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1 www.centroyoga.it Sathya Dharma Shakti Simbologia esoterica di Paolo Belli

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www.centroyoga.it

Sathya Dharma

Shakti

Simbologia esoterica

di

Paolo Belli

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INTRODUZIONE

Affrontando il tema “Esoterico” occorre discutere sulla questione e sulla valenza dei simboli, che sono parte integrante e viva di questa materia. È bene premettere che il termine in questione non sempre è stato usato, soprattutto in quest’ultimo periodo, rispettando il suo intrinseco significato.

In questo modo tante discipline, che hanno una storia propria, e tante materie di studio del sapere e della conoscenza sono confluite sotto il termine Esoterico. In questo modo la maggior parte degli studi sull’Occulto, sui fenomeni inspiegabili e su alcune branche della nuova filosofia sono etichettati e portati avanti come Esoterismo.

Lo studio delle dottrine velate, della sapienza “nascosta”, oppure espressa in simboli, è proprio dell’Esoterismo, tutto il resto ha una storia a sé, storia di tutto rispetto, ma che rischia di essere inquinata per un inappropriato uso dei termini.

In questo modo abbiamo appena detto uno degli obiettivi principali della dottrina esoterica: la conoscenza ed il risveglio dell’uomo attraverso lo studio e l’interpretazione del simbolo. Prima di esporre una breve relazione sulla nascita dei simboli e dei miti, è bene specificare cosa si intende per simbolo e quali sono le sue possibili chiavi di lettura.

Se diciamo che il simbolo è assimilabile ad un concetto espresso in chiavi e forme differenti per preservarne l’integrità e la trasmissione nel tempo, è facile ricavare che avremo due tipologie di simboli in base alle persone che si accosteranno ad essi.

Distingueremo quindi i simboli come trascendenti e non, oltre che come soggettivi ed oggettivi.

E’ chiaro che il simbolo può essere letto semplicemente come “messaggio”, cercando di svelarne l’arcano attraverso una propria visione derivante dal livello culturale e spirituale, in questo caso il simbolo sarà soggettivo e non gli verrà riconosciuto alcun valore trascendente.

Altro discorso vale per coloro che seguono un proprio cammino spirituale e che in questo cammino si imbattono in simboli strettamente legati alla propria spiritualità, in questo caso il soggetto attribuirà una trascendenza particolare al simbolo stesso, una origine divina, o sacra, che lo renderà leggibile in un solo senso. In questa realtà il simbolo e la sua interpretazione saranno oggettive.

Altro discorso riguarda i simboli universali e la loro interpretazione rispetto alle altre spiritualità che posseggono lo stesso tipo di simbologia. Questa particolare chiave di lettura, che tende ad attribuire ad un’unica fonte tutte le tradizioni passate e presenti, trova il suo maggior esponente nell’esoterista Renée Guenon.

Esoterismo è il termine con cui si indicano, in senso lato, le dottrine di carattere almeno in parte

segreto o riservato. La verità occulta o i significati nascosti di tali dottrine sono accessibili solo ai cosiddetti iniziati, prevedendo spesso diversi gradi di iniziazione.

Il termine appare per la prima volta in una lingua moderna, il francese, nel 1752. Si contrappone a essoterico (o exoterico), parola che indica una conoscenza aperta a chiunque.

In senso lato, l'esoterismo denota la capacità di accedere al nucleo intimo e unitario di una verità, andando oltre le apparenze esteriori. Ogni religione possederebbe una componente esoterica da

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cui si sarebbe originata, e anzi secondo le conoscenze esoteriche rappresenterebbero la forma primaria di religiosità da cui tutte le altre sarebbero derivate, come i rami da un tronco.

La magia esoterica

Questo termine deriva dal greco esoterikos (interno, dentro) e storicamente si riferisce ai Sacri misteri presenti in tutti i paganesimi e nel cattolicesimo. In Grecia esistevano i misteri eleusini, orfici e dionisiaci. Nell'impero romano si diffusero pure quelli di Mitra e Iside.

Vi era il segreto e un gergo allegorico per nascondere le dottrine e preservarle dalla profanazione insieme coi riti collegati. Il centro dei misteri era l'iniziazione ovvero la liberazione dal corpo visto come prigione dell'anima. Infatti le religioni misteriche, come lo gnosticismo che ne fu una specie di infiltrazione nel cristianesimo, la cabala nell'ebraismo e il sufismo nell'islam, credevano alla dottrina della preesistenza celeste dello spirito e della metempsicosi.

Questo spirito considerato divino discendeva nel corpo e attraverso varie vite si purificava dal male fino a far ritorno alla patria celeste ed essere reintegrato tra gli Dei. Il buddhismo e l’induismo ancora oggi parlano della discesa dei Deva sul Monte Meru e della loro progressiva materializzazione.

Queste dottrine insegnavano che c'è una "scintilla divina" nell'uomo e che l'uomo è temporalmente limitato mentre la particella luminosa trascende il tempo. È la non-consapevolezza che conserva quella scintilla nello stato illusorio umano mentre è la consapevolezza che la libera facendola divenire perfettamente cosciente. La resurrezione era parte del mito dei misteri per cui vi era la morte allo stato umano e la nascita allo stato divino. La morte iniziatica.

Tutto questo veniva rappresentato con la morte del dio o del semidio e la sua resurrezione. Tra i mitraici si credeva che si dovessero vincere le potenze astrali per uscire dai loro lacci demiurghi e ascendere allo stato perfetto. I cabalisti lo chiamano Palazzo di Giustizia intendendo con "giustizia" l'equilibrio oltre le opposizioni. Il platonismo, il pitagorismo, il neoplatonismo sono tutte correnti misteriche. E nell'induismo, nel tantrismo, sono presenti gli stessi misteri di nascita e morte. Ma questo accade in svariati popoli.

Nel linguaggio filosofico, il termine "esoterico" caratterizza l'insegnamento riservato dagli antichi filosofi greci, specialmente da Pitagora e Aristotele ai soli discepoli, in contrapposizione ad exoterico, con il significato di "esterno", destinato cioè ai profani, ovvero a quanti non erano iniziati alla comprensione del linguaggio degli adepti. Exoteriche erano definite le lezioni della scuola peripatetica di più facile ascolto, da cui l'attributo passò poi alle opere aristoteliche destinate al grosso pubblico.

Il simbolismo esoterico

Nell’antica Grecia il Simbolo (Symbolon), rappresentava il segno di riconoscimento e di controllo ottenuto spezzando in due un oggetto, in tal modo il possessore di una delle due parti era in grado di farsi riconoscere dall’altro dimostrando come esse combaciassero. Questa antica tradizione andò nel tempo allargandosi fino ad inglobare anche l’idea del Simbolo come rappresentazione di una realtà non sensibile, una realtà magica che alludeva a qualcosa di misterioso, ma reale allo stesso tempo.

Il valore magico del Simbolo rimase vivo per tutto il Medioevo, il Rinascimento ed oltre; la realtà oggettiva del Simbolo rimane il suo enorme potere espressivo, la capacità di rivelare strutture e caratteri altrimenti inaccessibili che fanno parte di mondi a noi sconosciuti ma reali, anche se non

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evidenti nell’esperienza immediata. I Simboli sono stati espressioni delle civiltà, materializzazioni del divino e del trascendente, forza motrice della Tradizione, segni visibili della Cosmogonia Divina.

Lo studio del Simbolo è l’intuizione del dualismo, la realtà pratica di come tutti gli antagonismi e le contraddizioni del trascendente finiscano sempre per condensarsi in una sola unità. L’uso del Simbolo nella trasmissione degli insegnamenti dottrinali relativi alla Tradizione, è di fondamentale importanza, e non a caso. Il Simbolismo, infatti, è il modo più adatto e fruibile per l’uomo di tramandare insegnamenti e pensieri, il modo più naturale.

Tutto ciò è facilmente comprensibile se si pensa che il linguaggio stesso, in fondo, è Simbolismo, qualunque espressione umana è in realtà un simbolo del pensiero che si traduce esteriormente; unica differenza rimane nel fatto che il linguaggio è analitico e discorsivo, mentre il Simbolismo è essenzialmente intuitivo.

Da questi ultimi discorsi potremmo quindi porci un ulteriore interrogativo: il Simbolismo è di natura umana o di natura Divina? Riflettendo sul fatto che le leggi naturali alle quali tutti siamo sottoposti, dalle quali proveniamo e nelle quali viviamo, sono in fondo una espressione ed una esteriorizzazione della Natura universale.

Se riflettiamo ancora sul fatto che il Simbolismo trova il suo fondamento nella natura stessa degli esseri umani, dobbiamo necessariamente concludere che il Simbolo ed il Simbolismo stesso sono sicuramente Natura Universale e, per qualcuno, Divina.

A questo punto possiamo provare a dare una scala “gerarchica” al Simbolo ed al Simbolismo, possiamo sicuramente riflettere sul fatto che nella Natura il Sensibile è Simbolo del Soprasensibile, l’intero ordine naturale è a sua volta Simbolo dell’ordine Divino, o cosmico, e possiamo concludere affermando che l’uomo stesso è a sua volta Simbolo in quanto creato ad immagine della Natura “Divina”.

Nell’ambito delle discipline psicologiche e della psicoanalisi, il Simbolismo si intende in due modi differenti: come rappresentazione indiretta e figurata dell’idea e come rappresentazioni accettabili in luogo di rappresentazioni ricusate o rimosse.

Proprio riferendosi a questa seconda interpretazione è facile intravedere la sostanza stessa del Simbolismo, la sua vera natura. La disciplina dei simboli è in realtà la forma primitiva e spontanea di pensiero, una specie di vocabolario attraverso il quale si esprimono tutte le sensazioni e le emozioni della vita, anche il sentimento nelle sue forme superiori.

In molte correnti iniziatiche i Simboli sono dei veri e propri condensatori di verità nascoste, stimolo alla riflessione ed alla ricerca interiore attraverso il simbolo stesso. Tra i vari personaggi che si occuparono del Simbolismo (anche se non nei termini esoterici), ricordo Freud e Jung. Il primo considerò varie volte il problema dando però un senso di ristrettezza alla sua vasta interpretazione; ammise una costanza nelle rappresentazioni simboliche attribuendo però al simbolo una funzione nettamente difensiva.

L’ubiquità dei simboli ed il loro apparire nelle diverse culture indussero invece Carl Gustav Jung a

postulare la sua teoria dell’Inconscio Collettivo, un enorme contenitore e matrice allo stesso tempo

degli Archetipi, i quali possono essere considerati come simboli universali.

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Simboli e Miti

Il simbolo contiene prevalentemente un carattere esoterico, lo stesso possiamo affermare per i miti e proprio su questo connubio ritengo importante fare un’osservazione su quella che potrebbe essere stata la nascita dei miti e dei simboli ricorrenti in molte religioni e tradizioni; un esempio ne è la religione Egizia.

Gli studi effettuati fino ad oggi sulla preistoria suggeriscono che i primi uomini non si dedicassero all’osservazione del cielo in modo regolare, non erano neanche soliti registrare e trasmettere il frutto delle loro osservazioni. Nonostante ciò una particolarità venne comunque notata e registrata, il movimento precessionale (Precessione degli equinozi, fenomeno per il quale i punti equinoziali

impiegano circa 26.000 anni a descrivere l'eclittica), ed il modo in cui esso si sviluppa.

E’ molto probabile che la religione dei primi egiziani si fondasse su questa specifica conoscenza e che tale conoscenza ebbe un enorme peso sul suo sviluppo.

Partendo dal presupposto che le antiche culture basassero le certezze dei loro miti sui risultati osservabili della precessione, le continue differenze nel cielo dovevano riflettere le composizioni religiose scritte durante tre millenni di storia Faraonica in Egitto.

Quali miti scaturirono da queste osservazioni? E furono proprio questi miti che vennero preservati nella tradizione orale?

Lo studio del movimento dei cieli era una parte necessaria dell’educazione dei sacerdoti dai primi tempi della storia, in quanto le stelle annunciavano l’arrivo dell’alba, ovvero l’apparire del Dio Sole. Ogni importante momento del corso del Sole era accompagnato da un rituale, e certe date erano ricordate e festeggiate con riti speciali.

Una delle cariche più importanti che potesse ricoprire un sacerdote egiziano era quella di “osservatore delle ore” (imy-wnwt), egli stabiliva il periodo esatto del tempo prima dell’alba e trascorreva la notte a preparare i cibi e le cerimonie. L’alba avrebbe purificato il sacerdote, il sostituto del re, questo era un momento di grande solennità e doveva svolgersi nel preciso istante in cui il Sole compariva all’orizzonte.

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Appurato quindi che il fenomeno precessionale era un fenomeno normale, gli antichi pensatori

dovettero cercare in qualche modo di misurarlo e comprenderne il preciso funzionamento. I Miti non erano altro, quindi, che delle informazioni sui movimenti celesti e sugli eventi ciclici, un rimando orale di secoli di osservazioni prima che il tutto venisse conservato per iscritto.

Questa potrebbe essere una delle spiegazioni dell’intrigato mondo mitologico egizio e delle raffigurazioni animali presenti nell’iconografia sacra.

D’altra parte sarebbe impensabile supporre che l’osservazione dei cieli si praticasse solo dopo la costruzione dei templi solo per il fatto che questi ultimi erano preposti a tale scopo. Questa tecnica venne affinata sin dagli inizi dell’umanità, tramandando sotto forma di simboli (Dei) il frutto di quanto visto ed appurato. Soltanto in seguito la pratica si trasferì nei templi e soltanto dopo la scoperta della scrittura essa venne posta come testo sacro dalle varie popolazioni, egiziana, induista, persiana, taoista comprese.

Significato esoterico dei simboli del Serpente

Sin dalle più antiche testimonianze egizie troviamo un

serpente che, come un'aureola, si avvolge attorno alla testa

del Dio del Sole Aton e rappresenta il disco solare, mentre nel

Libro dei Morti egiziano proprio un serpente è il traghettatore

delle anime; tale simbolo, originariamente Babilonese,

identificava inoltre il Dio Ammon, spirito regnante

nell'oltretomba che veniva rappresentato con l'immagine di un

serpente avvolto a cerchio e in atto di mordersi la coda.

Questa immagine è perfettamente sovrapponibile a quella greca dell'Oroborus, in questo caso di Kundalini con due serpenti arrotolati intorno a Sushumna: ovvero perpetua

trasformazione della morte in vita, poiché i denti aguzzi iniettano il veleno nel suo stesso corpo.

La stessa immagine della serpe eterna si ritrova nei mandala dei nativi americani. Il serpente che si morde la coda è quindi un simbolo universale che rappresenta l'eternità e l'indistruttibilità della natura, cioè del ciclo della vita che si rinnova, in cui nulla si crea e nulla si distrugge.

Spirito delle acque originarie, il serpente è collegato a moltissimi fiumi, nelle mitologie amerinde il mito del serpente, talvolta piumato, corrisponde alle zone di coltivazione del mais dove è associato all'umidità, alle acque della terra e alle nuvole portatrici di pioggia.

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Il suo simbolismo come ispiratore e veggente si ritrova nel mito di Cassandra che, da bambina, era stata trovata dai genitori con un serpente che le toccava la bocca, lo stesso mito si ritrova nei principali oracoli come quello di Delfo.

In Africa e in India il serpente è signore della fecondità e viene onorato dalle donne che desiderano un figlio, presso i nativi americani simboleggia il ciclo di nascita, vita, morte e rinascita, grazie al processo di muta della pelle, gli vengono attribuiti il potere della creazione, della sessualità, del mutamento dell'anima e dell'immortalità, la reincarnazione e la protezione. Tutti significati molto simili e quasi sovrapponibili questi nel mondo celtico dove il serpente era legato all'acqua, alla madre terra e al ciclo dell'anno che si ripete sempre uguale a sé stesso ma sempre diverso.

Ben diverso significato assunse nel mondo ebraico-cristiano, non si limitò ad essere apportatore di vita ma assunse tutte le caratteristiche di essere satanico, istigatore diabolico nel paradiso terrestre, negazione della vita immortale.

Nel nuovo testamento il demonio è chiamato L'antico Serpente.

Sempre portato ad esempio per la sua intelligenza malvagia e per la sua astuzia ingannatrice, questo simbolo antichissimo e i due serpenti hanno da sempre rappresentato la polarità tra il bene e il male tenute in equilibrio dalla bacchetta divina che ne controlla le forze, dove le ali dei simboli esoteric i collegati alle serpi indicano il primato della conoscenza che si pone al di sopra della materia.

In quest'ottica, poiché si può parlare di interno solo in rapporto a un esterno, carattere exoterico ed esoterico possono coesistere in una medesima dottrina: invece di escludersi, possono essere complementari.

Una medesima dottrina può presentare una componente esoterica e una essoterica; oppure al medesimo insegnamento può essere data un'interpretazione essoterica, aperta a tutti, e una più profonda esoterica, appannaggio dei soli iniziati.

All'interno del medesimo simbolo vi sono evocazioni simboliche molteplici e gerarchicamente sovrapposte che non si escludono affatto reciprocamente, sono anzi perfettamente concordanti tra loro, perché in realtà esprimono le applicazioni di uno stesso principio a ordini diversi; ed in tal modo si completano e si corroborano, integrandosi nell'armonia della sintesi totale.

È proprio questo che rende il simbolismo un linguaggio molto meno limitato del linguaggio comune ed adatto per l'espressione e la comunicazione di certe verità, facendone il linguaggio iniziatico per eccellenza ed il veicolo indispensabile di ogni insegnamento tradizionale

L'induismo è una religione con un simbolismo fortemente formalizzato e codificato. Posture del

corpo (asana), i gesti delle mani (mudra), acconciature, oggetti, vestiario, ornamenti, personaggi e

figure di contorno dell'arte cultuale, sono codificati secondo un preciso simbolismo.

Uno yantra

Il linguaggio simbolico, in grado di rendere visibili i miti e le storie contenute nei Veda è immediatamente comprensibile in tutto il subcontinente indiano. Le Murti ed in generale le sculture

che raffigurano le divinità (nella sola Benares, con i suoi 2000 templi, se ne contano più di mezzo

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milione) sono ben distinguibili l'una dall'altra proprio grazie a questo codice condiviso e ben conosciuto.

Le immagini degli dei non devono essere confuse con gli stessi dei, ma rispecchiano l'idea astratta del Dio, che si rivolge al devoto e rivela la divinità. Le sculture ed i simboli sacri possono avere un carattere naturalistico, imitando cioè quello che intendono rappresentare (vyakta) in modo concreto (rupa) o avere un carattere puramente simbolico (avyakta) e astratto (sukṣma).

La pratica religiosa quotidiana è fortemente ritualizzata e basata sull'uso di simboli che riproducono Dei o concetti religiosi complessi che derivano dalla Natura.

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LA NATURA-PRAKRITI

Nel satchakranipurana tradotto da A. Avalon, la Forma è un prodotto della coscienza

priva di Forma, della sua potenza shakti, questa potenza si evolve nella prakriti-shakti

cioè la sorgente immediata del Mentale e della Materia. L’aspetto statico

corrispondente è chiamato purusha. In questo caso è l’uomo che ha vista e sensi.

Purusha, in taluni casi, è inteso come Ente Supremo o Brahma-purusha.

Tutto ciò che è manifestato è potenza: shakti, come materia, mentale, vita. La potenza

implica un Omni-potente: shaktimàn. Non vi è Omnipotente senza Potenza né

Potenza senza Omnipotente.

L’Omnipotente è Shiva, la potenza è shakti, la Gran Madre dell’Universo, non vi è Shiva senza

shakti, né Shiva senza shakti. I due, per loro intima essenza sono Uno. Entrambi sono: Essere,

Coscienza, Beatitudine: sat chit ananda.

Questi 3 termini designano la Realtà Suprema, giacché l’Essere in sé, distinto da ogni particolare

forma d’Essere, non è pensabile. Mentale e Materia derivano dall’Essere-coscienza.

Con questa visione della Natura, ci si può chiedere: si è naturali? L’Uomo conserva ancora il

contatto con l’Universale? O, si è solo spontanei?

Se ho difficoltà a vedere l’albero, le nuvole, il sole, (se non sono problemi di vista), significa che sto

usando dei filtri culturali. Quindi il problema che si ricava è quello di un uomo abituato a vedere in

una certa maniera, quella che ci è stata insegnata, non l’Essere quello che realmente E’.

Sentiamo il respiro, a volte fluido e a volte bloccato e spesso è il prodotto della Società non della

Natura.

Durante il rilassamento ci si rende conto di non essere naturali ma spontanei. Poi quando si hanno

delle tensioni aggiunte nemmeno si è spontanei. Siamo figli del nostro tempo, non siamo più legati

ai ritmi della Natura. Quindi abbiamo due madri, la Madre vera e la madre adottiva: la Società.

La madre vera è la Natura: il corpo, le cellule, il sistema razionale il Manas, il nostro sistema

intuitivo, il Samadhi, il sistema emotivo, il Prana, sia buono che cattivo, Apas e

Tapas.

Anticamente, nel periodo dei popoli nomadi, che vivevano a stretto contatto con la

Natura, il loro sistema sociale prendeva solo un decimo del loro ordinamento che

era prevalentemente naturale. Adesso si può affermare che l’ordinamento sociale

attuale prende il cento per cento di quello sociale. Per cui la Natura è ignota.

La Natura è l’unica verità concreta che esista, la Società è solo passaggio tanto che usi, linguaggio

e costumi cambiano da popolo a popolo, da luogo a luogo. Occorre leggere il libro della Natura,

ma con quali occhi? Quale sensibilità? Come?

Una storiella racconta di un nato cieco che dice: “ dimmi cosa è la luce” e l’altro risponde: “la luce è

bella, è fuori è calore, illumina tutto” e il cieco chiede: “ed io posso mangiare la luce?” e l’altro: “no

certamente non si può mangiare la luce” e il cieco ancora: “ma posso toccarla?” No certamente no,

“Ma posso pesarla?” e l’altro: “No, non riesci a pesarla” e allora il cieco conclude: “ma allora quello

che mi dici tu per me non esiste, perché non ho mezzo per scoprirla, e… non ho modo di

odorarla?” E l’altro: “no non puoi odorarla. Alla fine il cieco dice: “abbi pazienza, ma secondo me la

tua luce non esiste”. Allora Buddha viveva in quelle terre e i due decidono di chiedere a lui la

soluzione di questo quesito. Buddha vide il cieco e disse: “nemmeno trenta Buddha potranno

spiegarti cosa è la luce”. “Perché si può capire solo se vedi”. Il cieco dopo qualche tempo guarì e

vide la luce e solo a quel punto capì cosa fosse la luce perché l’aveva vista da sé.

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Gli antichi sapevano leggere un albero, noi non più, sappiamo solo sezionarlo e vederlo

scientificamente, noi lo vediamo come lo vede la Società; in funzione della società, non più della

Natura. Comunque non vi è mai stata una società perfettamente corrispondente alla Natura,

l’Umano è marchiato da Apas e Tapas secondo il satchakranipurana.

Occorre utilizzare il linguaggio della Natura utilizzando i suoi simboli e ricordando i tre diversi tipi di

coscienza: Chit, Citti, e Citta.

Colui che scrisse sui Chakra perché vedeva i chakra, era una persona che ha riconquistato il suo

Stato Naturale, non ha avuto visioni: ha guardato la Natura. Quando i Rishi vedono i chakra

vedono qualcosa che è alla portata di tutti. Non c’è cosa più celata di quella più evidente. A volte

cerco gli occhiali, ma sono sempre stati lì sulla scrivania.

Ci addentriamo sull’argomento dei Chakra. La definizione è Ruota. La Ruota ha due aspetti

essenziali, il primo è che gira, il secondo è che gira attorno ad un punto. Cioè gira e sta ferma

contemporaneamente, c’è un punto fisso e una periferia che

gira.

Questo simbolismo ricorda l’Universo, il Cosmo gira perché

imperfetto e tende alla perfezione. Al Centro vi è la Divinità

(Shiva) che non si muove perché è perfetto. La Natura

(Shakti) si muove per congiungersi alla divinità, dopo aver

compiuto l’intero giro attorno al Principio sarà riassorbita

(Pralaya).

Nell’Uomo, col simbolismo microcosmo uguale a macrocosmo

e viceversa, c’è il Divino che è chiamato Atman e ha sede nel

Chakra del cuore. Questo è il Centro della coscienza Divina, i

Chakra sono le Ruote di Coscienza dell’Uomo. Un cerchio rappresenta nel Macrocosmo la

Coscienza Divina: Chit e Citti, nel Microcosmo la Coscienza dell’Uomo: Citta.

Siamo arrivati alla conclusione che i Chakra sono rotondi con un “buco” in mezzo. La questione di

Chit, Citti e Citta, è simboleggiata da un cerchio con un puntino in mezzo. Quindi esattamente da

una Ruota, da un Chakra, da un mozzo in cui intorno gira una ruota. Piccola ruota se riferita

all’Uomo grande ruota se riferita al cosmo. Piccola ruota e grande ruota

sono identiche perché il significato simbolico è identico.

Questa ruota si chiama Chakra, questa ruota è la parte centrale, cioè la

parte Divina, la parte perfetta dell’Uomo intorno a cui ruota la parte

imperfetta di esso. La parte imperfetta dell’Uomo, a differenza della parte

perfetta, è composta dalla carne e mente.

Il Centro è quindi perfetto: l’imperfezione ruota intorno, il moto della

Coscienza serve alla parte Divina (Atman) dell’Uomo per conoscere sé

stesso, per rispecchiarsi, per conoscere Atman: tutto questo si chiama

Citta. “Yogas citta vritti nirodha”: lo Yoga è la soppressione delle

modificazioni mentali è il primo aforisma degli YogaSutra di Patanjali.

Il turbinare della mente, i chakra che girano…, ora si comprende l’assioma che quando il Chakra

smette di girare si riassorbe , cioè raggiunge il Pralaya, ossia: perfetto, quindi Divino. Quando sarà

Divino non girerà più, perché è solo l’imperfetto che gira.

Quindi è il Centro la parte importante ed egli comprende sé stesso quando genera il Cerchio.

L’operazione Coscienza (dove Yoga è uguale a Coscienza) si fa attraverso i Chakra.

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Allora lo Yoga è solo Coscienza? Tutta la fenomenologia dello Yoga, tutto il cammino dello Yoga si

esaurisce solo nella Coscienza? Raggiunta la massima Coscienza di sé si è terminato il cammino

dello Yoga?

Quello che appare dal Satchakranipurana è che vi siano livelli ancora più alti, altri aspetti della

Divinità, oltre la Coscienza precedente vi è l’aspetto del Divino per sé stesso, ossia il quarto Stato,

e stati che non sono più legati alla Coscienza. Dunque il nostro obiettivo come Uomini è limitato

ma come Coscienza può arrivare alla Liberazione. Nell’Essere in sé (Sat), quando l’Essere esiste

proprio per sé si trova nel quarto Stato.

Il terzo Stato ha tre facce che sono Sat Chit Ananda, questi 3 volti sono un unico volto in rapporto

al quarto Stato. Il terzo Stato ha 3 espressioni diverse (Sat Chit Ananda). Rispetto al Macantropo

Chit ha 3 volti, Brahma, Shiva, Visnu, l’aspetto tipico della creazione. I 3 Guna della creazione

sono: Sattva, Rajas e Tamas.

Ogni cosa è suddivisa in 3 o più di 3, ogni cosa può essere suddivisa. E’ superfluo ricordare che

tutte queste suddivisioni non esistono, sono arbitrarie, perché il Divino, l’Essere, l’Ishvara può

avere 3 volti e ne ha infiniti. Simbolicamente diciamo che sono 3, ma quando si parla del Divino

non gli si può attribuire una funzione che lo limita. Noi uomini gli attribuiamo simbolicamente il

numero 3 che è simbolo del triangolo che rappresenta la perfezione.

Non è dato che la Manifestazione abbia 7 livelli, o 3, o che gli stati di Coscienza siano 4 e i Chakra

7 o che i Samadhi siano 10. Per capire una cosa perfetta abbiamo bisogno di una simbologia che

è variabile perché è culturale, tagliamo a fette in maniera più o meno opinabile qualcosa come la

“Verità”.

I numeri, 3, 7, 9, 10… li ritroviamo nei 7 giorni della Creazione, nella Trinità, nell’Unità, nell’infinito,

nelle fasi alchemiche e nei 3 Guna. Queste suddivisioni sono puramente simboliche sono

convenzioni, possiamo dividere un atomo e trovare altre suddivisioni spazi infiniti, proprio come il

Divino è infinito.

I Guna sono 3, 9, o 81, oppure le posizioni dello Yoga sono 84.000 a volte 100.000, poi in altri testi

leggiamo 21 o 25 o infinite. Osservando questi numeri danno 7, 12 o 9. Il 7 è la luce

dell’arcobaleno, 12 sono i segni dello zodiaco, 7 i Chakra, il 9 è il periodo di gestazione e chiude il

ciclo perché dopo c’è lo 0.

A seconda del simbolo di Natura a cui facciamo

riferimento, noi avremo questi numeri simbolici. L’uomo

antico ragionava per analogia, se la natura è così anche

l’uomo lo è. Se vi sono 12 segni zodiacali esiste la

divisione per 12, poiché la natura è fatta da Divino, in

quanto specchio di esso deve raggiungere la perfezione.

La Natura che è perfetta rappresenta l’Universo, la Totalità

e la Totalità è Sattva, la natura come riflesso del Divino

che ha un ritmo naturale, mentre quello sociale è un ritmo

spontaneo. L’Ordine universale agisce nell’ottica

universale, non è soggetta al volere dell’uomo, non essendo opera dell’uomo è Sattva cioè

perfetta.

Il Saggio che ha scoperto che un cerchio con un puntino in mezzo rappresenta la Coscienza ha

osservato la Natura ed ha visto che ci sono dei numeri dei ritmi particolari. Nel Satchakranipurana

si dice che i 6 chakra sono 7, si usa una convenzione.

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I Chakra non rappresentano la materia, perché avrebbero nella loro simbologia il quadrato, poiché

la materia è imperfetta. Il cerchio, invece, è il simbolo della perfezione qualcosa di non legato alla

materia, qualcosa di sottile. Qualcosa di rotondo e non legato alla gravità: i 7 pianeti.

Per gli antichi i 7 pianeti non erano fatti di materia, osservando la Luna non ci sembra materiale,

per saperlo ci occorre il cannocchiale. Con altri occhi i pianeti girano intorno al Sole e non intorno

alla Terra, ma con l’occhio umano essi girano intorno alla Terra.

E’ possibile guardare i simboli della natura solo con occhio umano, non con occhio scientifico. La

Natura parla all’Uomo per simboli, perché la Dea madre ha fatto l’uomo in maniera tale che non

possa percepire i colori ultravioletti e infrarossi, ma solo i colori di una certa fascia. Questo può

significare che l’Uomo può trarre la Verità solo con i suoi mezzi naturali.

Se si inventa un apparecchio che vada oltre la sensibilità dell’uomo questo è bene per la scienza,

la conoscenza, la salute, ma non può percepire i Simboli.

Come

guardare,

allora, la

Natura?

Questo si

può fare con

gli occhi

naturali:

quelli che

vedono le

simbologie.

Senza la

tecnologia,

quando

l’uomo

guarda i

pianeti li

vede

luminosi e che girano intorno alla Terra, non pesano, sono leggeri e privi di materia.

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I 7 Pianeti

In una visione naturale i pianeti sono 7, nonostante il fatto che la scienza ne abbia scoperti 9 o 10.

Questo perché l’ottavo pianeta noi lo abbiamo scoperto con il telescopio. Senza telescopio l’ottavo

pianeta non si vede.

La Natura ha limitato l’uomo, ma vedere i 7 pianeti ci da la possibilità di accedere al quarto Stato,

recentemente sono stati scoperti i pianeti di Urano e Plutone, ma queste scoperte non sono visibili

a occhio nudo, non sono adatte alla lettura dei simboli. Ossia: è come se guardassimo un’alba o

un tramonto con lo spettroscopio, non si arriva al quarto Stato.

Occorre fare come San

Francesco, ”spogliarsi

di tutto”, e osservare la

Natura, nei confronti

della Natura e del

Divino bisogna usare i

mezzi naturali. L’Uomo

ha osservato i pianeti

perché si trovano in

alto, perché non

pesano, sono

imponderali, sottili,

sono dell’Anima e si

trovano in cielo.

Quando hanno dato i

nomi ai pianeti, gli

Antichi, hanno usato i

nomi degli Dei. Si

affermò che Giove è il

padre degli Dei, ma

perché? Giove impiega 12 anni per compiere un giro completo intorno alla

terra, quindi ogni anno si trova in un segno zodiacale. Giove è il pianeta che

crea tutti Segni Zodiacali, tutti gli dei, quindi Giove è fondamentale, è proprio il

Padre di tutti i Segni, mentre Marte (il guerriero) per compiere un giro intorno

alla Terra impiega 4 anni. Il 4 è il simbolo del quadrato, della Terra, quindi il

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numero dello scontro: della guerra. Venere è la più bella, è la prima stella che appare di sera e si

chiama Vespero, al mattino è l’ultima stella a scomparire e si chiama Lucifero, (quello che precede

la luce). Gli anziani pensavano che si trattasse di due stelle differenti.

Mercurio si dice essere il messaggero degli Dei, analogicamente si nota che ha un’ orbita molto

prossima al Sole quindi Mercurio segue sempre il Sole, al massimo lo distanzia di un segno

Zodiacale. Mercurio compie questo andirivieni rispetto al Sole, gli si avvicina e poi gli si allontana.

Mercurio sale su in alto e poi ritorna sulla Terra, astronomicamente fa così, ecco perché è il

messaggero. Saturno è il Vecchio e si trova ancora più in alto, è saggio ed impiega per compiere il

suo giro completo intorno alla Terra un terzo della vita umana, circa 27 anni.

Al di fuori di Saturno c’era Urano il cui nome significa “volta celeste”, sulla Volta del Cielo troviamo

la via Lattea, le Stelle. La stella rappresenta la Natura Celeste dell’Uomo, rappresenta lo Swarupa,

mentre la Via Lattea, come dicevano pure gli antichi Greci e Indiani rappresenta l’Ambrosia,

l’Amnrita. La volta del Cielo, qualunque Volta del Cielo è Urano. Urano è stato scoperto attraverso

la tecnologia ottica, per gli Antichi esisteva solo la Via Lattea, mettere qualcosa oltre Saturno

avrebbe significato sconvolgere tutta la mitologia e i simboli non sarebbero più stati appropriati.

Sarebbe nata una nuova mitologia in cui inserire i nuovi Dei: Urano, Nettuno e

Plutone. Plutone sta sotto terra e quindi non può stare in Cielo. Gli Antichi

osservavano il “libro della Natura” che è perfetto e da quello deducevano,

questo libro è letto secondo logica naturale. Marte rosso, Venere bella, Giove

12 anni, Saturno le 3 età dell’uomo. Urano in indiano si chiama Varuna, Urano

e Varuna hanno la stessa radice, la natura parla la stessa lingua.

Ecco perché vengono presi i Pianeti per simboleggiare i Chakra, essi girano intorno al nostro corpo

materiale. Questa analogia si fonda sull’elemento materiale, infatti se noi non fossimo un elemento

Naturale non potremmo vedere la Natura.

Gli occhi ci permettono di vedere i 7 colori e sono reali, qualunque rapporto noi vogliamo stabilire

con il mondo invisibile lo possiamo fare attraverso gli organi del mondo visibile. Quelli della natura

che ci ha dato tutti i mezzi per capirla, i simboli sono universali.

Giove nello Zodiaco è il capo degli Dei, nel corpo umano il capo si trova nel

cervello, Saturno che sta nella “terra di beati” è la Corona il Chakra coronario. I

Re portavano la Corona perché il simbolo di Saturno, il Re Saturno spodestato

da Giove. Verso il mondo lo scettro è di Giove, nell’aldilà comanda Saturno e

nell’aldiquà Giove. Saturno è Crono il Dio del tempo, è l’anziano Saggio, lento.

Il difetto degli Astri è il loro moto. La velocità è indice di imperfezione: una cosa

si muove alla ricerca della Perfezione perché è maggiore la sua imperfezione, quindi maggiore è il

suo movimento.

Prakriti danza intorno al Divino alla ricerca della perfezione, più danza velocemente e più è

imperfetta, più è perfetta e più danza lentamente. Lo scopo dello Yogi è quello di raggiungere la

Liberazione.

Apollo soppianterà Giove nella mitologia Greca che corrisponde a quella Indiana, vi sono stati di

Coscienza chiamati Pianeti o Divinità che corrispondono perfettamente. Dal 3° Occhio (Anja

chakra) Giove comanda tutto lo Zodiaco, tutte le 12 possibilità, nell’Astrologia giudiziaria si dice

che il segno influenza il carattere.

A livello pratico ciò significa che attraverso il Pranayama focalizzato in un Centro si scopriranno

tutti gli attributi e gli elementi che ne spiegano il contenuto.

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Vi sono delle corrispondenze Astri-Chakra, corrispondenze naturali di ritmi, suoni, colori, per cui

osservando i Pianeti si scopre che Dei e Pianeti sono capricciosi cioè non perfetti proprio come i

nostri Centri psichici.

La Luna non è capricciosa è mutevole, la si conosce come Selene, Iside, Ecate. E’ Ecate quando

finisce sotto terra. Mercurio è capriccioso perché ha un andirivieni rispetto al Sole, vi sono Pianeti

retrogradi. Osservando dalla Terra si ha l’impressione che il movimento di un Pianeta sia

retrogrado, questo perché i Pianeti ruotano intorno al Sole e non intorno alla Terra. Dal punto di

vista della Terra si trovano in piccole fasi retrograde, perciò gli Dei erano considerati capricciosi.

Il Sole e la Luna, i Luminari, pur restando nell’universo non sono sempre coerenti: (gli Antichi

chiamavano Astri i Pianeti) come il Sole che brilla di luce diretta e la Luna di luce riflessa. La Luna

ci appare capricciosa perché cambia colore, ed il Sole è capriccioso perché ora più caldo ora più

freddo. L’unica cosa che appariva davvero stabile era la Volta del Cielo.

Il perfetto è il Centro del Chakra, il Centro rappresenta la perfezione (Brahman nel Macrocosmo, lo

Atman nel Microcosmo). Il Centro è immobile intorno al quale gira l’imperfezione che non è altro

che la Coscienza (Citti e Citta) dove il Divino si riflette.

Questo vortice che gira intorno si chiama Chakra. Nell’Astrologia si nota l’opposto, chi è più vicino

al Centro ruota più velocemente, chi è più lontano ruota più lentamente ed è più perfetto. Urano,

per esempio impiega 2.5.920 anni per compiere il suo giro completo, che corrisponde all’anno

dello Zodiaco. Ogni 2.160 anni compie lo scatto di un segno zodiacale.

Vi sono due simbologie relative ai Chakra e relative al Cerchio nell’una la Perfezione si trova al

Centro nell’altra si trova in periferia.

A seconda del metodo di paragone usato il Simbolo può valere una cosa, e anche il suo opposto. Il

Simbolo non rappresenta solo una data cosa ma tantissime cose. L’asino, ad esempio, è il simbolo

del Diavolo, nei Vangeli simbolizza il Cristo; la contraddizione è evidente.

A secondo del significato il Simbolo muta, questa è l’universalità del Simbolo. Il Chakra

rappresenta nel Centro la perfezione e nella periferia la Coscienza che gira intorno. Dal punto di

vista della Manifestazione osserveremo che al Centro c’è la Terra, la grossolanità, la pesantezza e

alla periferia la Perfezione. Le due ottiche non sono in contraddizione nello Sri Yantra la luce che

proviene dal Divino è al Centro e intorno.

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La Terra è al centro del sistema e rappresenta l’elemento

“peggiore”. La Terra è la peggiore per una caratteristica

fondamentale che gli Astri-Dei non posseggono cioè il peso e la

ponderabilità, poi è quadrata.

Le cose sulla Terra non si elevano ma tendono verso il Basso

verso il centro della Terra dove secondo gli Antichi si trova

l’Inferno. Il peso, l’elemento ponderale, è presente solo In

Jagaritha Sthana (Stato di veglia o Sthula Sharira). Gli Astri-Dei

che sono imponderali per cui non soggetti alla gravità si trovano

nel Swapna Sthana, nella Coscienza Sottile (Sukshma Sharira).

Gli Astri si trovano vello Stato di Sogno, osservandoli l’uomo non percepisce una realtà fisica, con

gli occhi, con i sensi, percepisce lo Stato di Sogno. Lo Stato di Sogno è una condizione interiore,

pertanto, osservando gli Astri l’uomo percepisce l’interno della sua Coscienza.

Guardando gli Astri l’uomo entra nello Stato di Sogno e guardando, meditando sui Chakra, l’uomo

accede allo Stato intrinseco (Sottile) propriamente Yogico e da questo accede allo Stato Causale.

Alzando gli occhi al Cielo l’uomo vede La Via Lattea e gli Astri. Le stelle fisse, la Stella polare.

La Via lattea è la Sfera Celeste, l’utero della

Grande Madre che contiene l’uomo, ma che non

rappresenta tutta Prakriti, bensì solo quella

parte di Prakriti percepibile dall’uomo. Ed è

rotonda, ciò che è rotondo è perfetto. La terra è

quadrata perciò è imperfetta, il quadrato, il cubo

è il simbolo del peso a differenza della sfera che

è il simbolo del Cielo, leggero e privo di peso.

Occuparsi degli Astri-Chakra perciò vuol dire andare ad indagare sugli Stati di Coscienza Sottili

dello Swapna Sthana. Lo Swapna Sthana è proprio dell’uomo, occuparsi degli Astri-Chakra vuol

dire andare ad indagare gli stati di Coscienza Sottili dello Swapna Sthana.

L’uomo diventa Mago: è il Demiurgo che sa dare la Vita e la Morte. Se fosse nella sua condizione

Edenica l’uomo dovrebbe dare la vita, nella Bibbia “Adamo dette il nome a tutti gli esseri viventi” e

aveva il potere di guarigione. I grandi Santi hanno dato e continuano a dare la vita.

La vita è la condizione tipica dell’uomo, la Vita in India è il Prana e il dominio della Vita è il

Pranayama.

La Mente con il Prana si chiama Manas, senza Prana si chiama Buddhi. Nello Stato Sottile si

lavora per raggiungere la Buddhi. Lavorando con i Chakra si lavora con le forze della vita le quali

sono perfette, almeno rispetto alla Terra.

Ricercare gli Astri, Prakriti-Shakti (la Natura-Potenza), per l’uomo significa andare a percepire lo

Stato Sottile, lo stato Pranico, ed è una operazione difficile. Gli Astri, rispetto ad altre cose della

Natura (p. es. gli animali), sono qualcosa di direttamente interiore, come ogni cosa che si trova in

Cielo quindi sono dentro l’uomo.

Le piante, i minerali e gli animali pur possedendo l’armonia della Natura sono soggetti all’uomo.

L’uomo nei confronti di un animale può sbagliare rendendolo Sacro o facendosi una pelliccia.

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Gli Astri non sono soggetti all’uomo, ma sono a lui superiori e pertanto sono percepiti così

I Chakra sono 7 ma questo non è presente in tutti i sistemi, in altri sono 3 e il Chakra più

importante si trova all’altezza del cuore, rappresentano il Chakra del Sole e il Chakra della Luna e

l’unione dei Luminari è all’altezza del cuore.

In sistemi Buddhisti troviamo 6 Chakra, in altri sistemi Tantrici ve ne sono 24. Il diverso numero di

questi Chakra è dato in base al riferimento naturale considerato.

Il Satchakranipurana ha considerato 7 Pianeti, i Chakra sono uno strumento utile per

rappresentare la Coscienza sia dell’uomo reale che dell’Uomo Universale. I Chakra sono 7 perché

7 sono i Pianeti visibili con i mezzi forniti dalla Natura; è una visione naturale.

Conciliamo le visioni: nell’ottica del divino il Centro immobile è il luogo che genera il Chakra, che lo

giustifica, ciascun Chakra ha il suo punto centrale. Il punto centrale rappresenta la Perfezione,

pertanto per ogni punto centrale dei Chakra passa un unico Asse (Danda), il monte Meru, che

attraversa i loro centri chiamato Sushumna, la Nadi più importante.

I 7 Chakra

L’orbita dell’Astro è circolare e, pertanto, è una ruota che gira cioè

un Chakra. I Chakra sono uniti da un asse centrale, il passaggio di

Sushumna è un passaggio da Pianeta in Pianeta. Dante quando

ascende di Cielo in Cielo percorre una particolare Via la cui rotta è

già stabilita.

La rotta fondamentale passa attraverso il Centro, nella iconografia

indù i Chakra sono disposti verticalmente, altre disposizione dei

Chakra non indiane li dispongono diversamente, come i Pianeti.

Esistono diverse rappresentazioni dei pianeti, i Greci antichi

pensavano le orbite dei pianeti come sfere trasparenti su cui

ruotava il Pianeta, “l’armonia delle sfere” con ritmi, corrispondenze

e suoni.

Quindi in ogni Chakra è collocato un Pianeta che rappresenta un nostro livello di Coscienza.

Nell’addome abbiamo il livello di coscienza di Venere, Marte nella gola (ferisce più la lingua che la

spada) l’imperio si ha con la voce.

Nel Macrocosmo ad ogni Chakra, ad ogni livello intellettivo della Natura corrisponde uno Stato:

Uovo Cosmico, Cigno Cosmico, queste qualità non materiali creano le cose materiali.

Nel Microcosmo l’Uomo localizza in alcuni plessi, o organi, i Chakra con i loro relativi livelli di

Coscienza.

A livello genitale troviamo Mercurio che sale verso il cielo e ridiscende verso terra. Vi sono delle

corrispondenze, vediamo i Chakra in verticale perché la condizione umana è verso il verticale;

l’uomo si eleva verso l’alto. Il livello elevato esiste perché si considera partendo dal basso. Nella

realtà non esiste una dimensione, un alto un basso, perché nel Sottile non esiste un qualcosa di

superiore o inferiore, non esiste una dimensione.

I numeri considerati sono simbolici e veritieri insieme, osservando Urano (la Volta del Cielo) ci

accorgiamo che lentamente si sposta, di anno in anno, di primavera in primavera; arretra in modo

tale che al termine di 2.160 anni avrà spostato la sua posizione di un segno Zodiacale.

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Perché il punto vernale ricada esattamente nello stesso punto dovranno passare 25.920 anni

(2.160 x 12). Questa simbologia corrisponde esattamente ai nostri respiri quotidiani, c’è lo stesso

rapporto con Urano cioè 25.920 anni sono un giorno di Urano.

Urano è colui che genera, è l’utero della Natura che ci ha generato, quando l’uomo riuscirà ad

eseguire 18 respiri al minuto ritornerà a quel ritmo che ci ha dato la Natura. E’ il ritmo di Prakriti

che ha corrispondenza con l’Uomo. Ogni ritmo prodotto dalla manifestazione ha una

corrispondenza in noi.

Questo processo, sin qui esaminato, porta l’uomo dalla sua condizione terrestre (Kamarupa) alla

sua condizione Celeste (Swarupa). Ogni Stella rappresenta l’uomo come dovrebbe essere. Sulla

Terra l’uomo compie Opere imprecise perché non è più in grado di percepire il suo legame con la

Natura Celeste.

Nei nostri involucri (Kosha) è contenuta la nostra natura terrena e celeste, in esso ci sono tutte le

sfere concentriche degli Astri che rappresentano i vari gradi di imperfezione, la perfezione

massima della Manifestazione è situata sulla Volta del Cielo.

Il percorso dell’uomo è quello di ascendere fino alla forma celestiale, qui la forma di colui che

possiede il proprio nome è Namarupa. Esistono questi Stati e per lo Yogi è necessario ascenderli,

per ascenderli è necessario trovare i collegamenti tra i vari livelli.

In alto siamo nutriti dal Cielo e in basso siamo nutriti dalla Terra. Il Kama Rupa è nutrito dalla

Terra, lo Swarupa è nutrito dal Cielo, dalle Stelle, dalla Via Lattea; dunque dall’Ambrosia.

La Via Lattea ha generato tutto: il latte fu dato a Giove, Padre degli Dei e degli Astri. Dagli Astri

viene prodotto l’Uomo e dall’Uomo tutte le cose. Tutto l’esistente, all’interno dell’utero trae

nutrimento dalla Via Lattea. Il Latte sulla volta del Cielo è bianco è Sattva, è il primo Guna.

Il Latte primordiale (Sattva) diventa sangue (Rajas) quando crea l’uomo: “Adamo è colui che viene

dal Rosso”, e colando ancora più in basso, mediante l’opera dell’uomo diventa Tamas (Nero).

Il collegamento che scende dal Cielo fino alla Terra è un collegamento che proviene dalla Volta del

Cielo, attraversa tutti gli Astri e giunge fino alla Terra. In alto c’è il Bianco ma, luna, Sole, Marte,

sono Rossi. Rosso è tutto quello che si muove e perciò non è perfetto.

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C’è anche il collegamento di ritorno verso l’alto. Riuscire ad andare verso i Cieli vuol dire acquisire

la perennità, l’immortalità relativa alla Manifestazione. Perennità e non eternità perché tutto l’eterno

all’interno della Manifestazione termina con il terminare di essa.

Tutta la Manifestazione deriva dal Latte Cosmico, dalla Via Lattea (il Seme di Shiva) che crea

all’interno dell’utero della Grande Madre Cosmica, la Manifestazione. Quel che rimane di questo

Amplesso Cosmico è la Via Lattea che nutre tutti gli aspetti celesti dell’essere umano.

A partire da questi aspetti, la via Lattea nutre tutti gli Dei, cioè quegli stati di coscienza che non

sono relativi all’essere umano, ma superiori. L’essere umano si sente cosmico ma in realtà è

frazionato, (tranne i Santi), pure gli Dei non sono perfetti ma pur sempre superiori all’uomo. L’uomo

è l’intermediario tra il Divino e la Materia.

Il Divino crea l’uomo e l’uomo crea le cose materiali, identificandosi nello stato materiale non si

vede che questo fa parte di un processo totale perché finiti i Kalpa si va nel Pralaya.

Gli uomini sono figli di Purusha e Shakti ma vediamo una realtà filtrata, mediata, negli YogaSutra

questo filtro è chiamato Klesha. Nella Terra osserviamo possibilità minime per l’uomo. Tra la forma

Celeste (Swarupa) e le forme terrestri (Kamarupa) troviamo gli Stati intermedi tra l’essere, Trimurti

e l’uomo.

Queste possibilità intermedie sono, ad esempio, la condizione di Chakrawarti ossia l’uomo che

ritorna da una condizione bassa alla sua condizione edenica. Poi ci sono gli stati superiori,

Angelici, che in India prendono il nome di Deva e possono considerarsi come i vari livelli di

Samadhi.

Tutti questi Stati, sia superiori che inferiori, sono rappresentati

da un qualcosa inerente alla Coscienza, perché la qualità di

Yoga raggiungibile dall’uomo è Citta o Citti. All’interno della

Manifestazione non è possibile arrivare alla Coscienza di

essere, ossia: al Sat, per raggiungere Ananda poi si deve

addirittura abbandonare Sat. Questo è il motivo per cui lo Yogi

deve lasciare la Manifestazione.

Più la Coscienza è pacata e più è di ordine superiore, più è

mobile più è imperfetta. La perfezione è fissa. Saturno si

muove tre volte nella vita di un uomo, le 3 età dell’uomo, è il

Dio del Tempo. La Luna si muove ogni 28 giorni. Questi diversi

movimenti rappresentano le varie imperfezioni.

Allo stesso modo la Coscienza dell’uomo può variare da una

Coscienza estremamente turbinosa ad una Coscienza

estremamente stabile. Tutte queste coscienze appartengono

allo Yogi che è riuscito a penetrare lo Stato Sottile.

L’uomo che guarda in alto il Cielo è un uomo particolare, colui

che guarda le cose terrene, in basso, è qualcosa di

completamente differente. Tamas è il veleno, l’uomo che guarda in basso è avvelenato.

Nella ricerca l’uomo scopre che la sua Coscienza può elevarsi dal Kamarupa allo Swarupa tramite

7 cerchi concentrici, i 7 cieli, 7 perché sono quelli forniti dalla Natura. Le Stelle sono soggetto puro,

dove gli Astri sono il Verbo e l’uomo è l’oggetto.

Gli Antichi hanno cercato di ritrovare i ritmi dei vari Astri-Chakra perché essi progressivamente

riavvicinano l’uomo al ritmo dell’Universo (Dharma) che porta all’armonia (Rita), attraverso il

suono, di cui più avanti tratterò.

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Il giro completo dello Zodiaco per andare da un punto vernale all’altro, corrisponde al numero di

respiri che un uomo compie in un giorno. Il ritmo dello Zodiaco (Trimurti) è in rapporto con l’uomo

esiste una corrispondenza tra giorno dello Zodiaco e giorno dell’uomo; 25.920 anni in rapporto ai

25.920 respiri. Si deduce l’importanza del Pranayama nel lavoro sui Chakra e Nadi.

La Via Lattea è un fiume, il fiume, la Dea del Fiume è Kundalini Nadi in India. In Cielo c’è il Fiume

e quel Fiume da nutrimento a tutti gli esseri; la matrice da cui sorgono tutti gli esseri.

Dalla Via Lattea cola l’Ambrosia, come dal nostro palato cola il Soma proveniente dal Lalana

Chakra, da cui prendiamo vita. Ambrosia e Soma che gli uomini bruciano nello stomaco. Ecco

perché si pratica Viparita Karani Mudra, per invertire la direzione dell’Ambrosia colante dal Lalana

Chakra, per impedire che essa bruci nel fuoco.

Vi è, dunque, questo Fiume che scende e porta nutrimento, passando dalle Stelle agli Astri però

diventa Rajasico non è più nutrimento di immortalità. Il Latte coagula e diventa Sangue, gli Astri si

trovano nel sangue simbolico: essi sono sanguigni; scendendo ulteriormente fino alla Materia esso

diventa Nero, velenoso.

Il Nero comunque non è tutto negativo, il progetto

della Natura è di farci vedere le Stelle tramite lo

sfondo Nero. Diversamente non sarebbero, la

perfezione nella progressione universale consiste

nell’arrivo al Veleno. Quando tutto il latte è

divenuto veleno, quest’ultimo uccide la

manifestazione avvelenandola.

Quando la Manifestazione si ritira (Pralaya), torna nell’ombelico del Divino, torna alla sua

condizione migliore. Da fenomenico a noumenico.

Il Paradiso Terrestre finisce e l’uomo crea la sua Gerusalemme Celeste, una terra che si trova

nell’ombelico del Divino.

Dal grande Fiume del Cielo, la Via Lattea scende per gli Astri-Chakra colando e assume la qualità

di Rajas nell’uomo. Questo Guna crea l’uomo (ciò avviene tramite lo Zodiaco e Giove).

Analizzando questo fiume che dall’alto scende gli Antichi ricavarono che tutto, che ogni cosa della

Terra conosciuta terminava con un oceano. La Terra è quadrata, perciò imperfetta, contornata dal

grande fiume Oceano.

Nella Volta Celeste vi è al contorno un altro Fiume, è la Via lattea, l’Ambrosia, l’Amrita.

Ogni Astro-Chakra ha intorno un Fiume, la Gerusalemme celeste ha un fiume, così come anche il

Paradiso Terrestre. Nelle cose della Natura manifestata esiste un Fiume.

La Manifestazione nasce dal fuoco di Shiva, però è costituita da acqua che è proprio il contrario

del fuoco. Tutto il Divino è Fuoco, non solo per gli Zoroastriani, il Cristo è rappresentato con il

fuoco acceso.

Il simbolo del fuoco è un triangolo con la punta in alto, l’acqua, essendo opposta, è rappresentata

da un triangolo con la punta in basso, cioè è il riflesso del Divino. Se il Divino è Fuoco, tutto ciò che

è connesso alla manifestazione è Acqua. E’ chiamato Fuoco lo Spirito e l’Acqua è la sua

manifestazione, tanto è vero che nella manifestazione si parla di acque Superiori e acque Inferiori,

mai di fuoco Superiore o fuoco Inferiore.

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Il triangolo con la punta verso il basso è una coppa, è l’acqua che scende, lo stesso triangolo con

la punta verso l’alto è una montagna. Le due coppe rappresentano simbolicamente l’Universo ed

esattamente sono due semisfere.

L’uomo si trova esattamente a metà tra queste due coppe, ciò è dimostrato dal fatto che l’uomo

sopra di esso, all’altezza dell’orizzonte, vede solo una semisfera. La Via che scende è la coppa

che porta verso il basso, quella sorgente di vita che sta all’interno della montagna Sacra.

Conosciamo il Cielo (Swar), la Terra (Bhur), tra il Cielo e la Terra c’è lo Spazio Intermedio

(Bhuwar) che non conosciamo. Per definire la simbologia dello Spazio Intermedio e comprenderlo

occorre fare un lavoro di astrazione: la Terra è un cubo, il Cielo è una sfera e lo Spazio intermedio

una piramide.

Come si può unire una sfera ad un cubo? Attraverso un punto rappresentativo di una sfera che

scendendo verso il cubo fa ottenere

una piramide. In mezzo alla piramide

passa l’asse, lo stesso asse della

sfera. La piramide rappresenta la

Montagna Sacra (il Monte Meru), ed

in ogni montagna esistono sorgenti e

fiumi. Nella montagna, poi, vivono gli

Dei, dunque, la montagna è quel che

collega il cielo alla terra ossia è lo Spazio Intermedio

L’operazione di Buwar (Spazio intermedio) è solo relativo alla Manifestazione che è

fondamentalmente acqua; al centro della Montagna Sacra c’è l’acqua. L’acqua che scende

rappresenta proprio la parte discendente del Chakra e che rappresenta solo la metà di esso,

dunque l’altra metà risale, ed è il fuoco acquoso, l’acquavite. L’uso delle bevande psicotrope, il

Soma, era usuale fin dai rituali Vedici.

Nel Chakra l’acqua ruota appena tocca il limite massimo del

basso ed è costretta a risalire per l’altra metà del Chakra. La

direzione discesa o risalita è data dal contatto che c’è tra le

periferie dei fiumi intorno ai Chakra-Cieli. Se c’è una forza che

ha portato in basso, ne esiste un’altra che porta in alto e che

potrà essere fruttata per salire nel Chakra successivo.

Ogni Cielo-Chakra va continuamente in alto e in basso, senza

interruzione, quindi in ogni Cielo-Chakra sono presenti queste

due forze. La Madre Terra era rappresentata, in alcune

statuette, da una donna con seni prosperosi che tiene un

serpente per mano, cioè due serpenti, perciò in ogni Cielo-

Chakra sono presenti queste due forze, una scende e l’altra

sale.

L’Acqua scende verso il basso e scendendo porta a

compimento la sua missione: la Manifestazione. Intorno ai

Chakra, come ad ogni cosa nella manifestazione c’è l’Acqua e

al Centro di essi il Divino. Nei castelli antichi intorno c’era

l’acqua, così come intorno ai templi, al centro del luogo Sacro

vi era il pozzo.

Ogni Chakra è circondato da un Fiume e i vari Chakra sono situati uno sotto l’altro e si toccano

tramite i Canali, tramite un punto. Sono uniti per un punto, non sono separati.

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La qualità dell’Acqua è diversa per ogni Astro-Chakra, essa è variamente miscelata in 7 qualità

(Guna) che partono dalle 3 iniziali cioè Sattva, Rajas e Tamas.

La Volta Celeste in alto ha la sua acqua, la Via Lattea, la Terra in basso ha il grande fiume Oceano

intorno. Le acque dall’alto scendono per formare la terra quindi la Via Lattea alimenta il fiume

Oceano. Il latte di canale in canale riesce ad arrivare in basso.

Utilizzando la rappresentazione tolemaica avremmo tanti cerchi concentrici (Astri-Chakra) e al

centro la nostra Terra. Terra, Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno, Urano; così gli

Astri sono percepiti dalla Terra. Ma non si vuole qui utilizzare la simbologia tolemaica, solo trarre

ispirazione simbolica.

L’acqua che scende è diversa per la velocità che è chiamata Coscienza è un triangolo con la punta

in basso, vi è un verso

nell’universo che è alto-basso? O

viceversa? Come stabilirlo?

Il confine dell’utero della Natura

(Urano) ha tanti cieli quanti sono

gli Astri e ciascuno di questi cieli

ha un Centro. La direzione

dipende dal Centro.

L’acqua scende attraverso i

Chakra e, in questo suo divenire,

scendendo assume la forma

particolare della spirale, che in

natura è presente nel serpente.

Gli Dei prima e gli uomini poi,

hanno inquinato il Latte (Amrita).

Solo Saturno può bere l’Amrita

prima dell’inquinamento nell’isola

dei beati. Da Giove in giù

l’Immortalità (Amrita) diventa

Soma (Ebbrezza). Il Latte si

avvelena sempre di più fino a

diventare veleno quando è in

basso e, per logica, dovrà esserci un liquido che ci riporta in alto.

Il segno Zodiacale dello Scorpione è quello che porta il veleno e le operazioni attraverso la

simbologia ci fa comprendere come utilizzare il veleno. Quello che caratterizza lo Scorpione è il

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pungiglione localizzato sulla coda, più in alto dello Scorpione stesso, sopra il suo intelletto.

Il veleno dello Scorpione è collocato in un punto che simbolicamente sovrasta tutto. Vi è anche il

serpente che porta veleno, quest’ultimo a differenza dello Scorpione porta il veleno in bocca e

drizzandosi lo eleva.

Lo Scorpione si trova sotto il veleno, il serpente domina il veleno. Il passaggio da scorpione a

serpente è quel mutamento che trasforma il veleno in medicina, il mezzo di risalita. Il serpente è il

medico. Il serpente possiede la forza di risalita: Tapas, Tejas, il calore ascetico, qui l’acqua è il

fuoco che lava. Il serpente si eleva fino ad un certo punto (simbolicamente), dal quale

sopraggiunge l’aquila che prende il serpente e lo porta ancora più in alto. Le ali del Caduceo.

L’aspetto che ci interessa è lo Scorpione che porta il veleno in basso e il Serpente che lo porta in

alto. Questo “qualcosa” che riporta in alto il veleno è quello che si chiama calore-acquoso-Tapas,

in questo caso assume il nome di Ojas.

Ojas è la spinta che fa sollevare il serpente. Il calore che fa risalire è quello stesso fuoco che noi

conosciamo e che permette a tutto il nostro sistema di Chakra e Nadi di risalire. Il calore infiamma

le acque, l’acqua calda sale e l’acqua fredda scende. Il Serpente sale e lo Scorpione scende, il

Serpente è avviluppato intorno ad un albero nel Paradiso Terrestre, un asse al Centro di un

Chakra.

Sia i Chakra che i Kosha simbolizzano la sfera e il ritmo, per lavorare sui Chakra è necessario

lavorare col ritmo, ma si può meditare sugli attributi del Pianeta o sul suo aspetto fenomenico, sugli

attributi.

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Si può lavorare ugualmente sulle lettere Sacre (bija Mantra) di ciascun Centro psichico, sui simboli:

quadrato, triangolo, mezza Luna, sempre attraverso l’analogia. I simboli danno la possibilità di

lavorare con il ritmo del Astro-Chakra considerato, si medita sulla Divinità astratta del Chakra che

ci permette di penetrare quel dato livello di Coscienza.

Salire attraverso i

Centri psichici non

ha un’unica strada,

ve ne sono diverse

e ciascuno troverà

il metodo a lui

congeniale. In ogni

Chakra c’è una

lettera

fondamentale, c’è

una Divinità con

oggetti colori,

animali, geometrie,

suoni. Ad ogni

zona del corpo si

lega una Divinità, il

corpo è un

involucro dentro

cui vi sono tutte le

divinità.

Non vi sono

monoteismo o

politeismo

contrapposti: tutto

è Brahman. Per

l’uomo concepire

L’uno Solo è

difficile quindi

suddivide per

meglio

comprendere.

Nella

rappresentazione schematica delle Nadi vi è quella centrale lineare di Sushumna e due circolari,

serpentine, Ida e Pingala di cui abbiamo trattato la Simbologia. La Via centrale è diritta e le due Vie

periferiche (che percorrono solo la metà del Chakra), insieme formano un Cerchio. All’interno di un

Chakra si sale e si scende continuamente ed è relativo a quel dato Chakra col suo stato di

Coscienza.

Ogni Centro psichico permette di salire e di scendere, di passare a quello successivo per

continuare la risalita.

Per il passaggio successivo occorre cogliere il “momento critico” il nodo che sciogliendolo ci

permette il passaggio al Chakra successivo. Occorre una Coscienza lucida per cogliere il “punto

critico” e passare allo stato di Coscienza successivo. Come un fiume che scende e sale.

Nel Gayatri Mantra si fa omaggio alla Terra, allo Spazio intermedio e al Cielo con 3 parole: Bhur,

Bhuwar, Swar.

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Esistono i fiumi che salgono e che scendono, esiste il serpente che compare anche nell’Eden e

che rappresenta la conoscenza. Il serpente dell’Eden è Kundalini arrotolata nel Muladhara Chakra

intorno all’asse Sushumna. Kundalini dell’Eden scende e questa sale, ma è lo stesso.

Il fiume assomiglia alla forma di un serpente, ha una forma serpentina. Il fiume possiede questa

forma perché viaggia sulla periferia del Chakra e il Chakra è rotondo.

Quando il serpente gira solo intorno ad un Chakra o a Muladhara (il Chakra radice), esso si morde

la coda. Il serpente che si morde la coda è l’Uroboro. Così è raffigurato il Serpente cosmico

(Ananta) che vuol dire senza fine, infinito. Nel Kriya Yoga sono i due canali circolari Arohan e

Awarohan dove viene fatta scorrere l’Energia.

L’Uroboro è posizionato nell’asse Zenith-Nadir, il serpente che si morde la coda è Kundalini, le due Nadi sono Kundalini. Kundalini è il serpente che si morde la coda e compie la sua azione salendo di Chakra in Chakra a spirale. Pertanto Kundalini non è propriamente un cerchio ma è più una spirale che sale e scende. Il serpente è il Medico e il veleno diventa l’antidoto del veleno.

Molte sono le tecniche che consentono il risveglio della kuṇḍalini e la sua risalita lungo la Suṣhumna.

Ne fa una dettagliata esposizione Abhinavagupta nel suo Tantraloka, vasto trattato sul mondo del Tantra ai suoi tempi (X secolo circa). Ecco come il filosofo descrive la risalita dell'energia: “L'energia sottile e suprema è addormentata, attorcigliata come un serpente; essa racchiude in sé il bindu, e insieme l'universo intero, il sole, luna, astri e mondi. Ma essa è incosciente, come

obnubilata da un veleno.”

La traduzione del termine Kundalini in indiano è Serpente, Divinità del fiume, ciotola, orecchino o anello, Stagno celeste, luogo Rotondo. Nadi significa fiume, Divinità del fiume e anello entro cui è contenuta tutta la Manifestazione, è la potenza (Shakti) che fa scendere e salire; e salire è difficile basta ricordare il Mito di Icaro.

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SHABDA-SHAKTI

Le prime testimonianze che attestano l’esistenza di una musica celeste risalgono a Pitagora, che si diceva in grado di udire l’armonia degli astri in uno stato di trance.

La teoria pitagorica è basata sul fatto che “la stoffa dell’Universo” è composta da ritmi, numeri e proporzioni: una corda di una certa lunghezza produce un suono, dimezzandone la dimensione produce lo stesso suono all’ottava superiore. Altri intervalli, quali quinta e terza (proprio quelli su cui è stato fondato il nostro sistema tonale) si potevano ottenere facendo vibrare corde le cui lunghezze erano frazioni intere della lunghezza della prima nota fondamentale. In ogni area culturale e in ogni epoca si sono formati diversi sistemi musicali, e ogni sistema ha una scala che lo caratterizza.

Una scala musicale non è altro che una successione di un dato numero di suoni che dividono l'intervallo di ottava in altrettante parti. Il più antico procedimento per dividere l'ottava in un dato numero di parti risale ai primi tempi dell'antica civiltà cinese. In seguito fu utilizzato dai teorici giapponesi e, con autonoma ideazione, dai pitagorici. Pitagora basò la sua dottrina sui numeri interi, specie quelli dal'1 al 4 in quanto la loro somma, la cosiddetta tetraktys, corrispondeva al numero perfetto per eccellenza, il 10. Studiando la musica a scopi catartici e mistici scoprì come le altezze dei suoni fossero legate fra loro da rapporti di numeri interi, ovvero da numeri razionali, da cui il motto tutto è numero (razionale).

Secondo un aneddoto la scoperta avvenne percuotendo un'anfora ripiena d'acqua che poi, riempita ulteriormente, emetteva la stessa nota ma più acuta. Esistono diverse varianti dell'aneddoto, Giamblico di Calcide, ad esempio, raccontò che l'intuizione di Pitagora sarebbe merito di un fabbro che martellava il ferro con mazze di grandezze diverse: tra i tintinnii che venivano prodotti dai colpi alcuni risultavano più gradevoli di altri. Fu così che Pitagora scoprì che i martelli i cui pesi stavano in precisi rapporti producevano dei suoni consonanti, cioè suoni gradevoli che danno un senso di riposo.

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Le consonanze fra i suoni furono studiate dai pitagorici analizzando i suoni prodotti dal monocordo, uno strumento costituito da una corda tesa tra due estremi fissi, al di sotto della quale scorre liberamente un ponticello mobile che divide la corda in due segmenti di lunghezza variabile.

Ascoltando il suono prodotto da questi due segmenti di corda, secondo i pitagorici si otteneva un suono consonante solo quando, dal rapporto tra le misure delle due parti, risultava una frazione costituita da due numeri interi piccoli. Ponendo il ponticello mobile a metà della lunghezza della corda (o premendola a metà) e pizzicando una delle sue metà, si ottiene una nota ad un'ottava superiore. Da ciò i pitagorici ottennero il rapporto dell'intervallo di ottava. È di una certa Magia pensare al Cosmo come ad un complesso sistema armonico, in cui i pianeti potevano essere messi in corrispondenza con le sette note naturali. La musica delle Sfere celesti.

Tuttavia, non troppo convinto da Pitagora, Aristotele spiegava col suo solito sussiego il perché i mortali non possono udire la celeste armonia: un suono o un rumore possono venire percepiti solo se in contrasto con il proprio opposto, il silenzio o meglio l’assenza del suono medesimo; dal momento che quello prodotto dalla rotazione delle sfere planetarie è un suono che ci è presente sin dalla nascita, non è possibile riconoscerlo, in quanto ci manca la percezione del suo contrario.

Eppure, molto lontano da noi, a duecentocinquanta milioni di anni luce il buco nero della galassia denominata tecnicamente NGC 1275 emette un SI talmente basso da non poter essere udito da nessun orecchio umano. Immaginate la tastiera del pianoforte ed allungatela a piacere verso la parte grave: la nota si trova precisamente 57 ottave sotto il Do Centrale.

Nella realtà sotto quel Do Centrale, di ottave, ne abbiamo solo tre. Il suono emesso dal buco nero

ha una lunghezza d’onda di trentaseimila anni luce e con la sua possanza scalda la gigantesca

nube di gas e polveri che circonda il buco nero. Secondo Andy Fabian di Cambridge, autore di tale

osservazione, la turbolenta nota è prodotta dalla tremenda e potente energia liberata dal buco nero

che increspa i gas che gli fanno da corona. L’universo produce musica?

Per Il Sama-Veda (Conoscenza della melodia) la risposta è affermativa, la recitazione vedica

consiste nella vocalizzazione di formule intonate: la formula stessa è il perno di tutta la struttura del

sacrificio. Uno sternuto poteva invalidare tutto il sacrificio con danni per il Sacerdote.

La parola, pronunciata con l’esatta intonazione, determina la riuscita del sacrificio, l’efficacia del

rito. Attraverso il sacrificio, i sacerdoti mantengono la stabilità dell’universo, possono propiziare in

favore degli Dei ed influenzare il corso degli eventi.

Lo strumento che permette questa Potenza è la Shakti che esce come parola e formula intonata.

Questa forma antica di recitazione intonata, che è musica vocale, è nota come concezione metafisica del suono-parola (Mantra), quale veicolo di connessione dell’uomo e del cosmo (gli Dei), ossia quale mezzo di comunicazione fra cielo e terra.

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Occorre tenere presente vita di un devoto hindu, infatti, è pervasa dalla recitazione dei mantra, pratica che lo accompagna in vari momenti della vita e del quotidiano per fini che sono sia sacri (rituali o soteriologici) sia profani (utilitaristici o anche magici), come per esempio: ottenere la liberazione (moksha); onorare le divinità (puja); acquisire poteri sovrannaturali (siddhi); comunicare

con gli antenati; influenzare le azioni altrui; purificare il corpo; guarire dai mali fisici; assisterlo nei riti.

Ogni mantra va usato nel modo corretto, e a secondo del modo può dare differenti risultati.

Il suono ha sempre svolto una funzione mediatrice fra uomo e uomo, fra uomo e Dio (nella musica

rituale) presso ogni popolo; ma in India i rapporti uomo-suono-Assoluto sono maggiormente

evidenziati per il caratteristico rapporto uomo-Assoluto nell’ambito della Filosofia indiana.

Secondo quest’ultima, dietro ogni realtà manifestata (prakriti) c’è uno Stato causale, un continuo

non-differenziato del quale la realtà manifestata è uno sviluppo apparente. Questo Stato causale

contiene il Suono nel suo aspetto potenziale (Shakti) sotto forma di vibrazione dell’etere.

Il Suono inteso come stato vibratorio è l’impulso creativo nel processo di manifestazione

dell’Assoluto (Brahman). Nell’analogia microcosmo-macrocosmo, i duplici livelli: Assoluto-uomo,

cielo-terra, si equivalgono e qualsiasi azione in un piano ha un corrispettivo nel piano

proporzionale equivalente.

Pertanto il processo secondo cui il pensiero potenziale dell’Assoluto diventa Universo è simile al

processo secondo cui il pensiero di un essere umano, dapprima indistinto, diventa a poco a poco

definito e si esteriorizza. La differenza è solo una differenza di grado: l’uomo con i suoni, le parole,

può evocare cose e persone, l’Assoluto con il proprio linguaggio materializza l’universo.

Ma il processo di manifestazione, qualsiasi sia il livello, è sonoro; esso avviene attraverso il Suono,

il Verbo, la Parola. La “creazione” ha perciò origine dal Suono (Shabda).

Sempre riconoscendo i duplici livelli: Assoluto-uomo, cielo-terra, macrocosmo-microcosmo, si

riconoscono anche i due relativi tipi di suono: l’uno è la vibrazione dell’etere e l’altro è la vibrazione

dell’aria.

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La vibrazione dell’etere, che è considerata Principio di ogni manifestazione, la base di tutte le

sostanze, è impercettibile dai sensi fisici. Questa vibrazione non è dovuta a nessuna percussione

fisica ed è chiamata “non percossa”. L’altro tipo di suono è costituito da una vibrazione

temporanea dell’aria; è percepibile dai sensi fisici ed è prodotto dalla percussione.

Quest’ultimo è la conseguenza di una ulteriore condensazione del suono impercettibile dell’etere.

Ciò che viene chiamata musica è un insieme di suoni percepibili le cui mutue relazioni evocano

l’immagine delle principali leggi dell’Universo. Vi sono sottili corrispondenze esistenti tra i diversi

ordini di vibrazioni che costituiscono la natura stessa delle cose, ma partono tutte dal Verbo

Causale della sillaba AUM.

Nel Sangita Makaranda è citato: “Gli Yogi, i Grandi Spiriti,

proiettando le loro menti con uno sforzo, in questo suono

impercettibile AUM ottengono la Liberazione”.

Tutto ciò che è manifestato è Potenza (Shakti), come Mentale,

Vita e Materia, mentre Onni-Potente è Shiva. Non c’è l’uno

senza l’altro. Shiva rappresenta l’aspetto statico della realtà,

Shakti l’aspetto mobile: i 2 sono 1.

Tutto è reale, ma ora immoto, ora mutevole; così in questo

sistema Maya non è più propriamente “illusione”, ma è “La

Forma del Senza Forma” come afferma incisivamente lo

Shakta Sadhaka KamalaKanta. La Forma è la Sua Forma, e dunque, queste forme sono reali.

L’uomo, nella sua essenza, è Shiva (statico Onni-Potente) che è pura Coscienza; ma in quanto a

Mentale e Corpo è la manifestazione della Potenza di Shiva, cioè Shakti, la Madre. L’uomo è,

dunque, Shiva-Shakti; una manifestazione di Potenza.

L’oggetto del Sadhana, nello Yoga, è l’adorazione e l’elevazione di tale Potenza alla sua perfetta

espressione, perfetta nel senso di una esperienza illimitata. Una maniera di pervenire a ciò è lo

Yoga tantrico di cui stiamo discutendo.

La realtà Suprema è irriducibile perché è “Spirito” nel senso di pura Coscienza (Chit) da cui

procedono (da Lei), il Mentale, e la Materia. Lo Spirito è 1, nello Spirito non vi sono differenze o

gradi, per cui lo Spirito che è nell’uomo, è lo Spirito unico di tutte le cose. Il Mentale e la Materia

sono parti di questo Tutto.

Nel corpo vi è la coppia suprema Shiva-Shakti che pervade tutte le cose, vi sono innumerevoli

mondi ed universi nel corpo umano prodotti dalla Prakriti-Shakti. Il corpo è un vasto arsenale di

Potenza, l’obbiettivo del Sadhana è portare queste varie forme di Potenza alla loro completa

espressione.

Quello che esiste nell’Universo esiste anche nel corpo umano: “Ciò che è qui, è là. Ciò che non è

qui non è in nessun luogo” come afferma il Vishvasara Tantra. Il Centro e la radice della Potenza

nell’uomo è la Kundalini-Shakti nel Chakra Muladhara, in relazione al Corpo Causale, Sottile e

Grossolano.

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Ciascun Chakra, come sapete, ha una simbologia: deità, geometrie, animali, oggetti, pianeti,

lettere in lingua Sanscrita, canali, colori, relazioni e così via, che si possono approfondire nella

omonima dispensa in biblioteca del nostro sito www.asdcentroyoga.it per tutti i nostri Soci.

Quello che ci interessa è il Suono caratteristico di ciascun Chakra, in ognuno vi è un Bija (Seme)

Mantra di ciascuno dei Tattva contenuti. Essi sono il Seme del Tattva, perché questo procede da

essi ed in essi rientra.

Il nome naturale di qualsiasi cosa è il suono prodotto dall’azione delle forze vibrazionali che lo

costituiscono. Pertanto colui che mentalmente e vocalmente pronuncia con Potenza creatrice il

nome naturale di qualunque cosa, porta all’esistenza la cosa così denominata. Per esempio, Ram

è il Bija del fuoco nel Manipura Chakra, l’espressione Ram è l’espressione del suono grossolano

del suono Sottile prodotto dalle forze costituenti il fuoco.

Allo stesso modo si spiega Lam nel Muladhara, dove le forze che si mettono in gioco sono quelle

della Terra, del Cubo, il simbolo dell’elefante rappresenta la solidità. Le qualità relative al Chakra

vengono realizzate dallo Yogi anche attraverso il Suono, la recitazione mantrica del Bija.

La Coscienza che è priva di Suono, diventa Suono attraversando il Causale, il Sottile, e sfocia nel

linguaggio articolato. Il movimento interiore ha la sua corrispondenza esterna in quel che esce

dalle labbra. Il Mantra vuol semplicemente dire che la Coscienza si muove come Shakti, come gli

Astri, ed appare come soggetto-oggetto, prima nella forma sottile del Mentale, poi nella forma

grossolana del linguaggio.

Lo Yogi può far agire il Mantra, per esempio Ram e diventare Signore del Fuoco, è il pensiero

creativo che anima il Suono che agisce nella limitata “magia” dell’uomo, proprio come fece il

Creatore del mondo: generandolo.

La ripetizione del Mantra, è paragonato all’azione di un uomo che scuote un

dormiente per svegliarlo. Le due labbra sono Shiva e Shakti. I Mantra sono

emanazioni di Shakti che è il Verbo, Vak, o Logos e sono la stessa cosa.

L’Universo si compone di lettere, sono 50 quelle dell’alfabeto sanskrito, e

formano tutte le cose. Con i Bija, quando si studiano, ci si rende subito conto

nell’importanza del respiro, la durata, il tempo, l’intonazione hanno bisogno di

Prana. Per questo scopo sono abbinati specifici Pranayama per ciascun

Chakra, così come Asana, Mudra, Purificazioni, Shatkarma, tutti adatti per

raggiungere lo Stato Laya (senza Suono), e Moksha.

Nella purificazione vengono considerati il Corpo Umano e i 5 involucri. Il corpo umano è Brahma-

pura, la Città di Brahma; l’affermazione: “Tu sei ciò” significa che lo stesso Ishvara entra

nell’Universo come Jiva, ed il corpo è Brahma.

Nel Corpo vi sono 5 involucri (Kosha): Anna-Maya, Prana-Maya, Mano-Maya, Vijnana-Maya,

Ananda-Maya, ovvero il corpo fisico e quello vitale, i 2 corpi Mentali, e il corpo della Beatitudine.

Nel Corpo materiale (involucro del cibo) regnano gli elementi terra, acqua fuoco, che presiedono i

Chakra inferiori: Muladara, Swadhisthana e Manipura.

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Nel secondo involucro (prana-maya) si manifesta l’aria, l’etere, elementi dell’Anahata e Vishuddha

Chakra. I due successivi involucri cioè Mano-Maya e Vijnana Kosha, che costituiscono la Mente

nel suo duplice aspetto di Buddhi e Manas, di Sé e di Citta, sono corrispondenti ad Ajna Chakra,

mentre il Corpo di Beatitudine è in un Centro più alto di Ajna e più basso dello Sahasrara.

L’Atma risiede in quest’ultimo involucro, l’involucro della Beatitudine, nel quarto Stato lo Yogi

ottiene la Liberazione, il Samadhi-Yoga.

Il Suono è utilizzato praticamente dallo Yogi perché filosoficamente Shabda è il Guna dell’Akhasha

o Spazio etereo, non è il prodotto di esso ma si manifesta in esso. Shabda è il Brahman stesso.

Allo stesso modo, tuttavia, come nello Spazio esterno, le onde sono prodotte da movimenti

dell’aria (vaju), perciò nello spazio entro il corpo del Jiva, si producono onde sonore secondo i

movimenti dell’aria vitale (prana-vaju) con il processo d’inalazione ed esalazione.

Shabda appare prima nel Muladhara con la Shakti che dà vita al Jiva qui si ascolta un piacevole

mormorio simile al ronzio di un’ape nera, poi diventa meno sottile quando raggiunge il cuore,

quando è connesso con Buddhi diviene ancora più grossolano; infine nella sua forma pienamente

grossolana esce dalla bocca.

I Mantra sono manifestazione di Kundalini-Shakti, sono la fonte

di ogni linguaggio, Ella è in tutte le lettere. Perciò per risvegliarla

occorre un Mantra. La sostanza dei Mantra è Shabda o

Coscienza eterna, la Grande Madre delle 3 forme di energia:

Sole, Luna e Fuoco. Quando viene risvegliata, attraverso le

opportune pratiche, Essa sale attraverso Sushumna Nadi, i 6

centri psichici, fino allo Sahasrara dove dimora Shiva, ed è qui

che avviene la Liberazione.

Nel versetto 13° Satchakranipurana si legge: ”Così meditando

su di Lei, che splende entro il Mula Chakra con il fulgore di dieci

milioni di soli, l’uomo diviene Signore della parola, Re tra gli

uomini e Dotto in tutti i rami del sapere. Egli diviene per sempre

libero da ogni malanno ed il Suo Spirito interno diviene colmo di ogni felicità. Puro nel suo talento,

egli serve i principali tra i Deva con le sue parole profonde e musicali”.

Kundalini è Paramatma e la sostanza di tutti i Mantra e la fonte testuale dei Mantra sono i Veda, i

Purana i Tantra. In questi ultimi vi è il ruolo predominante di Mantra e sono definiti MantraShastra,

ed il corpo è purificato dal Mantra accompagnato da Kumbaka e Rechaka. Lo Yogi medita sul suo

nuovo corpo celestiale (Deva) che è stato così formato, dopo la purificazione del vecchio corpo, il

nuovo corpo è Divino.

La Shakti destata libera dalle malattie, produce il distacco dal mondo e la beatitudine, ma il fine

Supremo è la Moksha o Mukti. Mukti significa più scioglimento o liberazione, e con un

procedimento cinematografico si potrebbe dire dissolvenza. Kaivalya è lo Stato supremo di unità

senza attributi, lo stato in cui, come affermano gli YogaSutra, la modificazione dell’energia della

Coscienza è estinta, ed è stabilita la sua vera Natura.

La Liberazione può essere conseguita quando il corpo è ancora vivo, e in tal caso esiste nello

Stato di Jivanmukti celebrato nella Jivanmuktigita, ed il mezzo per il suo conseguimento è il

Mantra: e il Mantra è Brahma.

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CONCLUSIONE

Il presente lavoro mi è stato chiesto da alcuni Soci partecipanti al corso di Hatha Yoga.

Infatti, i dubbi che si hanno all’inizio di una pratica sono diversi e spiegare il simbolismo, per

esempio delle Asana, richiede tempo che non può essere sottratto alla Pratica. Ancora più tempo è

richiesto per la spiegazione dalla simbologia esoterica del Corpo stellare. Per cui con questo

approfondimento spero di aver assolto alla richiesta.

Tutto il procedimento di studio si è svolto in una ideazione Yogica, cioè di Unità. Il rilevare le

concordanze in varie culture, degli stessi Simboli e Archetipi, è una evidente attestazione che

l’uomo cerca il Divino o come altro modo ciascuno lo si voglia chiamare. Possiamo anche

denominare questo studio come il cercare di sapere la verità.

Nella ricerca occorre essere già liberi dal pregiudizio culturale e il prodotto che si consegue è, in

questo caso, solo Teoria che sostiene la pratica. La pratica è più importante della Teoria; è

meditazione, lavoro interiore, sperimentazione diretta. E per quest’Opera occorre il coraggio di

tuffarsi dentro Sé stessi, proprio come un tuffatore si tuffa nel mare.

Cesena, 1, marzo, 2018.

Paolo Belli

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