni fa il terremoto in Campania e Basilicata

La poesia scritta dalla piccola Marinella Bovino morta sotto le macerie a Balvano

tenziale triangolo di svilup-po a modalità variabile, ilterziario, la piccola indu-stria, i beni culturali.

Ma poi quella domenica,l’eternità di quel minuto e dialtri venti secondi: tanto du-rò la scossa della più grandecatastrofe dei tempi moderniin tutto Mezzogiorno, dopoil rovinoso terremoto diMessina, all’inizio del Nove-cento. Solo l’occhio cieco diuna tragedia poteva accor-gersi e raggiungere, e colpi-re, uno dopo l’altro paesi emasserie sparse, di quel ter-ritorio che dell’anonimato,

per secoli, si era fatto scu-do.

Pochi secondi per uncambio di vita a prezzo dimigliaia di morti. E l’i n c u-bo, immediato, di un pano-rama di rovine che delle vit-time non restituiva neppure icorpi; e tra le pietre contorteimprigionava i feriti. Scava-vano per prime le mani nu-de dei sopravvissuti. Grida,lamenti, silenzi e lacrimeriempivano il vuoto irrealedi una devastazione senzascampo, accanita e feroce. Isoccorsi erano ancora lonta-ni. Arrivarono con il passolento di un Paese preso an-cora una volta alla sprovvistadi fronte alle sue stesse feri-te. La solidarietà aveva già ilcuore caldo, ma quelle stra-de e quei paesi aggrappati altratto più impervio dell’A p-pennino campano-lucano,chi mai li aveva conosciuti?Successe che i soccorsi tro-varono a stento, e dopo im-perdonabili giri a vuoto, lestrade giuste. Arrivò certoprima il grido di allarme edi protesta del presidentePe r t i n i .

Appena quattro anni pri-ma, alla macchina dei soc-corsi era stato necessario ac-cendere i motori per il terre-moto in Friuli. Ancora laterra che tremava e che face-va strage, dopo il sisma del

Belice, negli anni Sessanta.Ma oltre alla difficoltà delpercorso, poco conosciuto econ le strade di montagnache impedivano il passaggioai mezzi pesanti, era la vasti-tà del territorio, 17 mila chi-lometri quadrati, circa quat-tro volte in più del Friuli, adisegnare scenari nuovi edrammaticamente inediti.Nei paesi del c ra t e re si conta-vano le case ancora in piedi.Ogni centro somigliava tra-gicamente all’altro dal profi-lo delle macerie che si sta-gliavano sullo sfondo defor-mato di colline e pianorisenza più traccia neppuredel verde, coperto dalle nu-vole di polvere delle pietresgretolate. Solo qualchemoncone di parete dalle casesventrate, obbligava ad alza-re gli occhi da rovine che sistendevano ai piedi come unammasso di terra umiliata.Più delle altre, proprio San-t’Angelo, il paese dal profilodi città, e a due passi Lioniil borgo operaio e ancor dipiù, Conza, l’emblema stessodel sisma dell’Altirpinia, pa-gavano un prezzo alto, oltrecinquecento vittime e gliabitati pressoché distrutti.Conza completamente rasaal suolo.

Non così Balvano, sul ver-sante potentino. Un paese inpiedi, fuori dall’area del c ra-

t e re . Solo case lesionate. Nes-sun crollo lungo tutto il via-lone che con i primi caseg-giati, gli orti a fianco, allun-gava il percorso del fondo-valle e portava alla piazzadel paese. Per questa strada,due giorni dopo il sisma, gliabitanti del posto videropassare il Papa, GiovanniPaolo II, che poco prima siera recato in visita all’osp e-

dale di Potenza. A piedi, sidirigeva verso la piazza, epoteva ascoltare, lungo ilcammino le nenie di doloredelle donne, che, al suo pas-saggio, a stento sollevavanoil capo avvolto negli sciallineri del lutto. Le donne era-no il volto di un paese atto-nito e smarrito. Per capire,bisognava andare in fondoalla piazza, dove il Papa,con una sparuta folla intor-no, continuava a dirigersi.Un crollo in realtà era avve-nuto, il solo, e proprio ac-canto alla piazza. Dalla chie-sa, affollata di gente, per lamessa festiva della sera, eravenuto giù il campanile, giàrestaurato più volte, il puntodebole della struttura. Nellanavata di destra della chiesaerano insieme, quasi al com-pleto, i ragazzi e le ragazzedi Balvano. Alcuni facevanoparte del coro. Alle 19 e 36 ilboato e un’immensa nuvoladi polvere: 77 morti, la mag-gioranza, 66, i ragazzi e leragazze della navata di de-stra.

Un paese tutto in piedi e,in fondo alla piazza, la vora-gine di un lutto che annerivavita e futuro. Incredula divederlo accanto al propriodolore, la gente si avvicinavacon timidezza al Papa. Chitrovava le parole non riusci-va a farle arrivare oltre la

piccola ressa che si facevaintorno a Giovanni Paolo II.Ma a un tratto fu il Papa adivincolarsi quasi dalla follae, avvistato un banco discuola portato in piazza, af-ferrando un lembo della suaveste bianca, con un balzoenergico e vigoroso, e senzal’aiuto di nessuno, vi salì so-pra. Divenne quella, ad untratto, la cattedra per unacommovente lezione dal vivosulla sofferenza.

«Di fronte a tutto questo,non riusciamo più a prega-re»: facendosi coraggio presela parola un giovane tra lapiccola folla intorno a quel“pulpito” di formica verde.

«La vostra sofferenza ègià preghiera», rispose il Pa-pa. A due passi, nella stessascuola che la maggioranza diessi frequentava, erano alli-neati i corpi delle giovanivittime. Marinella Bovinoaveva tredici anni e scrivevapoesie. I capelli ricci e ilvolto intatto che rendeva an-cora più assurda e insoppor-tabile quella morte che sem-brava un sonno di bambina.Sul quaderno di scuola, po-chi giorni prima di quelladomenica, aveva scritto unapoesia in dialetto lucano.Raccontava che era notte eche dalla sua casa nel vicolo,nel silenzio, mentre tuttidormivamo, lei si alzava eandava alla finestra perguardare le stelle.

Nei paesi del cratere, quelgrido sui ritardi nei soccorsi,con le immagini in bianco enero di chi, a mani nude,scavando nelle macerie, dopogiorni, era ancora in cerca ditracce di vita, non restò, unavolta tanto, inascoltato.

Tutta l’Italia mobilitata, lestrade che i soccorsi stenta-rono a trovare, furono poiinvase, come per un risarci-mento tardivo, da un eserci-to di 50 mila unità militariimpegnate nei soccorsi. Fu-rono creati in poco tempo110 mila posti letto con unaschiera di oltre trentamilaroulotte. Nei paesi dell’osso, sifaceva viva, in quei terribiligiorni, la carne di una solida-rietà al culmine di unastraordinaria mobilitazione,con la Chiesa in prima lineae la Caritas che consolidavasul campo due particolariforme di intervento, i gemel-laggi e i Centri della comu-nità, già in parte sperimenta-ti nel Friuli, e che segnaronoun decisivo passo avanti nel-lo stile di una cooperazionecostruita sui legami diretti epersonalizzati tra diocesi ecomunità colpite. Sullo sfon-do di una questione meri-dionale che ritornava prepo-tentemente sul tappeto,Chiesa e società civile trova-rono un passo comune ri-spettivamente nella defini-zione di una più aggiornatapastorale della carità e nelvaro di un modello perma-nente di Protezione civile. Èun tratto di cammino chenon si è mai interrotto. Unsegno di speranza in più aquarant’anni da una grandetragedia italiana.

Nelle foto:tre immaginidell’i n c o n t rodi GiovanniPaolo II

con le popolazionit e r re m o t a t e(25 novembre1980)e la primapagina de«L’O s s e r v a t o reRomano»del 26 novembrecon i resocontie i commentidella visitadel Papa

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 lunedì 23 novembre 2020 lunedì 23 novembre 2020 pagina 7

L’invito del Papa nell’omelia della messa

Non rinunciamoai grandi sogni

Quando gli sguardi accarezzano il legno della croce

Domenica di Cristo Re - Il passaggio dei simboli della Gmg dai giovani di Panamá a quelli del Portogallo

di GI A M PA O L O MAT T E I

A dais Beckford, AlanysArauz, José Vera, Ed-gar Dutary e Allan Pi-neda hanno lasciato le

storie e le speranze loro e dellagente di Panamá sul legno dellagrande croce di legno e negli oc-chi dell’icona di Maria, i duesimboli che scandiscono il passodel grande pellegrinaggio dellaGiornata mondiale della gioven-tù.

Seduti nei primi banchi, al ter-mine della messa celebrata daPapa Francesco — domenica mat-tina 22 novembre, all’altare dellaCattedra in San Pietro — i n c ro -ciano i loro sguardi e, in silenzio,pregano. Anche con qualche la-crima. L’accostarsi del cronista

Quella che abbiamo appena ascoltato èl’ultima pagina del Vangelo di Matteo pri-ma della Passione: prima di donarci il suoamore sulla croce, Gesù ci dà le sue ultimevolontà. Ci dice che il bene che faremo auno dei suoi fratelli più piccoli — affamati,assetati, stranieri, bisognosi, malati, carce-rati — sarà fatto a Lui (cfr. Mt 25, 37-40). IlSignore ci consegna così la lista dei doniche desidera per le nozze eterne con noi in

Cielo. Sono le opere dimisericordia, che rendonoeterna la nostra vita. Cia-scuno di noi può chieder-si: le metto in pratica?Faccio qualcosa per chi habisogno? O compio delbene solo per le personecare e per gli amici? Aiutoqualcuno che non può re-stituirmi? Sono amico diuna persona povera? E co-sì via, tante domande chepossiamo farci. “Io sonolì”, ti dice Gesù, “ti aspet-to lì, dove non immagini edove magari non vorrestinemmeno guardare, lì neip overi”. Io sono lì, dove ilpensiero dominante, se-condo cui la vita va benese va bene a me, non è in-teressato. Io sono lì, diceGesù anche a te, giovaneche cerchi di realizzare isogni della vita.

Io sono lì, disse Gesù, se-coli fa, a un giovane sol-dato. Era un diciottenne

non ancora battezzato. Un giorno vide unpovero che chiedeva aiuto alla gente, manon ne riceveva, perché «tutti passavanooltre». E quel giovane, «vedendo che glialtri non erano mossi a compassione, com-prese che quel povero gli era stato riserva-to», per lui. Però non aveva niente con sé,solo la sua divisa di lavoro. Allora tagliò ilsuo mantello e ne diede metà al povero, su-bendo le risa di scherno di alcuni lì attor-no. La notte seguente fece un sogno: videGesù, rivestito della parte di mantello con

cui aveva avvolto il povero. E lo sentì dire:«Martino mi ha coperto con questa veste»(cfr. Sulpicio Se v e ro , Vita Martini, III). SanMartino era un giovane che fece quel so-gno perché lo aveva vissuto, pur senza sa-perlo, come i giusti del Vangelo di oggi.

Cari giovani, cari fratelli e sorelle, nonrinunciamo ai grandi sogni. Non accontentia-moci del dovuto. Il Signore non vuole cherestringiamo gli orizzonti, non ci vuoleparcheggiati ai lati della vita, ma in corsaverso traguardi alti, con gioia e con auda-cia. Non siamo fatti per sognare le vacanzeo il fine settimana, ma per realizzare i so-gni di Dio in questo mondo. Egli ci ha re-so capaci di sognare per abbracciare la bel-lezza della vita. E le opere di misericordiasono le opere più belle della vita. Le operedi misericordia vanno proprio al centro deinostri sogni grandi. Se hai sogni di veragloria, non della gloria del mondo che vie-ne e va, ma della gloria di Dio, questa è lastrada. Leggi il brano del Vangelo di oggi,riflettici su. Perché le opere di misericordiadanno gloria a Dio più di ogni altra cosa.Ascoltate bene questo: le opere di miseri-cordia danno gloria a Dio più di ogni altracosa. Sulle opere di misericordia alla finesaremo giudicati.

Ma da dove si parte per realizzare gran-di sogni? Dalle grandi scelte. Il Vangelo oggici parla anche di questo. Infatti, nel mo-mento del giudizio finale il Signore si basasulle nostre scelte. Sembra quasi non giu-dicare: separa le pecore dalle capre, ma es-sere buoni o cattivi dipende da noi. Eglitrae solo le conseguenze delle nostre scelte,le porta alla luce e le rispetta. La vita, al-lora, è il tempo delle scelte forti, decisive,eterne. Scelte banali portano a una vita ba-nale, scelte grandi rendono grande la vita.Noi, infatti, diventiamo quello che sceglia-mo, nel bene e nel male. Se scegliamo dirubare diventiamo ladri, se scegliamo dipensare a noi stessi diventiamo egoisti, sescegliamo di odiare diventiamo arrabbiati,se scegliamo di passare ore davanti al cel-lulare diventiamo dipendenti. Ma se sce-gliamo Dio diventiamo ogni giorno piùamati e se scegliamo di amare diventiamofelici. È così, perché la bellezza delle scelte di-

pende dall’a m o re : non dimenticare questo.Gesù sa che se viviamo chiusi e indifferentirestiamo paralizzati, ma se ci spendiamoper gli altri diventiamo liberi. Il Signoredella vita ci vuole pieni di vita e ci dà il se-greto della vita: la si possiede solo donan-dola. E questa è una regola di vita: la vitasi possiede, adesso e eternamente, solo do-nandola.

È vero che ci sono degli ostacoli che ren-dono ardue le scelte: spesso il timore, l’in-sicurezza, i perché senza risposta, tanti per-ché. L’amore, però, chiede di andare oltre,di non restare appesi ai perché della vitaaspettando che dal Cielo arrivi una rispo-sta. La risposta è arrivata: è lo sguardo delPadre che ci ama e ci ha inviato il Figlio.No, l’amore spinge a passare dai p e rc h é alper chi, dal perché vivo al per chi vivo, dalperché mi capita questo al per chi posso fa-re del bene. Per chi? Non solo per me: lavita è già piena di scelte che facciamo pernoi stessi, per avere un titolo di studio, de-gli amici, una casa, per soddisfare i propriinteressi, i propri h o b b y. Ma rischiamo dipassare anni a pensare a noi stessi senzacominciare ad amare. Il Manzoni diede unbel consiglio: «Si dovrebbe pensare più afar bene, che a star bene: e così si finirebbeanche a star meglio» (I Promessi Sposi, cap.XXXVIII).

Ma non ci sono solo i dubbi e i perché ainsidiare le grandi scelte generose, ci sonotanti altri ostacoli, tutti i giorni. C’è la feb-bre dei consumi, che narcotizza il cuore dicose superflue. C’è l’ossessione del diverti-mento, che sembra l’unica via per evaderedai problemi e invece è solo un rimandareil problema. C’è il fissarsi sui propri dirittida reclamare, dimenticando il dovere diaiutare. E poi c’è la grande illusione sull’a-more, che sembra qualcosa da vivere a col-pi di emozioni, mentre amare è soprattuttodono, scelta e sacrificio. Scegliere, soprat-tutto oggi, è non farsi addomesticare dal-l’omologazione, è non lasciarsi anestetizza-re dai meccanismi dei consumi che disatti-vano l’originalità, è saper rinunciare alleapparenze e all’apparire. Scegliere la vita èlottare contro la mentalità dell’usa-e-getta edel tutto-e-subito, per pilotare l’esistenza ver-so il traguardo del Cielo, verso i sogni diDio. Scegliere la vita è vivere, e noi siamonati per vivere, non per vivacchiare. Que-sto lo ha detto un giovane come voi [ilBeato Pier Giorgio Frassati]: “Io voglio vi-vere, non vivacchiare”.

Ogni giorno, tante scelte si affaccianosul cuore. Vorrei darvi un ultimo consiglioper allenarsi a scegliere bene. Se ci guar-diamo dentro, vediamo che in noi sorgonospesso due domande diverse. Una è: che co-sa mi va di fare? È una domanda che spesso

inganna, perché insinua che l’importante èpensare a sé stessi e assecondare tutte levoglie e le pulsioni che vengono. Ma la do-manda che lo Spirito Santo suggerisce alcuore è un’altra: non che cosa ti va? ma che co-sa ti fa bene? Qui sta la scelta quotidiana,che cosa mi va di fare o che cosa mi fa be-ne? Da questa ricerca interiore possono na-scere scelte banali o scelte di vita, dipendeda noi. Guardiamo a Gesù, chiediamogli ilcoraggio di scegliere quello che ci fa bene,per camminare dietro a Lui, nella via del-l’amore. E trovare la gioia. Per vivere, enon vivacchiare.

L’annuncio di Francesco

La celebrazione diocesana della Giornata mondialeavverrà nella solennità di Cristo Re

IN SAN PIETRO

Verso Lisbona 2023

Papa Francesco ha presie-duto, alle 10 di domenica22 novembre, all’altare del-la Cattedra della basilicaVaticana, la messa nella so-lennità di Nostro SignoreGesù Cristo Re dell’U n i-verso. Al termine dellaconcelebrazione eucaristica,i giovani di Panamá hannoconsegnato la croce e l’i c o-na Salus populi romani — s e-gni della Giornata mondia-le della gioventù — ai lorocoetanei del Portogallo. Sisvolgerà infatti a Lisbona,nell’estate 2023, il prossimoraduno mondiale.

Il Papa ha annunciato che dal prossi-mo anno la celebrazione diocesana dellaGmg sarà trasferita dalla Domenicadelle Palme alla Domenica di CristoRe. Ecco le sue parole pronunciate altermine della messa.

Al termine di questa celebrazio-ne eucaristica, saluto cordial-mente tutti voi qui presenti equanti ci seguono attraverso imedia. Un saluto particolare va avoi giovani, giovani panamensi eportoghesi, rappresentati da duedelegazioni che, tra poco, faran-no il significativo gesto del pas-saggio della Croce e dell’iconadi Maria Salus Populi Romani,simboli delle Giornate Mondiali della Gioventù.È un passaggio importante nel pellegrinaggioche ci condurrà a Lisbona nel 2023.

E mentre ci prepariamo alla prossima edizioneintercontinentale della GMG, vorrei rilanciareanche la sua celebrazione nelle Chiese locali.Trascorsi trentacinque anni dall’istituzione dellaGMG, dopo aver ascoltato diversi pareri e il Di-castero per i Laici, la Famiglia e la Vita, compe-tente sulla pastorale giovanile, ho deciso di tra-sferire, a partire dal prossimo anno, la celebra-

zione diocesana della GMG dalla Domenica del-le Palme alla Domenica di Cristo Re. Al centrorimane il Mistero di Gesù Cristo Redentore del-l’uomo, come ha sempre sottolineato San Gio-vanni Paolo II, iniziatore e patrono delleGMG.

Cari giovani, gridate con la vostra vita cheCristo vive, che Cristo regna, che Cristo è il Si-gnore! Se voi tacerete, vi assicuro che griderannole pietre (cfr. Lc 19, 40).

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 lunedì 23 novembre 2020 lunedì 23 novembre 2020 pagina 7

All’Angelus Francesco esorta alla solidarietà e ricorda il sisma nel Sud Italia del 1980

Accanto alle famiglieche stanno facendo fatica

Quando gli sguardi accarezzano il legno della croce

Certezzadi risurrezione

di MARCO RUSSO

C ertamente, quando ancora frequentavo ibanchi nella mia scuola gestita dai padrigesuiti, non avrei mai pensato che un gior-no mi sarei trovato a rappresentare i giova-

ni ex alunni della scuola cattolica di tutto il mondodavanti alla Chiesa universale, per contribuire al dia-logo in unione con i delegati delle varie conferenzeepiscopali e dei movimenti internazionali.

Eppure, l’esperienza sinodale che sto per raccon-tarvi, riesco a leggerla in maniera chiara propriograzie al modo di procedere ignaziano che ci invitaa «cercare e trovare Dio in tutte le cose». Anche nel-l’attuale momento storico in presenza di questa gra-ve pandemia.

Nei giorni scorsi, si è svolto virtualmente l’even -to «Da Panama a Lisbona — chiamati alla sinodalitàmissionaria» promosso dal Dicastero per i laici, lafamiglia e la vita, per stimolare il dialogo fra i giova-ni di tutto il mondo e in particolare per fare memo-ria comunitaria dell’ultima Giornata mondiale del-la gioventù e dare voce ai desideri che ciascuno hadentro di sé, in attesa della Gmg di Lisbona 2023.

Quattro giorni intensi scanditi dalla preghiera,dalle testimonianze, dalla condivisione di idee masoprattutto dalla consapevolezza di sapersi fratelli.Una consapevolezza che è trasparita dagli schermi,perché nonostante non sia stato possibile incontrar-ci in presenza, lo abbiamo fatto spiritualmente, cia-scuno da casa propria e quindi, di fatto, stavamotutti vicini. Ci siamo ascoltati e guardati, abbiamoconosciuto nuovi amici e rivisto quelli che già ave-vamo, abbiamo fatto la pausa caffè e ci siamo scam-biati qualche battuta. Siamo stati generativi nellarelazione e accomunati dalla volontà di voler trova-re forme sempre nuove per trasformare positiva-mente il mondo. Semplicemente siamo stati Chie-sa.

Tra le emozioni più grandi, mi piace ricordare ilmomento delle condivisioni personali del primogiorno, in cui sono emerse le varie esperienze svi-luppate nei singoli Paesi durante la pandemia. No-nostante le difficoltà, le attività di apostolato giova-nile, anche grazie al supporto della tecnologia, nonsolo non si sono fermate ma, seppur in forme nuo-ve, sono aumentate. Ci siamo stati gli uni per gli al-tri, le comunità giovanili hanno continuato a incon-trarsi per andare unite verso ciò che sarà. Qualcosache sicuramente non possiamo prevedere nei detta-gli, ma che abbiamo la certezza che sarà insieme e incompagnia di Cristo.

In particolare, desidero farvi partecipi del gustodella speranza che ho sperimentato immaginandoLisbona 2023. Infatti, in questo momento dramma-tico per tutta l’umanità, non è sempre facile imma-ginare il futuro, ma noi lo abbiamo fatto e lo abbia-mo fatto pensando a un progetto comune, sintesi ditante idee, ma espressione della volontà di un corpounico.

Le paure inevitabilmente sono tante e su piùfronti e talvolta la cosa più semplice da fare sembre-rebbe quella di lasciar perdere per abbandonarsi auna condizione di rassegnazione. Ecco, questo pur-troppo può accadere, ma esclusivamente nella mi-sura in cui scegliamo di non affidarci agli altri. E in-fatti, proprio in questi giorni in cui in fondo ci sia-mo affidati gli uni agli altri, ho capito che non c’èspazio per restare indietro e, al contrario, ci saràsempre spazio per fare un passo in avanti. Bastaavere l’accortezza di mantenere uno sguardo “gran -d a n g o l a re ” per vedere chi ci sta accanto.

Dunque, non si tratta di negare l’esistenza deiproblemi ma di trovare la forza per riconoscere chese i problemi di qualcun altro diventano anche imiei, e quindi, se il peso lo portiamo in due, anzichéda soli, riusciremo comunque a trovare il bello dellavita. Può apparire paradossale pensare che farsi ca-rico anche dei problemi dell’altro ci possa aiutare,però è un’interessante esperienza, perché spostan-do il baricentro della riflessione dal problema inquanto tale alla necessità di ciascuno di avere deicompagni di cammino con cui condividere qualco-sa, apriremmo alla possibilità di nuove domande. Eda nuove domande, sgorga sempre nuova vita.

In definitiva, questi giorni di incontro virtualefraterno, seguiti dal simbolico passaggio della crocee della copia dell’icona della Salus populi romani tra igiovani panamensi e i giovani portoghesi nella basi-lica di San Pietro, sotto lo sguardo paterno e rassi-curante di Papa Francesco, ci ricordano davveroche siamo destinati all’eternità. Perché, se uniti nel-l’amore, anche le croci più pesanti, come ad esem-pio la croce di questa terribile pandemia, possonorivelarsi certezza di risurrezione.

Un pensiero alle «tante famiglie che sono indifficoltà in questo momento» è stato rivoltodal Papa al termine dell’Angelus domenica-le del 22 novembre. Dopo aver celebrato lamessa in basilica, verso mezzogiorno il Pon-tefice si è affacciato come di consueto dallafinestra dello Studio privato del Palazzoapostolico vaticano per la recita della pre-ghiera mariana con i fedeli presenti in piaz-za San Pietro e quelli collegati attraverso laradio, la televisione e i nuovi media, intro-ducendola con una meditazione sul raccontoevangelico del giudizio universale (Matteo25, 31-46) proposto nell’ultima domenicadell’anno liturgico.

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!Oggi celebriamo la solennità di No -stro Signore Gesù Cristo Re dell’u n i v e rs o ,con la quale si chiude l’anno liturgi-co, la grande parabola in cui si di-spiega il mistero di Cristo: tuttol’anno liturgico. Egli è l’Alfa e l’O-mega, l’inizio e il compimento dellastoria; e la liturgia odierna si con-centra sull’“omega”, cioè sul tra-guardo finale. Il senso della storia losi capisce tenendo davanti agli oc-chi il suo culmine: la fine è anche il fi-ne. Ed è proprio questo che fa Mat-teo, nel Vangelo di questa domenica(25, 31-46), ponendo il discorso diGesù sul giudizio universale all’epilogodella sua vita terrena: Lui, che gliuomini stanno per condannare, è inrealtà il supremo giudice. Nella suamorte e risurrezione, Gesù si mo-strerà il Signore della storia, il Redell’universo, il Giudice di tutti. Mail paradosso cristiano è che il Giudi-ce non riveste una regalità temibile,ma è un pastore pieno di mitezza e

di misericordia.Gesù, infatti, in questa parabola

del giudizio finale, si serve dell’im -magine del pastore. Prende le im-magini dal profeta Ezechiele, cheaveva parlato dell’intervento di Dioin favore del popolo, contro i cattivipastori d’Israele (cfr. 34, 1-10). Que-sti erano stati crudeli, e sfruttatori,preferendo pascere sé stessi piutto-sto che il gregge; pertanto Dio stes-so promette di prendersi cura perso-nalmente del suo gregge, difenden-dolo dalle ingiustizie e dai soprusi.Questa promessa di Dio per il suopopolo si è realizzata pienamente in

Gesù Cristo, il Pastore: proprio Luiè il Buon Pastore. Anche Lui stessodice di sé: «Io sono il buon pastore»(Gv 10, 11.14).

Nella pagina evangelica di oggi,Gesù si identifica non solo col re-pa-store, ma anche con le pecore perdute.Potremmo parlare come di una“doppia identità”: il re-pastore, Ge-sù, si identifica anche con le pecore,cioè con i fratelli più piccoli e biso-gnosi. E indica così il criterio delgiudizio: esso sarà preso in base al-l’amore concreto dato o negato aqueste persone, perché Lui stesso, ilgiudice, è presente in ciascuna di es-se. Lui è giudice, Lui è Dio-uomo,ma Lui è anche il povero, Lui è na-scosto, è presente nella persona deipoveri che Lui menziona proprio lì.Dice Gesù: «In verità io vi dico: tut-to quello che avete fatto (o non ave-te fatto) a uno solo di questi mieifratelli più piccoli, l’avete (o non l’a-vete) fatto a me» (vv. 40.45). Sare-mo giudicati sull’amore. Il giudiziosarà sull’amore. Non sul sentimen-to, no: saremo giudicati sulle opere,sulla compassione che si fa vicinan-za e aiuto premuroso.

Io mi avvicino a Gesù presentenella persona dei malati, dei poveri,dei sofferenti, dei carcerati, di colo-ro che hanno fame e sete di giusti-zia? Mi avvicino a Gesù presente lì?Questa è la domanda di oggi.

Dunque, il Signore, alla fine delmondo, passerà in rassegna il suogregge, e lo farà non solo dalla partedel pastore, ma anche dalla parte delle pe-c o re , con le quali Lui si è identificato.E ci chiederà: “Sei stato un po’ pa -

store come me?”. “Sei stato pastoredi me che ero presente in questagente che era nel bisogno, o sei statoi n d i f f e re n t e ? ”. Fratelli e sorelle,guardiamoci dalla logica dell’indif -ferenza, di quello che ci viene inmente subito: guardare da un’altraparte quando vediamo un proble-ma. Ricordiamo la parabola delBuon Samaritano. Quel povero uo-mo, ferito dai briganti, buttato perterra, fra la vita e la morte, era lì so-lo. Passò un sacerdote, vide, e se neandò, guardò da un’altra parte. Pas-sò un levita, vide e guardò da un’al -tra parte. Io, davanti ai miei fratelli esorelle nel bisogno, sono indifferen-te come questo sacerdote, comequesto levita, e guardo da un’altraparte? Sarò giudicato su questo: sucome mi sono avvicinato, di comeho guardato Gesù presente nei biso-gnosi. Questa è la logica, e non lodico io, lo dice Gesù: “Quello cheavete fatto a questo, a questo, a que-sto, lo avete fatto a me. E quello chenon avete fatto a questo, a questo, aquesto, non lo avete fatto a me, per-ché io ero lì”. Che Gesù ci insegniquesta logica, questa logica dellaprossimità, dell’avvicinarsi a Lui,con amore, nella persona dei piùs o f f e re n t i .

Chiediamo alla Vergine Maria diinsegnarci a re g n a re nel s e r v i re . LaMadonna, assunta in Cielo, ha rice-vuto dal suo Figlio la corona regale,perché lo ha seguito fedelmente — èla prima discepola — nella via del-l’Amore. Impariamo da lei a entrarefin da ora nel Regno di Dio, attra-verso la porta del servizio umile egeneroso. E torniamo a casa soltan-to con questa frase: “Io ero presentelì. Grazie!” oppure: “Ti sei scordatodi me”.

Dopo l’Angelus, il Papa ha ricordato il si-sma che colpì il Sud Italia nel 1980 e ha ri-volto il pensiero alle famiglie in difficoltà inquesto tempo di pandemia.

Cari fratelli e sorelle!Desidero inviare un pensiero spe-ciale alle popolazioni della Campa-nia e della Basilicata, a quarant’annidal disastroso terremoto, che ebbe ilsuo epicentro in Irpinia e seminòmorte e distruzione. Quarant’annigià! Quell’evento drammatico, lecui ferite anche materiali non sonoancora del tutto rimarginate, ha evi-denziato la generosità e la solidarie-tà degli italiani. Ne sono testimo-nianza tanti gemellaggi tra i paesiterremotati e quelli del nord e delcentro, i cui legami ancora sussisto-no. Queste iniziative hanno favoritoil faticoso cammino della ricostru-zione e, soprattutto, la fraternità trale diverse comunità della Penisola.

Saluto tutti voi, romani e pelle-grini, che malgrado le difficoltà at-tuali, e sempre nel rispetto delle re-gole, siete venuti in Piazza San Pie-tro. Un saluto speciale alle famiglie,che in questo periodo fanno più fa-tica. Su questo, pensate a tante fa-miglie che sono in difficoltà in que-sto momento, perché non hanno illavoro, hanno perso il lavoro, hannouno, due figli...; e a volte, con un po’di vergogna, non fanno sapere que-sto. Ma siate voi ad andare a cercaredove c’è necessità. Dove è Gesù, do-ve è Gesù nel bisogno. Fate questo!

A tutti auguro una buona dome-nica — anche a quelli dell’Immaco -lata, che sono forti! —. E per favore,non dimenticatevi di pregare perme. Buon pranzo e arrivederci!

Domenica di Cristo Re - Il passaggio dei simboli della Gmg dai giovani di Panamá a quelli del Portogallo

per chiedere i loro nomi strappaun sorriso e una confidenza: «LaGmg per tutta Panamá e ancheper il Centro America, così comepure per ciascuno di noi, è stataun’esperienza travolgente chenon è finita nell’estate 2019 macontinua a segnare e a cambiarein meglio le nostre vite».

Qualche fila di banchi più inlà ci sono i cinque giovani venutidal Portogallo — il Paese che nel-l’estate 2023 ospiterà il prossimoraduno mondiale — ai quali han-no appena consegnato la croce el’icona. Un gesto compiuto da-vanti al Papa, che lo ha accompa-gnato con un applauso.

Anche gli sguardi di FernandoVieira, João Amaral, Guilhermi-no Sarmento, Tatiana Severino eDaniela Calças (nel giorno del

suo compleanno) s’i n t re c c i a n otra loro per poi accarezzare i duesimboli della Gmg, appena rice-vuti dalle mani dei cinque giova-ni panamensi. «Ci aspetta unamissione che inizia dal convertirenoi stessi» dicono commossi e«colpiti dall’invito del Papa che,nell’omelia, ha indicato la centra-lità delle opere di misericordia».

Nella delegazione portoghesenon c’è «recriminazione per leincertezze che la pandemia stasuscitando anche nel progetto dipreparazione della Gmg». Nellabasilica Vaticana sono numerica-mente “p o chi” — per via del co-vid — ma sanno bene «di rappre-sentare tutti i giovani del Porto-gallo, e non solo».

Era presente anche il ministroportoghese per l’Educazione,Tiago Brandão Rodrigues, che ilPapa ha salutato prima dellamessa. E, in prima fila, gli amba-sciatori presso la Santa Sede diPanamá e del Portogallo, insiemea numerosi rappresentanti delcorpo diplomatico, in particolaredi Paesi del Centro America e dilingua portoghese. Tutti testimo-ni di una cerimonia sobria macon una forte carica di speranza,di futuro, ancor più dirompenteperché rilanciata in un tempo dipaure e di crisi.

La messa celebrata da France-sco ha avuto inizio alle 10. Han-no concelebrato il cardinale Ke-vin Joseph Farrell, presidente delDicastero per i laici, la famiglia ela vita (al quale è affidata la

Gmg), il cardinale patriarca diLisbona, Manuel Clemente, e ilcardinale portoghese José Tolen-tino da Mendonça. Con loro an-che due vescovi ausiliari di Li-sbona, monsignor Joaquim Men-des e monsignor AméricoAguiar, responsabile dell’o rg a -nizzazione della Gmg 2023, e ot-to sacerdoti impegnati nel servi-zio nella pastorale soprattuttogiovanile.

Le letture sono state procla-mate in spagnolo e in portoghe-se. Lo stesso per le intenzioni dipreghiera: si è pregato in partico-lare per il Papa, i missionari, per-ché non ci siano più ingiustizie,perché i giovani crescano in sag-gezza e gli anziani non siano so-li.

Al termine della celebrazione— i canti sono stati eseguiti dalcoro della Cappella Sistina, di-retto dal nuovo maestro, monsi-gnor Marco Pavan — il Papa haannunciato la decisione di rilan-ciare la celebrazione diocesanadella Gmg, trasferendola alla do-menica della solennità di CristoRe. Quindi è avvenuto lo scam-bio dei due simboli della Gmg.

Infine, è stata intonata l’anti-fona Salve Regina: Francesco hasostato in preghiera davanti al-l’immagine mariana, collocataaccanto all’altare della Cattedra,e dopo averla accarezzata con lamano ha tracciato su di sé il se-gno della croce. Raccogliendonel suo gesto i due simboli dellaG m g.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 lunedì 23 novembre 2020

Il nuovo libro di Papa Francesco

Ritorniamo a sognareLa strada verso un futuro migliore

La benedizione eucaristica di Francescoal termine del momento straordinariodi preghiera in tempo di pandemia,il 27 marzo 2020

di FABRIZIO CONTESSA

I n un labirinto. Il mondo interoormai da mesi si trova prigionie-ro nel labirinto della pandemia.Un vero incubo. Uno stato dicrisi permanente che comunquecostringe a non stare fermi, an-che se con il rischio, come inogni labirinto, di ritrovarsi sem-pre in un vicolo cieco. È l’i m m a-gine — suggerita da uno dei suoautori preferiti, Jorge Luis Bor-ges ne Il giardino dei sentieri che si bi-f o rc a n o — che Papa Francesco usaper fotografare il momento pre-sente e per indicare una via d’u-scita, seguendo quel filo d’A-rianna della creatività che i cre-denti leggono come opera delloSpirito «che ci chiama fuori danoi stessi». Perché il «peggio»che possa accadere «è restare aguardarci allo specchio, intonti-ti da tanto girare attorno senzamai uscire dal labirinto». E pervenire fuori c’è una sola strada:

abbandonare lacultura “selfie”e andare incon-tro agli altri.Perché «sono glialtri, attorno anoi, che, comeArianna, ci aiu-tano a trovarevie di uscita, adare il meglio dinoi stessi».

Immagini, sug-gerimenti, e sug-gestioni potentiche Papa France-sco pone a con-clusione di Ritor -niamo a sognare. Lastrada verso un futurom i g l i o re , libro rea-lizzato “in conver-sazione” con loscrittore e giorna-lista britannicoAusten Ivereigh,che in Italia vienepubblicato perPiemme da Mon-dadori. Un volu-me, spiega Iverei-gh, nato dal loc-kdown, suggeritoappunto dalle im-magini di quello

speciale incontro di preghiera del 27marzo 2020, in cui «Papa Fr a n c e s c oè apparso in piazza San Pietro comeun pilota nella tempesta, per guida-re l’umanità in una delle sue nottipiù buie». E poi messo su carta a se-guito di conversazioni avvenute inestate.

L’ora della veritàIl punto di partenza è quello

attuale. Il Papa lo vede come «l’o-ra della verità». Un momento dicrisi — «da una crisi non si escemai uguali», ricorda — e di provarivelatrice. Francesco pensa allapandemia, ma non solo. «La crisidel Covid-19 sembra unica perchécolpisce la maggior parte dell’u-manità. Ma è speciale solo per lasua visibilità. Esistono mille altrecrisi altrettanto terribili, tuttavia,siccome ad alcuni di noi paionolontane, ci comportiamo come senon ci riguardassero». Il pensierodel Pontefice corre alle tanteguerre nel mondo, al traffico diarmi, alle centinaia di migliaia dirifugiati che fuggono dalla pover-tà, alla fame, ai colossali danni

del cambiamento climatico.

I tre “Covid”Lo sguardo è sul mondo ma non

può prescindere dalla propria vi-cenda personale. Francesco rileggela propria storia, riannoda i ricordi,spesso toccanti, e parla delle sue«tre situazioni Covid». Quella del-la grave malattia polmonare chenell’agosto 1957, al secondo anno diseminario, lo vide lottare tra la vita ela morte. Poi il periodo tedesco, nel1986, che il Papa definisce come il«Covid dell’esilio», nel senso che fuun esilio volontario per completaregli studi. Infine, quella specialequarantena — un anno, dieci mesi etredici giorni — trascorsa all’iniziodegli anni Novanta in una residen-za gesuita a Córdoba, in obbedien-za ai superiori. «La cosa più strana»in quella circostanza, annota Fran-cesco, è stata la lettura dei trentaset-te tomi della Storia dei Papi di Lud-wig von Pastor: «Avrei potuto sce-gliere un romanzo, qualcosa di piùinteressante. Da dove sono adessomi domando perché Dio mi avràispirato a leggere proprio quell’op e-ra in quel momento. Con quel vac-cino il Signore mi ha preparato.Una volta che conosci quella storia,non c’è molto che possa sorpren-derti di quanto accade nella curiaromana e nella Chiesa di oggi. Mi èservito molto!». Ogni crisi, insom-ma, ci offre una lezione, che biso-gna saper cogliere. «Questi sonostati i miei principali “Covid” p er-sonali. Ne ho imparato che soffrimolto, ma se lasci che ti cambi neesci migliore. Se invece alzi le barri-cate, ne esci peggiore», chiosa ilPontefice.

Aborto ed ecologia integraleNel libro tornano con forza i te-

mi centrali del pontificato. Paroleche con chiarezza sgombrano an-che il campo da luoghi comuni pro-palati ad arte nel circuito massme-diatico. È il caso delle pagine dedi-cate all’ecologia, all’aborto e alla di-fesa della vita umana. Scrive Fran-cesco: «Ho affermato che è necessa-ria una conversione ecologica, nonsoltanto per scongiurare la distru-zione della natura da parte dell’u-manità, ma per evitare che questadistrugga se stessa. E ho rivolto unappello a favore di una “ecologia in-tegrale”, un’ecologia che va moltooltre la cura della natura; è avere ri-guardo gli uni per gli altri comecreature di un Dio che ci ama, contutto ciò che ne segue». In altre pa-role, spiega il Pontefice, «se pensiche l’aborto, l’eutanasia e la pena dimorte siano accettabili, al tuo cuoreriuscirà difficile preoccuparsi del-l’inquinamento dei fiumi e della di-struzione delle foreste. E lo stessodicasi del contrario. E quindi, seb-bene molte persone sostengano conaccanimento che sono problemi diordine morale diverso, finché si in-siste sul fatto che l’aborto è giustifi-cato ma non lo è la desertificazione,o che l’eutanasia è un male ma l’in -quinamento dei fiumi è il prezzo delprogresso economico, restiamo im-pantanati nella mancanza di inte-grità che ci ha portati al punto in cuisiamo». Il Papa dice con chiarezzache non si può «tacere sugli oltre30-40 milioni di vite non nate chevengono scartate ogni anno permezzo dell’aborto». E «duole con-statare che, in molte regioni che siconsiderano sviluppate, questa pra-tica viene spesso promossa perché i

bambini in arrivo sono disabili onon pianificati». Si tratta, denunciaFrancesco, di una «ideologia neo-darwinista della sopravvivenza delpiù forte, sostenuta da un mercatosenza freni ossessionato dal profittoe dalla sovranità individuale».Francesco ricorda quanto ammoni-va san Paolo VI nell’Humanae vitae:«Com’è profetico, ora, il suo mes-saggio!».

Sinodi e sinodalitàL’analisi del Papa va sempre più

in profondità e si sofferma anchesulla necessità di una «prospettivasinodale». Una necessità per laChiesa, e non solo. «Di questa pro-spettiva sinodale il nostro mondoha ora un bisogno stringente. Piut-tosto che cercare lo scontro dichia-rando una guerra in cui ciascunadelle parti spera di sconfiggere l’al -tra, ci servono processi che consen-tano di esprimere, ascoltare e matu-rare le differenze in modo tale dacamminare insieme senza bisognodi annientare nessuno». È un lavo-ro difficile, certamente. Tuttavia,per Francesco non mancano gliesempi positivi. «L’Ue — sostiene ilPontefice — ha attraversato un pe-riodo difficile. Ma veder arrivare isuoi membri a un accordo su un in-sieme di misure di soccorso riguar-do al coronavirus — pur con tuttiquei diversi programmi e punti divista, con quel feroce confronto enegoziato — è stato un esempio diquesto tentativo di armonizzare ledifferenze all’interno di uno sforzogenerale volto a perseguire l’unità».In questo contesto il Papa si soffer-ma sui tre sinodi: quello sulla fami-glia (2014 e 2015), quello sui giova-ni, nel 2018, e quello per l’Amazzo -nia nel 2019.

Tuttavia, osserva Francesco,«una tentazione notevole, che tantevolte semina confusione, è conside-rare il sinodo come una sorta di par-

lamento in cui è consentito quello“scontro politico” dove, per gover-nare, una parte deve sconfiggerel’altra. Alcune persone hanno cer-cato di raccogliere sostegno per leloro posizioni alla maniera dei poli-tici: lanciando ammonimenti trami-te i media o facendo appello ai son-daggi di opinione. Una condottacontraria allo spirito del sinodo co-me spazio protetto di discernimen-to comunitario». Qualcosa del ge-nere è accaduto nel Sinodo sulla fa-miglia. In quella circostanza «laquestione era molto più ampia diquanto si è giunti a credere, ovverodella dimensione specifica della cu-ra pastorale rivolta alle persone di-

vorziate o separate e risposate, e delloro accesso ai sacramenti. Eppurela narrazione di alcuni media legatia certi gruppi ha ridotto e semplifi-cato tutto il lavoro sinodale a que-sto punto, quasi che i padri sinodalifossero stati convocati soltanto perdecidere se consentire o meno ai di-vorziati risposati di ricevere la Co-munione». E tuttavia, «lo Spirito ciha salvati alla fine, con una svolta altermine della seconda riunione (ot-tobre 2015) del Sinodo sulla fami-glia. Il traboccamento, in questocaso, è giunto soprattutto tramiteprofondi conoscitori del pensiero disan Tommaso d’Aquino, fra i qualil’arcivescovo di Vienna, cardinaleChristoph Schönborn. Hanno re-cuperato la vera e genuina dottrinamorale della scolastica di san Tom-maso, svincolandola dalla scolasti-ca decadente che ci aveva portato auna morale fatta di casistica». Ci siè accorti che «non c’era bisogno dicambiare la legge della Chiesa, masoltanto il modo in cui veniva appli-cata».

Un’«analoga polarizzazione su unaquestione secondaria», afferma France-sco, è avvenuta nel Sinodo per l’Amaz -zonia, anche se «questa volta, per ora,non ha avuto una risoluzione per traboc-camento». Il Sinodo, ricorda il Pontefice,era chiamato a evidenziare le enormi sfi-de che quell’area e i suoi popoli devonoaffrontare. Tuttavia «alcune persone, neimedia e attraverso questi, hanno ridottol’intero processo sinodale a un solo tema:se la Chiesa sarebbe o non sarebbe statadisposta a ordinare uomini sposati, i co-siddetti viri probati, sebbene quella doman-da occupasse solo tre righe in un docu-mento preparatorio di trenta pagine».Con la conseguenza che «l’affermazionefantasiosa che il sinodo “r i g u a rd a s s e ”questo tema ha sminuito e ristretto tuttele enormi sfide della regione, al punto chequando è stata pubblicata la esortazioneapostolica Querida Amazonia, nel febbraio2020, molti si sono sentiti delusi o solle-vati dal fatto che “il Papa non ha apertoquella porta”». In realtà, «il sinodo è sta-to un progresso sotto molti aspetti: ci hadato una missione e una visione chiareper stare accanto ai popoli nativi, ai pove-ri e alla terra; e per difendere la cultura e ilcreato dalle potenti forze di morte e di-struzione guidate esclusivamente dalprofitto». Non solo, il Papa parla anchedell’emergere di temi importanti che nonerano stati messi in agenda. Infatti, «unproblema emerso è stato la riluttanza dimolti sacerdoti, in alcuni dei nove paesiche includono l’Amazzonia all’internodei propri confini, a essere inviati comemissionari nella regione. Preferivano ve-nire mandati all’estero, in Europa e negliStati Uniti, dove le condizioni sono piùcomode. Sicché il sinodo ha scorto conchiarezza un concreto problema pastora-le che i vescovi di quei paesi devono risol-vere con urgenza: la mancanza di solida-rietà e di zelo missionario nel cuore dimolti dei nostri sacerdoti».

Chiesa di popolo e lavoroLa riflessione sulla Chiesa e sui

popoli nell’Amazzonia ne introdu-ce una ancora più ampia: la Chiesadi popolo e la dignità del lavoro.«Dio ci attrae — sottolinea il Papa —tenendo conto di una complessatrama di relazioni, ed è proprio là,in mezzo ai crocevia della storia,che ci invia. Essere cristiani, quindi,significa sapersi parte di un popolo,del Popolo di Dio espresso in diver-se nazioni e culture, ma che trascen-de ogni confine di razza e di lingua.Il Popolo di Dio è una comunità al-l’interno della più ampia comunitàdi una nazione, al suo servizio, percontribuire a plasmarne l’identità,nel rispetto del contemporaneoruolo svolto da altre istituzioni cul-turali e religiose. Ma se la Chiesa haun compito particolare da svolgerenei momenti di crisi, è proprio quel-lo di ricordare al popolo la sua ani-ma, la sua necessità di rispettare ilbene comune». Per questo motivo,sottolinea ancora Francesco, «uncristiano difenderà i diritti e le liber-tà individuali, ma non potrà mai es-sere un individualista. Un cristianoamerà e servirà il suo paese con sen-timento patriottico, ma non può es-sere un mero nazionalista».

Papa Bergoglio trae queste con-vinzioni anche dalla sua esperienzain Argentina. Ricorda, con passaggitoccanti, l’incontro con i c a r t o n e ro s ,gli uomini e i ragazzi che soprattut-to di notte vagavano per le strade diBuenos Aires alla ricerca di cartonee di altro materiale da rivendere.Una delle tristi conseguenze dellagrave crisi economica attraversatadel Paese sudamericano all’alba delterzo millennio. «Li si vedevo tra-scinare per strada enormi borse pie-ne del materiale che raccoglievano.Ricordo di aver notato, una sera, uncarro tirato da quello che pensavofosse un cavallo, ma quando mi so-no avvicinato ho scoperto che eranodue ragazzini, non avranno avutoneanche dodici anni». E ancora:«Dopo aver conosciuto i c a r t o n e ro s ,una notte mi sono unito ai loro giri.Ero vestito in abiti civili e non por-tavo la croce pettorale di vescovo;solo i capi sapevano chi fossi. Ho vi-sto come lavoravano, come viveva-no degli avanzi della città, riciclan-do ciò che essa aveva scartato, e hovisto anche che alcune élite li identi-ficavano con quegli scarti». Soprat-tutto, il Papa spiega che «i c a r t o n e ro ssono l’esempio di un popolo chenella periferia si organizza per so-pravvivere e dà mostra di quella di-gnità che è il tratto distintivo deimovimenti popolari. Quando gliscartati si associano non dietro un’i-deologia o per ottenere potere, maper ottenere l’accesso alle tre realtàche definiscono una vita dignitosa— terra, casa, lavoro — possiamo di-re che qui c’è un segno, una promes-sa, una profezia».

Da qui la riflessione passa ai temieconomici e alla dignità del lavoro.«Che futuro avremo quando il 40 oil 50 per cento dei giovani sarà senzalavoro, come già avviene in alcunipaesi?», si domanda il Pontefice,per il quale occorre garantire che «illavoro non sia soltanto un modoper guadagnare denaro, ma ancheper esprimersi, partecipare e co-struire il bene comune». Anzi,«dobbiamo andare oltre l’idea cheil lavoro di chi bada a un familiare,o di una madre a tempo pieno, o diun volontario in un progetto socialeche assiste centinaia di bambini,non sia un lavoro perché non riceveun salario».

IL VOLUME

Ritorniamo a sognare. La stradaverso un futuro migliore. Pa p aFrancesco in conversazionecon Austen Ivereigh (Milano,2020, pubblicato per Piemmeda Mondadori Libri, pagine167, euro 15,90)

«Jesienny labirynt», Jacek Yerka( p a r t i c o l a re )

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L’OSSERVATORE ROMANOlunedì 23 novembre 2020 pagina 9

Il conflitto entra in una nuova fase

Etiopia: ultimatumai ribelli del Tigray

Progetto Ue in vista di future pandemie

Un atlanteper il covid

di SUSANNA PA PA R AT T I

Lo scopo finale sarà la realizza-zione di un Atlante del covid-19, necessario per comprende-re l’impatto della pandemia incorso ed utile strumento pertracciare linee guida future dalmomento che la comunitàscientifica internazionale, ol-tre ad aver anticipato gli attua-li scenari ai quali purtropponessun Paese si è rivelato“p ro n t o ”, sostiene che il mon-do si troverà ad affrontareemergenze analoghe in futuro.Così il progetto Periscope(Pan-european response to theimpacts of covid-19 and futurepandemics and epidemics),piano interdisciplinare di ri-cerca finanziato dall’Unioneeuropea e coordinato dall’U-niversità di Pavia, dal primonovembre ha formalmente ini-ziato l’attività che andrà avantiper quattro anni, coinvolgen-do 32 primarie istituzioni di ri-cerca europee. Fra le italianeanche la Fondazione Isi, il Po-litecnico di Milano, l’Univer -

sità di Trento, il PoliclinicoSan Matteo e due compagnie,la Modefinance srl e la Gene-gis Gi srl.

Alla complessa ricerca diPeriscope faranno parte esper-ti dei settori medico, epide-miologico, socio-economico,politico, statistico e tecnologi-co al fine di garantire unospaccato esaustivo di ogni am-bito coinvolto della nostra so-cietà così articolata e globaliz-zata: «Esiste un’intera brancadella ricerca scientifica chepossiamo dire cugina della tra-dizionale, è la scienza dei siste-mi complessi perché un’azionenon ha solo una risposta —spiega Ciro Cattuto, coordina-

tore del gruppo di ricerca diFondazione Isi — ci sono datipubblici e altri privati che pos-sono essere usati allo scopo inassoluto anonimato, in quellacomunemente chiamata epi-demiologia digitale, ovverol’utilizzo di tracce e dati cheognuno lascia quotidianamen-te entrando in internet, usan-do social media o le App deicellulari, al fine di definirnespostamenti e reazioni rispettoa determinati eventi. Tutti ele-menti che in studi come questoforniscono materiale per lavo-rare». Del progetto, utile saràl’identificazione di pratiche lo-cali di successo per il conteni-mento della pandemia e che,studiate e confrontate in largascala, consentiranno dinamicimodelli di analisi statistica, re-si possibili anche grazie all’uti -lizzazione di sistemi di intelli-genza artificiale e machine lear-n i n g.

L’Atlante del covid-19 unavolta completato dovrà essereuno strumento per ricercatorie responsabili dei processi de-cisionali, ma sarà altresì di li-bero accesso ai privati: «Oggistiamo vedendo come anche lacomunicazione legata allapandemia si riverbera su tuttigli strati sociali, è difficile farcomprendere come le azioni dioggi daranno risultati fra duesettimane — prosegue — dob -biamo affrontare la complessi-tà ingente in tutte le sue inter-dipendenze che noi abbiamoerroneamente super ottimiz-zato. È una sfida». Periscopesarà finanziato dall’Unioneeuropea con 10 miloni di euroattraverso il programma per laricerca e l’innovazione Hori-zon 2020 e fa parte della Coro-navirus global rensponse ini-tiative varata dalla presidentedella Commissione europea,Ursula von der Leyen. Compi-to del team della FondazioneIsi di Torino sarà utilizzaresorgenti di dati non tradizio-nali — come l’epidemiologiadigitale — per evidenziarecambi di comportamento indi-viduali o di popolazione asso-ciati a misure di interventonon farmaceutiche: «Si vuolecosì rafforzare la capacità del-l’Europa di affrontare eventisimili e riflettere sul futuro del-la governance del settore sani-tario — conclude Ciro Cattuto— impossibile salvaguardare lasalute estraniandola dal resto,viviamo un ecosistema e ognicosa è collegata».

Martedì la nomina ufficiale insieme ad altre importanti cariche della futura amministrazione

Biden sceglie Blinken come segretario di Stato

DAL MOND O

Covid-19: l’O msavverte l’E u ro p a

Mentre nel mondo sono stati raggiunti oltre 58 milioni14.000 di contagiati e un milione e 380.000 morti,l’Oms ha avvertito l’Europa sui rischi di una terza on-data all’inizio del 2021. L’alleggerimento delle restri-zioni per salvare le feste di Natale, allo studio in Euro-pa, potrebbe essere un azzardo, indica l’Oms in unanota, invitando i Governi della Vecchio Continente anon sottovalutare la minaccia persistente.

Israele colpisce postazioni di Hamasdopo il lancio di un razzo da Gaza

Le Forze di difesa israeliane hanno bombardato diver-se installazioni militari di Hamas, a Gaza, dopo il lan-cio di un razzo dalla Striscia. Lo ha detto il portavocemilitare, secondo cui aerei ed elicotteri hanno centratodue fabbriche di munizioni per razzie infrastrutturesotterranee. Secondo l’esercito israeliano, il razzo diHamas ha danneggiato una fabbrica vicino alla città diAshkelon. Non ci sono stati feriti.

Bosnia ed Erzegovina: 25 anni fagli Accordi di Dayton

Venticinque anni fa gli Accordi di Dayton mettevanofine alla sanguinosa guerra in Bosnia ed Erzegovina,teatro delle prime operazioni di pulizia etnica in Euro-pa dalla fine della seconda guerra mondiale. Un con-flitto — con oltre 100.000 morti e più di 2 milioni disfollati — durato oltre tre anni tra le etnie del Paesebalcanico, serba, croata e musulmana, che ha dato luo-go anche al massacro di Srebrenica.

Sarkozy a processo, prima volta di un capodi stato nella storia della Francia

Per la prima volta nella storia della Francia, un ex pre-sidente sarà processato in un’aula di tribunale. Acca-drà a Nicolas Sarkozy, il cui processo per corruzione siapre oggi a Parigi. L’ex capo dell’Eliseo, secondo l’ac-cusa, avrebbe cercato di ottenere informazioni riservatetramite il suo legale da un magistrato della Cassazione,Gilbert Azibert , in cambio di un incarico a Monaco

Manifestanti irrompononel Parlamento del Guatemala

In Guatemala centinaia di manifestanti hanno fatto ir-ruzione nel Parlamento per protestare contro il gover-no. I dimostranti, per lo più incappucciati, hannosfondato la porta d’ingresso della sede dell’edificio delCongresso e anche le finestre, lanciando torce di fuocoall’interno, dove non erano presenti parlamentari. Nonci sono stati feriti.

ADDIS ABEBA, 23. Ore cru-ciali per l’Etiopia travoltada un preoccupante con-flitto, che sta producendouna grave crisi umanitaria,con migliaia di civili in fu-ga verso il Sudan. Il gover-no etiope ha concesso unultimatum ai leader delFronte di liberazione po-polare del Tigray (Tplf), ilpartito di governo nella re-gione tigrina. Hanno 72ore per arrendersi.

In una dichiarazione ri-lasciata ieri, il primo mini-stro etiope, Abiy Ahmed,ha affermato che il conflit-to è entrato nella sua terzae ultima fase «finale» conla prossima grande offensi-va concentrata sulla capita-le della regione del Tigray,Macallè, ultima roccafortedei ribelli.

«Il vostro progetto didistruzione è arrivato alla

fine, vi chiediamo con for-za di arrendervi pacifica-mente entro 72 ore ammet-tendo che siete arrivati aun punto di non ritorno»,

ha detto Abiy rivolgendosiai leader del Tplf. «Questaè la vostra ultima opportu-nità», ha concluso.

L’ultimatum arrivamentre comincia la terzasettimana dall’offensivacontro il Tplf e il giornodopo che le forze governa-tive hanno preso il control-lo di Adigrat, la secondacittà più grande della re-gione.

Il primo ministro ha,tuttavia, assicurato che l’o-perazione militare per cat-turare i leader tigrini saràeseguita in un modo dacausare «danni e vittimeminimi».

L’esercito federale avevaperò già intimato i civilipresenti nella contesa Ma-callè di «accettare di libe-rarsi dai leader ribelli», av-vertendo che in caso con-trario non verrà mostrataloro «alcuna pietà» in oc-casione dell’assalto, immi-nente, alla città. Finora —ha ribadito anche il colon-nello Dejene Tsegaye allaEthiopian BroadcastingCorporation — è stato evi-tato qualsiasi obiettivo chepotrebbe causare vittimecivili. «Ma nel caso di Ma-callè — ha messo in guar-dia — potrebbe essere di-verso. Il Fronte ora sta uti-lizzando il pubblico comescudo, il quale dovrebbeprendere le distanze dalpartito».

Le forze etiopi prose-guono, nel frattempo, conun’avanzata costante danord e sud verso della ca-

pitale tigrina, che si trovasu un altopiano a un’altitu-dine di oltre 2.500 metri.Finora centinaia, forse mi-gliaia, di persone sono sta-te uccise nel conflitto emolte altre sono state sfol-late. Più di 36.000 sonofuggiti nel vicino Sudan eun gran numero si stamuovendo all’interno dellostesso Tigray per fuggire aicombattimenti.

La comunità internazio-nale ha condannato intan-to la distruzione di infra-strutture come aeroporti,strade e ponti da parte delTplf, che stanno rendendoimpossibile l’assistenzaumanitaria alla popolazio-ne del Tigray. Ora l’ulti-matum al mezzo milionedi abitanti della capitale ti-grina potrebbe spingere —secondo i media interna-zionali — un numero consi-derevole di persone ad ab-bandonare le proprie case,aggravando la crisi umani-taria già in corso. La co-munità internazionale te-me, in particolare, che laviolenza possa proseguireanche dopo il termine del-le operazioni militari nelTigray. Secondo un rap-porto delle Nazioni Unite«anche se l’esercito federa-le dovesse riuscire nellasua missione di prendereMacallè, questo non neces-sariamente metterà fine alconflitto». È probabile —avverte l’Onu — che unconflitto asimmetrico pro-lungato e un’i n s u r re z i o n econtinuino.

WASHINGTON, 23. Il presidenteeletto Joe Biden nominerà An-tony Blinken come prossimo se-gretario di Stato degli Stati Uni-ti. Secondo i maggiori mediastatunitensi la nomina da partedi Biden dovrebbe arrivare do-mani, insieme a quella di altrecariche della sua futura ammini-strazione presidenziale. In parti-colare sarà ufficializzata anchequella del suo consigliere alla si-curezza nazionale e quella del-l’ambasciatore alle Nazioni Uni-te. Ruoli che saranno ricopertirispettivamente da Jake Sullivan

e da Linda Thomas-Greenfield.Secondo il «New York Ti-

mes» Blinken — che ha iniziatola sua carriera al dipartimento diStato dell’amministrazioneClinton — è stretto collaboratoredi Biden da quasi due decenni.Prima come suo assistente per-sonale quando l’attuale presi-dente eletto era nel comitatoEsteri del Senato e poi come suoconsigliere per la sicurezza na-zionale una volta diventato vice-presidente (2009-2017). È statoinfine vicesegretario di Stato frail 2015 e il 2017, sotto la presi-

denza Obama, quando il Dipar-timento di Stato era guidato daJohn Kerry. Durante la campa-gna elettorale del leader demo-cratico, Blinken è stato il suobraccio destro.

Da segretario di Stato avrà ilcompito di attuare i piani di Bi-den in politica estera, incentratisoprattutto su un ritorno al mul-tilateralismo in cui gli Usa pos-sono dimostrarsi leader di un’a-zione collettiva per risolvereproblemi globali; in primis rein-tegrare il Paese nell’accordo diParigi sulla lotta ai cambiamenti

climatici e nell’accordo sul nu-cleare con l’Iran, così come tor-nare a sedersi presso l’O rganiz-zazione mondiale della sanità(Oms). Poi anche su tematicheriguardanti il commercio, inve-stimenti tecnologici e dirittiumani. Per quanto riguarda irapporti con l’Europa, Blinken,come sostenuto in un discorsonel luglio scorso, ritiene che gliStati Uniti dovrebbero ricono-scere il Vecchio Continente co-me un alleato «a cui rivolgersicome prima risorsa, non comeultima, di fronte alle sfide».

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 10 lunedì 23 novembre 2020

Che lingue parlava Gesù?Sulle tracce del figlio venuto da Nazareth

P a r t i c o l a reda un manoscritto

del XV secolo

L’iconografia e il culto della martire a Roma

La criptadi Cecilia

Santa Cecilia di Stefano Maderno (Basilica di Santa Cecilia, Roma, 1600)

di FABRIZIO BISCONTI

I l 22 novembre il MartirologioGeronimiano — che, come è no-to, risale al V secolo, nella stesu-ra definitiva — ci ricorda il dies

natalis di Cecilia, il cui sepolcro, se-condo un’affabulazione leggendaria ele ricerche archeologiche del secoloscorso di Giovanni Battista de Rossi eJoseph Wilpert, dovrebbe collocarsinel cuore del complesso callistiano, afianco della cripta dei Papi.

Ebbene, qui si apre un’ampia crip-ta, costellata di infiniti segni di devo-zione, nei confronti dei più celebrisanti del comprensorio, che interessala via Appia e segnatamente, Sebastia-no oriundo di Milano, Quirino di Si-scia, Policamo e Ottato provenientidall’Africa, descrivendo un santoraleinternazionale, come dimostrano gliaffreschi che decorano il maestoso lu-cernario, a partire dalla fine del V se-colo. Nel grande cubicolo sorge ancheil culto di una Cecilia, da collegare,secondo il de Rossi, a certi ingiudica-bili frammenti epigrafici, che menzio-nano, più o meno chiaramente alcuni

appartenenti alla gens degli Cecilii,che, sulla via Appia — come è noto —ritornano spesso, come dimostra il ce-lebre mausoleo di Cecilia Metella.Nella Cripta è poi rimasto — s e p p u remolto provato dal degrado — un qua-dro-icona, che si propone come un pa-linsesto che alterna l’affresco al mosai-co e che data al VII secolo. L’immagi-ne rappresenta la martire Cecilia oran-te, giovane e vestita come una basilis-sa bizantina, assieme ad alcune pittu-re altomedievali che raffigurano, ri-spettivamente Papa Urbano, coinvol-to, nella passio medievale, con la fine

della fanciulla cristiana, e il busto delCristo Pantocrator. Negli anni centra-li dell’Ottocento, la cripta callistianadi Santa Cecilia, sistematicamentescavata e restaurata, fu visitata da PioIX, che, dinnanzi a queste scoperte, sicommosse e sostenne l’archeologo ro-mano nelle sue instancabili imprese.

L’altro polo agiografico, che rievo-ca la figura di Cecilia può essere collo-cato nel cuore del quartiere romano diTrastevere, dove è situato il titulus Cae-ciliae, ricordato negli atti del sinododel 499 e, in seguito, in quelli del sino-do del 595, mentre nel Liber Pontificalis,il monumento viene definito ecclesiasanctae Caeciliae. Scavi ottocenteschi eindagini più recenti hanno recupera-to, al di sotto dell’attuale basilica, edi-fici di età imperiale, con abitazioni ri-feribili al secondo secolo dopo Cristo,e una terma tardoantica, dove la leg-genda ambienta il martirio di Cecilia.D ell’edificio paleocristiano è stato in-tercettato un battistero, con vasca esa-gonale, ricoperta di marmi e un pro-babile baldacchino. L’edificio battesi-male presentava decorazioni pittori-che, che rappresentano dei sontuosi

velari, riferibili al sestosecolo, con rifacimentidell’alto medioevo.

Nel nono secolo, ilPontefice Pasquale I(817-824) ristrutturòcompletamente il com-plesso basilicale e com-missionò un mosaicoabsidale, che raffigurauna teoria di figure san-te contro un fondo au-reo. Al centro è il Cristo,che indossa vesti doratee che è affiancato da sanPaolo, santa Cecilia, ilPontefice Pasquale I, ri-conoscibile dal nimboquadrato, san Pietro,san Valeriano e sant’A-gata. In basso, scorre lateoria degli agnelli-apo-stoli che si muovonoverso l’agnello apocalit-tico, mentre un’iscrizio-ne aurea in fondo azzur-ro rievoca la fondazione

dell’edificio di culto. Nel 1293, Arnol-fo di Cambio impreziosì la basilicacon un bel ciborio, mentre nel 1600Stefano Maderno scolpì la celebrestatua, che rappresenta il corpo iner-me di Cecilia, ora sistemata sotto l’al-t a re .

La controfacciata della splendidabasilica trasteverina fu affrescata daPietro Cavallini (1289-1293) con un ar-monioso Giudizio Universale, dove Ma-ria e Giovanni Battista sono raffigura-ti tra gli apostoli, mentre uno stormodi angeli suona le trombe del giudi-zio.

di DANIEL MA R G U E R AT

Gesù che lingua parlava? Viene spontaneo ri-spondere: l’aramaico, ma la questione è piùcomplicata. Nel I secolo, in Palestina si par-lavano quattro lingue: latino, greco, ebraico earamaico. Lasciamo stare il latino, poiché eraadottato soltanto dalle autorità romane per gliscambi politici o amministrativi. Le unicheiscrizioni in latino sono state trovate a Cesa-rea Marittima (dove risiedeva il governatore)e a Gerusalemme.

Viceversa, dopo le conquiste di AlessandroMagno, il greco era diventato quel che oggi èl’inglese: la lingua di comunicazione universa-le. Le iscrizioni sulle monete battute sotto ilregno di Erode il Grande sono esclusivamentegreche. A Qumran, il cinque per cento deimanoscritti è in greco. Chiunque concludessedegli scambi commerciali, o avesse rapporticon non giudei, si esprimeva in greco. Tuttele volte che, insieme alla famiglia, andava inpellegrinaggio a Gerusalemme, città santa maellenizzata, Gesù entrava in contatto con lacultura greca. Per intrattenersi con un centu-rione romano era necessario ricorrere a unalingua comune (Mt 8, 5-13). Non per questo

possiamo essere certi che padroneggiasse ilgreco parlato, meno ancora il greco scritto,ma si può desumere che lo conoscesse tantoda capire e farsi capire, questo sì. Al tempodel suo processo potrebbe aver conversato ingreco con Ponzio Pilato (Gv 18, 28 — 19, 12),ma è verosimile che fosse presente un inter-p re t e .

E l’ebraico? La lingua sacra, la lingua delleScritture, era stata progressivamente riservataall’uso scritto più che parlato. È stato obiet-tato che la biblioteca di Qumran, contenente

per lo più testi ebraici, prova che nel I secolosi praticava un ebraico vivo. Tuttavia la mol-tiplicazione dei commentari scritturali (t a rg u -mim) in aramaico, anche a Qumran, indeboli-sce l’idea che, al tempo di Gesù, sopravvives-se un ebraico popolare.

Leggeva l’ebraico? La scena della sinagogadi Nazareth (Lc 4, 16-30), dove Gesù svolge ilrotolo di Isaia e legge prima di predicare, fa

pensare di sì. Purtroppo, la rappresentazionepotrebbe essere una composizione tardiva diLuca che ha attinto alla sua conoscenza dellaliturgia sinagogale: la storicità non è garanti-ta. Invece, Gesù che predica nella sinagoga ediscute con gli scribi dell’interpretazione dellaTorah rende verosimile che leggesse l’ebraicobiblico, poiché in caso contrario non sarebbestato preso sul serio. L’ebraico era la linguadella memorizzazione dei testi biblici.

In Israele, come nel Vicino Oriente, nel Isecolo la lingua corrente è l’aramaico. Gesù,ovviamente, conversa con i suoi interlocutori,predica e insegna in aramaico. Il Nuovo Te-stamento conserva tracce di espressioni idio-matiche: abbà («padre») per rivolgersi a Dio(Mc 14, 36; Gal 4, 6), talitàcum («ragazza, alza-ti») alla figlia di Iairo (Mc 5,41), effatà («apri-ti») a un sordomuto, e soprattutto il suo gri-do sulla croce in Ma rc o 15, 34 Eloí, Eloí lamà sa-bactàni («Dio mio, Dio mio, perché mi hai ab-bandonato?»). Joachim Jeremias ha elencato,esclusi i nomi propri, ventisei termini aramaiciattribuiti a Gesù dai vangeli o da fonti rabbi-niche.

Riassumendo, Gesù era trilingue. Parlavaun poco di greco per rivolgersi agli stranieri eai romani, leggeva le Scritture in ebraico eparlava l’aramaico, sua lingua materna.

Il Nuovo Testamento conservatracce di espressioni idiomatichein aramaico tra cui«abbà», «talitàcum», «effatà»e soprattutto il grido sulla crocein Marco 15,34

IL VOLUME

Anticipiamo uno stralcio dal libro del biblista ed esegeta DanielMarguerat Gesù di Nazareth. Vita e destino curato da Alice Campet-ti, Eliana Bouchard e Yann Redalié per l’editore Claudiana (To-rino, 2020, pagine 295, euro 24,50, traduzione dal francese diAlice Campetti) in libreria dal 26 novembre.

Cripta di Santa Cecilia, Catacombe di San Callisto

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L’OSSERVATORE ROMANOlunedì 23 novembre 2020 pagina 11

Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina inudienza il Dottor Carmelo Barbagallo, Presi-dente dell’Autorità di Informazione Finanzia-ria.

Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina inudienza una Delegazione di “Fairtrade Interna-tional”.

Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina inudienza una Delegazione della “National Ba-sketball Players Association”.

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al go-verno pastorale della Diocesi di Cheju (Corea),presentata da Sua Eccellenza Monsignor PeterKang U-il.

Gli succede Sua Eccellenza Monsignor PiusMoon Chang-woo, finora Vescovo Coadiutoredella medesima Diocesi.

Il provvedimento è stato reso noto in data 22n o v e m b re .

Il Santo Padre ha nominato Maestro Diret-tore della Cappella Musicale Pontificia, deno-minata Cappella Sistina, il Reverendo Monsi-gnore Marcos Pavan, finora Maestro Direttore“ad interim” della medesima Cappella Musica-le Pontificia.

La nomina è stata resa nota in data 22 no-v e m b re .

NOSTRE INFORMAZIONIAd Assisi l’ordinazione episcopale del cardinale eletto Mauro Gambetti

Un vero pastoreper chi ricerca la pace

Nomina papaleMarcos Pavan

maestro direttoredella Cappella musicale

p ontificiaNato a São Paulo, in Brasile,il 23 ottobre 1962, ha ricevutol’ordinazione sacerdotale perla diocesi di Campo Limpo il29 giugno 1996. Laureato ingiurisprudenza all’Universitàdi São Paulo nel 1985 e iscrit-to all’ordine degli Avvocatidel Brasile, ha compiuto aRoma gli studi di filosofiapresso l’allora Centro di studisuperiori dei Legionari diCristo e quelli di teologiapresso la Pontificia universitàSan Tommaso d’Aquino. Ha

conseguito una solida forma-zione artistica e musicale,avendo frequentato studi pia-nistici e di teoria musicale,tecnica vocale e canto grego-riano, come pure di direzionecorale, svolgendo inoltre atti-vità concertistica e realizzan-do registrazioni per la radio ela televisione. Entrato a farparte della Cappella musicalepontificia come assistente deiPueri Cantores nel 1998, dal10 luglio 2019 gli è stato affi-dato l’incarico di maestro di-rettore “ad interim” della me-desima Cappella musicalepontificia, denominata Cap-pella Sistina.

«G uardare ogni personacon occhi di padre, diun padre buono, sem-plice e accogliente»:

un padre che «dona gioia alle persone,che è pronto ad ascoltare chiunque desi-dera aprirsi a lui, un padre umile e pa-ziente; in una parola, un padre che mo-stra sul suo volto il volto di Cristo». Èquesto il compito, impegnativo ed esal-tante, che il cardinale Agostino Vallini,ha affidato a padre Mauro Gambetti,dei Frati minori conventuali — che rice-verà la porpora cardinalizia nel Conci-storo del 28 novembre — durante il ritodi ordinazione episcopale presieduto

domenica pomeriggio, 22 novembre,nella basilica superiore di San France-sco. Co-consacranti sono stati l’a rc i v e -scovo-vescovo di Assisi - Nocera Umbra- Gualdo Tadino, Domenico Sorrentino,e il vescovo di Imola, Giovanni Mosciat-ti.

Rivolgendosi al neo ordinato — alquale è stata assegnata la sede titolare diTisiduo — il cardinale legato pontificioper le basiliche di San Francesco e diSanta Maria degli Angeli in Assisi lo haesortato a chiedere «al Signore di con-servare sempre, anche da vescovo e car-dinale, uno stile di vita semplice, aperto,attento, sensibile particolarmente versochi soffre nell’anima e nel corpo, unostile di vero francescano». Da qui l'invi-to a impegnarsi, affinché manifesti e te-stimoni «la bontà e la carità di Cristo» ea «sentire e rendere visibile la tenerezzadi Gesù particolarmente verso i tanticercatori di pace».

Il cardinale ha poi sollecitato Gam-betti a essere «un vero pastore» , cioè«un dono del Signore fatto al popolo diDio, una persona che si misura ognigiorno con la sfida di rendere concretol’ideale del Vangelo vissuto secondo lospirito della Chiesa». Vallini ha quindispiegato cosa significhi esercitare il mi-nistero episcopale, inteso come «carismae sevizio, non come potere e apparen-za». Proprio per questo, ha sottolineatoil porporato, padre Gambetti dovrà es-sere «attento a valorizzare le persone ap-partenenti al buon popolo di Dio concarità e abnegazione, manifestate in tut-te le forme verso i semplici e i poveri,come verso i colti e quanti sono collocati

in posizioni elevate». Come vescovo do-vrà impegnarsi a «diffondere particolar-mente la Parola di Dio, sostenendo e in-coraggiando le molteplici iniziative for-mative e pastorali, senza sottrarti al con-fronto con credenti e non credenti, af-frontando le sfide del nostro tempo,aperto sempre al dialogo con tutti».L’ex custode del Sacro convento, «chia-mato dal Romano Pontefice nel Colle-gio cardinalizio», dovrà avere sempre«un cuore largo e un respiro universaleper le funzioni» che sarà chiamato asvolgere «in aiuto al successore di Pie-t ro » .

Il cardinale nell’omelia ha indicato, in

particolare, tre termini che «qualificanoe in qualche modo sintetizzano il mini-stero del vescovo»: amico, servo, pasto-re .

Il vescovo è, anzitutto «amico di Cri-sto», ha detto il porporato. Nell’ora su-prema della passione, «Gesù chiama isuoi discepoli amici». Vale a dire: «voisiete i miei intimi, voi mi appartenete,siete la mia famiglia, la mia casa». A chiriceve l’episcopato è chiesto anzitutto«di avere con il Signore un forte rappor-to personale, di essere un uomo di fede,

di una fede viva, robusta, motivata, unafede coltivata nella preghiera, che pren-de ispirazione, luce e forza per il suo ser-vizio pastorale». L’appartenenza a Cri-sto «lo identifica con Cristo, gli fa sen-tire il desiderio di assomigliare a Cristo,di fissare il suo sguardo su quello di Cri-sto crocifisso»: in una parola, di avere,come insegna san Paolo, «gli stessi sen-timenti di Cristo Gesù», che spogliò sestesso, assumendo la condizione di ser-vo.

Da qui discende «il suo servizio»,cioè percepirsi e «vivere concretamentecome persona dedicata al bene di tutti,ad amare tutti, a sentirsi vicino a tutti,interessato a tutti, perché il Vangelo ar-rivi a tutti». Il vescovo, pertanto, «si im-pegna coscientemente a mostrare il Van-gelo anzitutto con la testimonianza umi-le e gioiosa della sua vita, della sua de-dizione, attenzione, premura, perché laParola di Dio sia viva, credibile e penetrinei cuori». Questa sua passione, ha sot-tolineato il porporato, ne fa «un verop a s t o re » .

Al termine della celebrazione, il neovescovo Gambetti ha ringraziato il Papae i presenti , sottolineando come ci siano«momenti di svolta nella vita, che taloracomportano salti. Quello che sto viven-do — ha confidato — lo considero comeun tuffo dal trampolino in mare aperto,mentre mi sento ripetere: duc in altum».Poi, ha raccontato di aver vissuto setti-mane serene, di aver pregato, amato e diaver «accolto la benevolenza dei fratellie delle sorelle che in tanti modi si sonofatti prossimi e mi hanno aiutato». Daqui la gratitudine per il dono ricevuto eper quello che ora lo aspetta, cioè «untuffo in mare aperto. A dire il vero, nonun semplice tuffo, ma un vero e propriotriplo salto mortale carpiato, in posizio-ne libera». Il neo vescovo ha quindiconcluso ringraziando «i fratelli e le so-relle, gli amici e i nemici, sì, anche chimi è stato avverso, per ragioni più o me-no legittime: una immensa rete d’a m o re ,che tutto comprende e tutto riplasma,tutto dinamizza e tutto trasforma».

L’udienza del Papa a un gruppodi giocatori di basket della Nba

A canestrocontro il razzismo

Monsignor Jožef Smej, vescovo titolaredi Zernico, già ausiliare di Maribor, inSlovenia, è morto sabato 21 novembrenella casa per anziani di Lenart. Nato il15 febbraio 1922 a Bogojina, nella diocesidi Murska Sobota, era divenuto sacerdo-te l’8 dicembre 1944. Eletto alla Chiesatitolare di Zernico il 25 aprile 1983 e no-minato ausiliare di Maribor, aveva rice-vuto l’ordinazione episcopale il 23 mag-gio successivo. E il 18 giugno 2009 avevarinunciato all’incarico pastorale.

Lutto nell’episcopato

Un dream team di basket che ha attraversato l’o-ceano apposta per dire — con Papa Francesco —“no al razzismo”. L’incontro è avvenuto lunedì23 novembre, in tarda mattinata, nella Bibliotecaprivata del Palazzo apostolico. E se in camposcendono stelle della Nba del calibro di SterlingBrown degli Houston Rockets, Kyle Korver deiMilwaukee Bucks, Anthony Tolliver dei Mem-phis Grizzlies, Jonathan Isaac e Marco Belinelli(leader anche nella nazionale italiana) dei SanAntonio Spurs, lo spettacolo è assicurato. So-prattutto se oltre agli schemi per far canestroquesti campioni mettono in campo anche le stra-tegie perché ogni forma di razzismo venga, fi-nalmente, sconfitta.

E questo è un impegno che la National ba-sketball players association (Nbpa) — il sodali-zio che rappresenta tutti i giocatori professioni-sti di pallacanestro della National basketball as-sociation (Nba) negli Stati Uniti d’America — hapreso fortemente a cuore. Come testimonia lavolontà di incontrare Francesco per presentarglipersonalmente i loro sforzi, e quelli dei loro col-leghi, proprio sulle questioni dei diritti sociali. Ericevendo dal Papa parole di incoraggiamento.

Proprio per raccontare al Pontefice il loro im-pegno concreto per la giustizia e l’uguaglianza,portato avanti in modo più organico soprattuttonegli ultimi mesi — dopo alcuni gravi episodi diviolenza — gli hanno consegnato — oltre che unpallone e magliette, simboli della loro professio-

ne — un libro particolarmente significativo, unavera e propria raccolta di immagini, articoli e te-sti che documentano un lavoro davvero di squa-dra. Diversi per provenienze, storie e cultura, igiocatori di basket professionisti negli Stati Uni-ti stanno utilizzando, insieme, la grande “piatta-forma” di comunicazione offerta dal palcosceni-co della Nba per rilanciare i valori sportivi piùautentici che, naturalmente, escludono qualsiasiforma di razzismo. Ad accompagnare i cinquecampioni c’erano anche i responsabili della

Nbpa Michele Roberts, Sherrie Deans e MatteoZuretti, e alcuni familiari. La mission dellaNbpa, hanno spiegato, è proteggere e sostenere idiritti e i talenti dei giocatori, dando loro voceanche nelle questioni sociali oltre che sportive. Ehanno ricordato che non da oggi, sia individual-mente che collettivamente, moltissimi giocatoridi basket hanno dato vita a progetti solidali e so-stenuto apertamente movimenti di giustizia so-ciale e contro il razzismo. Fino a sospendere lepartite.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 12 lunedì 23 novembre 2020