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I TRASPORTI, UN PERCORSO MULTIDISCIPLINARE Saluto di apertura 7 di Roberto Bernardi Introduzione al tema 7 di Renzo Macaccaro Costruzione della rete ferroviaria italiana 9 di Laura Facchinelli L’automobile, dall’invenzione alla motorizzazione di massa 14 di Alberto Mirandola Trasporti e insediamenti abitativi: loro influenza reciproca 21 di Roberto Bernardi Sistema ferroviario italiano dell’alta velocità 26 di Carlo Verna Il controllo della navigazione aerea 31 di Carlo Pesce Il “Corridoio 5” Paneuropeo 37 di Franco Migliorini Interporto e intermodalità a Verona 44 di Raffaele Frigo Cento anni di trasporto aereo: relazioni fra aeroporto e territorio 47 di Cesare Surano Cerimonia conclusiva 51 Stazioni ferroviarie: una lettura storico-architettonica per una progettazione multidisciplinare 53 di Enzo Siviero, Piero Michieletto, Agostino Cappelli Progettare una strada nel territorio 55 di Pamela Meier Porti e waterfront: il progetto come conciliazione tra funzione ed estetica 57 di Rinio Bruttomesso L a storia NOTIZIARIO ORDINE DEGLI INGEGNERI DI VERONA E PROVINCIA 2 2004 aprile-giugno 2004 82 Periodico Trimestrale Aut. Tribunale Verona n. 565 del 7.3.1983 Direttore Responsabile Maurizio Cossato Vicedirettore Giampaolo Garavaso Comitato di Redazione Antonio Capizzi Adele Costantino Francesco Favalli Davide Gheser Giulio Giavoni Silvio Menichelli Giovanni Montresor Roberto Olivieri Mario Pagan de Paganis Andrea Panciera Roberto Penazzi Elena Pierotti Pier Giorgio Puppini Martini Claudio Sandri Ilaria Segala Alvise Zanolini Redazione 37121 Verona - Via Leoncino, 5 Tel. 045 8035959 - Fax 045 8031634 Le opinioni dei singoli autori non impe- gnano la redazione. Gli articoli possono essere modificati per esigenze di spazio con il massimo rispetto del pensiero del- l'autore. Le riproduzioni di articoli ed illu- strazioni è permessa solo previa autoriz- zazione della redazione. Stampa e pubblicità Editoriale Polis Agenzia di pubblicità a servizio completo Editoria - Marketing - Internet Negrar (VR) - Via Calcarole, 16 Tel. 045 7500211 - Fax 045 6012315 [email protected] L a tecnica oggi S peciale C onvegno G li aspetti economici A rchitettura e territorio P remio Trasporti e Cultura

Speciale Convegno NOTIZIARIO...Notiziario Ingegneri Verona 2 - 2004 5 I TRASPORTI un percorso multidisciplinare C onvegno Questo numero del Notiziario comprende gli atti del convegno

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I TRASPORTI, UN PERCORSO MULTIDISCIPLINARE

Saluto di apertura 7di Roberto Bernardi

Introduzione al tema 7di Renzo Macaccaro

Costruzione della rete ferroviaria italiana 9di Laura Facchinelli

L’automobile, dall’invenzione alla motorizzazione di massa 14di Alberto Mirandola

Trasporti e insediamenti abitativi: loro influenza reciproca 21di Roberto Bernardi

Sistema ferroviario italiano dell’alta velocità 26di Carlo Verna

Il controllo della navigazione aerea 31di Carlo Pesce

Il “Corridoio 5” Paneuropeo 37di Franco Migliorini

Interporto e intermodalità a Verona 44di Raffaele Frigo

Cento anni di trasporto aereo:relazioni fra aeroporto e territorio 47di Cesare Surano

Cerimonia conclusiva 51

Stazioni ferroviarie: una lettura storico-architettonica per una progettazione multidisciplinare 53di Enzo Siviero, Piero Michieletto, Agostino Cappelli

Progettare una strada nel territorio 55di Pamela Meier

Porti e waterfront: il progetto come conciliazionetra funzione ed estetica 57di Rinio Bruttomesso

La storia

NOTIZIARIOORDINE DEGLI INGEGNERI DI VERONA E PROVINCIA

22004

aprile-giugno 2004N° 82

Periodico TrimestraleAut. Tribunale Verona n. 565 del 7.3.1983

Direttore ResponsabileMaurizio Cossato

VicedirettoreGiampaolo Garavaso

Comitato di RedazioneAntonio Capizzi Adele Costantino Francesco Favalli Davide GheserGiulio Giavoni Silvio Menichelli Giovanni MontresorRoberto Olivieri Mario Pagan de Paganis Andrea Panciera Roberto PenazziElena Pierotti Pier Giorgio Puppini MartiniClaudio Sandri Ilaria Segala Alvise Zanolini

Redazione37121 Verona - Via Leoncino, 5Tel. 045 8035959 - Fax 045 8031634

Le opinioni dei singoli autori non impe-gnano la redazione. Gli articoli possonoessere modificati per esigenze di spaziocon il massimo rispetto del pensiero del-l'autore. Le riproduzioni di articoli ed illu-strazioni è permessa solo previa autoriz-zazione della redazione.

Stampa e pubblicità

Editoriale PolisAgenzia di pubblicità a servizio completoEditoria - Marketing - Internet

Negrar (VR) - Via Calcarole, 16Tel. 045 7500211 - Fax 045 [email protected]

La tecnica oggi

Speciale Convegno

Gli aspetti economici

Architettura e territorio

Premio Trasporti e Cultura

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I TRASPORTIun percorso multidisciplinare

Convegno

Questo numero del Notiziario comprende gli atti del convegno dal titolo I trasporti, unpercorso multidisciplinare”, che si è svolto l’11 dicembre 2003 a Palazzo Giuliariper iniziativa del Collegio degli Ingegneri e degli Architetti della provincia di Verona

in collaborazione con l’Università. Si tratta del quarto convegno dedicato ai trasporti. Il primo, L’automobile nel Veneto, risaleal 30 ottobre 2001; il secondo, Gallerie, si è svolto il 17 maggio 2002; seguiva, il 14 no-vembre dello stesso anno, L’architettura nei trasporti. Dato il taglio multidisciplinare dei lavori del recente convegno, le relazioni risultano diversetra loro non solo per argomento, ma anche per impostazione, per ampiezza, per tipologiadel corredo iconografico. I testi sono stati forniti dagli autori; alcuni interventi, presentati inPower Point o comunque in forma di commento a sequenze di immagini, sono stati suc-cessivamente rielaborati dagli autori stessi in forma di relazione; in un caso, il testo chepresentiamo è la trascrizione da registrazione di un intervento in forma discorsiva, delquale mantiene l’appassionata e coinvolgente vitalità. Nella mattinata successiva al convegno, una mattinata di dicembre gelida e nebbiosa, ungruppetto di persone ha visitato l’Interporto Quadrante Europa: con quella presa di cono-scenza doverosa e fondamentale, si concludeva la due-giorni veronese dedicata alla mul-tiforme realtà dei trasporti.

La curatrice Laura Facchinelli

Quando pensiamo ai trasporti ci poniamo, generalmente, questioni di ordine econo-mico e funzionale: i trasporti, sono, infatti, necessari per lo sviluppo delle attivitàproduttive e commerciali di un Paese, pertanto è indispensabile migliorare la rete

delle autostrade, il servizio di trasporto ferroviario, l’organizzazione dei porti. Da qualchedecennio poi ci interroghiamo, preoccupati, sulle misure da adottare per ridurre il pesanteimpatto che i trasporti, in rapido incremento, hanno sul nostro territorio e sull’aria che re-spiriamo. Meno spesso consideriamo che i trasporti sono intimamente connessi alla storia e alla cul-tura di un popolo. Nel corso dei secoli le varie modalità di trasporto hanno influenzato di-rettamente la trasformazione sociale ed economica del territorio attraversato, l’assetto ur-banistico, l’utilizzo della aree, il turismo, gli insediamenti industriali, i commerci, la vita del-la popolazione. I trasporti stessi sono storia: possiamo, infatti, delineare una storia dei trasporti e, più inparticolare, una storia di ogni modalità di trasporto. Inoltre i trasporti hanno molte connessioni con vari campi della cultura: ad esempio con l’ar-chitettura e la ricerca estetica (sipensi alle stazioni ferroviarie), conla percezione del tempo e dellospazio (mediante il fattore velocità,che influenza direttamente il ritmodi vita). Conoscere la storia dei trasportisignifica conoscere la storia delproprio territorio. Ma significa an-che inaugurare un nuovo taglioprospettico sulla letteratura, sul ci-nema, sulle arti ecc.Per tutte le ragioni sopra esposteappare utile e interessante porta-re all’attenzione non solo dei pro-fessionisti, ingegneri e architetti, ma anche degli studenti delle varie discipline, ancheumanistiche, il tema dei trasporti. Si tratta di un argomento nuovo, che riguarda l’esperien-za diretta quotidiana e che, in quanto ricco di connessioni, è in grado di educare alla com-plessità. L’approccio multidisciplinare può educare al senso critico, offrendo gli strumentiper affrontare in modo adeguato la realtà moderna.

Guida alla lettura

Premessa

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Speciale

I TRASPORTIun percorso multidisciplinare

Devo portare il saluto a nome del Magnifico Rettore Elio Mosele, che è im-pegnato a Roma. Brevemente vorrei dire che i trasporti, come indica il pro-

gramma del convegno, coinvolgono territorio, economia, insediamenti, ma so-prattutto qualità della vita. La qualità della vita non è consequenziale all’organiz-zazione del territorio, dell’economia e degli insediamenti, ma è anche il frutto diun pensiero, di un modo di essere, di una volontà di essere. Ed ecco allora cheentra in campo l’Università, un luogo di formazione, non solo di apprendimentodi fatti, fenomeni e teorie, ma anche di modi di essere. In questa logica, il Magni-fico Rettore mi ha dato mandato di portarvi un saluto e una disponibilità, una vo-lontà dell’Università di interessarsi, non solo di scienza, ma anche di fatti pratici,contingenti, cioè di continuare – e questo è il merito del presente convegno – ilrapporto dell’Università con la vita attiva della città, di tutta la regione e di tuttal’Italia. In modo che si acquisiscano metodi, modi di risolvere le problematiche;non si acquisiscano quindi solo informazioni, ma anche modi di essere e di pen-sare. Con questo augurio ai più giovani, ma anche ai meno giovani, cedo la parola alcollega Surano per dare il via ai lavori di questa giornata.

È con grande piacere che porto il saluto mio personale e del Consiglio Direttivodel Collegio Ingegneri e Architetti della provincia di Verona a tutti i presenti.

Questo è il quarto incontro sui trasporti che organizziamo qui a Verona, sempre in-sieme con l’Università, questa volta per la durata di un’intera giornata, tra l’altro conla prosecuzione di una visita tecnica nel giorno successivo. Professionisti e colleghisono sempre molto impegnati, per cui sapevamo che era abbastanza rischioso or-ganizzare per una giornata intera un convegno così importante e impegnativo, peròl’abbiamo fatto lo stesso, sia perché siamo convinti della qualità delle relazioni cheverranno presentate, anche forti delle esperienze precedenti, sia perché tutti gli in-terventi di oggi saranno ripresi in un prossimo numero del Notiziario degli Ingegneridi Verona. Riteniamo, con questo convegno, di aver fatto una cosa giusta anche nei confrontidegli studenti, perché gli argomenti che trattiamo oggi sono sicuramente molto inte-ressanti. Sono temi che in-teressano ai professionisti,agli studenti e anche agliamministratori, in quanto al-cuni argomenti riguardanola programmazione, l’impat-to ambientale e l’uso delterritorio. La giornata è stata divisa indue parti: questa mattina af-frontiamo l’argomento dalpunto di vista storico e tec-nologico; nel pomeriggiotratteremo gli aspetti econo-mici, con particolare riferi-mento alla situazione vero-nese e gli aspetti dell’impat-to ingegneristico e architet-tonico sul territorio, sempre con riferimento ai trasporti. Nel pomeriggio ci sarà anchel’assegnazione, con proclamazione dei vincitori, del Premio Trasporti & Cultura. Spetta a me ringraziare gli Enti che ci hanno concesso il patrocinio, in particolare laRegione Veneto, la Provincia di Verona, il Comune di Verona, il giornale L’Arena.Ringrazio gli sponsor, Air Dolomiti e Consorzio ZAI, sia per l’organizzazione del pre-mio che per la giornata di domani e lo sponsor ufficiale della giornata odierna, che èla Prefabbricati Cividini. Ringrazio il prof. Mosele e prego il prof. Bernardi di farsenepartecipe, per la consueta ospitalità e disponibilità. Ringrazio il prof. Surano, perchéper l’aspetto organizzativo abbiamo fatto riferimento sempre a lui, la prof.ssa Miche-la Sironi Mariotti, anche come sponsor, perché è lei che ci ospiterà domani all’Inter-porto Quadrante Europa. Cedo volentieri la parola alla dott.ssa Laura Facchinelli, che è il vero motore nel no-stro sistema organizzativo, che ringrazio per la sua disponibilità. Auguro a voi tutti unproficuo lavoro e ringrazio per averci onorati della vostra presenza.

Saluto a nome del Magnifico Rettoredell’Università di Verona Roberto Bernardi

Introduzione al tema del Presidente del Collegio Ingegneri e Architetti di VeronaRenzo Macaccaro

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Speciale

I TRASPORTIun percorso multidisciplinare

Laura Facchinelli, giornalista, direttore respons. della rivista Trasporti & Cultura

I trasporti, dopo secoli privi di sostan-ziali mutamenti, ebbero un forte impul-so nell’800. Si cominciò a programma-re il potenziamento delle strade, chedai tempi dei Romani non erano piùstate considerate all’interno di un gran-de progetto unitario: in particolare, nelnord Italia, il governo napoleonico co-struì nuove carrozzabili in collegamen-to con i Paesi confinanti e anche gli Au-striaci, sul versante nord-orientale, at-tuarono grandi interventi. Uno stimoloimportante venne dallo sviluppo delleindustrie e dei commerci e dalle nuoveinvenzioni: prima fra tutte quella delmotore funzionante a vapore, che noninfluì tanto sui trasporti stradali, ma suquelli fluviali e marittimi (nel 1807 ap-parvero i primi battelli azionati dal va-pore) e soprattutto consentì l’avvio diuna nuova era, quella della ferrovia. Il primo treno della storia venne messoin circolazione in Inghilterra: il 27 set-tembre 1825 un convoglio, trainato dauna locomotiva costruita da GeorgeStephenson, effettuò il percorso daStockton a Darlington. L’esempio del-l’Inghilterra fu seguito dagli altri Paesieuropei, che compresero subito l’im-portanza del nuovo mezzo di trasportoe le sue potenzialità. Una linea ferro-viaria venne aperta nel 1834 in Irlanda;negli anni successivi fu la volta del Bel-gio, della Germania, della Francia edella Russia, dell’Austria, dell’Olanda edell’Italia. La prima linea ferroviaria costruita nelnostro Paese fu quella da Napoli aGranatello di Portici, che venne apertaufficialmente il giorno 3 ottobre 1839.Quella linea, lunga poco più di 7 chilo-metri, era stata progettata dall’inge-gnere francese Armand Bayard de laVingtrie, con capitale pure francese ele locomotive che vennero messe incircolazione erano state costruite in In-ghilterra su progetto di Stephenson.

Prime ferrovie nell’Italia pre-unitaria

Ma la prima grande ferrovia in territorioitaliano, la prima a essere concepita al-l’interno di un ampio disegno di colle-gamenti, fu la linea da Milano a Vene-zia nel Regno Lombardo-Veneto, chefaceva parte dell’Impero d’Austria. Allafine degli anni ’30 il governo di Viennaprovvide a regolamentare le proceduredelle concessioni ferroviarie. Sulla ba-se di quelle norme vennero rilasciate,

tra le altre, le concessioni a impreseprivate per la linea Milano-Monza (cheverrà inaugurata nel 1840) e per la “Pri-vilegiata Strada Ferrata FerdinandeaLombardo-Veneta” da Milano a Vene-zia (il primo tratto, da Padova a Mar-ghera, verrà attivato nel 1841, cinqueanni più tardi verrà aperto all’esercizioil ponte sulla laguna, nel 1857 sarà per-corribile l’intera Milano-Venezia). Già nel 1841, tuttavia, una RisoluzioneSovrana deliberava la costruzione diuna grande rete ferroviaria statale percollegare le estremità più remote del-l’impero: in quell’ambito era compresoil collegamento ferroviario Venezia-Mi-lano-lago di Como, un collegamentofra la capitale, Vienna, e il porto di Trie-ste (che sarà ultimato sempre nel1857) e l’allacciamento da Venezia aTrieste (prima pensato con navigazio-ne a vapore, ma poi realizzato con laferrovia, nel 1860).Si farà un cenno sulla progettazione(affidata all’ingegnere veronese Gio-vanni Milani) e sulla costruzione dellaMilano-Venezia per comprendere qualifurono i problemi da affrontare perun’opera di nuova concezione com’erauna linea ferroviaria. Anzitutto c’era ilproblema del percorso: poiché in terri-torio italiano non esisteva alcun esem-pio, si guardò alle esperienze già com-piute all’estero. Complessivamentevennero presentate tre soluzioni: untracciato a sud (per Lodi, Cremona,Mantova, Legnago che, toccando cen-tri minori, avrebbe offerto limitate pro-spettive di traffico), un tracciato inter-medio (che analogamente avrebbe in-teressato centri minori) e un tracciato anord, più lungo, ma preferibile perchéinteressava le città principali – Brescia,

Verona, Vicenza, Padova – che eranogià allora floride per ricchezza, com-mercio e opere d’arte. La scelta di que-st’ultima soluzione lasciava prevedereun notevole movimento sia di viaggia-tori sia di merci e, dato che a Veronafaceva capo la strada dal Tirolo, itinera-rio privilegiato delle operazioni militariin Italia, il tracciato a nord rispondevaanche a esigenze di natura strategica.Così disegnata, la Milano-Venezia siprospettava come un’impresa econo-micamente molto vantaggiosa, tantopiù quando fosse stata congiunta conla linea da Genova a Torino e al lagoMaggiore da una parte e con la previ-sta Vienna-Trieste dall’altra (dalla capi-tale dell’impero si aprivano collega-menti con la Germania, la Polonia, ilmare del Nord, il Baltico e il mar Nero). La scelta del tracciato era dunque unnodo cruciale. Non meno importanteera stabilire il punto più opportuno percollocare ogni stazione, affinché ser-visse al meglio la città, ma anche il ter-ritorio circostante. Fondamentale erarisolvere bene gli aspetti tecnici dell’in-frastruttura ferroviaria: il progettista di-segnò una linea a un solo binario, mapredisposta per il doppio e disegnò treponti di grandi dimensioni (il più lungo,quello che attraversa la laguna di Ve-nezia, misura 3,5 km).Mentre in Inghilterra, in Francia e inmolti altri Stati europei si avviavanopiani organici di costruzioni ferroviarie,l’Italia – che era suddivisa in tanti pic-coli Stati - risultava molto arretrata e re-stia ad accogliere le innovazioni dellatecnica moderna e le forme più libere eaperte di iniziativa economica. In Italianell’anno 1848 esistevano poco più di300 chilometri di linee e si trattava in

Costruzione della rete ferroviaria italianaLaura Facchinelli

Prime prove della Littorina Fiat a benzina, 1933

La storia

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Speciale

I TRASPORTIun percorso multidisciplinare

genere di brevi tratti separati tra loro,come la Firenze-Empoli-Pisa: era laferrovia Leopolda, che si allacciava alporto di Livorno. Nei congressi e in molte pubblicazionisi discuteva intanto il problema ferro-viario. Nel 1841 Carlo Cattaneo sottoli-neava che le ferrovie costituivano unpoderoso strumento di pubblica e pri-vata prosperità. Il conte Carlo IlarionePetitti, fra i più convinti sostenitori dellaferrovia, nel 1845 dedicò a quel temaun’opera di 650 pagine: da quella pre-se spunto, l’anno seguente, CamilloBenso conte di Cavour. Le prime lineeerano state costruite per collegare lecapitali con luoghi di villeggiatura dei ri-spettivi sovrani –osservava lo statista–,poi le mire politiche spinsero a proget-tare linee ferroviarie in funzione delleesigenze belliche. Si doveva, invece,pensare a grandi linee interconnesse –esortava Cavour – anziché a linee pic-cole e separate, come invece si era fat-to in alcuni Stati e in particolare in To-scana. Importante era soddisfare gli in-teressi di tipo commerciale: i governidovevano preoccuparsi di collegareanzitutto le capitali con il principale por-to dello Stato e quindi Milano con Ve-nezia, Torino con Genova, Firenze conLivorno, Roma con Civitavecchia…Intanto si andava formando l’istinto po-litico degli italiani: con la continuità del-le strade ferrate si poteva, infatti, rea-lizzare l’unità almeno territoriale dellanazione. In tal modo la questione ferro-viaria, e quindi un fatto di natura princi-palmente economica, venne a inserirsinella formazione della coscienza na-zionale, durante tutto il periodo del Ri-sorgimento. Fra la prima e la seconda guerra di in-dipendenza si accelerò il ritmo dellecostruzioni ferroviarie, soprattutto nelPiemonte: in particolare venne comple-tata, nel 1854, la Torino-Alessandria-Genova, con il traforo dei Giovi ed ele-vate pendenze che comportarono lasoluzione di seri problemi tecnici e in-genti spese. Quella linea, prolungatada Alessandria verso Arona, risultò uti-le nella campagna del 1859, perchépermise la concentrazione e il rapidospostamento delle forze franco-pie-montesi prima della battaglia di Ma-genta: è, questo, il primo esempio dellastretta connessione che avrebbe sem-pre legato la ferrovia alle questioni distrategia militare e in particolare alleoperazioni belliche. Nel frattempo veniva ultimata la Pia-cenza-Bologna, che doveva collegarele linee lombardo-venete con quelle to-scane. Erano in costruzione anche al-cune linee dello Stato Pontificio comela Bologna-Ancona, la Ancona-Roma.Nel sud, invece, il governo borbonico,dopo aver costruito la prima ferrovia

della penisola, aveva ben presto inter-rotto ogni attività.Nel 1860 – alla vigilia dell’unificazionepolitica – esistevano, in territorio italia-no, 1.649 chilometri di linee in eserci-zio, più 469 chilometri nel Veneto e 80nel Lazio.

Sviluppo della rete nazionale

Alla realizzazione di un programma or-ganico di costruzioni ferroviarie si giun-se, in Italia, solo con l’unificazione politi-ca di gran parte della penisola, realizza-ta nel 1861. Si trattava di correggere lescelte fatte in passato in base alle ideeseparatiste, di collegare tra loro le pic-cole società ferroviarie creando dellerealtà più solide e più vaste, di portare acompimento le grandi linee per attirarviil commercio estero, di incoraggiare, in-fine, la costruzione delle diramazionisecondarie coinvolgendo gli interessi lo-cali. Dal 1861 al 1865 lo sforzo costruttivo funotevole. Vennero portate a terminel’importante linea Bologna-Ancona-Fog-gia, la Roma-Napoli via Cassino, la Ro-ma-Orte-Ancona, la Bologna-Firenzelungo la via di Porretta (con quest’ultimocollegamento si poteva, finalmente, evi-tare di percorrere la lunga strada chesuperava il passo della Futa, compor-tando un viaggio anche di 15 ore). Per affrontare un così cospicuo impe-gno finanziario si fece ricorso al capitaleprivato straniero e al sistema delle con-cessioni, che permetteva all’erario di di-stribuire la spesa nel corso di parecchianni. Pertanto le concessioni in vigore,una ventina, vennero conservate e cia-scuna società mantenne il proprio ordi-namento e le proprie tariffe: questocomportava, nei viaggi, notevoli compli-cazioni per gli orari e le diversità di tarif-fa. Nel marzo 1865 venne emanata la leg-ge per l’unificazione amministrativa delRegno d’Italia, fondamentale in quantosuddivideva le strade ferrate in pubbli-che e private, dettava le norme per lacostruzione e l’esercizio, le servitù lega-li, le concessioni all’industria privata e lapolizia. Fu il primo di una serie di inter-venti legislativi volti a dare un ordina-mento definito alle ferrovie italiane. Duemesi più tardi una legge prevedeva il ri-ordino e l’ampliamento delle strade fer-rate, distribuendo la rete della penisola,già in esercizio o in progetto, fra quattrograndi società:■ la “Società Ferroviaria dell’Alta Italia”,

alla quale venivano assegnate le li-nee di Piemonte, Liguria, Lombardia,Veneto e Italia centrale;

■ la “Società delle Strade Ferrate Ro-mane”, competente per le ferrovie li-vornesi, maremmane, della Toscana

centrale e romane; ■ la “Società delle Strade Ferrate meri-

dionali”; ■ infine la “Società Vittorio Emanuele”,

competente per le linee calabro-sicu-le, e la “Compagnia reale delle Ferro-vie sarde”.

Con il 1865 iniziò un ventennio che pos-siamo definire “epico”. Nei primi cinqueanni furono ultimati altri 2.000 km di fer-rovia, costruendo opere d’arte grandio-se e le principali stazioni. Col compi-mento della Porrettana si poteva anda-re in treno da Susa alla punta estremadelle Puglie. Nel 1866 la nostra rete sfiorava i 5.000km, dieci anni più tardi toccava i 7.780km. Si deve, però, ricordare che, nelfrattempo, la Germania raggiungeva i29.000 km, la Francia superava i22.000, l’Impero Austro-ungarico i17.000.Compiuta in gran parte l’ossatura ferro-viaria del paese, si diede l’assalto alleAlpi. In quegli anni venne, infatti, realiz-zato il primo grande traforo alpino, lagalleria del Moncenisio. L’impresa com-portò la costruzione di una galleria lun-ga 12.819 m con una quota massima di1.295 m e venne ultimata nel 1871. L’a-pertura della nuova linea Bussoleno-Modane modificò sensibilmente gli oraridelle ferrovie italiane e immediatamentevenne istituito un collegamento direttofra Parigi e Roma. Con la quasi contem-poranea apertura del canale di Suez(1869) anche la “Valigia delle Indie” po-teva finalmente istradarsi lungo un itine-rario più breve: Calais-Modane-Brindisiper via ferroviaria e Brindisi-Suez-Bom-bay per via marittima, passando da 100a soli 20 giorni di viaggio. Il secondo traforo, quello del Gottardo,venne aperto nel 1882 (costruito in granparte in territorio svizzero, vide però im-pegnate in gran parte le maestranze ita-liane). In quegli anni si costruirono anche im-portanti fabbricati viaggiatori (TorinoPorta Nuova, Bologna, Trieste ecc.),mentre miglioravano i mezzi di trazione,i veicoli, l’armamento. Nel 1870 Roma venne riunita all’Italia; iltrasferimento della capitale a Roma de-terminò un rilevante aumento di trafficonelle regioni centrali della penisola.Negli anni seguenti, mentre le condizio-ni di alcune società ferroviarie divenne-ro precarie sul piano finanziario e il ser-vizio si faceva più scadente, da più partisi chiese il passaggio all’esercizio diStato. La proposta in tal senso vennebocciata in Parlamento, ma si provvideal riscatto delle Ferrovie dell’Alta Italia edelle Ferrovie Romane, rispettivamentenel 1876 e nel 1879. Nello stesso anno1879 venne emanata una legge che au-torizzava a spesa di 1.260 milioni per la

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Speciale

I TRASPORTIun percorso multidisciplinare

costruzione di oltre 6.000 chilometri diferrovie secondarie e, inoltre, stabilivala parte che nella spesa avrebbe soste-nuto lo Stato e la parte assegnata alleProvince (anche per le linee di interessepuramente locale, lo Stato assicuravaun concorso nella spesa).Pertanto durante i primi decenni del Re-gno le ferrovie, pur rimanendo affidate asocietà private, ottennero cure partico-lari da parte del governo. L’interessedello Stato era dovuto alla rilevanza po-litica del fattore ferroviario: infatti l’unifi-cazione politica dell’Italia non sarebbestata compiuta senza l’unificazione geo-grafica e questa poteva realizzarsi so-prattutto ad opera delle ferrovie. L’orarioufficiale riguardava ormai, da tempo, lestrade ferrate e la navigazione dell’inte-ro Regno d’Italia.

Dal 1885 al 1905:verso l’esercizio di Stato

Abbandonato il progetto di assunzionediretta dell’esercizio ferroviario da partedello Stato, nel 1885 si provvide a riordi-nare le ferrovie italiane raccogliendole,sempre in regime di concessione, in duesole reti organiche (di circa 6.000 chilo-metri ciascuna) sviluppate in senso lon-gitudinale lungo la penisola. Una rete,sul versante adriatico, venne affidata al-la già esistente “Società Italiana per leStrade Ferrate Meridionali”, che aggiun-se al proprio nome la denominazione“Esercizio della Rete Adriatica”; l’altrarete, sul versante tirrenico, venne con-cessa in esercizio alla “Società Italianaper le strade ferrate del Mediterraneo”. Le convenzioni stipulate nel 1885 ave-vano una durata prevista di 60 anni, divi-si in tre periodi di 20, con possibilità di ri-soluzione del contratto al termine di cia-scun periodo. In tutta l’Italia le tariffe fu-rono uniformate e stabilite per legge eanche gli orari furono disposti dal Mini-stero dei Lavori Pubblici, d’intesa con lesocietà. Il traffico interno del Paese netrasse beneficio e la lieve concorrenzafra le due concessionarie contribuì a unmiglioramento del servizio. L’esperimento diede buoni risultati e sicostruirono nuove linee. Ma a partire dal1888, in coincidenza con la generale de-pressione economica, le costruzioni fer-roviarie progredirono molto lentamente,anche perché il capitale privato si rivol-geva ormai preferibilmente all’industria.Del resto la grande rete di collegamentoera ormai compiuta e restavano da rea-lizzare solo le linee del meridione, dovel’utile di esercizio era assai basso. Unimportante traguardo di quegli anni ful’introduzione dell’energia elettrica comeforza motrice, prima nei servizi tranviari(1890, Firenze-Fiesole), poi anche incampo ferroviario (la prima volta fu nel

1899 sulla Milano-Monza).Volendo descrivere la costruzione dellarete ferroviaria, con lo sviluppo dei bina-ri si intersecano altre vicende altrettantointeressanti e complesse. C’è la storiadelle stazioni e soprattutto dei fabbricativiaggiatori, che sono esempi di architet-tura. C’è la storia delle locomotive a va-pore, delle tecniche via via applicate perconferire loro maggiore potenza e velo-cità e per adattarle ai differenti percorsi.C’è la storia delle tecniche di circolazio-ne dei treni, dalla manualità dei primi de-cenni agli attuali apparati di controlloelettronici. Si potrebbe, ancora, studiarel’evoluzione delle modalità di servizio,sia per i viaggiatori che per le merci(partendo, per quest’ultime, dalle lineedi collegamento con i porti, per giungerealle attuali strutture intermodali).

Gli anni del fascismo,la rete locale

Le convenzioni entrate in vigore nel 1885vennero disdette alla prima scadenza,nel 1905. Fra le cause di quel provvedi-mento, soprattutto la constatazione chel’esercizio privato, che pure comportavaper lo Stato una spesa non indifferente,era inadeguato rispetto alle esigenze del-la popolazione e al crescente volume deitraffici. Poco a poco i vari movimenti poli-tici, influenzati anche dall’esempio di altriPaesi, si orientarono a favore della na-zionalizzazione, che venne approvatacon legge del 22 aprile 1905. Vennecreata l’”Amministrazione autonoma perl’esercizio di Stato delle ferrovie non con-cesse ad imprese private”, che inizial-mente comprese solo 10.500 km di lineama in soli due anni arrivò a 15.500.

L’avvio non fu facile, perché la nuovaazienda prendeva in carico un’organizza-zione dotata di mezzi scarsi e soprattuttoc’era il problema di amalgamare struttu-re, mezzi e personale provenienti da tredistinte organizzazioni per creare unacompagine unitaria, garantendo il regola-re funzionamento dell’insieme: ma giànel primo decennio, sotto la direzione diRiccardo Bianchi, la nuova azienda as-sunse la forma organizzativa che avreb-be mantenuto per ottant’anni. Si avviò unprogramma di costruzione di nuovi loco-motive; vennero redatti i piani regolatoridei più importanti scali nazionali; si diedeavvio a un vasto programma di elettrifica-zioni e alla costruzione delle direttissimeRoma-Napoli, Milano-Genova, Bologna-Firenze. Nel 1906 si ebbe l’apertura delSempione, il terzo grande traforo alpino,con un tunnel lungo quasi 20 km. La Grande Guerra comportò un intensopiano di potenziamento di linee e di scaliferroviari, per far fronte nel modo migliorealle operazioni militari. Nel dopoguerra,dopo la ricostruzione degli impianti dan-neggiati, si aprì un nuovo capitolo conl’assunzione del potere da parte del Fa-scismo. Il ventennio, se da un lato com-portò un’ingerenza diretta e un controllosempre più serrato dell’ambiente politicosull’amministrazione ferroviaria, portòanche un’importante azione di migliora-mento degli impianti e del materiale rota-bile: per esempio venne portata a compi-mento, dopo la direttissima Roma-Napo-li, anche la Firenze-Bologna, con unagalleria di attraversamento dell’Appenni-no lunga 18,5 km. Vennero aperte alpubblico alcune stazioni importanti (Mila-no Centrale, Firenze S. Maria Novella,Napoli Piazza Garibaldi), ma vennero co-struite anche molte stazioni medie e pic-

Stazione di Milano Centrale in costruzione

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Speciale

I TRASPORTIun percorso multidisciplinare

cole, progettate a cura del Servizio Lavo-ri centrale delle F.S., nel quale si distinsel’architetto Angiolo Mazzoni. Per stare alpasso della concorrenza dei servizi auto-mobilistici, vennero istituiti i “treni leggeri”con automotrici, che rendevano possibilifermate frequenti ed elevate velocitàcommerciali; si diede il via ai “treni popo-lari”. Vennero messe a punto e realizzatele prime automotrici elettriche. Negli anni ’30, a un secolo dall’aperturadella prima linea, le ferrovie italiane rag-giunsero un’efficienza mai conosciutaprima di allora, con un’ampiezza di16.981 km e una cospicua dotazione dimateriale rotabile (che però – si ricordi –verrà in gran parte distrutto nel corso del-la seconda guerra mondiale). In Italia, oltre alla rete (di circa 16.000km) gestita dalle FS (ora Trenitalia) esi-stono altre linee e vere e proprie piccolereti locali, per un totale che supera i3.000 km: sono gestite da società priva-te in regime di concessione, oppure so-no affidate a gestioni commissariali.Quando, nel 1905, lo Stato assunse lagestione della rete ferroviaria italiana,restarono all’industria privata un’ottanti-na di linee di interesse locale, che veni-vano definite complementari o seconda-rie. Nel 1939, alla vigilia della secondaguerra mondiale, le ferrovie esercitateda società private raggiungevano i

6.000 km. Per molte dellelinee vennero istituite ap-posite gestione commissa-riali (le linee venivano as-sunte dallo Stato, ma lagestione restava distinta).Si tratta di linee piccolissi-me, come la Udine-Civida-le, oppure di reti vaste co-me quella esercitata dallaFerrovie Nord MilanoEsercizio.Nel tempo le linee esercita-te sono diminuite, soprat-tutto a causa dello sviluppodell’autoservizio: è un pro-cesso analogo a quelloche si verificherà per la re-te nazionale.

Il treno cede il passoall’automobile

Con gli anni ’30 potrem-mo considerare quasiconclusa la fase di costru-zione delle rete ferroviariaitaliana. La ricostruzione post-belli-ca (delle linee, del mate-riale rotabile, delle stazio-ni) comportò un lavoro im-mane, da compiere il piùrapidamente possibile. Poi la costruzione, negli

anni ’50, di nuove stazioni, già pro-grammate o iniziate prima della guerra:in particolare venne ultimata, con il fab-bricato frontale, la nuova stazione diRoma Termini.Nei primi anni ’50 l’azienda ferroviariasubì una battuta d’arresto riguardo alfinanziamento di nuove opere. Nelfrattempo l’industria automobilisticaera in rapida ascesa: proprio in queglianni, infatti, prendeva avvio la motoriz-zazione di massa, incoraggiata dallancio di automobili economiche e abasso consumo. Proprio la disponibili-tà di un numero sempre maggiore diautoveicoli, che consentivano di giun-gere ovunque senza vincoli e orari ecoincidenze, fece pensare che il trenocostituisse un mezzo ormai superato.Pertanto si costruivano nuove strade eautostrade e poco a poco ferrovie mi-nori e tranvie vennero sostituite conautoservizi; inoltre si tendeva a ridurre,lungo le varie linee, il numero dellestazioni e fermate in servizio: questoperché le stazioni più distanti dai centriabitati erano considerate scomode evenivano abbandonate a favore del-l’autovettura privata. Era un processoinverso a quello che si era verificatonei primi cinquant’anni della ferrovia.Man mano che venivano chiusi i varitronchi di ferrovia, si mettevano in cir-

colazione pullman, che circolavano sulinee sempre più ramificate, per ri-spondere alle accresciute esigenzedei pendolari e del turismo. E anchenei centri urbani si passava in frettadai binari del tram ai filobus e poi agliautobus. Tale processo si fece ancorapiù rapido negli anni ’60.Negli anni ’70 la crisi petrolifera misein discussione tutto il sistema dei tra-sporti. Si cominciò a parlare in un pia-no generale dei trasporti: si avvertival’esigenza di un equilibrio fra il traspor-to pubblico e quello privato. Si consta-tava che, dei 16.000 km di rete ferro-viaria, circa 5.000 presentavano untraffico esiguo. Si cominciò a lavorare alla direttissimaRoma-Firenze, che costituiva una pe-sante strozzatura, per ottenere un si-stema a quattro binari: ma i lavori, ap-provati negli anni ’60, si concluderan-no solo nel 1992.

Gli anni recenti

Gli interventi negli anni recenti si pos-sono così sintetizzare: ■ si è provveduto (e si provvede tutto-

ra) ad ammodernare le linee, le sta-zioni, gli apparati di controllo dellacircolazione, per ottenere sicurez-za, maggior numero di treni in cir-colazione, maggiore velocità sullelinee;

■ si sono introdotte modalità di eser-cizio più economiche, in particolareconcentrando la presenza di opera-tori in un numero limitato di stazio-ni, organizzando le altre come fer-mate impresenziate;

■ analogamente, per le merci, si èpuntato sulla concentrazione delservizio in centri di smistamento estrutture intermodali gomma-rotaia(chiudendo, pertanto, gran partedegli scali merci che erano stati co-struiti, nell’800, accanto a moltestazioni viaggiatori).

Se le stazioni più piccole sono diven-tate quasi “stazioni del tram”, le sta-zioni di grandi dimensioni si stannotrasformando in veri e propri “luoghidella città”, dove le operazioni tecni-che si svolgono dietro le quinte e alviaggiatore si presentano ambienti lu-minosi, ben progettati dal punto di vi-sta architettonico (valorizzando l’edifi-cio storico, con rielaborazione deglispazi in chiave moderna).Ma tutto questo esula dal racconto: lacostruzione della rete ferroviaria ita-liana prosegue, invece, con la rete adalta velocità, che metterà l’Italia alpasso con quei paesi che prima di noihanno saputo puntare sulle grandipotenzialità della ferrovia. ■

In alto, la stazione di Torino Porta Nuova e qui sopra la costru-zione di un viadotto sulla Bologna-Firenze. Le foto che accompagnano questa relazione sono tratte dal libro “Fer-rovie italiane. Immagine del treno in 150 anni di storia”. A cura di PieroBerengo Gardin, ediz. a cura delle Ferrovie dello Stato, Roma, 1988

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Premessa

L’automobile ha costituito, probabil-mente, il ritrovato tecnologico che piùdi tutti ha contribuito a modificare leabitudini di vita e il comportamento de-gli uomini nel XX secolo. Grazie alladiffusione dell’automobile l’uomo co-mune ha potuto apprezzare la libertà dispostarsi, percorrendo distanze brevi,medie e lunghe senza sottostare a per-corsi e orari predeterminati e senza ilvincolo costituito dalla posizione di fer-mate prestabilite. L’automobile ha fattoscoprire un nuovo modo di avvicinarsial lavoro, ha introdotto la possibilità disvolgere attività altrimenti impensabili,ha dato un contributo determinante allosviluppo del turismo e all’utilizzo deltempo libero.L’imponente sviluppo della motorizza-zione ha, peraltro, causato nuovi pro-blemi: gli incidenti stradali hanno pro-vocato un grande numero di morti, in-validi e feriti; la saturazione dei percor-si stradali ha determinato una diminu-zione della velocità media dei veicoli(nonostante la sempre maggiore po-tenza dei motori) e un aumento dellafrequenza delle code e dei blocchi deltraffico, cosa che determina l’incertez-za dei tempi di percorrenza e quindiostacola la sopra citata libertà di viag-giare, costringendo l’automobilista apermanere all’interno della sua auto aldi là di quanto egli desideri o preveda;le emissioni allo scarico dei motori han-no innalzato il livello di inquinamento,specialmente nelle città; la dismissionedei veicoli ha causato lo sviluppo dimolti deturpanti “cimiteri” di auto e ca-mion e ha reso necessario lo studio diadeguati sistemi per lo smantellamentoe il riciclo dei materiali.L’uomo contemporaneo, a meno di noncambiare completamente il suo stile divita, non può fare a meno dell’automo-bile; però dev’essere consapevole didover dare il proprio contributo alla so-luzione di questi problemi, facendo unuso appropriato dell’auto e impiegan-do, quando possibile e opportuno,mezzi alternativi.Detto questo, si può affermare che lastoria dello sviluppo dell’automobile èun entusiasmante capitolo della storiadell’uomo e costituisce una delle av-venture umane più significative.

Dagli inizi alla Prima GuerraMondiale

Il motore a combustione interna, cuoredell’automobile, è l’invenzione che hareso possibile la costruzione di veicoliaventi piccolo ingombro, leggeri e velo-ci. Queste sono, infatti, le caratteristi-che vincenti del motore alternativo, chenon ha trovato validi concorrenti inquesto settore.Il motore con compressione e combu-stione interna al cilindro è la versioneche ha soppiantato tutti gli altri tentatividi realizzazione. Esso ebbe un precur-sore nell’ingegnere francese AlphonseBeau de Rochas, il quale, nel 1862,aveva esposto con lucidità i presuppo-sti teorici di questo tipo di motore; male sue idee furono ignorate per circa unventennio. Molte delle prime applica-zioni furono concepite per impieghi fis-si, cioè per l’azionamento di macchina-ri industriali. È ciò che fece, a esempio,il veronese Enrico Bernardi, professoreuniversitario a Padova, che a buon di-ritto può essere annoverato tra gli in-ventori del motore acombustione interna. Ècurioso osservare che iprimi motori sono staticostruiti nello stessoperiodo (gli ultimi duedecenni dell’ottocento)da tecnici diversi chenon comunicarono traloro: evidentemente lanuova tecnologia eraormai matura.Alle prime applicazionifisse seguirono moltopresto le applicazioniautomobilistiche. InAmerica i fratelli Char-les e Frank Duryea so-no considerati i fonda-tori dell’industria auto-mobilistica americana,con la loro prima rea-lizzazione del 1893,conservata nello Smi-thsonian Institute diWashington. Uno deiprimi esemplari della“Duryea Motor WagonCompany”, nata nel1895, si trova nel Mu-seo Henry Ford aDearborn, nel Michi-gan. La seconda vettu-ra realizzata da questaazienda vinse la primagara automobilisticad’America a Chicagonel 1895. E HenryFord, che aveva inizia-to la sua attività nel

1890, mise in produzione nel 1896un’autovettura con motore bicilindricoraffreddato ad acqua, che raggiungevai 40 km/ora. In precedenza alcuni altriinventori avevano realizzato prototipipiù o meno perfezionati.Nel frattempo, dopo le prime realizza-zioni di Bernardi e del gruppo Otto-Daimler-Maybach, Giovanni Agnelliconcepiva l’idea di fondare una sua ca-sa automobilistica: la FIAT nacque nel1899.È perciò evidente che i tempi per lanascita delle automobili erano maturie che diversi scienziati e tecnici giun-sero, nel corso di un decennio circa, aconcepire soluzioni analoghe in modoindipendente, operando in ambientisociali, tecnici ed economici assai di-versi. Occorre dire, comunque, che,mentre in Francia, Germania e StatiUniti il settore dell’automobile nell’ulti-mo decennio del secolo tendeva adassumere una dimensione industriale,in Italia l’automobile continuava a ri-manere pressoché sconosciuta, non-ostante gli sforzi di Bernardi e il na-scente interesse di Giovanni Agnelli.

Prof. Alberto Mirandola, docente Università di Padova, Ingegneria Meccanica

L’automobile,dall’invenzione alla motorizzazione di massa

Alberto Mirandola

Automobile Fiat mod. 12/16 HP, 1902 (le foto che accompagnanoquesta relazione sono tratte dal catalogo del museo dell’automobi-le Carlo Biscaretti di Ruffia di Torino)

Fiat mod. 18/24 HP, 1908

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I TRASPORTIun percorso multidisciplinare

La casa tedesca Benz, prima al mon-do, è attiva dal 1889 e dopo 10 anni,alla nascita della FIAT, produceva laduemillesima vettura; le francesi Peu-geot e Panhard sono presenti sul mer-cato dal 1891. E l’americana Ford, na-ta nel 1890, assunse rapidamentegrandi dimensioni produttive, grazieanche all’applicazione del concetto di“catena di montaggio”. La FIAT nac-que con circa 10 anni di ritardo rispet-to alle aziende citate e comunque ri-salì rapidamente la china nel primodecennio del XX secolo.Le ricerche e i prototipi di Enrico Ber-nardi si concretarono nel 1894 con lacostruzione della prima autovettura atre ruote: una posteriore motrice, dueanteriori sterzanti. Seguirono altrerealizzazioni a tre e quattro ruote neglianni successivi. Ne furono costruiti,forse, un centinaio di esemplari di di-versi modelli. Per procedere alla co-struzione di questi veicoli occorrevauna struttura industriale e commercia-le. Ma Enrico Bernardi, geniale scien-ziato, inventore e sperimentatore, nonaveva lo spirito imprenditoriale e com-merciale; perciò la produzione dellesue vetture a un certo punto si arrestò,soppiantata da quella dei più forticompetitori, in quanto l’ambiente pro-duttivo del Veneto e la mentalità stes-sa di Bernardi non si dimostraronoadatti allo sviluppo di un settore indu-striale di questo tipo.La concezione delle prime automobiliderivava dalla carrozza a cavalli, co-me risulta evidente dalla forma delleprime autovetture americane ed euro-pee. Ma dopo pochi anni, all’inizio delnovecento, già andava delineandosi lastruttura che sarebbe stata perfezio-nata in seguito: telaio con 4 ruoteuguali, motore anteriore riparato da uncofano, trasmissione alle ruote motrici(posteriori), dispositivo di riduzionemeccanica posto vicino al motore,sterzo con volante inclinato. Ben pre-sto i telai tubolari furono sostituiti daprofilati, le ruote munite di pneumatici;comparvero le carrozzerie chiuse e imotori, dapprima mono o bicilindrici,furono dotati di 4 cilindri, con valvolelaterali e con lubrificazione forzata;l’albero di trasmissione sostituì defini-tivamente la catena.Nacquero le prime gare automobilisti-che, che hanno sempre costituito unincentivo al perfezionamento tecnolo-gico delle vetture. Vale la pena di ri-cordare qualche gloria sportiva italia-na.Tra il 1898 e il 1900 le automobili Ber-nardi parteciparono a 12 gare interna-zionali, piazzandosi 7 volte al primoposto, 2 volte al secondo, 5 volte alterzo. La prima vittoria fu ottenuta dal-l’avv. Guido Ehrenfreund, coadiuvato

dal meccanico Antonio Nosadini (col-laboratore di Bernardi), sul tragitto Asti– Alessandria e ritorno; il percorso di192 km fu compiuto in 9 ore e 47 mi-nuti con la vettura attualmente espo-sta nel Museo Bernardi di Padova. Al-la gara avevano partecipato due vet-ture Bernardi, una Peugeot, una Pan-hard-Levassor, una Daimler-Carraro,una Ceviano e un’auto a vapore diAmedée Bollée.Nel 1907 venne compiuto il raid Pe-chino-Parigi, attraverso l’Asia e l’Euro-pa, su un percorso di 16.000 km, deiquali solo 4.000 potevano dirsi di verestrade. La gara fu vinta con una vettu-ra Itala dal principe Scipione Borghe-se, accompagnato dal giornalista LuigiBarzini e dal meccanico Ettore Guiz-zardi: essi impiegarono 60 giorni, arri-vando a destinazione molti giorni pri-ma degli altri concorrenti.Nel 1908 Ford lanciò il famoso Model-lo T, che diede inizio all’epoca dellavettura popolare. Le caratteristiche diquesta vettura erano la semplicità co-struttiva e di funzionamento, la legge-rezza, l’affidabilità, la potenza suffi-ciente in ogni occasione e il costo diesercizio più basso di quello delleconcorrenti: il successo fu tale che al-l’inizio degli anni ’20 la Ford T costitui-va la metà di tutte le vetture circolantinel mondo. Dal 1912 le carrozzerieabbandonarono ogni somiglianza conle vecchie carrozze, assumendo pro-gressivamente una forma propria e fu-rono ideate le ruote indipendenti esmontabili. È ancora del 1912 la na-scita di un motore Peugeot con distri-buzione bialbero e quattro valvole percilindro, avente una potenza di 20CV/litro.

Il periodo tra le due guerre

Dopo la stasi causata dalla primaguerra mondiale, la fabbricazione delleautomobili riprese vigore; le case eu-ropee cercarono di colmare il distaccorispetto ai concorrenti americani, chegià lanciavano sul mercato vetture si-lenziose e confortevoli. Le vetture eu-ropee in tale periodo avevano cilindra-te di 1.5-3 litri con potenze specifichedi 12 CV/litro a un regime di 2000-2500 giri/minuto; le auto americaneavevano cilindrate maggiori, media-mente intorno ai 4 litri. Nel 1932 nascela Fiat Balilla a tre marce, prima verautilitaria italiana: motore di 955 cm3,peso 730 kg, economica, ha un suc-cesso memorabile (41396 esemplariprodotti fino al 1934, cui seguono mo-delli via via aggiornati). Un altro suc-cesso clamoroso è quello della “Topo-lino”. La vettura europea del 1940 sipuò così sintetizzare: potenza di 25

CV/litro, regime di 3000-3500 giri /mi-nuto (reso possibile soprattutto dalladisposizione in testa delle valvole e dalperfezionamento della lubrificazione),telai in tubi con traverse o struttura aguscio, motori di media cilindrata convalvole in testa, cambi sincronizzati a3 o 4 velocità, sospensioni a ruote indi-pendenti, freni sulle 4 ruote, ammortiz-zatori idraulici, pneumatici a bassapressione, profilo aerodinamico dellacarrozzeria. Un’innovazione importan-te, dovuta alla Citroen, è la trazioneanteriore, che consente, data la man-canza dell’albero di trasmissione nel-l’abitacolo, l’abbassamento del fondoscocca e del baricentro del veicolo.

Il dopoguerra

Dopo la seconda guerra mondiale sicrea un divario notevole tra le autoamericane ed europee: le prime adot-tano motori fino a 100 CV, con carroz-zeria ampia dotata di ogni comodità(radio, riscaldamento, aria condiziona-ta), mentre le seconde sono più picco-le, leggere ed economiche. Ciò valesoprattutto per l’Italia, con le Fiat 600(1955), 500 (1957) e 1100/103 (1953),quest’ultima madre di un elevato nu-mero di varianti: sono le macchine chehanno “motorizzato” gli italiani. In Ita-lia tre case automobilistiche coprivanobuona parte della produzione, ciascu-na con la propria identità: la Fiat, convetture popolari ed economiche, l’AlfaRomeo, con auto di elevate prestazio-ni, la Lancia, con vetture dotate diclasse e comfort. I fatti più importantiche hanno caratterizzato lo sviluppodell’automobile dagli anni ’50 in poi,influendo sia sulle parti meccaniche,sia sul design, sono i seguenti:■ il boom della motorizzazione popo-

lare in Europa, che ha influenzato inmodo determinante la produzionedelle case europee;

■ il “fenomeno Mini” e la generalizza-zione della trazione anteriore, cosaperaltro avvenuta lentamente (lepiccole vetture Volkswagen e Fiatavevano motore posteriore; le autoMercedes e BMW adottano ancoralo schema classico con motore an-teriore e trazione posteriore);

■ la crisi energetica dell’inizio anni’70;

■ l’ingresso dell’elettronica;■ la legislazione sull’inquinamento

ambientale;■ la legislazione sulla sicurezza.

Passati i primi anni del dopoguerra,quando la situazione economica euro-pea era molto difficile, la produzioneautomobilistica riprende con forza.Nel 1959 viene lanciata sul mercato la

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I TRASPORTIun percorso multidisciplinare

“Mini Minor”, la vetturetta di Alec Issi-gonis “piccola fuori e grande dentro”.Con un motore di 850 cm3 da 37 CV euna lunghezza di appena 3 m, la Miniha un’abitabilità notevolissima, graziead alcune geniali innovazioni: trazioneanteriore, motore trasversale, piazza-mento delle ruote alle estremità delveicolo (cosa che consente di avereun passo ragionevole per avere unbuon controllo della tenuta di strada),sospensioni Hydralastic. La vettura ri-vela una tenuta di strada nettamentesuperiore a quella di molte concorren-ti e vince molte competizioni anchecontro vetture di grande cilindrata.Queste caratteristiche costituisconouna rivoluzione e avranno influenzasu molte altre vetture di piccole di-mensioni.

In un panorama tecnologico abba-stanza omogeneo si fanno strada al-tre auto di notevole personalità:■ la Mercedes 300 SL (1954), auto

quasi da corsa in versione stradalecon le porte ad ala di gabbiano, la li-nea estremamente bassa, la cuievoluzione porterà ad altre vetturedi prestigio;

■ la Citroen DS 19 (anno 1955), dallalinea molto personale e dalle solu-zioni tecnologiche avanzate: trazio-ne anteriore, freni a disco, sospen-sioni idropneumatiche, ecc.; la vet-tura, pur con le dimensioni ragguar-devoli, rivela una grande tenuta distrada, che la rendono adatta anchea percorsi sinuosi;

■ la Jaguar berlina (1955), dotata difascino “inglese” e in seguito rinno-vata più volte, la cui affidabilitàmeccanica non è sempre soddisfa-cente;

■ la Porsche coupé, vettura ancor og-gi di grande successo, la cui primaversione è del 1955;

■ l’Alfa Romeo Giulietta Sprint di Ber-tone (1954) e la Giulietta Spider diPininfarina (1955);

■ la Volkswagen Maggiolino, lanciatanel 1965 e rimasta in produzioneper quasi 40 anni (ultima versioneprodotta in Messico fino al 2003) ela Volkswagen Golf (prima serie nel1974), che ha avuto e continua adavere molto successo;

■ la Lancia Fulvia Coupé (1965), dallaguida piacevole e dalla notevole te-nuta di strada;

■ le berlinette sportive (Ferrari, ecc.),ovviamente irraggiungibili per lamaggior parte degli utenti.

Tra le nuove soluzioni tecnologiche ci-tiamo le bronzine a guscio sottile el’incremento del numero di diffusoridei carburatori, che tendono verso l’a-limentazione singola per ogni cilindronelle vetture sportive (l’Alfa Romeo

Giulia Ti 1600 del 1962ha un carburatore dop-pio corpo ad aperturadifferenziata; la succes-siva Giulia Super 1600dopo ha due carburatoridoppio corpo ad apertu-ra contemporanea, cioèun diffusore per cilindroe, come la Ti, due alberia camme in testa, unoper le valvole di aspira-zione, uno per quelle discarico; le sue presta-zioni sono eccellenti: 73CV/litro (SAE) a 5500giri/minuto). Le potenzespecifiche aumentano,anche per il migliora-mento delle benzine:dai 40-50 CV/litro a5000 giri/minuto della fine anni ’50 sipassa, dopo pochi anni, a 60-70 CV/li-tro a 6000-7000 giri/minuto.Vale la pena di citare anche il motoreWankel: si tratta di un motore rotativoimmesso sul mercato dalla NSU, do-po una esperienza su una vettura piùpiccola, sulla RO 80 nel 1967. L’idea èquella di eliminare le forze alterne d’i-nerzia; ma il successo sarà impeditodalla difficoltà di rispettare le normesulle emissioni a causa della formanon felice della camera di combustio-ne.Tra le auto spartane e minimali ricor-diamo la Renault R4 (1961), la Ci-troen Dyane e la precedente, intra-montabile Citroen 2 CV: nata comeidea nel 1936 con un motore di 375cm3, ma non realizzata a causa dellaguerra, fu poi riproposta nel 1954 concilindrata di 425 cm3 e raffreddamentoad aria.

Gli anni ’70 e la crisi energetica

La prima crisi energetica del 1973produce effetti importanti: l’improvvi-sa consapevolezza della scarsità del-le fonti energetiche e le successive,crescenti preoccupazioni di carattereambientale portano a un riesame del-le caratteristiche tecniche dell’auto-mobile: lo studio di motori a consumopiù contenuto, l’impiego di materialipiù leggeri e resistenti a maggioritemperature e il miglioramento aero-dinamico delle carrozzerie fanno di-minuire i consumi e le emissioni. Lecase costruttrici americane, che han-no prodotto vetture con consumi ele-vati, devono fronteggiare nuove nor-me particolarmente severe. Ma an-che le auto europee devono fare al-trettanto.Un contributo decisivo è dato dalla in-troduzione dell’elettronica nei sistemi

di accensione e di iniezione; l’anticipodi accensione, che prima era affidatoa un dispositivo di masse centrifughecon correzione sommaria a depres-sione, è ora regolato elettronicamen-te in funzione delle condizioni di mar-cia: il motore dispone, cioè, di un vero“piano quotato” dei parametri di eser-cizio in funzione del numero di giri edel carico. L’elettronica è anche im-piegata per il controllo del veicolo: si-stemi antisbandamento, ABS ed altreinnumerevoli applicazioni.Nel 1968 gli Stati Uniti introducono leprime norme anti-inquinamento; l’Eu-ropa segue con lentezza, mentre ilGiappone, che tende a esportare lesue vetture negli USA, si adegua conrapidità. Le norme, in un primo tem-po, sono fronteggiate mediante il mi-glioramento dei sistemi di combustio-ne e di messa a punto, grazie appun-to all’elettronica; ma in seguito ciònon è più sufficiente. Nascono quindii dispositivi catalizzatori, i quali richie-dono anche una rivoluzione nelle ca-ratteristiche delle benzine, dato che icatalizzatori non tollerano il piombotetraetile, che serviva per ottenere unsufficiente numero di ottano. Nasco-no quindi le benzine senza piombo.Lo sviluppo dell’elettronica nell’auto-mobile ha trasformato anche la ma-nutenzione: oggi alcune semplici ope-razioni che un tempo l’utente un po’esperto poteva anche eseguire da so-lo (sostituzione delle candele, puliziadei contatti, messa a punto della car-burazione) non sono più possibili: ilvano motore si presenta come un in-sieme di “scatole chiuse” e qualsiasioperazione richiede l’intervento diun’officina specializzata.

Il problema della sicurezza emergeprogressivamente a partire dagli anni’70; esso ha due aspetti:■ sicurezza attiva: si tratta dell’insie-

Fiat mod. 500, 1936

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me di accorgimenti atti a ridurre leprobabilità di incidente: efficienzadell’impianto frenante (freni a disco,circuito sdoppiato, ABS, ecc.), dellesospensioni, delle gomme, dellosterzo; miglioramento della visibili-tà, sistemi anti-appannamento deicristalli;

■ sicurezza passiva: è l’insieme degliaccorgimenti che riducono le con-seguenze di un incidente per i pas-seggeri: parabrezza stratificato,piantone dello sterzo collassabile,assenza di sporgenze e spigoli in-terni all’abitacolo, struttura della pe-daliera, conformazione dei sedili,poggia-testa, cinture di sicurezzacon pre-tensionatore, airbag, scoc-ca a resistenza differenziata.

Vale la pena di ricordare altri tre feno-meni:■ l’uso del cambio automatico, che è

generale negli USA, piuttosto diffu-so in alcuni paesi europei, menodiffuso in Italia, dove i guidatori pre-feriscono l’uso delle marce;

■ il diffondersi dei motori sovralimen-tati, che ha fatto aumentare moltola potenza, ma anche i consumi.Perciò si è trattato di un fenomenodi durata prevedibilmente breve peri motori a benzina (anche per lamodifica della formula relativa allapotenza fiscale), mentre è stato de-terminante per la diffusione dei mo-tori Diesel, che in tal modo riesconoa competere in prestazioni conquelli a benzina, consumando me-no a causa della natura stessa delmotore;

■ il diffondersi dei fuoristrada, dappri-ma nati per effettive esigenze dimarcia su fondi stradali difficili, poiimborghesitisi nelle finiture e negliallestimenti, fino a diventare unamoda, cioè vetture alternative aquelle tradizionali.

Prospettive di ricerca all’iniziodel nuovo millenio

Il veicoloPer quanto concerne il veicolo nel suoinsieme, si continua a lavorare sull’uti-lizzo dell’elettronica: controllo elettro-nico delle sospensioni e degli ammor-tizzatori in funzione della velocità edelle condizioni del manto stradale;sensori di prossimità per il controllodelle distanze in marcia e in parcheg-gio; introduzione di “consensi” chespezzano il vincolo rigido tra la volon-tà del guidatore e il pedale dell’accele-ratore per evitare situazioni di pericolodovute a manovre errate; sensori perl’azionamento dei tergicristalli; regola-zione automatica dei sedili; controlloautomatico della climatizzazione emolte altre cose ancora. In definitiva,l’elettronica di bordo è sempre piùorientata verso sistemi di controlloglobale del veicolo. L’idea di una mar-cia completamente automatica dellavettura è in teoria realizzabile: ma c’èil problema dell’attrezzatura delle sedistradali.

Il motorePer quanto riguarda il motore, neimotori a benzina si sta lavorando suisistemi di distribuzione (quattro val-vole per cilindro), sull’iniezione indi-retta multipoint, e diretta con pressio-ni dell’ordine di 50 bar. Le potenzespecifiche, tenendo conto delle limita-zioni dovute al controllo delle emis-sioni, dovrebbero mantenersi sui 50-60 CV/litro a 5000-5500 giri/minutoper vetture turistiche, 60-70 CV/litro a6000-6500 giri/minuto per vetturesportive, 120 CV/litro per vetturespinte.Nei motori Diesel i sistemi di iniezione“common rail” e i moderni gruppi iniet-tore-pompa consentono di controllare

elettronicamente il punto di iniezione,la dosatura e la progressione dellequantità iniettate. Nei “common rail” lepressioni stanno superando i 1500bar e così si stanno annullando le dif-ferenze rispetto ai sistemi iniettore-pompa. Le potenze specifiche sono dicirca 50 CV/litro a 4000 giri/minuto neimotori aspirati, 60-70 CV/litro a 4000giri/minuto nei motori sovralimentati.

I combustibiliSul fronte dei combustibili, o megliodelle risorse energetiche utilizzabili perl’azionamento delle automobili, si stan-no concentrando molti sforzi di ricerca.Le possibilità allo studio sono:■ il motore elettrico;■ il veicolo ibrido;■ il motore ad idrogeno;■ il motore elettrico alimentato da celle

a combustibile.

Evoluzione del parcoautomobilistico nel tempo

Si è detto all’inizio che l’automobile hamodificato, forse più di ogni altro ritro-vato tecnologico, lo stile di vita dell’uo-mo nell’ultimo secolo. Tutti noi possia-mo avere diretta percezione di questaconsiderazione. Ma analizziamo l’evo-luzione del sistema automobile neltempo in base ad alcuni semplici dati.Dalla nascita dell’automobile fino aglianni ’60 il panorama è dominato dagliStati Uniti. Nel 1960 circolavano circa100 milioni di automobili, di cui il 60-70% negli USA; il numero complessivodelle auto è salito a 200 milioni nel1970 e a 375 milioni nel 1985. In Italia ilnumero delle automobili era pari a 200mila nel 1945 (una ogni 225 abitanti),342 mila nel 1950 (una ogni 82 abitan-ti), 29.5 milioni nel 1992 (una ogni dueabitanti). Soltanto nel 1970 il numero di

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Alfa Romeo mod. 6 C 1750 T, 1929 Alfa Romeo mod. Giulietta Sprint, 1954

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auto nel resto del mondo ha raggiuntoquello degli USA. A partire da quelladata, peraltro, il numero di automobilinegli USA, per ovvie ragioni (nel 2000circolavano circa 0.7 auto per abitan-te), tende a stabilizzarsi; invece la cre-scita continua a un ritmo elevato neipaesi in via di sviluppo, man mano cheil tenore di vita vi aumenta.Oggi circolano nel mondo circa 600milioni di autovetture (una ogni 10abitanti), di cui 170 milioni negli USA,160 milioni in Europa, 33 milioni in Ita-lia (0.58 auto per abitante). I maggioriproduttori sono il Giappone (8 milionidi auto nel 1998), gli USA (5.5 milio-ni), la Germania (5.3 milioni). La pro-duzione delle auto, così come è acca-duto per gli altri prodotti industriali,tende a spostarsi progressivamentein paesi nei quali il costo del lavoro èinferiore e la tecnologia lo permette. Imaggiori produttori erano, nel passa-to, gli USA e l’Europa Occidentale; poic’è stata l’irruzione sul mercato delGiappone, quindi della Corea delSud. Ed è prevedibile che altri paesientreranno nel mercato nei prossimianni. Inoltre un numero sempre mag-giore di cittadini del terzo mondo aspi-ra a possedere un’automobile.Perciò dobbiamo porci alcune doman-de. Supponiamo, per fissare le idee,che la popolazione mondiale arrivi en-tro alcuni anni a 10 miliardi di individui

(attualmente, anno 2003, siamo oltre6 miliardi). Oggi nel mondo circolaun’auto ogni 10 persone; se si arrivas-se a un’auto ogni 2 persone (più o me-no come in Italia oggi), ciò significhe-rebbe un parco totale di 5 miliardi divetture. Questo insieme di veicoli (enon abbiamo conteggiato i camion egli autobus), allineati uno dopo l’altro,formerebbe una linea pari a circa 550volte il giro del mondo. E supponendoche ogni auto percorra 15.000 km/an-no consumando 1 litro ogni 13 km, ilconsumo complessivo, con un valoremedio di 1155 litri/auto, sarebbe di 4miliardi di tonnellate all’anno di benzi-na o gasolio. Ciò significherebbe unconsumo annuo di petrolio, dal qualebenzina e gasolio derivano con le rela-tive perdite di processo, molto supe-riore al totale dei consumi annui attua-li di petrolio per tutti gli usi (trasporti,centrali elettriche, riscaldamento, pe-trolchimica, industria).Ovviamente questi numeri non sonosostenibili, per due motivi: la scarsitàdelle risorse petrolifere e l’inquina-mento ambientale; quest’ultimo, perquanti progressi si facciano circa ilcontrollo delle emissioni, sarebbeenorme a causa del numero di veicoli(si ricordi che non abbiamo conteggia-to i camion, gli autobus, gli aerei e lenavi) e del numero di fabbriche neces-sarie per produrli e smaltirli.

Considerazioni finali

L’automobile è stata la nostra grandeamica negli ultimi 30-40 anni. Ci hareso liberi e indipendenti, ha facilitatoi nostri spostamenti per lavoro, ci hadato la gioia di scoprire nuove locali-tà, ci ha consentito di allietare il no-stro tempo libero. È diventata unmezzo sempre più sicuro, confortevo-le, piacevole da guidare. Nel futuro,però, queste sue caratteristiche ri-schiano di trasformarsi in un boome-rang, per quanto si è detto sopra.Perciò in un futuro non lontano biso-gnerà modificare radicalmente il no-stro stile di vita. Ciò vale anche per glialtri aspetti della nostra vita, non soloper i trasporti, ma questo discorso ciporterebbe troppo lontano.Ovviamente la ricerca continua a pro-porci nuove soluzioni tecniche, comeabbiamo visto, ma quando si combat-te contro i grandi numeri, i ritrovati tec-nici possono fornire contributi piutto-sto marginali. Anche l’uso dell’idroge-no, che alcuni considerano il combu-stibile del futuro, non deve trarre in in-ganno: l’idrogeno non è una fonteenergetica, perché dev’essere prodot-to separandolo dai materiali che locontengono (idrocarburi o acqua): ciòrichiede molta energia, quindi sposta ilproblema dei consumi dall’utilizzo allaproduzione del combustibile. ■

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A tutti è noto che, interessando gli am-biti dell’economia, del sociale, della de-mografia e della politica, i trasporti e gliinsediamenti abitativi sono tematiche dicompetenza della geografia in quantocoinvolgono il territorio e sono tra lorostrettamente interconnesse e interdi-pendenti. Prima di soffermarsi su con-nessioni e dipendenze tra centri abitati,strutture viarie e trasporti occorre alloraun breve cenno su dette due realtà,frutto delle primarie necessità degli uo-mini di abitare e di relazionare.I centri abitati crescono e si sviluppanoin ragione del sito e della posizione cheli rapportano positivamente all’ambien-te fisico più o meno favorevole, al terri-torio da essi coordinato, agli altri centri.Per ciò che concerne l’ambiente fisicole logiche di insediamento dei centriabitativi sono mutate nel tempo; nellontano passato furono privilegiate lelocalità sommitali utili ai fini difensivi,ben presto nella scelta della localizza-zione ebbero però grande importanzaquei luoghi che consentivano e favori-vano i contatti. Si svilupparono pertantoi centri marittimi, fluviali, di sbocco divalle, di incrocio tra le grandi vie natura-li di collegamento.Si può allora dire che anche nel passa-to vi sia stato uno stretto rapporto dellecittà e del loro sviluppo con le possibili-tà di collegamenti cioè coi trasporti, itraffici di merci e persone.Non solo quindi l’ambiente fisico ha gio-cato, e gioca tuttora, un ruolo importan-te, ma anche le infrastrutture viarie ter-restri e acquee che gli uomini hannosaputo utilizzare e creare. Ne sono esempio i Romani che hannogestito l’impero grazie all’organizzazio-ne del territorio dovuta principalmentealla rete delle città da loro fondate inluoghi opportuni rispetto alle condizionifisiche, del popolamento e, soprattutto,della rete viaria da essi tracciata e man-tenuta attiva.Una volta sorto, in ragione dei più varimotivi (bellici, politici, amministrativi,ecc.), il centro abitato ha dato vita a unrapporto col suo territorio sempre sim-biotico, ma che col tempo è andato mu-tando, passando da un rapporto di do-minio a un rapporto di collaborazione.Quando la città viveva del suo territorio,cioè quando la popolazione utilizzavaper vivere quasi esclusivamente le pro-duzioni agricole del suo intorno e incambio dava ad esso la protezione mili-

tare nei momenti di invasione delle or-de nemiche, vi era una città “murata”che non necessitava di grandi vie di co-municazione in quanto i traffici eranouna realtà locale, lenta e facilmenteprogrammabile. È questa la fase delrapporto di dominio della città sul terri-torio; una fase verificatasi non solo nellontano passato, un passato che in al-cune civiltà aveva visto prender vita an-che rapporti di collaborazione tra le cittàe i territori. Dimostrano ciò i Romani iquali, grazie alle strade e ai traffici, dif-fusero la loro civiltà divenendo il veroprimo popolo vocato alla globalizzazio-ne. Ma esempio di un rapporto di domi-nio tra città e loro territorio è dato so-prattutto dal medioevo, un periodo nelquale traffici e reti viarie erano assolu-tamente modesti e le città coi loro pic-coli territori in diretta sudditanza risulta-vano “isole” separate da vaste aree ditutti e di nessuno.Col crescere della tecnologia, della cul-

tura e delle attività produttive che han-no portato le città a essere i luoghi dimaggior insediamento della popolazio-ne (urbanesimo) e la non città a esserenon solo l’area delle produzioni del set-tore primario, bensì una realtà capacedi autogestirsi (urbanizzazione) acco-gliendo anche attività un tempo propriedelle città (decentramento), si è giuntitra città e campagna a un rapporto dicollaborazione.Un rapporto che non può esistere senon vi sono infrastrutture di collega-mento, in primis viarie e di trasporto,che favoriscano i traffici e i contatti. Il rapporto città – territorio in ragionedella distanza economica è evidenziatodalla antica, ma tuttora almeno didatti-camente utile teoria di Von Thünen(1783-1850).Si giunge così a dover valutare non so-lo il rapporto tra città e territorio, bensìanche quello città – città. Si parla per-tanto di reti viarie e di sistemi urbani;

Prof. Roberto Bernardi, docente di Geografia, Università di Verona

Trasporti e insediamentiabitativi: loro influenzareciproca

Roberto Bernardi

Foto aerea del ponte sul Po della A1, fra Groppello Cairoli e Casei Gerola.Le foto che accompagnano questa relazione sono tratte dal libro “I trasporti in Italia, storia e futuro”, acura di Filiberto Dani, edito a cura di SARIN, Pomezia, 1987

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I TRASPORTIun percorso multidisciplinare

due realtà queste (il primo termine indi-ca possibilità di rapporti più o meno ge-nerici; il secondo di rapporti razionaliz-zati sulla base di un programma e diuna volontà politica), che pur diverseda regione a regione, dimostrano chetra le città e tra queste e i territori esi-stono, esistevano e dovranno esisterecollegamenti atti a vitalizzare l’insiemeterritoriale.A nessuno sfugge che tra i centri abitativi sono rapporti gerarchici (teoria delrango – dimensione; teoria delle localitàcentrali o del Christaller; teoria dell’ef-fetto città o del Grigg) che devono co-stantemente essere gestiti affinché nonsi generino vessazioni che inibiscano losviluppo delle città più piccole o ecces-sive dilatazioni delle maggiori (effettometropoli) e che detti rapporti devonotendere invece a generare megalopoli,realtà territoriali queste ove non si veri-fichi il soffocamento e l’inglobamentodelle aree più deboli, costituite nellospecifico, dai centri minori e dalle aree

rurali.Per far ciò è allora necessario curare levie e i mezzi di comunicazione atti a fa-vorire i trasporti e la circolazione di uo-mini e merci nonché la più opportunalocalizzazione delle attività produttive. Deve essere così creata una rete viariacompleta e funzionale nelle sue compo-nenti (ferroviaria e stradale, acquea,aerea) capace di schiudere l’ambientenaturale alla valorizzazione economica,un sistema viario cioè che con la fittez-za e il livello funzionale delle comunica-zioni materializzi il grado di controllodelle società umane sul territorio. Ed ècosì che i paesi e i territori più evolutihanno la gamma completa della retedelle comunicazioni, utili non solo comevie per i trasporti, ma anche come fattodi gestione dei territori e di servizio allepopolazioni (esiste invero anche unavalenza di dominio politico: elevata perferrovie, autostrade, vie aeree e idriche,ove le entrate e le uscite dei mezzi so-no scelte del potere). Si può facilmenteverificare che i paesi più arretrati nonpossiedono la gamma completa dei si-stemi di trasporto (si pensi ai paesi afri-cani) e che anche nei paesi evoluti learee più sviluppate sono quelle ove lastruttura viaria si articola su tutti tipi e isistemi di trasporto.Grande attenzione deve però essereposta a non eccedere nella presenza diinfrastrutture viarie e di traffici in quantosempre si instaura una dissociazionetra la realtà della struttura di trasporto equella delle zone limitrofe. Ancora unavolta è un problema di equilibri! I geo-grafi affermano, a ragione, che le dise-conomie economiche, sociali e territo-riali si verificano quando l’uomo incidecon realizzazioni carenti, eccessive odiverse rispetto a quelle che sono le ne-cessità e le possibilità dei luoghi. Le reti viarie devono sì avere una pre-senza e una gerarchia, ma commisura-ta alle funzioni, ai traffici che le percor-

rono e all’importanza dei centri collega-ti: si deve infatti sempre ricordare che larete viaria e i traffici che in essa si svol-gono introducono nello spazio una fortepolarizzazione lineare e nodi di vario li-vello funzionale, i quali possono essereuna realtà positiva ma anche negativaper i territori e i centri abitati.Esempio di una realtà che può provo-care notevoli modifiche territoriali èquello dei trasporti intermodali che dan-no vita agli interporti, complessi organi-ci di strutture integrate e di servizi fina-lizzati allo scambio di merci tra diversemodalità di trasporto (scalo ferroviarioper treni in collegamento con porti, ae-roporti e grande viabilità stradale).Per valutare se una rete di trasporti èconsona va fatto riferimento alla suadensità territoriale (km. di rete per 1000kmq di superficie) e a quella rispetto al-la popolazione (km. di rete per 1000abitanti) nonché al suo indice di connet-tività (rapporto tra numero di segmentie nodi della rete) e alla accessibilità deisuoi nodi dovuta alla somma del nume-ro minimo di segmenti tra un nodo e tut-ti gli altri. Si potranno così valutare nonsolo le tipologie delle reti (a forma di al-bero, a ventaglio, ad anello) bensì an-che se queste sono squilibrate per ec-cesso, per difetto o per diversità rispet-to alle potenzialità dei territori.Trasporti, rete viaria, insediamenti abita-tivi, territorio sono realtà strettamente in-terconnesse; il decadimento o lo svilup-po di una si ripercuote sul decadimentoo lo sviluppo delle altre (un positivoesempio è dato dal Veneto, ove città,territorio, rete viaria e trasporti hannoraggiunto un buon livello e una sufficien-te armonia); i traffici e le città non sonoperò un fatto spontaneo, vanno gestiticon preventivi studi interdisciplinari e op-portuni programmi di attuazione.È questo un modesto suggerimento apolitici, amministratori e tecnici-pro-gettisti. ■

Ferrovie e strade nella val Polcevera, Genova

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Il sistema ferroviarioitaliano dell’alta velocitàCarlo Verna

Come noto, il sistema dei trasporti inItalia è fortemente squilibrato in favoredella rete stradale e autostradale conevidenti costi ambientali, sociali edeconomici: traffico elevato, inquina-mento, alta incidentalità, penalizzazio-ne del sistema produttivo e distributivo.

Passeggeri MerciStrada 92,7 % 65,00 %Ferrovia 5,44 % 10,74 %Vie d’acqua 0,43 % 19,10 %Navigaz.aerea 1,035 % 0,01 %Fonte: Conto Nazionale Trasporti anno 2001

Migliorare e potenziare l’attuale servi-zio ferroviario, attraverso la realizza-zione di nuove linee ferroviarie, è quin-di un obiettivo essenziale per ridise-gnare e riequilibrare il sistema dei tra-sporti italiano e contribuire a indirizzar-lo verso una maggiore sostenibilità am-bientale, soprattutto in considerazionedelle previsioni sulla mobilità proiettateal 2010.

In Europa negli ultimi venti anni il mer-cato della mobilità dei passeggeri edelle merci è più che raddoppiato: trasporto passeggeri +120%trasporto merci +100%

All’orizzonte del 2010 è previsto un ul-teriore aumento:trasporto passeggeri +24% trasporto merci +38% In assenza di interventi infrastrutturalil’aumento sarà assorbito al 50% dallastrada.La politica dei trasporti europea, dise-gnata nel Libro Bianco 2001 (Europeantransport policy for 2010: time to deci-de), si pone come obiettivo di fondo ilcontenimento dei trasporti su strada at-traverso:■ la realizzazione di una migliore con-

nessione tra i diversi sistemi di tra-sporto;

■ la rivitalizzazione delle ferrovie conl’apertura graduale al mercato euro-peo, l’ aumento degli standard di si-curezza, di qualità e di prestazioniambientali e la realizzazione di nuo-ve infrastrutture.

Per il rilancio del trasporto ferroviariodal 1990 l’Europa ha pianificato la rea-lizzazione, entro il 2010, della rete fer-roviaria ad Alta Velocità da espandereulteriormente con orizzonte 2020.

Le linee veloci in Italia si svilupperanno

lungo due direttrici principali:■ una longitudinale nord-sud che colle-

ga Napoli a Milano e si protende ver-so il Nord Europa - attraverso i vali-chi - e verso la Sicilia;

■ una trasversale ovest-est che legaTorino a Venezia attraverso la Pianu-ra Padana completandosi con labretella di collegamento verso il por-to di Genova e con i collegamenti in-ternazionali Torino-Lione fino a Li-sbona ad ovest e Venezia-Trieste-Lubiana-Kiev verso est.

Le linee veloci italiane sono realizzateda: ■ RFI, la società del Gruppo FS che

gestisce l’intera infrastruttura ferro-viaria italiana. Le attività di RFI sonodedicate al potenziamento infrastrut-turale sulle principali direttrici, nel si-stema dei valichi e nei nodi metropo-litani, oltre che sulle nuove lineeAV/AC (Torino-Lione, prolungamentoverso sud della Milano-Napoli) e nel-la realizzazione delle nuove stazioni.

■ TAV S.p.a., la società concessionariadi RFI per la progettazione e la rea-lizzazione delle nuove linee veloci traTorino e Padova, Milano e Napoli etra Genova e la rete padana.

Per raggiungere l’obiettivo del riequili-brio modale del sistema di trasporto ela riduzione del suo costo ambientale,le linee veloci sono realizzate in mododa garantire:■ la stretta integrazione con le linee esi-

stenti mediante le interconnessioni;

■ la piena integrazione con la rete A.V.europea tramite standard tecnologicie con lo sviluppo delle direttrici deivalichi;

■ il miglior inserimento ambientale;■ la migliore mobilità nelle aree metro-

politane mediante il potenziamento ela riorganizzazione dei nodi ferroviari;

■ l’aumento dell’offerta e dell’efficienzadei servizi sia per i passeggeri cheper le merci.

Le linee veloci Tav, tra TO-PD e MI-NAsi svilupperanno per oltre 1.100 km eattraverseranno il territorio di oltre 200comuni di diverse dimensioni, diversadensità abitativa, diverse caratteristi-che di sviluppo. Ma tutti con un patri-monio ugualmente ricco di beni artisti-ci e ambientali.

Costruire, in questo territorio, una nuo-va infrastruttura vuol dire affrontare erisolvere problematiche di altissimo in-dice tecnico innescando un meccani-smo di attenzione verso l’ambiente, siaesso naturale o storico-artistico, i cuivalori di salvaguardia, riqualificazione,recupero diventano prioritari già dalleprime fasi del progetto.

Sul totale degli investimenti allocati perle linee TO-MI-NA al 2001 il 20% è de-stinato a interventi per l’inserimento so-cio-ambientale delle linee, di cui: ■ 11,5% per misure strettamente am-

bientali (attività di monitoraggio, miti-gazione di impatto durante la costru-zione, prevenzione del rumore e del-

Dr. Carlo Verna, TAV

La tecnica oggi

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le vibrazioni, eventuali varianti);■ 8,5% per misure di integrazione so-

cio-territoriale (archeologia, viabilità,altre misure di mitigazione socio-ter-ritoriale).

Standard tecnici linee AV/AC

Tipo di esercizio:misto passeggeri/merci

Velocità massima: 300 km/h

Raggio minimo curvatura: 5.450 m

Pendenza massima: 18‰ (ecc. 21‰)

Scartamento: 1,435 m

Carico max per asse: 25.0 t

Interasse binari: 5 m (ecc. 4,5 m)

Sezioni gallerie: 82 m2

Tipo di alimentazione:25 kV c.a.(50 Hz)/3kV c.c.

Sistema di segnalamento: ERTMS livello 2

Frequenza massima di esercizio: 5’

Il sistema di distanziamento ecomando/controllo dei treni

Tra le prime in Europa, l’Italia adotteràsulle nuove linee AV/AC, l’ERTMS (Eu-ropean Rail Traffic ManagementSystem), il nuovo sistema di comandocontrollo e distanziamento dei treniideato a livello europeo per garantirel’interoperabilità ferroviaria. Tutte le linee AV/AC in Italia sarannoattrezzate con il sistema di distanzia-mento via radio ERTMS livello 2.L’ERTMS livello 2 utilizza il sistemaGSM Railway tramite il quale i segnalitrasmessi da terra, sotto la supervisio-ne del macchinista, vengono recepitidirettamente dalle apparecchiature dibordo e tradotti in istruzioni di circola-zione, distanziamento, frenata.Il sistema è caratterizzato da un’appa-recchiatura centrale (Radio Block Cen-tre) che trasmette via radio con conti-nuità a ciascun treno la velocità da ri-spettare in funzione sia della marciadei treni che lo precedono sia dei vin-coli imposti dal tracciato o da eventualirallentamenti temporanei. Nello stessotempo il treno invia la sua posizione alposto centrale.

Le linee AV e la sicurezza ingalleria

I progetti delle nuove linee Alta Velocitàprevedono per tutte le gallerie di lun-ghezza superiore ai 2 Km la sezione adoppia canna che permette un’elevatasicurezza intrinseca a prescindere cioèdalla tipologia e dalle caratteristichedell’impiantistica tecnologica.Con la separazione fisica delle vie dicorsa si riducono le possibilità di acca-dimento degli incidenti, se ne limitanole eventuali conseguenze e si agevola-no gli interventi di soccorso tecnico esanitario.Lungo le gallerie sono previsti marcia-piedi di 1,5 m di larghezza per l’allonta-namento dei passeggeri dal luogo del-l’incidente e l’istradamento verso leuscite.I collegamenti, predisposti con passocostante fra le due canne, sono dimen-sionati per contenere provvisoriamentecirca 300 persone (sezione libera mini-ma: 1,2 m x 2,2 m) e costituisconoun’area di transito protetta.Nei bypass è previsto un sistema dicompartimentazione con doppie porteREI e un impianto di sovrapressioneper impedire il passaggio dei fumi dauna canna all’altra.Nelle gallerie artificiali in luogo dei

bypass sono previste vie di esodo/ac-cesso ogni 250 m dai marciapiedi late-rali all’esterno.Sono previsti inoltre specifici impianti disicurezza:■ impianto idrico antincendio in galleria

(vasche di accumulo nei piazzali diemergenza e idranti ogni 250 m);

■ impianto di controllo fumi nelle fine-stre (sistema di ventilazione);

■ impianto di pressurizzazione/ ricam-bio aria nei bypass (garantisce unasoprapressione rispetto alla galleria);

■ impianto di illuminazione e forza mo-trice, di comunicazione (GSM) e disecurity (per sorvegliare gli imbocchidelle gallerie e delle finestre);

■ segnaletica di emergenza (cartelliper individuazione uscite, localizza-zione attrezzature di emergenza,cartelli per attrezzature antincendio).

Le finestre

Le finestre di accesso alle gallerie, uti-lizzate nelle fasi di scavi, rappresenta-no rapide vie di fuga in condizioni diemergenza.Le finestre sono carrabili fino all’inter-sezione con la galleria ferroviaria incorrispondenza della quale è previstaun’area di manovra per i mezzi di soc-

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Speciale

I TRASPORTIun percorso multidisciplinare

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Speciale

I TRASPORTIun percorso multidisciplinare

corso e la predisposizione di piani a ra-so per posizionare sui binari i mezzi bi-modali dei VV.FF.In corrispondenza delle finestre, comedegli imbocchi, saranno predispostipiazzali di emergenza (500 m2) colle-gati alla viabilità ordinaria e ove possi-bile piazzole per atterraggio elicotteri.

L’avanzamento delle linee veloci

Ad oggi le linee Torino-Milano e Mila-no-Napoli, già approvate, sono tutte infase di costruzione. I lavori sulla Roma-Napoli hanno raggiunto un avanza-mento del 90%, pari a 3.135 milioni ;la Firenze-Bologna è al 73%, pari a2.387 milioni ; la Milano-Bologna è al38%, pari a 1.186 milioni ; la Torino-Novara al 43% pari a 1.870 milioni .La Roma-Napoli entrerà in esercizio apartire dal 2005; sempre nel 2005, intempo utile per le Olimpiadi invernalidel 2006, entrerà in esercizio la Milano-Novara; la Milano-Bologna e la Firen-ze-Bologna saranno attivate nel 2007 ela Novara-Milano nel 2008.Per quanto riguarda le linee Milano-Genova e Milano-Verona i progetti pre-liminari sono stati approvati dal CIPE.

Lavori in corso

630 km in costruzione tra Torino,Milanoe Napoli:

■ 140 km di nuove gallerie di linea;■ 490 km di nuovi viadotti, ponti, trin-

cee e rilevati;■ 15 Km di interconnessioni;■ 254 km in corso di adeguamento del-

la Direttissima Roma-Firenze;■ circa 240 km in approvazione tra Mi-

lano-Verona- Padova e Terzo Valicodei Giovi.

La linea veloce Milano-Verona

La linea si sviluppa per 112 km - 7 deiquali su ponti e viadotti e 17 in gallerienaturali e artificiali - attraverso il terri-torio di 31 comuni in Lombardia e 4 inVeneto. Per limitare tagli sul territorio iltracciato previsto dal progetto prelimi-nare corre quanto più possibile in af-fiancamento a infrastrutture esistenti opianificate:■ futura autostrada Milano-Bergamo-

Brescia;■ futura tangenziale autostradale a

sud di Brescia nel tratto Travagliato-Castendolo;

■ attuale sedime dell’autostrada A4Brescia-Padova nel tratto Calcinato-Sona;

■ attuale tracciato della linea ferrovia-ria esistente Brescia-Verona, neltratto Desenzano-Verona.

Il progetto preliminare prevede il colle-gamento della nuova linea alla reteesistente con interconnessioni per untotale di circa 21 km:

■ interconnessione Treviglio est;■ interconnessione Brescia ovest;■ interconnessione Brescia est;■ interconnessione merci a Verona.

Il nodo ferroviario di Verona

Il progetto preliminare individua untracciato che vede le linee veloci attra-versare la città in stretto affiancamen-to alla linea storica. La stazione diPorta Nuova sarà servita direttamentedalla nuova linea.In relazione ai futuri sviluppi del traffi-co merci derivanti dal potenziamentodell’asse Brennero si è prevista l’e-ventualità di realizzare una cinturamerci che dal Quadrante Europa aggi-ri la zona sud della città e, affiancan-dosi all’A4, si ricongiunga alle nuovelinee fuori dai confini comunali a S.Martino Buonalbergo. In particolare a Verona est si prevedeun collegamento che permetterà aitreni merci provenienti da Milano dal-la linea storica e dalla nuova linea diaccedere al Quadrante Europa e/o al-la direttrice per il Brennero senza in-terferire con le altre funzioni dell’im-pianto ferroviario.L’intervento di penetrazione AV/AC nelNodo di Verona consente di dare com-pletamento alla linea AV/AC Milano-Venezia. Il tracciato della linea AV/AC si svilup-pa, per circa 10 km, in affiancamentoalla attuale linea ferroviaria e quindiimpegna, quasi esclusivamente, areeferroviarie con attraversamento dellestazioni di Verona Porta Nuova e Ve-rona Porta Vescovo.

La linea veloce Verona-Padova

La linea si sviluppa per 76,5 km – 36dei quali in affiancamento a infrastrut-ture esistenti – interessando le provin-ce di Verona, Vicenza e Padova.Nel tratto iniziale corre in affiancamen-to alla linea storica MI-VE.Nel comune di S.Martino Buon Albergosegue il tracciato della bretella di rac-cordo tra la A4 e la SS11, per svilup-parsi in un corridoio libero sino all’abi-tato di S.Bonifacio da dove si affiancanuovamente alla linea ferroviaria esi-stente.A metà tracciato, dopo l’interconnes-sione di Vicenza ovest, la linea proce-de in affiancamento a sud della A4 si-no al Km 57 circa dove sovrappassal’autostrada e si riaccosta alla lineastorica sino alla stazione di PadovaCentrale.A fine tracciato è previsto il collega-mento merci di Padova, connesso allalinea Padova-Bassano.

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I TRASPORTIun percorso multidisciplinare

La navigazione aerea è l’arte di condur-re un aeromobile da un punto ad un al-tro nel modo più sicuro e economico, in-dipendentemente delle condizioni me-teorologiche e della presenza di altriaeromobili, e di determinare la sua po-sizione rispetto alla superficie della ter-ra. In conseguenza del grande sviluppoavuto dall’aviazione, la navigazione ae-rea, oggi va considerata come uno de-gli elementi di un sistema complesso,l’Air Traffic Management (ATM), il qualeavvalendosi di altri sistemi (o sottosiste-mi), quali le comunicazioni e l’acquisi-zione, l’elaborazione e la presentazionedi dati, ha il compito di provvedere allasicurezza, alla regolarità e alla spedi-tezza della circolazione di tutti gli aero-mobili con una gestione del volo in mo-do continuo, dalla pianificazione, all’e-secuzione e alle attività post-volo.

Air Traffic Management (ATM)

L’ATM è composto dall’insieme di tresistemi: ATS (Air Traffic Services),ATFM (Air Traffic Flow Management),ASM (Air Space Management), che in-sieme concorrono al conseguimentodegli obiettivi di sicurezza, regolaritàed economicità dei voli.

Traffico aereo e sistema ATS

L’insieme degli aeromobili in volo ed inmovimento sulla superficie degli aero-porti costituisce il traffico aereo.Il traffico aereo viene gestito attraversoil sistema ATS (Air Traffic Service), lacui funzione principale è quella di pre-venire collisioni tra aeromobili; ciò inpiena armonia con le altre funzioni,sempre espletate dal Sistema, che in-vestono i caratteri finanziari ed econo-mici del traffico aereo.Il Sistema ATS si articola in una grandevarietà di elementi, per la maggior par-te interdipendenti, quali:■ i fattori fisico e geografici;■ le regolamentazioni;■ le caratteristiche degli aeromobili;■ il fattore umano;■ l’organizzazione, e le caratteristiche

delle infrastrutture e dei relativi servizi.I Servizi del Traffico Aereo (ATS) si di-stinguono in:■ servizio di Controllo del Traffico Ae-

reo (CTA), con il compito di prevenirecollisioni fra aeromobili in volo, fraaeromobili e aeromobili ed aeromo-

bili ed ostacoli sull’area di manovraed accelerare e disciplinare il flussodel traffico aereo, mediante l’applica-zione di distanze di sicurezza, dette“separazioni”, sul piano orizzontale overticale;

■ servizio informazioni volo (FIS), conil compito di fornire consigli ed infor-mazioni utili per una sicura ed effica-ce condotta dei voli;

■ servizio di allarme (ALS), con il com-pito di mettere in allarme e coopera-re con le organizzazioni deputate al-la ricerca ed al soccorso aereo;

■ servizio consultivo (ADS), con ilcompito di assicurare una separazio-ne, nei limiti del possibile, agli aero-mobili che volano con piano di voloIFR (Instrument Flight Rules) entrospazi aerei consultivi.

Ai suddetti servizi se ne aggiungono al-tri che insieme compongono i servizi diassistenza al volo:■ servizio delle informazioni aeronauti-

che (AIS), ha il compito di raccoglie-re e diffondere le informazioni neces-sarie alla sicurezza, alla regolarità edall’efficienza della navigazione ae-rea.

■ servizio di meteorologia aeronautica(MET): fornisce direttamente o attra-verso gli enti ATS le notizie meteoro-logiche necessarie alla regolare e si-cura condotta di voli.

■ servizio delle telecomunicazioni ae-ronautiche (TLC): fornisce agli aero-naviganti i dati necessari alla condot-ta del volo, assicura le comunicazio-ni terra-bordo-terra ed il traffico ra-dio-telegrafico tra punti fissi.

Competenze sui servizi diassistenza al volo in Italia

Fino al 1979 le responsabilità per la for-nitura dei servizi di assistenza al volo inItalia è stata demandata all’AeronauticaMilitare tramite l’Ispettorato Telecomu-nicazioni ed Assistenza al Volo (ITAV).Seguendo la tendenza ad uniformarsialle altre nazioni, lo Stato Italiano, convarie disposizioni legislative, ha optatoper la suddivisione di tali servizi tra En-ti Militari ed Enti Civili, secondo le ri-spettive competenze.In tal modo, nell’ambito del Ministerodei Trasporti, nel 1981 veniva istituita,dopo un periodo di gestione commissa-riale (Commissariato per l’Assistenza alVolo), l’Azienda Autonoma di Assisten-za al Volo per il Traffico Aereo Generale(AAAVTAG, DPR N.145 del 2 marzo1981), successivamente (1996) trasfor-mata in Ente Pubblico Economico -ENAV (Ente Nazionale per l’Assistenzaal Volo), e dal 1° gennaio 2001 in ENAVS.p.A. a totale controllo pubblico. L’E-NAV S.p.A. conta circa 3500 dipendentidi cui 1600 sono controllori del traffico

Dr. Carlo Pesce, Centro Controllo Traffico Aereo, Padova

Il controllo dellanavigazione aereaCarlo Pesce

Crescita del traffico di Padova ACC

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I TRASPORTIun percorso multidisciplinare

aereo, e fornisce il servizio di assisten-za al volo ai voli in partenza ed in arrivosu 39 aeroporti in tutta Italia, mentre iltraffico in sorvolo dello spazio aereo ita-liano è assistito dai 4 Centri di Controllod’Area (ACC): Brindisi, Milano, Padovae Roma. Attraverso queste complesseunità operative ENAV assiste ogni gior-no mediamente 5200 voli, pari a circa 2milioni di voli l’anno.

Padova ACC

Uno dei 4 Centri di Controllo d’Area(ACC), come già detto, è quello Padovache controlla il 17% dello spazio aereonazionale nella zona centro/nord orien-tale della penisola, utilizzando 6 testateradar: Poggio Lecceta (LI), Ravenna,Monte Lesima (GE), Peschiera Borro-meo (MI), Bologna ed Istrana (TV). Ha giurisdizione sugli aeroporti di Ve-nezia, Bologna, Trieste, Ancona-Falco-nara, Brescia Montichiari, Forlì, Firen-ze-Peretola, Bolzano, Verona, Padova,Treviso e Rimini. E si interfaccia, oltreche con gli altri 3 Centri di Controllo na-zionali (Milano, Roma e Brindisi), con 5ACC stranieri (Zagabria, Lubiana,Vienna, Monaco, Zurigo e, dal 2004,anche Ginevra) Con un totale di 225 dipendenti, di cui180 controllori del traffico aereo, la salaradar di Padova gestisce ormai oltre500.000 movimenti annui, più di50.000 al mese (mesi estivi), con puntegiornaliere di oltre 2000 movimenti.Negli ultimi 10 anni il traffico aereo gesti-to da Padova ACC è più che raddoppia-to, passando dai 222.000 movimenti an-nui del 1993 agli attuali 540.000 (circa).

Air Traffic Flow Management(ATFM)

La continua crescita della domanda ditraffico aereo, ha reso inevitabili dellerestrizioni nell’uso dello spazio aereo odella pista, pregiudicando la regolaritàdei voli e l’efficienza economica. Perquesto motivo negli anni Settanta, sicominciò a parlare di gestione del flus-so del traffico aereo (Air Traffic FlowManagement). L’ATFM (Air Traffic Flow Management)è, un servizio complementare del Con-trollo del Traffico Aereo (ATC) il cuiobiettivo è quello di assicurare un flus-so di traffico aereo ottimale verso o at-traverso quelle aree all’interno dellequali, a volte, la domanda di traffico su-pera la capacità disponibile del sistemaATC. In tal modo l’ATFM proteggel’ATC da situazioni di sovraccarico chepotrebbero essere pericolose per la si-curezza del traffico aereo.Il concetto di base dell’ATFM, preso at-to che il “controllo” avrebbe comunquecausato ritardi, al fine di garantire la si-curezza, consiste nel coordinarsi e or-ganizzarsi prima del decollo: cioè, fer-mare l’aereo al suolo, col massimo disicurezza e senza consumo di combu-stibile. In altre parole l’ATFM era il minore deimali, che comunque non modificava ilconcetto di “controllo”, né eliminava lanecessità di restrizioni nell’uso dellospazio aereo. Per affrontare i problemi di sviluppo nellungo periodo, l’ICAO (International Ci-vil Aviation Organization) istituì nel1983 un Comitato Speciale sui “FutureAir Navigation Systems” (FANS), il qua-

le concluse i propri lavori nel 1988 rac-comandando, per fronteggiare la cre-scita del traffico prevista fino al 2015, difare ricorso a nuove tecnologie ed inparticolare a:■ navigazione satellitare;■ connessione telematica (“data link”)

fra calcolatori (es. Flight Manage-ment Systems) a bordo degli aerei involo e calcolatori al suolo (es. neicentri ATC);

■ ricorso all’automazione da parte de-gli enti del controllo traffico aereo alfine di aumentare la capacità dei“settori”.

Purtroppo le raccomandazioni di quelComitato erano troppo avanti rispetto altempo in cui furono formulate e quindiben scarsa attenzione ebbero fuori deicircoli accademici e scientifici o degliesperti del settore.In Europa nel 1988 e 1989 si verificaro-no le prime gravi crisi di carenza di ca-pacità determinando enormi ritardi allapartenza di molti voli nel periodo estivo(oltre il 20% dei voli ritardati nel 1988 ecirca il 30% dei voli ritardati nel 1989).La mancanza di capacità fu determina-ta, tra le altre cose, anche dalla non in-teroperabilità dei sistemi a terra e dallanon armonizzazione delle proceduretra i vari Air Navigation Service Provi-der (ANSP).Non si dimentichi infatti che, mentre ne-gli USA esisteva (ed esiste ancora og-gi) un unico Air Navigation Service Pro-vider (ANSP), cioè la Federal AviationAdministration (FAA), che assicura in-teroperabilità dei sistemi al suolo e ar-monizzazione delle procedure, in Euro-pa esistevano, ed esistono ancor oggi,più o meno tanti ANSP quanti sono gliStati e ciascuno di essi utilizza sistemidi terra e procedure operative, soventenon mutuamente armonizzati.Proprio perché in Europa occorrevatentare di coordinare le azioni dei diver-si Stati sovrani, già nel 1955 era statacreata la “European Civil Aviation Con-ference” (ECAC). Dal 1988 al 2000hanno avuto luogo in ambito ECACconferenze a livello ministeriale (MAT-SE: Ministerial Conference on ATS inEurope) dove decisioni politiche dimassimo livello sono state prese, lequali ci hanno guidato sul finire del XXsecolo e ci guideranno ancora all’iniziodel XXI. In particolare le più rilevantidecisioni sono state:■ istituzione, da parte di Eurocontrol

(European Organisation for the Sa-fety of Air Navigation), di un’unica (aBruxelles) Central Flow ManagementUnit (CFMU), completata nel 1996,per la gestione dei flussi di traffico alivello continentale e non più solo na-zionale, come invece era prima;

■ strategia comune per gli anni Novan-ta, per ottimizzare le operazioni in

Corridoi aerei in ItaliaMappa tratta da JeppesenFlight Planning Charts

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I TRASPORTIun percorso multidisciplinare

rotta, la cui esecuzione fu affidata adEurocontrol, mediante l’European AirTraffic Control Harmonization & Inte-gration Programme (EATCHIP);

■ adozione della Strategia EurocontrolATM 2000+, che pone le basi del fu-turo sviluppo dei servizi della naviga-zione aerea sul nostro continente, al-meno fino al 2020.

L’Air Space Management(ASM)

Lo spazio aereo è un blocco tridimen-sionale di definite dimensioni entro cuipossono operare determinati tipi di volie per i quali vengono specificati sia iservizi del traffico aereo forniti, che leregole di volo.La gestione dello spazio aereo italiano,in accordo al DPR 484/81, è condivisatra l’ENAV S.p.A., segnatamente per iltraffico aereo commerciale, e l’Aero-nautica Militare Italiana (AMI), per quel-lo militare.Lo spazio aereo, si divide verticalmentein spazio aereo superiore, al di sopra diFL 195 (19.500 piedi) e spazio aereo in-feriore, dal suolo (GND) a FL 195 inclu-so. Lo spazio aereo inferiore è diviso in treRegioni Informazioni Volo (FIR): FIRMilano, FIR Roma e FIR Brindisi; lospazio aereo al di sopra delle tre FIR èdefinito come Regione Superiore Infor-mazioni Volo (UIR Italia).Gli spazi aerei italiani sono organizzatiin Regioni di Controllo (CTA), Zone diControllo (CTR) e Zona di Traffico Aero-portuale (ATZ), mentre la responsabili-tà del Servizio è attribuita, a secondadelle fasi del volo, a vari Enti, quali ilCentro di Controllo Regionale (ACC), ilControllo di Avvicinamento (APP) e laTorre di Controllo di Aerodromo (TWR);il Servizio di Controllo Regionale (ACC)è di totale responsabilità di ENAVS.p.A., mentre il Servizio di Avvicina-mento e quello di Torre sono forniti: daENAV S.p.A. negli aeroporti civili e dal-l’AMI negli aeroporti militari aperti altraffico aereo civile (es. Verona Villa-franca).Lo spazio aereo è un elemento che,contrariamente alle apparenze, ha unacapacità limitata. Pertanto, nel 1990 ipaesi europei dell’area ECAC (Euro-pean Civil Aviation Conference), a se-guito dei continui incrementi della do-manda di traffico aereo da parte dellaForza Armata e del Trasporto AereoCommerciale, adottarono strategica-mente il concetto dell’uso flessibile de-gli spazi aerei (FUA – Flexible Use ofAirspace).Tale concetto, sviluppato dai rappre-sentanti ATS civili, militari e da quellidelle compagnie aeree, è teso alla ge-

stione dinamica dello spazio aereo, inmodo da assegnare ora all’utente civileora a quello militare porzioni di spazioin relazione al mutare delle richieste diimpiego. Il concetto del FUA presuppone che lospazio aereo non sia più destinato se-paratamente per scopi civili o militari,ma sia considerato come un continuumda utilizzare in modo flessibile. Conse-guentemente ogni necessaria segrega-zione dello spazio dovrebbe essere so-lamente temporanea e per reali esigen-ze operative.Gli obiettivi previsti dall’applicazione co-erente del predetto concetto, in combi-nazione con l’automazione operativa el’integrazione dei sistemi ATC, avrebbe-ro dovuto determinare:■ l’aumento della capacità del sistema

ATC ed una tangibile riduzione dei ri-tardi;

■ il modo più efficiente per separare lediverse tipologie di traffico;

■ il miglioramento dei coordinamenti intempo reale tra civili e militari;

■ la significativa riduzione della neces-sità di segregare lo spazio aereo.

L’applicazione di questa nuova filosofia,invece, ha evidenziato da subito note-voli difficoltà sia in ambito europeo, siain ambito italiano. La ragione principaledi tali difficoltà risiede, secondo le com-pagnie aeree e anche secondo me, nel-l’incertezza della disponibilità e nella li-mitata pianificabilità delle nuove rotte(CDR = Conditional Route) istituite al-l’interno degli spazi aerei di pertinenzadell’AMI: ■ CDR1, sempre pianificabile;■ CDR2, pianificabile in determinati ar-

chi orari pubblicati giornalmente;■ CDR3, non pianificabile e pertanto

utilizzabile su base tattica in assenzadi traffico militare.

Successivamente, ulteriori provvedi-menti sono stati adottati, al fine di otti-mizzare l’utilizzazione degli spazi aerei:■ navigazione d’area (RNAV) basica

nello spazio aereo superiore (sopraFL245) che, a partire dal 1998, haconsentito di progettare le rotte indi-pendentemente dalla presenza di ra-dioassistenze al suolo;

■ riduzione della separazione verticaleminima (RVSM), che ha consentito diottenere o pianificare un significativo(circa 15%) aumento della capacitàdello spazio aereo superiore euro-peo. L’introduzione della RVSM hapermesso l’applicazione di 1000 in-vece di 2000 piedi di separazioneverticale minima fra aeromobili ade-guatamente equipaggiati che opera-no nella fascia compresa fra FL290 eFL410 inclusi, rendendo di fatto di-sponibili 6 ulteriori livelli di volo. Al disotto del livello di volo (FL) 290 la se-parazione rimane di 1000 piedi.

La Strategia Eurocontrol ATM2000

La “Strategia” per gli anni ’90, che ave-va come obiettivo principale l’armoniz-zazione e l’integrazione dei sistemi eu-ropei di controllo del traffico aereo,aveva però evidenziato alcuni proble-mi:■ prendeva in considerazione solo lo

spazio aereo ma non gli aeroporti,comunque anello essenziale del si-stema;

■ puntava solo sulle tecnologie conso-lidate, senza prendere in considera-zione le tecnologie innovative pro-poste dal Comitato FANS (Future AirNavigation Systems);

■ lasciava all’esclusiva competenzadelle amministrazioni nazionali la re-sponsabilità di dare esecuzione aglispecifici progetti di implementazio-ne.

A seguito della ripresa dell’aumentodei ritardi, un apposito Comitato(“Strategy Board”) ha predisposto lanuova Strategia ECAC “ATM 2000+”per la gestione del traffico aereo (AirTraffic Management) in Europa, ap-punto nei primi decenni oltre l’anno2000. L’obiettivo globale della Strategia Eu-rocontrol ATM 2000+ è, per tutte le fasidel volo, quello di garantire il sicuro,economico, regolare e ordinato flussodi traffico, grazie a servizi di Air TrafficManagement (ATM), che siano adatta-bili e scalabili, in modo da tener contodelle necessità di tutti gli utilizzatori edi tutte le diverse aree europee.In particolare i servizi devono:■ accogliere, in sicurezza e senza ri-

tardi eccessivi, la domanda di traffi-co prevista;

■ essere interoperabili, su scala tantoeuropea, quanto mondiale, sulla ba-se degli standard ICAO applicabili(cioè medesimi protocolli per le co-municazione digitale, medesimestrutture e qualità dei dati, medesi-me semantica e procedure, anchese le prestazioni e le funzioni più so-fisticate e costose non saranno in-stallate dappertutto);

■ funzionare secondo principi uniformientro tutta l’area ECAC;

■ essere sostenibili con il minimo im-patto ambientale;

■ rispettare le sovranità e soddisfarele esigenze di sicurezza nazionale,quali richiedono la conoscenza intempo reale del completo scenariodi traffico, tempestivi allarmi in casodi comportamento anomalo di unaeromobile, immediata possibilità diaccesso allo spazio aereo, facoltà dichiuderlo al traffico civile, ma nonescludono che in tempi normali iservizi di controllo del traffico aereo

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generale siano affidati a Unità ope-rative (es. ai Centri di Controllo Re-gionale – ACC) eventualmente ubi-cati fuori del territorio nazionale.

La nuova Strategia , in altre parole, sipropone di fronteggiare, fino almenoal 2020, una quintupla sfida:■ migliore utilizzo della capacità esi-

stente, onde ridurre i ritardi in par-tenza, dovuti a misure (slot) per lagestione dei flussi di traffico, fino a 1minuto medio per volo, a partire del2006;

■ incremento della sicurezza, riducen-do in termini assoluti il numero tota-le di incidenti ed eventi pericolosi;

■ incremento della capacità non soloper le operazioni in rotta, ma ancheper quelle sull’aeroporto, sfruttandoal meglio le piste esistenti (es. ridu-cendo il Runway Occupancy Time(ROT), in decollo ed in atterraggio);

■ minore impatto rumoroso sulle areeabitate, attraverso idonee procedu-re sfruttanti anche la navigazioned’area (RNAV) e minore quantità diemissioni nocive, anche riducendo itempi di attesa, tanto in volo, quantosull’aeroporto a motore in moto;

■ riduzione dei costi (es. ottimizzazio-ne delle rotte, riduzione dei ritardi edelle tariffe dei servizi ATM).

Al di là dei problemi di capacità, tenutoconto che in Europa si sono contaticirca 8 milioni di voli IFR nel 2000, eche anche dopo la tragedia dell’11settembre 2001, la guerra in Iraq e l’e-pidemia di polmonite atipica (SARS),le previsioni parlano di un raddoppio(cioè circa 15 milioni di voli) intorno al2015, questo incremento pone unasfida in termini di sicurezza: infatti sela sicurezza rimanesse pressoché co-stante in termini percentuali, un rad-doppio del traffico porterebbe inevita-bilmente ad un raddoppio del numeroassoluto di incidenti.In Europa occidentale (dove si svolgecirca 1’80% del traffico), i sistemi tec-nici hanno già raggiunto ottimi livelli diprestazioni e affidabilità. In seguito al-le raccomandazioni del ComitatoFANS (Future Air NavigationSystems), sono stati infatti realizzatiimportanti sistemi automatici di sicu-rezza (safety nets) al suolo, quali loShort Term Conflict Alert (STCA), l’A-rea Proximity Warning (APW) e il Mini-mum Safe Altitude Warning (MSAW).Un importante sistema di recente in-stallazione a bordo degli aerei è l’A-CAS (Sistema Anticollisione in Volo).Sono stati inoltre realizzati, sempre al-lo scopo di migliorare la sicurezza eaumentare la capacità dei settori, deisistemi per incrementare il numerodelle frequenze radio (spaziatura a8.33 kHz) e per lo scambio dei dati deipiani di volo tra enti di controllo limitro-

fi (nuovi FDP/OLDI – Flight Data Pro-cessing/On Line Data Interchange).

Eurocontrol Safety RegulatoryRequirements (ESARR)

Nel corso degli ultimi due decenni delXX secolo, la maggior parte degli ANSPeuropei sono stati trasformati in entitàcommerciali. Alcuni (per esempio ilNATS inglese) sono già stati in partevenduti a soggetti privati. È ovvio checiò comporta, da parte di detti ANSP,una maggiore attenzione al conteni-mento dei costi. Anche nel settore del-l’ATM emerge quindi il potenziale ri-schio che risparmi eccessivi possanoledere gli standard di sicurezza.In conseguenza di ciò è fatto obbligoagli Stati europei, ove non lo abbianogià fatto, di istituire un apposito Rego-latore per l’ATM i cui compiti potrebbe-ro eludere anche la regolamentazioneeconomica, ma certamente dovrannoincludere quella della sicurezza. Il Re-golatore avrà dunque la responsabilitàdi recepire i requisiti dei “Safety Regu-latory Requirements (ESARR)” predi-sposti da Eurocontrol su mandato del-la Commissione Europea, nella legis-lazione nazionale e quindi verificarnel’attuazione da parte degli ANSP mili-tari e civili, fino a rilasciare le licenzeai controllori del traffico aereo e le au-torizzazioni operative.È quindi chiaro che ulteriori significati-vi miglioramenti nei livelli percentualidi sicurezza potranno aversi solo de-dicando sufficiente attenzione al fatto-re umano, alle procedure, ai sistemi eall’organizzazione. Proprio per questo, e anche in rispo-sta al grave incidente al suolo di Lina-te dell’ottobre 2001 e alla collisione involo nei cieli svizzeri nel luglio succes-sivo, è ragionevole pensare che in Eu-ropa grande attenzione sarà postanell’applicazione dei predetti ESARR,quattro dei quali già adottati dal Consi-glio della stessa Eurocontrol:■ ESARR 1, ruolo e responsabilità

del Regolatore Nazionale;■ ESARR 2, per procedure uniformi e

raccolta integrata di dati concernen-ti non solo gli incidenti fatali, ma an-che gli inconvenienti minori;

■ ESARR 3, per l’introduzione di for-mali Safety Management Systemspresso gli ANSP civili e militari;

■ ESARR 4, concernente l’obbligo divalutare i rischi connessi a ogninuovo sistema, modifica o procedu-ra, nonché mitigarli se necessario edocumentare il tutto in un appositodocumento (Safety Case);

■ ESARR 5, contenente requisiti eu-ropei comuni per la formazione dicontrollori del traffico aereo.

Gate-to-gate

Insieme alla sicurezza, la prospettiva“gate-to-gate” costituisce uno degliaspetti fondamentali della StrategiaEurocontrol ATM 2000+. La sua defi-nizione ufficiale è: “Gestione del voloin modo continuo, dalla pianificazione(anche 6 mesi prima), all’esecuzionee alle attività post-volo (es. fatturazio-ne e statistiche)”.Le conseguenti applicazioni del Gate-to-gate sono:■ maggiore ampiezza del tradizionale

ATM, che cominciava e finiva con ilrullaggio lungo le apposite bretellenell’area di manovra, ma fuori delpiazzale (o apron);

■ necessità di maggiore interazionecon le compagnie aeree (flight di-spatcher) e con gli operatori aero-portuali da parte degli enti ATM(non solo la TWR, ma anche lastessa CFMU di Bruxelles);

■ susseguente necessità di una co-mune architettura, anche al di là deiconfini amministrativi, per permette-re lo scambio dei dati pertinenti intempo reale;

■ chiara definizione delle responsabi-lità di ciascun attore e delle proce-dure.

Il tutto per giungere, alla fine, a uncontinuum logico fra la gestione deiflussi, il “multi-sector planning” suscala continentale, il lavoro del con-trollore pianificatore e di quello esecu-tivo o tattico, che rimane responsabileper le separazioni fra voli IFR, utiliz-zando il controllo radar.

Single European Sky

La configurazione dello spazio aereoeuropeo è un patchwork di sistemi na-zionali, ciascuno diverso da quelli deipaesi vicini. L’approccio essenzial-mente “nazionale” seguito per svilup-pare i sistemi è poco razionale e co-stoso. Bisogna migliorare le presta-zioni globali del sistema europeo ATMper evitare una situazione che bloc-cherebbe la crescita economica in ge-nerale e quella del settore del traspor-to aereo in particolare. Gli inevitabiliritardi, oltre ad avere effetti diretti sul-le compagnie aeree e sui passeggeri,pesano anche sul clima economicoglobale, compromettendo la credibili-tà del trasporto aereo. Nel settembre del 2002 il ParlamentoEuropeo a Strasburgo ha approvatole proposte formulate dalla Commis-sione delle Comunità Europee (CEC),inerenti “Single European Sky (SES)”,ossia il Cielo Unico Europeo. Nel marzo del 2003 il Consiglio deiMinistri dei Trasporti dell’Unione Eu-

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Speciale

I TRASPORTIun percorso multidisciplinare

ropea (UE) ha preso posizione in me-rito alle dette proposte e il pacchettolegislativo dovrebbe entrare in vigoreentro il 2004.Gli elementi principali del Cielo UnicoEuropeo sono:■ creazione (da parte dell’UE), entro il

2004, di un’unica Upper Flight Infor-mation Region (UIR) europea, este-sa quanto lo spazio aereo dei paesimembri (che nel corso dello stesso2004 dovrebbero passare da 15 a25);

■ un nuovo assetto istituzionale: laCEC regola, Eurocontrol preparaed implementa, gli Stati attuano;

■ una chiara separazione fra Air Navi-gation Service Providers (ANSP) eRegolatori Nazionali;

■ principi per l’uso dello spazio aereo,considerato una risorsa comune, ebasati su uso flessibile (FUA) e pro-gettazione comune delle strutture(per esempio, rotte e confini dei set-tori e dei volumi di responsabilitàdelle vari Unità ATM), sulla basedelle necessità operative e non deiconfini nazionali.

■ fornitura dei servizi della navigazio-ne aerea, non solo sicura, efficien-te, armonizzata ed interoperabile,ma basata su blocchi funzionali dispazio aereo, entro i quali i servizisiano integrati.

È il caso di sottolineare che la crea-zione di un’unica UIR non implica lacentralizzazione in un unico UpperArea Control Center (UACC). Si ricor-di infatti, per esempio, che in Italia daanni esistono nell’unica FIR di Milanodue ACC: Milano e Padova. Lo stessoprincipio varrà per la UIR europea alcui interno saranno definiti i volumi diresponsabilità di una pluralità di

UACC. Siccome la modifica dei confi-ni delle FIR/UIR deve essere appro-vata dal Consiglio dell’ICAO, secondouna procedura diplomatica piuttostolunga (circa 2 anni), il vantaggio del-l’unica UIR europea sarà principal-mente quello di poter modificare iconfini di spazio aereo sopra il nostrocontinente, grazie a procedure piùsnelle e veloci.Per realizzare gli obiettivi del SES èprevisto il coinvolgimento delle autori-tà nazionali, tanto civili quanto militari,nell’ambito del Single Sky Committee.Allo stesso modo è previsto, tramiteappositi organismi, il dialogo con l’in-dustria e le forze sociali, fra cui opera-

tori e ANSP. Parimenti è previsto unostretto rapporto con Eurocontrol, per-ché regole e principi del Single Euro-pean Sky possano essere estesi atutta l’area ECAC. È dunque previstol’accesso formale della UE fra i mem-bri dell’Organizzazione Eurocontrol,non appena entrerà in vigore la Con-venzione revisionata.In sintesi, con la realizzazione delCielo Unico, la gestione del trafficoaereo nei paesi europei potrà goderedi:■ maggiore sicurezza■ aumento delle capacità■ migliore efficienza■ maggiore trasparenza ■

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I TRASPORTIun percorso multidisciplinare

Franco Migliorini, Regione del Veneto, U.C. Piano Regionale Trasporti

I Corridoi in Europa

Con la dizione di “Corridoio 5” si tendeormai a identificare, per semplicità di co-municazione, il tracciato del corridoioplurimodale “paneuropeo” che connetteLione a Budapest (e Lisbona con Kiev)passando attraverso la pianura padano-veneto-friulana, da Torino a Trieste.Tale corridoio è in realtà il frutto del con-giungimento di due precedenti definizioniconiate nel corso degli anni ’90: il proget-to prioritario “transeuropeo” n.6 dell’AltaVelocità/Alta Capacità (AV/AC) Lione-To-rino attraverso il tunnel del Moncenisio,che proseguiva fino a Venezia e il Corri-doio 5, plurimodale e “paneuropeo”, Trie-ste-Kiev come annunciato a Essen eCreta (1994), ripreso a Helsinki (1997) especificato dal programma TINA (1999).Nel corso del 2003 questa strategia dirafforzamento delle grandi dorsali euro-pee, inquadrate nella rete TEN-T ha co-nosciuto due aggiornamenti importanti: ilDocumento Van Miert (giugno 2003) e laQuick start list (inserito nel documentodella crescita del novembre 2003), en-trambi a opera della Commissione Euro-pea.L’esito di questa verifica di strategia, die-ci anni dopo Essen, è una nuova specifi-cazione aggiornata dell’elenco delle ope-re ritenute prioritarie in rapporto al lorocontenuto strategico e in funzione di uneffettivo impegno realizzato da parte deipaesi interessati.Alla luce di questo recente aggiornamen-to, l’asse ferroviario AV/AC Lione-Trie-ste/Koper-Lubiana si prolunga nel pro-getto di modernizzazione della ferroviaLubiana-Budapest, il tutto entro l’oriz-zonte del 2015.Per quella data, in sostanza, il Corridoio5 dovrebbe assumere la sua completaconfigurazione plurimodale gomma-ferrofino a Budapest, giovandosi – auspicabil-mente – di un compimento del tracciatoautostradale Lubiana-Budapest entro il2010.Per completezza di scenario occorre ag-giungere altre due elaborazioni comuni-tarie concorrenti a una visione integratadel rapporto Trasporti-Economia-Territo-rio: lo schema di Sviluppo dello SpazioEuropeo (SSSE-1999), e il Libro Biancosui Trasporti (2001).Nel primo si declinano alcuni principi re-lativi ai temi della coesione e della soste-nibilità riferite all’uso delle risorse fisichee ambientali dello spazio comune euro-peo; nell’altro si richiamano misure di in-dirizzo della forte crescita prevista per lamobilità, tramite politiche di sostegno

della intermodalità (autostrade viaggiantie autostrade del mare) e di rilancio delvettore ferroviario sulle medie e lunghedistanze per le merci del continente.È questo lo sfondo appropriato su cui ap-profondire il significato e la strategia delCorridoio 5, transeuropeo e transpadano.

Economia e territorionell’Unione Europea

La storia e la geografia dell’Europa con-temporanea consegnano all’Unione Eu-ropea uno spazio comune fortementesquilibrato tra centro e periferia in terminidi reddito, occupazione e accessibilità.In termini di PIL pro capite, nell’Europadei quindici una distanza di oltre sei voltesepara le regioni più ricche da quelle piùpovere.Con l’ingresso dei nuovi paesi la distan-za aumenterà a circa otto volte, raffor-zando percentualmente il peso delle re-gioni che occupano le posizioni basse ingraduatoria.La distribuzione del PIL pro capite coinci-de, in buona sostanza, in modo direttocon il tasso di occupazione registratodalle regioni europee, ma ciò che meglioancora connette la struttura dell’econo-mia alla organizzazione dello spazio eu-ropeo sono gli indicatori di accessibilitàdei paesi e delle regioni.Un cuore continentale ricco e accessibileappare circondato, secondo una funzio-ne pressoché lineare, da una serie di co-rone concentriche contrassegnate dareddito e accessibilità decrescenti, chepotremmo definire costituite da regionisemicentrali, semi periferiche e periferi-che.Il centro è costituito dal sistema Germa-nia-Benelux e dalle due città mondiali,Londra e Parigi.Il semicentro avvolge praticamente datutti i lati il nucleo centrale e così via, finoa un massimo di perifericità riscontrabilenella penisola iberica, nelle parti esternedelle isole britanniche, nel centro-norddella Scandinavia, nel mezzogiorno d’I-talia e nella Grecia, cui va aggiunta granparte dei paesi dell’est, che patisconouna perifericità accentuata anche da fat-tori di natura infrastrutturale; una periferi-cità coincidente con la lenta trasforma-zione economica in atto nelle diverse re-gion, che procede da ovest verso est.Per quanto riguarda l’Italia, essa apparerispettivamente rispettivamente caratte-rizzata da condizioni di semicentralità(nord), semiperifericità (centro) e di peri-fericità (sud).La condizione di semi centralità delle re-gioni settentrionali italiane è l’effetto di-retto della barriera alpina, dove l’orogra-fia diviene fattore penalizzante delle di-stanze reali e questo pone una forte en-fasi sulla questione delle dotazioni infra-

strutturali, in rapporto alla domandaespressa da un’economia manifatturierafortemente orientata alle esportazioniverso il centro Europa, cioè verso il bari-centro ricco e accessibile del continente.Nel corso dell’ultimo cinquantennio, cheha visto uno sviluppo delle relazioni in-traeuropee sospinto dall’economia dimercato e incanalato da un parallelo pro-cesso di costruzione delle istituzioni co-munitarie, ogni parte del territorio euro-peo ha posto a frutto i propri vantaggicompetitivi a partire dai singoli sottosi-stemi, regionali e locali.Rispetto alle regioni affacciate o gravi-tanti sul mare del Nord, le regioni che sirelazionano col Mediterraneo (l’arco lati-no esteso dalla Spagna all’alto Tirreno el’alto Adriatico) soffrono di una serie digap relativi a un mare chiuso, a unaframmentazione orografica (Alpi, Appen-nini, Pirenei, Balcani), a una minor dota-zione infrastrutturale e a un’industrializ-zazione più tardiva, pur se oggi compen-sata dalla recente diffusione (in alcuneregioni semicentrali) delle PMI e di un’in-dustria turistica densamente organizzatasoprattutto sull’arco costiero mediterra-neo.È questa la configurazione dello spazioeconomico su cui l’Europa comunitariasta cercando di applicare politiche strut-turali, volte a rafforzare la coesione (so-cioeconomica) tramite misure di soste-gno al dispiegarsi di un’economia di mer-cato (competizione) che cerchi di atte-nuare le disparità e di diffondere (tramitele reti) buone opportunità di accesso, almercato stesso, a tutti i membri dell’U-nione.

Corridoi e mercato interno

La strategia dei corridoi si colloca in que-sto quadro: individuare alcune direttrici ealcune infrastrutture di rango europeocapaci di colmare quei gap di accessibili-tà, rilevati a livello nazionale o regionale,

Il “Corridoio 5”PaneuropeoFranco Migliorini

Gli aspetti economici

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I TRASPORTIun percorso multidisciplinare

allo scopo di favorire una circolazionemateriale di uomini e di merci che ac-compagni la mobilità dei capitali, dei ser-vizi e delle idee, ridistribuendo opportuni-tà in uno spazio economico allargato, darendere più omogeneo sotto il profilo del-la crescita del reddito e dello sviluppodell’occupazione.Il concetto di corridoio esprime, infatti,un’opzione assai più larga di quella lega-ta alla semplice infrastruttura e la sua di-mensione transazionale pone l’accentosul superamento di tradizionali barrierenazionali, di natura fisica e organizzativao, spesse volte, delle due cose insieme.L’idea di corridoio si sostanzia in: ■ la presenza di infrastrutture lineari (più

di una) con l’opzione per un sistemaplurimodale che inglobi l’intermodalità;

■ un ambito spaziale di riferimento, cioèun bacino di relazioni servite dal Corri-doio 5;

■ uno scambio privilegiato di relazionieconomiche e commerciali, dietro cuitraspare il tema della “convergenza” dicorridoio;

■ una serie di investimenti nel lungo pe-riodo da parte di molti attori, dietro cuiassume spessore il problema dellacontinuità e della collaborazione interi-stituzionale tra soggetti, nel corso diun tempo lungo.

Si tratta, dunque, di un’opzione mobili-tante che viene dall’alto, ma che non è diper sé specificata in tutti i suoi contenuti,né tantomeno nel suo programma di fi-nanziamento.Un corridoio va, dunque, interpretatopartendo dal basso, in primo luogo comeopportunità dei territori attraversati:■ dalle regioni e dalle città e dai sistemi

produttivi e commerciali che ne fannoparte e ne beneficiano;

■ dagli operatori economici; ■ dai gestori di infrastrutture e, non ulti-

me, dalle comunità locali di cittadini di-rettamente interessati al tracciato.

I corridoi proposti non nascono comun-que dal nulla, ricalcano in larga misuradirettrici storiche su cui le relazioni in-traeuropee si sono sviluppate, con mag-giore o minore intensità, in modo sponta-neo.In molti casi essi si propongono come in-novazioni di natura infrastrutturale a pre-cedenti tracciati – stradali o ferroviari –che non corrispondono più alle perfor-mance richieste dai tempi e dalla entitàflussi di scambio delle economie moder-ne.I corridoi non ridisegnano la geografia re-lazionale del continente, piuttosto la riba-discono là dove la forza del mercato oquella dei sistemi politico-amministrativiesistenti, non hanno ancora messo inmoto nuovi investimenti.Ad est, assai più che a ovest, il ritardoeconomico appare particolarmente evi-dente, mentre soprattutto i semicentri e

le periferie europee evidenziano proble-mi di accessibilità legati ad anelli man-canti o ad assi saturi del sistema infra-strutturale oggi esistente.Per altro, è facile costatare come il bari-centro europeo finisca comunque perrafforzarsi, se non altro in virtù della mor-fologia stessa del continenete, che vedeGermania e Benelux in posizione centra-le rispetto ad ogni flusso est-ovest onord-sud.Da questo punto di vista non si può nonrilevare come nei corridoi sia insita l’op-zione per un maggiore equilibrio relazio-nale del continente, ma come questo da-to debba confrontarsi con la forza dell’e-sistente sistema di interessi – investitori,istituzioni, mercato – all’interno di una di-namica competitiva dell’economia cheopera nel breve o medio periodo. A fron-te di ciò, un disegno di riequilibrio dell’U-nione Europea che è di lungo o lunghis-simo periodo, là dove cioè solo la politicae le istituzioni sono in grado di esprimeredelle opzioni con l’intento di mantenerlenel tempo.La dimensione di scala, e la dinamicadelle forze che si muovono in Europa,rendono pertanto estremamente attualeil concetto di competizione su base terri-toriale, che si aggiunge alle forme piùnote di competizione: quella su baseaziendale e quella su base urbana.La competizione su base territoriale è, ineffetti, lo scenario proprio dei corridoi, làdove degli insiemi di soggetti, numerosie diversificati su base regionale e sovra-regionale, sono chiamati a esprimere so-stegno a un’opzione di comune interes-se, che richiede però l’espressione diuna forma organizzata e coesa di azio-ne, non solo sul piano politico e istituzio-nale, ma anche su quello tecnico e finan-ziario.Si tratta in sostanza di delineare il profiloevolutivo di sistemi territoriali – dichiara-tamente sovranazionali – che decidonodi associare importanti risorse finanziarieper realizzare investimenti comuni – leinfrastrutture – rafforzando così alcuni le-gami di un destino che è di convergenza,ma che non esclude opzioni legate an-che a scenari di relazioni tra paesi ancheparzialmente diversi.In tutto ciò giocano le convenienze, lepropensioni, le affinità, i precedenti, lecomplementarità, talora anche i pregiudi-zi reciproci tra governi e tra territori.Nella competizione territoriale interven-gono cioè relazioni di sistema che, inquanto tali, coinvolgono ogni genere dirisorsa presente, non solo quelle econo-miche, ma anche quelle storico-culturali,con tutte le loro radici e antefatti.Per questa ragione i sistemi coinvolti ne-cessitano di rappresentarsi come sog-getti portatori di idee e di progetti, comeinterlocutori complessi operanti a tuttocampo, espressione non di un unico in-

teresse (per il corridoio) ma di un panieredi opportunità, talora non tutte esplicite oevidenti, ma capaci di prospettare unprocesso ricco di offerte e aperto a inter-pretazioni e ad apporti esterni.Quella di corridoi è in sostanza una sortadi scena in cerca di attori che vi operinoa partire da un nucleo di aggregazioneiniziale, noto e affidabile, di promotori.Questa sembra essere una realistica in-terpretazione dello stato attuale dei corri-doi europei: un’opzione mobilitante apartire da un nucleo di convincimentoche necessita di formare attorno a sé lamassa critica per divenire azione politi-ca, investimento finanziario, crescitaeconomica prospettiva occupazionale.

Centro e periferianell’allargamento-riunificazioneeuropea

La competitività su base territoriale, cheè un carattere strutturale intrinseco allacostruzione europea, si misura oggi coltema dell’allargamento-riunificazionedell’Europa.La duplice specificazione “allargamento-riunificazione” riveste un significato parti-colare che è opportuno considerare perla duplice valenza dei punti di vista che visi riflettono.Rispetto all’Europa comunitaria, una co-struzione in atto da decenni, l’allarga-mento sta a significare un’estensioneterritoriale di un insieme di principi e diprocedure già in atto, che viene allargatoora ad un gruppo di nuovi paesi, comeeffetto ultimo degli eventi del 1989.Sotto questo profilo si tratta, dunque, diun vero e proprio ingresso di nuovi ade-renti in un sistema preesistente, istituitosu base volontaria, che continua a fun-zionare come tale.Rispetto ai nuovi entranti tutto ciò assu-me però un significato prossimo alla “an-nessione”, qualcosa cioè di sgradito cherievoca eventi drammatici e conclusi del-la storia del XX secolo.Di qui il concetto di “riunificazione” pro-posto per sottolineare una nuova unioneconcepita però su una base di parità e direciprocità da parte dei nuovi partner, traloro accomunati da un dato geografico(l’appartenenza all’Europa centro-orien-tale) e da un dato economico-istituziona-le (la transizione da un sistema di econo-mia pianificata a un’economia di merca-to).Le difficoltà incontrate dalla nuova Con-venzione Europea testimoniano megliodi ogni altra considerazione la reale com-plessità di un problema che, limitatamen-te agli aspetti economico-territoriali, po-ne in evidenza il tema della coesistenzadi un quadro di regole e iniziative comu-ni, ma applicato a una base economica einfrastrutturale estremamente disomoge-

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I TRASPORTIun percorso multidisciplinare

nea come è quella tra regioni dell’ovest edell’est.Il Corridoio 5, sudeuropeo e transpada-no, ben rappresenta, sul piano infrastrut-turale, le difficoltà del tema allargamen-to-riunificazione verso est, facendo pro-prio altresì, il tema del sud, inteso comeproiezione dell’iniziativa comunitaria ver-so l’altra grande area problematica del-l’Europa: il Mediterraneo, con tutte le sueimplicazioni per la politica europea.In sostanza, nel tracciato del Corridoio 5tra Lisbona e Kiev, passando per Torinoe Trieste, si esprime non solo un proble-ma trasportistico e infrastrutturale, ma lavisione di una auspicabile evoluzionedelle relazioni economico-spaziali a livel-lo continentale: allargare il centro e raf-forzare la periferia, a est come a sud.Al contrario, la visione del medesimocorridoio, sotteso nel suo tratto centraletra Strasburgo, Monaco e Vienna, comeespressione di alcuni legittimi interessitransalpini austro-franco-tedeschi, po-trebbe ugualmente iscriversi all’insegnadell’efficienza trasportistica e infrastruttu-rale, ma a tutto vantaggio delle aree cen-trali già ora più dotate e non certo di unaestensione verso la periferia mediterra-nea, un rafforzamento dunque della at-tuale struttura gerarchica dello spazioeuropeo.Il timore che la priorità accordata all’allar-gamento a est induca a traslare nel tem-po la necessità di una maggiore integra-zione col sud – il Mediterraneo comearea di relazioni strategiche per l’Europa– assume, nel caso del Corridoio 5, tuttala sua corposa evidenza spaziale.

Continuità spaziale eintegrazione funzionale

Ciò che appare con chiarezza è che il te-ma dei corridoi, nato come politica deitrasporti a sostegno dello sviluppo delmercato interno, si riferisce in realtà allariorganizzazione infrastrutturale dei terri-tori che ai corridoi afferiscono, e dunqueai sistemi urbani, industriali e turistici ser-viti.Il corridoio, come supporto allo sviluppodi relazioni più intense tra le are attraver-sate, rivela altresì un’esigenza di organi-ca compiutezza del suo sviluppo geogra-fico rispetto alle aree coinvolte.In altri termini, un corridoio è tale solo seconsiderato nella sua interezza, mentreperde il suo significato di corridoio qualo-ra limitato ai singoli segmenti che locompongono, divenendo cioè materia lo-cale e non più transeuropea.Parimenti, il valore di un corridoio è diret-tamente proporzionale all’entità della do-manda servita, cioè alla densità di rela-zioni esistenti e potenziali, necessaria-mente riferibili a indicatori come il PIL, lepopolazioni, il numero d’imprese, etc del-

le regioni attraversate o, meglio, dei ba-cini di traffico serviti.Questo induce a considerare non solo ledorsali fondamentali di un corridoio, chepossono essere terrestri o marittime – ole due cose insieme –, e dunque basarsisu ferrovie, autostrade e sistemi portuali,ma anche, soprattutto, la rete dei sistemiinfrastrutturali minori afferenti a un deter-minato corridoio, con la loro capacitàd’integrazione e di scambio coi sistemilocali coinvolti dal tracciato.La presenza di nodi di rete e di sistemiintermodali costituisce dunque la pre-messa necessaria per il sostegno e losviluppo dei corridoi transeuropei, chedivengono così delle naturali proiezionitransnazionali di sistemi funzionali pree-sistenti, attinenti interi paesi o gruppi diregioni.Il riconoscimento europeo di corridoio èdunque un valore aggiunto attribuito aisistemi locali o nazionali preesistenti, iquali però devono già possedere capaci-tà competitive e specializzazioni funzio-nali autonome che, nell’ambito di unapolitica di corridoio, possono trovare unulteriore vantaggio competitivo grazie al-l’estensione relazionale consentita da unmiglioramento dell’accessibilità al siste-ma dei servizi prodotti localmente.Questo implica un rapporto di reciprocitàtra il corridoio e i poli industriali, urbani eturistici che entrano a farne parte, ognu-no dei quali viene messo in grado di au-mentare i propri vantaggi posizionali at-traverso appropriate politiche locali, chealla presenza del corridoio sappiano re-lazionarsi in modo attivo e innovativo, siasul piano quantitativo che qualitativo.Le attività legate alla mobilità di merci,persone e vettori, sono naturalmente be-neficiate in modo diretto, ma a tutto ciò si

aggiunge un indotto di servizi che posso-no generarsi da un’estensione delle eco-nomie di scala indotte dal corridoio.In sostanza, non di soli flussi materialibeneficiano le aree di un corridoio, maanche dell’opportunità di sviluppo di nuo-ve produzioni immateriali.

Il Corridoio 5 comeconnessione est-ovest

Alla capacità evocativa di scenari colla-borativi insita nell’idea dei corridoi tran-seuropei,fa riscontro una lenta e faticosamobilitazione delle volontà e delle risor-se necessarie.La unificazione dei tanti e diversi interes-si particolari di un corridoio, non apparecerto più agevole dell’organizzazionedelle procedure e delle risorse necessa-rie per passare dalle parole ai fatti (fatti-bilità, tracciati, progetti, finanziamentietc).Tutto ciò si riflette nella vicenda ormaidecennale del Corridoio 5 che, col suodisegno di congiungimento transpadanodella penisola iberica con l’area danubia-na e oltre, evidenzia profili critici tanto aovest quanto a est dell’area padana.Anzitutto il tema delle barriere orografi-che – un transito dei Pirenei e due transi-ti alpini (Moncenisio e Trieste) – che, sulpiano ferroviario, rappresentano impegnifinanziariamente assai più ardui dei cor-rispondenti valichi autostradali, in quantoné gli stati né il mercato paiono oggi ingrado di affrontare con le sole proprieforze il problema.In secondo luogo, una stima costi-bene-fici che non è quella della valutazione diuna infrastruttura singola, ma che ap-partiene a una visione strategica più va-

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I TRASPORTIun percorso multidisciplinare

sta, alla quale concorrono molteplici in-frastrutture, in una visione che è anzitut-to economica e territoriale alla scalatransnazionale.In terzo luogo la prospettiva di realizza-zione delle opere in un tempo lungo, ilche richiede un presidio istituzionale so-vra e trasnazionale, come garanzia dicoerenza e di continuità nel tempo e nel-lo spazio dell’intenzione perseguita.In quarto luogo, la frammentaria perce-zione del problema da parte di stati, re-gioni, città e comunità locali coinvolte, incui i tanti e spesso legittimi particolari-smi devono essere pilotati verso una so-luzione comune che ben difficilmentepotrebbe costituire l’esito di un processospontaneo, affidato alla buona volontàdei molti o alla sola pressione del mer-cato.Una tematica, questa, nella quale as-sunti tipici del linguaggio comunitario,come “coesione”, “competizione” e “so-stenibilità dello sviluppo”, presentanomolteplici opportunità per essere decli-nati, alla grande come alla piccola scala,in un rinvio continuo tra aspetti particola-ri e visione generale.E, almeno sotto questo profilo, la temati-ca appare certamente appropriata permobilitare dei punti di vista che sono eu-ropei in senso proprio, in quanto riferitialla scena continentale e comunitaria.

La posizione italiana in Europa

Alla prospettiva del Corridoio 5 comepuro nesso geografico di relazioni diret-te iberico-danubiane, di cui la storia eu-ropea in epoca moderna non ha ancoraevidenziato significativi sviluppi, il terri-torio italiano delle regioni settentrionalioffre un legame che è, al tempo stesso,storico e geografico, in quanto frutto direlazioni che le diverse componenti delsistema economico-insediativo padano-veneto-friulano hanno sviluppato e tutto-ra intrattengono, sia per terra che permare, con le parti restanti del corridoio.In effetti, nell’area di pianura compresatra l’arco alpino, le sponde settentrionalidell’Adriatico e del Tirreno e l’inizio delladorsale appenninica, si sviluppa uncomplesso insediativo e produttivo (in-dustriale, terziario, turistico e agricolo)tra i più densi e diversificati esistenti inEuropa, che comprende otto regioni ita-liane (Piemonte, Valle d’Aosta, Lombar-dia, Liguria, Emilia-Romagna, Veneto,Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giu-lia) con circa 26 milioni di abitanti.Non si tratta certo di un sistema unitarioa livello produttivo e insediativo, ma diun insieme di sottosistemi economico-funzionali, tutti dotati di forti relazioniesterne, ma accomunati da una comunecondizione geografica, che potremmodefinire compresa tra l’Europa centrale

e il Mediterraneo centro-settentrionale.Una sorta di macro-regione le cui rela-zioni con l’esterno, realizzate sempretramite porti o tramite valichi alpini, han-no storicamente consolidato legami coni paesi rispettivamente confinanti, in unrapporto di scambi direttamente propor-zionali alla crescita delle moderne eco-nomie di mercato.Questo fa sì che le relazioni oggi quanti-tativamente dominanti siano di tiponord-sud, col grande cuore continentale(Germania, Benelux e Svizzera), mentrequelle verso ovest, Francia e Spagna,ugualmente consolidate, appaiano diminor entità in valore assoluto in rappor-to alla ridotta dimensione di quei merca-ti di sbocco; per altro, le relazioni versoest hanno conosciuto negli ultimi anniuna forte crescita, conseguenza direttadell’apertura dei mercati negli anni ’90.All’atto pratico, il sistema padano-vene-to-friulano può essere pensato comecomposto da due grandi sottosistemiproduttivi e insediativi: il nord-est (Trive-neto ed Emilia-Romagna) fatto di cittàmedio-piccole e di PMI organizzatesi indistretti specializzati nel corso dell’ulti-mo trentennio; il nord-ovest, lombardo-ligure-piemontese, dove la grande indu-stria tradizionale, dopo aver conformatoanche il sistema urbano attorno a grandiaree metropolitane, sta ora evolvendoverso modelli produttivi più decentratisul piano manifatturiero, ma sempre ac-centrati a livello dei servizi.Naturalmente, all’interno di queste duemacro-aggregazioni, sono a loro voltadistinguibili unità insediativo-produttivedi minori dimensioni e con proprie preci-se specializzazioni.Questa sorta di grande enclave, com-presa tra le Alpi e il Mediterraneo, costi-tuisce cioè un contenitore di attività,spazialmente compresse, che intrattie-ne relazioni esterne in tutte le direzioni,e che oggi constata una progressivacrescita percentuale del peso dell’asseest-ovest.Assecondare un simile processo, che èil prodotto dell’economia di mercato,comporta un nuovo orientamento deiprogrammi infrastrutturali, per loro natu-ra tutti impostati nel lungo periodo e alservizio dei flussi commerciali dominan-ti.È questa la ragione per la quale tutta l’e-laborazione delle proposte infrastruttu-rali più mature e metabolizzate dai siste-mi locali coinvolti è in senso nord-sud,mentre molte delle nuove opere che sivanno imponendo come necessarie so-no invece orientate in senso est-ovest,verso paesi e regioni limitrofi, con i qualii flussi di scambio stanno aumentando.Nasce da tutto ciò l’esigenza di un veroaggiornamento della visione geopoliticache regge la presenza in Europa delleregioni settentrionali italiane.

Visione europea degli interessiitaliani

Ai forti legami con il centro Europa, frut-to dell’evoluzione del dopoguerra, vaaggiunto (e non sostituito) il progetto dinuovi legami verso est e verso ovest.Tutto ciò va ben oltre il tema trasporti-stico e infrastrutturale, perché rientra inun quadro di relazioni internazionali edi posizionamento strategico del paeserispetto ai rapporti geografici di prossi-mità e di complementarietà che essointrattiene con le aree e i paesi confi-nanti, alla luce dei cambiamenti in atto.Esiste, dunque, la necessità di una ret-tifica dei programmi e dei punti di vistadominanti a vari livelli amministrativi: iltema nuovo che si rappresenta consi-ste nell’appropriarsi della portata dellenovità, vincendo l’inerzia stessa dellepiattaforme consolidate di interessi daservire, elaborate nel corso dell’ultimodopoguerra.Lo scopo è prospettare forme nuove diintegrazione trasnazionale, di tipo eco-nomico-funzionale, che interpretinonella giusta prospettiva storico-geogra-fica quel concetto di “territorio europeo”che è destinato a sostenere lo sviluppodel mercato interno, in una logica orga-nizzativa corrispondente all’emergeredi nuove “euroregioni” trasnazionali,definite da nuovi caratteri e interessicomuni, e dotate di articolate politichedi accompagnamento.Si tratta di processi di lungo periodo,destinati a trascendere la vita ammini-strativa dei proponenti stessi, il cui le-gante si misura assai più col metro diun futuro di convergenza che non conun passato di contrasti.Come va allora interpretato l’impattodel Corridoio 5 da parte delle regioni edei sistemi locali italiani direttamente oindirettamente interessati?Va anzitutto osservato che il corridoio sipresenta con due distinti caratteri: adovest esso rafforza, con l’AV/AC, un si-stema di collegamenti già soddisfacen-te tra aree ad economia matura – ilnord-ovest italiano con il sud francesee la Catalogna –, avvicinando due cittàcome Torino e Lione che trarrebberobenefici da una facile possibilità d’inte-grazione di economie avviate versoproduzioni “post-industriali”.Ad est il problema è invece l’opposto:realizzare un sistema di collegamentiefficienti verso il bacino danubiano e ol-tre, completando una dorsale autostra-dale che oggi non arriva neppure alconfine ungherese e modernizzandouna rete ferroviaria obsoleta, in tantaparte neppure elettrificata e con grandiproblemi di interoperabilità per la suc-cessione ravvicinata di frontiere diver-se (Slovenia, Croazia, Ungheria). Leeconomie estere chiamate a benefi-

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I TRASPORTIun percorso multidisciplinare

ciarne sono tutte economie in transizio-ne, che devono definire il loro ruolo in-dustriale e terziario nella nuova divisio-ne internazionale del lavoro e si trova-no in posizione geografica intermediatra paesi occidentali evoluti e paesiorientali (Ucraina, Russia) arretrati. Il modello di produzione delle PMI èuna delle maggiori opportunità che l’e-conomia italiana può concretamenteoffrire a questi paesi.Al centro si trova la Lombardia, la piùimportante tra tutte le regioni del Corri-doio 5, che possiede solidi canali di co-municazione col baricentro europeoposto a nord delle Alpi e rivela una fortee dinamica componente di economiadei servizi, che si giova tanto dei colle-gamenti terrestri che di quelli aerei, co-stituendo storicamente il maggior nodotrasportistico del nord Italia, anche senon per questo il più efficiente.Questo fa sì che la percezione dell’im-portanza del corridoio per le regioni ita-liane sia molto più forte sulle ali (a oveste a est cioè) che non al centro; e a ciò siaggiunge, per altro, che il maggior in-cremento prevedibile dei flussi terrestrisia atteso proprio là dove – a est – il si-stema infrastrutturale esistente è stori-camente assai più debole, per effetto di-retto delle vicende storico-politiche degliultimi centocinquanta anni. All’apparente chiarezza del progetto dicorridoio, fà dunque riscontro un quadrodi interessi locali e di dotazioni infra-strutturali di base che è, rispettivamen-te, frammentario e squilibrato, in uncontesto amministrativo e imprendito-riale che non ha ancora metabolizzatoappieno l’utilità del disegno di corridoiocome grande “opportunità-necessità”geoeconomica del prossimo futuro.Se il tema centrale è rappresentato daitracciati e dai finanziamenti delle infra-strutture – tema comune a tutti i corridoidella rete TEN-T - va chiarito però cheesso non esaurisce il problema.Occorre, infatti, compiere lo sforzo diindividuare tutta una serie di tappe in-termedie che all’obiettivo finale del cor-ridoio associno tutte le politiche di so-stegno necessarie a confermarne l’im-portanza, e a rivelarne gli interessi mo-bilitabili e mobilitati.È un campo di iniziative cui sono chia-mate tanto le amministrazioni pubbli-che quanto le imprese private, che delcorridoio potranno beneficiare, stimo-lando soprattutto il ruolo di quelle part-nership straniere associabili attorno aconcreti vantaggi di interesse comune.In modo particolare, sono soprattutto lefiliere della integrazione industriale ecommerciale a trarre i benefici più diret-ti di una maggiore facilità di comunica-zione terrestre, attraverso il ridisegno,già oggi in atto, della rete di piattaformee di nodi intermodali, destinati a soste-

nere il sistema distributivo dei flussi delmercato interno europeo, che si ristrut-tura organizzativamente e si espandegeograficamente.In questa fase, di azioni politiche ad al-to livello (intergovernativo, consiglioeuropeo), volte a garantire il riconosci-mento della priorità comunitaria attri-buita ai corridoi, è necessario associa-re anche azioni dal basso, allo scopo dichiarire il concreto valore socio-econo-mico e l’organizzazione spaziale chead un progetto di corridoio si deve ac-compagnare.

Il progetto AlpenCorS:uno sviluppo tematico del Corridoio 5

L’Unione Europea mette a disposizionedei paesi membri, e di quelli prossimi al-l’adesione, programmi finanziati per favo-rire lo sviluppo di iniziative comuni di ca-rattere transnazionale, volte a valorizzarecontenuti di significato “comunitario”.Tra questi, il programma Interreg IIIB2000-2006 identifica una grande sub-area denominata “Spazio Alpino”, checomprende la catena montuosa e le pia-nure che la circondano, come una gran-de area di integrazione posta tra il Medi-terraneo e il centro Europa.All’interno della priorità assegnata al te-ma trasporti, previsto da questo pro-gramma, nel 2002 è stato approvato ilprogetto AlpenCorS (Alpen CorridorSouth), proposto dalla Regione Venetocome approccio strategico al tema delCorridoio 5 transeuropeo, considerato li-mitatamente al suo segmento centrale,compreso tra la regione francese Rhone-Alpes e il confine ungherese della Slove-nia.Attende allo sviluppo del progetto un par-tenariato internazionale che comprendesedici soggetti (sei amministrazioni pub-bliche, sette privati e tre università), orga-nizzato in nove gruppi tematici di lavorocoordinati dal Veneto, con una conclusio-ne del lavoro prevista per il maggio 2005.Oggetto specifico del lavoro è una elabo-razione dal “basso” dell’idea di corridoiocome approfondimento di contenuti set-toriali collegati ad alcuni assi tematici,centrali nel concetto stesso di corridoio.Cinque distinti approcci disciplinari pre-siedono allo sviluppo dell’intero lavoro.Anzitutto un’analisi multisettoriale (tresettori) della struttura economica delleregioni interessate, individuate sulla ba-se di due distinte definizioni geografiche– una ristretta e una allargata all’idea dibacino –, con previsioni della loro evolu-zione al 2010 e al 2015, cui è associatala domanda di trasporto indotta dalla cre-scita stimata dei PIL su base regionale,per gli effetti che questa avrà sulla mobi-lità e sull’uso delle infrastrutture.

In secondo luogo, una approfondita ana-lisi della domanda di trasporto oggi esi-stente, con la realizzazione di un model-lo di simulazione della mobilità – stradalee ferroviaria – di corridoio (tra Lione eBudapest) sulla base di dati provenientida una specifica indagine sul campocondotta nel corso del 2003 (volumetri-che e O-D) in decine di postazioni.Questo approccio consente una circo-stanziata messa a punto delle criticitàesistenti e di quelle attese, almeno entrol’arco del 2015, con una valutazione di-retta della futura domanda generata dal-lo sviluppo economico (PIL) delle diverseregioni del corridoio.In terzo luogo, una attenta disamina del-la offerta tecnologica (ITS-ICT) a dispo-sizione del settore dei trasporti (applica-bile ai veicoli e alle infrastrutture), al finedi prendere in considerazione tutta unagamma di servizi in favore della efficien-za e della sicurezza della mobilità, col fi-ne ultimo di servire tanto la domandaquanto la offerta, in una ottica di cre-scente integrazione degli standard tec-nologici comuni che caratterizzeranno lamobilità dei paesi europei negli anni avenire.Si tratta di un campo vasto e dinamico, alquale la U. E. associa grande importan-za e grandi risorse, dal momento che èdestinato a incidere in modo diretto suicomportamenti degli operatori, degliutenti e dei consumatori.In quarto luogo, la costruzione di unoscenario della intermodalità e della logi-stica nell’ambito del corridoio, come ap-proccio interno agli interessi e alle dina-miche organizzative e imprenditoriali diun settore – il trasporto merci – che co-stituisce il necessario complemento allosviluppo del mercato interno europeo.Si tratta di cogliere le opportunità interneed esterne al settore, secondo un’otticapragmatica di ispirazione imprenditoria-le, volta a individuare opportunità e fab-bisogni, interpretando, dentro le coordi-nate spaziali del corridoio, tutti queglispunti necessari alla realizzazione dipiattaforme intermodali e alla creazionedei servizi innovativi che caratterizzanola radicale riorganizzazione della mobili-tà nel continente, già oggi in atto.Infine, la costruzione dello sfondo territo-riale sul quale insiste il corridoio, con ciòintendendo i programmi e le azioni diquei soggetti (stati, città, regioni e comu-nità locali, ma anche autostrade, ferro-vie, centri merci, etc) che determinano lemodifiche della infrastruttura fisica deltrasporto e influenzano l’andamento deisuoi flussi, così producendo impatti tan-gibili sulla organizzazione spaziale deiterritori coinvolti e sui punti di vistaespressi dalle collettività locali.Per altro, questo approccio costituisce laverifica empirica che un corridoio nonpuò certo venire concepito come prodot-

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I TRASPORTIun percorso multidisciplinare

to spontaneo di una azione casuale e di-spersa, frutto di un naturale processo diadattamento dell’offerta alla domanda,ma deve essere presidiato da una logicaorganizzativa unitaria, che agisca all’in-terno delle molteplicità di soggetti pre-senti e capaci di influire sulla mobilità dicorridoio.Dentro questa griglia di sviluppi tematicisettoriali, ma fortemente convergenti sultema centrale della fattibilità, viene svi-luppata una serie di approfondimenti ter-ritoriali – una sorta di test – dell’impattoche il corridoio produce su territori parti-colari, appositamente individuati a ovest,al centro e a est del tracciato, allo scopodi valutare concretamente le diverse ri-cadute e le possibili interpretazioni “dalbasso” di un disegno di questa scala.

Profili di politica di corridoio

Un corridoio, a differenza di una infra-struttura, va interpretato come una sortadi programma di lunga durata, cui atten-dono molti interpreti e che necessita diuna sequenza di azioni da compiersi inluoghi diversi e in tempi diversi, ma conun intento convergente nelle sue lineeispiratrici fondamentali.Per altro, ogni corridoio presenta una te-matica propria e costituisce dunque unprogramma a sé, a partire da un nucleoiniziale di assunti che poi vengono verifi-cati, estesi, tradotti in interventi, in azionie in forme di gestione.In questo senso è utile ripercorrere l’e-lenco degli assunti essenziali, perché diqui provengono i principi di una politica disostegno valida anche nei confronti dellarealizzazione del Corridoio 5 paneuro-peo, nella sua versione transpadana:■ anzitutto un corridoio va pensato come

un territorio, all’interno del quale esi-stono – in quanto parti integranti e co-stitutive del corridoio stesso – sistemiurbani e industriali e in taluni casi an-che turistici, che del corridoio sono iprimi beneficiari; ognuno di questi si-

stemi ha l’utilità e l’opportunità di espri-mere un proprio contributo alla realiz-zazione del corridoio, allo scopo ditrarne vantaggi per le proprie imprese(accessibilità e profitti) e per i propricittadini (redditi e occupazione);

■ un corridoio è in realtà un reticolo in-frastrutturale, fatto di nodi e di aste, incui si assume come rilevante il servizioreso ai flussi in una certa direzione,ma che si giova di tutte le relazioni cheil corridoio stesso intrattiene con l’in-sieme delle aree attraversate (sistemilocali) e con altre grandi direttrici na-zionali ed europee che lo intersecano(rete TEN-T e altro);

■ prerogativa di un corridoio è di essereestremamente permeabile e di scam-biare a breve e a lungo raggio, essen-do in ciò assai più simile a una sorta dispugna che assorbe e rilascia lungo ilpercorso che non a una condotta, chetrasferisce da un capo all’altro del suotracciato ciò che vi viene immesso,senza alcuna relazione con lo spazioattraversato;

■ un corridoio è di per sé plurimodale esi giova di ogni forma di intermodalitàpossibile: da quella gomma-ferro, cheè la prima prerogativa dei tracciati ter-restri, alla intermodalità terra-acqua,componente essenziale di quelli marit-timi, fino a comprendere tutte le rela-zioni con le altre tecnologie intermoda-li, ivi compresa l’aria: un corridoio hainfatti la opportunità di connettere larete degli aeroporti europei con i gran-di assi di distribuzione terrestri;

■ la realizzazione di un corridoio è unprocesso di convergenza tra comunitànazionali e comunità locali che, a parti-re da un intento iniziale, di natura chia-ramente politica, si sviluppa in terminiprogrammatici e istituzionali, per dive-nire infine investimento, infrastruttura,scambio economico e culturale, inte-grazione a livello trasnazionale; tuttociò configura un processo di lungo pe-riodo che richiede un presidio istituzio-nale condiviso e permanente;

■ il processo di convergenza all’internodi un corridoio si esplica necessaria-mente attraverso forme diverse di col-laborazione: di carattere “interistituzio-nale” tra stati, regioni e città che rica-dono negli ambiti geografici interessatidai tracciati; di carattere “organizzati-vo” tra società di infrastrutture (auto-strade, ferrovie, idrovie, porti, interpor-ti, aeroporti, etc) che gestiscono i flussidi trasporto; di carattere “operativo” traimprese di trasporto (tradizionale, in-termodale, operatori logistici) che attri-buiscono valore aggiunto alla catena erendono redditizi i flussi; di carattere“economico”, tra imprese capaci disfruttare in termini di profitti le comple-mentarietà produttive consentite dalcorridoio;

■ per la complessità dei programmi eper l’entità degli impegni finanziari, uncorridoio si misura necessariamentecol tema della partnership tra pubblicoe privato, sia sul piano degli investi-menti da compiere che per la condivi-sione delle politiche infrastrutturali etariffarie poste in essere per garantireefficacia e redditività agli investimenti;

■ tutto ciò consente di affermare che uncorridoio è il prodotto di un processo dicondivisione strategica delle politicheper la mobilità, di convergenza sugli in-vestimenti, di realizzazione di forme in-tegrate di gestione dei flussi di trafficotrasnazionali; in questo ambito la con-certazione infrastrutturale rappresentacertamente l’impegno più rilevante, perl’onere finanziario associato ma nonassorbe la totalità del problema;

■ oltre alla politica dei trasporti e delle in-frastrutture, il processo di attuazione diun corridoio può dar luogo a economiedi scala che favoriscono, ad esempio,la creazione di corridoi energetici, il ri-ordino infrastrutturale, forme di tutelaambientale o forme organizzative com-plementari tra sistemi locali transfron-talieri, come ad esempio aziende mu-nicipalizzate, sistemi sanitari, reti uni-versitarie, imprese turistiche, etc. ■

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I TRASPORTIun percorso multidisciplinare

Prima di parlarVi dell’Interporto Qua-drante Europa, il più importante e primointerporto italiano per volumi di trafficocombinato vorrei fare una breve pre-messa per presentare l’ente che oggirappresento: il Consorzio ZAI, consor-zio di sviluppo industriale istituito in ba-se a legge speciale che accompagna esostiene lo sviluppo economico verone-se da oltre cinquant’anni.

Consorzio ZAI

È un ente istituzionale a base territorialecon compiti di pianificazione urbanisticae di propulsione allo sviluppo globaledel territorio e dell’economia, alla cuigiurisdizione sono state riservate quat-tro aree del comprensorio veronese:■ la zona industriale denominata ZAI

storica, (4 milioni m2) nella quale sonoinsediate oltre 1.000 aziende, ope-ranti soprattutto nel settore agro-indu-striale, con oltre 25.000 addetti;

■ l’altra zona industriale ZAI Due Bas-sona (1 milione m2) in cui sono inse-diate 120 aziende che svolgono attivi-tà ad alto contenuto tecnologico conca. 4.000 addetti;

■ la futura area tecnologica e dell’Inno-vazione denominata Marangona,(1.300.000 m2);

■ l’area del Quadrante Europa(4.000.000 m2), con oltre 150 unità in-sediate, circa 6000 addetti.

Si tratta di un vero e proprio sistema in-frastrutturale di 10 milioni di m2 che costi-tuisce un punto di forza economico natu-rale per la presenza di circa 1.500 ditte e45.000 addetti, fra diretti e indiretti.

Quadrante Europa

Con l’infrastruttura interportuale del Qua-drante Europa, realizzata all’incrocio del-le autostrade Serenissima e del Brenne-ro e del corrispondente nodo ferroviario,all’incrocio di due dei principali corridoieuropei, Verona è diventata punto fermoper la raccolta e la distribuzione dellemerci in Europa, ponendo l’Interporto alprimo posto in Italia per volumi di trafficocombinato (all’anno movimenta 6 milionidi tonnellate su ferrovia e 18 milioni ditonnellate su strada).Il Quadrante Europa è un sistema orga-nico e integrato di intermodalità e logisti-ca che può essere più propriamente defi-nito come “Parco di attività logistiche”, inquanto offre una pluralità di servizi con le

caratteristiche della diversificazione, del-la specializzazione.Nell’ottica di consentire alle aziende delsettore del trasporto e della logistica dipoter resistere sul mercato globale ecompetere a livello sovranazionale, sidevono fornire alle aziende condizioni ta-li che esse possano offrire servizi di altolivello qualitativo e quantitativo.Tra i vari servizi a disposizione delleaziende nel Quadrante Europa, si posso-no annoverare i seguenti:■ Centro Direzionale: uffici di operatori

interportuali e del mondo del traspor-to, posta, bar ristorante, banca, servizicollettivi, docce, telefono, fax, servizioinformazioni;

■ Zona Ferroviaria: terminal per i tra-sporti combinati su 160.000 m2 con 12binari, gestito da CEMAT; fascio di 8 bi-nari per la presa e la consegna; stazio-ne ferroviaria con fascio di 18 binari.Dal terminale oggi partono e arrivano14 coppie di treni;

■ Dogana: con operazioni doganali, visi-te veterinarie e fitopatologiche su65.000 m2;

■ Centro Spedizionieri: 200.000 m2 diarea su cui insistono 70.000 m2 copertidi magazzini raccordati ferroviaria-mente, in cui sono insediate aziende dirilevanza nazionale ed internazionale,di cui il 40% straniere;

■ Centro Autotrasportatori: uffici con70.000 m2 di piazzali;

■ Centri Logistici: l’area di 220.000 m2 èper parte occupata da AutogermaSpA, società del gruppo Volkswagen,distributore delle autovetture Skoda,Audi, Seat e Volkswagen, si estendesu 180.000 m2 con magazzino logisti-co raccordato di 60.000 m2;

■ Servizi ai mezzi: parcheggio custoditoper TIR; officina meccanica; distributo-re; centro revisione mezzi; centro assi-stenza per veicoli industriali a tempe-ratura controllata;

■ Magazzini Generali: su 200.000 m2 di

cui circa 50.000 coperti, magazzini fri-goriferi, merci varie, grossa mole;

■ Parco urbano: polmone verde di80.000 m2;

■ Rete telematica: un’isola ottica collegatutte le parti dell’Interporto fornendoservizi di trasmissione dati, fonia, im-magini e l’accesso a banche dati inter-nazionali. Una rete intranet che dàpossibilità di connessione ai singoliutenti del Quadrante Europa;

■ Polo Agro-Alimentare: su 600.000 m2

è stata realizzata la più vasta piattafor-ma logistica italiana per raccolta, distri-buzione e commercializzazione all’in-grosso dei prodotti agro-alimentari confunzione di rilevanza sovranazionale.

Gestione interportuale

La particolarità nella gestione dell’infra-struttura interportuale consiste nell’es-senziale funzione di programmazione,coordinamento, garanzia e organizzazio-ne dell’Interporto da parte del ConsorzioZAI, con la netta separazione tra le fun-zioni interportuali proprie dell’ente con-sortile e le singole attività di chi opera nel-l’Interporto. L’operatività sui traffici e sullalogistica è esclusività degli operatori.In effetti l’Interporto è nato per privilegia-re la logistica, intesa come elemento in-tegrante della produzione industriale, so-stenuta dalla multimodalità e che rappre-senta una delle principali sfide per miglio-rare la competitività del sistema produtti-vo locale, nazionale ed internazionale.

Intermodalità e logistica

Intermodalità e logistica sono divenutecon il Quadrante Europa due funzioni ec-cellenti dell’area veronese il cui percorsodi sviluppo verso l’economia cosiddettaglobale è stato intrapreso con allestimen-ti strutturali e con strategie adeguate.

Dr. Raffaele Frigo, Direttore Consorzio ZAI Interporto Quadrante Europa

Interporto eintermodalità a VeronaRaffaele Frigo

Interporto Quadrante Europa

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I TRASPORTIun percorso multidisciplinare

A questo risultato si è giunti grazie al si-stema infrastrutturale dell’Interporto ve-ronese che è stato concepito come un si-stema organico e integrato di funzioni,che è diventato “fulcro strategico di servi-zi e attività idonei allo sviluppo degliscambi internazionali”.È punto di incontro ideale per il trasportomerci stradale, ferroviario e aereo, nazio-nale e internazionale; in particolare vi so-no trattati i traffici merci internazionaliprovenienti o diretti al centro-nord Euro-pa attraverso il Brennero, i traffici da eper la Francia e la Spagna e per i paesidell’est europeo.Tramite l’Interporto di Rovigo, il Quadran-te Europa si è collegato con il canale flu-vio marittimo Milano-mare Adriatico. Dal-l’inizio dell’anno alla banchina di Rovigonel 2003 hanno attraccato 250.000 ton-nellate di merci, togliendo più di 8.000TIR dalle strade.Il Quadrante Europa interconnette le dif-ferenti modalità di trasporto (ferro, gom-ma, aria); concentra i flussi di traffico; for-nisce l’accesso ai corridoi del trasportoeuropeo; raggruppa diverse aziende ditrasporto; offre servizi telematici.Può a ragione essere considerato una“città delle merci” ove si concentrano glioperatori del trasporto, della dogana, del-la logistica integrata e distributiva ai qualivengono offerti servizi che stimolano lacultura d’impresa e le chances di svilup-po e dialogo con il resto dell’Europa.A questo punto è opportuno sottolineareche la caratteristica innovativa ed esclu-siva dell’Infrastruttura interportuale italia-na e non solo veronese, consiste nelconcentrare al suo interno strutture logi-stiche comprendenti uno scalo ferroviarioidoneo a formare o ricevere treni comple-ti tradizionali e intermodali (casse mobili,containers, semirimorchi).Altro elemento fondamentale è il collega-mento con i porti, gli aeroporti – il Qua-drante Europa è collegato direttamentecon l’Aeroporto Valerio Catullo – e la via-bilità di grande comunicazione per allac-

ciarsi a una rete logistica nazionale e in-ternazionale e favorire lo scambio di mer-ci tra le diverse modalità di trasporto.Si consideri il livello di internazionalitàche caratterizza da sempre l’Interportoveronese, venendo in esso realizzato cir-ca il 30% di tutto il traffico terrestre com-binato italiano e oltre il 50% del trafficoterrestre internazionale combinato italia-no, con un servizio incentrato sul trenocompleto.Inoltre esso opera in rete con gli Interpor-ti italiani di rilevanza nazionale attraversoUnioninterporti e, attraverso Europlat-forms, con quelli di rilevanza europea.È comunque necessario, vista la posizio-ne riconosciuta a Verona e all’infrastrut-tura del Quadrante Europa come centrodi smistamento per e da il Nord Europa diprimaria importanza, consolidare talecentralità anche a livello internazionale,attrarre nuovi flussi di traffici e stringerealleanze e collaborazioni con strutture si-milari e altri centri di traffico merci, inun’ottica non solo regionale, ma di livellonazionale ed internazionale.La combinazione tra porti, aeroporti e in-terporti rappresenta la soluzione vincen-te cui il sistema italiano deve adeguarsicon estrema rapidità dotandosi di stru-menti specifici di marketing territorialeper attirare investimenti evitando la di-spersione delle risorse e la proliferazionedi infrastrutture.Consci delle profonde mutazioni del pa-norama europeo che ci coinvolgerannopesantemente, sono state avviate nuoveiniziative per il potenziamento della fun-zione ferroviaria:■ l’immissione diretta della linea ferrovia-

ria del Brennero nell’Interporto è oraoperativa;

■ l’incremento del fascio binari di presa econsegna dell’intero impianto ferrovia-rio intermodale, ormai attuato;

■ l’ampliamento del terminale per poterfare fronte al continuo sviluppo del traf-fico combinato e intermodale che saràoperativo a fine 2005;

Ulteriore prospettiva di sviluppo è statal’attivazione del sistema dell’Autostradaviaggiante, realizzato da CEMAT SpA ein sinergia tra ferrovie italiane e ferrovieaustriache sulla direttrice Verona-Wörgle viceversa.Inoltre, attraverso la società QuadranteServizi, vi è stata l’acquisizione del ramod’azienda ferroviario dei Magazzini Ge-nerali di Verona, adempiendo al serviziodi trazione nell’Interporto con criteri di ef-ficienza, di efficacia e di neutralità.È stata pure potenziata l’offerta a serviziodella logistica, mediante l’ultimazione didue piattaforme logistiche per complessi-vi 20.000 m2 coperti e, nel medio termine,in concomitanza con il potenziamentoferroviario, saranno realizzate altre piat-taforme logistiche per ulteriori 50.000 m2

di superficie coperta.Ultimamente il Consorzio ZAI InterportoQuadrante Europa è stato riconosciutoente promotore del Distretto LogisticoVeronese, che ha la particolarità di esse-re un distretto di servizi. Si tratta di unmondo di 3.500 aziende con 14.000 ad-detti diretti, che muove un fatturato com-plessivo stimato in circa 1,1 miliardi diEuro (circa 2.200 miliardi di lire). Ora sista lavorando per costituire un Osserva-torio della Logistica con la collaborazionedei distretti logistici di Padova e di Vene-zia-Treviso.Concludendo possiamo affermare che ilConsorzio ZAI da sempre ha portato eporta avanti le iniziative attraverso unaattenta strategia, interventi di promozio-ne e di sviluppo, studi e verifiche di com-patibilità con il territorio economico socia-le e di sostenibilità ambientale, reso at-tuabile con il diretto coinvolgimento delleistituzioni e dei soggetti (pubblici e priva-ti) che in prima persona costruiscono epartecipano alla propulsione della territo-rialità fisica e virtuale veronese e del suosviluppo.Vi ringrazio per la Vostra attenzione, nel-l’attesa di ospitarVi domani per una visitaalla nostra infrastruttura. ■

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I TRASPORTIun percorso multidisciplinare

Prof. Cesare Surano, docente di Economia dei Trasporti, Università di Verona

A questo punto, come il dott. Jekill e Mi-ster Hyde, cambio cappello e mi dò laparola, nel senso che sono anch’io unodei relatori e relaziono su qualcosa chetutto sommato ha poco da spartire, o al-meno in apparenza avrebbe poco daspartire con quanto è stato detto in pre-cedenza, perché non si può dimentica-re il fatto che sono cento anni che si vo-la.Esattamente cento anni fa, il 17 dicem-bre 1903, c’è stato il primo volo.Tanti anni fa, a lezione, quando si parla-va di questo argomento sottolineando ilruolo essenziale del trasporto aereo, mipiaceva dire agli studenti che il volo nonaveva ancora cento anni. Ed ecco chefinalmente ci siamo arrivati: quest’anno,nel mese di dicembre (il 17 e oggi sia-mo all’11) festeggiamo i cento anni. C’ètanta gente che ha passato i cento an-ni, c’è tanta gente che è nata prima del“primo” volo. Il primo volo del “più pesante dell’aria” èun avvenimento importante, perché cifa pensare parecchio. In realtà il primovolo non ha niente a che fare con i tra-sporti aerei: proprio niente, zero. È soloun’impresa interessante svoltasi in unazona del North Carolina che si chiamaKitty Hawk. Era allora una landa deso-lata che due fratelli riparatori di biciclet-te, i fratelli Wright, avevano affittato perfare le prove di alcuni loro strani esperi-menti. Era un hobby, un desiderio, unqualche cosa che non si sapeva bene:due anni prima avevano preso in affittoquesto terreno per poter fare dei giochicon gli aquiloni ed i motori. Giochi unpo’ diversi dagli altri, perché è vero cheavevano incominciato nel 1890-1895 aprovare delle ali, ma poi era venuta l’i-dea di applicare un motore. Non eranosolo loro a provare a fare queste cose,anzi. Il primo volo è stato quasi una sol-lecitazione a una gara fra appassionati.C’era un certo signor Samuel Langley,segretario allo Smithsonian Institute,una istituzione benemerita (a Washing-ton c’è un museo con questo nome),che stava facendo gli stessi esperimen-ti lì in zona, ma tanti altri stavano facen-do le stesse cose in Europa. È un po’come il discorso fatto questa mattinadal professor Mirandola a proposito del-l’automobile: c’erano tante personeche, indipendentemente le une dalle al-tre, “giocavano” con queste cose. I fra-telli Wright volevano arrivare primi (lospirito americano nella competizione è

notevole) e a un certo punto hanno in-cominciato a provare con dei prototipi.Quando hanno provato, qualche giornoprima del 17 dicembre. non sono riusci-ti. L’aereo era una specie di trabiccolo,io lo chiamo così: basta vedere le foto-grafie (abbiamo una documentazionefotografica del primo volo), dove si notaun accrocco di legno, tela e quant’altroancora, che non ha nemmeno le ruote.Ha una slitta, c’è un binario su cui correquesta specie di marchingegno e a uncerto punto si cerca di lanciarlo. Neigiorni precedenti l’esperimento non vabene, il vento spira “male”. Da notareche i fratelli Wright, che studiavano ap-punto il rapporto fra ali, vento, portanza

delle ali, motore, avevano scelto quellalocalità perché lì il vento andava “bene”.Riparano i danni al mezzo e finalmenteil 17 dicembre riprovano e riescono.L’aereo si chiama Flyer (nome bellissi-mo!). Quanto vola Flyer? Dodici secon-di per quaranta metri: questo è tutto.Dodici secondi, quaranta metri. È unodei due fratelli, Orville, l’altro, Wilbur hapreso qualche botta il giorno prima. ÈOrville che ci prova e riesce. Entusia-smo: dodici secondi, quaranta metri,proviamoci ancora, proviamoci ancora.Proviamoci ancora: il quarto volo dellagiornata è splendido (me lo sono anno-tato perché è troppo bello!) ma non èarrivato a un minuto: solo 59 secondi. Per tutto il 1903 non si vola più, e nean-che per il 1904. È buffo pensarci: hannofatto solo questa operazione che nonrende niente, e questo per un america-no è grave. Gli americani devono sem-pre tirare fuori qualche cosa di utile dal-le cose che fanno. Poi di mestiere iofaccio l’economista, quindi bisogna ra-gionare su quanto rende una certa im-presa. Questa non rende nell’immedia-to e non rende neanche nel futuro: iWright diventano famosi, sì, ma riman-

Cento anni di trasportoaereo: relazioni traaeroporto e territorio

Cesare Surano

Sopra, il velivolo Flyer di Wilbur Wright ripresonel 1908-1909 in occasione di un volo dimo-strativo in Francia.A fianco, un bimotore Bloch 220 dell’Air Fran-ce in volo sulla Francia, 1933Le foto che accompagnano questa relazione so-no tratte dal libro di Riccardo Niccoli “La storiadel volo. Dalle macchine volanti di Leonardo daVinci alla conquista dello spazio”,edizioni WhiteStar, Vercelli, 2002

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I TRASPORTIun percorso multidisciplinare

gono dei “poveretti”, non riuscirannocommercialmente a “piazzare” la loroinvenzione. In effetti il loro aereo è giàqualcosa di molto superato, malgradosia stato il primo a volare. Proveranno afare tante cose, verranno anche in Ita-lia, nel 1908, a distribuire i primi patenti-ni di pilota: si vuole ufficializzare la co-sa, allora l’Italia li chiama, loro vengonoe distribuiscono i diplomi a quelli chehanno imparato a volare. Quindi è solouno “show” abbastanza divertente, macommercialmente zero: nel giro di po-chi anni i fratelli Wright saranno al mar-gine, esclusi, non conteranno più nien-te. Rimangono nella storia e basta.Pensate che in tutta la loro attività com-merciale sono riusciti a vendere 200aerei costruiti praticamente a mano.Nello stesso periodo (è buffo) Blériotnon è mai riuscito in niente: ogni voltache prendeva un aereo cadeva (lo chia-mavano addirittura “l’uomo che cade”),l’unica volta che gli è andata bene èstato quando ha sorvolato la Manica;eppure Blériot quando i fratelli Wrighterano riusciti a vendere appena 200 ae-rei, ne aveva già venduti 700. E primadi lui c’era Farman, con oltre 2000 ae-rei venduti. Ma che cosa erano questi aerei? Face-vano trasporto? No, erano il corrispon-dente dell’epoca di quello che oggi so-no i deltaplani, i parapendii. A cosa ser-vivano? A fare un po’ di sport, delle ec-centricità, erano il rifugio degli snob:era divertente quello che si faceva conquesti aerei, ma non aveva niente ache vedere con attività commerciali o diservizio e neanche, all’inizio, con attivi-tà militari (dopo i militari hanno comin-ciato a capire che il volo e gli aerei era-no importanti, però questo non ha nien-te a che vedere con il trasporto ae-reo…). E questo è un po’ un paradosso. Ades-so per brevità salterò tutto quanto ri-guarda l’evoluzione tecnica dell’aero-

plano, soprattutto dal punto di vista mili-tare. Gli aeroplani migliorano rapida-mente dal punto di vista tecnico, tutta-via quei primi aerei non trasportano,continuano a non trasportare; l’unicacosa commercialmente trasportabile èla posta, nient’altro: la posta sì, rende. Ilprimo principio del trasporto aereo èche ciò che vola deve essere di volumepiccolo e poco pesante, soprattuttomerci ricche che devono pagare.Quindi per arrivare al trasporto aereoserve qualche altra cosa. In realtà l’ele-mento decisivo che gioca in questocampo un ruolo fondamentale tra l’ae-reo da una parte e l’attività economicadall’altra, è il progresso tecnico e orga-nizzativo: è l’infrastruttura, l'aeroporto.L'aeroporto che cos’é? È qualche cosadi imprescindibile, è l’infrastruttura terri-toriale che accoglie l’aereo, che acco-glie i passeggeri, il punto d’incontro, diaccesso a questo sistema. Però non sievolve contemporaneamente all’aereo:quando già abbiamo aerei fortementesofisticati, l'aeroporto è ancora una pa-lazzina organizzata in qualche modocon alcuni, pochi, servizi. E questo vale(basta guardare i film degli anni Qua-ranta e Cinquanta) perfino per gli StatiUniti d’America, dove il trasporto aereosi era già sostanzialmente affermato. Il processo di sviluppo è strano: neglianni Trenta si arriva ad avere l’aereo datrasporto. Sarebbe un discorso lungo (imiei studenti lo conoscono perché neabbiamo parlato diffusamente…): mi li-mito a dire che quando si afferma ilDC3 Dakota si ha una rivoluzione. IlDC3 Dakota è un autobus che vola,permette alla gente vestita normalmen-te di prendere l’aeroplano, mentre pri-ma ciò non avveniva: bisognava met-tersi in tenuta “da astronauta” per an-darlo a prendere, magari con un para-cadute sulla schiena.Invece ora si può, finalmente si può vo-lare con un abito da passeggio. Di que-

sto tipo di aereo ne hanno costruiti mi-gliaia di esemplari (soltanto prima del-l’era del “jet” erano 15.000, e ne volanoancora a 70 anni di distanza). Stiamoparlando di grandi numeri, che tuttavianon riescono a creare l’aeroporto. Nonriescono a legarsi tra loro aereo, aero-porto, funzioni di volo: le stesse funzionitecniche sono slegate. Ne abbiamoavuto un esempio questa mattina daldott. Pesce che ha detto che fino al1981 erano i militari ad effettuare il ser-vizio di controllo del traffico aereo. Cer-to l’Italia era un po’ in ritardo rispetto adaltri Paesi: erano ancora i militari per-ché si riteneva che quel tipo di servizio,cioé l’assistenza al volo, fosse un pro-blema di sicurezza nazionale, un insie-me di “safety” e di “security”. Un’altra questione risulta fondamenta-le: in un settore recentissimo che trovarapidamente una sua dimensione inter-nazionale (perché l’aereo è per defini-zione internazionale) serve un’unica lin-gua e così si adotta l’inglese. E questograzie all’ICAO, che detta le regole a li-vello internazionale.Dato che il titolo della mia conversazio-ne è “Cento anni di trasporto aereo, re-lazioni fra aeroporto e territorio”, è aquesto che devo arrivare. Questo in-contro quando c’è? Forse non c’ènemmeno ora. Storicamente non è sta-to sempre così. Se guardiamo all’Italiail caso è perfino divertente, da questopunto di vista. Il primo aeroporto italia-no è qui vicino, a Montichiari: il sindacodi Brescia firma un primo rogito notari-le per un’area territoriale destinata adaeroporto; è lì che nasce il primo aero-dromo nel 1909. I piccoli balzi dei fra-telli Wright sono appena avvenuti, l’ae-reo è ancora un divertimento, un gio-cattolo, però nasce già l’aeroporto.Vuol dire che qualcuno ci aveva pen-sato. A Milano si fa anche di più: neglianni tra le due guerre, dal 1928 al 1932si realizza l’Idroscalo. L'Idroscalo èuna cosa grossa: 2500 m di lunghezzaper 300 di larghezza nel punto piccolo,a nord, 450 nella zona sud. Si devonodeviare addirittura dei fiumiciattoli checonfluiscono nella Martesana per ali-mentare il bacino. L’Idroscalo è l’infra-struttura per gli idrovolanti dell’epoca(pensiamo alle crociere di Balbo). So-no delle macchine notevoli i SavoiaMarchetti, che con il famoso S55Xhanno rappresentato qualcosa nellastoria dell’aeronautica. Però l’Idroscalo- che pure è collegato col nascente ae-roporto di Milano, quello di Linate - fun-ziona poco e in realtà non riesce a “de-collare”. Si è anticipata con l’aeroportoprogettato l’era del volo, ma il volo nonc’è. E lo stesso vale per Linate, che

Un Lockheed Constellation in volo

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I TRASPORTIun percorso multidisciplinare

viene realizzato fra il 1933 e il ’37.(Ci si metteva poco a creare le infra-strutture, all’epoca: gli amministratorierano più veloci, più decisi). Si fa que-sto aeroporto, che è un aeroporto im-portante, logico, ben costruito (se reggeancora oggi, significa che non è statofatto male!), viene inaugurato in quelluogo perché lì l’ing. Forlanini, 60 anniprima, aveva sperimentato i primi eli-cotteri. Forse è un luogo un po’ infelice,pieno di nebbia, ma comunque l’aero-porto di Milano nasce lì. Che risultati si hanno sul piano del vo-lo? Pochi, scarsi. Abbiamo in questocaso l’infrastruttura che arriva prima e ivoli non ci sono. In America abbiamo ivoli e spesso l’infrastruttura non c’è.Eppure i collegamenti c’erano, con tuttal’Europa centro-settentrionale ed effet-tuati da grandi compagnie (LAI, Ala Lit-toria, Air France, KLM, Lufthansa). Pri-ma della guerra c’erano collegamentiaerei dappertutto, in Europa e in Italia.Quanti passeggeri? Pochissimi. La rot-ta più servita, la Milano-Roma, primadella guerra raggiunge il suo massimo,un filo meno di 10.000 passeggeri l’an-no. Ne fa 9.000 la rotta più standardiz-zata e più seguita, che è la Milano-Ve-nezia-Monaco-Berlino. Piccolissimi nu-meri. Perché? Perché c’è la ferrovia. Laferrovia arriva dappertutto. La ferroviasu distanze relativamente brevi, conaerei che non hanno autonomia, è regi-na. È una logica dei trasporti inconte-stabile, la domanda è frammentata: sele distanze sono più lunghe, ha sensol’aereo, altrimenti no! Quindi l’aeroportoc’è, ma non serve perché manca la do-manda.Che tipo di aeroporto? Gli aeroportihanno avuto tante forme diverse; il lororapporto con il territorio è sempre statodifficile. Non voglio fare dei lunghi ragio-namenti sui coni di rumore o sull’impat-to ambientale o altri aspetti tecnici; cer-tamente gli aeroporti occupano unospazio e hanno bisogno di spazio. I pri-mi aeroporti erano di forma ellittica: sipensava che la forma ellittica orientatalungo i venti principali potesse essere lasoluzione migliore. Poi si è passati allaforma circolare con le piste incrociate alcentro e i fabbricati a margine. Sulla for-ma triangolare ci sono manuali di inge-gneria (normale, mistilinea, ipocicloide). Poi si è arrivati agli aeroporti lineari perminimizzare l’impatto sul territorio. Bi-sogna risparmiare spazio: di conse-guenza la pista determina un po’ tutto esu di essa si appoggia l’aerostazione efinalmente l’aeroporto. Perché questo èl’aeroporto: un’aerostazione più tutti iservizi che riguardano gli aeroplani.Ecco i sistemi lineari composti, con so-luzioni legate a tante funzioni, ma so-prattutto alle aree di stazionamento chedeterminano la capacità di un aeropor-

to. È sulle aree di stazionamento che sicomincia a ragionare. E quindi nasconogli aeroporti stellari con satelliti(Roissy). Poi si arriva agli aeroporti aforme libere, integrate con tanti servizie con aerostazioni che possono rappre-sentare finalmente qualche cosa di im-portante, sia sul piano architettonicoche sul piano del loro ruolo tecnico-fun-zionale. Ci si può sbizzarrire: io ho cercato di fa-re così gli aeroporti quando li ho proget-tati. Ad esempio in Senegal, a Ziguin-chor, ho “ricopiato” i tetti in paglia dellecase africane, progettando il tetto del-l’aerostazione, sia per evitare i sistemicostosi di condizionamento dell’ariache per inserire l’aeroporto nel suo am-biente naturale. E la cosa è stata benapprezzata dalle migliaia di turisti chesoggiornano in Casamance. Oggi un aeroporto – che si tratti di ungrande Hub o di un piccolo Spoke - de-ve giocare con le sue precise aree di ri-ferimento: air side, blocchi tecnici, areapasseggeri dell’aerostazione e soprat-tutto aree esterne per l’accessibilità.Un aeroporto deve essere funzionale,logico e nello stesso tempo architettoni-camente rappresentativo. Deve occu-pare meno territorio possibile ed essereun coacervo completo ed efficiente diservizi.Siamo arrivati finalmente all’aeroportocome lo possiamo vedere oggi, un ae-roporto che comincia a dialogare piena-mente con i voli, ma che deve dialogareanche con tutte le attività che un aero-porto contiene e con tutte le attività cheun territorio esprime. Siamo arrivati aquello che è l’esempio più rappresenta-tivo, l’aeroporto di Amsterdam Schipol. E ancora, il business. L’aeroporto èun’industria e nello stesso tempo è unainfrastruttura al servizio della mobilità;

le due azioni si integrano, e sono infunzione dei voli (con gli effetti dell’11settembre, che ha fatto diminuire i voli einfluito sui sistemi di sicurezza) ma so-no anche in funzione dell’economia ter-ritoriale. Questo è oggi l’aeroporto. È unaeroporto completamente diverso dalpassato: è occupazione, è produzione,è servizi, è un’infrastruttura al serviziodella mobilità, addirittura di una mobilitàche deve essere integrata, che deveessere intermodale. A questo punto arriviamo alle conclu-sioni, non voglio rubare tanto tempo,cerco di stare nei tempi previsti. Abbia-mo percorso un po’ il cammino a unavelocità enorme. Prendiamo ora in con-siderazione l’area veronese, un’areaimportante, l’abbiamo sentito prima:dal punto di vista delle merci sappiamocosa vuol dire Quadrante Europa, ab-biamo sentito dall’arch. Migliorini chel’area veronese è baciata dalla geogra-fia. Verona è la quarta città turistica d’I-talia, aggiungo io; solo Gardaland acco-glie oltre tre milioni di visitatori l’anno.Sapete cosa vuol dire Gardaland: dopoi Musei Vaticani è la seconda attrazioneitaliana. Verona è un polo economicoimportante. Dal punto di vista dell’inter-modalità è importantissimo; ha un baci-no di utenza aeroportuale che è notevo-le: Veneto, Lombardia, Trentino AltoAdige, Emilia vi gravitano funzional-mente. È un’area di influenza legger-mente superiore a quella di Venezia. Vediamo i numeri. Gli aeroporti di Villa-franca e di Montichiari, che costituisco-no un sistema, presentano questi dati:40.638 voli all’anno (potrei dare anche idati disaggregati per aeroporto) ed èchiaro che Montichiari conta pochissi-mo, con 267.000 passeggeri sui2.482.000 complessivi. Le merci, chefanno riferimento al potentissimo Qua-

Sala controllo movimenti dell’aeroporto di Northolt, 1948

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I TRASPORTIun percorso multidisciplinare

drante Europa, ammontano a sole2.363 tonnellate.Venezia, di contro, ha un numero di volidoppio, 87.550 e 5.009.000 passeggeri(naturalmente per Venezia intendo l’ae-roporto Marco Polo più quello di Treviso,che fanno sistema). Le merci raggiungo-no le 21.157 tonnellate, cioè 10 voltequelle dell’aeroporto di Villafranca chepure fa riferimento al Quadrante Euro-pa: Venezia non ha questa struttura, pe-rò le merci sono di più. Anche Bolognaha molti più voli di Verona, 56.765 e an-che più passeggeri, 3.360.000. È veroche Bologna è importante come nodo eanche come interporto, tuttavia Veronadovrebbe esserlo di più, perché è il pri-mo interporto italiano. Non parliamo diOrio al Serio - Bergamo. L’aeroporto diBergamo soltanto come “courier” è il ter-zo aeroporto italiano, 95.000 tonnellatee viene dopo Malpensa e dopo Fiumici-no. Significa che qui a Verona c’è unacarenza, c’è qualcosa che non funziona.Come mai Verona non riesce ad integra-re il proprio aeroporto con un sistemache invece è importante strategicamen-te e ben dotato dal punto di vista dei ser-vizi intermodali? Evidentemente non si èsaputo dare all’aeroporto di Verona ilruolo giusto, cosa che invece hanno sa-puto fare meglio Venezia, Bologna, Ber-gamo ecc. Si è sempre considerato l’ae-roporto di Verona una sorta di appendi-ce e ci si è gloriati di certi numeri checrescevano nel tempo, ma che era logi-co crescessero. Ho sempre fatto criticheferoci al trionfalismo giornalistico checontinuavo a leggere sui giornali locali.Cresce il nostro aeroporto: certo checresce! Se uno parte piccolo piccolo èdestinato a crescere, ma gli altri sonogià molto più grandi. Non c’è mai statapiena imprenditorialità dietro questo ae-roporto, questo è il punto! Quindi cosa fare? Si può recuperarequesta situazione? Può l’aeroporto diVerona legarsi al suo territorio, alle suefunzioni economiche e alle sue possibili-

tà potenziali oppure no? Io dico di sì.Una prima indicazione ce l’ha data pro-prio il dott. Frigo quando ha detto chel’aeroporto è dentro il Quadrante Euro-pa. Se è dentro il Quadrante Europa de-ve funzionare con il Quadrante Europa.Non può avere solo 2.363 tonnellate dimerci, con il ruolo che svolge il Qua-drante Europa! Per le merci il ruolo del-l’aeroporto di Verona è dunque chiarissi-mo: deve essere una struttura integratadentro il Quadrante Europa; non può es-sere una infrastruttura autonoma e se-parata. Molti anni fa c’era un VeronaCargo Center (chi si occupa di trasportilo sa bene e guardo agli amici dell’A-vas...), ma questa funzione è ora a Orioal Serio. È grave che Verona abbia per-so, forse per insipienza, un ruolo cheera già suo, un ruolo dato dalla natura,ma che aveva anche la sua struttura,che tuttavia per anni non ha mai funzio-nato: il Verona Cargo Center. Per i passeggeri, mi aggancio ai discorsidegli altri relatori. Se Verona vuole gio-care un ruolo, deve giocarlo in manieradiversificata rispetto a quello che hasempre fatto fino ad ora. Non può esse-re un aeroporto subordinato e basta, de-ve crearsi una “condizione” diversa.Può, certo che può! Io insisto, la rilancioquesta idea, insisterò sempre su questaidea! Può e deve chiedere che l’Alta Ve-locità ferroviaria sia una cosa sola conl’aeroporto. L’aeroporto diventa cosìun’unica infrastruttura: stazione ferrovia-ria dell’Alta Velocità e aeroporto. Allorasì che è un ruolo diverso: non ce l’hanessuno, in Europa, un ruolo così. Nonpotevano gli altri aeroporti, erano giàtroppo sviluppati; non sarebbero mai po-tuti diventare una cosa del genere. Ve-rona deve chiedere questo, non devechiedere che l’Alta Velocità passi perPorta Nuova. L’Alta Velocità ferroviarianon deve servire al cittadino veroneseper raggiungere Milano o Vicenza, per-ché questo non è il suo ruolo. Strategi-camente - per legarci al discorso che ha

proposto con grandissima criticità l’arch.Migliorini - per entrare in una dimensio-ne diversa di corridoio integrato, biso-gna che l’aeroporto svolga un ruolo di-verso, nuovo: allora sì che può recupe-rare sui concorrenti. Altrimenti resteràsempre qualcosa di marginale in un si-stema economico che invece, potenzial-mente, è fortissimo. L’aeroporto di Vero-na deve chiedere di entrare a far partedell’Europa e diventare motore nuovocon una proposta nuova rispetto a quel-le tradizionali. Per realizzare gli aeropor-ti, gli architetti ci mettono tanta fantasiae creatività, così come hanno fatto i fra-telli Wright. Se si vuole inventare vera-mente qualcosa bisogna avere fantasia,poi ordine metodologico, e poi ci voglio-no capitali, investimenti. Bisogna cre-derci finanziariamente: questa è la fun-zione imprenditoriale. Verona non hamai rischiato. Questa mattina abbiamosentito parlare di Enrico Bernardi, vero-nese, che è stato tra gli inventori dell’au-tomobile, e a Bernardi si è ispirato - ènoto - Giovanni Agnelli, che era a Vero-na come Ufficiale di Cavalleria. Da Ber-nardi ha tratto ispirazione per creare laFiat: ma la Fiat poteva nascere a Vero-na. Le idee poi devono trasformarsi inqualcosa di produttivo, perché è cosìche si fa imprenditorialità: si crede vera-mente e si investe. Allora il progetto“aeroporto di Verona” può diventarequalcosa di diverso: non una aerosta-zione che si allarga un pochino, nonqualche volo in più, qualche cosa al ser-vizio di un sistema di Hub e Spoke, checi vede necessariamente perdenti, per-ché non possiamo giocare nessun ruolocontro un Hub che ci sta troppo vicino,come Malpensa o contro un aeroporto dimedie dimensioni, ma che ha trovatouna sua logica, come quello di Venezia.Se Verona vuole giocare un ruolo nuovoe diverso, deve avere la sua nuova idea:essere l’aeroporto dell’Alta Velocità. Vi ringrazio per l’attenzione; spero dinon avervi rubato troppo tempo. ■

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I TRASPORTIun percorso multidisciplinare

I trasporti sono strettamente legati allacultura, e non soltanto perché consen-tono di viaggiare e di trasportare merci,favorendo così la conoscenza e loscambio di esperienze: i trasporti hannoun valore culturale intrinseco, in quantohanno rilevanza storica, esprimono pro-gettualità architettonica, esercitanoun’influenza diretta sull’urbanistica, sul-le trasformazioni del territorio, sull’evo-luzione sociale e così via. Proprio a questi aspetti rivolge attenzio-ne la rivista Trasporti & Cultura, fondataa Verona nel 2001. La rivista, specializ-zata sul tema della progettazione delleinfrastrutture di trasporto, opera in rap-porto di collaborazione con varie Uni-versità, in particolare nell’ambito dellefacoltà di Architettura. Per approfondire le proprie linee di ri-cerca la rivista ha organizzato nel 2003la seconda edizione del Premio Tra-sporti & Cultura per opere di saggisticache sviluppino il tema dei trasporti se-condo una delle seguenti prospettive:storia dei trasporti – architettura – urba-nistica, paesaggio – mutamenti sociali epsicologia. La giuria del premio era costituita daUmberto Galimberti (presidente), Ro-berto Bernardi, Laura Facchinelli, Giu-seppe Goisis, Serena Maffioletti, Cesa-re Surano, Nico Ventura.

Nel corso del Seminario sul tema I tra-sporti, un percorso multidisciplinare siè svolta la cerimonia conclusiva delPremio, che era organizzato col patroci-nio della Regione Veneto, della Provin-cia e del Comune di Verona e del gior-nale L’Arena.

Primo libro premiato

Per la prima sezione, che prendeva inconsiderazione le opere sul mondo deitrasporti frutto di ricerche specialistiche,anche in collegamento con le Università,il riconoscimento è stato assegnato algiornalista americano Michael H. Sedgeper il libro Il porto sepolto di Pisa. Un’av-ventura archeologica, Pratiche Editrice,Milano. Al vincitore è stato consegnatoun biglietto aereo messo a disposizioneda Air Dolomiti, unitamente a una litogra-fia del noto artista veneziano Aldo An-dreolo e ad un volume sui 100 anni dell’I-talia visti attraverso le pagine del giornaleL’Arena.

Queste le motivazioni espresse dalla giu-ria: Per lo straordinario interesse della sco-perta archeologica che l’autore ci pre-senta, per la sua passione di giornalistache vuole, anzitutto, comprendere, e poitrasmettere l’entusiasmo, per quell’even-to eccezionale, a chi non ha potuto vi-verlo da vicino. Un giornalista – dicel’autore – deve possedere una sete natu-rale di conoscenza e non deve mai stan-carsi di rivolgere le domande infantili:‘perché?’, ‘quando?’, e ‘che ‘cosa suc-cederebbe se…?’. Così, di fronte allaprovata esistenza di antiche vie naviga-bili vicino a Pisa, mentre si interrogavasulle ragioni di quelle tracce così a lungoscomparse, Sedge ha intervistato gli ar-cheologi, i geologi e gli storici coinvoltinel progetto di recupero. Così facendo,l’autore ha saputo trasformare la tratta-zione storicamente e tecnicamente ap-profondita, che rende scientificamenteapprezzabile questo volume, in un rac-conto ricco di suspence al pari di un’in-dagine poliziesca, così da rendere i con-tenuti apprezzabili per il pubblico vastodei non specialisti.

Nel corso della premiazione è intervenu-to il prof. Giuseppe Goisis*.“..Vorrei aggiungere alcune considera-

zioni in stile telegrafico, alcune impres-sioni di lettore. È un testo che trasmettepassione, un testo che affascina per que-sto senso dell’enigma, del mistero chetrasporta entro una tematica in modomolto forte, ma senza nessuna conces-sione all’arbitrio, al capriccio: tutto è rigo-

rosamente preciso, documentato. Ci so-no dei cenni straordinari, perché apronouna quantità di problemi incredibili sulleorigini della nostra Italia, sul mare Medi-terraneo: si veda alla pagina 109, doveDario Giuliano descrive il mare Mediter-raneo e la sua navigabilità, e quindi lasua capacità dei trasporti di allora di farcultura. E poi c’è questo fascino profon-do, il passato come una sorta di Sirena,quel mito della Sirena che è presente apagina 16 e poi ritorna qua e là nel libro.Si potrebbe parlare quasi di un comples-so di Atlantide, cioè del desiderio di faremergere ciò che è sepolto (porto sepol-to, cimitero delle navi ecc.). Ma non sitratta qui di un Indiana Jones capricciosoe avventuroso, anche se la passione è lamedesima, ma si tratta di un detective, diun indagatore molto rigoroso, molto pre-ciso, che tra l’altro dialoga e intervista po-litici, tecnici, funzionari della Soprinten-denza. Uno dei capitoli più appassionantiriguarda quella scoperta straordinaria delmarinaio romano trovato col suo cane eun’anfora sigillata che ci restituisce, po-tremmo dire, quasi il profumo del passa-to (nelle anfore c’erano, sembra, oltre al-l’olio e al vino anche succhi di frutta). Enon è un discorso che si conclude, dure-rà almeno vent’anni e probabilmente dal-la prima nave si è passati alle undici navie poi a tutte le scoperte dei manufatti cheruotano intorno a questo mondo: ne sa-premo di più sul mar Mediterraneo, nesapremo di più su questo porto di Pisa: sipensava prima che lì fosse sito solo unapprodo lagunare, ma ben distante poidall’attracco delle navi che venivano dalmare aperto, invece sembra che fosseun vero e proprio porto commerciale equesto è un aspetto nuovo e interessan-te che emerge. E ci sono cenni ai nostriprogenitori più antichi, con elementi chevengono dalla civiltà etrusca, dai Fenici,questi grandi navigatori che con le loronavi nere sono approdati un po’ dapper-tutto nel Mediterraneo. Basta, perché i li-bri vanno soprattutto letti e ascoltati gliautori: è quello che interessa di più”.

A questo punto è intervenuto brevemen-te l’autore del libro premiato Michael H.Sedge, giornalista americano, specializ-zato nello studio delle civiltà antiche delMediterraneo. Per tre anni redattore perla rivista Scientific American Discove-ring Archaeology, Michael Sedge è l’au-tore di 20 libri, tra i quali The AdventureGuide to Italy e The Mediterranean Diet(col dott. Dario Giugliano). Giornalistaper 25 anni, ha lavorato per DiscoveryChannel, Newsweek, Panorama, e Time-Life. Il libro Il Porto Sepolto di Pisa – per ilquale ha recentemente ricevuto anche ilpremio giornalistico internazionale Rusti-chello da Pisa da parte della Regione To-

*Giuseppe Goisis, docente di Storia della Filosofia Politica, Università Ca’ Foscari, Venezia

Cerimonia conclusiva del premio Trasporti & Cultura

Il libro vincitore del premio Trasporti & Culturaper la sezione “Opere frutto di ricerche spe-cialistiche”

Premio Trasporti e Cultura

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Speciale

I TRASPORTIun percorso multidisciplinare

scana – è stato pubblicato in Australia, inGran Bretagna e negli Stati Uniti l’annoscorso; in Italia è stato tradotto e pubbli-cato da Pratiche Editrice. Sedge vive elavora in Italia.

Secondo libro premiato

Per la seconda sezione del Premio Tra-sporti & Cultura – dedicata alle pubbli-cazioni fuori del circuito commerciale –è stato scelto il libro I Ponti della provin-cia di Bologna delle Edizioni Tipoarte,realizzato in collaborazione fra la Pro-vincia di Bologna e l’Istituto Beni Artisti-ci, Culturali e Naturali della RegioneEmilia Romagna. Testi e contributi sonodi Fabrizio Ivan Apollonio, Gabriele Ce-sari, Paolo Foraboschi, Anna Gianotti,Gianluca Gottardi, Annamaria Guccini,

Ursula Montanari, Guido Moretti, Lucia-no Serchia, Giuseppe Simoni, Enzo Si-viero, Sergio Venturi. Il premio, che con-siste in un biglietto aereo messo a di-sposizione dalla compagnia aerea vero-nese, unitamente al volume offerto dalgiornale L’Arena, è stato consegnato aPamela Meier, assessore alla Viabilitàdella Provincia di Bologna. Queste le motivazioni della giuria: Per la sensibilità dimostrata dalle istitu-zioni pubbliche del Bolognese neiconfronti di un elemento – il ponte –che solitamente viene considerato sol-tanto per gli aspetti tecnici e funzionali.Un ponte è invece espressione di undisegno architettonico ed è legato, altempo stesso, alla storia della proget-tazione, all’evoluzione nell’uso dei ma-teriali, alle caratteristiche dei luoghi neiquali il manufatto si è insediato. Il libropremiato è frutto di una scrupolosa ri-cerca storica d’archivio e di riflessionisui problemi più strettamente tecnici:un’elaborazione a più mani, quindi, macon una regia sapiente e rivolta a unobiettivo ben preciso: quello di costrui-re un archivio di conoscenze di tagliomultidisciplinare. A tale archivio po-tranno attingere, per il futuro, gli storici(non più attenti, si spera, solo alle ope-re di “grande” architettura, ma consa-pevoli della molteplicità delle testimo-nianze che rendono vivo un territorio)ed anche i progettisti (che in tal modoarricchiranno la propria base cultura-le). Il volume, molto ampio, è corredatoda documenti d’archivio e immaginid’epoca, ma anche fotografie recenti edisegni schematici, che integrano il la-voro di censimento e catalogazionedei manufatti.Dopo aver letto le motivazioni della giuriail prof. Goisis ha sottolineato l’ipotesi dicollegamento fra la Provincia di Bolognae l’Istituto per i Beni Artistici, Culturali eNaturali, che hanno lavorato in conver-genza, cercando di conciliare l’attenzioneai manufatti storici e ai problemi di sicu-

rezza con i beni artistici e storici, che so-no essenziali. “Il lavoro ha molti passaggitecnici, quindi è un libro per gli addetti ailavori, ma non è solo questo: c’è l’esigen-za di investire, di conoscere prima il tuttoil territorio nel quale le iniziative vannoprogettate, con un taglio multidisciplinareche del resto la rivista Trasporti & Culturasegue proprio come suo orientamento.La chiave del volume premiato potrebbetrovarsi alla pagina VIII dell’introduzione,che è di un illustre intellettuale emiliano,Ezio Raimondi, del quale ho avuto modotanti anni fa di ascoltare le lezioni perchéinsegnava a Padova. Raimondi è statouna delle teste forti del gruppo de Il Muli-no, che ha fatto tanto per rinnovare la cul-tura italiana in un’epoca in cui pochi grup-pi parlavano di economia, di sociologia,di apertura alla cultura americana ecc.Raimondi, che è anche presidente dell’I-stituto per i Beni Artistici e Culturali dellaRegione Emilia Romagna, dice che biso-gna sforzarsi di conciliare la tutela deimanufatti storici con le norme di sicurez-za stradale, idraulica e di prevenzione si-smica: conciliare questi aspetti è l’ipotesidi lavoro che la Provincia di Bologna haproposto all’Istituto. Una convergenza,sottolineo, fra esigenze troppo spessocontrapposte. Come lettore poco avvezzo a questionispecialistiche, ho trovato veramente bel-lo e interessante tutto l’apparato icono-grafico, le fotografie, la documentazionemolto accurata: più di 500 ponti vengonocensiti, catalogati, e si tratta di un lavoroampio e molto impegnativo. È stato par-lato di taglio multidisciplinare, di interes-se per l’aspetto storico e paesaggistico enon solo per gli aspetti tecnici; vorrei ri-cordare che il ponte ha anche una fortevalenza simbolica: il ponte è ciò che col-lega, ciò che unisce”.A questo punto è intervenuta breve-mente la dott.ssa Pamela Meier, con laquale si è conclusa, nel convegno, laparentesi dedicata al Premio Trasporti &Cultura. ■

Il libro vincitore del premio per la sezione“Opere fuori commercio”

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Speciale

I TRASPORTIun percorso multidisciplinare

A partire dal 1840 il sistema delle comu-nicazioni nella valle padana ha subito unprofondo cambiamento a seguito dellacostruzione della prima linea ferroviariache avrebbe ben presto congiunto leprincipali città tra Milano e Venezia. Inquesto momento storico si determinauna profonda trasformazione: intornoagli assi ferroviari si insediano e cresco-no le città, si sviluppano le aree produtti-ve, si modifica l’assetto del territorio, cre-scono le relazioni economiche e con es-se lo sviluppo. È nato allora un imperoferroviario il cui sviluppo ha profonda-mente segnato la fisionomia di tutte lecittà e paesi collegati, ha trasformato l’-habitat dei territori attraversati e, di con-seguenza, ha cambiato le relazioni degliabitanti con l’ambiente naturale, socialee culturale.L’introduzione della ferrovia ha improvvi-samente ridotto le distanze tra le città;ha creato un nuovo rapporto con lo spa-zio e con il tempo.L’elemento strategico di connessione trasistema di trasporto ferroviario e sistemaeconomico e territoriale, cardine di que-sto nuovo sistema sono le stazioni; que-ste hanno una duplice funzione:■ centro di comando di controllo della

circolazione ferroviaria (la stazione “la-to binari”);

■ luogo d’interscambio tra domanda esistema, ovvero connessione tra terri-torio, economia e sistema della mobili-tà (il fabbricato viaggiatori e gli scalimerci). e luoghi di articolazione di unsistema circolatorio dove la stazione èper la rete ferroviaria quello che è ilcuore per il sistema circolatorio veno-so-arterioso.

Dalla costruzione della prima stazionead oggi sono avvenute molte trasforma-zioni che hanno cambiato di volta in vol-ta la stazione da luogo di “prima conqui-sta dei territori” a “luogo di rappresenta-zione per la cultura”, a “luogo di incontro”o “di ospizio per derelitti” fino a “luogodella sfida tecnologica”. L’architettura della stazione della gran-

de città del XIX secolo è divenuta benpresto l’occasione per le amministrazionidi manifestare apertamente la loro me-galomania attraverso prodezze tecnolo-giche che nella monumentalità degli atrii

e nell’arditezza delle luci delle tettoie edelle volte metalliche evocassero la sfidadella velocità.La stazione è figlia della rivoluzione in-dustriale ma in oltre centocinquant’annidi storia ha saputo adattarsi rapidamen-te ed in modo discreto alle trasformazio-ni sociali dell’utenza e fisiche del territo-rio. Come discretamente sono scompar-se le salette d’attesa delle diverse classie le batterie di latrine, altrettanto discre-tamente le stazioni sono passate da luo-ghi periferici a luoghi centrali delle città,inglobate dalla crescita caotica della cittàurbana non si sono lasciate espellerema si sono come “incistate”, “integrate”,creandosi attorno una zona di attivitàcommerciali collegate più o meno diret-tamente alle funzioni della stazione stes-sa.La stazione non ha svolto solamente ilruolo di freno, “vincolo” alla trasformazio-ne urbana, ma, per il fatto che rappre-sentava un importante obiettivo militare,è diventata la causa della distruzione diquella parte della città circostante, deli-mitata entro il raggio di errore dei bom-bardamenti alleati durante la secondaguerra mondiale.La rapida ricostruzione del dopoguerra,per le modeste risorse disponibili e per lascelta “tutta ingegneristica” di ricostruirein fretta e quindi “tutto come prima”, unacerta affrettatezza nella ricostruzione,non ha certo migliorato la qualità urbanae la qualità architettonica dei luoghi.Se nel XIX secolo le stazioni sono il luo-go dove la macchina a vapore e la co-struzione della volta metallica stupisco-no il visitatore, un luogo che alcuni autorihanno definito “le cattedrali del vapore”,nel XX secolo le stazioni diventano il luo-go dell’immaginario collettivo, ben rap-presentato nei giocattoli meccanici trop-po complessi e costosi per essere deiveri giocattoli, tali da diventare oggetto digioco per gli adulti, o veri e propri oggettidi collezionismo. La stazione giocattolo del ’900 è un edifi-cio rettangolare con ampia pensilina an-tistante sormontato da una grande torreche porta l’orologio. L’orologio è un altro degli elementi fun-zionali e simbolici della stazione-immagi-ne, è anch’esso il simbolo di un cambia-mento portato dalla ferrovia: la puntuali-tà, la precisione. Le grandi stazioni sono costituite da dueelementi fondamentali: ■ l’atrio-salone viaggiatori la cui costru-

zione è affidata agli architetti; ■ la grande volta metallica o le pensiline

che coprono i marciapiedi e le banchi-ne, lasciate agli ingegneri che la con-cepiscono come un sistema costrutti-vo indipendente.

Tuttavia è solo dalla complementarietàdi questi due elementi che dipende il

buon funzionamento della stazione. La necessità di adeguare il sistema fer-roviario alle esigenze di rapidità e confortnegli spostamenti dell’attuale utenza haportato al progetto AV (Alta Velocità) oracon un po’ di demagogia definito AC (Al-ta Capacità) e di conseguenza anche lestazioni necessitano di un adeguamentoprogettuale. Per alcune è possibile unariqualificazione, per altre si deve realiz-zare un nuovo integrale “progetto”, unanuova costruzione.La complessità dell’oggetto richiede unamolteplicità di conoscenze specialisti-che, di pari importanza, per una operati-vità progettuale per la quale esistono adoggi poche esperienze consolidate. La gestione del progetto, proprio per lamolteplicità delle discipline in gioco, di-venta estremamente complessa e nonesiste una disciplina che prevalga percomplessità o per importanza sulle altre.La qualità del costruito può essere rag-giunta solo attraverso un’esperienzamultidisciplinare ove tutte le disciplineche partecipano contribuiscono alla for-mulazione del progetto e al controllo del-la esecuzione dei lavori interagendo intempo reale senza pregiudiziali formali oprocedurali.È chiaro che il progetto di riqualificazionedi una stazione non può, oggigiorno, es-sere oggetto di una semplice operazionefunzionalistica ed estetica all’interno delrecinto ferroviario, ma il luogo stazione,rispetto alla città, richiede una riqualifica-zione e ridefinizione dei rapporti con lacittà stessa e un approfondito progetto diriqualificazione con il tessuto edilizio cir-costante.Egualmente complesse, anche se diver-se, sono le problematiche poste dall’a-deguamento delle linee al progettoAV/AC e al progetto FMR della RegioneVeneto. Anche se ormai avviati, questi progettisono ancora oggetto di varianti e affina-menti continui e per alcuni tracciati og-getto di ampie discussioni. Parimenti so-no oggetto di discussione, anche se giàavviati, diversi temi legati ai trasporti nel-l’area veneziana, tra i quali i collegamen-ti con l’aeroporto Marco Polo, i collega-menti con la stazione marittima e i colle-gamenti della terrafema con il centro sto-rico di Venezia.È evidente quale può essere il contributoportato da tali confronti in fase decisio-nale alla discussione sulle diverse solu-zioni progettuali di tracciato, redatte a li-vello di progetto preliminare. Questovuol dire avere la possibilità di operarescelte strategiche confrontando più pro-getti sviluppati a livello di valutazione diimpatto ambientale.In questo contesto si colloca il progettodidattico avviato dalla Facoltà di Architet-tura dell’Università IUAV di Venezia, a

Prof. Enzo Siviero, Prof. Piero Michieletto, Arch. Agostino Cappelli (IUAV di Venezia)

Stazioni ferroviarie:una lettura storicoarchitettonica per una progettazionemultisciplinare

Enzo Siviero, Piero Michieletto, Agostino Cappelli

Architettura e Territorio

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I TRASPORTIun percorso multidisciplinare

seguito di un accordo istituzionale conRFI. Obiettivo del progetto è la formazione dilaureati preparati per operare nel campodella progettazione delle architetture fer-roviarie. In grado cioè di operare la ri-congiunzione delle diverse progettazionispecialistiche che fino ad oggi, conesclusione di pochi casi, hanno caratte-rizzato la progettazione della stazione el’inserimento della linea e delle opered’arte nel territorio.Secondo obiettivo è fornire alle Ammini-strazioni interessate quali RFI, RegioneVeneto, Enti locali, etc. soluzioni proget-tuali per le principali problematiche deltrasporto ferroviario, oltre che di quellosu gomma, in sede regionale e locale, alivelli avanzati, tali cioè da permettere lescelte di tracciato più opportune con so-luzioni tipologicamente diverse tra loro: araso, in trincea o in tunnel. Agli studenti IUAV viene offerto un per-corso didattico collocato alla fine del ciclodi studi che si sviluppa con insegnamentiex cathedra, un seminario conclusivo delciclo degli studi e la formulazione di unprogetto durante la tesi di laurea.Il corso ex cathedra di ProgettazioneAmbientale, oltre che alle basi della di-sciplina, introduce alle principali nozioni

di progettazione ferroviaria, a partire dal-le nozioni necessarie alla progettazionedei manufatti architettonici, per seguirecon le nozioni necessarie per la proget-tazione delle diverse opere d’arte, finoagli elementi di progettazione-disegnodella linea.La pratica progettuale didattica inizia conla frequentazione intensiva per due setti-mane del laboratorio di Sintesi Finale, al-l’interno del quale ogni singolo studentesceglie e risolve, a livello di progetto pre-liminare, una problematica ferroviariaconcordata con il collegio dei docenti.Nella successiva tesi di laurea con rela-tore uno dei docenti del laboratorio svi-luppa il progetto definitivo e verifica lafattibilità delle ipotesi formulate in labora-torio.I temi, come si deduce dai titoli dei lavoridegli studenti riportati nelle didascalie, ri-guardano principalmente la progettazio-ne della sistema stazione senza trala-sciare le opere d’arte come i ponti, i tun-nel e i tracciati delle linee e aspetti di na-tura funzionale e più tipica dell’ingegne-ria ferroviaria. Per ragioni tecniche l’areaove si collocano gli interventi progettualiè stata limitata a quella di competenzadel compartimento RFI di Venezia cuiappartiene il gruppo dei docenti RFI.

Le riprogettazioni di stazioni ferroviariehanno avuto come tema i nodi ferroviaridi Padova, Mestre, Treviso; le proposteprogettuali di linee AV/AC o del sistemametropolitano FMR hanno interessato ilterritorio da Padova ad Altino formulan-do diverse soluzioni di attraversamentodel nodo di Mestre e di collegamentocon l’aeroporto Marco Polo. Sono statiparimenti affrontati il temi progettuali deicollegamenti con la stazione marittima eil centro storico di Venezia, oltre a temispecifici legati legati a peculiarità del tra-sporto o del sito su linee locali. I risultati ottenuti qualitativamente hannosoddisfatto il corpo docente, ma soprat-tutto sono dimostrati dalle numeroseipresenze di studenti nei due laboratori disintesi finale (54 studenti nell’A.A.2001/2002 e 32 studenti nell’AA2002/2003) e da ben 16 laureati. L’esperienza testimonia negli studentiuna capacità progettuale integrata emultidisciplinare che unisce le compo-nenti dell’architettura, dell’ingegneriastrutturale e dei trasporti; questa rappre-senta non solo il patrimonio culturale del-lo IUAV, ma anche il suo contributo allacrescita culturale della regione in cuiopera ed in genere dell’ambito scientifi-co e progettuale del nostro paese. ■

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I TRASPORTIun percorso multidisciplinare

La provincia di Bologna ha in questi annicolto in maniera positiva e propositiva lenorme che hanno coinvolto il settore inmerito alla progettazione di nuove stradeo alla riqualificazione dell’esistente.La volontà che ha guidato il lavoro deiprogettisti è stata quella di considerare lastrada non più come elemento di fratturaineluttabile e imposta, ma come elemen-to che sia parte integrante del territorioche attraversa, perseguendo la riduzionedell’impatto paesaggistico della nuovaviabilità e della riqualificazione della via-bilità esistente, della provincia di Bolo-gna.Per far ciò si è cominciato con uno stu-dio, un censimento delle macchie paesi-stiche e delle reti ecologiche, verificandose e come le strade potessero diventareun elemento di coniugazione e non di di-sturbo, visivo o ambientale. Tale studio,oggi nella sua fase attuativa, ha prodottoanche un manuale, che auspichiamopossa essere di indirizzo e aiuto per altriprogettisti.Lo studio è stato condotto all’interno ditre diversi ambiti paesaggistici: pianura,collina, montagna, con un doppio obietti-vo: paesaggistico, ovvero relativo all’in-serimento paesaggistico delle strade, al-le mitigazioni di impatto paesaggistico,alla realizzazione di aree verdi con criteriecocompatibili; ecologico, ovvero relati-vo alla verifica della fattibilità delle stradeprovinciali esistenti come corridoi ecolo-gici, al superamento della frammentazio-ne ecologica del territorio, all’aumentodella biodiversità.La metodologia utilizzata è sintetizzabilein tre passaggi fondamentali: il censi-mento delle strade provinciali, il censi-mento delle macchie paesistiche, lo stu-dio della fattibilità delle strade come ele-menti della rete ecologica.Sulla base di tali materiali, si è poi appro-dati a una reale progettazione di areechiamate a mitigare la strada e a com-pletare tratti interrotti nel passato di areead elevata valenza ecologica.Nell’ambito della progettazione di nuovipaesaggi per le infrastrutture, è stataconsiderata la distinzione fra le grandirealizzazioni ex novo (nuove arterie stra-dali, nuovi sovrappassi, nuovi svincoli aquadrifoglio) e gli interventi miglioratividella viabilità esistente (realizzazione dirotatorie, raddrizzamento delle curve,al-largamento della sede stradale)I criteri progettuali sono così riassumibili:identificazione paesaggistica e cromati-ca delle aree; incrementare la biomassa;limitare l’abbagliamento dei fari; non

ostacolare la visibilità; favorire l’insediar-si della fauna; incrementare la biodiversi-tà e l’instaurarsi di specie spontanee au-toctone che favoriscano l’evoluzione na-turale delle aree; utilizzare specie conelevata adattabilità.Nell’operare nel senso dell’inserimento

Dott.ssa Pamela Meier, Assessore Viabilità Provincia di Bologna

Progettare una stradanel territorioPamela Meier

Progetto di grande area di svincolo con sovrappasso incomune di Granarolo

Progetto tipo di riduzione dell’impatto paesaggistico in montagnaLe immagini che accompagnano questa relazio-ne sono tratte dal libro “Le strade nel paesaggio.Manuale per la progettazione ecosostenibile dellestrade e la mitigazione degli impatti paesaggisticitramite la vegetazione”, a cura di A.L.Moratti eM.L. Boriani, per iniziativa della Provincia di Bolo-gna, Assessorato alla Viabilità, Bologna, 2003

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I TRASPORTIun percorso multidisciplinare

paesaggistico sia della nuova viabilitàsia della viabilità esistente, sono state in-dividuate una serie di tipologie di spazi incui intervenire per la pianura (rotatoriegrandi, rotatorie piccole, aree interne aglisvincoli, sovrappassi, fasce laterali allestrade, piccole piazzole laterali alle stra-de), e per le aree di montagna e collina,dove gli interventi si sono dati l’ulterioreobiettivo della valorizzazione dei pae-saggi e dell’incremento della fruizioneanche visiva (aree di sosta, belvedere,parcheggi)1.L’attenzione della provincia di Bolognaper le questioni ecologiche e paesaggi-stiche legate al territorio, è stata negli an-ni testimoniata anche da altre azioni, chehanno coinvolto i progettisti delle strade.Fra queste, i progetti per la mitigazionedell’impatto delle strutture viarie dellaprovincia di Bologna sulla fauna selvati-ca, spesso coinvolta negli incidenti stra-dali, che hanno portato alla individuazio-ne di aree critiche (attraverso criteri mu-tuati dalle esperienze europee e quindialla progettazione di interventi tipo darealizzare nel corso delle manutenzionistraordinarie della rete viaria. I risultati

sono stati tangibili: il posizionamento dicatarifrangenti particolari, laddove il pas-saggio di ungulati aveva determinato di-versi incidenti, ha portato alla riduzionedi ben il 90% delle collisioni in un soloanno.Anche qui, il primo passaggio è stato co-stituito dall’attività di osservazione dell’e-sistente, per giungere all’individuazionedei fattori che determinano e/o influenza-no il rischio di collisione tra veicoli e spe-cie animali. Fattori riconducibili agli stessianimali (distribuzione degli habitat, feno-menologia stagionale, superficie e distri-buzione degli habitat necessari durantele varie fasi del ciclo biologico, effetti del-la frammentazione dell’habitat, presenzae abbondanza della specie), traiettoria evelocità di attraversamento, tipo e fre-quenza dei motivi che inducono la speciead attraversare la strada nonché ai mez-zi che la percorrono e al suo contesto(morfologia della strada, intensità deltraffico, velocità dei veicoli, sensibilità deiconducenti, condizioni meteo climatichee di visibilità, presenza di barriere qualimuri e recinzioni).Si è trattato quindi di individuare attraver-

so un’attività di ricerca e monitoraggio itratti stradali maggiormente pericolosisecondo le segnalazioni di collisioni rile-vate, arrivando all’individuazione dei trat-ti più pericolosi per alcuni “taxa” (tipolo-gie di animali) secondo fattori fisiografici,morfologici, ecologici e ambientali e se-condo criteri di frammentazione ambien-tale e di interferenza con le reti ecologi-che esistenti e di progetto.All’attività di mappatura sono quindi se-guiti opportuni e mirati interventi di miti-gazione: catarifrangenti associati a dis-suasori olfattivi (ungulati e carnivori dimedie dimensioni – mustelidi e volpe);recinzioni (ungulati e altre specie a loco-mozione terrestre); pannelli fonoassor-benti (ungulati e altre specie a locomo-zione terrestre); sottopassi (tombini),ponti e viadotti (qualsiasi specie); eco-dotti – sovrappassi (specie restie a utiliz-zare i sottopassi). Sono inoltre stati posi-zionati a beneficio degli utenti della stra-da appositi cartelli stradali monitori.Ulteriore esempio di attenzione al territo-rio e alla sua storia è il progetto denomi-nato “I ponti della provincia di Bologna”. I numerosi ponti della provincia necessi-tavano infatti di un censimento ai sensidel D.lgs 490/99, mentre molti avevanola necessità di un adeguamento funzio-nale per una messa a norma del manu-fatto: spesso le due esigenze (quella ditutela e quella di adeguamento) finisconocol configgere, al punto di rendere ogniprogettualità quasi inattuabile. Lo studio, realizzato in collaborazionecon l’Istituto per i Beni culturali Emilia Ro-magna e attraverso la documentazionepresente nell’archivio storico provinciale,ha permesso di creare una serie di sche-de manutentive che, ricreando la storia di536 manufatti, dal punto di vista sia terri-toriale sia progettuale, ha reso possibile illoro adeguamento nel rispetto dei vincoli.Il metodo anche qui si ripete, partendoancora una volta dall’osservazione del-l’esistente, dall’attività di censimento ecatalogazione di manufatti che possonoessere ascrivibili a beni architettonici omeno, ma che meritano in ogni caso unaattenta considerazione della loro storia dielementi costitutivi del territorio. Anchequi, si è trattato di “tendere un ponte” trafunzione dell’opera e rispetto del paesag-gio.

Nota1 Nell’esposizione sono stati pro-dotti alcuni esempi di interventi effettuatinella provincia di Bologna: schemi pro-gettuali e di impianto del verde; progettiper aree laterali di sosta in ambientimontani; progetti-tipo di corridoi ecologi-ci a ecosistemi prevalentemente acquati-ci; progetti-tipo di tratti di corridoi ecologi-ci a ecosistemi prevalentemente terre-stri; progetti-tipo di riduzione dell’impattopaesaggistico in pianura, in collina, inmontagna. ■

Progetto tipo di riduzione dell’impatto

paesaggistico in collina

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Questi anni a cavallo di due secoli bensi prestano a fare bilanci, a riflettere cri-ticamente su quanto si è realizzato nel-le nostre città, in questi ultimi decenniquando, sulla forte spinta rinnovatricedegli anni Sessanta/Settanta, si è assi-stito a processi di profonda modifica-zione, innescati – tra l’altro – da un ruo-lo sempre più determinante delle nuo-ve tecnologie dell’informazione, dellacomunicazione e del trasporto.In questo relativamente breve periodostorico l’immagine e la struttura urbanasono cambiate, passando da uno stadio– quello ‘industriale’ – che si era svilup-pato a partire dalla fine del secolo scor-so, a uno nuovo, difficile da definire,tanto che per il momento lo si qualificaancora come ‘post-industriale’, anchese questa ‘etichetta’ appare poco signifi-cativa in relazione a una realtà tantocomplessa quanto ormai lontana dai ca-ratteri peculiari dell’era industriale.La ‘storia’ urbana di questi ultimi de-cenni, tanto in Europa quanto in moltialtri paesi, ha portato all’attenzione distudiosi, operatori, amministratori le vi-cende di una ‘parte’ di città, stretta tratessuto urbano e l’acqua – sia essa dimare, di fiume o di lago – che è stataprotagonista indiscussa delle vicendedella ‘città post-industriale’: stiamo par-lando della zona del ‘waterfront urba-no-portuale’. Qui si è spesso attuata

un’importante azione di rinnovo urba-no, con l’obiettivo di riqualificare vastezone, obsolete o abbandonate, stretta-mente legate al cuore stesso della cit-tà; talvolta la finalità è stata ancor piùambiziosa, puntando a rilanciare l’im-magine e il ruolo della città a scala na-zionale o internazionale.In particolare in Europa, dove il proces-so di industrializzazione e di consolida-mento delle strutture portuali è iniziatoprima che altrove, è già possibile indivi-duare numerosi esempi di questa stra-tegia, che ha assegnato al waterfrontun valore trainante nella prospettiva disviluppo della città: in Inghilterra (Liver-pool, Glasgow, Cardiff), in Francia (LeHavre, Dunkerque), in Germania (Am-burgo, Brema, Kiel), in Spagna (Valen-cia, Malaga, Cadiz), in Italia (Genova,Venezia, Napoli) sono solo alcuniesempi, conosciuti, anche se menoeclatanti dei Docklands di Londra e delPort Vell di Barcellona, di significativeoperazioni di recupero urbano.Poiché queste operazioni di riqualifica-zione hanno determinato innanzi tuttouna ri-‘conquista’ da parte della colletti-vità di zone prima ad essa inaccessibilio comunque aperte ad un utilizzo spe-

cializzato, limitato e controllato, appareevidente che, in questa nuova prospet-tiva d’uso, la funzione assegnata allospazio pubblico risulta assolutamentesignificativa e talora strategica per losviluppo futuro di queste parti di città.Lo spazio pubblico, inteso sia comecomplesso delle attività e dei servizipubblici, sia come spazio aperto, haassunto un ruolo essenziale nello strut-turare, nell’organizzare queste zonevaste, complesse, articolate: è attornoad esso che si configura il nuovo asset-to del waterfront.Uno degli esempi più recenti e clamo-rosi è senza dubbio l’operazione con-dotta a Lisbona, per l’Expo ’98: l’areasu cui si è svolto questo grande eventoera un’ampia zona industriale lungo ilfiume Tago, a nord-est del centro urba-no. Le strutture industriali, in larga mi-sura obsolete, sono state smantellate oabbattute e l’area è stata completa-mente riorganizzata secondo un pianourbanistico che ha posto in primo pianoil recupero a uso pubblico della linea diconfine tra terra e acqua, ha ordinato laviabilità in una chiara maglia gerarchi-ca di strade e di percorsi pedonali e haassegnato un posto principale ad alcu-ni edifici di uso pubblico, situati nelcuore di questa nuova parte di città.Grande attenzione è stata dedicata aldisegno dell’arredo urbano, agli spaziverdi e alla presenza dell’acqua, neisuoi vari aspetti (fontane, cascate, pic-coli specchi).Un altro caso di notevole interesse èquello di Dunkerque, città che ha moltosofferto per i bombardamenti della se-conda guerra mondiale. L’intero cuoreurbano era strettamente legato al suoporto, un porto interno, ricco di attività,ma che, a seguito di crisi del settorenavale e di specializzazioni delle attivi-tà portuali, aveva abbandonato la zonalimitrofa al centro cittadino. L’ammini-strazione locale con l’’Agence d’Urba-nisme’ regionale ha prodotto il ‘PlanNeptune’, con l’apporto essenziale del-

Prof. Rinio Bruttomesso, direttore Centro Internazionale Città d’Acqua

Porti e waterfront:il progetto comeconciliazione trafunzione ed estetica

Rinio Bruttomesso

Genova, porto antico

Berlino, area Stralau

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Notiziario Ingegneri Verona 2 - 200458

lo studio di Richard Rogers: un proget-to molto ambizioso, ma anche realisti-co e flessibile per la riconversione dicirca 180 ettari di preziose aree centra-li, concepito per essere realizzato perfasi e comunque basato sul ruolo inso-stituibile dello spazio pubblico. L’acquaassume un ruolo principale nel ricon-nettere spazi separati e pone in rela-zione complessi di edifici tra loro isolatie distanti. Nuove funzioni (quella uni-versitaria, ad esempio) sono immessein manufatti antichi e costruzioni mo-derne nascono accanto ai vecchi luo-ghi del lavoro portuale.Si può citare ancora un altro esempiodi grande valore, rappresentato dagliinterventi svolti a Berlino dalla Wasser-stadt Gmbh. Wasserstadt è una socie-tà completamente pubblica, (di proprie-tà del Senato e della Banca di Stato diBerlino) che ha come compito istituzio-nale quello di provvedere al risana-mento e alla riconversione delle areeindustriali abbandonate, sull’acqua,nelle zone di Spandau e di Rummel-sburger Bucht. In entrambi i casi, ma inparticolar modo nel secondo di essi,l’azione di riqualificazione del water-front è avvenuta realizzando, prima, unpiano urbanistico per offrire allo spaziopubblico una funzione di riferimento

per l’intero assetto della penisola (dise-gno delle strade, percorsi pedonali,una ‘piazza’, un itinerario senza solu-zione di continuità lungo le sponde, gliedifici pubblici come ‘poli attrattivi’,etc.) e successivamente, ponendo unaattenzione e una cura davvero rag-guardevole nel disegno di ogni partico-lare dello spazio pubblico aperto e delsuo arredo (illuminazione, pavimenta-zione, luoghi di sosta, panchine, piccolispazi verdi, etc.).Infine vale la pena di ricordare quanto èavvenuto, in questi ultimi anni, nelle cit-tà portuali spagnole che, anche sullaspinta di leggi statali (Ley de Costas nel1988, legge di riforma dei porti statalinel 1992) hanno lavorato moltissimonel ridisegnare, spesso radicalmente ipropri waterfront, ottenendo esiti sicu-ramente positivi. I nuovi ‘paseos mariti-mos’ hanno ricucito la relazione tra ac-qua e città, costruita attorno allo spaziopubblico dei moli, delle passeggiatelungo il fronte marino, di nuove piazzecreate sottraendo spazio all’automobi-le, di spiagge più ordinate. Il waterfrontha assunto un’immagine diversa, arric-chita da un verde pertinente, da mate-riali appropriati, da strutture tempora-nee eleganti. Dal ‘muelle‘ della Barcelo-neta, a Barcellona, alla ‘Playa de O

Vao’ di Vigo, dagli interventi sulle ‘pla-yas’ di Cadiz a quelle realizzate a LasPalmas de Gran Canaria, Palma deMaiorca, Tarragona, per citarne solo al-cuni, appare un quadro di straordinariedimensioni, per la quantità delle operefinanziate e concluse, e di assoluto in-teresse per il livello qualitativo, com-plessivamente raggiunto. È certamenteun caso, questo spagnolo, da studiarecon grande attenzione.Proprio valutando criticamente gli inter-venti sui waterfront degli ultimi anni sipuò notare come un giudizio sul lorogrado di riuscita, almeno dal punto divista della loro capacità di ritessere larelazione tra acqua e città, in terminigenerali, sia direttamente legato agliesiti raggiunti nella riqualificazione del-lo spazio pubblico urbano, che diventacosì “una” – se non “la” – componenteessenziale dell’azione di rinnovo delwaterfront.Tentando di individuare, con maggiorprecisione, gli elementi più significatividi queste operazioni, si evidenziano al-cuni aspetti che possono essere definiticome riferimento per i futuri interventi.■ Apertura del waterfront al pubblico,

attraverso un processo, a volte avve-nuto per fasi successive, di riappro-priazione, di riacquisizione delle zo-ne di confine tra città e acqua (di ma-re, di fiume, di lago). È questo unasorta di pre-requisito generale perogni operazione di riqualificazionedel waterfront, poiché molto spessola riconquista da parte della città èsentita come condizione necessariae prioritaria per iniziare un interventodi miglioramento e di attribuzione dinuovo valore a queste zone.

■ Sviluppo dell’accessibilità al water-front, favorendo particolarmentequella pedonale, specialmente in re-lazione ai percorsi di connessionecon il centro città e comunque con lezone limitrofe, al fine di togliere osta-coli e impedimenti alla circolazioneattorno all’area recuperata. Una buo-na accessibilità va assicurata anche

Berlino, Stralau Barcellona, spiaggia

Lisbona, Expo ocean

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Speciale

I TRASPORTIun percorso multidisciplinare

ai mezzi pubblici di trasporto, affinchéil waterfront sia facilmente raggiungi-bile dalle varie modalità di trasporto,sia di terra che d’acqua. Va studiatacon attenzione ogni possibile interse-zione dei percorsi pedonali con lestrade veicolari: il ricorso a ponti, apassaggi sopraelevati o sottopassag-gi rende più agibile, sicuro e piacevo-le l’accesso dei pedoni al waterfront.

■ Limitazione del traffico automobilisti-co: il waterfront è spesso diventato,dopo gli interventi di riqualificazione,una delle zone pedonali della città, omeglio, l’operazione di valorizzazio-ne ha sovente puntato sulla pedona-lizzazione di buona parte del water-front, come una delle sue carte vin-centi. Questa azione di almeno par-ziale allontanamento di questo tipo ditraffico comporta un’altrettanto chia-ra scelta a favore dello sviluppo delservizio di trasporto pubblico, affin-ché la battaglia agli effetti negatividell’eccesso di utilizzo del mezzo pri-vato nel centro città e sul waterfrontnon si trasformi in una secca penaliz-zazione della mobilità dei cittadini edei visitatori.

■ Garantire la qualità dell’acqua, nellezone di waterfront recuperato. E’ evi-

dente che questa garanzia deve ri-guardare tutti i corpi d’acqua presen-ti in città, ma è altrettanto chiaro chel’operazione di valorizzazione dellezone ‘terrestri’ di waterfront sono for-temente penalizzate – sul versantesia ambientale che economico – dauna insoddisfacente qualità dellospecchio d’acqua antistante le areeriqualificate. Una buona qualità del-l’elemento idrico consente invece losviluppo di una molteplicità di usi,anche se certamente più legati altempo libero che ad utilizzi produttivi.La stessa funzione residenziale, neriporterebbe un grosso vantaggio,poiché l’acqua pulita può essere vi-sta come una sorta di estensionedello spazio aperto, esterno all’abita-zione, fruibile dai residenti o comun-que godibile dai frequentatori del wa-terfront.

■ Messa in risalto dei caratteri ambien-tali e urbani del waterfront, per evi-denziare le peculiarità di questa zo-na urbana (il suo contatto con l’ac-qua, le vedute dell’acqua e della cittàda questa zona-limite, la presenza diparticolari attività insediate, etc.), fa-cendole apprezzare ai frequentatori.Diventa quindi di grande rilevanza

una corretta sistemazione dellesponde, dei percorsi lungo le rive, imoli, delle soste sulle banchine; van-no scelti punti di vista privilegiati pergodere del paesaggio urbano e recu-perati elementi, anche modesti, chetestimoniano della passata realtà edi attività ormai spente; va infine po-sta grande cura nel disegno dell’ar-redo urbano del waterfront.

■ Valorizzazione del trasporto su acqua,‘riscoprendo’ questo sistema di tra-sporto per il pubblico. Rilancio di unamobilità urbana che sfrutti appieno lepotenzialità dei mezzi d’acqua, in gra-do di fornire prestazioni interessantisia per decongestionare le strade cit-tadine, sia per rendere più piacevoli itrasferimenti tra parte e parte della cit-tà. Vanno ripensati i luoghi dell’inter-scambio modale, tra i differenti siste-mi di terra e quelli d’acqua. Le stazioniintermodali, tra terra e acqua, ovvia-mente situate sul waterfront, possonodiventare autentiche strutture urbanecomplesse, in grado di ospitare nonsolo le funzioni legate al trasporto, maanche altre attività, che consentonoun utilizzo intenso dei servizi presenti,in grado di attrarre flussi di visitatori edi nuovi utenti. ■