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Tariffa Associazioni Senza Fini di Lucro: Poste Italiane s.p.a.- Spediz. in Abbon. Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27.2.2004 n° 46) art. 1 comma 2 DCB FORLI’ Aut. Tribunale di Forlì n.10 del 18.2.2004 - dir. resp.: Riccardo Ceriani - Stampa presso Monastero Clarisse in San Biagio, p.tta P. Garbin (già S.Biagio), 5 Forlì i.r. Sorelle Povere di Santa Chiara Foglio notizie semestrale (n. 40 anno XXI n.1) giugno 2018 Tra voi non cosi’ Gesù è in cammino con i suoi, ha appena detto loro che a Gerusalemme lo aspettano arresto, condanna e morte. Ed eccoli, i due fratelli Giacomo e Giovanni, con la loro quanto meno inopportuna richiesta: “Concedici di sedere nella tua gloria uno alla tua destra e uno alla tua sinistra”. Gli altri si sdegnano con loro, ma Gesù ne approfitta per esplicitare la sua logica: «Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. Tra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti» Mc 10,35-45). Una affermazione che inevitabilmente ci interroga. Qual è la nostra logica? Il desiderio di essere primi e di comandare è dentro la natura umana, Gesù lo sa bene. Come sa che preferiamo la ricchezza alla povertà, la gioia al pianto, la sazietà alla fame … e che ci viene facile usare la violenza piuttosto che la mitezza, e cercare la vedetta più che perdonare. Lo sa. Ma non desiste dal proporre un’altra logica. Lo ha fatto proclamando le “beatitudini”, affermazioni inaudite che dicono che ci può essere felicità nella povertà, nella fame di giustizia, nel pianto, nella persecuzione. Lo fa contrapponendo la logica di potere che si vive nei gruppi umani a quello che accade fra i suoi. Non si illude che funzioni subito: fa i conti con la realtà, lì una realtà fatta di pochi pescatori che sembrano capire ben poco nonostante siano stati con lui per anni, una realtà piccola, povera. Qui e ora con la realtà piccola e povera che siamo noi. Gesù scommette sul “materiale” che ha a disposizione. E persevera nonostante tutto con quell’urtante verbo all’indicativo: tra voi non è così”. Non dice: “non dovrebbe essere così”, “cercate di fare in modo che non sia così”. Lo afferma: dunque è possibile! E’ possibile che non si ripeta tra noi la stessa dinamica oppressiva di ricerca del potere; è possibile una comunità che abbia il coraggio di pensare in grande. Una comunità dove il più grande è chi si pone sotto, per sostenere e aiutare altri ad “emergere”. Dove non ci si lamenta più dei servizi da portare avanti perché servire è esattamente ciò che è chiesto al servo. Dove vedere le cose dal basso aiuta a mettersi nei panni dell’altro e a non valutarlo a partire da me. Gesù è il Signore che dipende da tutti: “Io sto in mezzo a voi come colui che serve”. Lo mostrerà, in quell’ultima sera con i suoi, chinandosi ai loro piedi per lavarli. Lo fa di nuovo, ogni giorno, con ciascuno di noi, per farci ripartire nel desiderio di vivere come Lui. E’ la nostra preghiera e il nostro augurio per tutti. le Sorelle Clarisse

Sorelle Povere di Santa Chiara Tra voi non cosi’ · quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio

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Tariffa Associazioni Senza Fini di Lucro: Poste Italiane s.p.a.- Spediz. in Abbon. Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27.2.2004 n° 46) art. 1 comma 2 DCB FORLI’Aut. Tribunale di Forlì n.10 del 18.2.2004 - dir. resp.: Riccardo Ceriani - Stampa presso Monastero Clarisse in San Biagio, p.tta P. Garbin (già S.Biagio), 5 Forlì i.r.

Sorelle Povere di Santa Chiara Foglio notizie semestrale (n. 40 anno XXI n.1) giugno 2018

Tra voi non cosi’Gesù è in cammino con i suoi, haappena detto loro che aGerusalemme lo aspettanoarresto, condanna e morte. Edeccoli, i due fratelli Giacomo eGiovanni, con la loro quantomeno inopportuna richiesta:“Concedici di sedere nella tuagloria uno alla tua destra e unoalla tua sinistra”. Gli altri sisdegnano con loro, ma Gesùne approfitta per esplicitare lasua logica: «Voi sapete checoloro che sono ritenuti capidelle nazioni le dominano, e iloro grandi esercitano su diesse il potere. Tra voi perònon è così; ma chi vuolessere grande tra voi si faràvostro servitore, e chi vuolessere il primo tra voi sarà ilservo di tutti» Mc 10,35-45).

Una affermazione cheinevitabilmente ci interroga.Qual è la nostra logica?Il desiderio di essere primi e dicomandare è dentro la naturaumana, Gesù lo sa bene. Come sache preferiamo la ricchezza allapovertà, la gioia al pianto, lasazietà alla fame … e che ci vienefacile usare la violenza piuttostoche la mitezza, e cercare lavedetta più che perdonare.Lo sa. Ma non desiste dalproporre un’altra logica. Lo ha

fatto proclamando le“beatitudini”, affermazioniinaudite che dicono che ci puòessere felicità nella povertà, nellafame di giustizia, nel pianto, nellapersecuzione. Lo facontrapponendo la logica dipotere che si vive nei gruppiumani a quello che accade fra isuoi. Non si illude che funzioni

subito: fa i conti con la realtà, lìuna realtà fatta di pochi pescatoriche sembrano capire ben pocononostante siano stati con lui peranni, una realtà piccola, povera.Qui e ora con la realtà piccola epovera che siamo noi.Gesù scommette sul “materiale”che ha a disposizione. E persevera

nonostante tutto conquell’urtante verbo all’indicativo:“tra voi non è così”. Non dice:“non dovrebbe essere così”,“cercate di fare in modo che nonsia così”. Lo afferma: dunque èpossibile! E’ possibile che non siripeta tra noi la stessa dinamicaoppressiva di ricerca del potere; èpossibile una comunità che abbia

il coraggio di pensare ingrande.Una comunità dove il piùgrande è chi si pone sotto, persostenere e aiutare altri ad“emergere”. Dove non ci silamenta più dei servizi daportare avanti perché servireè esattamente ciò che èchiesto al servo. Dove vederele cose dal basso aiuta amettersi nei panni dell’altro ea non valutarlo a partire dame.Gesù è il Signore che dipendeda tutti: “Io sto in mezzo a voicome colui che serve”. Lo

mostrerà, in quell’ultima sera coni suoi, chinandosi ai loro piedi perlavarli. Lo fa di nuovo, ognigiorno, con ciascuno di noi, perfarci ripartire nel desiderio divivere come Lui.E’ la nostra preghiera e il nostroaugurio per tutti.

le Sorelle Clarisse

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“Al servo di Dio nessuna cosadeve dispiacere eccetto ilpeccato. E in qualunque modouna persona peccasse e, amotivo di tale peccato, il servodi Dio, non più guidato dallacarità , ne prendesseturbamento e ira, accumulaper sè come un tesoro quellacolpa. Quel servo di Dio chenon si adira né si turba peralcunché, davvero vive senzanulla di proprio. Ed è beatocolui al quale non rimanenulla, perché rende a Cesarequello che è di Cesare e a Dioquello che è di Dio.”(Ammonizione XI)

Per Francesco essere servo diDio significa mettersi al serviziodei fratelli nel bisogno: l’uomo“religioso” è legato a Dio inquanto “re-ligato” con i suoifratelli dentro a una relazioneche ha tre poli: la sua identità,il mistero dell’amore di Dio e laconcretezza dei bisogni e dellepovertà dei fratelli.Anche di fronte al peccatodell’altro, Francesco proponeuna logica inversa rispetto aquella abituale: non si tratta dirichiamare il fratello peccatoreper esortarlo/obbligarlo acambiare vita, ma di aiutare ilfrate responsabile, ministro eservo, affinchè gestisca bene ilsuo mandato di autorità avantaggio del fratello indifficoltà. “Da te, caro ministro- sembra dire Francesco -dipende la vita dell’altro e lasua vita è salvezza o perdizioneper te”.E affinché il dispiacere per ilpeccato sia veramente buono

ed evangelico, cioè attento allasorte del fratello e non mosso daaltri interessi, il ministro devefare attenzione ai sentimentipresenti in se stesso nel trattarela situazione. Se nel cuore delministro il dispiacere diventaturbamento e ira, in questo casola colpa del fratello diventeràper lui come l’accumulo di un“tesoro” di morte, svelerà in luiun atteggiamento da“proprietario” che si arrabbiaper difendere il suo tesoro messoin pericolo dal peccato delfratello. Un proprietario nonpotrà mai avere “carità” percolui che mette a rischio i suoipossedimenti e sentirà di averediritto non solo di turbarsi maanche di adirarsi perché ilfratello con il suo atteggiamentomette in pericolo la buonariuscita del suo ministero eoffusca la gloria che eglivorrebbe ottenere sforzandosi dicompiere le buone opere.Anche nella Regola BollataFrancesco dice ai suoi fratelli:“E devono guardarsidall’adirarsi e turbarsi per il

peccato di qualcuno perché l’irae il turbamento impediscono lacarità in sé e negli altri”.Diversamente il frate che siprende cura delle difficoltàumane e morali del fratello a luiaffidato senza cadere in ira eturbamento, compie la verapovertà rinunciando ad ognipretesa sull’altro.Quell’uomo chiamato alservizio dell’autorità, che vivelibero e leggero nei confronti deifratelli, forte della suadisponibilità a donaregratuitamente la sua personasenza pretendere nulla, èdavvero frate minore, cioè servodi Dio.Francesco fa compiere alministro un viaggio di“attenzione” dentro se stesso.Come se dicesse: “il peccatodell’altro diventa per te, caroministro, un’occasione perascoltare la tua anima e vederese in essa vive lo spirito di unproprietario o di un frateminore animato dalla gratuitàche non pretende nulla danessuno”.

CHE NESSUNO SI APPROPRICHE NESSUNO SI APPROPRICHE NESSUNO SI APPROPRICHE NESSUNO SI APPROPRICHE NESSUNO SI APPROPRI

Il Maestro che ha dipinto la Tavola Bardi (metà del ‘200, Firenze, S.Croce)ha rappresentato la “logica” relazionale che Francesco propone con due immagini:

la madre che tiene fra le braccia il figlio e il servo che lava i piedi.

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Tale atteggiamento è la fonte eil frutto di una vita beata, cioèlibera e leggera, che non restaimbrigliata nelle relazionifondate sulla pretesa e sullaprestazione. Per Francescodunque il peccato del fratello,prima di essere un impegnoaffidato al ministro per“salvare” l’altro, è l’occasioneper restare egli stesso dentrouno stile di autenticità e libertàevangelica.

«Non sono venuto per essereservito, ma per servire», dice ilSignore. Coloro che sonocostituiti sopra gli altri, tantodevono gloriarsi di quell’ufficio,quanto se fossero deputatiall’ufficio di lavare i piedi aifratelli. E quanto più si turbanose viene loro tolta la prelaturache se fosse loro tolto il compitodi lavare i piedi, tanto piùmettono insieme per sé untesoro fraudolento a pericolodella propria anima.(Ammonizione IV)

Vivere da servi significa creareun ambiente di accoglienza eattenzione per gli smarriti dicuore e i feriti dalla vita;significa essere in alto peraccorgersi con più facilità delledifficoltà degli altri e significadonare la propria disponibilità aporsi in basso accanto ai piediferiti dal cammino accidentatodella vita.Il ministro prima di tutto devecustodire la qualità fraterna delsuo cuore: solo se libero da ognidesiderio di potere e dominiopotrà vivere con efficacia il suoservizio. Infatti, nel ruolo diautorità, magari senzaaccorgersene, il suo cuorepotrebbe smettere di essere uncuore di madre e servo etrasformarsi in proprietario e

padrone. Il modello è Cristo,che ha mostrato relazioni cheappoggiano sul verbo “servire”.Francesco sembra dire: “A teche dici di vivere il ruolo delservizio come un lavare i piedi,suggerisco di usare un mezzo dicontrasto, facendo attenzione aciò che provi quando sei privatodi quel ruolo. Ascolta isentimenti che sorgono dalprofondo di te: sperimentilibertà e leggerezza o senti in tel’amarezza e la rabbia?”La verità di te non sta in ciòche affermi con la testa ma inciò che viene dal profondo delcuore come reazione a quantola vita ti ha tolto!(libera trascrizione di appuntida un incontro con p. PietroMaranesi)

“Si servanoe si obbediscano

vicendevolmente”

In questi mesi la maggior partedelle Fraternità di Clarisse della

Federazione Veneto-EmiliaRomagna, fra cui la nostra, ha

vissuto il suo capitolo elettivo perscegliere coloro che per il

prossimo triennio saranno alservizio delle Sorelle.

A quelle che hanno terminato illoro servizio, un grazie di cuore da

parte di tutte per la dedizionegenerosa e la fraterna premuracon cui hanno accompagnato la

crescita delle Fraternità.E per quelle che cominciano, la

preghiera fiduciosa allo Spirito eun grande augurio di bene.

Nei mesi estivi torna una presenza francescana aMontepaolo, con i Frati Minori Conventuali e una bella

proposta di formazione:

FRANCESCO, INSEGNACIFRANCESCO, INSEGNACIFRANCESCO, INSEGNACIFRANCESCO, INSEGNACIFRANCESCO, INSEGNACILA RICERCA DEL VERO BENELA RICERCA DEL VERO BENELA RICERCA DEL VERO BENELA RICERCA DEL VERO BENELA RICERCA DEL VERO BENE

24 Giugno relatore fra Andrea Vaona OFM conv.Francesco: “Non un uomo che pregava, ma un uomo fatto preghiera”.La vita come Relazione!

15 Luglio relatore fra Giancarlo Zamengo OFM conv.Francesco e i suoi frati. È possibile essere fratelli? Bellezza e difficoltà.

26 Agosto relatore fra Ivo Laurentini OFM conv.“Donami un cuore semplice”: Francesco e sorella povertà.

07 Ottobre relatore fra Roberto Brandinelli OFM conv.Francesco: una parola Buona per me, oggi?

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“““““Tra vTra vTra vTra vTra voi noi noi noi noi non e’ con e’ con e’ con e’ con e’ così”...osì”...osì”...osì”...osì”...Gesù ha affermato che è possibilevivere le relazioni con uno stilediverso, grazie al dono del suoSpirito che ci rende partecipi dellasua vita risorta.Ma davvero si può fare esperienzanel quotidiano di questa “qualitàdiversa”?Abbiamo chiesto ad ogni sorelladi raccontare un episodio, unapersona o una situazione dove lohanno visto in atto.

sr. Franca: Per ogni cristianodovrebbe essere naturaleconfrontarsi sempre con lo stile diGesù che “…non ritenne unprivilegio l’essere come Dio, masvuotò se stesso assumendo unacondizione di servo”(Fil.2,6-7).La nostra umanità tuttavia tornasempre a galla, spingendoci amettere noi stessi al centro perfar ruotare tutto intorno a noi.Per questo anche noi SorellePovere di S. Chiara cirichiamiamo continuamenteall’insegnamento di Gesù, perdiventare sempre più come lui,col suo aiuto. Io ricevo spessodelle testimonianze, da partedelle Sorelle, di questaconformazione a Gesù, pur inmezzo a limiti e fragilità. Misembra buono soprattuttomettere in evidenza lo stile chela nostra Comunità sta cercandodi realizzare sull’esempio dellaprima comunità cristiana, unostile di vera fraternità, di fiduciareciproca, di comprensione, dicondivisione, dove anchel’autorità, pur portando avanti ilsuo compito specifico, cerca diviverlo con spirito di servizio,evitando la tentazionedell’autoritarismo. Avrei tantiesempi da raccontare sul modoevangelico di comportarsi dellevarie Sorelle, ma su tutti mi balzaalla mente un atteggiamentoparticolare di una Sorella, che oraha raggiunto il meritato premiodel Paradiso.Ella era sempre disponibile pertutto quello che c’era bisogno ecercava di essere gentile con tutti.

A volte però per la stanchezza silasciava sfuggire qualche parola inmodo un po’ più irruente, oppureesprimeva delle richieste controppa insistenza: ma appena sirendeva conto del suoatteggiamento, subito si buttavain ginocchio davanti alla Sorellache riteneva di avere offeso,chiedendole umilmente perdono esupplicandola di pregare ilSignore per la sua conversione. Iopotevo capire questo suo modo difare nei confronti della Madre o diqualche Sorella più anziana, marimasi veramente “di stucco”quando una volta lo fece anchecon me, che ero molto più giovanedi lei! Piena di imbarazzo, cercaisubito di farla rialzare, ma fu perme un esempio di umiltà che nondimenticherò.

sr. Teresa: Più volte mi ècapitato di rispondere di impeto aqualche sorella. Tuttavia quandoriesco a controllare il mioimpulso, scopro di stare meglio ioe di fare anche il bene dell’altra.E’ una situazione dove mi accorgoche provo a mettere in pratica lalogica della mitezza, che Gesù ciinsegna. Mi piacerebbe viverla piùspesso, specialmente in questotempo in cui la vita mi richiedemolta pazienza con me stessa econ chi mi sta accanto.

sr. Valentina: Succede spessotra adolescenti di vivereall’interno di gruppi di coetaneidove il “più debole”, perché siveste strano o perché è ilsecchione di turno, o perché fa di

tutto per farsi notare, o perché ètroppo magro o troppo robusto,ha il naso a punta o è unquattr’occhi antipatico ... divental’occasione per altri di “ergersi”ed esercitare piccole forme di“potere” che ti fanno sentire il piùforte e il più bello, e che tigarantiscono di non stare dallaparte “di quelli sbagliati”!: questoaccade fino a quando qualcunodegli amici non appoggia gli occhiin un modo nuovo su quelcompagno così deriso e messo daparte.Quella sera, durante una festa, M.parlando appunto del “più debole”in questione, disse: “E se questisuoi modi fossero una richiesta diaiuto, di attenzione, un segnale didisagio suo? E se avesse bisognodi noi?”. Fu lì che ci venne offertala possibilità di uno sguardonuovo sulla realtà, una logicadiversa, come se si fosse accesauna luce mai vista prima su quellapersona, che abbiamo poiscoperto essere molto molto dipiù di ciò che ci appariva cosìfastidioso.

sr. Fausta: Per mettere inpratica la Parola del vangelo diLuca, “tra voi non sia così”,bisogna partire dal presuppostoche umanamente non è possibileperché tutti siamo desiderosi difar prevalere il nostro “io”. Manulla è impossibile a Dio eall’azione dello Spirito di GesùRisorto in noi, e in esso dobbiamoriporre ogni nostra speranza diriuscita. Chi è pieno di amore diDio e vuole essere veramentecristiano di fatto devecomportarsi come Gesù. Questoposso confermarlo con latestimonianza che segue: “ Sonopassati molti anni ma è semprevivo e presente in mel’insegnamento dell’esempioricevuto da una mia madreabbadessa. Avevo subìto un tortomolto grande da una sorella efacevo tanta fatica a perdonarlaanche se mi era diventataindifferente. Un giorno questa miamadre mi chiamò in disparte e

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... ma d... ma d... ma d... ma d... ma da doa doa doa doa dove lve lve lve lve lo vedi?o vedi?o vedi?o vedi?o vedi?inginocchiatasi davanti a me, miimplorava di perdonare la sorellae ritrovare con lei unità e pace. Difronte a questo gesto di grandeumiltà da parte della madre neiconfronti della sua figlia, dopoaverla abbracciata , commossadallo stile di relazione veramentericolmo di spirito di minoritàfrancescana nell’incarnare laParola di Gesù, così come avrebbefatto Gesù con i suoi, corsi dallasorella senza alcun rancore edentrambe piene di gioia abbiamoripreso il nostro camminofraterno.

sr. Anna Letizia:E’ particolarmente vuoto esilenzioso questa mattina il nostroLaboratorio. Mentre sto stirandogli occhi si posano su di unamacchina da cucire, pocodistante, illuminata da un ampioraggio di sole. E’ la macchina tantee tante volte usata da srFrancesca, la sorellasarta che ha “vestito”tutte noi nel corso deilunghi anni che è vissuta.Proprio il 25 marzoscorso abbiamoricordato 10 anni dellasua nascita al cielo, edunque accenneròbrevemente proprio alei..., anzi no. Non solo.Infatti, il sole ora stailluminando anche iltavolo attiguo allamacchina da cucire e in un attimovi rivedo, chinata pure lei sullavoro di sartoria, lalaboriosissima sr Elisabetta. Senzanulla togliere al bene intercorsocon tutte le altre sorelle, amoricordare particolarmente questedue sorelle (una di Padova, l’altradi Taranto) perché il loro tratto, illoro modo di porsi in fraternità edi relazionarsi è stato proprioall’insegna di uno stile di totale,disinteressato, gioioso servizio!Ecco, quel “tra voi non sia così”che chiede Gesù, l’ho visto tantevolte vissuto in queste duesemplici sorelle.

Ogni volta infatti che, soprattuttoall’inizio, mi capitava direlazionarmi con loro perqualche cosa, sempre hosperimentato la loro celerepremura, senza risparmio di sé.Quel rivederle oggi, “qui”,chinate silenziosamente sullavoro è anche la metafora concui desidero ricordarle conimmenso affetto e gratitudine;perché, nel segno dell’amore alloSposo, gli hanno risposto conesemplare dedizione di gratuità,umiltà, pazienza e minorità neipiù vari servizi alla fraternità. …“E chi vuol essere il primo sial’ultimo di tutti …”. Spesse volteho sentito sr . Elisabettabisbigliare che il suo desideriopiù grande era quello diricoprire, fino alla fine dei suoigiorni, l’ultimo posto nella casadel Signore!

sr. Roberta: Sento diringraziare le mie sorelle peressere “sorelle”. E se la logica delmondo è quella di “farsi gli affaripropri” e vivere per se stessi, ame viene da dire che invece“Fratelli è possibile”!Questo l’ho sperimentato in tantecircostanze: situazioni di gioia, difatica e di dolore.Come quando le ho viste presentie vicine nel momento dellamalattia e della morte del miobabbo.Rientrando in monastero, dopo ilsuo funerale, ho aperto la portadella mia stanza e oltre a trovarlain ordine e profumata, sulla

parete appariva una grandescritta in cartoncino azzurroritagliato a mano che diceva:“Benedirò il Signore in ognitempo”.E’ trascorso ormai più di un annoe mezzo da quel momento e lascritta è rimasta lì, incollata allaparete, come segno di gratitudinealle mie sorelle e comeespressione del desiderio divivere questa logica dell’amoreche sa leggere il passaggio del Diobuono in ogni evento.

sr. Giovanna: Mi pare che ognigiorno, in monastero comeaccadeva in famiglia o sul lavoro,mi offra una duplice esperienza:da un lato tocco con mano la miafragilità, il mio limite: tendo adare la colpa agli altri, facciofatica a perdonare, sonoimpaziente e irritabile, pretendodagli altri quello che a mia voltanon riesco a fare, giudico, talorain modo spietato, mi chiudo nelmio orticello... e chi più ne ha piùne metta. Tanto che in certimomenti viene proprio la vogliadi dire “non c’è nulla da fare, noncambierò mai!”.Dall’altro lato, però, aguzzandobene lo sguardo, mi accorgodipiccoli frammenti di luce cheparlano di un modo “altro” divivere le relazioni: la pazienza diascoltare un altro quando già seistanca; il togliersi per lasciarespazio a chi ti sta vicino;rinunciare ad una cosa perché unaltro possa averla; fare un piccoloservizio per alleggerire il lavorodell’altra; smorzare i toni di uncontrasto; perdonare con unsorriso una cosa che ti ha fattomale ... Forse aveva ragioneRomano Guardini: l’uomo nuovobenché spesso ben nascosto, stalentamente crescendo nel cuore.E a questa lenta germinazione iodevo credere. Non per il mioimpegno, ma per il donoirrevocabile dello Spirito che stamodellando il mio, il nostro voltoper farlo assomigliare a quello diGesù: il volto di un figlio amatoche riconosce Dio come Padre, glialtri come fratelli e il mondo comecasa dove c’è posto per tutti.

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la differenza cristianala differenza cristianala differenza cristianala differenza cristianala differenza cristiana

Il cristiano può vivere la propriafede solo immergendosi nellastoria e nella sua opacità, nellesue contraddizioni, nei suoiproblemi. Ma in questaimmersione, la comunità cristianaè chiamata a vivere una differenzanella qualità delle relazioni,divenendo quella comunitàalternativa che, in una societàdove le relazioni sono fragili,conflittuali e di tipo consumistico,esprima la possibilità di relazionigratuite, forti e durature,cementate dalla mutuaaccettazione e dal perdonoreciprocoIn questa capacità di costruzione,il cristianesimo mostra la propriaeloquenza e il proprio vigore:nell’originare forme di vitacomunitaria, nell’inventarestrutture di governo ispirate acorresponsabilità, nel vivererapporti di autorità realmenteintesa come servizio.Il proprio della comunità cristianaoggi, il suo compito profetico èquello di testimoniare agli uominicome possibili forme e modalitàdi comunicazione che sianoumane, umanizzate e tendenti alrispetto dell’altro, del suopensiero, della sua diversità.

Proponiamo alcuni stralci da un provocante testo di Enzo Bianchi, fondatoredella Comunità Monastica di Bose, dal titolo “La differenza cristiana”, editonel 2006. Ci invitano a chiederci: quale volto di Dio racconta la nostra vita?

I cristiani non dovrebberocercare visibilità a ogni costo, orincorrere la sovraesposizioe perevangelizzare; non devonoservirsi di strumenti forti dipotere: il primo mezzo dievangelizzazione resta latestimonianza quotidiana di unavita autenticamente cristiana.Servono uomini e donne chenarrino con la loro esistenzastessa che la vita cristiana è“buona”.Teofilo di Antiochia dice“mostrami il tuo uomo e io timostrerò il tuo Dio”. La nostra vitapropone una forma di uomo, unmodo umano di vivere cheracconti Dio, attraverso GesùCristo?Nella lotta di Gesù contro ciò cheè inumano, c’è stato spazio ancheper un’esistenza umanamentebella, arricchita dalla gioiadell’amicizia, circondatadall’armonia della creazione eilluminata da uno sguardo diamore su tutte le realtà piùconcrete di un’esistenza umana.Occorre una vita capace dicogliere sinfonicamente la propriaesistenza assieme a quella deglialtri e del creato intero.

Enzo Bianchi

sorellepovereforli.wordpress.com

Mi ha molto colpito un’affermazionedel Nunzio Apostolico in Sirial’ultima volta che è venuto adAleppo a incontrare i sacerdoti, ireligiosi e le religiose. Ha affermatoche questa crisi (in Siria e in MedioOriente) è una vera provocazionedel maligno e che però noi, comeChiesa, riusciamo a rispondere inmodo creativo.E’ proprio così: da una parte, dalpunto di vista emotivo e razionale,siamo sommersi da tutto quello chesuccede intorno a noi, dalla violenza,dal terrore. Ma in fondo abbiamoaccolto tutto il male al qualeassistiamo come una provocazione eattraverso la preghiera, lacomunione con il Signore e tra noi, sigenera una reazione all’altezza dellacrisi, una risposta decisa e creativa.E’ una reazione che pur essendonostra non è generata da noi. Siamoinfatti spinti dallo Spirito Santo, dallesue ispirazioni. E’ una forza del beneche non avremmo mai immaginato,al punto che spesso siamo sorpresianche noi nel fare ciò che facciamo.Siamo testimoni dei miracoli dellaPasqua nella vita della nostra gente.Sono questi i germogli di vita chemanifestano la presenza del Signorein mezzo a noi.

Padre Ibrahim Alsabagh,parroco francescano di Aleppo

I miracoli della Pasqua

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In cerca di cose belle

un libro:PIETRO MARANESI,

La fragilità in Francesco d’AssisiLa fragilità in Francesco d’AssisiLa fragilità in Francesco d’AssisiLa fragilità in Francesco d’AssisiLa fragilità in Francesco d’Assisiquando lo scandalo della sofferenza diventa grazia.

Edizioni Messaggero Padova

Nessuno più di Francesco ha afferrato il senso della sofferenzae l’ha vissuta come via di libertà, di realizzazione

e di «perfetta letizia.Solo le nostre fragilità possono aiutarci a entrare nel nostro

abisso e a trovare in esso la via della vita.

una poesia:

MammaTi ho sognataQuesta notte, mammaNon era mai successo.Presagio o semplice ricordo?Piangevi,I tuoi capelliDiventati bianchiRilucevano d’argentoSullo sfondo buioDi questo sogno triste.Cosa volevi dirmi?Mi hai guardatacon occhi socchiusimentre perle di lacrimescivolavano sul tuo volto cereo.Indossavi un abito neroColore che odiavi.Questo sogno di piantoMi ha svegliataAngosciata.Dove sei, mamma?Perché quelle lacrime amare?Per chi?Per me?Per te?Per i tuoi fiori appassiti anzitempo?Per la vita avara di gioie?O..... per i figli gi presto lontani?Ti prego,Non piangere mamma,Non nel mio sogno.Voglio ricordarequando bambina mi stringevi,mi tenevi vicinaimplorando baci e carezzeche io vergognosa ti negavo.Ora ti stringerei forte,Ti lascerei senza fiato,Baciando i tuoi occhi di lacrime.Voglio gridarloanche ora cheOrecchie umane non odonoTi voglio bene,mamma,Sorridi nei miei sogniCosì, mi aiuti a vivere.

IVONNE VERATTI

Un bel commento di p.ErmesRonchi sul brano evangelicoda cui siamo partiti

VENUTVENUTVENUTVENUTVENUTO PER SERVIREO PER SERVIREO PER SERVIREO PER SERVIREO PER SERVIRE

E’ la più sorprendente autodefinizione diGesù: «venuto per servire». Tutto nasce dalfatto che Giovanni il teologo, l'aquila, ilmistico, il discepolo amato, chiede di essereal primo posto: la ricerca del primo posto èuna passione così forte che penetra eavvolge il cuore di tutti. Pericolosamente:«Non sapete quello che chiedete!».Non avete capito ancora a cosa andateincontro, quali argine rompete con questadomanda, che cosa scatenate con questafame di potere.Per il Vangelo, invece, essere alla destra ealla sinistra di Cristo, vuol dire occupare dueposti sul Golgota, quell'ultimo venerdì; vuoldire essere con Gesù lungo tutta la sua vita,quando è voce di Dio e bocca dei poveri, efa dei piccoli i principi del suo Regno,quando è disarmato amore.Stare a destra e a sinistra di questa vita vuoldire bere alla coppa di chi ama per primo,ama in perdita, ama senza contare ecalcolare.Con Gesù, tutto ciò che sappiamodell'amore / è che l'amore è tutto(E.Dickinson).«Sono venuto per essere servo». La piùspiazzante di tutte le definizioni di Dio. Parole

da vertigine: Dio mio servitore!Dio non tiene il mondo ai suoi piedi, èinginocchiato Lui ai piedi delle suecreature.I grandi della storia erigono troni al proprioego smisurato, Dio non ha troni, cinge unasciugamano e vorrebbe fasciare le feritedella terra con bende di luce.Non cercarlo al di sopra dei cieli:è disceso e si dirama nelle vene delmondo, non sopra di te ma in basso,il più vicino possibile alla tua piccolezza.Perché essere sopra l'altro è la massimadistanza dall'altro.L'Onnipotente può ciò che solo l'amorepuò: servire ogni respiro, invece dimietere le nostre povere messi seminareancora ad ogni stagione.Capovolgimento, punto di rottura deivecchi pensieri su Dio e sull'uomo.Appare un tutt'altro modo di essere da cuigermina la parola di Gesù:«Tra voi non sia così!». Tra voi cose dicielo! Tra voi un altro mondo! Tra voi unastoria altra, un altro cuore!E farai così, perché così fa Dio.Ma io tremo se penso alla brocca eall'asciugamano. È così duro servire ognigiorno, custodire germogli, vegliare suiprimi passi della luce, benedire ciò chenasce. Il cuore è subito stanco. Non restache lasciarsi abitare da lui, irradiare divangelo.Se Dio è nostro servitore, servizio è ilnome nuovo della storia, il nome segretodella civiltà.

Page 8: Sorelle Povere di Santa Chiara Tra voi non cosi’ · quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio

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Negli oltre 18 anni in cui è andata avanti la ristrutturazione delnostro Monastero abbiamo sperimentato la premura di tanti.Davvero tutto quello che è stato realizzato è frutto dell’aiuto diciascuno!Ora è naturale sentire vivo in noi il desiderio di restituirealmeno un po’ del tanto bene ricevuto (e di farlo non soltantoattraverso la preghiera, ma anche con l’aiuto concreto).E a chi restituire se non ai fratelli che si prodigano per aiutarefamiglie e bambini che vivono una delle situazioni piùdrammatiche tra le tante che il nostro tempo saturo di violenzaha prodotto?

ALEPPO: una città che lotta per non morireSette anni di guerra hanno lasciato dietro di sé rovine incalcolabili. E i nuovi recenti bombardamenti in Siria hannoriacceso la paura di un’escalation del conflitto: sono il segnale che la guerra in Siria non finirà facilmente. La guerraha approfondito le differenze, ha causato immensi danni materiali, ma anche ferite interiori, lacerazioni tra lepersone, esodi. In questa terra martoriata le comunità cristiane sono ancora una realtà molto vivace, anche grazieall’opera dei Frati Francescani. Abbiamo conosciuto fr. Ibrahim Alsabagh, parroco della parrocchia latina di Aleppo,che ci ha raccontato tante opere che la fantasia della carità suggerisce: ogni mese vengono distribuiti più di tremilapacchi alimentari e molte famiglie dipendono totalmente da questi alimenti; ci sono gli aiuti per la ricostruzioneedilizia delle case distrutte o danneggiate; si forniscono aiuti alle giovani coppie perché possano sposarsi o avviareuna attività; si organizza l’oratorio feriale, che è arrivato a coinvolgere oltre 850 bambini; c’è una scuola diriabilitazione per ragazzi sordomuti...e tanto altro.

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