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Il sussidio è stato curato da:
Sorella Giovanna Bettiol Coordinamento dei Settori Giovanili
Silenziosi Operai della Croce Via di Monte del Gallo 105, 00165 – Roma
Disegno di copertina e grafica interna a cura di: Antonio Pastucci
Hanno collaborato: Don Marco Castellazzi
Don Luciano Ruga Don Massimo Masini
Chiara Maddalena Sorella Mara Strazzacappa Sorella Angela Moschetta
Sorella Damiana Moschetta Sorella Angela Petitti
Ornella Gnutti Fiorella Elmetti
Don Cristian Catacchio Sorella Patrizia Rolando
“Il sentimento di gratitudine è una delle espressioni più evidenti della capacità di amare”
Sono veramente grata a tutti voi!
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Presentazione
Il progetto triennale 2015-2017 della Confederazione Internazionale dei CVS si
presenta come un “pellegrinaggio” vissuto con Maria la Madre di Gesù, modello di fede
e di gioia. Tale cammino ci sprona a valorizzare tutte le risorse delle nostre realtà
diocesane. Il carisma del Beato Luigi Novarese ci ricorda che siamo parte importante di
questo popolo di Dio e non possiamo essere semplici spettatori. Le persone sofferenti sono
soggetti attivi e portano dentro la comunità pastorale tutta la propria umanità perché sia
evangelizzata, con l’aiuto della grazia di Dio. Devono essere consapevoli dell’importante
responsabilità di impegnarsi a vivere la fede e a valorizzare la loro sofferenza.
“Nella sua vita, Maria ha compiuto il pellegrinaggio della fede, alla sequela di suo
Figlio” (Lumen Fidei, n. 58). Siamo chiamati ad essere Chiesa che sappia trasmettere la
fede negli ambienti in cui viviamo, consapevoli che affidati a Maria, la Madre di Gesù,
non resteremo mai delusi.
In questo anno pastorale ci lasciamo guidare dallo stile di Gesù che educa i suoi
discepoli. Da rimuovere sono l’ipocrisia e la vanità, le pesantezze e le incrostazioni,
l’abitudinarietà e il formalismo. Da mettere al centro c’è invece Gesù Cristo, la sua
persona, il suo messaggio. Non si è dunque soli in questo cammino. Dio precede sempre
sulla strada, ma non per imporre delle regole, bensì antidoti necessari per entrare nel
campo della vita buona e virtuosa.
Camminare è dunque il movimento che mette in moto la ricerca della verità del
Vangelo che, una volta fatta propria, spinge ad annunciarla e a testimoniarla con gioia
come novità di vita.
Ci faremo aiutare in questo cammino da San Paolo, colui che era in continua
ricerca appassionata della sapienza, ricerca appassionata del modo di vivere e di
avvicinarsi al mistero di Dio.
Per diventare discepoli del Figlio, è necessario comprendere l’amore che è
l’essenza di Dio stesso, è il senso della creazione e della storia, è la luce che dà bontà e
bellezza all’esistenza di ogni uomo. Al tempo stesso, l’amore è, per così dire, lo “stile
musicale” di Dio e dell’uomo credente, è il comportamento di chi, rispondendo all’amore
di Dio, imposta la propria vita come dono di sé a Dio e al prossimo. In Gesù Cristo questi
due aspetti formano una perfetta unità: Egli è l’Amore incarnato. Questo Amore ci è
rivelato pienamente nel Cristo crocifisso. Fissando lo sguardo su di Lui, possiamo
confessare con l’apostolo Giovanni: “Noi abbiamo riconosciuto l’amore che Dio ha per
noi e vi abbiamo creduto” (cfr 1 Gv 4,16).
Paolo ci sta indirettamente chiedendo di iniziare un serio discernimento sui
desideri del cuore e su ciò che veramente ricerchiamo. “Desiderate intensamente”. Ciò
che conta, che resta, che vale nella vita, deve essere ricercato con intensità e passione, con
trasporto e determinazione, con volontà, entusiasmo e coraggio. Quante volte nella vita
insieme ci si accontenta, nelle amicizie ci si sopporta, nelle relazioni si è passivi? È
necessario che vi sia invece la ricerca del vero, del bene e del bello più grande. Perché
allora ci fermiamo nella corsa? Perché ci accontentiamo nella vita? Perché non riusciamo
a vincere l’apatia, la stanchezza, la noia, non tenendo in alto lo sguardo? Aspirare,
desiderare intensamente, significa non fermarsi, non lasciarsi abbattere. Ci sono doni più
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grandi, mete più belle, conquiste più significative, orizzonti più ampi a cui giungere. È
venuto il tempo di fare “un balzo in avanti”. Dobbiamo saltare dal bene al meglio e dal
meglio all’ottimo. Questo significa desiderare intensamente i carismi più
grandi. Conoscere l’arte dell’amore e comporre la più bella melodia da suonare è proprio
dei figli di Dio, di coloro che vivono in Cristo.
Paolo sa che è necessario avere un maestro nella via di Dio, altrimenti si rischia di
andare fuori strada. Solo guardando verso Gesù potremo imparare da Lui a lasciare allo
Spirito-Amore di dilagare in noi per spargere nel mondo quella forza nuova che trasforma
la storia.
Ci lasceremo guidare in questo cammino alla ricerca dell’amore dall’inno alla
carità che Paolo offre a tutti noi da sempre, usando la metafora della musica e non
dimenticheremo di fissare il nostro sguardo su Maria, colei che ha conosciuto in
profondità l’amore di Dio. Colei che ci precede sulle strade dell’unità. Tutta la sua vita è
stata plasmata da questo Amore e il suo canto di lode vuole essere per noi una certezza,
un incoraggiamento, una forza per continuare sempre il nostro cammino personale e
comunitario verso Dio!
Buona musica a tutti!
Struttura tappa
OBIETTIVO. Vengono riportate le parole del Papa Francesco scritte nell’Esortazione
Apostolica Amoris Laetitia nelle prime quattro tappe.
LEGGIAMO LO SPARTITO
È la Parola di Dio che accompagna l’incontro. Verrà riportato per
ogni tappa tutto il brano, evidenziando in grassetto la parte su cui
riflettere dell’inno alla carità di San Paolo.
CHIAVE DI VIOLINO
Riflessioni di approfondimento per bambini, adolescenti, giovani
facendo particolare riferimento alle intuizioni del Beato Luigi
Novarese e alla concretezza del nostro apostolato. I diversi stili
dei sacerdoti che hanno fatto le lectio possono aiutarci a
comprendere meglio il versetto dell’inno alla carità.
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LA NOSTRA COMPOSIZIONE
Rappresenta la fase operativa della tappa. Si propongono alcune
iniziative per stimolare la partecipazione di tutti. Ogni animatore
può comunque pensarla e inventarla come vuole.
SULLE NOTE DI MARIA
Il prossimo anno si celebrano i 100 anni delle apparizioni della
Vergine ai tre pastorelli a Fatima. Vuole essere questo uno spazio
dove approfondire il messaggio di Fatima, guardando come Maria
ha incarnato in se l’Amore vero.
PROVE GENERALI
È quello spazio dedicato alla ricerca di un impegno, di un
esercizio, di un gesto da fare ritornando a casa, fino al prossimo
incontro, per concretizzare quello che la tappa ci suggerisce.
SOTTO LA GUIDA
DEL DIRETTORE DI ORCHESTRA
Rappresentano spunti per il momento celebrativo del nostro
incontro. Solo suonando sotto le direttive del nostro Direttore
d’orchestra possiamo creare una bellissima melodia e viverla
concretamente.
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Inizio anno 1Cor 12,31 – 13,1-3
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Collocazione del brano Dopo aver ricordato che tutti i doni dello Spirito Santo sono tali solo se
contribuiscono al bene comune e dopo aver paragonato la comunità a un corpo, in cui le
varie parti hanno un compito specifico e si aiutano le une le altre, Paolo ci ricorda che alla
radice di ogni attività, di ogni dono deve esserci l'amore, altrimenti non serve a niente.
Questo brano di Paolo è conosciuto come "inno alla carità", ma poiché non
presenta alcun metro poetico appartiene più propriamente al genere letterario dell'elogio,
molto diffuso ai tempi di Paolo.
Di che carità (amore) sta parlando Paolo? E' la conseguenza diretta della salvezza
divina attuata da Cristo. Tale salvezza ha fatto irruzione nella storia umana e si manifesta
nei credenti in forme molteplici. L'amore è la sua espressione perfetta e definitiva. Lo si
può definire il dono divino per eccellenza dei tempi ultimi, che muta radicalmente la
condizione del credente, determinandone l'agire nell'oggi secondo la logica del nuovo
mondo che verrà. Come tale costituisce la piena maturità del cristiano nella sua adesione
a Cristo.
12,31 Fratelli, desiderate intensamente i carismi più grandi. E allora, vi mostro la via più sublime.
Paolo termina il capitolo 12 con l'esortazione a desiderare i doni più necessari alla
vita della comunità. Questo desiderio che si mantiene elevato permette di accedere a una
conoscenza ancora più elevata del mistero di Dio. Qualsiasi dono, qualsiasi attività
compiuta a favore della comunità, se non è animata dall'amore, non ha alcun senso.
13,1 Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita.
I primi tre versetti ripetono in forme diverse lo stesso concetto: la presenza
dell'amore e la sua assenza determinano semplicemente l'essere e il non-essere del
cristiano, non solo una modalità del suo esistere. Paolo riprende qui i doni tanto ambiti dai
Corinti e li svuota di significato, se privi della carità. Il primo è il dono delle lingue
(glossolalia). Con abilità Paolo introduce il discorso con una formula di stile biblico "le
lingue degli uomini e degli angeli", che dà un'idea di totalità. Però anche il dono delle
lingue più sublime, se non è mosso dall'amore, non è che un gong o un tamburo che
emettono suoni assordanti. Non a caso Paolo sceglie questi strumenti, che venivano usati
nel culto pagano estatico. La riduzione a strumento realizza efficacemente la svalutazione
più completa.
13,2 E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma
non avessi la carità, non sarei nulla.
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Seguono: la profezia, intesa qui come la capacità di prevedere le cose future; la
capacità di penetrare i misteri di Dio e del mondo; il possesso di ogni conoscenza ispirata,
la fede taumaturgica capace di compiere l'impossibile (spostare le montagne). Tutti doni
in cui si esprime l'eccellenza del credente nelle sue esperienze carismatiche. Eppure senza
carità tutto si riduce a nulla.
13,3 E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo, per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe.
Paolo passa infine al credente eroico che compie gesti spettacolari e straordinari, dona tutti
i suoi beni ai poveri e si presta al martirio. Eppure anche costui gira assolutamente a vuoto,
ciò che fa se non è nella carità risulta completamente inutile.
CvS
Per noi del CVS risuonano le parole di Paolo come uno stile di vita che dobbiamo
acquisire. Non possiamo assolutamente pensare che l’essere in associazione ci dia il diritto
di costruire relazioni fondate su noi stessi e sulle nostre persone in modo prettamente
egoistico ed egocentrico. Ciò che deve muoverci è l'amore. Se si compiono azioni con
altri intenti, non si raggiunge per niente l'obiettivo.
“Tra sette anni ritornerete qui, diceva Papa Benedetto XVI nel corso del suo
pellegrinaggio a Fatima nel 2010, per celebrare il centenario della prima visita fatta dalla
Signora «venuta dal Cielo», come Maestra che introduce i piccoli veggenti nell’intima
conoscenza dell’Amore trinitario, e li porta ad assaporare Dio stesso come la cosa più
bella dell’esistenza umana. Un’esperienza di grazia che li ha fatti diventare innamorati di
Dio in Gesù, al punto che Giacinta esclamava: «Mi piace tanto dire a Gesù che Lo amo!
Quando Glielo dico molte volte, mi sembra di avere un fuoco nel petto, ma non mi brucio».
E Francesco diceva: «Quel che m’è piaciuto più di tutto, fu di vedere Nostro Signore in
quella luce che la Nostra Madre ci mise nel petto. Voglio tanto bene a Dio!»”.
Iniziando gli incontri del CVS nell’anno centenario delle Apparizioni della
Madonna a Fatima, vogliamo fare una professione di fede nell’amore. L’amore che
declineremo nel corso degli incontri con l’aiuto degli aggettivi paolini. L’amore che, nella
preghiera dell’Angelo di Fatima, si coniuga con la fede, l’adorazione, la speranza: Mio
Dio, io credo, adoro, spero e ti amo e ti chiedo perdono per quelli che non credono, non
adorano, non sperano e non ti amano.
Possiamo vivere di molte cose, ma non senza l’amore. Proviamo ad avere nel cuore
quel “fuoco nel petto che non brucia”, come Giacinta. Così saremo motivati e disponibile
alle maturazioni creative dell’amore.
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Per i BAMBINI
Viene presentato ai bambini Saulo, per gli amici Sasà, un compositore un po'
pazzo, che ha deciso di comporre la Carità! Che parola strana! Per farlo ha bisogno proprio
dell'aiuto del nostro gruppo! Ma per aiutarlo bisogna scoprire prima cosa vuol dire Carità.
(Suggeriamo di far interpretare Sasà ad un animatore che resterà Sasà anche nei
successivi incontri).
Una bella composizione, si sa, ha bisogno di tanti strumenti. Ogni strumento ha
una sua caratteristica unica e la sua assenza si noterebbe all'istante! Così come noi
civuessini: ognuno di noi è diverso dall'altro e se un componente del nostro gruppo è
assente… che tristezza!
Per questo motivo si formeranno 3 squadre: i tamburi, le chitarre e le trombe. Si
partirà quindi con una gara in cui ogni squadra potrà prenotarsi con il suono del proprio
strumento (tum-tum per i tamburi, zan-zan per le chitarre, perepè per le trombe).
Nella prima sfida le squadre dovranno ascoltare degli spezzoni di canzoni famose
e riconoscerle il più velocemente possibile. La squadra che per prima si prenota e indovina
il titolo conquista un punto. La squadra che conquista più punti riceverà il primo indizio
per scoprire il significato della parola Carità (attenzione: gli indizi potranno essere letti
solo quando tutte le sfide saranno concluse!).
Nella seconda sfida ogni squadra (aiutata casomai da un animatore) dovrà formare
una frase di senso compiuto utilizzando parole che inizino con una delle 7 note musicali
(es. DOmani REgalerò alla MIa FAmiglia SOLtanto LA SImpatia). La squadra che
formulerà la frase più bella e creativa vincerà il secondo indizio.
Nella terza sfida un animatore leggerà una storia. Ogni squadra quando sentirà
pronunciare il nome del suo strumento (o derivati come ad esempio "trombetta" o
"tamburellare") dovrà immediatamente e in coro (non vale se è solo un componente a
farlo) urlare il proprio suono (tum-tum, zan-zan, perepè). La squadra che risponde con
maggiore prontezza riceverà il terzo indizio.
Storia proposta.
Questa è la storia di Sinfònia. Sinfònia era una città molto triste perché viveva da ormai
tanti anni sotto un brutto incantesimo lanciato da una perfida strega di nome Silenzia. La
strega, infatti, aveva eliminato tutti i colori, gli odori e i suoni dalla città: Sinfònia era
diventata una città silenziosa e grigia. Un tempo le strade erano rallegrate dal suono
della chitarra di Gegè, il cantore della città, mentre i bambini che giocavano in piazza
battevano i loro piedi sull'asfalto come se fossero tantissimi tamburi! Gli abitanti di
Sinfònia rimpiangevano anche il fastidioso rumore del traffico con quei clacson che
suonavano a tromba! I fiori di Sinfònia erano i più belli e colorati di tutto il mondo, mentre
adesso giacevano lì, tutti grigi e non attiravano più nemmeno le api! Le anziane del paese
avevano smesso di cucinare perché i loro piatti non emettevano più i loro profumi deliziosi
come la pasta alla chitarra di nonna Tina o gli gnocchi al ragù di nonna Carla. La strega
Silenzia odiava vedere le persone felici ed è per questo che aveva lanciato il sortilegio:
"Senza colori, suoni e odori nessuno più avrà il coraggio di sorridere!" tuonò la vecchia
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megera con la sua voce stridula come una trombetta sfiatata! Ma Silenzia non sapeva che
da qualche anno in città era nata una bambina incantevole che aveva dello straordinario!
La piccola Bea, infatti, era l'unica abitante della città ad avere un tocco di colore: i suoi
occhi infatti non erano grigi come tutti quelli degli altri cittadini, bensì erano di un verde
intenso come il prato che tanti anni prima ricopriva la città di Sinfònia. I genitori di Bea
tennero la bimba sempre ben nascosta per evitare che la malvagia Silenzia venisse a
conoscenza della sua esistenza e la rapisse. Persino la bambina non era a conoscenza del
suo dono, infatti in casa non c'erano specchi. In città, però, si era sparsa la voce
dell'esistenza della bambina dagli occhi verdi come la speranza degli abitanti di Sinfònia
di tornare a vedere, sentire e odorare il mondo! Nessuno aveva mai visto Bea ma tutti ne
parlavano sottovoce. Il giorno in cui Bea compì 15 anni accadde qualcosa di magico. Era
un giorno in cui la pioggia scendeva a tambur battente, i genitori di Bea erano usciti per
andare a cogliere nel bosco grigio le more nere che, nonostante il colore, erano le
preferite di Bea. La ragazza, presa dalla noia, aprì la finestra e per la prima volta vide
tutta la città di Sinfònia che conosceva solo attraverso i racconti della mamma e del papà.
Presa dall'entusiasmo corse giù attraverso la tromba delle scale e si ritrovò a saltellare
per le vie della città. Era così emozionata di scoprire per la prima volta tutto quello che
c'era in città: i negozi, le piazze, le fontane… e si fermò proprio nei pressi di una fontana
per dissetarsi quando il suo riflesso nell'acqua la colpì! Il verde dei suoi occhi la fecero
trasalire ma poi guardò ancora meglio e quel nuovo colore le piacque così tanto che iniziò
a cantare dalla gioia! Quel canto destò tutti gli abitanti di Sinfònia che non erano ormai
più abituati a suoni melodiosi. Tutti si affacciarono alle finestre e videro la leggendaria
ragazza dagli occhi della speranza cantare e ballare nella piazza principale della città e
più Bea cantava più intorno a lei gli oggetti iniziarono a prendere colore! Tutta la
popolazione si riversò in piazza. "Che stupidi!" Pensarono "Come abbiamo fatto a non
pensarci prima? La nostra voce può diventare musica e ridar vita alla nostra povera città
stregata!" Uno ad uno iniziarono ad unirsi al canto di Bea! Più persone cantavano più
velocemente i colori, i suoni e gli odori tornarono ad abitare Sinfònia! Il vecchio Tito,
custode del conservatorio, corse immediatamente ad aprire le porte del ripostiglio dove
erano stati abbandonati tutti gli strumenti musicali della città. Violini, pianoforti,
chitarre, triangoli, flauti, tamburi e chi più ne ha più ne metta! La strega Silenzia,
assordata da tanto frastuono, piombò in città in cerca di vendetta! "Chi ha osato
risvegliare la città da me stregata????" Urlò la sua voce a trombetta. Tutti gli abitanti
furono presi dal terrore e rimasero lì fermi, tesi come dei tamburi. Fu Bea a prendere la
parola: "Non riuscirai più a rubarci la felicità brutta stregaccia! I colori, i suoni e gli
odori sono dentro di noi!" E iniziò a cantare con la sua voce soave. Gli abitanti di Sinfònia
presero coraggio e iniziarono ad impugnare gli strumenti per accompagnare la ragazza
della Speranza. Ad ogni accordo di chitarra la malvagia strega diventava sempre più
rugosa, ad ogni battito di tamburo sempre più ricurva, e, infine, con un soffio nel
trombone la megera venne polverizzata e svanì nel nulla! Gli abitanti di Sinfònia ce
l'avevano fatta! Incoraggiati dagli occhi della speranza della giovane Bea avevano
liberato la città dalla tristezza! Quella sera ci fu una gran festa animata da canti, balli,
fuochi d'artificio colorati e tanto tanto cibo prelibato, compresa la pasta alla chitarra di
nonna Tina! Così Sinfònia ritrovò la felicità.
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INDIZI.
1) Fa rima con calore
2) E' un sentimento
3) C'è quello dei genitori, quello dei fratelli ma quello più grande è quello di Dio.
Al termine dell'incontro si svela, insieme a Sasà, il titolo della composizione "INNO
ALLA CARITA' (Inno all'Amore)".
Viene consegnato ad ogni bambino lo Spartito dell'Amore, un pentagramma su cui
attaccare, incontro dopo incontro, le singole note per comporre l'Inno all'Amore.
Per gli ADOLESCENTI
L’amore è l’essenza di Dio stesso, è il senso della creazione e della storia, è la luce
che dà bontà e bellezza all’esistenza di ogni uomo. Al tempo stesso, l’amore è, per così
dire, lo “stile” di Dio e dell’uomo credente, è il comportamento di chi, rispondendo
all’amore di Dio, imposta la propria vita come dono di sé a Dio e al prossimo. In Gesù
Cristo questi due aspetti formano una perfetta unità: Egli è l’Amore incarnato. Questo
Amore ci è rivelato pienamente nel Cristo crocifisso. Fissando lo sguardo su di Lui,
possiamo confessare con l’apostolo Giovanni: “Noi abbiamo riconosciuto l’amore che Dio
ha per noi e vi abbiamo creduto” (cfr 1 Gv 4,16; Enc. Deus caritas est, 1).
Nei vv.4-7 Paolo "descrive" la carità, sia per dire che cosa non è, sia per dire che
cosa è. Per Paolo è molto importante che l'Amore venga "personalizzato", e quindi venga
contemplato come una Persona. Credo sia giusto pensare alla persona stessa del Signore
Gesù, tutta la sua vita diventa lo specchio della nostra vita di cristiani. Lo Spirito Santo
ci aiuta non solo a imitare, ma a “trasformare” la nostra vecchia vita in quella nuova di
Gesù. Allora il "negativo" e il "positivo" non sono solo e tanto i "difetti" da ripudiare e le
"virtù" da cercare, ma piuttosto quel mistero di morte e risurrezione che fonda sin dal
Battesimo l'esperienza della fede e precede, accompagna e riempie di sé tutto il cammino
verso Dio Padre.
La nostra comunione alla Parola, al Pane e al Calice proclama e attua questa
"trasformazione" in Cristo che è l'opera dello Spirito in ogni discepolo di Gesù. L'Amore
allora è l'apice del dono di Dio nella vita del credente. Non credo che si possa mai dire
che può essere semplicemente una dote del cristiano. L'Amore è la nostra stessa
comunione con il Figlio di Dio e la sua "presenza" nella nostra piccola persona e nella
nostra povera vita. In questo senso l'Amore è l'epifania del Cristo nella vita personale e
comune del cristiano. Il canto della tradizione cristiana occidentale "Dov'è carità e
amore, qui c'è Dio" esprime in modo semplice quanto cerchiamo di balbettare.
La musica è uno dei linguaggi se non IL linguaggio preferito dagli adolescenti. Sui
profili Facebook dei teenager spopolano miriadi di condivisioni delle canzoni del
momento, accompagnate da citazioni che sembrano saper esprimere esattamente ciò che
passa nelle teste dei nostri ragazzi.
Ad ogni ragazzo viene dato un cartoncino a forma di i-pod e viene chiesto di creare
la propria playlist: una lista di massimo 7 canzoni preferite. Accanto ad ogni titolo
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scriveranno a quale ricordo/momento di vita è associato (es. il primo bacio, una vacanza
indimenticabile, una festa con gli amici…).
Dopo un momento di condivisione si potrebbe proporre un brainstorming sulla
parola MUSICA. Cosa rappresenta? Cosa ci comunica? Proviamo ad immaginare un
mondo senza musica, come sarebbe? Partendo dalle risposte date dai ragazzi introdurre
la similitudine tra la musica e l'Amore. Infatti l’Amore, quello con la A maiuscola, è ciò
che dà Vita alle nostre giornate, è ciò che ci aiuta ad esprimere ciò che siamo veramente,
è ciò che dà un senso al nostro agire. L'Amore porta necessariamente alla gioia, alla voglia
di stare insieme (proprio come la musica). Immaginiamo un mondo senza amore, come
sarebbe? Ci piacerebbe un mondo fatto di "macchine" capaci di portare a termine i compiti
più difficili ma incapaci di amare? Forse aveva proprio ragione S.Paolo quando scriveva
" E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza,
se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei
nulla". L'Amore rappresenta quindi la colonna sonora della nostra Vita.
Viene presentato un cartellone con su disegnato un grande i-pod su cui scrivere,
tappa dopo tappa, il testo della canzone dell'Amore (Carità) composta dal gruppo nel corso
dell'anno. Sarà così possibile scegliere una canzone famosa (casomai una hit del momento)
come base musicale a cui ovviamente andranno sostituite le parole!
Proponiamo di concludere l'incontro componendo la prima strofa (o quello che
sarà il ritornello) della nostra canzone sulla base di quanto emerso nell'incontro.
Per una LITURGIA incentrata sulla CARITA’ Dare ospitalità significa accogliere nella propria casa una persona estranea rispetto al
gruppo e farla sentire accolta per ciò che è.
Sarebbe comunque pura ipocrisia che un settore o gruppo cercasse di mostrarsi ospitale al
momento della celebrazione senza aver prima accolto umanamente, fraternamente, fattivamente
chi arriva da altrove, secondo le sue necessità e i suoi bisogni primari.
Vi è un prima e un dopo la celebrazione che certamente va curato come atteggiamento
permanente e non solo come risposta ad un’emergenza o a un caso particolare. L’ideale sarebbe
che vi fossero tempi e luoghi di accoglienza e di incontro; questi favoriscono la reciproca
conoscenza, permettendo la costruzione di “relazioni”, di rapporti interpersonali altrimenti difficili
da instaurare.
Vi è, infine, un ulteriore aspetto da far nascere e crescere: va aggiunto anche un “altrove”
rispetto al luogo in cui ci si incontra, dove vivere l’ospitalità e l’accoglienza. E’ ad esempio nelle
case, presso le famiglie in questo modo fa sentire accolto chi viene da fuori, ma anche chi viene
da dentro e si percepisce come un estraneo.
Si invita colui che presiede la celebrazione e/o altre persone, a mettersi all’ingresso della
chiesa o comunque davanti alla porta e salutare e invitare molto semplicemente chi entra, cercando
di essere accoglienti verso tutti, soprattutto verso coloro che non si conoscono e si conoscono
meno. Questo gesto dà un senso di accoglienza e di attenzione verso tutti.
In alternativa, si propone che il sacerdote e i partecipanti alla celebrazione si ritrovino in
un luogo esterno alla chiesa, che consenta al celebrante di salutare le persone presenti. Terminato
questo gesto di accoglienza, l’assemblea, accompagnata dal sacerdote, entra silenziosamente – o
con un canto – in chiesa.
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1° Tappa Avvento/Natale
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Obiettivo Essere pazienti non significa lasciare che ci maltrattino continuamente, o tollerare
aggressioni fisiche, o permettere che ci trattino come oggetti. Il problema si pone quando
pretendiamo che le relazioni siano idilliache o che le persone siano perfette, o quando ci
collochiamo al centro e aspettiamo unicamente che si faccia la nostra volontà. Allora tutto
ci spazientisce, tutto ci porta a reagire con aggressività.
Se non coltiviamo la pazienza, avremo sempre delle scuse per rispondere con ira,
e alla fine diventeremo persone che non sanno convivere, antisociali incapaci di dominare
gli impulsi, e la famiglia si trasformerà in un campo di battaglia. L’amore comporta
sempre un senso di profonda compassione, che porta ad accettare l’altro come parte di
questo mondo, anche quando agisce in un modo diverso da quello che io avrei desiderato.
Segue la parola benevolenza. Paolo vuole mettere in chiaro che la “pazienza”
nominata al primo posto non è un atteggiamento totalmente passivo, bensì è accompagnata
da un’attività, da una reazione dinamica e creativa nei confronti degli altri. Indica che
l’amore fa del bene agli altri e li promuove. Perciò si traduce come “benevola”. (Amoris
Laetitia 91-94).
Leggiamo lo spartito 1 Cor 13, 4 - 8
LA CARITÀ È MAGNANIMA, BENEVOLA È LA CARITÀ (È PAZIENTE, È
BENIGNA LA CARITÀ [CEI 1974]; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia
d'orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene
conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa,
tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine.
Chiave di violino Lectio per la meditazione
BAMBINI
L’amore ingrandisce l’anima, per fare in modo che ci sia spazio per tutti. È
l’insegnamento della prima parola della nostra riflessione: “magnanima” (anima
“magna”, grande). Preparandoci al Natale è facile riflettere sullo “spazio” destinato ad
accogliere Gesù (e tutti gli altri con e come lui). Possa il tuo cuore diventare una
mangiatoia, suggeriva a suo tempo il mistico Angelus Silesius. Questa immagine ci
suggerisce di fare una esperienza concreta: scegliere una mangiatoia “extra large", dove
collocare il bambinello nei nostri presepi (e riflettendo di conseguenza sulle dimensioni
“allargate” che necessita il nostro cuore per essere davvero accogliente).
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La seconda parola della riflessione per questa prima tappa è: “benevola”. Ci
suggerisce un modo concreto per ingrandire l’anima, o come direbbe il Beato Luigi, per
dilatare lo spazio della tenda interiore. Proviamo ad essere “bene-voli”, a volere il bene.
Iniziamo a provarci almeno qualche volta, disponendoci per tempo. Quella persona, quella
situazione, quel luogo… che trovo pesante, sconveniente, rifiutabile… mi immagino come
sarebbe possibile vivere con benevolenza, cercando di capire quale potrebbe essere un
bene utile e quindi come offrirlo, come proporlo.
Il titolo divertito di questa prima riflessione: “benevolosi”, vuole indicare il
progredire in questo atteggiamento, fino a farlo diventare caratteristico, proprio, distintivo.
(Benevolosi ha un suono molto più “avvolgente-ricoprente” rispetto a benevoli). Non è la
benevolenza di un qualche episodio, ma la consuetudine a volere il bene, sempre. Per
esercitarci ad essere “benevolosi" è tuttavia necessario fare delle prove, sperimentare
l’effetto che fa. Iniziamo quindi a fare qualche “benevolata” e sperimenteremo che
davvero abbiamo in noi qualcosa di buono, da condividere con i bambini che ci
proponiamo di animare nella fede, perché possano vivere meglio.
ADOLESCENTI
Gesù per primo è l’uomo paziente in particolare durante il viaggio verso la sua
Pasqua di morte e resurrezione, annuncia per la seconda volta la sua passione e gli apostoli
stanno discutendo su chi fosse tra loro il più grande.
Scrive il Beato Novarese: “Gesù è il grande paziente, preannunciato dai Profeti,
che con il Suo esempio, ossia il modo di affrontare e vivere la propria sofferenza, insegna
come valorizzare le sofferenze di tutte le età, come accettare la Sua parola con spirito di
fede e fare proprio il Suo insegnamento” (Ancora della Salute 1983, n.1).
Il termine greco “makro thumia”, letteralmente significa “grande vedere”, chi è la
persona paziente? Colui che sa vedere in grande, non si ferma al particolare, al bene del
momento, ma lotta per custodire il grande progetto d’amore. Nell’amore, nell’amicizia la
persona paziente è colui che davanti ad una ferita, ad un tradimento, ad una delusione, non
si ferma alla rabbia del momento presente. Non si tratta di dire “non è accaduto nulla,
amici come prima”, ma guardare in faccia alla ferita, all’umiliazione subita e dire, questa
cosa mi ha ferito/a tantissimo, ma il nostro amore, la nostra amicizia, quello che stiamo
costruendo da due, tre, cinque anni, vale molto di più.
Quando ero piccolo, ricordo mia mamma che ricamava le maglie che la sarta gli
portava. Io vedevo la parte interna, fatta di fili, nodi, non regolari e non capivo. Alla fine
mia mamma mi mostrava il ricamo stupendo, impensabile guardando il retro. Così fa Gesù
con noi, egli è paziente, sta facendo della nostra vita un ricamo stupendo, ma noi vediamo
solo il retro, non percepiamo la bellezza del capolavoro ultimato.
Pazienza è saper attendere i tempi degli altri, non rispondere al male con un male
più grande (Papa Francesco a Cracovia 30.07.2016), spesso ciò che non sopporto degli
altri è spesso anche un mio difetto. Rispetto al mio bisogno di essere amato al 100%, gli
amici, ma anche la fidanzata, la sposa/o al massimo possono rispondere al 50-60%. Ciò
che manca, può essere attinto solo dalla misericordia del Padre. Pazienza con gli altri, ma
pazienza anche con noi stessi, con la parte negativa di noi, con i nostri limiti, con le nostre
ferite.
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Quando ci sentiamo a terra, cerchiamo sempre lo sguardo di Gesù che dice a
ciascuno di noi: “Ti amo come sei, non temere”. Gesù vede sempre in noi, non solo quello
che siamo ora, ma quello che potremo essere se camminiamo nel suo amore, egli ha uno
“sguardo grande” sulla nostra vita sempre.
Come guardo la mia vita, all’amore che Dio ha per me, alla vita delle persone che
ho a fianco, dai genitori, agli amici, alle persone che amo?
Quando guardo in piccolo, bloccato dal sentimento del momento, o quando riesco
a guardare in grande, cercando lo sguardo di Gesù sulla realtà?
Benevola è la carità. Da collegare alla pazienza, il cristiano non è solo una persona che
sopporta il male, che non si vendica, ma cerca di fare il bene concretamente. L’ amore
l’amicizia non sono solo dei sentimenti, mi sento di amarti, non mi sento . . . Amare è
cercare il bene dell’amico, della persona amata. Uno ama veramente quando tolgo me
stesso (le mie idee, i miei bisogni, i miei sentimenti) dal centro della mia vita e metto la
vita di un altro/a. Amare non è star bene con una persona, con una comitiva, in un gruppo,
ma fare del bene, cercare il bene, la felicità di quella persona, di quel gruppo. Una ragazza
è fidanzata con un tennista, a lei non piace il tennis, però spesso lo va a vedere perché sa
che questo è un grande regalo per lui. Sotto lo sguardo della fidanzata, lui dà il meglio
sempre.
Riesco a vedere il bene che Gesù semina nella mia povera vita: la mia salute, i miei
genitori, amici, gruppo Cvs…?
Alla fine della nostra vita Dio non ci chiederà: perché non sei stato Abramo o
Mosè, ma perché non sei stato Massimo, Silvia, Enrico, ovvero noi stessi. Gran parte delle
nostre energie sono sprecate nell’ invidiare gli altri: dalla loro altezza alla loro casa, dai
loro voti a scuola alle loro capacità. La vera felicità o è per tutti o non è vera, il cristiano
è un giovane che spera per tutti, prega per la salvezza di ogni uomo. Spesso spendiamo
tante energie fissando lo sguardo su quello che non abbiamo e non avremo mai. DIO Padre
ricco di misericordia nella vita di ciascuno ha donato talenti sufficienti per essere felici.
Se una ragazza carina ma bassa di statura fissa la meta della sua felicità nell’essere alta
due metri, firma il contratto per la sua infelicità perenne. Dio invita ciascuno di noi alla
felicità con il nostro corpo, il nostro carattere, i nostri talenti ma anche le nostre ferite, le
nostre mancanze. Cosa serve essere alti due metri se poi nel cuore abbiamo un pezzo di
ghiaccio? Cosa serve avere due gambe lunghe bellissime e sane se come carattere sono
una iena in casa e fuori? Papa Francesco invita a separare l’invidia dal desiderio di equità.
Un amico in carrozzina, una ragazza che fatica a parlare, un giovane legato a
tantissime medicine, hanno il diritto di vivere felici e non come scarti della società?
Cosa invidio di più agli altri?
Cosa ti manca per la tua felicità? Quali sono i doni i talenti che apprezzo di più
nella mia vita e nella vita degli altri?
Come reagisco davanti alle vittorie degli altri?
Cosa mi impedisce di gioire con chi è nella gioia e piangere con chi nel pianto?
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GIOVANI
La seconda parte dell’inno (4-7) descrive l'azione polivalente della carità attraverso
una serie di aggettivi e di verbi. Praticamente specifica come agisce e si relaziona chi è
mosso dalla carità.
Per prima si sottolinea l'agire generoso e benevolo. Chi è animato dall'amore si mostra
grande di cuore di fronte a un torto ricevuto o a una ingiustizia subita, e comunque
persegue il bene dell'altro.
Essere generoso e benevolo per me che appartengo al CVS deve significare saper
guardare all’altro come colui che mi può arricchire con la sua presenza e con i suoi doni.
Certo, come me ha i suoi tempi di maturazione, di crescita. Il mio farmi accanto, essere
un fratello, mi spalanca il cuore all’accoglienza.
La nostra Composizione
Proposte di attività
BAMBINI
Adesso che abbiamo scoperto che la "Carità" altro non è che l'Amore, siamo pronti
per aiutare Sasà a farne una composizione.
Nelle composizioni (canzoni o poesie) si elencano e descrivono le caratteristiche
dell'oggetto o soggetto in questione. Iniziamo allora ad andare alla scoperta delle
caratteristiche dell'Amore!
La nostra tappa ci suggerisce "Tieni il Tempo" ma quale tempo? Ma certo! Siamo
in tempo di Avvento! In Avvento ci prepariamo ad accogliere Gesù che viene (Natale)
quindi la nostra tappa ci vuole dire di prepararci bene al Natale, di preparare il nostro cuore
ad accogliere Gesù (come suggerito in "Chiave di violino - bambini")!
Il nostro cuore deve essere ingrandito per accoglierlo al meglio!
Materiale. Palloncini piccoli a forma di cuore, ceci, cucchiai.
Si formano nuovamente le tre squadre (chitarre, tamburi e trombe) e si parte con il
gioco a staffetta. Parte il primo giocatore di ogni squadra che dovrà camminare lungo un
percorso ad ostacoli tenendo in bocca un cucchiaio dalla parte del manico. Alla fine del
percorso troverà una bacinella contenente i ceci e dovrà raccogliere nel cucchiaio (senza
usare le mani) più ceci possibili e tornare indietro per inserirli (con l'aiuto di un animatore)
dentro un palloncino a cuore sgonfio (questa volta con l'aiuto delle mani!). Se i ceci
cadono lungo il percorso dovrà tornare indietro a prenderne altri. Una volta inseriti nel
palloncino tutti i ceci trasportati potrà partire il secondo giocatore della squadra e così via.
Facoltativo: il conduttore potrà dettare il tempo da tenere lungo il percorso
facendo battere le mani a ritmi diversi (velocità minima 1 velocità massima 5), in questo
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modo ogni giocatore dovrà attenersi alla velocità indicata dal battito delle mani. Vince la
squadra che riempie maggiormente il cuore.
Al termine del gioco si scopre la caratteristica della Carità: la carità è
"magnanima", cioè fa ingrandire l'anima (o il cuore).
Con una breve discussione, guidata dall'animatore, arriviamo a capire che un cuore grande
ci porta a fare del bene (la carità è benevola).
A fine incontro si scopre quindi, insieme a Sasà, il secondo pezzo dell'inno: "La
carità è magnanima, benevola è la carità".
Consegna della prima nota da attaccare sullo Spartito dell'Amore.
ADOLESCENTI
Un'attività per riflettere insieme ai ragazzi circa il ritmo che assumono le nostre
giornate quando è l'impazienza a dominare.
Fase 1. Ad ogni ragazzo viene consegnato un cartoncino a forma di metronomo (si
veda immagine di tappa) chiedendo di scrivere sul retro almeno 2 situazioni che li portano
a reagire con impazienza (aggressività, ira, mancanza di ascolto…).
Fase 2. Seguirà un breve momento di condivisione di quanto scritto in piccoli
gruppi (max 4-5 persone).
Fase 3. Ritornando nel grande gruppo scriviamo insieme su un cartellone quali
sono le caratteristiche dell'impazienza (es. ci porta a volere tutto e subito, non rispetta i
tempi degli altri, va di fretta, ci porta ad essere insoddisfatti…). Subito dopo si consegna
ad ogni adolescente uno strumento a percussione (tamburello, legnetti, maracas.. anche
costruiti artigianalmente) e in base alle caratteristiche scritte sul cartellone, si cercherà di
riprodurre il ritmo dell'impazienza.
Fase 4. Adesso, invece, cerchiamo di riprodurre, sempre con i nostri strumenti, un
ritmo "paziente". Questa volta scegliamo un ragazzo che guidi l'orchestra per creare il
giusto tempo.
Discussione: se ci lasciamo guidare dall'Amore di Dio (Carità) possiamo trovare
il giusto ritmo. Quali sono le caratteristiche della pazienza? Scriviamole sempre sul nostro
cartellone.
Fase 5. Scriviamo sul cartoncino iniziale due atteggiamenti che ci possano aiutare
a rispondere con pazienza alle situazioni personali scritte nella fase 1.
Scriviamo insieme la strofa del Canto dell'Amore di gruppo.
GIOVANI
A gruppi di due o tre persone, creare delle scenette di vita quotidiana nelle quali
inserire le Tre Parole chiave di Papa Francesco: Permesso, grazie, scusa.
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Chiediamo “permesso” per non essere invadenti, è la richiesta gentile di poter
entrare nella vita di qualcun altro con rispetto e attenzione.
Diciamo “grazie” per l’amore. Sembra facile pronunciare questa parola, ma sappiamo che
non è così… Però è importante! La insegniamo ai bambini, ma poi la dimentichiamo! La
gratitudine è un sentimento importante!
“Scusa”: tutti sbagliamo e a volte qualcuno si offende, e alcune volte volano i piatti, si
dicono parole forti, ma il mio consiglio è non finire la giornata senza fare la pace, la pace
si rifà ogni giorno e chiedendo scusa si ricomincia di nuovo.
GRUPPO ATTIVO
Pazientare è anche imparare ad attendere. Attendere ciò che si desidera fortemente.
Quanto più desideriamo una cosa tanto più ci viene chiesto di attendere, di avere pazienza
perché possa realizzarsi al meglio. Dice infatti S. Agostino: «L’attesa accresce il desiderio
e fortifica la pazienza». In questo tempo liturgico, ci viene chiesto di attendere
pazientemente la venuta di Gesù per poi testimoniarla con gioia a chi incontriamo.
Si propone un gioco sull’opposizione fretta/ calma. Si preparino, ad esempio 2
cartelloni raffiguranti la Natività (oppure vengono messi a disposizione statuine del
presepe). In un primo momento verrà dato un tempo minimo di tre minuti in cui
colorare/ricomporre la Natività nei minimi dettagli. In un secondo momento si darà più
tempo a disposizione per colorare (o realizzare) la scena della Natività senza specificare
il tempo.
Da questo esperimento comprendiamo che fare le cose di fretta ci porta a farle
male, senza dare significato a ciò che si sta facendo, senza metterci il cuore. Al contrario
portare pazienza e calma nelle cose, aiuta a valorizzare ogni singolo particolare, a
preparare il cuore, perché tutto possa realizzarsi al meglio.
Sulle note di Maria
“Quella Signora disse che il Suo Cuore Immacolato sarà il tuo rifugio
e la via che ti condurrà a Dio. Non ti piace tanto? A me piace tanto il
Suo Cuore! È così buono!” (Giacinta a Lucia).
La capacità, desiderata e praticata, di essere pazienti e benevoli non è qualcosa che
acquisiamo per sempre. È, invece, un cammino da percorrere, partendo appunto da quell’
“invece”, enunciato da san Paolo, prima di esplicitare gli aggettivi della carità. È un invece
che significa opposizione ai criteri del mondo, dell’egoismo, dei propri punti di vista e ci
aiuta ad entrare nella prospettiva di Dio.
Maria, con il suo Cuore Immacolato, è segno di quell’invece. Lei non ha soltanto
avuto un cuore immune dal peccato originale ma si è allenata giorno per giorno a rimanere
nell’amore.
Per questo, il suo Cuore è specchio per noi, dove possiamo individuare ciò che manca
all’amore.
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“Il mio Cuore Immacolato sarà il tuo rifugio e la via che ti condurrà a Dio”. È la
promessa della Madonna a Lucia, intimorita dalle tante difficoltà e davanti alla prospettiva
di rimanere da sola, dopo la morte di Francesco e Giacinta.
Accogliendo l’invito di Monsignor Novarese a specchiarci ogni giorno in questo
Cuore, verifichiamo la pazienza/perseveranza nel continuare ad essere buoni secondo il
vangelo.
Prove Generali Il nostro impegno
BAMBINI/ADOLESCENTI Qual è quella cosa che ci fa sempre perdere la pazienza e ci porta ad essere scortesi
con gli altri? Proviamo ad impegnarci a portare a casa la melodia della pazienza. Proviamo
a non sbattere la porta della cameretta ma ad aprirla per cercare il dialogo.
GIOVANI Mi esercito, nelle mie situazioni di vita, ad usale le tre parole chiave suggerite da
Papa Francesco e cerco di sperimentare come la cortesia e l’educazione possono
trasformare i rapporti con gli altri in ogni luogo: famiglia, scuola, lavoro, sport, CVS, ecc.
GRUPPO ATTIVO «La carità è “bene-vola”» (vuole/ desidera il bene). In questo tempo prendo
l’impegno di andare a visitare una persona a cui voglio bene (bene-volenza), oppure
accolgo con cuore benevolo chiunque mi viene a visitare senza perdere la pazienza.
Introduzione e suggerimenti
Nel prologo del vangelo di Giovanni (Gv 1,14), leggiamo: “E il Verbo si fece carne
e pose la sua tenda in mezzo a noi”. Proponiamo che davanti all’altare della celebrazione
venga allestita una tenda chiusa con al suo interno le statue di Maria, Giuseppe e Gesù
Bambino.
Sotto La Guida Del Direttore di Orchestra
Momento celebrativo
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Per i bambini e le famiglie.
Sarebbe interessante invitare ogni bambino che partecipa alla Messa a porre la
statuetta del proprio bambinello dentro la tenda. Al canto del Gloria, il sacerdote apre la
tenda e compie un gesto di adorazione davanti al presepio.
Per adolescenti, giovani e animatori.
Nella lettera agli Ebrei leggiamo: “Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi
antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha
parlato a noi per mezzo del Figlio”.
Se vogliamo udire nel nostro cuore la voce di Gesù, dobbiamo fare in modo che
dentro e fuori di noi si crei il silenzio necessario per favorire un ascolto autentico. Perciò
proponiamo un gesto simbolico: ognuno è invitato a spegnere il proprio cellulare e a
deporlo all’esterno della tenda fino al termine della celebrazione.
Guida: Nel nome del Padre…
Dio Padre ci ha creati a sua immagine e ci vuole a sua somiglianza. Noi possiamo
realizzare questa somiglianza sforzandoci di essere ciò che Egli è. E Dio è Carità, è Amore,
un amore che si è spinto per noi fino all’estremo sacrificio della Croce. Ma come possiamo
vivere l’amore che Gesù ci ha raccomandato, come attuarlo nella nostra vita? Ci aiutino
le parole dell’Apostolo…
I L Aspirate ai carismi più grandi! E io vi mostrerò una via migliore di tutte. Se anche
parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come
un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia
e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede
così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla. E se
anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma
non avessi la carità, niente mi giova.
II L Quanti doni il Signore ci ha elargito, quanti talenti ci ha consegnato perché li
spendiamo per il bene comune. Ma spesso questi doni, pure condivisi con tanto
impegno ed entusiasmo, non riescono ad ottenerci la gioia degli altri e la loro
apertura verso Cristo, perché il nostro “dovere” di buoni cristiani manca
dell’elemento essenziale: l’amore.
III L Aiutaci a capire, Signore, che senza amore niente frutta nella tua messe, nessun
sacrificio sale verso di Te come profumo d’incenso ma si perde nell’aria come
fumo. Donaci, Signore, un cuore ardente di amore per Te che si irradia verso i
fratelli.
I L La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità.
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II L Mio Dio, quanta fretta oggi, quanta insofferenza verso tutti, quante cattiverie e
maldicenze! Con quanta facilità si distrugge una vita umana, anche solo
moralmente e spesso solo per invidia! Donaci, Signore, la pazienza di aspettare
ogni cosa a suo tempo, con calma. Donaci la benevolenza che è carità attiva, come
Gesù che passò gran parte della sua vita facendo semplicemente del bene al
prossimo.
III L Dacci la capacità di donare a piene mani a poveri e ricchi, di rendere felici chi ci
è vicino, adesso, perché forse non passeremo più per la sua strada. E fortificaci con
la grazia e la generosità, affinché possiamo invidiare una cosa sola: un cuore
ricco, generoso, aperto, un cuore che non invidia.
Idee per la preghiera dei fedeli: Nella preparazione a questo Santo Natale, chiediamo al Signore di infondere in noi lo spirito della sua
carità, perché testimoni vivi della venuta del Salvatore possiamo dare una risposta concreta al sua amore
per noi.
Preghiamo insieme dicendo: Prendici per mano ed insegnaci ad amare. Signore, ti chiediamo che le nostre scelte non siano condizionate dal nostro egoismo, ma
motivate da sentimenti di pace, di fratellanza, d’amore, di comprensione, di tolleranza, di
solidarietà verso coloro che ci sono vicini e verso il mondo intero.
Prendici per mano ed insegnaci ad amare. Signore, ti chiediamo che il nostro amore verso gli altri sia puro, sincero, disinteressato e
umile, ma soprattutto aiutaci ad essere consapevoli che tutto ciò sarà il risultato d’una
faticosa e spesso lenta conquista, realizzata passo dopo passo, in una continua crescita
interiore, in cui il nostro vecchio io, pieno di difetti ed egoismi, lasci un po’ alla volta il
posto alla nuova creatura fatta ad immagine e somiglianza di Dio.
Prendici per mano ed insegnaci ad amare. Signore, aiutaci ad amare l’altro per quello che è, rendendoci disponibili ad essere Tuo
strumento per donare l’amore speciale che hai riservato personalmente ad ognuno di noi,
non cadendo nella tentazione di sentirci superiori a nessuno ma percorrendo la via della
carità con reciprocità.
Prendici per mano ed insegnaci ad amare. Signore, rendici sempre pronti a rispondere alle necessità di chi ci circonda: gli affamati
devono essere saziati, i nudi vestiti, i malati curati, i carcerati visitati… “Nostro compito
è essere il cambiamento che vogliamo vedere avvenire nel mondo”, spendendo noi stessi
con dedizione, senza superficialità, mettendo la ragione a servizio del cuore in
atteggiamento di Speranza cristiana e Fede profonda.
Per la riflessione personale e di gruppo, suggeriamo l’ascolto e il confronto sul testo della
canzone: Se Non Ami - NEK
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2° Tappa Tempo ordinario
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Obiettivo Nell’amore non c’è posto per il provare dispiacere a causa del bene dell’altro.
L’invidia è una tristezza per il bene altrui che dimostra che non ci interessa la felicità
degli altri, poiché siamo esclusivamente concentrati sul nostro benessere. Mentre l’amore
ci fa uscire da noi stessi, l’invidia ci porta a centrarci sul nostro io. Il vero amore apprezza
i successi degli altri, non li sente come una minaccia, e si libera del sapore amaro
dell’invidia.
Segue l’espressione che indica la vanagloria, l’ansia di mostrarsi superiori.
Chi ama, non solo evita di parlare troppo di sé stesso, ma inoltre, poiché è centrato
negli altri, sa mettersi al suo posto, senza pretendere di stare al centro. L’atteggiamento
dell’umiltà appare come qualcosa che è parte dell’amore, perché per poter comprendere,
scusare e servire gli altri di cuore, è indispensabile guarire l’orgoglio e coltivare l’umiltà.
Amare significa anche rendersi amabili, l’amore non opera in maniera rude, non
agisce in modo scortese, non è duro nel tratto. I suoi modi, le sue parole, i suoi gesti, sono
gradevoli e non aspri o rigidi. Detesta far soffrire gli altri. (Amoris Laetitia 95-100)
Leggiamo lo spartito 1 Cor 13, 4 - 8
LA CARITÀ è magnanima, benevola è la carità; NON È INVIDIOSA, NON SI
VANTA, NON SI GONFIA D'ORGOGLIO, non manca di rispetto, non cerca il proprio
interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia ma si
rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà
mai fine.
Chiave di violino Lectio per la meditazione
BAMBINI
Inizia la parte in chiave di “non” di questo inno. La riflessione si orienta a
considerare le nostre “reazioni”. Succede qualcosa e non sono invidioso, faccio qualcosa
e non me ne vanto, incontro qualcuno buono e non mi gonfio per apparire meglio di lui,
incontro qualcuno meno buono e non gli manco di rispetto.
Come sottofondo di tutto questo c’è il “basso continuo” dell’accoglienza, della tolleranza,
di uno sguardo rivolto agli altri e non rinchiuso su se stessi.
Animiamo la nostra riflessione immaginando noi stessi negli atteggiamenti
dichiarati “non” dal testo. Se mi immagino: invidioso, “vantoso” (ormai ci capiamo con il
suffisso “…oso”), orgoglioso, irrispettoso… scopro di essere davvero molto “palloso”:
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sgradevole e inopportuno in una grande quantità di situazioni (oltre ad essere gonfio e
vuoto come una palla). È bene soffermare la nostra riflessione sul disgusto che ci
provocano queste situazioni, alimentando una sana ripugnanza: non voglio essere
“palloso”, perché la mia vita avrà una qualità scadente, non ne proverò autentico piacere
e ancor più sarò sgradevolissimo per gli altri.
Bene, adesso proviamo a immaginare, in chiave accogliente, come possiamo
reagire positivamente di fronte a ciò che rende invidiosi, “vantosi", orgogliosi e
irrispettosi. Infatti, come insegna il Beato Luigi, dobbiamo essere protagonisti, svegli e
reattivi, in ogni aspetto della nostra esistenza. Non si tratta di sopportare pazientemente
qualcosa che ci provoca, ma di reagire migliorando noi stessi e gli altri. Riflettiamo su
situazioni concrete della nostra vita, meglio ancora su esperienze che viviamo negli
incontri, animando i bambini. Di certo non vorremo aggiungere la nostra “pallosità" alla
loro esperienza di vita.
ADOLESCENTI
"Non si vanta, non si gonfia". Gesù da ricco che era si è fatto povero per
arricchirci della sua povertà, Lui che era Dio ha svuotato se stesso assumendo la
condizione umana. Per il Signore Gesù tutta la sua vita è stata un continuo abbassamento.
Dalla Grotta di Betlemme alla fuga in Egitto, dalla ferialità di Nazaret alla solitudine del
Calvario. Il battezzato è una persona consapevole dei propri limiti e peccati, non c è spazio
per vantarsi (tutto ciò che abbiamo o facciamo è grazia, puro dono di Dio). Non c'è spazio
per gonfiarsi d'orgoglio che porta a sminuire se non a disprezzare l'operato degli altri. Casi
di bullismo a scuola, la violenza del branco sono casi estremi che hanno la stessa radice
nel pensiero: io so tutto, tu non sai e non vali niente. Quante volte se abbiamo dieci minuti
parliamo solo di noi stessi non ascoltando mai l’altro! Solo chi sa ascoltare e valorizzare
l’altro per quello che può donare, può amarlo secondo Gesù, ovvero servirlo nell'amore.
Nella vita non può regnare la logica del dominio ma del servizio, del donare la vita.
E' necessario rivestirsi di umiltà gli uni verso gli altri perché Dio resiste ai superbi, ma dà
la grazia agli umili (1 Pt 5,5) . Ma GESÙ non ci invita a vivere da tàpini con la testa bassa,
quasi chiedendo scusa di esistere, ma ci chiede di vivere alla grande, una vita piena,
gioiosa, fatta di tante relazioni buone, di ore donate agli altri, di lotta costante contro
l'egoismo. Non c'è spazio per il vanto, per gonfiarsi d'orgoglio. Costantemente, davanti
alle lodi, dobbiamo fare come l'alzatore di pallavolo: dobbiamo aiutare gli altri ad alzare
lo sguardo verso Dio da cui viene ogni dono. Non ci può essere spazio per arroganza,
giudizi spietati, critiche disfattiste. La scienza gonfia, la carità edifica (1 Cor 8,2). Davanti
ad un ragazzo che si è tolto la vita in un momento di disperazione, il primo pensiero è
stato: mamma mia perché è così debole? Poi mi sono detto, sei proprio sicuro di essere
così forte da dire: a me non accadrà mai? Spesso meglio tacere e pregare per le nostre
povertà!
Quale talento, quale capacità sfrutto con orgoglio come se fosse merito mio?
Quale giudizi a volte spietati escono dal mio cuore, nei confronti di chi sbaglia?
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Il Beato Luigi Novarese non si vantava della sua intelligenza, delle opere che
faceva. Non era lui ma era la Madonna che operava, lo Spirito Santo che illuminava. La
casa di Re è proprietà della Madonna, come è scritto nella pergamena messa nelle
fondamenta.
GIOVANI
Questa caratteristica della carità sarebbe: non fa nulla di sconveniente. Forse si
riferisce agli scandali che avvenivano nella Chiesa di Corinto e di cui Paolo ha parlato in
questa stessa lettera (cf. 1Cor 5 e 6). La carità è altruista. Di questo atteggiamento Paolo
ha parlato nel cap. 10. Le ultime due azioni sono molto simili e riguardano il modo di
relazionarsi con gli altri, soprattutto nel caso in cui si debba subire un torto.
Il nostro stare con gli altri fa prevalere quali sono le considerazioni che, se pur non
manifeste, abbiamo degli altri. Dei inferiori a me da sottomettere a tutti i costi o persone
come me allo stesso grado? Qualcuno da combattere perché potrebbe portarmi via il
primato delle attenzioni o un amico da sostenere? Valorizzare la persona dell’altro diventa
ricerca della felicità dell’altro e del suo bene. E se l’altro si è svegliato con il piede storto?
Forse la carità che è in me mi porterà a guardare oltre! Domani andrà meglio!
La nostra Composizione
Proposte di attività
BAMBINI
Si propone agli animatori di organizzare dei giochi di squadra a piacere in cui ci
siano necessariamente dei vincitori e dei perdenti. Le squadre saranno avvisate del fatto
che i punti saranno assegnati secondo un criterio misterioso che sarà svelato solo alla fine.
Infatti gli animatori daranno i punti alla squadra che si mostrerà più umile e sportiva (es.
chi applaude la squadra avversaria, chi si complimenta con i vincitori, ecc..)!
Per una migliore riuscita della dinamica si consiglia di lasciare uno spazio di
"comunicazione" tra le squadre alla fine di ogni sfida in modo tale da osservare meglio le
reazioni dei partecipanti.
Alla fine delle sfide si annuncerà la squadra vincitrice e si svelerà il criterio di
attribuzione dei punteggi a cui seguirà una discussione sulla parola "Umiltà". E' infatti
l'umiltà la giusta intonazione da avere nella vita, altrimenti rischiamo di essere davvero
stonati come delle campane!
A conclusione dell'incontro si scopriranno, insieme a Sasà, i versi dell'inno: "Non
è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d'orgoglio, non manca di rispetto"
Consegna della seconda nota da attaccare sullo Spartito dell'Amore.
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ADOLESCENTI
Ci si divide in 3 gruppi (A, B, C). Ogni gruppo avrà un paio di minuti per accordarsi
e scegliere una canzone conosciuta da tutti i suoi membri. Il gruppo A viene invitato a
cantare la canzone scelta urlandola a squarciagola. Successivamente viene chiesto al
gruppo B di cantare la propria canzone bisbigliandola il più piano possibile. Infine si
chiede al gruppo C di cantare la propria canzone con un tono medio.
Successivamente l'animatore propone una canzone che tutti e tre i gruppi dovranno
cantare insieme mantenendo i toni assegnati precedentemente (il gruppo A la urlerà, il
gruppo B la bisbiglierà e il gruppo C la canterà normalmente).
Segue una discussione. Abbiamo riconosciuto facilmente le canzoni scelte dai
gruppi? Quale canzone è stata più difficile da riconoscere? Siamo riusciti a capire tutte le
parole? Quale canzone è stata più piacevole da ascoltare? Nel canto in coro (tutti e 3 i
gruppi insieme) quali voci sono prevalse? Quali sono state schiacciate?
Si consiglia di leggere solo a questo punto la parte di inno alla Carità della tappa
così da poter fare un collegamento tra le parole di S.Paolo e la dinamica appena svolta.
Far emergere che l'atteggiamento di umiltà descritto nell'inno alla Carità non vuol
dire negare le proprie qualità (bisbigliarle). Ciò che abbiamo di bello non va soffocato ma
non va nemmeno urlato a squarciagola! Se urliamo rischiamo di non essere ascoltati
perché diventiamo fastidiosi! Se urliamo non riusciamo ad ascoltare gli altri perché
sentiamo solo noi stessi!
Se bisbigliamo rischiamo di "scomparire" e privare gli altri di ciò che possiamo
portare di bello nella relazione con loro! Dobbiamo quindi avere una "giusta intonazione"
per comunicare nel modo giusto le nostre bellezze e ascoltare quelle degli altri!
Insieme ai ragazzi scriviamo su un cartellone quali sono gli atteggiamenti che
"urlano" e quali invece quelli che "bisbigliano", quali infine gli atteggiamenti "intonati".
Infine consegnare a ciascun ragazzo un cartoncino a forma di nota musicale con su
scritto "Signore, aiutami ad intonare ________________________" Ogni ragazzo potrà
completare la frase con la propria caratteristica che in questo momento di vita sente di
urlare o bisbigliare.
Ora siamo pronti a comporre la strofa di questa tappa che proseguirà il nostro Canto
dell'Amore.
GIOVANI
In gruppi di 10-15 persone, seguendo il gioco NOMI- COSE-CITTÀ, mettere nella
tabella al posto delle categorie solite (appunto nomi, cose, città) i nomi degli altri membri
del gruppo. Vengono poi estratte le lettere e si deve scrivere per ognuno una caratteristica
positiva che inizia con quella lettera.
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Avremo così la possibilità di sottolineare il bello che esiste in ciascuno scoprendo
che ognuno di noi ha caratteristiche e doni da far crescere e non serve essere invidiosi
degli altri: come non può esistere una sinfonia con una sola nota sempre uguale, così
ognuno di noi è un individuo unico che si armonizza con gli altri nella stupenda sinfonia
di Dio.
GRUPPPO ATTIVO
«La carità non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non cerca il proprio interesse».
Si propone l’ascolto e successivamente la drammatizzazione del racconto di Eco e
Narciso. Morale della storia: Chi si vanta di se stesso e si gloria del proprio io, finisce per
morire, ritrovandosi solo, triste, “mono-tono”.
In alternativa si propone di ballare il canto “Te al centro del mio cuore” in due
versioni. Nella prima il canto viene modificato con “Me al centro del mio cuore”, volgendo
tutto il canto alla prima persona singolare (es. «Ho bisogno di incontrarmi nel mio cuore
[…]. Rit: Tutto ruota intorno a me e in funzione di me…»). Nella seconda versione si balla
il canto originale.
Comprendiamo che da soli non andiamo da nessuna parte; in Gesù scopriamo il
dono degli altri. Così nel cuore la “mono-tonia” cede il posto alla “poli-fonia”.
Sulle note di Maria
“Ciò che più impressionava Francesco o lo assorbiva era Dio, la
Santissima Trinità, in quella luce immensa che ci penetrava
nell’intimo dell’anima. Poi diceva: Noi stavamo ardendo in quella
luce che è Dio, ma non ci bruciavamo! Come è Dio!!! Non si può
dirlo! Questo sì che noi non lo potremo mai dire! Ma che pena che
Lui sia così triste! Se io potessi consolarlo!” (Dalle Memorie di suor
Lucia).
È così bello il desiderio di Francesco di consolare Dio, cioè di evitare di arrecargli
dolore con la sua condotta, di concentrare tutte le sue forze per compiere solo il bene. Non
potendo impedire che le persone facciano il male, a se stessi e al proprio prossimo, per lo
meno sentiva possibile e attuabile il fatto di allontanarsi da ogni tipo di peccato e di
mantenere il cuore puro e ardente, bruciante di amore.
Era solo un bambino ma aveva la coscienza di un adulto nella fede.
“Come è Dio? Non si può dirlo!”. Lui passava ore intere concentrato nell’assaporare Dio,
la sua presenza silenziosa e dolce. Noi, invece, passiamo molto tempo senza pensare a lui
e alla sua proposta di vita bella.
Camminando lontano dalla invidia, dall’orgoglio, dal vuoto di un’esistenza
centrata su se stessi, si può lasciarsi attrarre da una vita semplice, umile, essenziale, densa
di significati eterni.
- 29 -
Prove Generali Il nostro impegno
BAMBINI/ADOLESCENTI Com'è bello raggiungere i nostri traguardi e sentirci fieri di noi stessi! Ma quante
volte ci sentiamo davvero felici per i successi degli altri? In questo tempo impegniamoci
a complimentarci con i nostri amici, fratelli per i loro risultati. Potremmo farlo con un
gesto concreto: dicendo "bravo, complimenti!", regalando un abbraccio o attraverso un
gesto carino.
GIOVANI Sentendomi parte di una sinfonia, con doni personali, cerco di individuare ed
abbandonare gli atteggiamenti di invidia e desiderio di superiorità ed opero per la
promozione e la valorizzazione degli altri.
GRUPPO ATTIVO Quando l’io fa spazio al Tu di Dio e dei nostri fratelli, siamo capaci di “dire grazie”
(in segno di riconoscimento di ciò che riceviamo) e di “chiedere scusa” quando sbagliamo,
sgonfiando così il nostro orgoglio per riempire il cuore di umiltà. In questo tempo, a
seconda delle situazioni che vivrò, mi esercito a “dire grazie” e/o a “chiedere scusa”.
- 30 -
3° tappa
Quaresima
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Obiettivo Questo inno all’amore afferma che l’amore “non cerca il proprio interesse”, o
che “non cerca quello che è suo”. L’amore può spingersi oltre la giustizia e straripare
gratuitamente, «senza sperarne nulla» (Lc 6,35), fino ad arrivare all’amore più grande, che
è «dare la vita» per gli altri (Gv 15,13).
Non si adira: si tratta di una violenza interna, di una irritazione non manifesta che
ci mette sulla difensiva davanti agli altri, come se fossero nemici fastidiosi che occorre
evitare. Alimentare tale aggressività intima non serve a nulla.
Oggi sappiamo che per poter perdonare abbiamo bisogno di passare attraverso
l’esperienza liberante di comprendere e perdonare noi stessi. Tante volte i nostri sbagli, o
lo sguardo critico delle persone che amiamo, ci hanno fatto perdere l’affetto verso noi
stessi. Questo ci induce alla fine a guardarci dagli altri, a fuggire dall’affetto, a riempirci
di paure.
Se non alimentiamo la nostra capacità di godere del bene dell’altro e ci
concentriamo soprattutto sulle nostre necessità, ci condanniamo a vivere con poca gioia,
dal momento che, come ha detto Gesù, «si è più beati nel dare che nel ricevere!» (Amoris
Laetitia 101-110)
Leggiamo lo spartito 1 Cor 13, 4 - 8
La carità è magnanima, benevola è la; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia
d'orgoglio, non manca di rispetto, NON CERCA IL PROPRIO INTERESSE, NON SI
ADIRA, NON TIENE CONTO DEL MALE RICEVUTO, NON GODE
DELL'INGIUSTIZIA MA SI RALLEGRA DELLA VERITÀ. Tutto scusa, tutto
crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine.
Chiave di violino Lectio per la meditazione
BAMBINI La riflessione continua in chiave di “non”, offrendoci ulteriori considerazioni
sull’amore. Dei tre “non” di questa tappa, il primo e l’ultimo hanno il sapore della volontà:
cercare, tenere conto. Quello di mezzo riguarda una emozione primaria e nasce da un
insieme di cose che spesso ci sfuggono, al punto da farci alzare la voce e assumere
atteggiamenti aggressivi.
- 32 -
Iniziamo con i “non” di tipo “volenteroso”. Cercare il proprio interesse ha
un’apparenza premiante (faccio il mio interesse e quindi mi va bene) però ha conseguenze
nefaste: il mio interesse è uno spazio veramente troppo piccolo per viverci. Il destino
dell’egoista (di chi privilegia il proprio interesse) è quello di ritagliare il mondo intorno a
se stesso, fino al punto di rimanere soffocato. Quando riduco il mondo alle dimensioni
della mattonella che occupo con il mio corpo, ho fatto davvero un guaio. Mi sono perso la
parte migliore e più succosa dell’esistenza: la vastità del mondo, le differenze, gli altri.
Tenere conto, ricordare, riconsiderare il male ricevuto, è il modo migliore per
avvelenarsi l’esistenza. Mi hanno fatto male? e io continuo a dargliela vinta a questo male,
me lo ripeto, lo radico, lo ripropongo fino a diventare “maloso” (e a volte anche
permaloso).
Ho perso qualcosa che mi interessava? mi hanno fatto del male? — adesso mi
arrabbio! anzi, per dirlo in modo elegante, mi adiro, divento “iroso”. La rabbia è anche
una forma di rifiuto, esuberante, di qualcosa che è successo. In effetti non serve a niente,
ormai la cosa è andata. Un po’ di sfogo però ci vuole, mica per niente la rabbia è una
emozione primaria, ma esserne dominati è un gran problema. Non è nemmeno necessario
“dare di matto” per essere arrabbiati. Spesso (ed è ancora peggio) coviamo rabbia come
fuoco sotto la cenere, con danni al fegato e garanzia di una vita amareggiata.
Siamo in quaresima, e la nostra riflessione ha un grande alleato: la spiritualità
vivificante. Forse abbiamo sentito con maggiore frequenza parlare della “mortificazione”
come atteggiamento quaresimale. Ma vi pare coerente che una persona che dice di seguire
uno che è Risorto (che quindi ha vinto la morte), qualifichi la sua esperienza di amore
come una “mortificazione"? Vivifichiamo dunque i nostri atteggiamenti (cerchiamo di
essere “vivificantosi") e non rattristiamo gli occhi sereni dei nostri bimbi.
ADOLESCENTI
Amabili. Amare significa anche rendersi amabili, non essere grezzi, aspri ma
sensibili, capaci di ascolto, di pazienza, di considerazione sempre positiva dell’altro (uno
vale sempre più delle sue povertà). Il cristiano non è un orso che vive per se stesso, ma
vive con e per gli altri, capace sempre di portare speranza. Tante volte Gesù ha donato
coraggio ai malati, ai deboli, ai disperati: coraggio figlio (Mt 9,2). Papa Francesco ci
ricorda che l'amore misericordioso di Dio è allo stesso tempo forte come quello di un
Padre e tenero, viscerale come quello di una madre (udienza 13 gennaio 2016).
Gesù è stato allo stesso tempo forte (pensiamo ai venditori cacciati dal tempio di
Gerusalemme) ma ha anche amato con amore e amicizia delicata (pensiamo all’ amicizia
con Lazzaro e le due sorelle Marta e Maria di Betania dove lui spesso andava). Il cristiano
è amabile, capace di relazioni belle che aiutano tanti malati nel corpo e nello spirito a
uscire dalla solitudine attraverso la preghiera comune, l'apostolato, la condivisione di
momenti belli, vincendo la pigrizia che fa tener tutto per sé.
Quale parte del mio carattere crea ostacoli al mio apostolato, alla mia missione di
portare Gesù a tutti?
Quali sono le critiche (costruttive) che ricevo più spesso dalle persone a cui voglio
bene?
- 33 -
Non cerca il proprio interesse. Viviamo in un mondo dove nessuno fa più nulla
gratuitamente. Gesù nel discorso missionario ci insegna: gratuitamente avete ricevuto,
gratuitamente date (Mt 10,8 ). Gesù non ha mai fatto un miracolo per sé: né trasformare
le pietre in pani quando aveva fame nel deserto, tentato dal diavolo (Lc 4,4), né scendere
dalla croce per dimostrare di essere Figlio di Dio (Lc 23,37).
Un giovane che fa parte del gruppo del CVS si impegna a donare sempre un po’ di
tempo per accompagnare chi soffre, per fare apostolato in mezzo ai coetanei, a scuola, nel
campo sportivo, sa sempre rinunciare a qualcosa per chi ha bisogno. Certo, tutto parte
dalla considerazione positiva della propria vita (amore per sé) ma questo non deve mai
sfociare nell’egoismo. Alcune correnti new age dicono: prima ama te stesso, dopo penserai
agli altri. In realtà questo momento non viene mai. Alcune persone hanno il cartello fuori:
domani darò il bene, appeso tutto l'anno! Il cristiano è una persona amabile, che si ama
amando gli altri concretamente nelle opere di misericordia corporali e spirituali, che dona
gratuitamente con gioia.
Quali calcoli faccio nelle relazioni?
Sono capace di gesti di gratuità assoluta come santa Teresa di Calcutta insegna
nella regola delle cinque dita (cinque parole partendo dal pollice: io, faccio, tutto,
per, Gesù)?
Non si adira. La rabbia è un sentimento, un campanello d'allarme che ci rivela
un disagio, una umiliazione, una situazione che ci ha molto ferito. I sentimenti in quanto
tali, non sono giudicabili a livello morale. Se uno mi fa del male è naturale arrabbiarsi.
Allora dov'è il peccato? Gesù ha sempre separato il peccato dal peccatore, il male
oggettivo dalla persona che lo compie. Non a caso spesso chiama per nome con grande
rispetto nonostante la situazione di peccato in cui stava ad esempio Zaccheo (scendi subito
che oggi devo fermarmi a casa tua, Lc 19). San Paolo chiede agli sposi di far pace prima
di addormentarsi (non tramonti il sole sopra la vostra ira - Ef 4,26). Gesù durante la
passione, quando è arrestato ingiustamente dalle guardie, compie l'ultimo miracolo
guarendo l'orecchio del servo tagliato dalla spada di Pietro. Gesù fa l'ultimo miracolo per
una guardia che lo stava arrestando! Il discepolo di Gesù non è un marziano che non si
arrabbia mai, ma non nutre rancore in vista di una vendetta.
Perdonare non è non provare rabbia ma rimettere tutto nelle mani del Padre. Gesù
sulla croce non dice "io ti perdono a tutti, anche se mi fate del male" ma ha detto: "Padre,
perdona loro perché non sanno quello che fanno. Penso siano sciocche quelle domande
fatte dai giornalisti a mamme con figli morti: "Scusi, lei perdona l’uccisore di sua figlia?".
Il perdono non è bere un bicchiere d'acqua, ma un cammino che parte nel zittire il
desiderio di vendetta e termina con lo sguardo di Gesù. Come guarda Gesù la persona che
mi ha fatto del male? Tutti abbiamo la nostra lista nera, la lista di persone che se domani
morissero (o almeno scomparissero dalla mia vita) non sarebbe poi così una grande
tragedia.
Chi sono le persone della mia lista nera?
Posso far qualcosa per seminare un po' di perdono nel nostro rapporto?
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Il cristiano è sempre colui che fa il primo passo, non tiene conto del male ricevuto:
Gesù non ha mai risposto al male con il male. Gesù non ha mai rinfacciato nulla a nessuno,
compreso Pietro dopo che lo ha rinnegato. Papa Francesco scrive che per poter perdonare
abbiamo bisogno di passare attraverso l'esperienza liberante di comprendere e perdonare
noi stessi (Amoris Laetitia 107). C è bisogno di pregare per la nostra storia, i nostri errori,
di accettare se stessi, di saper convivere con i propri limiti per poter avere questo
medesimo atteggiamento verso gli altri.
Cosa fatico a perdonarmi nel mio passato?
Cosa per me è impossibile perdonare del male ricevuto?
Non gode dell'ingiustizia, si compiace della verità. Dentro di noi c'è
quell'atteggiamento velenoso che ci fa gioire davanti all'ingiustizia o al male commesso.
Gesù gioiva nello Spirito Santo e Lodava Dio Padre che ha tenuto nascosto ai sapienti la
gioia del Vangelo e l'ha rivelata ai piccoli. Gesù si è rallegrato a casa di Zaccheo perché
la salvezza è entrata nella sua casa (Lc 19).
Il battezzato del CVS si batte per i diritti di tutti i malati, anche quelli più semplici
come poter andare al cinema o in pizzeria senza troppe barriere di pietra ma anche di cuori.
Ci si può rallegrare con gli altri quando si lasciano gli atteggiamenti del paragonarsi o del
competere. Come abbiamo già detto, ciascuno di noi è unico e non solo per il DNA!
Non solo non si può godere dell'ingiustizia ma si deve lottare per la verità, per chi
non ha voce, per chi non ha visibilità, per gli ultimi. A cominciare dai compleanni dove
qualcuno casualmente è sempre dimenticato dalla lista degli invitati come gli amici in
carrozzina, spesso con la scusa "devono andarsi a letto presto!"
Diceva don Amedeo: "Dove andiamo noi anche loro, sempre insieme!". Tanti
problemi per far spazio a qualche amico speciale del CVS possono trasformarsi in
opportunità. Dove ci sono gli amici speciali molte porte della provvidenza si aprono,
provare per credere!
Qual è l’ingiustizia che vedo più spesso nelle mie giornate?
Cosa posso fare per lottare per la verità?
Negli atti degli apostoli c è un detto di Gesù: c'è più gioia nel dare che nel ricevere
(20,35). La vera gioia non può essere mai solitaria, devo saper rallegrarmi per le gioie e i
traguardi raggiunti dagli altri, senza invidia. Il Signore apprezza in modo speciale chi si
rallegra della felicità degli altri (Amoris Laetitia 110). Alle recenti Olimpiadi si sono visti
avversari gioire per la vittoria altrui (Es. un atleta canadese secondo dietro a Bolt nei
duecento).
So ammettere i miei limiti e gioire delle vittorie altrui senza troppe invidie?
La vittoria degli altri può essere occasione per un esame critico sul mio
comportamento? Es. come atleta potevo allenarmi meglio? Come studente potevo
studiare meglio?
- 35 -
GIOVANI
Questo versetto ci mostra il modo con cui l'amore spinge a reagire di fronte alla
malvagità e alla fedeltà operativa del prossimo. Nessun compromesso con il male, neppure
di carattere affettivo; al contrario, interna partecipazione al bene.
Le nostre necessità, il nostro bisogno di essere ascoltati e di essere al centro delle
attenzioni è certamente qualcosa che ci caratterizza e ci arricchisce, ma non il prevalere a
tutti i costi. E se cominciassimo noi per primi a dare attenzione e ad ascoltare gli altri
senza paura di perdere qualcosa ma con la convinzione di essere dono? Il nostro
relazionarci anche con le nostre malattie e sofferenze porta alla commiserazione, alla
compassione e all’esclusione o noi per primi ci facciamo autori e attori del bene?
La nostra Composizione
Proposte di attività
BAMBINI
Si propone una caccia al tesoro tutta particolare, una caccia al tesoro con pausa!
Ma pausa da che? Ci prendiamo una pausa dal ricercare sempre ciò che fa comodo a noi,
ciò che fa felici noi. Ogni squadra infatti dovrà cercare il tesoro destinato… ad un'altra
squadra (si potrà svelare subito questo aspetto o lasciare la sorpresa alla fine)!
Ad ogni gruppo verrà assegnato un colore e ciascuna squadra dovrà cercare e
seguire gli indizi del proprio colore. Sarà divertente osservare eventuali aiuti tra "gli
avversari" per assicurarsi che il tesoro destinato alla propria squadra venga trovato!
Quando ogni squadra avrà trovato il tesoro (cioccolatini e caramelle) ci sarà la cerimonia
di scambio.
Dopo una breve discussione si scoprirà, insieme a Sasà, la parte di inno dedicata a
questa tappa: " Non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male
ricevuto".
Consegna della terza nota da attaccare sullo Spartito dell'Amore.
ADOLESCENTI
Si formano due squadre che dovranno sfidarsi in un gioco di percezione visiva.
Prima di iniziare il gioco si consegnerà ai due capisquadra una scatolina chiusa che potrà
essere aperta solo alla fine.
Si parte con la spiegazione del gioco: verranno proiettate delle porzioni di
immagini che a turno ogni squadra dovrà cercare di riconoscere osservando solo quel
dettaglio (si possono usare immagini di quadri famosi oppure fotografie di personaggi o
luoghi noti a tutti). Vince la squadra che riconosce più immagini.
- 36 -
Ci sarà però un piccolo trucchetto! Infatti alla squadra A verrà fatta vedere una porzione
di immagine molto più piccola rispetto alla squadra B che invece potrà osservare una
superficie più vasta dell'immagine, di conseguenza la seconda squadra sarà
spudoratamente avvantaggiata con le giuste proteste della squadra A.
(Si può proporre lo stesso gioco nella variante musicale in cui, invece delle immagini, le
squadre dovranno riconoscere delle canzoni ascoltando solo poche note).
Dopo aver placato le polemiche, si comunica ai ragazzi che aprendo le scatole
ricevute all'inizio, scopriranno il motivo di questo squilibrio: nella scatola A i ragazzi
troveranno un paio di occhiali con la scritta "Rancore" mentre nella scatola B troveranno
un paio di occhiali con la scritta "Perdono".
Discussione: il rancore ci porta a vedere solo degli "inutili" dettagli, ci spinge a
focalizzarci su di essi perdendo di vista il quadro nel complesso! Il perdono invece ci
spinge oltre i confini del nostro "io", ci aiuta a guardare le cose da una certa distanza in
modo da arrivare a comprendere l'altro e a riconoscerne la bellezza, nonostante i suoi
limiti! Quando ci sentiamo feriti e arrabbiati, allora, non partiamo in quinta ma
prendiamoci una pausa così da fare un passetto indietro e osservare tutto il quadro!
Siamo pronti per scrivere insieme la prossima strofa del nostro Canto dell'Amore!
GIOVANI
LA COLONNA SONORA
In un momento di riflessione personale rileggi le note musicali che hanno
caratterizzato la tua vita. Qual è la canzone che è la colonna sonora della tua vita? Quella
che senti tua più di ogni altra? Quali sono le parole più significative che rispecchiano il
tuo modo di vivere, di vedere la vita, di sperare ed amare? Quali sentimenti rispecchia?
Positivi o negativi? Come trasformare i negativi in positivi?
In un secondo momento pensa alla Parola di Dio e a quale versetto o brano
rappresenta la colonna sonora della tua vita. Quello che senti tuo, che vorresti saper vivere
sempre. Scrivila su di un pentagramma perché diventi musica per la tua anima.
GRUPPO ATTIVO
In questa tappa si propone una liturgia penitenziale. Un brano di riferimento
potrebbe essere Ef 4,26. 31-32. I Fratelli e Sorelle degli ammalati aiutano i membri del
gruppo attivo a riconoscere i peccati (soprattutto quelli di ira, di vendetta, di rancore per
il torto ricevuto). Si potrebbero scrivere questi peccati sul retro di un pezzo di cartoncino
su cui è disegnato un pentagramma dalle righe storte, perchè “Solo il Signore è capace di
scrivere dritto sulle righe storte”.
Al termine della confessione individuale il penitente perdonato riceve un
cartoncino sul quale è disegnato un pentagramma perfetto con le note musicali.
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Sulle note di Maria
“Volete offrirvi a Dio per sopportare tutte le sofferenze che Egli
vorrà mandarvi, in atto di riparazione per i peccati con cui Egli è
offeso, e di supplica per la conversione dei peccatori? Sì, vogliamo.
Allora, dovrete soffrire molto, ma la grazia di Dio sarà il vostro
conforto” (Memorie di suor Lucia).
Invece di stare a rimuginare sul male che abbiano in qualche modo ricevuto,
magari ingiustamente, il vangelo di Cristo ci chiede di andare oltre. Andare oltre, perché
comunque, dal nostro punto di vista, non riceveremmo mai abbastanza e gli altri sarebbero
sempre mancanti nei nostri confronti.
Andare oltre, dimenticare ogni offesa e imparare a fare della propria vita un dono
gratuito. Per essere dono non possiamo aspettare che l’altro ne sia meritevole. Riempire
la propria vita di benevolenza, di gratuità, di generosità è ciò che dà più senso all’esistenza;
più che vivere di rivendicazioni e di proteste.
La domanda di Dio (volete offrirvi…?), posta con rispetto alla nostra libertà, ci
libera dalle vane pretese e spalanca ai nostri occhi, come direbbe il Beato Novarese, quegli
orizzonti infiniti che non sapremmo immaginare.
Prove Generali Il nostro impegno
BAMBINI/ADOLESCENTI Se il nostro livello di perdono si potesse misurare cosa segnerebbe il nostro
"perdonometro"??? Siamo davvero in grado di perdonare un torto ricevuto? In questo
tempo di Quaresima impegniamoci ad alzare di una tacca il livello del perdonometro
dicendo almeno un sincero "ti perdono" a chi lo sta aspettando da noi!
GIOVANI Cerco di coltivare l’accoglienza di me stesso/a e degli altri, di ogni altro che si
presenta sulla mia strada facendo risuonare in me in continuazione i versetto biblico che
ho scelto come colonna sonora della mia vita.
Gruppo attivo In questo tempo speciale di grazia, mi impegno a vivere il sacramento della
riconciliazione (se non ho ancora provveduto) e a ritagliarmi spazi di “pausa-preghiera”
come momenti privilegiati per vivere in armonia il mio quotidiano.
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Introduzione e suggerimenti
Nella lettera agli Efesini leggiamo: “Ora, invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo
eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra
pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li
divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne” (Ef 2,13).
Proponiamo di costruire con scatole o polistirolo un muro di mattoni davanti
all’altare, muro che rappresenta il nostro peccato e il nostro egoismo che ci impedisce di
incontrare l’Altro e gli altri.
Dopo l’assoluzione, al termine dell’atto penitenziale, il muro dovrà essere
simbolicamente abbattuto.
Prima dell’offertorio, secondo l’insegnamento di Gesù, proponiamo di anticipare
lo scambio della pace e, con i mattoni ancora sparsi per terra, suggeriamo di costruire, con
l’aiuto di un’asse, un ponte.
Guida: Nel nome del Padre…
I L La carità non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo
interesse.
II L Umiltà, Rispetto, Altruismo. Oggi queste qualità sono considerate fuori moda o
addirittura un impedimento a rimanere a galla nel mare tempestoso della società
attuale. Fa’, o Signore, che abbiamo il coraggio di andare controcorrente, di
desiderare ciò che sminuisce agli occhi degli uomini per essere pieni di Te.
III L Liberaci dalla vanità, dall’arroganza, dall’egoismo, svuota il nostro cuore
dell’IO perché possa riempirsi del NOI che fa desiderare unicamente il bene
dell’altro, affinché sappiamo servire anche i più umili, come Gesù che è venuto
per servire e non per essere servito.
I L La carità non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell`ingiustizia,
ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.
La carità non avrà mai fine.
Sotto La Guida Del Direttore di Orchestra
Momento celebrativo
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II L Trasforma, Signore, il nostro cuore amareggiato colmandolo con lo spirito di Gesù,
uno spirito di dolcezza e gentilezza. Fa’ che noi, che crediamo di possederti nel
nostro intimo, non siamo causa di scandalo per i fratelli con il nostro cattivo
carattere, perché chi possiede l’amore di Dio non può avvilire il prossimo ma deve
farsi dispensatore di gioia.
III L Aiutaci, Padre a saper perdonare e vedere il lato buono in ognuno per infondergli
fiducia e coraggio. Sostienici nello sforzo di vivere nella sincerità senza cercare
compromessi per compiacere gli uomini, perché solo la verità ci farà liberi, e,
veramente liberi in Cristo, sarà più facile vincere la tentazione di ferire, di
sottolineare un errore, di ricordare una caduta e
potremo credere, coprire, sperare, sopportare. Ogni giorno. Perché la vita con
le sue difficoltà quotidiane è la palestra in cui dobbiamo esercitarci continuamente
nella pratica della carità, per contagiare anche gli altri. Amore produce amore.
Penitenziale
Il chiedere perdono a Dio per mezzo del sacramento della Penitenza non è mai un
atto privato. Il Padre accoglie la nostra avvenuta conversione e ci dona il suo perdono nella
Chiesa, attraverso i fratelli. Troppo spesso dimentichiamo quanto il nostro peccato e le
nostre scelte, apparentemente private, influiscono sugli altri: “Se diciamo di non aver
peccato, inganniamo noi stesso e la verità non è in noi” (Giovanni 1,8)
Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen
Ci raccogliamo nel silenzio per qualche minuto.
Siamo nel cenacolo nel momento di dialogo tra Gesù e i suoi apostoli. Gesù lascia come
testamento prezioso il suo comandamento che consiste nell’amore reciproco. È un
comandamento già conosciuto perché tutta la Bibbia parla di amore verso Dio e verso il
prossimo.
È anche nuovo, in quanto tende ora alla perfezione, anche grazie alla forza che Gesù
comunica ai suoi: lo Spirito Santo.
Invochiamo lo Spirito Santo perché ci doni la forza dell’amore e ci aiuti a riconoscere il
nostro peccato. L’amore è tutto, perché è la vita di Dio, perché è l’unica cosa bella che
anche noi possiamo vivere e che dà senso pieno alla nostra esistenza.
Ma come possiamo vivere l’amore che Gesù ci ha raccomandato, come attuarlo nella
nostra vita? Ci aiutano le parole di S. Paolo quando scrive ai Corinzi.
…ci mettiamo in ascolto
Fratelli “Se non ho la carità, nulla mi giova. La carità è paziente, è benigna la carità;
non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il
suo interesse, non si adire, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia,
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ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità
non avrà mai fine”.
…esame di coscienza
Carità è il termine religioso per dire amore.
chi ama, chi vuole bene…
“…“…è paziente..” Sai aspettare, non precipitare le cose, dare tempo agli altri?
“…è benigno...” Vuoi sempre il bene degli altri, mai il male, e ti dai da fare, in ciò che puoi, per
realizzarlo?
“…non è invidioso...” Vivi nell’invidia, in costante “gara” con gli altri per essere il migliore?
“…non si vanta...” Parli sempre di te stesso, ti metti sempre al centro dell’attenzione, ti “esalti”
per ogni cosa buona che fai?
“…non si gonfia...” Quante volte “alzi la cresta”, in casa, a scuola, con gli amici?
“…non manca di rispetto...” Sai essere gentile, disponibile, rispettoso, soprattutto nei confronti
di chi è più debole e indifeso? Eviti le parolacce che feriscono?
“…non cerca il suo interesse...” Vivi con la “calcolatrice” in mano? La tua vita è tutto “io ti do
se tu mi dai…”? Cerchi sempre un tornaconto personale nei “piaceri” che fai?
“…non si adira...” Ti arrabbi per nulla? Scarichi il tuo nervoso sugli altri? Rispondi male? “
…non tiene conto del male ricevuto...” Quando subisci un torto sei uno di quelli che “se la lega
al dito”? Fai di tutto per “farla pagare” ? Sei vendicativo?
“…non gode dell’ingiustizia...” Sei contento quando le cose agli altri vanno male? Sei un tipo
che fa’ ingiustizie?
“…si compiace della verità...” Sei sincero, con i genitori, gli amici, gli insegnanti, le persone che
ti vogliono bene?
“…tutto crede...” Ti fidi degli altri? E sai dar loro la fiducia che meritano, senza pensarci troppo?
“…tutto spera...” Vivi con ottimismo, pensando “in positivo”, o sei subito pronto a vedere il lato
peggiore delle cose e degli altri?
“…tutto sopporta...” Sai “prenderti carico” dei piccoli problemi, delle tristezze, dei “guai” dei
tuoi amici? O lasci con indifferenza che si arrangino da soli?
CONFESSIONI INDIVIDUALI
Attendi in silenzio la confessione e preparati facendo bene l’esame di coscienza.
RINGRAZIAMO INSIEME
O Signore, grazie per il tuo dono: Abbiamo scoperto “che nel Cristo tuo Figlio
Rinnovi gli uomini e le cose”.
Ti chiediamo: “fa che accogliamo come statuto della nostra vita
Il comandamento della carità, per amare te e i fratelli
Come tu ci ami, e così manifestare al mondo
La forza rinnovatrice del suo Spirito”.
Lo Spirito che doni anche a noi
Per vivere l’annuncio del Vangelo con la nostra vita quotidiana.
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4° Tappa
Tempo di Pasqua
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Obiettivo “Tutto scusa”. Può significare “mantenere il silenzio” circa il negativo che può
esserci nell’altra persona. È l’ampiezza dello sguardo di chi colloca le debolezze e gli
sbagli nel loro contesto. L’amore convive con l’imperfezione, la scusa, e sa stare in
silenzio davanti ai limiti della persona amata.
“Tutto crede”. L’amore ha fiducia, lascia in libertà, rinuncia a controllare tutto, a
possedere, a dominare, rende possibili la sincerità e la trasparenza.
“Tutto spera”. Non dispera del futuro. Spera sempre che sia possibile una
maturazione, un sorprendente sbocciare di bellezza, che le potenzialità più nascoste del
suo essere germoglino un giorno.
“Tutto sopporta”. Significa che sopporta con spirito positivo tutte le contrarietà.
Significa mantenersi saldi nel mezzo di un ambiente ostile. È amore malgrado tutto, anche
quando tutto il contesto invita a un’altra cosa. L’amore non si lascia dominare dal rancore,
dal disprezzo verso le persone, dal desiderio di ferire o di far pagare qualcosa. L’ideale
cristiano, e in modo particolare nella famiglia, è amore malgrado tutto. (Amoris Laetitia
111-118)
Leggiamo lo spartito 1 Cor 13, 4 - 8
La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia
d'orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene
conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia ma si rallegra della verità. TUTTO
SCUSA, TUTTO CREDE, TUTTO SPERA, TUTTO SOPPORTA. La carità non avrà
mai fine.
Chiave di violino Lectio per la meditazione
BAMBINI
Arriva la Pasqua e “buttiamo a mare” tutte le “chiavi”. Non c’è più niente da
specificare, non ci sono sconti. Una sola parola ci attrae e ci trasforma, ci trasfigura e ci
accende: tutto. La Pasqua ci rende “tuttolosi”. I verbi che, nel testo dell’inno,
accompagnano questa parola, ci interpellano, facendoci riflettere. Non sarà che a scusare,
credere, sperare e sopportare di tutto, rischiamo di essere semplicemente dei babbei?
Ricordiamoci del protagonismo sano e responsabile che rende sempre la vita meritevole
di essere vissuta. Non vi è mai una passività come frutto della fede e ancor meno
dell’amore. Sempre siamo invitati a reagire, a reagire “bene”.
- 43 -
Per questo se scuso, credo, spero e sopporto, lo faccio in maniera costruttiva. Desidero
talmente tanto la vita che in “tutte” le situazioni, promuovo il bene, la crescita, la
responsabilità, con una densa voglia di vivere.
Impariamo dalla Pasqua a “vivere tutto”, a far sì che in ogni circostanza risplenda
in noi la vita, come riflesso gioioso di quella luce che è Cristo.
Quanto è bella la forza creatrice dell’amore. Incontra di tutto (ma proprio di tutto) e
scusando, credendo, sperando e sopportando (giochiamoci anche un “supportando” che
suona bene come verbo attivo), genera vita.
Soprattutto la genera dove non c’è: dove non c’è mai stata o si è perduta, dove per
errore o negligenza è stata malintesa e danneggiata. Genera vita, l’amore, anche dove la
cattiveria, l’odio, l’ingiustizia, l’ha soppressa o ferita. L’amore è così “da Dio” che “non
c’è partita”. Non vi è uno scontro in cui si spera di risultare vincitori. Inizia il primo tempo
e siamo “sette” (numero della totalità) a zero per noi.
Abbiamo di fronte il tutto e tutto vivifichiamo con il più piccolo (ma autentico)
gesto di amore: è Pasqua; anche la morte, nel tutto delle cose umane, si colma di vita
nuova. I bambini che incontriamo, già generati dai propri genitori, hanno bisogno di
trovarci “tuttolosi”. Capaci di rigenerare insieme a loro lo spazio e il tempo dei nostri
incontri.
ADOLESCENTI
Tutto scusa. A differenza dal "non tiene conto del male ricevuto" qui, secondo la
spiegazione di Papa Francesco, il termine può indicare mantenere il silenzio davanti alla
povertà dei fratelli. Si tratta di limitare il giudizio e contenere condanne dure e irreversibili.
Gesù dice: non condannate e non sarete condannati (Lc 6,37). Anche San Giacomo nella
sua lettera mette in guardia: non sparlate gli uni degli altri fratelli (Gc 4,11); la lingua
quando sparla diffama, contagia tutto il corpo e incendia la nostra vita (Gc 3,6). Il
discepolo di Gesù, ancor di più se è nel gruppo del CVS, deve fare il voto di non parlare
mai degli altri, piuttosto meglio tacere. Scrive papa Francesco: l'amore convive con l
imperfezione, la scusa e sa stare in silenzio davanti ai limiti della persona amata (Amoris
Laetitia 113). Non si tratta di nascondere e tacere ogni imperfezione, compreso un
carattere violento che arriva presto alle mani e non solo.
Cosa vuol dire allora saper tacere il male che abbiamo visto o ricevuto? Spesso si
dice: "Che male c'è? E' la verità!". L'amore va sempre messo al centro e non la sincerità
senza carità. Cosa serve parlare male di una persona non separando il male, il peccato, da
chi lo compie? Bisogna chiedersi spesso: la cosa brutta che sto per dire, a chi fa del bene?
L'amore imperfetto non significa che sia falso o che non sia reale (Amoris Laetitia 113).
La famosa terza parola da ripetere in ogni famiglia dopo scusa, grazie è permesso. È il
momento giusto di dire questa cosa? È il modo giusto? Questa cosa che sto per dire a chi
serve a chi giova? Dico questa cosa per migliorare la vita o per ferire e umiliare e basta?
Una parola, una foto, un sms, un messaggio su Whatsapp può essere davvero un
macigno sulla vita delle persone.
Davanti al male oggettivo di un amico /a come reagisco?
So tener a freno la lingua e farmi le domande cui sopra?
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Tutto crede. Non è la fede in senso teologico ma la fiducia umana. Tale fiducia
riconosce la luce accesa da Dio che si nasconde dietro l'oscurità (Amoris Laetitia 114).
Gesù in tutta la sua vita umana ha dato fiducia a persone che a livello umano non
meritavano. Quando uno ti dice "io mi fido di te!" per chi ascolta è come una resurrezione.
Gesù ha chiamato il fragile pescatore Pietro come primo apostolo, i fratelli impetuosi e
vendicativi Giovanni e Giacomo, i pubblici peccatori a servizio del nemico Matteo e
Zaccheo, ha chiamato una peccatrice come Maria Maddalena ad essere la prima testimone
della resurrezione, apostola degli apostoli.
Gesù ha seminato fiducia, sempre, non si è mai rassegnato alla vittoria del male,
ha sempre intravisto strade d'uscita, strade di bellezza anche quando tutto sembrava
compromesso. Gesù ha sempre lottato contro la parola ormai: ormai sono fatto così, ormai
è tardi, ormai non cambio più, ormai… No, Gesù oggi dice a me e a te: "Io credo in te, tu
vali più di quello che pensi, io voglio fare della tua vita un capolavoro. Dunque alzati, non
restare a terra, io sono con te!".
Penso che il CVS sia un luogo privilegiato per donare fiducia. Il Beato Luigi ha
donato tale fiducia a tutti i malati incontrati; con don Remigio non si dava mai per vinto
davanti ai primi no dei genitori davanti alla proposta di un'uscita per il figlio malato. La
gioia di mons. Novarese era vedere felici gli altri, specialmente i malati. Questa fiducia
Luigi l'ha sempre donata con gioia perché chi ama non può essere triste. Scriveva don
Remigio: guai a noi se per colpa della nostra pigrizia, qualche malato spreca un tesoro a
lui affidato per il bene della Chiesa e della Società, perché non è stato aiutato e scoprirlo
e a valorizzarlo (Insieme gennaio 2014).
So dare fiducia anche alle persone più povere, più emarginate?
Chi sa dare fiducia aiuta la sincerità e la trasparenza in ogni relazione. Come vivo
nella mia vita questi due valori (sincerità e trasparenza )?
Tutto spera. Non è tanto una pacca sulla spalla su un malato di leucemia dicendo
"non è niente!". Il discepolo di Gesù è invitato a non farsi rubare mai la speranza, come
ripete Papà Francesco, perché Gesù è sempre con noi. Davanti alla donna adultera in terra,
Gesù l'ha rialzata donandole una nuova vita. Così per la peccatrice che ha lavato i suoi
piedi con le lacrime e li ha asciugati con i capelli. La speranza non si diffonde da sola, ha
bisogno di giovani in gamba, non da divano, che abbiano voglia di vivere e portare vita.
Il Beato Luigi è stato un grande seminatore di speranza, pensiamo all'incontro con
Maria Nanni di Forlì, malata di poliomielite che la costringeva in una carrozzina. Dopo i
primi esercizi spirituali a Re predicati dal Beato, tornò a Forlì con una forza tale da
chiedere al vescovo la casa di Villa Estiva del Seminario a Meldola. Senza la speranza di
Maria ricevuta dal Beato, non avremmo i Silenziosi ancor oggi in Romagna!
Anche noi possiamo essere portatori di speranza, sempre e dovunque. Certe cose,
è vero, forse non potranno mai cambiare però migliorare sì, sempre! Restare senza un
genitore è difficile, però tanti amici preziosi e attenti possono aiutare. Essere colpiti da un
incidente o malattia è terribile ma insieme si può affrontare tutto. La notte della prova, se
affrontata non da soli, porta più in fretta un'alba nuova.
Davanti alla disperazione, alla solitudine di un malato nel corpo ma anche nello
spirito come reagisco?
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Come essere portatore di speranza in ambienti lontani dalla fede come la scuola, il
campo sportivo, il bar?
Tutto sopporta. Significa sopportare con spirito positivo tutte le contrarietà. Gesù
ha perdonato, sulla croce ha accolto il buon ladrone, in ogni circostanza ha cercato il bene.
Non è quindi solo un semplice stringere i denti e andare avanti, ma cercare in chi
fa del male germi di bene e farli germogliare. Bonheffer parlava di resistenza e resa nei
campi di concentramento. Padre Kolbe confessava i prigionieri e aveva parole gentili per
le guardie naziste. Papa Francesco riporta una stupenda citazione di Martin Luther King:
"La persona che ti odia ha sempre qualcosa di buono dentro. Non importa quello
che fa, tu vedi lì l'immagine di Dio". Certo, è difficile vedere l'immagine di Dio nel bimbo
che a dodici anni si fa esplodere in piazza oppure in chi ha costruito la scuola ad Amatrice
solo con sabbia per mettersi in tasca i soldi.
Nella vita c'è sempre bisogno di coltivare la forza dell'amore che permette di lottare
contro il male che la minaccia. L'amore non si lascia dominare dal rancore, dal desiderio
di vendetta (Amoris Laetitia 119); il discepolo di Gesù sa mettere amore nonostante tutto
andando oltre i sentimenti di rabbia, delusione, vendetta. Essere un giovane di un gruppo
CVS significa aver ricevuto un grande regalo che rimane vivo solo ad una condizione:
donarlo agli altri.
Davanti al male come reagisco?
Come faccio a cercare strade di luce, strade che mi aiutano ad amare nonostante
tutto?
Il Beato Luigi quando i preti in maniera inaspettata votarono negativo alla sua
proposta di fare una casa per ammalati al santuario di Oropa, non si abbatté ma cercò e
trovò Re. Le difficoltà, se sopportate con fiducia, possono portare strade nuove spesso
insperate. Ma tutto parte dall'amore. Solo chi si sente amato da Dio e dai fratelli nonostante
tutto ha la forza di amare.
GIOVANI
Queste quattro espressioni conclusive sembrano riprende sotto il segno della
totalità, i comportamenti sopra elencati. Chi ama mostra un atteggiamento di illimitata
comprensione e fiducia nel fratello e non si arrende mai di fronte a nessuna difficoltà.
Nella nostra appartenenza alla Chiesa e al CVS cosa ci dovrebbe distinguere dagli
altri?
Il Nostro “vestito”, il nostro apparire, la nostra esteriorità?
O la nostra capacità di rinunciare alle critiche continue, al “taglio e cucito” dei
difetti degli altri per vedere in loro dei fratelli da amare e perdonare?
Come dimostriamo la nostra gioia che è nel profondo del nostro cuore e che ci
rende veramente liberi?
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La nostra Composizione
Proposte di attività
BAMBINI
Role playing. Ci si divide in tre gruppi. Ad ogni gruppo viene assegnata una situazione
da mettere in scena (con l'aiuto degli animatori). In ogni scenetta ci sarà un bambino che
dovrà impersonare l'Amore: il suo compito sarà dunque quello di suggerire al
protagonista come reagire di fronte alla situazione presentata. S
uggeriamo di far indossare al Bambino-Amore un cuore di cartoncino appeso al collo così
da essere ben visibile.
Di seguito proponiamo 3 situazioni da far rappresentare ma ovviamente gli animatori
potranno adattarle in base alle caratteristiche del proprio gruppo.
Situazione 1 "tutto scusa" e "tutto sopporta": Carlo è un bambino disabile (è
sulla sedia a rotelle) e a scuola alcuni suoi compagni lo prendono sempre in giro
dicendo cose molto offensive. Sofia è una compagna di scuola di Carlo a cui non
piacciono i comportamenti dei bulli della classe, però non fa niente per difenderlo.
Arriva il compleanno di Sofia. La bambina organizza una festa e, per paura di
essere presa in giro dai compagni, decide di non invitare Carlo. Il giorno dopo
Carlo e Sofia si incontrano a scuola… Cosa suggerirebbe l'Amore a Carlo?
Situazione 2 "tutto crede”: Piero è un bambino molto timido che ha pochi amici
di cui si fida. Un'estate Piero invitato dalla parrocchia ad un campo estivo di 5
giorni in montagna a cui parteciperanno tanti bambini. Luca e Paolo, i migliori
amici di Piero, non potranno partecipare e Piero non conosce bene nessun'altro
bambino. Questa situazione lo spaventa e vorrebbe rifiutare l'invito del parroco. I
genitori di Piero, però, incoraggiano il bambino a partecipare e gli dicono che sarà
un'esperienza molto bella e divertente, farà nuove amicizie e imparerà tante nuove
cose. Loro sono sicuri che Piero tornerebbe entusiasta a casa! Cosa consiglierebbe
l'Amore a Piero?
Situazione 3 "tutto spera": Alì è un bambino della Siria, rifugiatosi in Italia con
i suoi genitori a causa della guerra nel suo Paese. A settembre inizierà la scuola e
Alì ha paura perché non conosce l'italiano, non conosce nessun compagno e
nemmeno la città in cui vivrà. L'Amore come direbbe ad Alì di immaginare il suo
futuro?
Seguirà una discussione sugli atteggiamenti che l'Amore ci suggerisce e si scoprirà la
parte di inno dedicata a questa tappa: " Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta."
Consegna della quarta nota da attaccare sullo Spartito dell'Amore.
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ADOLESCENTI
Per questa tappa si propone un laboratorio di riciclo creativo.
Ad ogni ragazzo vengono consegnati 4 cocci su cui scrivere una cosa che scusano, una
cosa in cui credono, una cosa in cui sperano e una cosa che sopportano alla luce dell'Amore
cantato da S.Paolo.
Successivamente ci si divide in gruppi da 5-6 persone. Ogni gruppetto con i cocci
dei suoi membri (più altri messi a disposizione dagli animatori) dovrà creare un oggetto
nuovo servendosi di colla, colori e altro materiale disponibile.
Ecco il potere dell'Amore di Dio: nonostante i nostri difetti, i nostri limiti (i cocci
rotti) è capace di fare nuove tutte le cose e questo tempo di Pasqua ce lo dimostra! Forse
i nostri oggetti non saranno perfetti ma sono frutto di una vita nuova! Così anche noi: forse
i nostri corpi non sono perfetti, il nostro carattere a volte lascia a desiderare ma Gesù, per
Amore, ci ha liberati dalla morte e ci ha donato una vita nuova!
Componiamo tutti insieme la quinta strofa del nostro Canto dell'Amore.
GIOVANI
Dare ad ognuno due fogli su cui si trova la sagoma di una nota musicale e su cui
c’è scritto “Tutto crede” su uno e “Tutto spera” sull’altro e altri due fogli con la sagoma
della pausa musicale su cui c’è scritto “Tutto scusa” su uno e “Tutto sopporta” sull’altro.
Sui fogli si devono scrivere (magari su retro si può stampare un pentagramma da usare per
scrivere) ciò che crediamo grazie all’amore (Credo che posso alzarmi ogni mattina, Credo
che Gesù mi ama, ecc), ciò che speriamo grazie all’amore (Spero nella gioia, Spero di
realizzare i miei sogni, ecc.), ciò che l’amore ci aiuta a scusare (Scuso chi mi offende,
Scuso chi mi ha abbandonato, ecc.) e ciò che si sopporta grazie all’amore (Sopporto i
ritardatari, Sopporto i disordinati, Sopporto i violenti, ecc.). Il gioco ha lo scopo di far
comprendere che come nella musica ci sono note e pause così nell’amore ci sono parole e
silenzi.
GRUPPO ATTIVO
Gioco-scenette “Niente/Tutto”. Si dividono i partecipanti in due squadre. Una
squadra si chiama “Niente”; l’altra “Tutto”. Comincia la squadra “niente” che metterà in
scena un dialogo o una situazione (già preparata dagli animatori) in cui la risposta sarà
sempre “niente” (non scuso, non perdono niente; non credo a niente; non spero niente;
non sopporto niente). Dopo entra in scena la squadra “Tutto” che ripropone lo stesso
dialogo- situazione in cui la risposta sarà sempre positiva (perdono; credo; spero;
sopporto).
Al termine del gioco si rifletterà sul fatto che quando siamo negativi ci
paralizziamo e ci blocchiamo nelle nostre idee morendo in noi stessi. Al contrario, quando
siamo positivi, il nostro cuore si libera e siamo capaci di cantare la vita, sperimentando in
noi e attorno a noi la vera gioia che solo Cristo Risorto ci può dare.
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Sulle note di Maria
“Francesco non sembrava fratello di Giacinta, se non nelle
fattezze del viso e nella pratica delle virtù. Era di carattere pacifico e
condiscendente. Quando nei nostri giochi e divertimenti, qualcuno si
ostinava a negargli i suoi diritti di vincitore, lui cedeva senza resistere,
limitandosi a dire soltanto:
Credi di aver vinto tu? E va bene! A me non me ne importa! Nei giochi, era
abbastanza animato, ma pochi trovavano gusto a giocare con lui, perché perdeva quasi
sempre. Io stessa confesso che avevo per lui poca simpatia, perché il suo carattere
pacifico eccitava alle volte i nervi della mia troppa vivacità.
Certe volte lo prendevo per un braccio, I ‘obbligavo a sedersi per terra, o su un
sasso, gli dicevo di starsene quieto, e lui mi obbediva come se io avessi una grande
autorità. Poi sentivo compassione, andavo a prenderlo per mano e lui veniva con lo stesso
buon umore, come se niente fosse. Se qualcuno degli altri bambini insisteva nel togliergli
qualcosa di suo, diceva: Fa’ pure! A me non importa” (Memorie di suor Lucia).
Pensiamo che la remissività sia sinonimo di debolezza e, di certo, non ci sembra
una modalità attraente di vivere. È interessante, tuttavia, comprendere che nemmeno
l’aggressività o l’azione di forza sia una forma di vita che produca buoni frutti, che
consolidi l’amicizia o dia più opportunità alla crescita relazionale. Al contrario:
l’aggressivo è sì temuto, ma di certo non amato.
Se parliamo di “forza della debolezza” è perché intendiamo vivere la proposta
evangelica di Gesù, in cui nessuno è sopraffatto dall’altro ma ognuno resiste al male con
il bene. “Remissivo = docile, che si rimette alla volontà altrui.
Il carattere personale indicato da questa parola - piuttosto affine alla docilità - certo
non si attaglia al leader o al personaggio virile: essere remissivo significa avere
l'inclinazione a rimettersi alla volontà o al giudizio altrui, assecondandolo di buon grado,
senza contrasti né opposizioni. In effetti, nel sistema di valori corrente, remissivo non può
essere altro che il debole.
Ma c'è da ponderare il fatto che il remissivo, incline all'accettazione, non per
questo si trova in una posizione moralmente inferiore, e ha i pregi di deflettere
l'aggressività, di cercare l'armonia prima della soddisfazione dell'orgoglio: comprendere
che nello sforzo per ottenere un riconoscimento dall'altro si può generare un conflitto
spiacevole, se non funesto, e cedere per tempo, può essere di grande cavalleria. O forse al
remissivo, di certe cose, gliene importa serenamente poco”. (dal sito unaparolaalgiorno).
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Prove Generali Il nostro impegno
BAMBINI/ADOLESCENTI L'amore tutto scusa, tutto crede, tutto spera… che bello! L'Amore guarda alla
bellezza della vita! In questo periodo di Pasqua troviamo almeno 3 cose per cui
meravigliarci, per cui dire grazie. Scriviamole su un post-it, sul diario o sul banco di scuola
così da ricordarcene ogni giorno!
GIOVANI Durante il periodo fino al prossimo incontro cerco di allungare le liste dei quattro
fogli ed, all’incontro successivo, si verifica se sono più lunghe le liste del suono o quelle
del silenzio per comprendere di cosa è fatto l’amore.
GRUPPO ATTIVO In questo tempo di Pasqua mi impegno a pensare/ vedere il positivo nelle situazioni
che mi capitano; a portare la gioia di Gesù Risorto nell’ambiente in cui vivo.
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5° tappa Tempo ordinario
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Obiettivo L’amore che ci promettiamo supera ogni emozione, sentimento o stato d’animo,
sebbene possa includerli. È un voler bene più profondo, con una decisione del cuore che
coinvolge tutta l’esistenza. Così, in mezzo ad un conflitto non risolto, e benché molti
sentimenti confusi si aggirino nel cuore, si mantiene viva ogni giorno la decisione di
amare, di appartenersi, di condividere la vita intera e di continuare ad amarsi e
perdonarsi. (Amoris Laetitia 163)
L’amore non finisce, l’amore cambia. Si fa più adulto, consapevole e profondo,
diventa stima, amicizia, rispetto profondo, desiderio che l’altro stia bene. L’amore non
finisce, assume consapevolezza. Diventa libero di trasformarsi, di prendere forme diverse,
non richiede più frequentazione, non richiede legami, non pretende nulla, l’amore dona.
Leggiamo lo spartito 1 Cor 13, 4 - 8
La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia
d'orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene
conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa,
tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. LA CARITÀ NON AVRÀ MAI FINE.
Chiave di violino Lectio per la meditazione
BAMBINI
Amore senza fine. Se il “tutto” occupa spazio, il “sempre” colma l’orizzonte dei
nostri futuri. Con i bambini, che animiamo alla vita buona e felice del Vangelo,
trascorriamo un tempo limitato. Se l’amore ci anima, però, anche il più breve istante di
cammino condiviso si dilata “senza fine”. Sprofondiamo insieme ai bambini (e anche agli
adulti e agli anziani) nell’amore di Dio e navighiamo oceani eterni. È sufficiente quel
momento, quel piccolo gesto, quel silenzio, per trasmettere “un amore senza fine”.
Se ci riflettiamo bene, l’Incarnazione è veramente geniale (se nella preghiera lo
diciamo a Dio, gli farà certamente piacere). L’incarnazione ha colmato la vita umana con
la pienezza della vita divina, dai pori della nostra umanità trasuda amore di Dio. A volte
blocchiamo questa divina “traspirazione” e mortifichiamo la nostra esistenza (davvero
perdiamo pezzi di vita, come morendo un poco). Ma l’amore senza fine, appunto, non
finisce. Così siamo condotti e rigenerati, amore dopo amore, a trasformarci in “amanti
della vita”, figli di Dio, desiderosi, come il Padre, che ogni essere umano tenga vita in
abbondanza.
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Senza fine è anche l’orizzonte della nostra missione, del nostro apostolato.
L’incontro con gli altri, la moltiplicazione esponenziale delle diversità, genera continui e
infiniti scenari. Una quantità immensa di “terre” per la nostra missione. La vita giovane
di un bimbo è una delle migliori garanzie per non smarrire il senso e la dimensione della
nostra esistenza.
L’incontro con un bambino ci riplasma, ci riconduce al sapore del futuro, al senza fine di
una vita che riparte ad ogni “parto” (abbiamo deciso di meditare giocando con le parole).
Cerchiamo di essere amorosi nella nostra meditazione personale, colmandoci di
tutte le cose belle che vorremmo trasmettere ai bambini. Magari poi il disegno non ci viene
proprio bene, il computer non si accende più, al proiettore si brucia la lampada, e la
rappresentazione drammatica fa ridere, se però siamo amorosi, vivendo accanto ad ogni
bambino presente all’incontro, trasmetteremo il meglio, la parte più gustosa e salvifica, la
vita stessa di Dio.
ADOLESCENTI
L’amore non è come la nebbia dei sentimenti che svanisce quando la temperatura
sale o scende; l’amore non tramonta e non conosce fine. L’amore sarà sempre il principio
eterno, perché Dio è amore. L’amore non diventerà mai obsoleto o fuori moda. L’amore
è eterno ed è più grande di tutto e di tutti.
L’amore ci dice San Paolo, alla scuola di Gesù, è una decisione da rinnovare giorno
dopo giorno. Se uno si sente debole, fragile, impotente davanti all’ inno della carità è in
buona compagnia, anche io lo sono ma insieme possiamo metterci in cammino, con Gesù
al nostro fianco anche la vetta più alta si può scavalcare, anche la notte più buia si può
affrontare per un alba nuova per una vita nuova che se vogliamo può iniziare anche adesso
anche ora, ma insieme riconoscendo le nostre malattie (chi nel corpo chi nel cuore) e
aiutandoci a vicenda nel curarle. Solo insieme.
GIOVANI
La terza parte del brano (8-13) evidenzia il carattere di assoluta perfezione
dell'amore e la sua conseguente permanenza nel mondo futuro della risurrezione, a
differenza della parzialità e limitatezza delle esperienze carismatiche, destinate a venir
meno con la fine di questo mondo. I carismi verranno meno perché sono una realtà
parziale, limitata e imperfetta, mentre amare è semplicemente la perfezione cristiana.
Le parole di Paolo ci riportano alla realtà delle cose. Il nostro carisma potrebbe
anche finire o venir sostituito da altri ma ciò che c’è alla base dell’intuizione carismatica
di mons. Luigi Novarese, il nostro essere protagonisti delle nostre vite, il dare senso alle
nostre situazioni, il farci compagni di viaggio dei nostri fratelli, ognuno
meravigliosamente diverso da noi, non potrà venire meno perché fondato sulla carità e
sull’amore che scaturisce dai nostri cuori che ci fa uscire da noi stessi e dai nostri egoismi
per cantare con tutta la nostra vita la gioia della presenza di Dio in noi.
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BAMBINI/ADOLESCENTI Materiale: cartellone, colori, cartoncini a forma di nota musicale, due specchi abbastanza
grandi.
Ad ogni bambino viene consegnato un cartoncino a forma di nota musicale su cui
scrivere un segno dell'amore di Dio nella propria vita (es. l'amore dei miei genitori,
l'abbraccio di un amico, ecc…). Successivamente ognuno attaccherà la propria
nota su un pentagramma disegnato su un cartellone dal titolo "L'amore di Dio".
Una volta completato il cartellone, lo si posizionerà in mezzo a due specchi posti
l'uno di fronte all'altro. Sarà bellissimo osservare l'effetto ottico prodotto:
l'immagine del nostro cartellone si ripeterà all'infinito!
Seguirà una discussione insieme a Sasà: l'Amore presente nelle nostre vite non
resta lì fermo ma lo facciamo ri-suonare attraverso i nostri gesti, così da "passarlo"
al nostro prossimo che a sua volta lo donerà al suo fratello.
Ecco allora svelato l'ultimo verso del nostro Inno: La Carità non avrà mai fine.
Consegna della quarta nota da attaccare sullo Spartito dell'Amore.
Si propone la stessa attività pensata per i bambini adattando il livello della
discussione all'età del gruppo.
Segue la composizione dell'ultima strofa della canzone dell'Amore.
GIOVANI
Su un foglio di carta da musica su cui sono segnate le sette note musicali, scrivere
sul pentagramma, per ognuna di esse, caratteristiche, descrizioni ed atteggiamenti legati a
quando descritto nell’Inno alla carità (esempio: DO minare l’ira, RE agire con calma, LA
mentarsi poco, ecc.). La sfida è quella di trovare atteggiamenti concreti legati a situazioni
di vita che viviamo tutti i giorni.
GRUPPPO ATTIVO Il Beato Luigi Novarese dice che «Se accogliamo l’Amore nulla ci fermerà». Se,
infatti, accogliamo la novità di vita che Gesù ci mette dentro, diventiamo “eco” del Suo
Amore, mettendo in moto un circolo “amoroso” che non si può più arrestare. In
quest’ultima tappa del nostro percorso “musicannule” viviamo un’esperienza concreta di
La nostra Composizione
Proposte di attività
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gioiosa condivisione. Ad esempio il gruppo attivo anima una celebrazione eucaristica con
tutta la comunità parrocchiale; oppure il CVS organizza un momento di festa in un
ospedale, in un RSA, presenti sul proprio territorio ….
Sulle note di Maria
“Domandai una volta a Giacinta: Cosa farai lassù in Cielo? - Vado ad
amare molto Gesù, il Cuore Immacolato di Maria, pregherò molto per
te, per i peccatori, per il Santo Padre, per il papà, la mamma e i fratelli
e per tutte le persone che mi hanno chiesto di pregare per loro. Arrivò
dunque il giorno di partire per Lisbona.
Al momento dell’addio, le si spezzava il cuore. Rimase molto tempo abbracciata al mio
collo e diceva piangendo: Non ci rivedremo mai più! Prega molto per me, fino a quando
me ne andrò in Cielo. Là poi, io pregherò molto per te. Non svelare mai il segreto a
nessuno, neppure se ti ammazzano. Ama molto Gesù e il Cuore Immacolato di Maria e fa’
molti sacrifici per i peccatori”. (Memorie di suor Lucia).
Tutto l’amore di cui facciamo esperienza sulla terra lo ritroveremo centuplicato nel cielo.
Amare, davvero, con gratuità e senza condizioni, non è mai tempo perso. Perché l’amore
riempie di significato l’esistenza di chi ama. Per questo, è l’unica realtà terrena che
porteremo in cielo. Al di là delle contraddizioni, dei conflitti, delle delusioni, è una realtà
comunque irrinunciabile.
Dio stesso si è reso vulnerabile, esponendosi al nostro amore superficiale, passeggero,
distratto… ma non cessa di prendersi cura di noi e di mettere nel cuore quel desiderio di
infinito e di pienezza che ci mantiene in vita.
Solo l’amore rimane. Se noi rimaniamo nell’amore, come ci ha detto Gesù, anche l’amore
rimarrà in noi per sempre.
Prove Generali Il nostro impegno
BAMBINI/ADOLESCENTI Non facciamo finire l'Amore! A chi possiamo "passarlo"? Scegliamo almeno 3
persone a cui donare il nostro Amore attraverso un gesto semplice e gratuito, senza voler
nulla in cambio! Contagiamo i nostri amici perché facciano lo stesso!
GIOVANI Nella vita cerco di comporre una sinfonia vivendo i diversi atteggiamenti che ho
descritto nella parte superiore del foglio di carta da musica.
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GRUPPO ATTIVO Mi sforzerò di mettere amore nelle cose che faccio; di fare con amore quello che
mi viene chiesto.
Mandato
Introduzione e suggerimenti
Proponiamo la preparazione di un segnalibro da distribuire ai presenti; Su questo
venga posta la seguente scritta che ricorda il cammino fatto insieme: “Se io ….(Nome)….
avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la
pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono
nulla”.
Guida: Nel nome del Padre…
I L La carità non avrà mai fine . Le profezie scompariranno; il dono delle lingue
cesserà e la scienza svanirà.
II L Impariamo la carità anche verso noi stessi, perché amandoci di più siamo più
disponibili ad accogliere le correzioni di Dio, Padre amoroso. La carità è il bene
supremo che dobbiamo perseguire per essere buoni cristiani, perché quando
saremo alla Sua presenza verremo giudicati sull’amore che abbiamo vissuto per il
prossimo.
III L Realizziamo quella somiglianza con Lui contemplando l’amore di Cristo,
innamorandoci di Lui e rimanendo al suo fianco, stretti alla sua Croce. Così
saremo centro di attrazione per tutti gli uomini e, come Lui, saremo attratti da tutti
gli uomini.
Sotto La Guida Del Direttore di Orchestra
Momento celebrativo
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Congedo
Guida: Il segreto della carità è questo: noi amiamo perché Dio ci ha amati per primo.
Contempliamo l’amore di Cristo, che ha dato la vita per noi sulla Croce, per
essere pieni di carità e invochiamolo:
Signore Gesù, apri il nostro cuore alla carità.
Preghiamo insieme
Signore, quando ho fame, dammi qualcuno che ha bisogno di cibo; quando ho sete,
mandami qualcuno che ha bisogno di una bevanda;
quando ho freddo, mandami qualcuno da scaldare;
quando ho un dispiacere, offrimi qualcuno da consolare;
quando la mia croce diventa pesante, fammi condividere la croce di un altro; quando
sono povero, guidami da qualcuno nel bisogno;
quando non ho tempo, dammi qualcuno che io possa aiutare per qualche momento;
quando sono umiliato, fa' che io abbia qualcuno da lodare; quando sono scoraggiato,
mandami qualcuno da incoraggiare; quando ho bisogno della comprensione degli altri,
dammi qualcuno che ha bisogno della mia;
quando ho bisogno che ci si occupi di me, mandami qualcuno di cui occuparmi; quando
penso solo a me stesso, attira la mia attenzione su un'altra persona.
(Madre Teresa di Calcutta)
Per riflettere:
Un giorno Madre Teresa parlò con un seminarista. Guardandolo con i suoi occhi limpidi
e penetranti gli chiese: "Quante ore preghi ogni giorno?". Il ragazzo rimase sorpreso da
una simile domanda e provò a difendersi dicendo: "Madre, da lei mi aspettavo un richiamo
alla carità, un invito ad amare di più i poveri. Perché mi chiede quante ore prego?". Madre
Teresa gli prese le mani e le strinse tra le sue quasi per trasmettergli ciò che aveva nel
cuore. Poi gli confidò: "Figlio mio, senza Dio siamo troppo poveri per poter aiutare i
poveri! Ricordati: io sono soltanto una povera donna che prega; pregando, Dio mi mette
il suo Amore nel cuore e così posso amare i poveri. Pregando!".
Pensiero del Beato Luigi Novarese - L’Ancora n. 5 - Maggio 1952
Dio, che tutto ci ha donato per mezzo di Maria, nulla nuovamente ci concederà se non
per mezzo di questo canale, canale santo, canale che va direttamente a Dio, via facile
per tutti, via breve e priva di intoppi.
Se ti senti piccolo, va a Lei.
Se vedi che non puoi più fidarti di te stesso, abbandonati a Lei.
Se ti senti stanco, e sfinito, appoggiati a Lei.
Se soffri, guardala nella sua calma e ferma adesione alla volontà di Dio.
Se ti senti peccatore, non perdere tempo, ricorri subito a Lei.
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Nessuno rifiuta questa dolcissima Madre; per tutti ha parole di conforto e di vita. Tutti
abbraccia col suo cuore materno.
Ma per te, fratello sofferente, che hai bisogno di semplificare al massimo la tua vita
spirituale e le tue pratiche di pietà, Maria è quanto mai necessaria.
Consacrati a Lei. Consacrale la tua anima coi suoi pregi e difetti; consacrale il tuo corpo
e tutta la tua attività. Con atto totale della tua volontà donale i tuoi meriti, frutto della tua
giornata di dolore. Donale tutto quello che hai, che hai avuto e che avrai in vita e dopo
morte.
In questo modo tu perdi la «capacità» di essere e di possedere. Tu, così, diventi «cosa»
della Madonna, di cui Essa dispone a Suo piacimento, da cui prende quanto le serve per
gli altri figli.
Tu diventi come un figlio di famiglia, che porta alla mamma il frutto del suo lavoro, di
cui essa dispone a beneficio di tutti.
Anche con le più belle pratiche mariane fu offri a Lei soltanto una parte della tua
giornata, con la consacrazione invece tu le doni tutto e lavori sempre per Essa.
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APPENDICE
Per giovani
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Sulla Vocazione… Alcune Puntualizzazioni
Cerchiamo di infrangere il tabù che sta dietro la parola vocazione.
Nella vocazione sta il senso della nostra vita. È vivendo in essa che possiamo raggiungere
il massimo delle nostre potenzialità e della nostra capacità di dono. Nella realizzazione
del progetto che Dio ha pensato per noi sta il segreto della felicità.
La vocazione è una realtà molto ricca e complessa. Potrebbe essere rappresentata
come punto di sintesi e d'equilibrio fra varie componenti. Espressione del dialogo tra la
volontà di Dio e quella dell'uomo si realizza nell'incontro tra le ricchezze della persona e
gli appelli che la vita fa a ciascuno, tra il proprio desiderio di libertà e il proprio senso di
responsabilità, tra i bisogni dell'individuo e le attese della comunità, tra esperienza passata
e progetto di sé.
Tutto ciò fa della vocazione una realtà relazionale e dinamica che si sviluppa grazie
alla capacità di autodeterminazione del soggetto. Essa muta al mutar delle situazioni pur
seguendo un filo logico, provvidenzialmente tracciato, che diviene comprensibile al-
l'individuo solo ad una lettura retrospettiva, profonda ed illuminata, della propria storia.
La sofferenza di una vita senza senso
La parola vocazione viene dal latino e significa chiamata. È Dio che chiama
l'uomo: ad ogni persona affida una missione, un progetto da realizzare. All'individuo
spetta il compito di rispondere all'appello di Dio. Solamente chi «centra la propria
vocazione» realizza a pieno la sua vita spendendola per l'obiettivo per cui è stato creato.
A questo proposito è interessante notare come l'etimologia della parola peccato in
ebraico significhi proprio «sbagliare mira», «non centrare l'obiettivo», «camminare fuori
strada»: in altre parole, essere fuori dal progetto di Dio.(…)
Viceversa anche tu avrai potuto sperimentare quanto sia pacificante vivere accanto
a persone che hanno centrato in pieno la loro vocazione, che con equilibrio sanno mettere
a frutto le proprie potenzialità ed accettare i propri limiti. Sono individui profondamente
in pace con se stessi e con gli altri perché «al proprio posto».
Anche la psicologia, utilizzando la categoria della significatività, ci offre una
riflessione assai interessante. Victor E. Frankl, psicoterapeuta viennese, afferma «Ogni
epoca ha la sua nevrosi. In realtà, noi oggi non siamo di fronte, come ai tempi di Freud,
ad una frustrazione sessuale, quanto piuttosto ad una frustrazione esistenziale. Il paziente
di oggi soffre di un abissale sentimento di insignificanza, intimamente connesso a un senso
di vuoto esistenziale».
Chi non scopre il senso della propria vita o, in altre parole, la propria vocazione, è
condannato alla frustrazione e al vuoto interiore. Un vuoto che si fa sempre più strada
anche tra i giovani. I tentativi di fuga da questo sentimento sono vari (stressarsi in mille
attività, ubriacarsi, drogarsi, stordirsi con la musica, fare sesso ecc.) ma tutti inefficaci.
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A tutti è data una vocazione da realizzare
Non è facile parlare oggi ai giovani di vocazione a causa dei tanti preconcetti che
nel tempo sono venuti a formarsi su questo tema. Per questo prima di entrare nel vivo
dell'argomento è necessario a fare un lavoro previo per sgombrare il campo dai tanti
pregiudizi.
L'idea più pericolosa è che la vocazione non interessi tutti, ma solo alcuni: quelli
che sono chiamati a diventare preti o suore. (…) Fortunatamente il Concilio Vaticano II
si è opposto a questo modo di pensare asserendo che tutti siamo chiamati, a tutti Dio affida
una vocazione, tutti Dio chiama alla santità, alla radicalità evangelica. È interessante come
Giovanni Paolo II, nell'enciclica sui laici (Christifideles laici, 16), parlando della
vocazione di tutti alla santità, affermi che «questa è stata la consegna primaria affidata dal
Concilio [...] alla Chiesa». Capisci, il Papa dice che la cosa più importante che ha detto il
Concilio è che tutti siamo chiamati a farci santi.
Tutti siamo chiamati alla santità
Questo è il sogno che Dio nutre per ciascuno di noi. La santità, come abbiamo
visto, non è un privilegio per i più belli o i più simpatici. Dio vuole tutti santi, anche te!
Sei stato creato per questo. Questo stesso è il desiderio più profondo che portiamo dentro
di noi. È il desiderio verso il quale è protesa la tua stessa natura. Come non puoi chiedere
ad una mucca di darti del vino se è stata creata per fare il latte, così non puoi chiedere a te
stesso una vita di compromessi se sei stato creato per la santità. Questa è l'unica via che
può darti quella felicità alla quale aneli.
Per tutto questo è opportuno vincere la paura di confrontarsi con essa. Occorre quindi fare chiarezza.
Una premessa: Dio non gioca a nascondino!
Occorre subito sfatare un'idea sbagliata secondo la quale scoprire la propria
vocazione è veramente difficile. È vero, Dio non ti telefonerà per comunicarti quanto
vuole da te. Per comprendere la tua vocazione hai bisogno di impegno e discernimento.
Allo stesso modo, però, è ridicola l'idea di un Dio che giochi a nascondersi. Non è così!
La vocazione prima di essere il nostro problema è quanto Dio stesso ci vuoi comunicare.
Dio vuoi farci conoscere qual è il senso della nostra vita, molto di più di quanto noi stessi
lo desideriamo. Così fa di tutto per comunicarcelo.
Il problema non sta in Lui, ma in noi che non vogliamo ascoltarlo. Lo sappiamo
benissimo: non c'è peggior sordo di chi non vuoi sentire! Mettiti allora in ricerca della tua
vocazione animato da questa certezza:Dio vuoi parlarmi! Mantieni quindi vivo il desiderio
di sapere qual è la volontà di Dio su di te e non porre resistenza.
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Vocazione: come te ne accorgi?
1.-SEGNI PREMONITORI
Esistono molti modi per scoprire che Dio ti sta chiamando. Qui di seguito trovi i “sintomi”
piu’ frequenti:
Desideri realizzare qualcosa di importante per te e per la tua vita.
Percepisci nel cuore che Dio ti sta chiedendo qualcosa in più.
Ti crea forte disagio vedere gli uomini soffrire.
La vita “normale” che conduci ti piace, ma senti che in fondo ti manca
qualcosa.
2.-Devi essere ONESTO
Davanti a Dio e a te stesso.
Perché: soltanto tu devi rispondere a Dio.
Perché: ci sono molti giovani che temono la vocazione e preferiscono
nascondersi dietro mille pretesti.
Che peccato pensare che Dio ti stia proponendo qualcosa che non ti rende
felice!
3.-Devi avere alcune Qualità
Se Dio ti sta chiamando ti darà sicuramente le qualità necessarie per diventare sacerdote
o consacrata. Devi scoprire se possiedi tali qualità.
Per questo parla con serenità al tuo direttore spirituale, sapendo che lui dopo un periodo
di discernimento, ti aiuterà a scoprire ciò che Dio vuole veramente da te.
4.-Ricordati che la vocazione è un PROCESSO
La vocazione è un processo come tutte le storie d’amore.
Non pretendere da te stesso risposte fulminee.
Tieni conto che Dio si nasconde quando ci chiama, perché vuole lasciarci il
margine sufficiente per agire (altrimenti non sarebbe una vera storia d’amore).
Chiedi consiglio al tuo direttore spirituale.
Profitta dei ritiri e incontri vocazionali per conoscere più da vicino la vocazione.
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Proposta di itinerario
1. ANDARE Dal Vangelo di Luca (1, 39-42)
In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in
fretta una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta.
Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo.
Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: “Benedetta tu fra le donne e
benedetto il frutto del tuo grembo!”
DISCORSO DEL SANTO PADRE VEGLIA DI PREGHIERA CON I GIOVANI
Campus Misericordiae, Cracovia Sabato, 30 luglio 2016
Ma nella vita c’è un’altra paralisi ancora più pericolosa e spesso difficile da
identificare, e che ci costa molto riconoscere. Mi piace chiamarla la paralisi che nasce
quando si confonde la FELICITÀ con un DIVANO / KANAPA! Sì, credere che per essere
felici abbiamo bisogno di un buon divano. Un divano che ci aiuti a stare comodi, tranquilli,
ben sicuri. Un divano, come quelli che ci sono adesso, moderni, con massaggi per dormire
inclusi, che ci garantiscano ore di tranquillità per trasferirci nel mondo dei videogiochi e
passare ore di fronte al computer. Un divano contro ogni tipo di dolore e timore. Un divano
che ci faccia stare chiusi in casa senza affaticarci né preoccuparci. La “divano-felicità” /
“kanapa-szczęście” è probabilmente la paralisi silenziosa che ci può rovinare di più, che
può rovinare di più la gioventù. “E perché succede questo, Padre?”. Perché a poco a poco,
senza rendercene conto, ci troviamo addormentati, ci troviamo imbambolati e intontiti.
L’altro ieri, parlavo dei giovani che vanno in pensione a 20 anni; oggi parlo dei giovani
addormentati, imbambolati, intontiti, mentre altri – forse i più vivi, ma non i più buoni –
decidono il futuro per noi. Sicuramente, per molti è più facile e vantaggioso avere dei
giovani imbambolati e intontiti che confondono la felicità con un divano; per molti questo
risulta più conveniente che avere giovani svegli, desiderosi di rispondere, di rispondere al
sogno di Dio e a tutte le aspirazioni del cuore. Voi, vi domando, domando a voi: volete
essere giovani addormentati, imbambolati, intontiti? [No!] Volete che altri decidano il
futuro per voi? [No!] Volete essere liberi? [Sì!] Volete essere svegli? [Sì!] Volete lottare
per il vostro futuro? [Sì!] Non siete troppo convinti… Volete lottare per il vostro futuro?
[Sì!]
Ma la verità è un’altra: cari giovani, non siamo venuti al mondo per “vegetare”,
per passarcela comodamente, per fare della vita un divano che ci addormenti; al contrario,
siamo venuti per un’altra cosa, per lasciare un’impronta. E’ molto triste passare nella vita
senza lasciare un’impronta. Ma quando scegliamo la comodità, confondendo felicità con
consumare, allora il prezzo che paghiamo è molto ma molto caro: perdiamo la libertà. Non
siamo liberi di lasciare un’impronta. Perdiamo la libertà. Questo è il prezzo. E c’è tanta
gente che vuole che i giovani non siano liberi; c’è tanta gente che non vi vuole bene, che
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vi vuole intontiti, imbambolati, addormentati, ma mai liberi. No, questo no! Dobbiamo
difendere la nostra libertà!
Proprio qui c’è una grande paralisi, quando cominciamo a pensare che felicità è
sinonimo di comodità, che essere felice è camminare nella vita addormentato o
narcotizzato, che l’unico modo di essere felice è stare come intontito. E’ certo che la droga
fa male, ma ci sono molte altre droghe socialmente accettate che finiscono per renderci
molto o comunque più schiavi. Le une e le altre ci spogliano del nostro bene più grande:
la libertà. Ci spogliano della libertà.
Amici, Gesù è il Signore del rischio, è il Signore del sempre “oltre”. Gesù non è il
Signore del confort, della sicurezza e della comodità. Per seguire Gesù, bisogna avere una
dose di coraggio, bisogna decidersi a cambiare il divano con un paio di scarpe che ti
aiutino a camminare su strade mai sognate e nemmeno pensate, su strade che possono
aprire nuovi orizzonti, capaci di contagiare gioia, quella gioia che nasce dall’amore di Dio,
la gioia che lascia nel tuo cuore ogni gesto, ogni atteggiamento di misericordia. Andare
per le strade seguendo la “pazzia” del nostro Dio che ci insegna a incontrarlo
nell’affamato, nell’assetato, nel nudo, nel malato, nell’amico che è finito male, nel
detenuto, nel profugo e nel migrante, nel vicino che è solo. Andare per le strade del nostro
Dio che ci invita ad essere attori politici, persone che pensano, animatori sociali. Che ci
stimola a pensare un’economia più solidale di questa. In tutti gli ambiti in cui vi trovate,
l’amore di Dio ci invita a portare la Buona Notizia, facendo della propria vita un dono a
Lui e agli altri. E questo significa essere coraggiosi, questo significa essere liberi!
MI FERMO PER RIFLETTERE... Il desiderio più grande che abita il cuore dell’uomo è quello della felicità, ma non
quella passeggera e inconsistente, che svanisce come neve al sole, quella che RIMANE e
accompagna la vita di una persona in tutto il suo scorrere. Una felicità, dunque, che niente
e nessuno possono offrire e che neppure si può acquistare, ma si costruisce passo dopo
passo, costruendo sé stessi, la propria persona.
Guardo alla mia vita e mi domando:
- Dove ho riposto i miei sogni di felicità?
- Forse, c’è anche nella mia vita un “divano-felicità” che, silenziosamente, mi sta
paralizzando (o da cui mi sto facendo paralizzare), anestetizzandomi così da non
riuscire più a vedere (o da non dovere più vedere) la realtà che mi circonda?
Provo a chiamare per nome questo “divano-felicità” e a riconoscere in quali aspetti
della mia vita questo “divano” mi sta togliendo la libertà.
- Mi domando “Che cosa voglio VERAMENTE per la mia vita?”
Il pensiero del BEATO NOVARESE
“Errori ci circondano da ogni parte: vizi e sensualità sembrano volerci soffocare.
Mai come oggi si sente il bisogno che qualcuno preghi per noi; mai come oggi si avverte
ovunque l'assenza del Cristo dalla vita sociale ed è per questo che tutto è così vacuo. La
società cammina verso una notte buia, in cerca di una felicità che non può trovare, perché
lontana da Dio.”
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“Si cerca la felicità, si crede magari di possederla, ma quale è la Vera (felicità)?
I pareri sono così discordi! Certamente è felicità sicura quella che ci porta verso la
somma ed eterna felicità, perché tutto ciò che in Dio si pianta, si afferma e vive per l’eternità.”
“L'Immacolata alla Bernardetta che aderisce al Suo programma promette l'unica realtà che
interessa l'uomo, ogni uomo, la felicità totale, sicura ed immutabile nell'altra vita. Ma perché
l'Immacolata promette felicità soltanto in quella vita e non anche in questa?
Perché ogni felicità terrena che non sia relativa a Dio, che sia senza Dio o contro
Dio, non soltanto è un nulla, ma potrebbe anche essere sommamente dannosa in vista della
beatitudine eterna da conseguire.”
“« Ma Dio può essere chiamato Padre di fronte a queste situazioni (di malattia e di
sofferenza)?» (..) Dio non vuole il male; non ci ha creati per il dolore; Dio ci ha creati per
l’azione e la felicità. Queste due finalità, «azione e felicità», nessuna situazione, per
dolorosa ed affliggente che sia, possono essere a te precluse.”
IN AZIONE Maria Ss.ma non perde tempo, compreso che la Sua Vera felicità si realizza
nell’amare e nell’attuare la Volontà di Dio Padre, si affretta all’incontro di Elisabetta.
Quali sono le scarpe che mi occorrono per strapparmi dal “divano-felicità” e camminare
verso la Vera felicità? Guardo alla mia vita e cerco di individuare i passi che posso
compiere per “andare verso”, per “raggiungere” la felicità che rimane, promessa da Gesù
ad ogni uomo. (Cfr. Gv 15, 11) Individuo un proposito semplice e concreto da vivere.
Cristo non ha mani ha soltanto le nostre mani, per fare il suo lavoro oggi.
Cristo non ha piedi, ha soltanto i nostri piedi per guidare gli uomini sui suoi sentieri.
Cristo non ha labbra, ha soltanto le nostre labbra per raccontare di sé agli uomini di oggi.
Noi siamo l’unica Bibbia che i popoli leggono ancora; siamo l’unico messaggio di Dio, scritto in opere e parole.
Signore Gesù, donami il coraggio di essere le Tue mani, i Tuoi piedi, le Tue labbra, donami il coraggio di percorrere quelle strade mai sognate che Tu hai
pensato per me, Perché io sia Veramente e Pienamente Felice!
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2. ACCOMPAGNARE Dal Vangelo di Marco (10, 17-21)
Mentre usciva per mettersi in viaggio, un tale gli corse incontro e,
gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: “Maestro
buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?”. Gesù gli
disse: “Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio
solo. Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare,
non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre”. Egli allora gli
disse: “Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza”. Allora Gesù,
fissatolo, lo amò e gli disse: “Una cosa sola ti manca: và, vendi quello che hai e dallo ai
poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi”.
DISCORSO DEL SANTO PADRE VEGLIA DI PREGHIERA CON I GIOVANI Campus Misericordiae, Cracovia Sabato, 30 luglio 2016
Amici, Gesù è il Signore del rischio, è il Signore del sempre “oltre”. Gesù non è il
Signore del confort, della sicurezza e della comodità. Per seguire Gesù, bisogna avere una
dose di coraggio, bisogna decidersi a cambiare il divano con un paio di scarpe che ti
aiutino a camminare su strade mai sognate e nemmeno pensate, su strade che possono
aprire nuovi orizzonti, capaci di contagiare gioia, quella gioia che nasce dall’amore di Dio,
la gioia che lascia nel tuo cuore ogni gesto, ogni atteggiamento di misericordia. Andare
per le strade seguendo la “pazzia” del nostro Dio che ci insegna a incontrarlo
nell’affamato, nell’assetato, nel nudo, nel malato, nell’amico che è finito male, nel
detenuto, nel profugo e nel migrante, nel vicino che è solo. Andare per le strade del nostro
Dio che ci invita ad essere attori politici, persone che pensano, animatori sociali. Che ci
stimola a pensare un’economia più solidale di questa. In tutti gli ambiti in cui vi trovate,
l’amore di Dio ci invita a portare la Buona Notizia, facendo della propria vita un dono a
Lui e agli altri. E questo significa essere coraggiosi, questo significa essere liberi!
Potrete dirmi: Padre, ma questo non è per tutti, è solo per alcuni eletti! Sì, è vero,
e questi eletti sono tutti quelli che sono disposti a condividere la loro vita con gli altri.
Allo stesso modo in cui lo Spirito Santo trasformò il cuore dei discepoli nel giorno di
Pentecoste – erano paralizzati – lo ha fatto anche con i nostri amici che hanno condiviso
le loro testimonianze. Uso le tue parole, Miguel: tu ci dicevi che il giorno in cui nella
“Facenda” ti hanno affidato la responsabilità di aiutare per il migliore funzionamento
della casa, allora hai cominciato a capire che Dio chiedeva qualcosa da te. Così è
cominciata la trasformazione.
Questo è il segreto, cari amici, che tutti siamo chiamati a sperimentare. Dio aspetta
qualcosa da te. Avete capito? Dio aspetta qualcosa da te, Dio vuole qualcosa da te, Dio
aspetta te. Dio viene a rompere le nostre chiusure, viene ad aprire le porte delle nostre vite,
delle nostre visioni, dei nostri sguardi. Dio viene ad aprire tutto ciò che ti chiude. Ti sta
invitando a sognare, vuole farti vedere che il mondo con te può essere diverso. E’ così: se
tu non ci metti il meglio di te, il mondo non sarà diverso. E’ una sfida.
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Il tempo che oggi stiamo vivendo non ha bisogno di giovani-divano / młodzi
kanapowi, ma di giovani con le scarpe, meglio ancora, con gli scarponcini calzati. Questo
tempo accetta solo giocatori titolari in campo, non c’è posto per riserve. Il mondo di oggi
vi chiede di essere protagonisti della storia perché la vita è bella sempre che vogliamo
viverla, sempre che vogliamo lasciare un’impronta. La storia oggi ci chiede di difendere
la nostra dignità e non lasciare che siano altri a decidere il nostro futuro. No! Noi
dobbiamo decidere il nostro futuro, voi il vostro futuro! Il Signore, come a Pentecoste,
vuole realizzare uno dei più grandi miracoli che possiamo sperimentare: far sì che le tue
mani, le mie mani, le nostre mani si trasformino in segni di riconciliazione, di comunione,
di creazione. Egli vuole le tue mani per continuare a costruire il mondo di oggi. Vuole
costruirlo con te. E tu, cosa rispondi? Cosa rispondi, tu? Sì o no?
MI FERMO PER RIFLETTERE... Con la prima tappa è maturata una disposizione seria, un desiderio di cambiare
davvero la propria vita e piccoli passi sono stati intrapresi per raggiungere la piena
realizzazione di sé, o in altre parole, la Vera felicità, ma durante il cammino si
sperimentano le prime difficoltà... la necessità di “lasciare” determinati modi,
atteggiamenti, idee personali e tutto ciò che occorre per essere davvero LIBERI di
avanzare nel cammino..
Lasciare si sa, costa.. lasciare significa rinunciare..
Guardo alla mia vita e mi domando:
- Dov’è rivolto il mio sguardo? Verso la méta che mi propongo o verso ciò che
“devo” lasciare...? Rifletto sul fatto che il coraggio di camminare cresce nella
misura in cui la méta che ho dinnanzi è importante per la mia vita e questo fa si
che io non abbia più paura di rinunciare a nulla
Dice il Papa “Dio viene ad aprire tutto ciò che ti chiude. Ti sta invitando a sognare, vuole
farti vedere che il mondo con te può essere diverso”.
- Dio vuole costruire con te la tua vita, l’ha pensata da sempre per realizzare grandi
cose, per “lasciare un’impronta” ... sei disposto/a ad accogliere questo invito, nella
certezza che lì troverai la tua vera felicità? Cosa ti impedisce di sognare con Dio e
di essere veramente LIBERO/A di rispondere alla Sua chiamata?
Il pensiero del BEATO NOVARESE “Confrontarsi con Cristo e con l’Immacolata. E questo è il metodo più facile,
immediato, più sicuro, più costruttivo tanto in piano umano quanto in quello soprannaturale.
(per raggiungere la perfezione umana e cristiana)
Elementi e mezzi di tale confronto:
- Intraprendere questo metodo significa prima di tutto aver scoperto l'eterno ed immutabile
amore immenso di Dio Padre, che ci ama e che ci vuole ricongiungere a Sé.
- Bisogna fermamente credere che il Figlio di Dio, in un preciso momento storico
dell'umanità, si è incarnato nel seno della Vergine Santa, si è fatto uomo, ha preso dimora
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tra di noi; vive con noi; cammina con la storia dell'uomo; ci vuole riunire a Sé come il tralcio
unito alla vite; ci ridona il seme dell'immortalità - pegno di risurrezione - con la donazione
della propria vita.
- Bisogna avere un'idea esatta, fattaci attraverso la lettura e la meditazione della Sacra
Scrittura, specialmente del Santo Vangelo, di Cristo e dell'Immacolata per scoprire i valori
veri da essi affermati.
- Alla conoscenza delle doti umane e divine del Cristo e, soprattutto, all'ascolto del Suo
insegnamento, occorre far seguire la coraggiosa trasformazione di se stessi, memori di
quanto ha Egli detto, «non si possono servire due padroni!».
- Occorre arrivare, sempre nell'intento di attuare il metodo del Confronto, alla comprensione
del motivo e del sacrificio del Cristo, fino alla morte di Croce; e arrivare a comprendere
allora che in Dio realmente tutto e carità.
Si comprenderà così che la croce è prova di amore, un Amore che solleva, rende uguali,
dona antiche possibilità perdute. Si imparerà a vivere l’arte del soffrire, che sa andare come
il Cristo e con Cristo incontro ai propri fratelli.
- E' necessario vivere l'impegno della croce che redime, guardando le occasioni di sofferenza
(pur cercando di alleviarle e di farle, per quanto possibile, scomparire dalla propria
esistenza) come occasioni di prova di amore che accetta l'impegno di redenzione, inaugurato
dal Cristo e lo porta, per quanto tocca al singolo, al suo completamento.
- Bisogna imparare a credere ed a sentire accanto alla propria Croce il Cuore della nostra
Madre spirituale, che fedelmente è accanto a noi.
Allora finalmente saremo Apostoli completi e, con la grazia di Dio, perfetti, credibili,
efficaci.”
IN AZIONE “In tutti gli ambiti in cui vi trovate, l’amore di Dio vi invita – dice il Papa – a
portare la Buona Notizia, facendo della propria vita un dono a Lui e agli altri”. Il giovane
ricco, di cui parla Marco nel Vangelo, non ha avuto il coraggio di lasciare le sue
“ricchezze” per seguire Gesù, per fare della sua vita un dono a Lui e agli altri... e tu, hai il
coraggio di fare della tua vita un dono?
SE VUOI “lasciare un’impronta” in questo mondo, pensa ad un gesto concreto che puoi
realizzare a sostegno di chi si trova in una particolare situazione di difficoltà.
Dammi il supremo coraggio dell'amore. Questa è la mia preghiera:
coraggio di parlare, di agire, di soffrire, di lasciare tutte le cose, o di essere lasciato solo.
Temprami con incarichi rischiosi, onorami con il dolore,
e aiutami ad alzarmi ogni volta che cadrò. Dammi la suprema certezza dell'amore.
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Questa è la mia preghiera: la certezza che appartiene alla vita nella morte,
alla vittoria nella sconfitta, alla potenza nascosta nella più fragile bellezza, a quella dignità nel dolore, che accetta l'offesa,
ma disdegna di ripagarla con l'offesa. Dammi la forza di amare sempre e ad ogni costo.
(Tagore)
3. VIVERE Dagli Atti degli Apostoli (2, 42. 44. 46)
Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e
nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere.
Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e
tenevano ogni cosa in comune. Ogni giorno tutti insieme
frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia
e semplicità di cuore.
DISCORSO DEL SANTO PADRE VEGLIA DI PREGHIERA CON I GIOVANI Campus Misericordiae, Cracovia Sabato, 30 luglio 2016
Mi dirai: Padre, ma io sono molto limitato, sono peccatore, cosa posso fare?
Quando il Signore ci chiama non pensa a ciò che siamo, a ciò che eravamo, a ciò che
abbiamo fatto o smesso di fare. Al contrario: nel momento in cui ci chiama, Egli sta
guardando tutto quello che potremmo fare, tutto l’amore che siamo capaci di contagiare.
Lui scommette sempre sul futuro, sul domani. Gesù ti proietta all’orizzonte, mai al museo.
Per questo, amici, oggi Gesù ti invita, ti chiama a lasciare la tua impronta nella
vita, un’impronta che segni la storia, che segni la tua storia e la storia di tanti.
La vita di oggi ci dice che è molto facile fissare l’attenzione su quello che ci divide,
su quello che ci separa. Vorrebbero farci credere che chiuderci è il miglior modo di
proteggerci da ciò che ci fa male. Oggi noi adulti – noi, adulti! – abbiamo bisogno di voi,
per insegnarci – come adesso fate voi, oggi – a convivere nella diversità, nel dialogo, nel
condividere la multiculturalità non come una minaccia ma come un’opportunità. E voi
siete un’opportunità per il futuro. Abbiate il coraggio di insegnarci, abbiate il coraggio di
insegnare a noi che è più facile costruire ponti che innalzare muri! Abbiamo bisogno di
imparare questo. E tutti insieme chiediamo che esigiate da noi di percorrere le strade della
fraternità. Che siate voi i nostri accusatori, se noi scegliamo la via dei muri, la via
dell’inimicizia, la via della guerra. Costruire ponti: sapete qual è il primo ponte da
costruire? Un ponte che possiamo realizzare qui e ora: stringerci la mano, darci la mano.
Forza, fatelo adesso. Fate questo ponte umano, datevi la mano, tutti voi: è il ponte
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primordiale, è il ponte umano, è il primo, è il modello. Sempre c’è il rischio – l’ho detto
l’altro giorno – di rimanere con la mano tesa, ma nella vita bisogna rischiare, chi non
rischia non vince. Con questo ponte, andiamo avanti. Qui, questo ponte primordiale:
stringetevi la mano. Grazie. E’ il grande ponte fraterno, e possano imparare a farlo i grandi
di questo mondo!… ma non per la fotografia - quando si danno la mano e pensano un’altra
cosa -, bensì per continuare a costruire ponti sempre più grandi.
Che questo ponte umano sia seme di tanti altri; sarà un’impronta.
Oggi Gesù, che è la via, chiama te, te, te [indica ciascuno] a lasciare la tua impronta
nella storia. Lui, che è la vita, ti invita a lasciare un’impronta che riempia di vita la tua
storia e quella di tanti altri. Lui, che è la verità, ti invita a lasciare le strade della
separazione, della divisione, del non-senso. Ci stai? [Sì!] Ci stai? [Sì!] Cosa rispondono
adesso - voglio vedere - le tue mani e i tuoi piedi al Signore, che è via, verità e vita? Ci
stai? [Sì!] Il Signore benedica i vostri sogni. Grazie!
Mi fermo per riflettere.. La vocazione non è mai un fatto personale, né privato. La vocazione è una chiamata
che porta all’incontro dell’altro, qualunque essa sia (vocazione al matrimonio, alla vita
consacrata, al sacerdozio, ..) Dio ti chiama per affidarti una specifica missione sempre
volta al bene dei fratelli, della comunità.
Guardo alla mia vita e mi domando:
- Dove, in quale ambito, sento che posso essere dono per l’altro? Dove sperimento
la vera gioia, frutto del sapermi proprio lì, dove il Signore mi sta chiamando?
Sentire nel proprio cuore di essere chiamati a seguirlo più da vicino, per la
diffusione del Suo Regno, provoca certamente una grande gioia ma anche un grande
timore. “Chi non rischia non vince”, dice Papa Francesco.
- E io.. sono disposto/a a rischiare la mia vita per Dio e a credere nel Suo infinito
Amore misericordioso?
- Forse mi lascio intimorire dal mio passato, dai miei sbagli o dalla consapevolezza
del mio essere peccatore/trice? Rifletto sul grande Amore che Dio nutre per me,
un Amore che si spinge fino al dono del Suo Figlio Gesù per la mia salvezza.
Il pensiero del BEATO NOVARESE
“Vogliamo imparare la strada per fare cose grandi. Vogliamo imparare la strada
per non essere soltanto di Dio, ma vivere in Dio, camminare con Dio, con Lui operare. Ed
allora, operando con Colui che è l'Onnipotenza evidentemente lasceremo attorno a noi
l'impronta dell'Onnipotenza e quindi siamo gioiosi, siamo contenti, perché la nostra vita
sarà feconda di opere grandiose.
Allora noi con Dio faremo cose grandi se salveremo anime e aggiungo subito, come ha
detto Papa Giovanni a noi Volontari della Sofferenza: "Anime che non si sarebbero salvate
se voi, proprio voi, non aveste pregato e non aveste sofferto". Allora la vostra vocazione
non è una fuga dal mondo, no, no, no. Chi la pensasse così sbaglia in pieno. Non è fuga,
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ma, come per il Cristo, è inserimento nel mondo, come lievito per far fermentare il mondo
delle nuove idee, della nuova vita che Gesù Cristo ci ha portato.
Allora, non fuga, ma costruttori!
Il fine della mia vita è di essere con Dio, con Cristo, un vero costruttore del Regno di Dio,
il quale si estende e si afferma soltanto nelle anime.
Essere nella gioia, dare con gioia. Il Signore vuole che siamo nella gioia, il Signore ama
colui che dona con gioia. Tutto quello che ci ha detto, Gesù ce lo ha detto affinché "la mia
gioia sia in voi e la vostra gioia sia completa" (Gv 15, 11). Ma la gioia di Gesù è una gioia
infinita, non è una gioia limitata come la nostra; e Gesù vuole che noi siamo infinitamente
gioiosi al suo servizio.”
IN AZIONE
Nella consapevolezza che per compiere un cammino di fede autentico e fruttuoso
è fondamentale che io mi lasci accompagnare da una guida spirituale mi impegno nella
ricerca di questa persona per verificare quanto, in queste tre tappe, ho sperimentato. Il
Papa invita a percorrere “strade di fraternità”. Rifletto e cerco di individuare i “ponti” che
posso costruire per favorire una vera unione fraterna intorno a me.
Vergine Immacolata, prendi il sì della mia risposta alla chiamata del Signore e custodiscilo dentro il tuo sì,
meravigliosamente fedele. Donami la gioia e la speranza che trasmettesti ad Elisabetta entrando nella sua povera casa.
Fa' che la passione di salvare mi renda missionario infaticabile, povero di mezzi e di cose, puro e trasparente nei sentimenti, totalmente libero
per donarmi veramente agli altri. Rendimi umile e obbediente fino alla Croce
per essere una cosa sola con Gesù, Dio disceso dal cielo per salvarmi. O Maria, affido a te tutte le persone che ho incontrato e che incontrerò
nel viaggio della fede: illuminaci il cammino, riscaldaci il cuore, portaci alla casa e alla festa dell'Amore
che non avrà mai fine. Amen. (Mons. Comastri)
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La mia Musica
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Per segnalazioni o suggerimenti scrivere a: Edizioni Centro Volontari della Sofferenza
Silenziosi Operai della Croce – Via di Monte del Gallo, 105/111 – 00165 Roma Tel. 06.45437764 – 06.39674243 – Fax 06.39637828
Questo stesso sussidio verrà pubblicato nel nostro sito www.luiginovarese.org
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