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 17 gennaio 2010 11 SPECIALE 17 gennaio 2010 12  SPECIALE Cent’anni di Padre Damiani, l’apostolo di giovani e anziani Una vita ri essa dalle opere “Un viaggio fantastico” .  Così po- trei denire i quattro mesi passati, tra alterne vicende, a scartabellare nel grande ucio di padre Da- miani, al primo piano della casa di riposo. Un viaggio attrave rso il Novecento rispecchiato nell’esi- stenza di questo sacerdote nato un secolo fa e morto nel 1997. Prima di cominciare il lavoro pensavo di avere davanti uno dei soliti incari- chi di “sistemazio ne e catalogazio- ne”, invece mi sono accorto della grandezza della vita di questo sa- cerdote, che ha speso ogni energia per gli altri ed in particolare per la “sua” Opera. Una vita in mille ash.  Ogni mo- mento della sua vita è testimonia- to attraverso fotograe e lettere: l’immagine più antica risale ai pri- mi anni Venti, poi una serie di foto degli anni da seminarista e una busta con i ricordi di guerra. Nes- suna immagine scattata nel campo reduci e profughi di Udine, e poi una marea di scritti e fotograe relative all’Opera Padre Damiani, in particolare degli anni compre- si tra il 1946 e il 1976. I trent’an- ni più fulgidi, quelli cosparsi di migliaia di bambini, inizialmente giuliani, istriani e dalmati, poi di tutta Italia. La vocazione agli ultimi e ai gio-  vani. La oritura di padre Damia- ni come sacerdote avviene al cam- po di Udine: appena terminata la guerra don Pietro si butta a capo- tto per dare accoglienza ai reduci di guerra. Non pago di ciò, pensa ad una soluzione per dare una for- mazione corretta alla marea di or- fani di guerra ed in generale ai gli di famiglie povere. E’ il periodo più esaltante: in particolare i primi anni (1946-1952) lo vedono lotta- re tra una serie di dicoltà prima di tutto economiche e poi logisti- che. Per spiegare l’animo con cui don Pietro arontò questi primi anni, basta citare il motto anco- ra presente nella porta d’ingresso dell’Opera: “In de victoria”. Gli “amarcord” pesaresi.  Questi mesi sono stati conditi da tanti incontri con personaggi nostra- ni che hanno condiviso un tratto di cammino con don Pietro. Da don Gino Rossini, suo conden- te negli ultimi vent’anni di vita, a don Orlando Bartolucci, assisten- te dal 1969 al 1973, proseguendo con monsignor Vincenzo Catani, collegiale negli anni Cinquanta, e Vittorio Cassiani, collaboratore dal 1950 al 1980. E poi i racconti dell’ex collegiale Giovanni Bedet- ti. Tutti con un unico denomina- tore: dal carattere rude emergeva uno spirito di fanciullo, tendente all’emozione facile ma dal cuore grande e generoso. Rispolveran- do alcuni diari di padre Damiani, emerge quanto il sacerdote nei suoi ultimi anni pensasse in ma- niera continua alla sua Opera, in fase di trasformazione in casa di riposo (l’inaugurazione avven- ne poche settimane dopo la sua morte avvenuta il 2 giugno 1997). Spesso era spazientito perché ve- deva prolungarsi l’iter burocrati- co per l’inaugurazione della casa di riposo, e rievocava il coraggio avuto nel primo dopoguerra per aprire il collegio. Un’Opera che in pochi anni era cresciuta in ma- niera esponenziale, con circa un migliaio di collegiali: la dicoltà della gestione emerge dai raccon- ti di don Orlando, trovatosi come assistente, per volere del vesco-  vo Borromeo, negli anni migliori. “Senza il suo carattere non avrebbe combinato nulla”, ripete don Or- lando. Parere condiviso anche da Giovanni Bedetti, collegiale dal 1971 al 1976. “Vivere in collegio non era una passeggiata – ricorda Bedetti -, ma devo dire che mi ha formato il carattere”. Il patrimonio di “Primavera”.  Sfogliando le riviste “Primave- ra” il periodico dell’Opera ancora perfettamen te conservato in tutti i suoi numeri, dal 1949 al 1997, si nota il progredire della realtà rea- lizzata da padre Damiani e ci si stupisce per la grande partecipa- zione registrata nelle ricorrenze, in particolare nelle ricorrenze de- cennali dell’Opera, e negli anni-  versari di ordinazione sacer dotale di padre Damiani (in particolar e il 50°, nel 1988). Una vita, tante opere.  Il collegio termina l’attività nel 1977, pochi anni dopo terminerà anche la co- lonia estiva, e il sacerdote pesarese riette sul futuro alla “sua” Opera: complice l’età avanzata, comincia a preoccuparsi dell’assistenza agli anziani, e per questo negli anni Ottanta matura il progetto di tra- sformare l’ex Villaggio del Fan- ciullo in casa di riposo per anziani. Non solo: già nel 1979 aveva cedu- to un’ala della struttura per realiz- zare “La Nuova Scuola”, immagi- nando una sorta di prosecuzione del progetto educativo rivolto alle nuove generazioni. Padre Damiani muore il 2 giugno 1997 a 87 anni, a poche settimane dall’inaugu- razione della Casa di riposo a lui intitolata. In questi anni diverse sono state le proposte lanciate da amici e conoscenti, volte a perpe- tuare la memoria di questo sacer- dote, tra le quali spicca l’idea di intitolargli, appena possibile, una  via di Pe saro.  Pierpaolo Bellucci T ra le opere sociali derivate dall’Opera Padre Damiani, si distingue la casa di riposo per anziani, sorta sull’ala dell’edicio principale lungo viale Trento. Questa struttura, intitolata a don Pietro Damiani, è stata inaugurata il 13 luglio 1997 dal compianto Vescovo Gaetano Michetti. Padre Damiani aveva concluso la sua vita da al- cune settimane, il 2 giugno: sicuramente in quella giornata, dall’alto, era in prima la. Certamente, perché aveva tanto insistito anché si realizzas- se quest’opera, tanto da sollecitare i responsabili della curia, a prendere in considerazione un’opera per gli anziani. Ne parlo in proposito con mon- signor Franco Tamburini, vicario generale della Diocesi di Pesaro dal 1983 al 1998. In occasione del centenario della nascita di pa- dre Damiani, ci è sembra- to doveroso rispolverare il suo ministero sacerdo- tale. “Giunge propizia la ri- correnza del centenario, af-  finché nella nostra città ed in particolare nella nostra Chiesa locale, si rietta su questa gura di sacerdote e  sull’i ntera s ua Opera ”. Per il ruolo che ricopro  voglio portare l’attenzio- ne sulla casa di riposo. Qual è stato il ruolo di padre Damiani nella realizzazione della strut- tura? “Padre Damiani ha avuto un ruolo decisivo: la sua preoccupazione principale era che la nostra Chiesa avesse una prospettiva sociale per dare continuità alla sua iniziale opera”. In che senso? “In fondo nel dopoguerra la sua opera era nata  per dare una risposta alle necess ità dei profughi dalmati, per poi trasformarsi in collegio dando a tanta gioventù la possibilità di crescere in un am- biente idoneo per studiare e costruirsi una profes-  sione; ora – ne gli anni Otta nta – aveva intu ito la dimensione sociale dell’allungamento della vita, concludendo che era giunto il tempo di dare rispo-  ste di a ccoglienza ”. E’ vero che padre Damiani prese l’iniziativa negli anni Settanta di far redigere un progetto di casa anziani? Si, ricordo anche di averlo visto: era un progetto che comprendeva sia l’attuale casa di riposo che l’ala su viale Napoli: in pratica pen-  sava ad una grande struttu ra che avreb be potuto ospitare almeno 150 persone”. Ricorda come si arrivò alla decisione della cu- ria di realizzare la casa anziani?   Ho chiaro il ricordo di una riunione a quattro in cui parteci-  pai come vicario episc opale assieme a monsignor  Michet ti e all’ economo don Giuseppe Signore tti:  padre Damia ni auspicava di proceder e ai lavori, dando il via alla progettazione. Da parte della curia si ribadiva la dicoltà di questa impresa – erano necessari consistenti risorse economiche e  si sarebbe dovuto procede re ad alienare beni im- mobili -. Ad un certo punto, padre Damiani ci rimproverò dicendo che avremmo dovuto adarci un po’ più alla Provvidenza, come del resto aveva  fatto lui all’ inizio della sua opera. I mezzi economici  sarebbe ro arrivati dopo. Che cosa gli rispondeste? “Gli dissi: noi non siamo co- raggiosi quanto Lei”. Ricorda il ruolo avuto in proposito dal vescovo monsignor Michetti? “La  scelta della casa anziani era una sua scelta. Non si trattava di temporeggiare nei confronti di padre Damiani che premeva in  proposito . Il Vescovo vole va arrivare a q uesta rea- lizzazione, condividendo questa scelta con i suoi collaborat ori, evitando come si dice dalle nostre  parti di ‘fare il passo più lung o della gamba ’. De- cise di alienare la colonia ex Oda vincendo anche le resistenze di alcuni, e cosi prese avvio l’iter di costruzione. In conclusione come sintetizza il ricordo di pa- dre Damiani? “Il ricordo ora – a distanza di anni – è carico di riconoscenza: padre Damiani è stato un sacerdote che ha molto lottato, ha avuto una vita dicile. Non si è mai tirato indietro. Attraver-  so la sua Opera, ha lasciato alla nostra città un  patrimon io di solidarietà . Adesso è coerente fer- marsi e volgere lo sguardo indietro per riconoscere il coraggio di questo sacerdote pesarese”. Giampiero Bellucci, direttore della Casa di riposo “Padre Damiani” dal 2006 La parabola della vita tra fanciulli e anziani Monsignor Franco Tamburini  racconta uno spaccato di padre Damiani  “Progettando la trasformazione in casa di riposo, padre Damiani ci rimproverò di non darci della Provvidenza. Rispondemmo che non avevamo il suo coraggio” CRONOLOGIA DELL’OPERA PADRE DAMIANI Aprile 1945: padre Damiani inviato al campo profughi di Udine. Estate 1946: prima esperienza di colonia per bimbi istriani, giuliani e dalmati a Pesaro. 16 ottobre 1946: inaugurazione del collegio “Riccardo Zandonai” . Settembre 1949: inaugurazione del nuovo “Villaggio del fanciullo”. 1952: inaugurazione dell’edicio “La Scuola” e della palazzina sanitaria. 1956: inaugurazione del cinema-teatro capace di circa mille posti a sedere. 1961: inaugura zione della scuola di avviamento professionale e della colonia al monte Petrano. 24 luglio 1972: dona la sua opera alla Diocesi di Pesaro. 1977: termina l’esperienza del collegio annuale. Settembre 1979: comincia l’attività de “La Nuova Scuola”. Anni Ottanta: termina la colonia estiva. 15 febbraio 1995: viene perfezionata la donazione formalizzata nel 1972. Luglio 1997: inaugurazione della casa di riposo “Padre Damiani”. Con “La Nuova Scuola” il progetto prosegue Q uando nel 1977 abbiamo deciso di iniziare l’avventu- ra de “La Nuova Scuola” ab- biamo subito avvertito due neces- sità: trovare alunni e reperire locali adatti. Nella nostra città c’è sempre stato un luogo im- maginato e pensato per i ragazzi: l’Opera Pa- dre Damia- ni. Il nostro rapporto con don Pietro era nato già da alcuni anni, quando cercavamo un ambito che potesse dare la possibilità di vivere il gesto che chiamiamo “caritativa”. Fin da allora padre Damiani ci ave-  va concesso di stare con i suoi ra- gazzi per giocare con loro. E’ stato quindi naturale chiedere ospitalità a lui quando abbiamo deciso di ini- ziare “La Nuova Scuola” ed il padre ha risposto generosamente, com- prendendo bene tutte le di- coltà, so- prattutto quelle eco- nomiche, che abbia- mo dovuto affrontare. Le aule grandi e spaziose che aveva preparato per i suoi ra- gazzi sono diventate il luogo acco- gliente per i nostri e ancora oggi chi  viene a trovarci rimane particolar- mente colpito da questi grandi spazi. Gran- di spazi e una grande opera come grande era la sua gu- ra statuaria che  vedevamo pas- sare per i nostri corridoi, una presenza imponente che si intene- riva di fronte al piccolo della scuo- la materna che gli si avvicinava. La sua presenza, insieme di Lidia Con- ti, ci ha accompagnato nella nostra esperienza. I lavori di ampliamento dei locali, attualmente in corso, non possono non rimandarci a ciò che padre Damiani ha fatto per l’educa - zione dei giovani, ai quali ha dona- to tutta la vita. Le nuove aule, con la vista sul mare, e la palestra con annesso auditorium, ricavati dal teatro dell’opera, non ci sarebbero se il Padre non avesse immaginato questi spazi per i suoi ragazzi. Ci sembra ancora di vederlo quando era l’ultimo a lasciare l’edicio, si attardava a spegnere tutte le luci delle classi che puntualmente rima- nevano accese. Ai nostri occhi di giovani educatori sembrava un po’ esagerata questa premura. Adesso, quando a ne giornata siamo noi a spegnere le luci della scuola, non possiamo fare a meno di ricordare quell’uomo, quel sacerdote che ha acceso il fuoco dell’educazione e testimoniato il realismo della fede a tanti giovani. Padre Damiani ha lasciato una provocazione educati-  va che riguarda tutta la nostra cit- tà, noi abbiamo accettato di viverla come sda nella nostra vita, per questo lo ricordiamo riconoscenti.  Massimo e Valeria Aldorisio “Per noi giovani educatori sembrava esagerata la premura di padre Damiani. Oggi, quando a ne giornata siamo noi a spegnere le luci della scuola, ricordiamo quel sacerdote che ha acceso il fuoco dell’educazione” È la storia di un prete pesarese e della sua Opera, una storia esaltante, nata nel 1945, dopo gli anni furenti e rabbiosi della guer- ra. L’Europa e l’Italia uscivano da anni impastati di dolore. Cominciò così la “ricostruzione” materiale e morale e sullo sfascio di un’esistenza  violentat a qualcuno ebbe il co raggio di lavorare anche per gli altri. Uno di questi è don Pietro Damiani. Era prete da poco e don Pietro cominciò a farsi carico del dolore umano, spe- cie di quello innocente dei bambini, degli orfani e dei profughi. Nella Pesaro ancora ferita dalla guerra,  vicino al porto, un primo gruppo di bambini e di ragazzi, cominciò ad assaporare il calore di una nuo-  va famiglia. Don Pietro fece loro da madre e da padre, da maestro e da amico; insegnò loro ad amare, a spe- rare, a pregare, ad essere uomini. Da quel primo sparuto gruppo del 1946 se ne fece molta di strada. Ai bam- bini profughi dell’Istria e di Trieste si aggiunsero altre migliaia di bam- bini e ragazzi provenienti da tutta Italia. C’era ad accoglier li il volto robusto di don Pietro Damiani, che per tutti diventava “il padre”. Il volto poteva apparire a prima vista arci- gno, ma gli occhi no: erano profondi e carichi di dolcezza, specchio di un animo di fanciullo, di un innamorato, di un idealista. Anche io sono stato uno di questi bambini. Nell’ottobre 1954, a causa della mia precaria si- tuazione familiare, cominciai a far parte della grande famiglia di don Pietro. È dicile per me riassumere tutte le emozioni che custodisco ge- losamente: la scuola interna, l’enor- me refettorio, i dormitori, il grande cortile, le passeggiate lungo viale Trieste e i giochi al porto. Mi rivedo nelle vesti “tarcisiane” di noi chie- richetti. Insieme ad altri coetanei, giorno dopo giorno sono cresciuto all’ombra di questo prete ed ora mi accorgo quanto egli abbia segnato la mia vita. E intravvedo la fortuna di aver scoperto accanto a lui la mia  vocazione sacerd otale. Mi accompa- gnò egli stesso, un giorno di ottobre del 1956, nel Seminario di Pesaro, e da allora è stato sempre presente nella mia vita. Fino a che non sono diventato prete mi ha sempre stimo- lato, incoraggiato e aiutato a dare concretezza alle mie speranze. E poi ha vissuto con me gli anni del mio sacerdozio trascorsi nel lavoro par- rocchiale nella mia diocesi di San Benedetto del Tronto. Avrebbe vo- luto che io stessi con lui a Pesaro per continuare la sua Opera, ma il mio  vescovo decise diversam ente. Co- munque, per anni, mi hanno accom- pagnato le sue telefonate settimanali, alle 20.30 di ogni domenica, che per me erano ormai diventate necessa- rie come il pane. Nell’ultima telefo- nata mi disse testualmente: “Sono stanco, ma sereno, perché sento l’abbraccio di tutti voi, gli miei”. La seconda metà degli anni Settanta aveva segnato l’inizio del calvario dell’Opera Padre Damiani, come di tutte le opere assistenziali d’Italia. Il numero dei ragazzi era decresciuto e la casa era diventata troppo gran- de. Cominciarono le preoccupazioni nanziarie e don Pietro donò la sua Opera alla diocesi pesarese. Proprio poco prima di inaugurare la nuova Casa, don Pietro morì. È impossibi- le dimenticare una gura del gene- re e la comunità pesarese fa bene a gloriarsene. Grazie per la tua pater- nità sacerdotale, sobria ed austera, che ti ha procurato una folta schiera di gli. Grazie per la tua incredibi- le fede che hai saputo trasmettere. Grazie per il coraggio d’aver percor- so una strada di fatiche quotidiane e di lavoro non sempre esaltante. Gra- zie d’aver educato migliaia di ragaz- zi agli ideali forti. Grazie per la tua capacità di capire la soerenza e per la gioia che hai comunicato col tuo sorriso. Grazie per la dirittura mo- rale, l’austerità della vita e la fedeltà alla Chiesa, che ci hai insegnato ad amare come una madre. Grazie, Pa- dre. monsignor Vincenzo Catani Una storia tutta da raccontare Una fede ricca di opere “L a fede senza le opere è morta”. E’ stato senza dubbio questo il pensiero dominante che ha spinto don Pietro Damiani a farsi padre di tanti bambini profughi dal- la Venezia Giulia e dalla Dalmazia. Ed era un padre severo per le molte preoccupazioni che gli derivavano da una famiglia così numerosa. L’ordine e la disciplina rappresenta vano, per- tanto, una necessità assoluta. Il ruo- lo di cappellano militare, esercitato negli anni della giovinezza, viveva ancora profondamente in lui. Tutti i piccoli ospiti del collegio, riuniti in squadre di 30-40 elementi, doveva- no presentarsi marciando nel grande piazzale per il rito dell’alzabandiera. Mille ragazzi e più si comportavano come piccoli uomini: ciascuno do-  veva avere sempre la divisa a posto, le scarpe lucide, le ginocchia pulite, i capelli ben pettinati. Ho frequenta- to il “Villaggio del fanciullo” con una certa assiduità dal 1950 al 1980 es- sendo stato delegato diocesano aspi- ranti dell’Azione cattolica, istitutore (per un breve periodo al termine del 1953), collaboratore di alcune testa- te locali, segretario provinciale del Cabs (Centro apostolato bontà nella scuola) e presentatore delle feste per la celebrazione dell’annuale Giorna- ta della bontà, nell’ambito della qua- le venivano premiati gli alunni delle elementari resisi protagonisti di particolari episodi di cronaca bianca. Nell’ottobre del 1964 mi è stato con- ferito, dal Cabs nazionale, l’incarico di delegato provinciale con il com- pito di costituire, entro tre mesi, il centro in loco “chiamandone a farne parte persone di ineccepibili principi morali e religiosi”. Ho pensato, allora, di rivolgermi a padre Damiani che, entusiasta, ha subito accettato l’in- carico. Don Pietro aveva un aspetto imponente e, grazie al fascino della parola, riusciva a coagulare l’inte- resse di grandi e piccini. Durante le manifestazioni di un certo rilievo, dirigeva il coro suscitando forti emo- zioni ed ammirati commenti. I suoi principali collaboratori (i professor Rossi, Rocco Bacci e, soprattutto , la signorina Lidia Conti) stravedevano per lui. La Conti, in particolare, riu- sciva a giusticare ogni sua uscita fuori dalle righe. Quando il padre perdeva le stae lei, ammirata, con dolcezza sussurrava in dialetto ac- qualagnese: “Hai vist! E’ stat colt dal- la ‘materia’ propria di sant!”. Vittorio Cassiani BIOGRAFIA DI DON PIETRO CALVINO DAMIANI 1° gennaio 1910: Calvino Damiani nasce in via Mammolabella da Pietro ed Evelina Olmeda. 1918: rimane orfano di padre. 1924: raggiunge la madre a Casorate Primo, nel Milanese. 1927: muore la madre Evelina. 1932 (circa): entra in seminario, seguito paternamente da monsignor Bonaventura Porta. 4 agosto 1938: viene ordinato sacerdote. Cappellano a Santa Maria di Loreto. Gennaio 1941: è chiamato in servizio come cappellano militare in Africa settentrionale. Ottobre 1941: torna in Italia per curarsi e riprende servizio a Santa Maria di Loreto. 1944: è sfollato a Canavaccio: dopo uno scontro tra partigiani e tedeschi, questi minacciano una rappresaglia di innocenti. Si offre come vittima, ma viene risparmiato. Aprile 1945: viene richiamato come cappellano al campo profughi di Udine. 1967: riceve l’ambito premio del Circolo della Stampa di Pesaro. 1973: viene nominato monsignore. 2 giugno 1997: muore all’età di 87 anni.

Speciale per i 100 anni dalla nascita di Padre Pietro Damiani

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Speciale pubblicato sul settimanale interdiocesano "Il Nuovo Amico" (diocesi di Pesaro-Urbino-Fano) di gennaio 2010 nel quale il curatore Pierpaolo Bellucci illustra le fasi salienti della vita di padre Pietro Damiani, sacerdote della diocesi di Pesaro nato nel 1910 e morto a Pesaro nel 1997 (fondatore dell'Opera Padre Damiani per i bambini orfani di guerra e poveri).

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5/10/2018 Speciale per i 100 anni dalla nascita di Padre Pietro Damiani - slidepdf.com

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17 gennaio 2010 11Speciale 17 gennaio 201012 Speciale

Cent’anni di Padre Damiani,l’apostolo di giovani e anzianiUna vita rifessa dalle opere“Un viaggio antastico”. Così po-trei denire i quattro mesi passati,tra alterne vicende, a scartabellarenel grande ucio di padre Da-

miani, al primo piano della casadi riposo. Un viaggio attraverso ilNovecento rispecchiato nell’esi-stenza di questo sacerdote nato unsecolo a e morto nel 1997. Primadi cominciare il lavoro pensavo diavere davanti uno dei soliti incari-chi di “sistemazione e catalogazio-ne”, invece mi sono accorto dellagrandezza della vita di questo sa-cerdote, che ha speso ogni energiaper gli altri ed in particolare per la“sua” Opera.Una vita in mille fash. Ogni mo-mento della sua vita è testimonia-to attraverso otograe e lettere:l’immagine più antica risale ai pri-mi anni Venti, poi una serie di otodegli anni da seminarista e unabusta con i ricordi di guerra. Nes-suna immagine scattata nel camporeduci e proughi di Udine, e poiuna marea di scritti e otograerelative all’Opera Padre Damiani,in particolare degli anni compre-si tra il 1946 e il 1976. I trent’an-ni più ulgidi, quelli cosparsi dimigliaia di bambini, inizialmente

giuliani, istriani e dalmati, poi di

tutta Italia.La vocazione agli ultimi e ai gio-

 vani. La oritura di padre Damia-ni come sacerdote avviene al cam-

po di Udine: appena terminata laguerra don Pietro si butta a capo-tto per dare accoglienza ai reducidi guerra. Non pago di ciò, pensaad una soluzione per dare una or-mazione corretta alla marea di or-ani di guerra ed in generale ai glidi amiglie povere. E’ il periodopiù esaltante: in particolare i primianni (1946-1952) lo vedono lotta-re tra una serie di dicoltà primadi tutto economiche e poi logisti-che. Per spiegare l’animo con cuidon Pietro arontò questi primianni, basta citare il motto anco-ra presente nella porta d’ingressodell’Opera: “In de victoria”.Gli “amarcord” pesaresi. Questimesi sono stati conditi da tantiincontri con personaggi nostra-ni che hanno condiviso un trattodi cammino con don Pietro. Dadon Gino Rossini, suo conden-te negli ultimi vent’anni di vita, adon Orlando Bartolucci, assisten-te dal 1969 al 1973, proseguendocon monsignor Vincenzo Catani,collegiale negli anni Cinquanta,

e Vittorio Cassiani, collaboratore

dal 1950 al 1980. E poi i raccontidell’ex collegiale Giovanni Bedet-ti. Tutti con un unico denomina-tore: dal carattere rude emergeva

uno spirito di anciullo, tendenteall’emozione acile ma dal cuoregrande e generoso. Rispolveran-do alcuni diari di padre Damiani,emerge quanto il sacerdote neisuoi ultimi anni pensasse in ma-niera continua alla sua Opera, inase di trasormazione in casa diriposo (l’inaugurazione avven-ne poche settimane dopo la suamorte avvenuta il 2 giugno 1997).Spesso era spazientito perché ve-deva prolungarsi l’iter burocrati-co per l’inaugurazione della casadi riposo, e rievocava il coraggioavuto nel primo dopoguerra peraprire il collegio. Un’Opera chein pochi anni era cresciuta in ma-niera esponenziale, con circa unmigliaio di collegiali: la dicoltàdella gestione emerge dai raccon-ti di don Orlando, trovatosi comeassistente, per volere del vesco-

 vo Borromeo, negli anni migliori.“Senza il suo carattere non avrebbecombinato nulla”, ripete don Or-lando. Parere condiviso anche daGiovanni Bedetti, collegiale dal

1971 al 1976. “Vivere in collegio

non era una passeggiata – ricordaBedetti -, ma devo dire che mi haormato il carattere”.Il patrimonio di “Primavera”. 

Sogliando le riviste “Primave-ra” il periodico dell’Opera ancoraperettamente conservato in tuttii suoi numeri, dal 1949 al 1997, sinota il progredire della realtà rea-lizzata da padre Damiani e ci sistupisce per la grande partecipa-zione registrata nelle ricorrenze,in particolare nelle ricorrenze de-cennali dell’Opera, e negli anni-

  versari di ordinazione sacerdotaledi padre Damiani (in particolare il50°, nel 1988).Una vita, tante opere. Il collegiotermina l’attività nel 1977, pochianni dopo terminerà anche la co-lonia estiva, e il sacerdote pesareserifette sul uturo alla “sua” Opera:complice l’età avanzata, cominciaa preoccuparsi dell’assistenza aglianziani, e per questo negli anniOttanta matura il progetto di tra-sormare l’ex Villaggio del Fan-ciullo in casa di riposo per anziani.Non solo: già nel 1979 aveva cedu-to un’ala della struttura per realiz-zare “La Nuova Scuola”, immagi-nando una sorta di prosecuzione

del progetto educativo rivolto alle

nuove generazioni. Padre Damianimuore il 2 giugno 1997 a 87 anni,a poche settimane dall’inaugu-razione della Casa di riposo a luiintitolata. In questi anni diversesono state le proposte lanciate daamici e conoscenti, volte a perpe-tuare la memoria di questo sacer-dote, tra le quali spicca l’idea diintitolargli, appena possibile, una

 via di Pesaro. Pierpaolo Bellucci

Tra le opere sociali derivate dall’Opera PadreDamiani, si distingue la casa di riposo peranziani, sorta sull’ala dell’edicio principale

lungo viale Trento. Questa struttura, intitolata adon Pietro Damiani, è stata inaugurata il 13 luglio1997 dal compianto Vescovo Gaetano Michetti.Padre Damiani aveva concluso la sua vita da al-cune settimane, il 2 giugno: sicuramente in quellagiornata, dall’alto, era in prima la. Certamente,perché aveva tanto insistito anché si realizzas-se quest’opera, tanto da sollecitare i responsabilidella curia, a prendere in considerazione un’opera

per gli anziani. Ne parlo in proposito con mon-signor Franco Tamburini, vicario generale dellaDiocesi di Pesaro dal 1983 al 1998.In occasione del centenario della nascita di pa-dre Damiani, ci è sembra-to doveroso rispolverareil suo ministero sacerdo-tale. “Giunge propizia la ri-correnza del centenario, a-

  nché nella nostra città ed in particolare nella nostraChiesa locale, si rietta suquesta gura di sacerdote e

 sull’intera sua Opera”.Per il ruolo che ricopro

  voglio portare l’attenzio-ne sulla casa di riposo. Qual è stato il ruolo dipadre Damiani nella realizzazione della strut-tura? “Padre Damiani ha avuto un ruolo decisivo:la sua preoccupazione principale era che la nostraChiesa avesse una prospettiva sociale per darecontinuità alla sua iniziale opera”. In che senso? 

“In ondo nel dopoguerra la sua opera era nata  per dare una risposta alle necessità dei proughidalmati, per poi trasormarsi in collegio dando atanta gioventù la possibilità di crescere in un am-biente idoneo per studiare e costruirsi una proes-

 sione; ora – negli anni Ottanta – aveva intuito la

dimensione sociale dell’allungamento della vita,concludendo che era giunto il tempo di dare rispo-

 ste di accoglienza”.E’ vero che padre Damiani prese l’iniziativanegli anni Settanta di ar redigere un progettodi casa anziani? “Si, ricordo anche di averlo visto:era un progetto che comprendeva sia l’attuale casa

di riposo che l’ala su viale Napoli: in pratica pen- sava ad una grande struttura che avrebbe potutoospitare almeno 150 persone”.Ricorda come si arrivò alla decisione della cu-ria di realizzare la casa anziani? “  Ho chiaro il ricordo di una riunione a quattro in cui parteci-  pai come vicario episcopale assieme a monsignor   Michetti e all’economo don Giuseppe Signoretti:  padre Damiani auspicava di procedere ai lavori,dando il via alla progettazione. Da parte dellacuria si ribadiva la difcoltà di questa impresa– erano necessari consistenti risorse economiche e

  si sarebbe dovuto procedere ad alienare beni im-mobili -. Ad un certo punto, padre Damiani cirimproverò dicendo che avremmo dovuto afdarciun po’ più alla Provvidenza, come del resto aveva

  atto lui all’inizio della suaopera. I mezzi economici

  sarebbero arrivati dopo.Che cosa gli rispondeste? 

“Gli dissi: noi non siamo co-raggiosi quanto Lei”.Ricorda il ruolo avutoin proposito dal vescovomonsignor Michetti?  “La  scelta della casa anzianiera una sua scelta. Non sitrattava di temporeggiare

nei conronti di padre Damiani che premeva in  proposito. Il Vescovo voleva arrivare a questa rea-lizzazione, condividendo questa scelta con i suoicollaboratori, evitando come si dice dalle nostre

 parti di ‘are il passo più lungo della gamba’. De-cise di alienare la colonia ex Oda vincendo anchele resistenze di alcuni, e cosi prese avvio l’iter dicostruzione.In conclusione come sintetizza il ricordo di pa-dre Damiani? “Il ricordo ora – a distanza di anni– è carico di riconoscenza: padre Damiani è statoun sacerdote che ha molto lottato, ha avuto una

vita difcile. Non si è mai tirato indietro. Attraver-  so la sua Opera, ha lasciato alla nostra città un  patrimonio di solidarietà. Adesso è coerente er-marsi e volgere lo sguardo indietro per riconoscereil coraggio di questo sacerdote pesarese”.

Giampiero Bellucci, direttore dellaCasa di riposo “Padre Damiani” dal 2006 

La parabola della vitatra anciulli e anzianiMonsignor Franco Tamburini racconta uno spaccato di padre Damiani 

“Progettando la trasormazione in casa di riposo, padre 

Damiani ci rimproverò di non fdarci della Provvidenza.

Rispondemmo che nonavevamo il suo coraggio” 

CRONOLOGIA DELL’OPERA PADRE DAMIANI

Aprile 1945: padre Damiani inviato al campo proughi di Udine.Estate 1946: prima esperienza di colonia per bimbi istriani, giuliani e dalmatia Pesaro.

16 ottobre 1946: inaugurazione del collegio “Riccardo Zandonai”.Settembre 1949: inaugurazione del nuovo “Villaggio del anciullo”.1952: inaugurazione dell’edifcio “La Scuola” e della palazzina sanitaria.1956: inaugurazione del cinema-teatro capace di circa mille posti a sedere.1961: inaugurazione della scuola di avviamento proessionale e della coloniaal monte Petrano.24 luglio 1972: dona la sua opera alla Diocesi di Pesaro.1977: termina l’esperienza del collegio annuale.Settembre 1979: comincia l’attività de “La Nuova Scuola”.Anni Ottanta: termina la colonia estiva.15 ebbraio 1995: viene perezionata la donazione ormalizzata nel 1972.Luglio 1997: inaugurazione della casa di riposo “Padre Damiani”.

Con “La Nuova Scuola”il progetto prosegueQuando nel 1977 abbiamo

deciso di iniziare l’avventu-ra de “La Nuova Scuola” ab-

biamo subito avvertito due neces-sità: trovare alunni e reperire localiadatti. Nella nostra città c’è semprestato unluogo im-maginato epensato peri ragazzi:

l’Opera Pa-dre Damia-ni. Il nostror a p p o r t ocon donPietro eranato già daalcuni anni,quando cercavamo un ambito chepotesse dare la possibilità di vivereil gesto che chiamiamo “caritativa”.Fin da allora padre Damiani ci ave-

 va concesso di stare con i suoi ra-gazzi per giocare con loro. E’ statoquindi naturale chiedere ospitalitàa lui quando abbiamo deciso di ini-ziare “La Nuova Scuola” ed il padreha risposto generosamente, com-

prendendobene tuttele di-coltà, so-prattutto

quelle eco-nom ich e,che abbia-mo dovutoarontare.Le aulegrandi es p a z i o s e

che aveva preparato per i suoi ra-gazzi sono diventate il luogo acco-gliente per i nostri e ancora oggi chi

 viene a trovarci rimane particolar-

mente colpitoda questi grandispazi. Gran-di spazi e unagrande operacome grandeera la sua gu-ra statuaria che

  vedevamo pas-sare per i nostricorridoi, una

presenza imponente che si intene-riva di ronte al piccolo della scuo-la materna che gli si avvicinava. Lasua presenza, insieme di Lidia Con-ti, ci ha accompagnato nella nostraesperienza. I lavori di ampliamentodei locali, attualmente in corso, nonpossono non rimandarci a ciò chepadre Damiani ha atto per l’educa-zione dei giovani, ai quali ha dona-to tutta la vita. Le nuove aule, conla vista sul mare, e la palestra con

annesso auditorium, ricavati dalteatro dell’opera, non ci sarebberose il Padre non avesse immaginatoquesti spazi per i suoi ragazzi. Cisembra ancora di vederlo quandoera l’ultimo a lasciare l’edicio, siattardava a spegnere tutte le lucidelle classi che puntualmente rima-nevano accese. Ai nostri occhi digiovani educatori sembrava un po’esagerata questa premura. Adesso,quando a ne giornata siamo noi

a spegnere le luci della scuola, nonpossiamo are a meno di ricordarequell’uomo, quel sacerdote che haacceso il uoco dell’educazione etestimoniato il realismo della edea tanti giovani. Padre Damiani halasciato una provocazione educati-

 va che riguarda tutta la nostra cit-tà, noi abbiamo accettato di viverlacome sda nella nostra vita, perquesto lo ricordiamo riconoscenti.

 Massimo e Valeria Aldorisio

“Per noi giovani educatori sembrava esagerata la premura

di padre Damiani. Oggi,quando a fne giornata siamo

noi a spegnere le luci della scuola,ricordiamo quel sacerdote che haacceso il uoco dell’educazione” 

È la storia di un prete pesaresee della sua Opera, una storiaesaltante, nata nel 1945, dopo

gli anni urenti e rabbiosi della guer-ra. L’Europa e l’Italia uscivano daanni impastati di dolore. Cominciòcosì la “ricostruzione” materiale emorale e sullo sascio di un’esistenza

  violentata qualcuno ebbe il coraggiodi lavorare anche per gli altri. Unodi questi è don Pietro Damiani. Eraprete da poco e don Pietro cominciòa arsi carico del dolore umano, spe-cie di quello innocente dei bambini,

degli orani e dei proughi. NellaPesaro ancora erita dalla guerra,

  vicino al porto, un primo gruppodi bambini e di ragazzi, cominciòad assaporare il calore di una nuo-

 va amiglia. Don Pietro ece loro damadre e da padre, da maestro e daamico; insegnò loro ad amare, a spe-rare, a pregare, ad essere uomini. Daquel primo sparuto gruppo del 1946se ne ece molta di strada. Ai bam-bini proughi dell’Istria e di Triestesi aggiunsero altre migliaia di bam-bini e ragazzi provenienti da tuttaItalia. C’era ad accoglier li il voltorobusto di don Pietro Damiani, cheper tutti diventava “il padre”. Il voltopoteva apparire a prima vista arci-gno, ma gli occhi no: erano proondie carichi di dolcezza, specchio di unanimo di anciullo, di un innamorato,di un idealista. Anche io sono statouno di questi bambini. Nell’ottobre

1954, a causa della mia precaria si-tuazione amiliare, cominciai a arparte della grande amiglia di donPietro. È dicile per me riassumeretutte le emozioni che custodisco ge-losamente: la scuola interna, l’enor-me reettorio, i dormitori, il grandecortile, le passeggiate lungo vialeTrieste e i giochi al porto. Mi rivedonelle vesti “tarcisiane” di noi chie-richetti. Insieme ad altri coetanei,

giorno dopo giorno sono cresciutoall’ombra di questo prete ed ora miaccorgo quanto egli abbia segnatola mia vita. E intravvedo la ortunadi aver scoperto accanto a lui la mia

  vocazione sacerdotale. Mi accompa-gnò egli stesso, un giorno di ottobredel 1956, nel Seminario di Pesaro,e da allora è stato sempre presentenella mia vita. Fino a che non sonodiventato prete mi ha sempre stimo-

lato, incoraggiato e aiutato a dareconcretezza alle mie speranze. E poiha vissuto con me gli anni del miosacerdozio trascorsi nel lavoro par-rocchiale nella mia diocesi di SanBenedetto del Tronto. Avrebbe vo-luto che io stessi con lui a Pesaro percontinuare la sua Opera, ma il mio

  vescovo decise diversamente. Co-munque, per anni, mi hanno accom-pagnato le sue teleonate settimanali,

alle 20.30 di ogni domenica, che perme erano ormai diventate necessa-rie come il pane. Nell’ultima teleo-nata mi disse testualmente: “Sonostanco, ma sereno, perché sentol’abbraccio di tutti voi, gli miei”. Laseconda metà degli anni Settantaaveva segnato l’inizio del calvariodell’Opera Padre Damiani, come ditutte le opere assistenziali d’Italia. Ilnumero dei ragazzi era decresciutoe la casa era diventata troppo gran-de. Cominciarono le preoccupazioninanziarie e don Pietro donò la sua

Opera alla diocesi pesarese. Propriopoco prima di inaugurare la nuovaCasa, don Pietro morì. È impossibi-le dimenticare una gura del gene-re e la comunità pesarese a bene agloriarsene. Grazie per la tua pater-nità sacerdotale, sobria ed austera,che ti ha procurato una olta schieradi gli. Grazie per la tua incredibi-le ede che hai saputo trasmettere.Grazie per il coraggio d’aver percor-so una strada di atiche quotidiane edi lavoro non sempre esaltante. Gra-zie d’aver educato migliaia di ragaz-zi agli ideali orti. Grazie per la tuacapacità di capire la soerenza e perla gioia che hai comunicato col tuosorriso. Grazie per la dirittura mo-rale, l’austerità della vita e la edeltàalla Chiesa, che ci hai insegnato adamare come una madre. Grazie, Pa-dre.

monsignor Vincenzo Catani

Una storia tutta da raccontare

Una fede ricca di opere“La ede senza le opere è morta”.E’ stato senza dubbio questoil pensiero dominante che

ha spinto don Pietro Damiani a arsipadre di tanti bambini proughi dal-la Venezia Giulia e dalla Dalmazia.Ed era un padre severo per le moltepreoccupazioni che gli derivavano dauna amiglia così numerosa. L’ordinee la disciplina rappresentavano, per-tanto, una necessità assoluta. Il ruo-lo di cappellano militare, esercitatonegli anni della giovinezza, vivevaancora proondamente in lui. Tuttii piccoli ospiti del collegio, riuniti insquadre di 30-40 elementi, doveva-no presentarsi marciando nel grandepiazzale per il rito dell’alzabandiera.Mille ragazzi e più si comportavanocome piccoli uomini: ciascuno do-

 veva avere sempre la divisa a posto,le scarpe lucide, le ginocchia pulite,i capelli ben pettinati. Ho requenta-to il “Villaggio del anciullo” con unacerta assiduità dal 1950 al 1980 es-sendo stato delegato diocesano aspi-ranti dell’Azione cattolica, istitutore(per un breve periodo al termine del1953), collaboratore di alcune testa-te locali, segretario provinciale delCabs (Centro apostolato bontà nellascuola) e presentatore delle este per

la celebrazione dell’annuale Giorna-ta della bontà, nell’ambito della qua-le venivano premiati gli alunni delleelementari resisi protagonisti diparticolari episodi di cronaca bianca.Nell’ottobre del 1964 mi è stato con-erito, dal Cabs nazionale, l’incaricodi delegato provinciale con il com-pito di costituire, entro tre mesi, ilcentro in loco “chiamandone a arneparte persone di ineccepibili principimorali e religiosi”. Ho pensato, allora,di rivolgermi a padre Damiani che,entusiasta, ha subito accettato l’in-carico. Don Pietro aveva un aspettoimponente e, grazie al ascino dellaparola, riusciva a coagulare l’inte-resse di grandi e piccini. Durante lemaniestazioni di un certo rilievo,dirigeva il coro suscitando orti emo-zioni ed ammirati commenti. I suoiprincipali collaboratori (i proessorRossi, Rocco Bacci e, soprattutto, lasignorina Lidia Conti) stravedevanoper lui. La Conti, in particolare, riu-sciva a giusticare ogni sua uscitauori dalle righe. Quando il padreperdeva le stae lei, ammirata, condolcezza sussurrava in dialetto ac-qualagnese: “Hai vist! E’ stat colt dal-la ‘materia’ propria di sant!”.

Vittorio Cassiani

BIOGRAFIA DI DON PIETRO CALVINO DAMIANI

1° gennaio 1910: Calvino Damiani nasce in via Mammolabella da Pietro ed Evelina Olmeda.1918: rimane orano di padre.1924: raggiunge la madre a Casorate Primo, nel Milanese.1927: muore la madre Evelina.1932 (circa): entra in seminario, seguito paternamente da monsignor Bonaventura Porta.4 agosto 1938: viene ordinato sacerdote. Cappellano a Santa Maria di Loreto.Gennaio 1941: è chiamato in servizio come cappellano militare in Arica settentrionale.Ottobre 1941: torna in Italia per curarsi e riprende servizio a Santa Maria di Loreto.1944: è sollato a Canavaccio: dopo uno scontro tra partigiani e tedeschi, questi minacciano unarappresaglia di innocenti. Si ore come vittima, ma viene risparmiato.Aprile 1945: viene richiamato come cappellano al campo proughi di Udine.1967: riceve l’ambito premio del Circolo della Stampa di Pesaro.1973: viene nominato monsignore.2 giugno 1997: muore all’età di 87 anni.