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Società partecipate da Amministrazioni pubbliche la dismissione delle partecipazioni conseguente al Piano di revisione straordinariaSocietà partecipate concordato preventivo o fallimento rendono libero il Fondo vincolato” istituito nei bilanci dell’Ente Le “Società a controllo pubblico” ed a “controllo analogo congiunto” dopo la Sentenza n. 17/2019 della Corte dei conti a Sezioni Riunite in sede giurisdizionale in speciale composizione ISSN 2532-2613 Servizi pubblici Locali Centro Studi Enti Locali Rivista mensile di approfondimento sulle tematiche dei Servizi Pubblici Locali applicate al Comparto Enti Locali Supplemento ad Entilocalinews n. 30 del 29 luglio 2019 NUMERO 07 Anno IX 31 luglio 2019

Servizi pubblici Locali...Società partecipate da Amministrazioni pubbliche la dismissione delle partecipazioni conseguente al “Piano di revisione straordinaria” Società partecipate

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Page 1: Servizi pubblici Locali...Società partecipate da Amministrazioni pubbliche la dismissione delle partecipazioni conseguente al “Piano di revisione straordinaria” Società partecipate

Società partecipate da Amministrazioni pubblichela dismissione delle partecipazioni conseguente al “Piano di revisione straordinaria”

Società partecipateconcordato preventivo o fallimento rendono libero il “Fondo vincolato” istituito nei bilanci dell’Ente

Le “Società a controllo pubblico” ed a “controllo analogo congiunto” dopo la Sentenza n. 17/2019 della Corte dei conti a Sezioni Riunite in sede giurisdizionale in speciale composizione

ISSN

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Servizi pubblici LocaliCentro Studi Enti LocaliRivista mensile di approfondimento sulle tematiche dei Servizi Pubblici Locali applicate al Comparto Enti Locali

Supplemento ad Entilocalinews n. 30 del 29 luglio 2019

NUMERO

07Anno IX31 luglio 2019

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Servizi Pubblici Locali Centro Studi Enti LocaliRivista mensile di approfondimento sulle tematiche dei Servizi Pubblici Locali applicate al Comparto Enti Locali

COLLABORANO ALLA RIVISTA:Rag. Giosuè Boldrini, Senior partner Studio Commerciale Associato Boldrini di Rimini, Revisore contabileDott. Roberto Camporesi, Dottore commercialista, Revisore contabile, partner Studio Commerciale Associato BoldriniDott. Iacopo Cavallini, Università degli Studi di Pisa, Facoltà di Economia, Dipartimento “E. Gianessi” Economia aziendaleAvv. Stefano Ciulli, Avvocato, consulente di Enti Locali e docente in corsi di formazioneDott. Riccardo Compagnino, Dottore commercialista e Revisore contabile, Esperto di finanza pubblica localeProf. Ciro D’Aries, Dottore commercialista, Docente Università Cattolica, Esperto della Pubblica Amministrazione, PubblicistaDott. Roberto Dell’Omodarme, Dottore commercialista e Revisore contabile, Consulente e formatore Enti pubblici e Amministrazioni locali, Esperto in materie amministratico-contabili, tributarie, fiscali e gestionali per la P.A., Professore a contratto di economia aziendale all’Università di Pisa, Facoltà di EconomiaDott.ssa Federica Giglioli, Consulente di Enti Pubblici, Enti Locali ed Amministrazioni pubbliche, PubblicistaDott. Pantaleo Isceri, Dirigente Servizi Finanziari Provincia di Lecce, Componente Commissione Finanza Locale Anci, Consulente AncirispondeAvv. Mauro Mammana, Avvocato amministrativista, consulente e formatore in materia di appalti pubbliciDott. Luigi Marzullo, Funzionario Agenzia delle Entrate RomaDott. Stefano Quarchioni, Dottore commercialista, Revisore dei Conti, Consulente di Enti PubbliciDott.ssa Alessia Rinaldi, Consulente di Enti Pubblici, Enti Locali ed Amministrazioni pubbliche, PubblicistaDott. Edoardo Rivola, Commercialista, Revisore Legale, Formatore e Consulente P.A. e Società Pubbliche, Membro Commissione “Diritto societario-revisione” e “Enti Locali”, Odcec Lucca Dott. Fabio Sciuto, Delegato Regione Sicilia Centro Studi Enti LocaliDott. Nicola Tonveronachi, Dottore commercialista e Revisore contabile, Consulente e Formatore Amministrazioni e Società pubbliche, PubblicistaDott. Giuseppe Vanni, Dottore commercialista e Revisore contabile, Consulente e formatore P.A., PubblicistaDott. Francesco Vegni, Consulente in materia di fiscalità erariale di Amministrazioni e Enti Pubblici, Pubblicista

COMITATO DI REDAZIONE:Enrico Ciullo, Federica Giglioli, Veronica Potenza, Alessio Tavanti, Giuseppe Vanni, Francesco VegniSegreteria di redazione: Francesca CombattiResponsabile: Fabrizio Mandorlini

Editore e proprietario: Centro Studi Enti Locali S.p.a.Via della Costituente, 15 - 56024 San Miniato (PI)Tel. 0571/469222 - 0571/469230 - Fax 0571/469237E-Mail: [email protected] internet: www.entilocali-online.it

Azienda con sistema di gestione della qualità UNI EN ISO 9001:2015 certificato da Certiquality

Supplemento ad Entilocalinews, settimanale registrato in data 18 dicembre 2001 al n. 24/01 del Registro della stampa presso il Tribunale di Pisa, iscritto al n. 8581 del Registro degli operatori di comunicazione di cui alla Legge n. 249/97, iscritto all’Unione Stampa Periodici Italiani

Distribuzione: vendita esclusivamente per abbonamentoAbbonamento annuale: Euro 125,00 Iva compresa Arretrati e numeri singoli: Euro 6,00 Iva compresaLa Rivista viene inviata mensilmente agli abbonati tramite e-mail.

31 luglio 2019

SOMMARIOServizi pubblici LocaliCentro Studi Enti Locali

NOTIZIARIOCompensi degli Amministratorifino all’adozione del Decreto del Mef, resta tassativo il limite dell’80% sul costo 2013 .................................................................................... pag 04

“Contributo unificato tributario”estensione Piattaforma “PagoPA” a tutto il territorio nazionale ...... pag 04

Ivaforniti chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate sulla documentazio-ne delle operazioni mediante fatturazione elettronica .................. pag 05

Appalti pubbliciillegittimi i compensi minimi fissati da Mit e Mef per i componenti delle Commissioni giudicatrici ............................................................... pag 09

“E-fattura” e trasmissione telematica dei corrispettivinuove indicazioni per le deleghe agli Intermediari abilitati ............. pag 10

“E-fatture”in caso di invio a “Sdi” senza l’indicazione del “Rea” non è necessario ri-chiedere note di credito ................................................................ pag 12

Istatpubblicato l’aggiornamento dell’Indice sul costo della vita a maggio 2019 ....................................................................................................... pag 12

GLI APPROFONDIMENTISocietà partecipate da Amministrazioni pubblichela dismissione delle partecipazioni conseguente al “Piano di revisione straordinaria” di Giuseppe Girlando .................................................................... pag 14

Le Società a controllo pubblicouna geometria ad assetto variabiledi Roberto Camporesi ................................................................... pag 16

Società partecipateconcordato preventivo o fallimento rendono libero il “Fondo vincolato” istituito nei bilanci dell’Entedi Giuseppe Girlando .................................................................... pag 17

Le “Società a controllo pubblico” ed a “controllo analogo congiun-to” dopo la Sentenza n. 17/2019 della Corte dei conti a Sezioni Riu-nite in sede giurisdizionale in speciale composizionedi Roberto Camporesi e Nicola Tonveronachi .............................. pag 20

Le concessioni cimiteriali fra gestione amministrativa e aspetti fiscalidi Stefano Paoli ............................................................................. pag 27

QUESITIPermessi retribuiti ai dipendenti di Società partecipate che svolgono un mandato elettoralea chi spetta l’onere del rimborso ?di Andrea Dominici ........................................................................ pag 35

Subappalto e subcontrattoquali le differenze ? E’ possibile il pagamento diretto anche al subcontra-ente e quale regime fiscale deve applicare ?di Alessia Rinaldi e Francesco Vegni ............................................. pag 36

INDICE DEGLI ARGOMENTI

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SOMMARIOServizi pubblici LocaliCentro Studi Enti Locali

IL PARERE DELLA CORTENote della Corte .......................................................................... pag 38

L’ANGOLO DI “DIRITTO DEI SERVIZI PUBBLICI”Rubrica a cura dello Studio legale Tessarolo ........................... pag 41

LO SCADENZARIOLe prossime Scadenze in programma ........................................... pag 46

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NOTIZIARIO

È pubblicato in G.U. n. 138 del 14 giugno 2019 il Decreto del Direttore generale delle Finanze del Ministero dell’E-conomia e delle Finanze, datato 6 giugno 2019, recante “Pagamento telematico del ‘contributo unificato tributario’ ed estensione della Piattaforma ‘PagoPa’, su tutto il terri-torio nazionale, a decorrere dal 24 giugno 2019”.Il Decreto ha previsto la possibilità di effettuare il paga-mento del “contributo unificato tributario” tramite il “Nodo dei pagamenti – SPC” (“PagoPA”), per i ricorsi e gli appelli depositati presso gli Uffici di segreteria delle Commissioni tributarie di tutte le Regioni italiane a decorrere, come det-

to, dal 24 giugno 2019. In considerazione dell’obbligo di notificare e depositare gli atti processuali, i documenti ed i provvedimenti giurisdizionali esclusivamente con modalità telematica dal 1° luglio 2019, è stata ritenuta la necessità di consentire a tutte le Regioni il pagamento telematico del “contributo unificato tributario”.L’estensione su scala nazionale dell’utilizzo della Piatta-forma “PagoPA” è solo la naturale prosecuzione del pro-cesso di conversione al digitale attuato dal Mef, secondo le più recenti disposizioni in materia tributaria.

“Contributo unificato tributario”estensione Piattaforma “PagoPA” a tutto il territorio nazionale

In attesa Decreto del Mef, resta il vincolo dell’art. 4,

comma 4, del Dl. n. 95/2012 per cui i compensi non possono

superare l’80% del costo sostenuto nel 2013

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Servizi Pubblici LocaliCENTRO STUDI ENTI LOCALI

La Struttura di Monitoraggio e Controllo delle Partecipa-te, presso il Mef, con l’Orientamento 20 giugno 2019, ai sensi dell’art. 15, comma 2, del Dlgs. n. 175/16 (Tusp), si è pronunciata sul rispetto del limite ai compensi degli Am-ministratori come previsto dall’art. 11, comma 7, del Tusp.Secondo la Struttura, nelle more del perfezionamento dell’iter di adozione del Decreto del Mef ai sensi dell’art. 11, comma 6, del Tusp (ad oggi in attesa dell’acquisizio-ne dell’Intesa da parte della Conferenza Unificata), resta tassativo il vincolo indicato dall’art. 4, comma 4, del Dl. n. 95/2012, per cui “il costo annuale sostenuto per i com-pensi degli Amministratori di tali Società, ivi compresa la remunerazione di quelli investiti di particolari cariche, non può superare l’80% del costo complessivamente sostenu-to nell’anno 2013”.Inoltre, detto limite si applica agli Organi di amministrazio-ne di tutte le Società a controllo pubblico, come definite dall’art. 2, comma 1, lett. m), del Tusp, e non solo nei con-fronti delle Società strumentali, a cui inizialmente si riferi-

va l’intero art. 4 del Dl. n. 95/2012.Non rientrano, tra le componenti del compenso, i rimborsi spese specificamente documentati, nonché quelli deter-minati in misura forfettaria ma aventi carattere meramente restitutorio, in relazione all’espletamento di specifici inca-richi.

Compensi degli Amministratorifino all’adozione del Decreto del Mef, resta tassativo il limite dell’80% sul costo 2013

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L’Agenzia delle Entrate, con la Circolare n. 14/E del 17 giugno 2019, ha fornito chiarimenti in tema di documenta-zione di operazioni rilevanti ai fini Iva, alla luce dei recenti interventi normativi in tema di fatturazione elettronica.Si tratta di un corposo documento che esaminiamo di se-guito soltanto nelle parti di maggior interesse anche per gli Enti Locali.Fatturazione elettronica: ambito oggettivo e soggetti-vo di applicazioneDal 1° gennaio 2019 - e dunque per le fatture (comprese le variazioni in aumento/diminuzione dell’Imposta) emes-se da tale data - produce effetto la previsione dell’art. 1, comma 34, del Dlgs. n. 127/2015, secondo cui, “al fine di razionalizzare il procedimento di fatturazione e registra-zione, per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi ef-fettuate tra soggetti residenti o stabiliti nel territorio dello Stato, e per le relative variazioni, sono emesse esclusi-vamente fatture elettroniche utilizzando il ‘Sistema di in-terscambio’ e secondo il formato di cui al comma 2. […]”.Eccezioni oggettiveVanno ricomprese tra le eccezioni oggettive agli obbli-ghi di fatturazione elettronica tutte quelle situazioni nelle quali non vi è obbligo di documentare l’operazione con l’emissione di una fattura in quanto tale operazione è, ad esempio, esclusa dal campo di applicazione dell’Imposta, ovvero può essere documentata altrimenti.In quest’ultima ipotesi rientrano le fattispecie di cui all’art. 22 del Dpr. n. 633/1972, oppure altre casistiche particola-ri indicate dalla Circolare, mentre invece vige il divieto di documentare le operazioni effettuate tramite fatturazione elettronica con riferimento a quanti sono “tenuti all’invio dei dati al Sistema ‘Tessera sanitaria’” i quali, per il solo periodo d’imposta 2019, “non possono emettere fatture elettroniche ai sensi delle disposizioni di cui all’art. 1, com-ma 3, del Decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, con riferimento alle fatture i cui dati sono da inviare al Sistema ‘Tessera sanitaria’” (art. 10-bis del Dl. n. 119/2018).Eccezioni soggettiveL’Italia è stata autorizzata ad accettare come fatture do-cumenti o messaggi solo in formato elettronico se sono emessi da soggetti passivi “stabiliti” sul territorio italiano.Inoltre, l’esonero da fatturazione elettronica vale per i sog-

getti indicati dall’art. 1, comma 3, del Dlgs. n. 127/2015, ossia coloro “che rientrano nel cosiddetto ‘regime di van-taggio’ di cui all’art. 27, commi 1 e 2, del Decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla Legge 15 luglio 2011, n. 111, e quelli che applicano il ‘regime for-fettario’ di cui all’art. 1, commi da 54 a 89, della Legge 23 dicembre 2014, n. 190. Sono altresì esonerati dalle pre-dette disposizioni i soggetti passivi che hanno esercitato l’opzione di cui agli artt. 1 e 2 della Legge 16 dicembre 1991, n. 398, e che nel periodo d’imposta precedente han-no conseguito dall’esercizio di attività commerciali proven-ti per un importo non superiore ad Euro 65.000”.Prestazioni sanitarieL’art. 10-bis del Dl. n. 119/2018, introdotto dalla Legge di conversione n. 136/2018, dopo la modifica apportata dalla Legge n. 145/2018, ha previsto che, per l’anno 2019, “i soggetti tenuti all’invio dei dati al Sistema ‘Tessera sanita-ria’ ai fini dell’elaborazione della Dichiarazione dei redditi precompilata, ai sensi dell’art. 3, commi 3 e 4, del Decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175, e dei relativi Decreti del Ministro dell’Economia e delle Finanze, non possono emettere fatture elettroniche, ai sensi delle disposizioni di cui all’art. 1, comma 3, del Decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, con riferimento alle fatture i cui dati sono da inviare al Sistema ‘Tessera sanitaria’ […]”.Da ultimo, l’art. 9-bis del Dl. n. 135/2018, introdotto dal-la Legge di conversione n. 12/2019, ha esteso il divieto di fatturazione elettronica anche ai soggetti che erogano prestazioni sanitarie i cui dati non devono essere inviati al Sistema “Tessera sanitaria”, prescrivendo che “le disposi-zioni dell’art. 10-bis del Decreto legge 23 ottobre 2018, n. 119 convertito con modificazioni dalla Legge 17 dicembre 2018, n. 136, si applicano anche ai soggetti che non sono tenuti all’invio dei dati al Sistema ‘Tessera sanitaria’, con riferimento alle fatture relative alle prestazioni sanitarie ef-fettuate nei confronti delle persone fisiche”.A questo punto la Circolare chiarisce che quanto sopra vale anche per le fatture “miste”, ovvero fatture che con-tengono, sia prestazioni sanitarie che prestazioni acces-sorie in un unico documento. Anche se l’operatore fattura separatamente le spese sanitarie rispetto a quelle non sanitarie, queste ultime devono essere fatturate elettroni-

Ivaforniti chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate sulla documentazione delle operazioni mediante fatturazione elettronica

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Servizi Pubblici LocaliCENTRO STUDI ENTI LOCALI

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camente solo se non contengono alcun elemento da cui sia possibile desumere informazioni relative allo stato di salute del paziente.Il divieto previsto dal citato art. 10-bis del Dl. n. 119/18 opera, per l’anno 2019, anche con riferimento alle fatture relative a prestazioni sanitarie per le quali i cittadini hanno manifestato l’opposizione all’utilizzo dei dati ai fini dell’e-laborazione della Dichiarazione dei redditi “precompilata”, sulla base di quanto disposto dall’art. 3 del Decreto Mef 31 luglio 2015, attuativo del Dlgs. n. 175/2014.Per l’anno 2019 sono pertanto escluse dalla fatturazione elettronica le prestazioni sanitarie rese nei confronti delle persone fisiche dai soggetti tenuti all’invio dei dati delle suddette prestazioni al Sistema “Tessera sanitaria”, anche nel caso in cui l’interessato abbia manifestato l’opposizio-ne. Gli operatori sanitari, nella fattispecie in esame, devo-no emettere la fattura nel consueto formato cartaceo ov-vero in formato elettronico ma con trasmissione attraverso canali diversi dallo “Sdi”.Novità in tema di fatturazione in generale e riflessi su quella elettronicaEmissione delle fattureL’art. 11 del Dl. n. 119/2018, modificando l’art. 21 del Dpr. n. 633/1972, ha previsto, con effetto dal 1° luglio 2019 - dunque per le fatture emesse da tale giorno - che:a) tra le indicazioni che il documento deve recare figuri

anche la “data in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi ovvero data in cui è corrisposto in tutto o in parte il corrispettivo, sempreché tale data sia diversa dalla data di emissione della fattura”, ai sensi della nuova lett. g-bis) del comma 2;

b) la possibilità di emettere la fattura “entro 10 giorni dall’effettuazione dell’operazione determinata ai sensi dell’art. 6”, di cui al nuovo comma 4, primo periodo.

Il Legislatore ha dunque previsto che, pur restando inva-riati i momenti di effettuazione dell’operazione (e di esigi-bilità dell’Imposta), la documentazione della stessa non sia più necessariamente contestuale – entro le ore 24 del medesimo giorno (vedasi Circolare n. 225/96) - ma possa avvenire nei 10 giorni successivi, dandone specifica evi-denza.La facoltà in esame riguarda tutte le fatture, ivi comprese quelle elettroniche veicolate tramite “Sdi”.L’Agenzia ha ricordato (vedasi anche la Circolare n. 13/E del 2018, quesito 1.5, nonché il Provvedimento del Diret-tore dell’Agenzia delle Entrate 30 aprile 2018) che “la data di emissione della fattura elettronica è la data riportata nel campo ‘Data’ della Sezione ‘Dati generali’ del file della fattura elettronica, che rappresenta una delle informazioni

obbligatorie ai sensi degli artt. 21 e 21-bis del Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”.In considerazione del fatto che, per una fattura elettronica veicolata attraverso lo “Sdi”, quest’ultimo ne attesta ine-quivocabilmente e trasversalmente (all’emittente, al rice-vente e all’Amministrazione finanziaria) la data (e l’orario) di avvenuta “trasmissione”, è possibile assumere che la data riportata nel campo “Data” della Sezione “Dati gene-rali” del file della fattura elettronica sia sempre e comun-que la data di effettuazione dell’operazione. Ciò significa che, anche se l’operatore decidesse di “emettere” la fat-tura elettronica via “Sdi” non entro le ore 24 del giorno dell’operazione (caso tipico della fattura immediata) bensì in uno dei successivi 10 giorni previsti dal novellato art. 21, comma 4, primo periodo, del Dpr. n. 633/1972, la data del documento dovrà sempre essere valorizzata con la data dell’operazione e i 10 giorni citati potranno essere sfruttati per la trasmissione del file della fattura elettronica al “Sistema di interscambio”.Resta inteso che, nel caso di fatture cartacee o elettroni-che per mezzo di canali diversi dallo “Sdi”, emesse nei 10 giorni successivi alla data di effettuazione dell’operazione, il documento deve contenere entrambe le date.Annotazione delle fatture emesseL’art. 12 del Dl. n. 119/2018 ha previsto, dal 24 ottobre 2018, che “il contribuente deve annotare in apposito regi-stro le fatture emesse, nell’ordine della loro numerazione, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettua-zione delle operazioni e con riferimento allo stesso mese di effettuazione delle operazioni. Le fatture di cui all’art. 21, comma 4, terzo periodo, lett. b), sono registrate entro il giorno 15 del mese successivo a quello di emissione e con riferimento al medesimo mese”.L’indicazione normativa va letta alla luce dei Principi gene-rali dell’ordinamento, tra cui quello di tenuta di un’ordinata contabilità, così che numerazione e registrazione dovran-no sempre consentire di rinvenire con chiarezza il mese di riferimento (ossia di effettuazione dell’operazione) cui la fattura inerisce ed in relazione al quale sarà operata la liquidazione dell’Imposta.Le modifiche legislative non hanno toccato l’art. 23, com-ma 2, del Dpr. n. 633/1972, in base al quale “per ciascuna fattura devono essere indicati il numero progressivo e la data di emissione di essa, […]”. Tuttavia, in riferimento a tale ultima indicazione, alla luce del mutato quadro tecni-co-normativo, occorre precisare che la data riportata nel campo “Data” della Sezione “Dati generali” del file della fattura elettronica – coerente con l’effettuazione dell’ope-razione, l’esigibilità dell’Imposta e la relativa liquidazione

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– è quella che è possibile indicare nel registro delle fatture emesse. E ciò sarà possibile anche nell’ipotesi di fattura cartacea o di fattura elettronica extra “Sdi”.Resta inteso, in ipotesi di avvenuta registrazione con suc-cessivo scarto della fattura da parte dello “Sdi” - e, dun-que, di fattura non emessa - che saranno necessarie le conseguenti rettifiche.Registrazione degli acquistiL’art. 13 del Dl. n. 119/2018, modificando l’art. 25 del Dpr. n. 633/1972, ha soppresso l’obbligo, in precedenza ivi presente, di “numerare in ordine progressivo le fatture e le bollette doganali relative ai beni e ai servizi acquistati o importati nell’esercizio dell’impresa, arte o professione”.Fermo restando che il venir meno dell’obbligo lascia im-pregiudicata la possibilità per i contribuenti, ove ciò risulti utile all’organizzazione imprenditoriale o professionale, di continuare a numerare i documenti relativi agli acquisti ef-fettuati, l’Agenzia precisa che la norma in commento non ha soppresso, né modificato, l’ulteriore obbligo dettato dall’art. 25, ossia di annotare in un apposito registro le fatture relative a tali acquisti e di attribuire un ordine pro-gressivo alle registrazioni.Detrazione dell’IvaL’art. 14 del Dl. n. 119/2018 ha modificato l’art. 1, comma 1, del Dpr. n. 100/1998, il quale ora dispone che “entro il giorno 16 di ciascun mese, il contribuente determina la differenza tra l’ammontare complessivo dell’Imposta sul valore aggiunto esigibile nel mese precedente, risultante dalle annotazioni eseguite o da eseguire nei registri relati-vi alle fatture emesse o ai corrispettivi delle operazioni im-ponibili, e quello dell’Imposta, risultante dalle annotazioni eseguite, nei registri relativi ai beni ed ai servizi acquistati, sulla base dei documenti di acquisto di cui è in possesso e per i quali il diritto alla detrazione viene esercitato nello stesso mese ai sensi dell’art. 19 del Decreto del Presi-dente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. Entro il medesimo termine di cui al periodo precedente può esse-re esercitato il diritto alla detrazione dell’imposta relativa ai documenti di acquisto ricevuti e annotati entro il 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, fatta eccezione per i documenti di acquisto relativi ad ope-razioni effettuate nell’anno precedente”.Dunque, per un’operazione del 28 settembre 2019, docu-mentata tramite fattura emessa l’8 ottobre, ricevuta il 10 ed annotata entro il giorno 15 del medesimo mese, il diritto alla detrazione potrà essere esercitato con riferimento al mese di settembre 2019.Ciò che non potrebbe avvenire laddove un’operazione del 2019 (di dicembre, ad esempio), venisse documentata

con una fattura ricevuta ed annotata nel 2020 (in ipotesi a gennaio o febbraio). Situazione nella quale il diritto alla detrazione potrà essere esercitato con riferimento al mese di effettiva ricezione e annotazione.Disposizioni di coordinamento e armonizzazione in tema di fattura elettronicaNegli artt. 15 e 15-bis del Dl. n. 119/2018, il Legislatore ha previsto che dal 2020 l’Agenzia delle Entrate metta a disposizione di tutti i soggetti indicati, in apposita Area riservata del proprio sito internet, le bozze dei seguenti documenti:a) registri di cui agli artt. 23 e 25 del Dpr. n. 633/1972;b) liquidazione periodica dell’Iva;c) dichiarazione annuale dell’Iva.La convalida o integrazione dei dati, anche per il tramite degli Intermediari di cui all’art. 3, comma 3, del Dpr. n. 322/1998, comporterà il venir meno ’dell’obbligo di tenuta dei registri di cui agli artt. 23 e 25 del Decreto del Presi-dente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, fatta salva la tenuta del registro di cui all’art. 18, comma 2, del Decre-to del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. L’obbligo di tenuta dei registri ai fini dell’Iva permane per i soggetti che optano per la tenuta dei registri secon-do le modalità di cui all’art. 18, comma 5, del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600”.L’art. 15-bis riguarda, nell’ambito delle fatture elettroniche, quelle nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni (bu-siness to government [B2G]). Per queste, la nuova lett. g-ter) dell’art. 1, comma 213, della Legge n. 244/2007, demanda ad un apposito Decreto del Mef l’individuazione delle cause che possono consentire il rifiuto delle fatture stesse, nonché le modalità tecniche con le quali comu-nicare tale rifiuto al cedente/prestatore, anche al fine di evitare rigetti impropri e di armonizzare le modalità di ri-fiuto con le regole tecniche del processo di fatturazione elettronica tra privati.Il Provvedimento in esame non coinvolge rapporti diver-si da quelli con le Pubbliche Amministrazioni. Pertanto, la figura tecnica del “rifiuto via ‘Sdi’”, presente nel processo di fatturazione elettronica P.A., rimane estranea ai rappor-ti “B2B” e “B2C” documentati con fatture elettroniche via “Sdi”.SanzioniL’art. 10, comma 1, del Dl. n. 119/2018 ha stabilito che, per il primo semestre del periodo d’imposta 2019, le sanzioni:a) non trovano applicazione qualora la fattura elettronica

sia regolarmente emessa entro il termine di effettuazio-ne della liquidazione periodica dell’Iva relativa all’ope-razione documentata;

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Servizi Pubblici LocaliCENTRO STUDI ENTI LOCALI

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b) sono ridotte al 20% se la fattura elettronica è emessa entro il termine di effettuazione della liquidazione Iva del periodo successivo.

Inoltre, per i soli contribuenti che effettuano la liquidazione periodica dell’Imposta con cadenza mensile, le indicazioni sub b) si applicano fino al 30 settembre 2019.Invio dei dati delle fatture (“esterometro”)Tra le sanzioni che non sono oggetto di disapplicazione/ri-duzione ex art. 10, comma 1, del Dl. n. 119/2018, figurano anche quelle relative all’omesso, incompleto o errato invio dei “dati relativi alle operazioni di cessione di beni e di pre-stazione di servizi effettuate e ricevute verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato, salvo quelle per le quali è stata emessa una bolletta doganale e quelle per le quali siano state emesse o ricevute fatture elettroniche se-condo le modalità indicate nel comma 3. La trasmissione telematica è effettuata entro l’ultimo giorno del mese suc-cessivo a quello della data del documento emesso ovvero a quello della data di ricezione del documento comprovan-te l’operazione” (art. 1, comma 3-bis, Dlgs. n. 127/2015).Sono tenuti all’invio in esame (c.d. “esterometro”) tutti i soggetti passivi “residenti o stabiliti nel territorio dello Sta-to” obbligati, per le operazioni tra gli stessi effettuate, alla fatturazione elettronica tramite “Sdi”, risultandone quindi esonerati, ad esempio, coloro che rientrano nel “regime di vantaggio” e quelli che applicano il “regime forfettario”.Imposta di bolloAi fini del versamento trimestrale dell’Imposta di bollo rile-vano solo le fatture transitate attraverso lo “Sdi”, corretta-mente elaborate e non quelle scartate. La Circolare n. 14/E ricorda anche il servizio che rende preventivamente noto l’ammontare dell’Imposta dovuta sulla base dei dati presenti nelle fatture inviate tramite “Sdi”, riportando l’informazione all’interno del Portale “Fat-ture e corrispettivi” e consentendo il pagamento non solo tramite Modelli “F24”, ma anche con addebito su conto corrente bancario o postale.Inversione contabile ed autofattureAutofatture vere e proprieLa cosiddetta “autofattura” vera e propria è quel documen-to, contenente i medesimi elementi di una “normale” fattu-ra, che se ne differenzia in quanto:a) l’emittente non è il cedente/prestatore, ma il cessionario

del bene ovvero il committente del servizio che assolve l’imposta (ed è dunque obbligato a liquidare l’Iva) in so-stituzione del primo;

b) cedente/prestatore e cessionario/committente coinci-dono in un unico soggetto, ovvero l’operazione è a titolo gratuito.

Nelle ipotesi in esame, qualora vi sia l’obbligo di emettere autofattura, la stessa dovrà necessariamente essere elet-tronica via “SdI”.Inversione contabileSecondo quanto già indicato nella Circolare n. 13/E del 2018 (cfr. la risposta al quesito 3.1), nell’ipotesi di “reverse charge” interno, e comunque in tutte quelle in cui vi è una fattura elettronica veicolata tramite “Sdi”, a fronte dell’im-modificabilità della stessa, il cessionario/committente può – senza procedere alla sua materializzazione analogica e dopo aver predisposto un altro documento, da allegare al file della fattura in questione, contenente, sia i dati neces-sari per l’integrazione, sia gli estremi della fattura stessa – inviare tale documento allo “Sdi”.Nei casi di “reverse charge” esterno, resta comunque fer-mo l’obbligo comunicativo di cui all’art. 1, comma 3-bis, del Dlgs. n. 127/2015, salvo il caso in cui il fornitore co-munitario abbia emesso la fattura elettronica via “Sdi” e quindi con le regole italiane.Conservazione e consultazione delle fatture elettroni-cheA seguito delle modifiche recate dal Dl. n. 119/2018, l’art. 1, comma 6-bis, del Dlgs. n. 127/2015, ad oggi prevede che “gli obblighi di conservazione previsti dall’art. 3 del Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze 17 giu-gno 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 146 del 26 giugno 2014, si intendono soddisfatti per tutte le fatture elettroniche nonché per tutti i documenti informatici tra-smessi attraverso il ‘Sistema di interscambio’ di cui all’art. 1, comma 211, della Legge 24 dicembre 2007, n. 244, e memorizzati dall’Agenzia delle Entrate. Per il Servizio di conservazione gratuito delle fatture elettroniche di cui al presente articolo, reso disponibile agli operatori Iva dall’A-genzia delle Entrate, il partner tecnologico Sogei S.p.a. non può avvalersi di soggetti terzi […]”.Per chi aderisce all’accordo di servizio, tutte le fatture elet-troniche emesse o ricevute via “Sdi” saranno portate in conservazione nel rispetto delle norme vigenti. Il Servizio messo a disposizione dall’Agenzia garantisce la conser-vazione per un periodo di 15 anni, a meno che il contri-buente decida di revocarlo e di rientrare in possesso di tut-te le fatture conservate utilizzando la funzione di “export”.Tale conservazione ha efficacia tanto civilistica quanto tri-butaria, e riguarda tutti i documenti – fatture elettroniche (ex artt. 21 e 21-bis del Dpr. n. 633/1972, note emesse a seguito delle variazioni di cui al successivo art. 26, auto-fatture, ecc.) e allegati – veicolati tramite “Sdi”, sia su base obbligatoria che volontaria.Peraltro, ciascun contribuente è libero, pur avendo aderito

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al servizio gratuito di conservazione offerto dall’Agenzia delle Entrate, di conservare ulteriormente, in proprio o av-valendosi di un soggetto professionale terzo, fatture elet-troniche e documenti veicolati tramite “Sdi”.Il Provvedimento 30 aprile 2018 ha disciplinato anche la consultazione delle copie conformi all’originale delle fat-ture veicolate dallo “Sdi” e dei “dati fattura”. Detta consul-tazione avviene, a favore degli operatori soggetti passivi Iva, all’interno dell’Area riservata del sito web dell’Agenzia delle Entrate che è accessibile a decorrere dal 1° luglio 2019, previa adesione – effettuata con le modalità di cui al punto 8-bis del Provvedimento – al Servizio di consul-tazione e acquisizione dei file delle fatture elettroniche emesse e ricevute attraverso lo “Sdi”.

I file delle fatture elettroniche correttamente trasmesse allo “Sdi” sono disponibili nella citata Area riservata sino al 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di ricezione da parte dello “Sdi” e cancellati entro i sessanta giorni successivi.Al soggetto che non abbia effettuato l’adesione sono resi disponibili in consultazione (fino al 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello di presentazione della dichiara-zione di riferimento) solo i dati fattura.FaqL’Agenzia ha ricordato infine che su questi argomenti è disponibile il Servizio “Faq - Risposte alle domande più frequenti”, sempreché non superate da successive indica-zioni di prassi.

I compensi minimi spettanti ai componenti delle Commis-sioni giudicatrici individuati con Decreto 12 febbraio 2018, emanato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti di concerto con il Mef e pubblicato sulla G.U. n. 88 del 16 aprile 2018, sono illegittimi perché il “Codice degli Appalti” aveva dato mandato ai Dicasteri di fissare soltanto i tetti massimi loro attribuibili e perché le tariffe minime fissate sono state reputate irragionevoli ed eccessivamente one-rose. Questi, in estrema sintesi, i principi fissati dal Tar Lazio con le Sentenze n. 6925 e n. 6926 del 31 maggio 2019.I 2 ricorsi accolti dal Tribunale amministrativo erano stati presentati lo scorso anno da Asmel (Associazione per la sussidiarietà e la modernizzazione degli Enti Locali) e il Comune di Celle di Bulgherie, in persona del Sindaco in carica. Questi hanno impugnato il Decreto in questione, sostenendo innanzitutto che la maggior parte dei Comuni, specie quelli di piccole dimensioni, non dispongano nel proprio organico di figure professionali sufficienti per rico-prire tutti i ruoli di Commissari e che - posto che il grosso delle gare è di importo di gran lunga inferiore agli scaglioni minimi presi in considerazione dalla norma per tutte e 3

le tipologie di appalti (Euro 20 milioni per appalti di lavori e concessioni di lavori, Euro 1 milione per appalti e con-cessioni di servizi-appalti di forniture, ed Euro 200.000 per gli appalti di servizi di ingegneria e architettura) – di fatto il Decreto avrebbe reso insostenibili i costi dei rimborsi da corrispondere ai Commissari per lo svolgimento di molte gare di importo modesto. Inoltre, l’art. 77, comma 10, del Dlgs. n. 50/2016 (“Codice dei Contratti pubblici”) aveva previsto che, con Dm. Mit, di concerto con il Mef, sentita l’Anac, dovessero essere sta-biliti soltanto “la tariffa di iscrizione all’albo e il compenso massimo per i Commissari”. I Dicasteri avrebbero dunque travalicato i limiti normativamente imposti, fissando una soglia minima che – oltre ad essere stata reputata irragio-nevole perché troppo alta nel caso delle gare di importo più modesto – sarebbe anche priva di “copertura legisla-tiva”. Riportiamo qui di seguito, per completezza di informazio-ne, il Prospetto allegato al Decreto in parola, che aveva appunto individuato i compensi lordi minimi e massimi spettanti ai singoli Componenti, distinti sulla base dell’og-getto del contratto e dell’importo a base di gara.

Appalti pubbliciillegittimi i compensi minimi fissati da Mit e Mef per i componenti delle Commissioni giudicatrici

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Ricordiamo che gli importi citati sono comprensivi di tasse e contributi ma non dei rimborsi spese (da determinare in base ai Regolamenti delle singole stazioni appaltanti) e

che al Presidente della Commissione spetta un compenso superiore del 5% a quelli sopra enunciati.

L’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione n. 62/E del 26 giugno 2019, ha fornito nuovi chiarimenti in merito alle deleghe agli Intermediari per l’utilizzo dei servizi di fattu-razione elettronica e di memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi.Fatturazione elettronicaRicordiamo che con il Provvedimento 21 dicembre 2018 sono state apportate modifiche ai Provvedimenti 30 aprile 2018 e 5 novembre 2018 in materia di fatturazione elet-tronica, al fine di recepire le indicazioni dell’Autorità ga-rante per la protezione dei dati personali. In particolare, è stata prevista l’introduzione di una specifica funzionalità, da rendere disponibile nell’Area riservata del sito internet dell’Agenzia delle Entrate, per consentire all’operatore Iva, o ad un Intermediario appositamente delegato, ovvero al consumatore finale, di aderire espressamente al servizio di “consultazione e acquisizione delle fatture elettroniche o dei loro duplicati informatici”. Conseguentemente è stato aggiornato il Modulo per il

“E-fattura” e trasmissione telematica dei corrispettivinuove indicazioni per le deleghe agli Intermediari abilitati

conferimento/revoca delle deleghe agli Intermediari per l’utilizzo dei servizi di fatturazione elettronica, approvato con il citato Provvedimento 5 novembre 2018, con riguar-do alla descrizione del suddetto servizio di consultazione che, in ragione della nuova funzionalità prevista, consenti-rà di “gestire il Servizio di consultazione e divisione servizi acquisizione delle fatture elettroniche o dei loro duplicati informatici (adesione al servizio, recesso, ricerca, consul-tazione e acquisizione di tutte le fatture elettroniche emes-se e ricevute attraverso il ‘Sdi’)”. Pertanto, alle funzioni di ricerca, consultazione e acquisizione delle fatture elettro-niche si è aggiunta la possibilità di aderire, anche tramite un intermediario delegato, al servizio di consultazione e acquisizione delle fatture elettroniche o di recedere dal servizio stesso. Viste le modifiche intervenute con il menzionato Provve-dimento 21 dicembre 2018, le deleghe conferite agli Inter-mediari in un momento antecedente alla predetta data non consentono agli stessi di effettuare l’adesione al Servizio

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di consultazione e acquisizione delle fatture elettroniche o dei loro duplicati informatici per conto dei propri clienti; per poter effettuare le suddette operazioni è necessario così che gli Intermediari delegati al Servizio di consultazione prima del 21 dicembre 2018 acquisiscano nuovamente la relativa delega. Correlativamente, tenuto conto anche delle richieste per-venute dagli Ordini professionali e dalle Associazioni di categoria, che hanno evidenziato la necessità di disporre di un periodo più ampio per effettuare l’adesione al servi-zio, con il Provvedimento 29 aprile 2019 e, da ultimo, con il Provvedimento 30 maggio 2019, sono stati modificati i termini per effettuare l’adesione. Più nel dettaglio, è stato disposto che la funzionalità per aderire al Servizio sia resa disponibile a decorrere dal 1° luglio 2019 e che sia possibile effettuare l’adesione fino al 31 ottobre 2019. Tutto ciò premesso, l’Agenzia ha sottolineato l’opportunità per gli Intermediari di presentare le deleghe attraverso i servizi resi disponibili dalla stessa con modalità “massiva” o “puntuale”, secondo quanto previsto dal punto 4.3 del richiamato Provvedimento 5 novembre 2018. Tali servizi consentono infatti l’attivazione automatica del-la delega in esito alla positiva verifica degli elementi di riscontro indicati, desumibili dalla Dichiarazione Iva del delegante. Solo nei casi in cui non sia possibile fornire i richiamati elementi di riscontro (ad esempio, perché nell’anno prece-dente non è stata presentata la Dichiarazione Iva), resta ferma la possibilità, per i soggetti che possono autentica-re la sottoscrizione della delega ai sensi dell’art. 63 del Dpr. n. 600/1973, di trasmettere tramite Posta elettronica certificata, per ciascun soggetto delegato, un file firmato digitalmente contenente: - le copie delle deleghe cartacee debitamente compilate e sottoscritte e dei documenti di identità dei deleganti;

- un prospetto contenente gli elementi essenziali delle de-leghe conferite, predisposto secondo lo schema allega-to al Provvedimento 5 novembre 2018;

- una dichiarazione sostitutiva resa ai sensi dell’art. 47 del Dpr. n. 445/2000, con cui l’Intermediario attesta di aver ricevuto specifica procura alla presentazione dei modu-li, la rispondenza di quanto riportato nel file con quanto indicato nei moduli stessi e l’impegno a conservare gli originali dei moduli per 10 anni dalla data della loro sot-toscrizione, al fine di consentire gli opportuni controlli da parte dell’Agenzia.

In caso di utilizzo di tale modalità di trasmissione delle deleghe, che richiama sostanzialmente quanto previsto dal punto 4.8 del menzionato Provvedimento 5 novem-bre 2018 ed è alternativa alle altre modalità previste dal

medesimo Provvedimento, il file firmato digitalmente va inviato all’indirizzo di Posta elettronica certificata della Di-rezione provinciale dell’Agenzia delle Entrate competente in ragione del domicilio fiscale dell’Intermediario. L’Agenzia evidenzia che l’invio della nuova delega pro-duce un automatico aggiornamento dei soli servizi per i quali si comunica la delega stessa, senza la necessità di procedere con preventive revoche. Al riguardo, conside-rato che la durata della delega è stabilita entro il limite di 2 anni dalla data di sottoscrizione del Modulo, nel caso in cui l’intermediario sia stato delegato all’utilizzo di più servizi disponibili nel Portale “Fatture e Corrispettivi” e si renda necessario acquisire nuovamente la delega relativa al servizio di consultazione, può risultare opportuno pre-sentare ex novo anche le deleghe relative agli altri servizi, al fine di evitare scadenze diversificate. Trasmissione telematica dei corrispettiviInfine, l’Agenzia ha ricordato che l’art. 2, comma 1, del Dlgs. n. 127/2015, come modificato dall’art. 17 del Dl. n. 119/2018, ha previsto l’obbligo di memorizzazione elet-tronica e trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri per tutti gli operatori che effettuano attività di cui all’art. 22 del Dpr. n. 633/1972. Tale adempimento, sosti-tutivo della modalità di assolvimento dell’obbligo di certi-ficazione fiscale dei corrispettivi di cui all’art. 12, comma 1, della Legge n. 413/1991, e di cui al Dpr. n. 696/1996, entrerà in vigore dal 1° luglio 2019 per gli operatori con volume d’affari superiore a Euro 400.000, e dal 1° gennaio 2020 per gli altri operatori. Ciò premesso, l’Agenzia ha ricordato che tra i servizi fru-ibili attraverso il Portale “Fatture e Corrispettivi” rientrano anche quelli relativi alla gestione del processo di me-morizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi, anch’essi delegabili agli Intermediari abilitati di cui all’art. 3, comma 3, del Dpr. n. 322/1998, mediante il Modello di delega allegato al Provvedimento 5 novembre 2018. In particolare, conferendo la delega al servizio di “accre-ditamento e censimento dispositivi”, l’Intermediario viene abilitato ad accedere anche all’Area “Corrispettivi” del Portale “Fatture e Corrispettivi” relativa al singolo clien-te, all’interno della quale è possibile usare le funzionalità per accreditarsi e gestire i propri dispositivi (registratori telematici ovvero distributori automatici). Al riguardo, al fine di agevolare l’avvio del processo di memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi, l’Agenzia ha evidenziato che dall’11 giugno 2019 è possibile effettuare l’attivazione e la messa in servizio dei registratori telemati-ci indipendentemente dal preventivo accesso e accredita-mento a sistema dell’esercente.

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L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta all’istanza di in-terpello n. 208 del 26 giugno 2019, ha chiarito che in caso di invio al “Sdi” di e-fatture prive dei dati di iscrizione al repertorio delle notizie economiche ed amministrative (“Rea”) non è necessaria la richiesta di emissione di note di credito, non essendo tali dati ricompresi in quelli obbli-gatori di cui all’art. 21 del Dpr. n. 633/1972.L’Agenzia ha ricordato in primo luogo che l’art. 2250, com-ma 1, Cc. prevede che negli atti e nella corrispondenza delle Società soggette all’obbligo dell’iscrizione nel registro delle imprese devono essere indicati, tra gli altri, l’Ufficio del registro delle imprese presso il quale questa è iscritta e il numero d’iscrizione. L’omessa indicazione comporta la sanzione amministrativa pecuniaria individuata nel suc-cessivo art. 2630 Cc. (da Euro 103 a Euro 1.032). La previsione di tale norma è tale per cui negli “atti” non possono che ricomprendersi tutti i documenti prodotti dalle Società soggette all’obbligo di iscrizione nel registro delle imprese, ivi comprese le fatture. Sulla scorta dell’obbligo civilistico, le istruzioni contenute nell’“Allegato A - Specifi-che tecniche” al Provvedimento Agenzia delle Entrate 30 aprile 2018 prevedono che: “Iscrizione Rea (gli elementi indicati di seguito devono essere obbligatoriamente va-lorizzati nei soli casi di Società soggette al vincolo dell’i-scrizione nel Registro delle imprese ai sensi dell’art. 2250 del Cc.) Ufficio: sigla della Provincia ove ha sede l’Ufficio

del Registro delle Imprese presso il quale è registrata la Società. Numero Rea: numero di repertorio con il quale la Società è iscritta nel Registro delle Imprese”. Sul punto, in sede di incontri con le Associazioni di cate-goria, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che “valgono le regole e le disposizioni già in vigore, non è un elemento introdotto con la ‘FE’. Il numero Rea non è un dato previ-sto dall’art. 21” (così la risposta al quesito n. 1.6 formulato dal Consiglio nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti contabili). Non trattandosi di un elemento richiesto dall’art. 21 del Dpr. n. 633/72 - ovvero da altra norma che riguarda impo-ste, tributi o aspetti fiscali - l’assenza del dato indicato non ha riflessi in termini di documentazione delle operazioni e non obbliga all’emissione di alcuna nota di variazione ex art. 26 del medesimo Decreto. Tale strumento è comunque utilizzabile laddove, nei tempi ed al ricorrere delle ipotesi individuate nell’articolo citato, si debba/voglia operare una variazione dell’imponibile o dell’imposta e, unitamente, far emergere il “numero Rea”. Esclusi riflessi in tema di Iva o di altri tributi amministrati dall’Agenzia, quest’ultima non si è espressa circa la sanzione prevista dal richiamato art. 2630 Cc. e sul comportamento più idoneo ad evitarla o a porvi rimedio, non avendo l’Agenzia delle Entrate compe-tenza al riguardo.

“E-fatture”in caso di invio a “Sdi” senza l’indicazione del “Rea” non è necessario richiedere note di credito

E’ stato pubblicato sulla G.U. n. 149 del 27 giugno 2019 il Comunicato Istat recante l’aggiornamento al mese di maggio 2019 dell’Indice dei prezzi al consumo per le fami-glie di operai e impiegati.Com’è noto, tale indice è da utilizzarsi, oltre che per l’ag-giornamento dei canoni di locazione (ai sensi di quanto

disposto dall’art. 81 della Legge n. 392/1978), anche ogni qual volta atti normativi o contrattuali delle Pubbliche Am-ministrazioni facciano esplicito rinvio al variare del costo della vita, ai sensi dell’art. 54, della Legge n. 449/1997.Si riporta di seguito una Tabella riepilogativa del suddetto aggiornamento:

Istatpubblicato l’aggiornamento dell’Indice sul costo della vita a maggio 2019

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Anni e mesi Indici(Base 2015=100)

Variazioni percentualirispetto al corrispondente periodo

dell’anno precedente di 2 anni precedenti2018 Maggio 102,0 0,9 2,3

Giugno 102,2 1,2 2,3Luglio 102,5 1,5 2,5Agosto 102,9 1,5 2,7

Settembre 102,4 1,3 2,4Ottobre 102,4 1,5 2,4

Novembre 102,2 1,4 2,2Dicembre 102,1 1,0 1,8

2018 Media 102,12019 Gennaio 102,2 0,7 1,6

Febbraio 102,3 0,8 1,3Marzo 102,5 0,8 1,5Aprile 102,6 0,9 1,3

Maggio 102,7 0,7 1,6

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GLI APPROFONDIMENTISocietà partecipate da Amministrazioni pubblichela dismissione delle partecipazioni conseguente al “Piano di revisione straordinaria”

L’art. 24 del Dlgs. n. 175/2016 (“Testo unico delle Società a partecipazione pubblica” - Tusp) ha imposto alle Am-ministrazioni pubbliche elencate nell’art. 1, comma 2, del Dlgs. n. 165/2001, l’obbligo di effettuare, entro il 30 set-tembre 2017, una “revisione straordinaria delle partecipa-zioni societarie detenute”.Al comma 1, è previsto che le partecipazioni - in Società non riconducibili alle categorie di cui all’art. 4 del Tusp (“Fi-nalità perseguibili mediante l’acquisizione e la gestione di partecipazioni pubbliche”), o che non soddisfano i requisiti di cui all’art.5, commi 1 e 2, del Tusp (“Oneri di motivazio-ne analitica”), o che rientrano nelle ipotesi di dismissione in sede di “Piano di razionalizzazione periodica” ex art. 20, 2 comma, Tusp - devono essere alienate.Ai sensi del successivo comma 5-bis, introdotto con il la “Legge di bilancio 2019” all’art. 1, comma 723, la concreta alienazione delle partecipazioni, che avrebbe dovuto es-sere effettuata entro 30 settembre 2018, può essere rin-viata fino al 31 dicembre 2021 per le ipotesi in cui la Socie-tà partecipata abbia prodotto, nel triennio precedente alla ricognizione, un risultato medio in utile.Con la Deliberazione n. 116/2019 la Corte dei conti Lom-bardia è intervenuta, a seguito di parere richiesto da un Ente locale, in merito alla procedura da porre in essere per giungere alla liquidazione/cessione delle partecipazio-ni da dismettere.La disciplina precedente al “Testo unico delle Società partecipate”Il primo intervento normativo con cui si è disposto l’obbli-go di dismissione delle partecipazioni vietate si ritrova nel comma 29 dell’art. 3 della Legge n. 244/2007 (“Finanziaria 2008”), con cui si è statuito che, “entro 18 mesi (poi pro-

rogato a 36) dalla data di entrata in vigore della presente Legge, le Amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del Dlgs. n. 165/2001, nel rispetto delle procedure ad eviden-za pubblica, cedono a terzi le Società e le partecipazioni vietate ai sensi del comma 27”.La mancata previsione di precise conseguenze giuridiche rendeva, di fatto, meramente ordinatoria la disciplina in questione. Peraltro, l’avere individuato nella vendita lo strumento principe per l’ottenimento dell’obiettivo prefis-sato rendeva possibile e giustificabile il mancato raggiun-gimento dello stesso, occorrendo necessariamente la co-operazione di un soggetto terzo quale parte acquirente.Con la “Legge di stabilità 2014” (Legge n. 147/2013), all’art. 1, comma 569, si introduceva per la prima volta una conseguenza connessa alla mancata dismissione: la cessazione della partecipazione (“il termine di 36 mesi fissato dal comma 29 dell’art. 3 della Legge n. 244/2007, è prorogato di 4 mesi dalla data di entrata in vigore del-la presente Legge, decorsi i quali la partecipazione non alienata mediante procedura di evidenza pubblica cessa ad ogni effetto; entro 12 mesi successivi alla cessazione la Società liquida in denaro il valore della quota del socio cessato in base ai criteri stabiliti all’art. 2437-ter, comma 2, del Cc.”.Si trattava di conseguenza assai gravosa e punitiva, aven-te natura sanzionatoria, che scattava indipendentemen-te da qualsivoglia colpa o inadempimento addebitabile all’Ente pubblico socio, che poneva dubbi di coerenza complessiva con il sistema del diritto societario. Infatti, la cessazione di efficacia ex lege della partecipa-zione dell’Ente pubblico “rischiava di incidere impropria-mente sulle aspettative economiche degli altri soci” e ciò

dell’Avv. Giuseppe Girlando - Avvocato, Revisore dei Conti, Esperto di Diritto Commerciale e Consulente di Enti Pubblici in tema di Società partecipate e piani di riequilibrio

Nota a Corte dei conti Lombardia, Delibera n. 119 del 2019

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GLI APPROFONDIMENTI

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specialmente nei casi di Organismo societario gravato di debiti o non appetibile in termini di prospettive reddituali.Prima che la norma esplicasse i suoi effetti, però, l’art. 8-bis del Dl. n. 78/2015, introduceva alla Legge n. 147/2013 il comma 569-bis, che depotenziava il contenuto precettivo del comma precedente (“le disposizioni di cui al comma 569, relativamente alla cessazione della partecipazione societaria non alienata entro il termine ivi indicato, si in-terpretano nel senso che esse non si applicano agli Enti che, ai sensi dell’art. 1, commi 611 e 612, della Legge n. 190/2014, abbiano mantenuto la propria partecipazione, mediante approvazione di apposito ‘Piano operativo di ra-zionalizzazione’, in Società ed altri Organismi aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi indispensa-bili al perseguimento delle proprie finalità istituzionali, an-che solo limitatamente ad alcune attività o rami d’impresa, e che la competenza relativa all’approvazione del prov-vedimento di cessazione della partecipazione societaria appartiene, in ogni caso, all’assemblea dei soci”.Si trattava nei fatti, come segnalato da numerose Pronun-ce della Corte dei conti (Friuli-Venezia Giulia n. 158/2015/Par; Marche n. 25/2014/Par; Lombardia n. 419/2016/Vsg) di un indubbio ostacolo alla dismissione delle partecipa-zioni vietate, posto che l’Assemblea dei soci poteva non prendere atto, con formale Delibera, della cessazione di efficacia della partecipazione del socio pubblico.Il “Testo unico delle Società a partecipazione pubbli-ca”Afferma la Corte dei conti Lombardia con la Delibera in commento che il Dlgs. n. 175/2016, chiamato “Testo uni-co delle Società a partecipazione pubblica”, abrogando la precedente normativa, rafforza “il diritto del socio pubblico a dismettere la partecipazione non funzionale alla propria missione istituzionale o contraria ai parametri normativi”. Dispone l’art. 24, comma 5, del Tusp, che, in caso di man-cata adozione dell’atto ricognitivo ovvero di mancata alie-nazione entro i termini previsti dal comma 4, il socio pub-blico non può esercitare i diritti sociali nei confronti della Società e, salvo in ogni caso il potere di alienare la parte-cipazione, la medesima è liquidata in denaro in base ai cri-teri stabiliti all’art. 2437-ter, comma 2, e seguendo il pro-cedimento di cui all’art. 2437-quater del Cc.. Disponendo che la partecipazione societaria non alienata sia liquidata in denaro in base ai criteri dell’art. 2437-ter Codice civile e nel rispetto del procedimento previsto dal successivo art. 2437-quater.Si tratta, secondo la Corte, di un punto di incontro tra le esigenze del socio pubblico di dismettere la partecipazio-ne e quella degli altri soci che avranno l’onere di reperire

le risorse per liquidare il socio cessato, o in alternativa adottare le differenti misure previste dal citato art. 2437-ter, del Cc.: - offerta in opzione agli altri soci; - offerta a terzi; - rimborso mediante acquisto di parte della stessa Socie-tà utilizzando eventuali riserve disponibili;

- riduzione del capitale sociale; - scioglimento della Società.

Il “Testo unico” del 2016 non ripropone le previsioni della normativa antecedente - “la partecipazione cessa ad ogni effetto” - ma si limita a precisare che “il socio pubblico non può esercitare i ditti sociali”, chiarendo così che perman-gono quelli patrimoniali.La cessazione dei diritti sociali, distinti dai diritti patrimo-niali, assicura il permanere del beneficio di questi ultimi impedendo all’Ente pubblico di esercitare il diritto di voto in Assemblea.La cessazione ex lege dei diritti sociali viene collegata alla individuazione di una nuova ipotesi di recesso. A differenza del recesso previsto dal Codice civile, in quel-lo previsto dalla “Riforma Madia” non sussiste alcun colle-gamento tra diritto di recesso e deliberazione societaria o fatto imputabile alla Società.Quest’ultimo tipo di recesso nasce da un obbligo legale di livello superiore con “conseguente attribuzione del costo del disinvestimento a carico della Società”1.E’ da notare come il citato art. 24, comma 5, del Tusp, disponga che la partecipazione societaria non alienata debba essere liquidata in denaro in base ai criteri dell’art. 2437-ter, comma 2, del Cc.. Tale precisazione e limitazio-ne comporta la conseguenza che, in ipotesi di disaccordo tra socio recedente e Società sul valore della partecipa-zione, non si potrà fare ricorso alla relazione giurata di un esperto nominato dal Tribunale su istanza della parte più diligente, prevista invece nel comma 6 del citato art. 2437-ter.Secondo il Tribunale di Milano (Ordinanza 26 luglio 2018 nella causa Comune di Milano/Milano Serravalle - Milano Tangenziali Spa) non è ammissibile l’attribuzione, all’e-sperto arbitratore, della determinazione del valore della partecipazione del socio pubblico, sia in ragione del citato dato letterale contenuto nel Tusp (la fattispecie esaminata era sottoposta alla previgente disciplina di cui alla Legge n. 147/2013, che sul punto è identica a quanto contenuto nel Tusp del 2016), sia per la presenza di un prevalente interesse pubblicistico.In tali casi, pertanto, l’Ente pubblico receduto dovrà rivol-gersi al Giudice ordinario.

1 O. Cagnasso, Tre variazioni in tema di recesso del socio di Società di capitali, in Giur. It., 2019, 1, 124.

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Le Società a controllo pubblicouna geometria ad assetto variabile

La Corte dei conti - Sezione Autonomie, interviene sul tema della definizione della qualifica di “Società a con-trollo pubblico” ai sensi del Tusp (Delibera n. 11/2019) e segnatamente sul combinato disposto ex art. 2, comma 1, lett. m) e b), in ciò chiamata in causa dalla Sezione regionale di controllo per l’Umbria, che aveva sospeso un proprio parere atteso le divergenti interpretazioni date da altre Sezioni di controllo oltre a quella fornita dal Mef e da ultima anche dal Giudice amministrativo.Si nota che la Sezione delle Autonomie interviene sullo stesso argomento affrontato dalla Corte dei conti a Se-zioni Unite in sede giurisdizionale, con una Sentenza di solo qualche giorno prima e che, quantomeno in un primo fugace confronto, non appare del tutto coincidente nelle soluzioni interpretative adottate.La questione controversa attiene nello specifico se rientra nella nozione di “controllo”, ai sensi del Tusp, una Società i cui soci Pubbliche Amministrazioni non raggiungono la maggioranza dei voti assembleari singolarmente intesi in assenza di accordi o di patti parasociali.La Corte, dopo un’amplissima illustrazione delle diver-se posizioni assunte dalla Sezione di controllo locali e di quella della struttura del Mef - con l’Orientamento emana-to ai sensi dell’art. 15 del Tusp - e dopo avere ricordato la funzione essenziale della nozione di “Società a controllo pubblico” al fine dell’applicazione del Tusp - chiaramen-te adottando un canone interpretativo estensivo proprio finalizzato all’applicazione delle diverse disposizioni con-tenute nel Tusp in quanto riserva, alle Società a controllo pubblico e ai propri soci, la maggior parte delle disposizio-ni previste nel Tusp – conclude adottando l’interpretazione - sicuramente più vicina a quella espressa dalla Sezione di controllo per la Liguria – affermando “che sia sufficien-te, ai fini dell’integrazione della fattispecie delle ‘Società a controllo pubblico’, rilevante quale ambito di applicazione, soggettivo o oggettivo, di alcune disposizioni del Dlgs. n. 175/2016, che una o più Amministrazioni pubbliche di-spongano, in Assemblea ordinaria, dei voti previsti dall’art. 2359 del Cc”.

Tale interpretazione, sulla base della prima lettura, porta a considerare che sono a controllo pubblico le Società i cui soci Pubbliche Amministrazioni detengono una somma di partecipazioni che sia superiore alla maggioranza dei voti assembleari basandosi sui seguenti Princìpi interpretativi: - il primo, rappresentato da una nozione di “controllo” contenuta nel combinato disposto dell’art. 2, commi m) e b), del Tusp, differente rispetto a quella del Codice civile, contenuta nell’art. 2359: pertanto, la nozione di “Società a controllo pubblico” si pone su un piano differente ri-spetto a quella del Codice civile di cui ne è una deroga in quanto presenta una gamma di fattispecie maggiori;

- il secondo, basato sul canone distintivo con la nozione del Codice in quanto “il Testo unico delle Società pub-bliche richiama, all’art. 2, senza esaurirla, la definizio-ne codicistica, come palesato, sia dalla lett. b), che vi aggiunge una fattispecie autonoma, che dalla lett. m), che, per indentificare una ‘Società a controllo pubblico’, consente che ‘una o più’ Amministrazioni pubbliche, e non solo ‘una’, dispongano dei voti o dei poteri di con-trollo previsti dalla precedente lett. b). Quest’ultima, a sua volta, richiama integralmente tutte le ipotesi, al-ternative, elencate nell’art. 2359 Cc. (oltre a introdurre una, già esposta, nuova ed autonoma). Pertanto, in virtù del combinato disposto delle lett. b) ed m) dell’art. 2 del Tusp, possono essere qualificate come ‘Società a con-trollo pubblico’ quelle in cui ‘una o più ‘Amministrazioni dispongono della maggioranza dei voti esercitabili in As-sembla ordinaria (oppure di voti o rapporti contrattuali sufficienti a configurare un’influenza dominante)”.

Si profila quindi una sovrapposizione di piani interpreta-tivi del fenomeno del “controllo” delle Società a parteci-pazione pubblica, che viene a distinguersi sotto il profilo funzionale in base all’obiettivo che si pone il compendio normativo in cui ricade; ognuno con caratteri propri e non sempre coincidenti fra loro (anzi, in alcuni casi diametral-mente opposti).Si può quindi affermare che: - un controllo basato secondo la disciplina generale pre-

del Dott. Roberto Camporesi - Dottore Commercialista, Revisore legale, Esperto in società a partecipazione pubblica

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vista dal Codice civile, che ha la propria fonte primaria nell’art. 2359 del Cc.; norma che rimane ferma al Prin-cipio interpretativo in base al quale non è ipotizzabile un controllo congiunto di diritto, in quanto un socio solo deve avere la maggioranza dei voti assembleari affinché possa esercitare una “influenza dominate” per l’eserci-zio del controllo. Tale disposizione è finalizzata alla de-finizione delle responsabilità patrimoniali del socio che abusa dell’eterodirezione ex art. 2497 del Cc.;

- un controllo pubblico secondo le disposizioni del Tusp – nella interpretazione fornita dalla Corte dei conti Sezioni riunite – finalizzata all’applicazione del Tusp;

- un “controllo analogo” (anche congiunto) che, sebbene riportato nelle stesse definizioni di cui all’art. 2 del Tusp, trova la propria fonte normativa nel “Codice dei contratti” e delle relative Direttive comunitarie in materia di appalti e concessioni, ed è finalizzato al controllo del servizio

(in modo “analogo” a quello che la P.A. eserciterebbe sui propri servizi) quale requisito necessario per l’affida-mento “in house”.

Non si nasconde come tale proliferare di piani interpreta-tivi dipenda ancora una volta da un non chiaro inquadra-mento della natura della Società pubblica, che è piano di-stinto e diverso dall’esigenza di applicazione di discipline di rango pubblicistico che vengono riconosciute in quanto derogatorie del Codice civile e delle norma di diritto comu-ne se espressamente previsto (art. 1, comma 3, del Tusp) e attengono eminentemente al rapporto con o per l’inte-resse (certamente privilegiato) del socio Pubblica Ammi-nistrazione e all’interno esclusivamente di questo ambito esplicano la loro “funzione”.La questione avrà un altro capitolo quando arriverà a Sen-tenza l’impugnativa al Tar dell’Orientamento del Mef pro-prio sull’argomento del controllo pubblico.

Società partecipateconcordato preventivo o fallimento rendono libero il “Fondo vincolato istituito nei bilanci dell’Ente”

Il Sindaco di un Comune siciliano ha chiesto alla Corte dei conti Sicilia, che si è espressa con il Parere Delibera n. 119/2019/Par, in ordine alle modalità applicative dell’art. 21 del Dlgs. n. 175/2016 (“Norme finanziarie sulle Società partecipate dalle Amministrazioni locali”), con particolare riferimento alla questione se il “Fondo vincolato” istituito nei bilanci dell’Ente pubblico, pari all’ammontare della per-dita registrata dalla Società partecipata e in misura pro-porzionale alla partecipazione posseduta, debba essere mantenuto, in ipotesi di fallimento o concordato della detta Società partecipata, per la durata del concordato o sino alla chiusura della procedura fallimentare.La Corte dei conti Sicilia, con Deliberazione n. 119/2019/Par, ha affermato che, nelle ipotesi in argomento, il “Fon-

do” non debba essere mantenuto fino alla chiusura delle procedure fallimentari, con la conseguenza implicita, di converso, che lo stesso debba essere reso disponibile nei bilanci dell’Ente socio al momento dell’avvio di una delle 2 procedure concorsuali.La decisione è assolutamente condivisibile, pur con le precisazioni in appresso segnalate, nelle conclusioni rag-giunte, ma sconta una tecnica espositiva non pienamente intellegibile che ha messo fuori strada alcuni commen-tatori secondo cui, per la Corte siciliana, il fallimento e il concordato non consentirebbero la liberazione del “Fondo vincolato”1.Motiva la Corte siciliana che all’art. 21 del Dlgs. n. 175/2016 “il Legislatore individua precisamente 3 fattispecie alterna-

dell’Avv. Giuseppe Girlando - Avvocato, Revisore dei Conti, Esperto di Diritto Commerciale e Consulente di Enti Pubblici in tema di Società partecipate e piani di riequilibrio

1 “Concordato preventivo o fallimento della partecipata non liberano le quote accantonate dall’Ente” in Quotidiano degli Enti locali & P.A. del 20 giugno 2019.

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tive, al verificarsi delle quali l’importo accantonato è reso disponibile in misura proporzionale alla quota di parteci-pazione. E’ di tutta evidenza che tra tali eventi non sia contemplato, né il concordato preventivo, né il fallimento dell’Organismo partecipato, ipotesi quindi per le quali non può ritenersi sussistere l’obbligo di mantenimento dell’ac-cantonamento fino alla chiusura delle relative procedure”.E’ evidente che ove si concludesse, su tale affermazio-ne, l’esame della Delibera, sarebbe forte la convinzione di trovarsi davanti ad un lapsus calami e che la Corte in-tendesse invero sostanzialmente negare la possibilità di liberare il “Fondo vincolato”. Motiva infatti la Corte che, da un punto di vista letterale, sono solo 3 le fattispecie, alternative, che consentono di liberare le quote e che il concordato e il fallimento non rientrano in tale elenco. Conseguenza logica del ragionamento sarebbe quella di ritenere obbligato il mantenimento del “Fondo vincolato”, mentre invece, come segnalato, la conclusione enunciata è di segno contrario.Ma nel paragrafo successivo la Corte, nel dare ulteriore supporto alla propria decisione, conferma le letterali con-clusioni raggiunte (e negando così le premesse), soste-nendo che il vincolo finanziario costituito dal mantenimen-to del “Fondo vincolato” in ipotesi concordato e fallimento “avrebbe dovuto essere oggetto di apposita previsione normativa”, che invece manca nella fattispecie e che non sarebbero comprensibili “le ragioni prudenziali che do-vrebbero condurre ad un’applicazione analogica della di-sposizione in esame a fattispecie non contemplate”.La decisione relativa al caso concreto appare ulteriormen-te agevolata dalla particolare situazione della Società par-tecipata in perdita. Detta Società, per come si precisa nel Parere, era stata già messa in liquidazione e il ricorso alla procedura concorsuale (concordato preventivo o fallimen-to) era un possibile approdo della procedura liquidatoria, da volontaria a giudiziale. Invero, in presenza della intervenuta messa in liquidazio-ne della Società e una volta avverata la condizione lega-le di svincolo del “Fondo perdite partecipate” istituito nel bilancio dell’Ente, non si comprende perché l’eventuale successivo avvio di una procedura concorsuale avrebbe dovuto comportare la riviviscenza del detto “Fondo” non più esistente.Come detto, la decisione della Corte siciliana viene rag-giunta attraverso un percorso motivazionale in parte ostico ed in parte legato ad una lettura eccessivamente formali-stica della disciplina. Alla medesima soluzione si sarebbe potuto pervenire valorizzando maggiormente la ratio della norma in argomento.Il “Fondo vincolato per perdite degli Organismi par-

tecipati”Il “Fondo vincolato per perdite degli Organismi partecipati” è stato introdotto dall’art. 1, commi 550, 551 e 552, del-la Legge n. 147/2013 (“Legge di stabilità 2014”), per tutti gli Organismi partecipati dalle Pubbliche Amministrazioni locali indicate nell’Elenco di cui all’art. 1, comma 3, della Legge n. 196/2009. Il citato comma 551 prevedeva che, in presenza di risultato di esercizio negativo, le Pubbli-che Amministrazioni partecipanti dovessero accantonare nell’anno successivo, in apposito “Fondo vincolato”, un importo pari al risultato negativo non immediatamente ri-pianato, in misura proporzionale alla quota di partecipa-zione.A seguito dell’entrata in vigore del Tusp e dalla conse-guente abrogazione di alcuni periodi dei suindicati commi, quanto originariamente previsto dalla Legge n. 147/2013 è rimasto a disciplinare esclusivamente la categoria delle Aziende speciali e delle Istituzioni partecipate, mentre per le Società di capitali partecipate da Enti Locali, il dato nor-mativo è stato integralmente riproposto dall’art. 21, com-ma 1, del citato Tusp.L’adempimento dell’obbligo di accantonamento di quote di bilancio, in correlazione a risultati gestionali negativi degli Organismi partecipati, “non comporta l’insorgenza a cari-co dell’Ente socio, anche se unico, di un conseguente ob-bligo al ripiano di dette perdite o all’assunzione diretta dei debiti del soggetto partecipato” (Corte dei conti Piemonte, Delibera n. 3/2018).La sterilizzazione, da parte di Ente Locale, di una parte di spesa corrente e la contestuale creazione di un “Fondo vincolato” non è in funzione della costituzione di risorse da destinare ad una futura copertura delle perdite della propria partecipata.La creazione del “Fondo vincolato” e la conseguente con-trazione degli spazi di spesa ha invece lo scopo precipuo di responsabilizzare la P.A., con vincoli immediatamente cogenti, “al perseguimento della sana gestione degli Or-ganismi partecipati e risponde inoltre all’esigenza di con-sentire una costante verifica delle possibili ricadute delle gestioni esternalizzate sui bilanci degli enti locali e si pone quindi nell’ottica della salvaguardia degli equilibri finanzia-ri presenti e futuri degli Enti stessi” (Corte dei conti Liguria - Delibera n. 24/2017/Par).La “Legge di stabilità 2014” e il Tusp hanno previsto un sistema obbligatorio, per la istituzione del “Fondo a co-pertura perdite”, assolutamente svincolato da qualsivoglia valutazione e motivazione collegata all’attività svolta dalla partecipata ed all’interesse o necessità dell’Ente Locale al mantenimento o meno della partecipazione.In tale ottica il “Fondo vincolato”, volto a responsabilizzare

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la P.A., ha natura di sanzione collegata al mantenimento e continuazione di un’attività aziendale che produce per-dite. Lo stesso infatti viene liberato una volta che l’attività aziendale sia risanata in modo tale da non produrre più perdite o cessi definitivamente, con la messa in liquida-zione della Società o dell’Azienda speciale, ovvero sia di-smessa la Società o la partecipazione nella stessa.Il “divieto di soccorso finanziario”Sul primo aspetto si rileva come la mera copertura delle perdite, tranne alcune ipotesi eccezionali, non sia oramai più consentita in virtù del “divieto di soccorso finanziario”. L’art. 14, comma 5, Dlgs. n. 175/2016 (“Testo unico sul-le Società a partecipazione pubblica”, Tusp), sancisce il Principio generale del c.d. “divieto di soccorso finanziario” da parte degli Enti pubblici partecipanti in favore dell’Or-ganismo societario partecipato che abbia registrato per 3 esercizi consecutivi, ad eccezione comunque per il caso di perdite che erodono il capitale legale minimo (art. 2447 e 2482-ter del Cc.).Il “divieto di soccorso finanziario” costituisce l’espressione della volontà legislativa di abbandono della logica del sal-vataggio “a tutti i costi” degli Organismi a partecipazione pubblica in condizioni di precarietà economico-finanziaria, di dissesto o perdita strutturale (Corte dei conti, Sezione Autonomie, Parere n. 15/2014; Corte dei conti, Sezione controllo Piemonte, Parere n. 61/2010/Par).Per la Corte dei conti Piemonte (Delibera n. 3/2018/Par), “deve ritenersi fortemente limitata per le Amministrazioni locali, considerato l’uso delle risorse della collettività, l’am-missibilità di interventi a sostegno di Organismi partecipati mediante erogazione o comunque dispendio di disponibi-lità finanziarie a fondo perduto, che appaiano privi quan-tomeno di una prospettiva di recupero dell’economicità e dell’efficienza della gestione dei soggetti beneficiari”.Il “soccorso finanziario” è invece ammesso a fronte di con-tratti di convezioni o contratti di servizio, programmi per lo svolgimento di servizi di pubblico interesse o realizzazio-ne investimenti, sulla base di Piano di risanamento che contempli il raggiungimento dell’equilibrio finanziario entro 3 anni, approvato dall’Autorità di regolazione di Settore, se esistente, e comunicato alla Corte dei conti.La cessazione dell’attivitàLa seconda opzione che consente lo svincolo del “Fon-do perdite” è data dalla definitiva separazione dell’Ente

Locale dall’attività di impresa in perdita. Allontanamento che dovrà avvenire mediante la messa in liquidazione del-la Società (ovvero la cessione della stessa o della sua partecipazione).Con la messa in liquidazione le Società “rimangono in vita senza la possibilità di intraprendere nuove operazioni ri-entranti nell’oggetto sociale ma al solo fine di risolvere i rapporti finanziari e patrimoniali pendenti, compresi quelli relativi alla ripartizione proporzionale tra i soci dell’even-tuale patrimonio netto risultante all’esito della procedura” (ex plurimis, Corte dei conti, Sezione controllo Lazio, Pa-rere n. 66/2018/Par; Corte dei conti, Sezione Autonomie, Delibera n. 27/2016/Frg; Corte dei conti, Sezione controllo Liguria, Parere n. 84/208/Par). L’Ente partecipante, per evitare il mantenimento del “Fon-do vincolato”, deve pertanto spogliarsi della partecipazio-ne o chiudere l’attività in perdita, ponendo la Società in liquidazione. Tale risultato si realizza, ancorché non vo-lontariamente, anche con il fallimento2 della Società, che determina ex lege la cessazione dell’attività di impresa.La liquidazione con autorizzazione all’esercizio prov-visorio e il concordato preventivo in continuitàPer quanto fin qui rilevato la liberazione del “Fondo perdi-te” delle Società partecipate è direttamente e necessaria-mente collegata alla cessazione dell’attività di impresa e non alla formale qualificazione di una situazione giuridica (liquidazione, fallimento, concordato). Ne consegue pertanto che, in ipotesi di liquidazione della Società con autorizzazione all’esercizio provvisorio dell’at-tività, non si potrà ritenere verificata la condizione esimen-te prevista dal citato art. 21, e ciò fino a quando non cessi il termine di autorizzazione all’esercizio provvisorio. Del resto, è evidente che una lettura di segno contrario sareb-be foriera di possibili comportamenti elusivi, contrari alle finalità concrete della norma.Allo stesso modo, in ipotesi che la Società partecipata presenti una domanda di concordato preventivo, ai fini dello svincolo del “Fondo perdite” occorrerà verificare se il concordato abbia natura liquidatoria - ed in tal caso si intenderà realizzata la condizione - ovvero se lo stesso preveda la continuità aziendale. In quest’ultimo caso, il “Fondo vincolato” dovrà essere mantenuto fino alla con-clusione della procedura.

2 Si noti peraltro che, a seguito della riforma introdotta dal Dlgs. n. 14/2019, sul nuovo diritto della crisi e dell’insolvenza, il “vecchio” fallimento è ora denominato “liquidazione giudiziale”, con ciò significandosi che la cessazione dell’attività di impresa si pone in essere con la sua liquidazione, che avviene in via volontaria o giudiziale.

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Le “Società a controllo pubblico” ed a “controllo analogo congiunto” dopo la Sentenza n. 17/2019 della Corte dei conti a Sezioni Riunite in sede giurisdizionale in speciale composizione

La questione del controllo previsto dal Dlgs. n. 175/2016 (“Testo unico delle Società a partecipazione pubblica” – Tusp) è argomento delicato e fonte di interpretazioni dif-ferenti (o apparentemente tali) anche in seno alla stessa Corte dei conti. In particolare, occorre valutare le Pronunce che in questo periodo vengono pubblicate e segnatamente quella del-la Corte dei conti - Sezioni Riunite in sede giurisdizionale - Sentenza n. 17/2019/El, pubblicata nelle more della re-dazione della Sentenza della stessa Sezioni Riunite n. 16 (tra l’altro, sul medesimo fatto) - di qualche giorno succes-siva alla Pronuncia della Corte dei conti - Sezione Autono-mie, che interviene anch’essa sul tema della definizione della qualifica di “Società a controllo pubblico” ai sensi del Tusp (Delibera n. 11/2019) e più precisamente sul com-binato disposto ex art. 2, comma 1, lett. m) e b), in ciò chiamata in causa dalla Sezione regionale di controllo per l’Umbria che aveva sospeso un proprio parere, atteso le divergenti interpretazioni date da altre Sezioni di controllo oltre a quella fornita dal Mef e da ultimo anche dal Giudice ammnistrativo.Stante le diverse interpretazioni, che si sono succedute e che hanno visto la presa di posizione anche del Mef, non appare affatto scontato trovare una definizione di “control-lo” che sia la sintesi delle diverse posizioni soprattutto con specifico rifermento alla fattispecie del “controllo analogo congiunto” che attiene alla Società “in house”; Società che può dirsi l’emblema delle “Società a controllo pubblico”. Si ricorda l’importanza di tale nozione e quindi della qua-lificazione di “Società a controllo pubblico” ai sensi del Tusp, già stigmatizzata dalla Corte dei conti - Sezione Autonomie che, nella propria Relazione intitolata “Gli Or-ganismi partecipati dagli Enti territoriali - Relazione 2018 sommario - Deliberazione n. 23/SezAut2018/Frg”, al pa-ragrafo “1.5.1 Società a controllo pubblico”, rileva come

“la sussistenza o meno del controllo pubblico è particolar-mente rilevante poiché, si ripete, le disposizioni derogato-rie alla disciplina di diritto comune sono prevalentemente disposte nei confronti di tali tipologie di Società. Tra que-ste, si rammentano: 1. le disposizioni sulla governance di cui all’art. 11, commi 1-3 e 4-15 (vincolo del numero dei componenti del Consiglio di amministrazione, definizione di limiti al trattamento economico degli Amministratori, re-gole sulla incompatibilità/inconferibilità degli incarichi); 2. i Principi fondamentali sull’organizzazione e sulla gestione (art. 6); 3. la disciplina delle crisi d’impresa (art. 14, commi 2 e 3); 4. le regole sulla gestione dei rapporti di lavoro (art. 19, commi 1-4); 5. i criteri in tema di trasparenza (art. 22). La sussistenza delle condizioni di cui all’art. 2, comma 1, lett. b), del Dlgs. n. 175/2016, è necessaria anche per de-finire il perimetro delle Società indirette, che sono quelle detenute da una Pubblica Amministrazione per il tramite di una Società o di altro Organismo a controllo pubblico da parte della medesima (art. 2, comma 1, lett. g)”. Argo-mento ripreso ancora dalla Corte dei conti – Sezione Au-tonomie (Delibera n. 11/2019) in un contesto interpretativo in cui traspare la evidente esigenza di evitare soluzione elusive che di fatto svuotassero o limitassero la portata applicativa del Tusp.La questione controversa attiene nello specifico al fatto se rientra nella nozione di “controllo”, ai sensi del Tusp, una Società i cui soci Pubbliche Amministrazione non raggiun-gono la maggioranza dei voti assembleari singolarmente intesi in assenza di accordi o di patti parasociali (rectius, in assenza di patti che prevedano il consenso unanime della parte dei soci Pubbliche Amministrazione che condividono il controllo).Antecedentemente all’entrata in vigore del Tusp, il primo caso che ha coinvolto la nozione di Società a controllo pubblico è riferito all’applicazione dell’art. 3 della Legge

del Dott. Roberto Camporesi - Dottore Commercialista, Revisore legale, Esperto in società a partecipazione pubblicadel Dott. Nicola Tonveronachi - Dottore commercialista e Revisore Enti pubblici, Consulente e formatore Enti Pubblici e Società partecipate, Professore a contratto di “Ragioneria pubblica” presso il Dipartimento Economia e Management dell’Università degli Studi di Pisa, Pubblicista

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1 Giudici di Palazzo Spada che fanno presente come sia data per riconosciuta nell’ordinamento la nozione di “controllo congiunto”, che rappresenta la fattispecie secondo la quale più soggetti esercitino il controllo c.d. “congiunto”. In tale senso viene richiamata l’esperienza del “controllo analogo congiunto” di matrice comunitaria e che trova la propria disciplina nelle Direttive 2014/24/UE del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici, e nella Direttiva 2014/25/UE del 26 febbraio 2014 sulle procedure d’appalto degli Enti erogatori nei Settori Acqua, Energia, Trasporti e Servizi postali, come peraltro recepita nel “Codice dei Contratti pubblici” (Dlgs. n. 50/2016). Proseguono i Giudici amministrativi cercando un necessario parallelismo fra “controllo pubblico” di cui alle disposizioni di legge in commento e quelle proprie del Codice civile, arrivando ad una prima conclusione, ove affermano che “il controllo societario ex art. 2359 può ritenersi unitariamente realizzato da più Amministrazioni pubbliche quando:1. gli Organi decisionali della Società controllata sono composti da rappresentanti delle Pubbliche Amministrazioni. Singoli rappresentanti possono

rappresentare varie o tutte le Amministrazioni partecipanti;2. le Pubbliche Amministrazioni congiuntamente – grazie ad accordi tra loro o a comportamenti paralleli – dispongono della maggioranza dei voti

esercitabili nell’Assemblea ordinaria (controllo di diritto), ovvero di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’Assemblea ordinaria (controllo di fatto), oppure esercitano congiuntamente sulla Società un’influenza dominante in virtù di particolari vincoli contrattuali con esse;

3. la persona giuridica controllata non persegue interessi contrari a quelli delle Amministrazioni controllanti.”A fronte di tale primo approdo poi giungono alla seconda conclusione, che sarà oggetto anche in proseguo di analisi e riflessioni alla luce delle sopravvenute nozione contenute nel Tusp: “non è invece sufficiente la mera titolarità pubblica della maggioranza di capitale, essendo tale elemento, da solo considerato, estraneo all’art. 2359 del C.c., che riguarda le 2 ipotesi del ‘socio sovrano’ e del ‘socio tiranno’, in cui chi esercita il controllo è il dominus della Società. Concetto che certo non può dirsi integrato allorquando le Pubbliche Amministrazioni, pur avendo la maggioranza del capitale, agiscano separatamente”.

12 luglio 2011, n. 120, e dell’art. 1 del Dpr. 30 novembre 2012, n. 251, in materia di quote di genere alle Società in cui nessuna Pubblica Amministrazione ha da sola il con-trollo, e alle c.d. “Società miste”. Sul punto, è intervenuto il Parere del Consiglio di Stato - Sezione I, Adunanza 16 aprile 2014, n. 00594/2014, che ha circoscritto la materia in discussione, analizzando la portata dell’art. 2359 del Codice civile, per chiedersi se in tale disciplina normativa rientrino anche le Società, a capitale pubblico o misto, in cui il controllo ai sensi dell’art. 2359 del C.c. non è eserci-tato da una singola Pubblica Amministrazione1.Già in sede di primo scrutinio esegetico è emerso dunque che non è la somma delle partecipazioni che determina il controllo della Società ma occorre la sussistenza di altri fatti sintomatici. Tale interpretazione tuttavia si discosta da quella assunta dal Giudice ordinario – come risulterà in appresso - che ammette che, si sensi dell’art. 2359, com-ma 1, punto 1, del Cc. (c.d. “controllo di diritto”), il controllo sussista solo in capo ad un solo socio, il quale dovrà quin-di isolatamente detenere la maggioranza dei voti assem-bleari.Il primo dato che viene incontro all’interprete è quello ri-ferito al dominio normativo cui si fa riferimento. Il dibattito attiene alla nozione di “Società a controllo pubblico” pre-visto dal Tusp: compendio normativo rappresentata da un Testo unico i cui canoni interpretativi – per quanto rileva in questa sede - sono dati dall’art. 1, comma 3, che reci-ta che, “per tutto quanto non derogato dalle disposizioni del presente Decreto, si applicano alle Società a parte-cipazione pubblica le norme sulle Società contenute nel Codice civile e le norme generali di diritto privato”, e dal-le relative seguenti definizioni previste dall’art. 2 comma 1: b) ‘controllo’: la situazione descritta nell’art. 2359 del Codice civile. Il controllo può sussistere anche quando, in

applicazione di norme di legge o statutarie o di patti para-sociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo; c) ‘controllo analogo’: la situazione in cui l’Amministrazione esercita su una Società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, esercitando un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della società controllata. Tale controllo può anche essere esercitato da una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dall’Amministrazione parte-cipante; d) ‘controllo analogo congiunto’: la situazione in cui l’Amministrazione esercita congiuntamente con al-tre Amministrazioni su una Società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi. La suddetta situazio-ne si verifica al ricorrere delle condizioni di cui all’art. 5, comma 5, del Decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50; m) ‘società a controllo pubblico’: le Società in cui una o più Amministrazioni pubbliche esercitano poteri di controllo ai sensi della lett. b)”.Sul tema si sono infatti registrati orientamenti non asso-nanti da parte delle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti (oltre che dei Giudici amministrativi, dell’A-nac, nonché dello stesso Ministero dell’Economia e delle Finanze - dapprima da parte della “Struttura di controllo e monitoraggio” istituita ai sensi dell’art. 15 del Tusp, e quin-di da ultimo da parte del Dipartimento del Tesoro).Rimanendo alle posizioni delle Sezioni di controllo della Corte dei conti, emerge:- una qualificazione “estensiva” della nozione di “controllo”

esercitabile da una o più Amministrazioni come sotto-lineato da Corte dei conti - Sezione regionale di con-trollo per la Liguria, Deliberazione n. 3/2018, ove infatti si evidenzia che per ritenere sussistenti le situazioni di

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“controllo” di cui all’art. 2, lett. b), del Tusp, sarebbe ad-dirittura “sufficiente il possesso della maggioranza del capitale sociale da parte di una o più Amministrazioni pubbliche, anche se nessuna, autonomamente, è in gra-do di esercitare poteri di controllo ex art. 2359 del Codi-ce civile” (seguita da Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per il Piemonte, Deliberazione n. 42/2018, secondo cui “la lettura congiunta della lett. m) e della lett. b) dell’art. 2 del Dlgs. n. 175/2016 consente pertan-to di individuare la sussistenza del controllo pubblico: (i) - nel caso in cui una singola Amministrazione pubblica o una pluralità di Amministrazioni pubbliche congiunta-mente si trovino in una delle situazioni descritte dall’art. 2359 del C.c.; (ii) nel caso in cui, a prescindere dall’e-sistenza dei presupposti di cui all’art. 2359 C.c., tutte le parti che condividono il controllo siano tenute, in base a norme di legge, a previsioni statutarie o a patti paraso-ciali, ad esprimersi all’unanimità sulle ‘decisioni finan-ziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale’. Nel primo caso, pertanto, come l’uso dell’espressione ‘una o più Amministrazioni pubbliche’ alla lett. m) rende palese, il carattere pubblico del controllo sussiste anche se il controllo di cui all’art. 2359 del C.c. non sia eser-citato da una sola Amministrazione, ma da più Ammini-strazioni pubbliche, le quali, complessivamente consi-derate, detengano la maggioranza dei voti esercitabili nell’Assemblea ordinaria (‘controllo azionario di diritto’), o un numero di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’Assemblea ordinaria (‘controllo aziona-rio di fatto’) o siano in grado di esercitare un’influenza dominante determinata da particolari vincoli contrattuali (‘controllo contrattuale’). Tale interpretazione consente, pertanto, di attribuire rilievo all’esercizio congiunto del controllo di cui all’art. 2359 del C.c. da parte di più Am-ministrazioni pubbliche”;

- una qualificazione “intermedia” assunta dalla Corte dei conti – Sezione regionale di controllo per l’Emilia Ro-magna in recenti Deliberazioni, tra cui la n. 90/2018 ri-guardante la “ricognizione straordinaria delle partecipa-zioni” di un Comune romagnolo, con la quale la Sezione raccomanda l’esigenza di definire il controllo in modo formale, ad esempio attraverso la sottoscrizione di patti parasociali, in modo da rendere effettivo l’esercizio del controllo (che comunque rimane un dovere per l’Ente), funzionale anche alla valutazione positiva della possi-bilità di incidere sull’agire della Società per il persegui-mento del fine pubblico, per come declinato dall’art. 4, commi 1 e 2, del Tusp, che ne determina la possibilità di mantenimento della partecipazione;

- una qualificazione “letterale” della nozione di “controllo”

(specie “congiunto”) maggiormente aderente al dato te-stuale, rinvenibile in Corte dei conti, Sezione delle Auto-nomie (“I controlli interni degli Enti Locali - Analisi del si-stema dei controlli interni degli Enti Locali, 2018, pag. 86 e seguenti) alla quale risulta allineata la Sezione regio-nale di controllo per l’Emilia Romagna, Deliberazione n. 180/2017, incentrata sulla rilevanza dei patti parasociali.

Infine, interviene la Corte dei conti - Sezioni Autonomie che, dopo avere esposto le diverse posizioni assunte dalle Sezione di controllo locali e di quella della “Struttura” del Mef - con l’Orientamento emanato ai sensi dell’art. 15 del Tusp del 15 febbraio 2018 - e dopo avere ricordato la funzione essenziale delle nozione di “Società a control-lo pubblico” ai fini dell’applicazione del Tusp - conclude adottando l’interpretazione affermando “che sia sufficien-te, ai fini dell’integrazione della fattispecie delle ‘società a controllo pubblico’, rilevante quale ambito di applicazione, soggettivo o oggettivo, di alcune disposizioni del Dlgs. n. 175 del 2016, che una o più Amministrazioni pubbliche di-spongano, in Assemblea ordinaria, dei voti previsti dall’art. 2359 del Codice civile”.Tale interpretazione porta a considerare che sono “a con-trollo pubblico” le Società i cui soci Pubbliche Amministra-zioni detengono una somma di partecipazioni che sia su-periore alla maggioranza dei voti assembleari basandosi sui seguenti Principi interpretativi: - il primo, rappresentato da una nozione di “controllo” contenuta nel combinato disposto dell’art. 2, lett. m) e b), del Tusp, differente rispetto a quella del Codice civile, contenuta nell’art. 2359: pertanto, la nozione di “Società a controllo pubblico” si pone su un piano differente ri-spetto a quella del Codice civile di cui ne è una deroga in quanto presenta una gamma di fattispecie maggiori;

- il secondo, basato sul canone distintivo con la nozione del Codice, in quanto “il ‘Testo unico delle società pub-bliche’ richiama, all’art. 2, senza esaurirla, la definizione codicistica, come palesato sia dalla lett. b), che vi ag-giunge una fattispecie autonoma, che dalla lett. m), che, per indentificare una ‘società a controllo pubblico’, con-sente che ‘una o più’ Amministrazioni pubbliche, e non solo ‘una’, dispongano dei voti o dei poteri di controllo previsti dalla precedente lett. b). Quest’ultima, a sua volta, richiama integralmente tutte le ipotesi, alternative, elencate nell’art. 2359 del Codice civile (oltre a introdur-re una, già esposta, nuova ed autonoma). Pertanto, in virtù del combinato disposto delle lett. b) ed m) dell’art. 2 del Tusp, possono essere qualificate come ‘società a controllo pubblico’ quelle in cui ‘una o più’ Amministra-zioni dispongono della maggioranza dei voti esercitabili in Assembla ordinaria (oppure di voti o rapporti contrat-

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2 Nel caso della Sentenza del Tribunale di Milano si fa riferimento alla “anomalia” – sia concettuale che tipologica, del “controllo analogo” in seno all’art. 2359 del Codice civile. V. Cariello “Dal controllo congiunto all’attività di direzione e coordinamento di società”, in Rivista Società 2007, con ampia trattazione dell’argomento del “controllo analogo”.

tuali sufficienti a configurare un’influenza dominante)“.Si potrebbe essere indotti quindi a ritenere che sussista una sovrapposizione di piani interpretativi del fenomeno del “controllo” delle Società a partecipazione pubblica che viene a distinguersi sotto il profilo funzionale in base all’o-biettivo che si pone il compendio normativo in cui ricade: ognuno con caratteri propri. Si può quindi corre il rischio di affermare che sussista: - un controllo basato sulla disciplina generale prevista dal Codice civile, che ha la propria fonte primaria nell’art. 2359. Norma che rimane ferma al Principio interpretati-vo in base al quale non è ipotizzabile un “controllo con-giunto di diritto”, in quanto un socio solo deve avere la maggioranza dei voti assembleari affinché posso eserci-tare una “influenza dominate” per l’esercizio del control-lo. Non sfugge al riguardo che la più autorevole dottrina gius-commercialista fonda ancora tale Principio – oltre a quanto affermato da risalente Sentenza del Tribunale di Milano 19 dicembre 1986 in Foro It., 1987 I, 31772 - sulla evidenza che la norma deve essere interpretata letteralmente in senso stretto nell’espressione “un’altra società“ (una controllante): uso evidente del singolare che escluderebbe dall’art. 2359, comma 1, punto 1), il plurale (più controllanti). Tale disposizione è finalizzata alla definizione della responsabilità patrimoniale del so-cio che abusa dell’etero-direzione ex art. 2497 del Co-dice civile;

- un controllo “pubblico” secondo le disposizioni del Tusp – nella interpretazione fornita dalla Corte dei conti - Se-zioni Riunite n. 16/2019, e Corte dei conti - Sezioni Riu-nite in sede giurisdizionale, nella Sentenza n. 17 – fina-lizzata all’applicazione del Tusp;

- un “controllo analogo” (anche “congiunto”) che, sebbe-ne riportato nelle stesse definizioni di cui all’art. 2 del Tusp, trova la propria fonte normativa nel “Codice dei Contratti” e delle relative Direttive comunitarie in materia di appalti e concessione, ed è finalizzato al controllo del servizio (in modo “analogo” a quello che la P.A. eserci-terebbe sui propri servizi) quale requisito necessario per l’affidamento diretto senza gara (cosiddetto modello “in house providing”).

Il rischio di mantenere piani interpretativi distinti potrebbe portare ad un particolare paradosso all’interno della disci-

plina del Tusp, che non può essere accettato: la Società “in house” potrebbe essere a “controllo analogo congiun-to” ma non a “controllo pubblico”.In questo senso appare doverosa una attenta ricostruzio-ne della fattispecie del “controllo congiunto” (in rapporto con quello “analogo”) come previsto dal Tusp, tenendo presente tutti gli spunti interpretativi offerti, a comincia-re dal Mef – “Struttura dedicata” ex art. 15 del Tusp con proprio Orientamento n. 8 del 15 febbraio 2018) fino alla Corte dei conti - Sezioni Riunite giurisdizionali- Sentenza n. 17 del 2019.Il punto incontrovertibile è che il Tusp si discosta dalla de-finizione del “controllo” prevista dalla disciplina generale delle Società contenuta nell’art. 2359 del Codice civile e, come affermato dalla Corte dei conti - Sezione Ligu-ria, ne cambia la prospettiva d’indagine. Tale cambio di prospettiva, da cui poi discende una diversa disciplina, è perfettamente legittimo nel senso che il Legislatore dele-gato ha disposto che le Società a partecipazione pubblica applicassero la disciplina del Codice civile e quella di di-ritto comune “se non diversamente stabilita dal presente Decreto [il Tusp]”. Inoltre, va altresì osservato che il Legi-slatore delegato ha recepito l’indicazione delle delega di cui all’art. 18, comma 1, lett. 1), della “Legge Madia”) che richiedeva la “distinzione tra tipi di Società in relazione alla (…) misura (…) della partecipazione”, e pertanto si evince chiaramente come il Tusp preveda una specifica disciplina della governance per le Società a controllo pubblico e non per le altre Società partecipate.Nell’art. 2359 del Codice civile si può dire che il soggetto disciplinato è la Società da controllare; nell’art. 2, comma 1, lett. m), del Dlgs. n. 175/2016 è invece il soggetto che esercita il controllo: la Pubblica Amministrazione socia che viene individuata al plurale (“una o più Amministrazioni”). L’uso del plurale, anziché del singolare, è un elemento de-cisivo, dal punto di vista esegetico, atteso che, come già più sopra anticipato, la più autorevole dottrina ritiene che per l’art. 2359 del Cc. sia precluso il “controllo congiunto” perché viene utilizzato il singolare per individuare il sog-getto che controlla.3 La questione ruota allora attorno al combinato disposto dell’art. 1, comma 2, lett. m) e b): vale dire, si ha “controllo” secondo il Tusp (c.d. “pubblico”) nei seguenti casi:

3 Si veda anche M. Lamandini, in commentario Società di capitale art. 2359 e seguenti del Codice civile, a cura di G. Nicolini, A. Stagno d’Alcontres, Jovene editore 2004.

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1) quando ricorre la circostanza dell’art. 2359, comma 1, punto 1), del Codice civile (c.d. “controllo di diritto”);

2) quando ricorre la circostanza dell’art. 2359, comma 1, punto 2), del Codice civile (c.d. “controllo di fatto”);

3) quanto ricorre la circostanza dell’art. 2359, comma 1, punto 3), del Codice civile (c.d. “controllo esterno” o “contrattuale”);

4) ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. b), seconda parte del Tusp, quando si verifica che: “in applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisio-ni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo”, che rappresenta una de-roga al Codice civile in quanto ammette il c.d “controllo debole” attraverso un patto di sindacato “noto in dottri-na come patto a controllo plurimo disgiunto”;4

5) nelle situazioni non contemplate dal punto sub 4), quando anche per “fatti concludenti” possa ravvisarsi la sussistenza di una influenza dominante che si tradu-ca nella possibilità di imprimere una direzione unitaria secondo l’Orientamento espresso dal Mef, già citato, e dalla Corte dei conti - Sezione controllo Liguria, e ripre-so con maggior illustrazione e motivazione dalla Sezio-ne delle Autonomie.

Indubitabilmente le situazioni sub 4 e 5) sono tutte in dero-ga alle disposizioni del Codice civile per quanto dispone ai sensi dell’art. 2359; deroghe che sono il frutto della mera interpretazione letterale della lett. m), più volte citata, ove il riferimento del soggetto che controlla è al plurale e non al singolare, come invece prevede la disciplina generale codicistica.Ora, la portata interpretativa delle situazioni sub 4) e 5) va dovutamente circostanziata, quantomeno in relazione alla sussistenza di patti parasociali in forma scritta. Il Mef, che ha proposto la teoria dei “fatti concludenti”, evidentemen-te alludeva alla circostanza in base alla quale, ai sensi dell’art. 2431-bis del Codice civile, “i patti, in qualunque forma stipulati, che al fine di stabilizzare gli assetti proprie-tari o il governo della Società: a) hanno per oggetto l’eser-cizio del diritto di voto nelle Società per azioni o nelle So-cietà che le controllano; b) pongono limiti al trasferimento delle relative azioni o delle partecipazioni in Società che le controllano; c) hanno per oggetto o per effetto l’esercizio anche congiunto di un’influenza dominante su tali Società, non possono avere durata superiore a 5 anni e si inten-dono stipulati per questa durata anche se le parti hanno

previsto un termine maggiore; i patti sono rinnovabili alla scadenza”.Ne consegue che anche nel Codice civile non vi è l’obbli-go della forma scritta per i patti parasociali (per le Società che non fanno ricorso al capitale di rischio) e quindi la loro sussistenza può essere rinvenuta per “fatti concludenti”. La sussistenza di tali patti deve avere caratteri ben precisi e non può essere il frutto di comportamenti estemporanei, per decisioni assembleari dovute o comunque riconduci-bili al dovere del socio di essere attivo in tale contesto (esempio, l’approvazione all’unanimità del bilancio d’eser-cizio).Peraltro, la Corte dei conti - Sezioni Riunite in sede giu-risdizionale, ha osservato che “la situazione di ‘controllo pubblico’, in definitiva, non può essere presunta ex lege (né juris tantum, né tantomeno juris et de jure) in presenza di una partecipazione maggioritaria di più Amministrazioni pubbliche, né si può automaticamente desumere da un coordinamento di fatto; esso deve risultare esclusivamen-te da norme di legge, statutarie o da patti parasociali (la cui esistenza può in determinate circostanze desumersi da ‘comportamenti concludenti’) che, richiedendo il con-senso unanime o maggioritario di alcune delle Pubbliche Amministrazioni partecipanti, determina la capacità di tali Pubbliche Amministrazioni di incidere sulle decisioni fi-nanziarie e strategiche della Società.”Sulla base della ricostruzione tipologica di “controllo pub-blico” che si è effettuata sopra, si deve concludere che il “controllo analogo congiunto” è anche una forma di “con-trollo pubblico” ai sensi dell’art. 2, combinato disposto dei commi 1 lett. m) e b), del Tusp, e pertanto le Società “in house” sono per forza di cose “Società a controllo pubbli-co”.Per quanto interessa in questa sede, si deve osservare che il sistema di governance delle Società “in house”, sta-bilita all’art. 16 del Tusp, prevede forme espresse di dero-ghe al Codice civile che troveranno la loro compiuta decli-nazione nello Statuto della Società “in house”, e si potrà attuare l’assetto del “controllo analogo congiunto” anche tramite patti parasociali i quali, come si è visto, potranno prevedere forme di consenso unanime o maggioritario di alcune Pubbliche Amministrazioni partecipanti.Peraltro, è orami assodato che, affinché risulti la qualifica di Società “in house”, occorre che lo Statuto preveda i 3 Indici sintomatici, quali: (i) la maggioranza del capitale, (ii) l’attività prevalente (superiore all’80% del fatturato rivolta

4 Cfr. Corte dei conti - Sezioni Riunite in sede giurisdizionale, Sentenza n. 17/2019, che fa rifermento alla dottrina il cui massimo esponente sul punto è M. Lamandini, op. cit. nota 3.

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all’esercizio dei compiti affidati dai soci “in house”) e (iii) le modalità di esercizio del “controllo analogo” (anche tra-mite patti parasociali). Pertanto, non potendo più esistere la Società “in house” di fatto, ovvero in assenza delle pre-visioni statutarie di cui si è detto, risulta così provato che lo Statuto ed i patti parasociali (nel caso di partecipazione particolarmente diffusa) si ergono a elementi certi e dure-voli della sussistenza anche delle condizioni richieste per il “controllo pubblico”, ai sensi del Tusp. Si ricompone una presunta frattura – peraltro paventata ma mai di fatto conclamata – fra “controllo analogo” e “con-trollo pubblico”. Il “controllo analogo” (anche “congiunto”) rappresenta pertanto una modalità di “controllo pubblico” attraverso il quale uno o più Amministrazioni pubbliche, nell’esercizio dei loro poteri di soci, attuano una forma di “influenza determinate” sulla gestione dei propri servizi affidati in via diretta alla Società. Il “controllo analogo” si perfeziona quindi anche attraverso il “controllo pubblico”, come previsto dal Tusp e ne rappresenta un “quid pluris” rispetto anche alla direzione e coordinamento ex art. 2497 del Codice civile.La condizione specifica della Società “in house” quale for-ma di “delegazione interorganica” della Pubblica Ammini-strazione ha insito l’esigenza che il rapporto di controllo si configuri, nella accezione pubblicistica di subordinazione gerarchica (nel rapporto di ricostruzione analogica a quel-

la del “controllo pubblico” di cui si è detto), in quanto non vi sono interessi contrapposti fra Società e soci (non essen-doci fra loro la componente privata) e fra i soci pubblici in ogni caso deve prevalere un interesse di tipo pubblicistico che “passa attraverso l’obbligo – che si afferma indipen-dentemente dalla stipula di patti parasociali - di rappre-sentare unitariamente la volontà dei soci pubblici nelle for-me previste dal Codice civile, in relazione alla generalità delle Delibere assembleari che coinvolgono gli interessi pubblici tutelati dal Tusp”5. Tuttavia, la condizione della sussistenza del rapporto “in house providing” richiede, ancora prima di trovare giustifi-cazione all’inquadramento fra le “Società a controllo pub-blico” del Tusp, specifica declinazione statutaria e, quan-do necessaria per l’assetto del “controllo analogo”, anche tramite patti parasociali. Ciò determina che la Società “in house” a “controllo analogo congiunto”, ai fini della quali-ficazione del “controllo pubblico” ai sensi del Tusp, ricada nella fattispecie sopra illustrate sub 4) ovvero sub. 5).In ultimo, ma certamente non in subordine, la posizione assunta da chi scrive sul fatto che le Società “in house” siano comunque “Società a controllo pubblico”, colli-ma anche con le disposizioni sull’affidamento dei servi-zi contenute nel Dlgs. n. 50/2016 (“Codice dei Contratti pubblici”), che all’art. 56, tra le varie casistiche del Titolo II (“Contratti esclusi in tutto o in parte dall’ambito di applica-

5 Corte dei conti Umbria, Parere 28 marzo 2019, n. 57

6 Art. 5 (“Principi comuni in materia di esclusione per concessioni, appalti pubblici e accordi tra enti e amministrazioni aggiudicatrici nell’ambito del settore pubblico”) 1. Una concessione o un appalto pubblico, nei settori ordinari o speciali, aggiudicati da un’Amministrazione aggiudicatrice o da un Ente aggiudicatore a una persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato, non rientra nell’ambito di applicazione del presente ‘Codice’ quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni: a) l’Amministrazione aggiudicatrice o l’Ente aggiudicatore esercita sulla persona giuridica di cui trattasi un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi; b) oltre l’80% delle attività della persona giuridica controllata è effettuata nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’Amministrazione aggiudicatrice controllante o da altre persone giuridiche controllate dall’Amministrazione aggiudicatrice o da un Ente aggiudicatore di cui trattasi; c) nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati le quali non comportano controllo o potere di veto previste dalla legislazione nazionale, in conformità dei trattati, che non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata. 2. Un’Amministrazione aggiudicatrice o un Ente aggiudicatore esercita su una persona giuridica un ‘controllo analogo’ a quello esercitato sui propri servizi ai sensi del comma 1, lett. a), qualora essa eserciti un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della persona giuridica controllata. Tale controllo puo’ anche essere esercitato da una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dall’Amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore. 3. Il presente ‘Codice’ non si applica anche quando una persona giuridica controllata che è un’Amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore, aggiudica un appalto o una concessione alla propria Amministrazione aggiudicatrice o all’Ente aggiudicatore controllante o ad un altro soggetto giuridico controllato dalla stessa Amministrazione aggiudicatrice o Ente aggiudicatore, a condizione che nella persona giuridica alla quale viene aggiudicato l’appalto pubblico non vi sia alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto prescritte dalla legislazione nazionale, in conformità dei trattati, che non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata. 4. Un’Amministrazione aggiudicatrice o un Ente aggiudicatore può aggiudicare un appalto pubblico o una concessione senza applicare il presente codice qualora ricorrano le condizioni di cui al comma 1, anche in caso di ‘controllo congiunto’. 5. Le Amministrazioni aggiudicatrici o gli Enti aggiudicatori esercitano su una persona giuridica un controllo congiunto quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni: a) gli Organi decisionali della persona giuridica controllata sono composti da rappresentanti di tutte le Amministrazioni aggiudicatrici o Enti aggiudicatori partecipanti. Singoli rappresentanti possono rappresentare varie o tutte le Amministrazioni aggiudicatrici o Enti aggiudicatori partecipanti; b) tali Amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori sono in grado di esercitare congiuntamente un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative di detta persona giuridica; c) la persona giuridica controllata non persegue interessi contrari a quelli delle amministrazioni aggiudicatrici o degli Enti aggiudicatori controllanti. 6. Un accordo concluso esclusivamente tra 2 o più Amministrazioni aggiudicatrici non rientra nell’ambito di applicazione del presente codice, quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni: a) l’accordo stabilisce o realizza una cooperazione tra le Amministrazioni aggiudicatrici o gli Enti aggiudicatori partecipanti, finalizzata a garantire

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6 ... che i servizi pubblici che essi sono tenuti a svolgere siano prestati nell’ottica di conseguire gli obiettivi che essi hanno in comune; b) l’attuazione di tale cooperazione è retta esclusivamente da considerazioni inerenti all’interesse pubblico; c) le Amministrazioni aggiudicatrici o gli Enti aggiudicatori partecipanti svolgono sul mercato aperto meno del 20% delle attività interessate dalla cooperazione. 7. Per determinare la percentuale delle attivita’ di cui al comma 1, lett. b), e al comma 6, lett. c), si prende in considerazione il fatturato totale medio, o una idonea misura alternativa basata sull’attività, quale i costi sostenuti dalla persona giuridica o amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore nei settori dei servizi, delle forniture e dei lavori per i tre anni precedenti l’aggiudicazione dell’appalto o della concessione. 8. Se, a causa della data di costituzione o di inizio dell’attivita’ della persona giuridica o Amministrazione aggiudicatrice o Ente aggiudicatore, ovvero a causa della riorganizzazione delle sue attivita’, il fatturato o la misura alternativa basata sull’attivita’, quali i costi, non è disponibile per i tre anni precedenti o non è più pertinente, è sufficiente dimostrare, segnatamente in base a proiezioni dell’attivita’, che la misura dell’attività è credibile. 9. Nei casi in cui le norme vigenti consentono la costituzione di Societa’ miste per la realizzazione e gestione di un’opera pubblica o per l’organizzazione e la gestione di un servizio di interesse generale, la scelta del socio privato avviene con procedure di evidenza pubblica”.

zione”, indica specificatamente anche il modello “in house providing” a “controllo analogo congiunto”. Difatti, l’art. 5, comma 5, dispone che “le Amministrazioni aggiudicatrici o gli Enti aggiudicatori esercitano su una persona giuridica un ‘controllo congiunto’ quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni: a) gli Organi decisionali della persona giuridica controllata sono composti da rappresentanti di tutte le Amministrazioni aggiudicatrici o Enti aggiudicatori partecipanti. Singoli rappresentanti possono rappresen-tare varie o tutte le amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori partecipanti; b) tali Amministrazioni aggiu-dicatrici o Enti aggiudicatori sono in grado di esercitare congiuntamente un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative di detta persona giuridica; c) la persona giuridica controllata non persegue interessi contrari a quelli delle Amministrazioni aggiudi-catrici o degli Enti aggiudicatori controllanti”, ed al com-ma 4 che “un’Amministrazione aggiudicatrice o un Ente aggiudicatore può aggiudicare un appalto pubblico o una concessione senza applicare il presente ‘Codice’ qualora ricorrano le condizioni di cui al comma 1, anche in caso di ‘controllo congiunto’”. Ovviamente, le condizioni del comma 1 sono le 3 seguenti: “a) l’Amministrazione aggiudicatrice o l’Ente aggiudicatore esercita sulla persona giuridica di cui trattasi un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi; b) oltre l’80% delle attività della persona giuridica controllata e’ effettua-ta nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’ammi-nistrazione aggiudicatrice controllante o da altre persone giuridiche controllate dall’amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore di cui trattasi; c) nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati le quali non comportano controllo o potere di veto, previste dalla legislazione nazionale, in conformità dei trattati, che non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata”.In altre parole, il tema affrontato in queste ultime righe si fonda su un’ottica diversa ed aggiuntiva rispetto alle altre

prima utilizzate per analizzare il fenomeno “Società a con-trollo pubblico” alla luce della nuova Sentenza n. 17/2019 delle Sezioni Riunite della Corte dei conti. Ovvero, come potrebbe legittimamente operare una Società “in house providing” ex art. 16 del Tusp senza qualificarsi come “So-cietà a controllo pubblico” nel caso in cui la stessa eserciti servizi pubblici locali, servizi strumentali, o funzioni am-ministrative su delega, in affidamento diretto/concessione attribuito dagli Enti Locali soci senza aver esperito pre-cedentemente una gara pubblica ai sensi del “Codice dei Contratti pubblici”. E’ evidente, almeno per chi scrive, che una Società a to-tale capitale pubblico potrebbe anche non configurarsi come una “Società a controllo pubblico”, a condizione che la stessa non eserciti servizi ed attività ad essa affidate da ciascuno dei soci pubblici (per ciò che qui interessa, dagli Enti Locali). Infatti, la Società in questione può rice-vere affidamenti diretti senza gara solo in base al disposto dell’art. 5 del Dlgs. n. 50/2016, che richiede appunto, tra gli altri, o il “controllo analogo”, oppure anche il “controllo analogo congiunto” (comma 4). E per assurdo, come già sopra delineato, potrebbe anche sussistere il “controllo analogo congiunto” senza che la Società si dichiari qua-lificabile come “Società a controllo pubblico” e quindi di conseguenza non ricompresa obbligatoriamente nel pe-rimetro di applicazione del “Testo unico sulle Società a partecipazione pubblica”.Alla luce di quanto ora ricordato, le fattispecie sub 4) e 5) – e soprattutto la 5) in potenziale assenza di patti paraso-ciali ed invece in presenza di “fatti concludenti” – acquisi-scono, almeno per chi scrive, maggiore evidenza, nell’ot-tica del rispetto concreto e puntuale, non solo del Tusp, ma anche dei Principi comunitari e nazionali della tutela della concorrenza e del mercato, e quindi del “Codice dei Contratti pubblici”.Per essere ancora più chiari: come può una Società a par-tecipazione totalmente pubblica che sostiene di non esse-re qualificabile, ai fini del Tusp, come “Società a controllo pubblico” per l’assenza di patti parasociali scritti, dimo-

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strare la legittimità dell’operato degli stessi soci pubblici nell’aver ad essa stessa affidato i servizi dall’esercizio dei quali si genera il fatturato tramite procedure di affidamento diretto senza gara?Concludendo, l’affermazione principale della recentissi-ma Sentenza n. 17/2019 della Corte dei conti – in sede giurisdizionale in speciale composizione per cui “la situa-zione di ‘controllo pubblico’, in definitiva, non può essere presunta ex lege (né juris tantum, né tantomeno juris et de jure) in presenza di una partecipazione maggioritaria di più Amministrazioni pubbliche, né si può automatica-mente desumere da un coordinamento di fatto; esso deve risultare esclusivamente da norme di legge, statutarie o

da patti parasociali (la cui esistenza può in determinate circostanze desumersi da ‘comportamenti concludenti’ […]” – non fa altro che rendere ancora più necessario un intervento chiarificatore, a parere di chi scrive, da parte del Legislatore, ai fini della chiarezza e della uniformità di applicazione delle norme di riferimento tra “Società a controllo pubblico” e “Società a partecipazione pubblica” – sul tema del “controllo analogo congiunto” con o senza patti parasociali e/o “fatti concludenti” - con sullo sfondo il tema delle procedure di affidamento dei servizi comunali e la loro legittimità e coerenza rispetto al quadro normativo di riferimento a cui le stesse si richiamano (tra le altre, essere o meno soggette a Tusp).

Le concessioni cimiteriali fra gestione amministrativa e aspetti fiscali

La natura giuridica delle concessioniLa disciplina delle concessioni cimiteriali trova la sua fonte del diritto primaria, oltre che nel Dpr. n. 285/19901, nelle disposizioni contenute nel Codice civile ma anche nelle leggi regionali e nei Regolamenti comunali. Infatti, l’art. 823 del Cc.,2 stabilisce che i beni che fanno parte del demanio pubblico sono inalienabili e non posso-no formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non con le modalità e nei limiti stabiliti dalla legge. Il successivo art. 824 del Cc.3 individua, fra questi beni, anche i Cimiteri (e i Mercati comunali) ma a condizione che appartengono ai Comuni.Di conseguenza, rientra nelle competenze comunali la tu-tela e la gestione dei Cimiteri: pertanto il Comune, quale

titolare della demanialità dei cimiteri, ha la facoltà di con-cedere ai privati o agli Enti l’uso di aree per la costruzione di sepolcri a tumulazione, facoltà il cui esercizio, oltre che rimanere discrezionale, è subordinata alla preventiva ed espressa previsione di tali aree secondo quanto dispone il Piano regolatore cimiteriale (Consiglio di Stato, Sezione V - Sentenza n. 5505/2002).Oggetto delle concessioni cimiteriali sono le tombe a ter-ra, le tombe di famiglia, i loculi, le urne cinerarie, gli ossa-ri, mentre i soggetti interessati sono il concedente - cioè il Comune - il Concessionario, cioè il titolare della con-cessione, e gli “utilizzatori finali”. Si può quindi dire che la concessione di aree o porzioni di edificio in un Cimitero pubblico si configura quale concessione amministrativa di

del Dott. Stefano Paoli - Consulente Legale Formazione Professionale, Esperto in materie giuridiche applicate alla P.A.

1 Dpr. n. 285/1990 – “Approvazione del Regolamento di Polizia mortuaria”.

2 Art. 823 Cc. – “Condizione giuridica del demanio pubblico”.“I beni che fanno parte del demanio pubblico sono inalienabili e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano. Spetta all’autorità amministrativa la tutela dei beni che fanno parte del demanio pubblico. Essa ha facoltà sia di procedere in via amministrativa, sia di valersi dei mezzi ordinari a difesa della proprietà e del possesso regolati dal presente Codice.”

3 Art. 824 del Cc. – “Beni delle province e dei comuni soggetti al regime dei beni demaniali”. “I beni della specie di quelli indicati dal comma dell’art. 822, se appartengono alle Provincie o ai Comuni, sono soggetti al regime del demanio pubblico. Allo stesso regime sono soggetti i cimiteri e i mercati comunali”.

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un bene pubblico soggetto al regime demaniale, ex art. 824 del Cc. Tali concessioni, a prescindere dal nome juris utilizzato e dal contenuto si identificano quali “concessioni contratto”.La concessione cimiteriale è un provvedimento con il qua-le si effettua l’assegnazione delle sepolture private a per-sone fisiche o giuridiche affinché queste ne usufruiscano per la collocazione dei defunti della propria famiglia o dei propri associati.La concessione cimiteriale ha natura traslativa e produce nel privato concessionario un diritto reale suscettibile di trasmissione per atti inter vivos o mortis causa e perciò è opponibile iure privatorum agli altri privati. Con il rila-scio della concessione il Comune può imporre ai titola-ri delle concessioni determinati obblighi, tra cui quello di costruire la sepoltura entro un tempo determinato pena la decadenza della concessione stessa (art. 92 del Dpr. n. 285/1990)4. L’atto di concessione può prevedere anche l’obbligo a carico del Concessionario della manutenzione ordinaria e/o straordinaria delle tombe e/o l’esecuzione di opere che il Comune intenda prescrivere per motivi di de-coro, di sicurezza e d’igiene.Dal rilascio della concessione cimiteriale deriva: - il diritto oggettivo di uso dell’area, cioè il poter erigere sulla superficie concessa manufatti sepolcrali;

- il diritto di natura personale, il c.d. ”jus sepulchri”. Lo “jus sepulchri”Lo “jus sepulchri” sorge in forza di una concessione aven-te per oggetto, non già la mera area cimiteriale su cui eri-gere o comunque impiantare un sepolcro (a sistema di inumazione o tumulazione), ma il solo diritto d’uso su un edificio sepolcrale o porzione dello stesso: in buona so-stanza, è il diritto ad essere tumulato nel sepolcro oggetto della concessione.Una volta rilasciata la concessione, il Comune non può di-squisire circa la volontà del titolare della stessa in ordine a chi debba esservi seppellito, salvo procedere alla revoca del titolo abilitativo per ragioni di pubblico interesse. Di conseguenza, la volontà del titolare della concessione in qualunque modo manifestata (anche per testamento) ed in mancanza di indicazioni da parte dell’originario Con-cessionario, il diritto di disporre dello “jus sepulchri” per

atti sia inter vivos che mortis causa sia trasferisce a chi lo riceve iure sanguini (Tar Lazio, Roma – Sezione II - Sen-tenza n. 6840/2013).Il diritto di usare la sepoltura non è commerciabile, né alie-nabile, ma è circoscritto alla possibilità di utilizzo per la collocazione della salma del Concessionario e dei defunti appartenenti alla sua famiglia. Può essere però consentita su richiesta del Concessionario, secondo i criteri e le mo-dalità previste dai Regolamenti comunali, la tumulazione di salme di persone che risultino essere state con lo stes-so conviventi nonché di persone che abbiano acquisito particolari benemerenze nei confronti del titolare.Spiega bene il Consiglio di Stato (Sezione V - Sentenza n. 4833/2014) che “nel corso del rapporto concessorio si devono rispettare tutte le norme di legge e di regolamen-to emanate per la disciplina dei suoi specifici aspetti, in quanto lo jus sepulchri attiene ad una fase di utilizzo del bene che segue lo sfruttamento del suolo mediante edifi-cazione della cappella e che soggiace all’applicazione del regolamento di polizia mortuaria”. Pertanto, “questa disciplina si colloca ad un livello anco-ra più elevato di quello che contraddistingue l’interesse del concedente e soddisfa superiore interessi pubblici di ordine igienico-sanitario, oltre che edilizio e di ordine pub-blico”. Le caratteristiche della concessione cimiterialea) Il rilascioLe modalità per il rilascio di una concessione cimiteriale sono stabilite dal regolamento comunale cimiteriale. Di norma, il richiedente, che potrebbe essere anche il futuro “utilizzatore”, presenta un’istanza all’ufficio competente, alla quale fare seguito il pagamento della relativa tariffa. Tale pagamento può essere dimostrato anche al momento della presentazione dell’istanza allegando alla stessa la relativa ricevuta.La domanda di rilascio della concessione è prodotta in bollo in quanto sconta l’Imposta sin dall’origine.Con il rilascio della concessione, il titolare della stessa ha il diritto di usare la sepoltura per un periodo di tem-po determinato alle condizioni stabilite dal Regolamento comunale, ma rimane integro per il Comune il diritto di proprietà.

4 Art. 92: “1. Le concessioni previste dall’art. 90 sono a tempo determinato e di durata non superiore a 99 anni, salvo rinnovo. 2. Le concessioni a tempo determinato di durata eventualmente eccedente i 99 anni, rilasciate anteriormente alla data di entrata in vigore del Dpr. n. 803/1975, possono essere revocate, quando siano trascorsi 50 anni dalla tumulazione dell’ultima salma, ove si verifichi una grave situazione di insufficienza del Cimitero rispetto al fabbisogno del comune e non sia possibile provvedere tempestivamente all’ampliamento o alla costruzione di nuovo Cimitero. Tutte le concessioni si estinguono con la soppressione del Cimitero, salvo quando disposto nell’art. 98. 3. Con l’atto della concessione il Comune può importare ai concessionari determinati obblighi, tra cui quello di costruire la sepoltura entro un tempo determinato pena la decadenza della concessione. 4. Non può essere fatta concessione di aree per sepolture private a persone o ad enti che mirino a farne oggetto di lucro e di speculazione”.

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Non esiste nel nostro ordinamento una norma che pre-veda l’obbligo del rilascio della concessione mediante stipula in forma pubblica amministrativa; tuttavia, qualora l’atto sia redatto con questa forma, necessita della parteci-pazione del Segretario comunale quale Ufficiale rogante, sebbene di norma l’atto sia redatto come scrittura privata, registrabile in caso d’uso, sottoscritto dal Dirigente/P.o. e dal Concessionario.b) La durataPrima dell’entrata in vigore delle vigenti disposizioni di leg-ge, l’art. 100 del Rd. n. 448/18925, stabiliva che il posto per sepoltura privata potrà essere concessa a tempo deter-minato o perpetua. Successivamente, l’art. 93 del Dpr. n. 803/19756 aveva escluso la natura perpetua delle conces-sioni e fino ad un certo momento storico, le concessioni potevano essere rilasciate sine die, salvo l’esercizio da parte della stessa Amministrazione di rivedere la propria decisione in autotutela.In proposito, il Consiglio di Stato (Sezione IV - Sentenza n. 4530/2017) afferma che il Comune non può dichiarare scadute le concessioni perpetue: “di fronte ad una con-cessione perpetua l’Amministrazione potrebbe, semmai, nell’esercizio del proprio potere di autotutela, revocare l’atto per sopravvenuti motivi di interesse pubblico o per mutamento della situazione di fatto non prevedibile al mo-mento dell’adozione del provvedimento o, anche, sem-plicemente, pera una nuova valutazione degli elementi e dei presupposti di fatto preesistenti, ma ciò con il rispetto delle garanzie e delle modalità (soprattutto quanto alla previsione dell’indennizzo economico) previsto dall’art. 21-quinquies della Legge generale n. 241/1990 a tutela delle posizioni giuridiche maturate dal privato a seguito dell’atto ampliativo”.Ma questa impostazione si è scontrata con la giurispru-denza e ancora oggi, nonostante la normativa sia stata modificata, trova Pronunce che confermano la illegittimità delle concessioni a tempo indeterminato. Si veda, per tut-te, la Sentenza 31 gennaio 2014, n. 289 del Tar Puglia, Lecce – Sezione II, secondo la quale “la natura demaniale dei Cimiteri contrasta con la perpetuità delle concessioni

cimiteriali; essa infatti finirebbe per occultare un vero e proprio diritto di proprietà sul bene demaniale (Cimitero) che, per sua natura, è un bene pubblico, destinato a van-taggio dell’intera collettività. Ne consegue che l’utilizzo di tale bene a favore di alcuni soggetti – che è ciò che si verifica attraverso una concessione – deve necessaria-mente essere temporalmente limitato anche stabilendo una durata prolungata nel tempo e rinnovabile alla sca-denza, venendo altrimenti contraddetta la sua ontologica finalità pubblica, al quale il bene verrebbe definitivamente sottratto”.Cronologicamente, quindi, le concessioni perpetue esisto-no fino al 9 febbraio 1976, dato che dal giorno successivo sono divenute illegittime e seguito dell’entrata in vigore del citato Dpr. n. 803/1975.La querelle è stata risolta dall’art. 92 del Dpr. n. 285/1990, il quale stabilisce che le concessioni sono rilasciate a tem-po determinato e comunque di durata non superiore a 99 anni, salvo rinnovo, secondo le modalità stabilite dal Re-golamento comunale: è comunque un modo più elegante per non dire che sono perpetue! Tuttavia, le concessioni a tempo determinato di durata eventualmente eccedente i 99 anni, possono essere revocate trascorsi 50 anni dalla tumulazione dell’ultima salma, in caso di insufficienza di posti nel Cimitero rispetto al fabbisogno e non sia possibi-le provvedere tempestivamente all’ampliamento o alla co-struzione di un nuovo Cimitero. La norma trova consenso anche nella giurisprudenza: fra tutte la Sentenza 9 agosto 2016, n. 797 del Tar Basilicata – Sezione 1, secondo la quale l’eventuale norma di un Regolamento comune che prevede l’estinzione delle concessioni perpetue a segui-to di estumulazione della salma non contrasta con l’art. 92 citato ed è conforme al Principio di corrispondenza tra estinzione della concessione ed estumulazione ex art. 86 Dpr. n. 285/19907.La decorrenza della concessione, di norma, coincide con la data della prima sepoltura, ma quando la data della se-poltura non è certa e l’occupazione è avvenuta immedia-tamente a seguito del decesso, si fa riferimento alla data della morte. Nel caso in cui la data della sepoltura non sia

5 Rd. 25 luglio 1892, n. 448, che approva il Regolamento di Polizia mortuaria. Il Provvedimento è stato abrogato dal Dlgs. n. 212/2010.

6 Dpr. n. 803/1975 – Regolamento di Polizia mortuaria. Il Provvedimento è stato abrogato dal Dpr. n. 285/1990.

7 Art. 86: “1. Le estumulazioni, quando non si tratti di salme tumulate in sepolture private la concessione perpetua, si eseguono allo scadere del periodo della concessione e sono regolate dal Sindaco. 2. I feretri estumulati, compresi quelli delle sepolture private a concessione perpetua, devono essere inumati dopo che sia stata praticata nella cassa metallica una opportuna apertura al fine di consentire la ripresa del processo di mineralizzazione del cadavere. 3. Per le salme estumulate allo scadere di concessioni della durata di oltre 20 anni il periodo di rotazione del terreno può essere abbreviato al termine minimo di 5 anni. 4. Il Ministro della Sanità, sentito il Consiglio superiore di Sanità, può autorizzare ulteriori abbreviazioni quando ricorrano le condizioni previste dal comma 3 dell’art. 82. 5. Qualora le salme estumulate si trovino in condizione di completa mineralizzazione può provvedersi alla immediata raccolta dei resti mortali in cassette ossario su parere del Coordinatore sanitario”.

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certa e l’occupazione è avvenuta per ricollocazione di resti mortali derivanti da operazioni di traslazione, esumazione o cremazione, ci si riferisce alla data del contratto di con-cessione.La concessione rilasciata può essere oggetto di subentro e il Regolamento comunale deve disciplinare tale possibi-lità. In particolare, si dovrebbe limitare il subentro al solo jus sepulchri, fermo restando la posizione del Concessio-nario nella persona originariamente individuata, cosicché l’individuazione delle persone destinate alla sepoltura (art. 93 del Dpr. n. 285/1990)8, è sempre valutata sulla base delle relazioni di parentela intercorrenti con il Concessio-nario originario. Inoltre, sarebbe opportuno che i Rego-lamenti così come le concessioni prevedessero che alla morte dell’originario Concessionario subentrino in que-sta posizione uno o più dei titolari dello jus sepulchri in senso stretto, su domanda degli stessi, mentre decorso inutilmente detto termine il Comune dovrebbe procedere d’ufficio.Il ricorso al subentro nella posizione del Concessionario originario è l’opzione migliore in quanto permette di ricon-durre a unità il complesso di posizioni giuridiche che face-vano capo allo stesso, anche se finirebbe con il dilatare a dismisura la platea degli aventi titolo di accoglimento nel sepolcro. Questi ultimi comunque potranno esercitare questo loro diritto in base alla cronologia dei decessi e sino al raggiungimento della massima capacità ricettiva del sepolcro stesso, stante il combinato disposto tra gli artt. 879 e 93, comma 1, Dpr. n. 295/1990.La “fine” della concessione cimiterialeL’ipotesi logica che pone fine alla durata di una conces-sione è la sua estinzione, che si verifica al momento della scadenza senza che si proceda al suo rinnovo ma anche quando il Concessionario rinuncia alla concessione. La possibilità di accettare la richiesta di rinuncia non è, né una facoltà, né un obbligo del Comune, ma la possibilità,

se ritenuta opportuna, deve essere disciplinata dal Rego-lamento comunale, il quale deve stabilire l’iter amministra-tivo. In particolare, deve stabilire se la domanda di rinuncia può essere presentata in qualsiasi momento durante la durata della concessione e/o quando la sepoltura non è utilizzata o al defunto è stata data una diversa collocazione. È opportuno prevedere anche il rimborso dell’importo rela-tivo al periodo residuale ma è possibile anche individuare una durata inferiore alla quale il rimborso non è dovuto o quando la sepoltura retrocessa non può essere riutilizza-ta. In proposito, il Regolamento deve anche specificare quale sia la tariffa da prendere come riferimento in caso di rimborso fra quella vigente al momento della presentazio-ne della domanda di rinuncia o quella pagata al momento del rilascio della concessione. Deve essere altresì stabilita la modalità di calcolo per gli anni residui, se cioè devo-no essere calcolati in ragione di anno intero o frazione di anno superiore a 180 giorni con decorrenza dalla data della concessione.10

Altre ipotesi di “fine” della concessione sono la decadenza e la revoca.La decadenza è prevista nei casi di inosservanza delle condizioni contenute nella concessione e di quelle del Regolamento comunale. È un atto unilaterale comunale in base al quale si interrompe la concessione prima della sua naturale scadenza per inadempienza del concessio-nario.La revoca della concessione invece può essere disposta unilateralmente dal Comune prima della scadenza per motivi di pubblica utilità. Il provvedimento di revoca può essere anche adottato in caso di abbandono della sepol-tura privata per incuria o per morte degli aventi diritto (art. 62 Dpr. n. 285/1990)11. Di conseguenza, per l’esistenza di uno stato di abbandono di un’area cimiteriale ai fini dell’a-dozione di un atto di revoca devono ricorrere precisi re-

8 Art. 93: “1. Il diritto di uso delle sepolture private concesse a persone fisiche è riservato alle persone dei concessionari e dei loro familiari; di quelle concesse ad enti è riservato alle persone contemplate dal relativo ordinamento e dall’atto di concessione. In ogni caso, tale diritto si esercita fino al completamento della capienza del sepolcro. 2. Può altresì essere consentita, su richiesta di Concessionari, la tumulazione di salme di persone che risultino essere state con loro conviventi, nonché di salme di persone che abbiano acquisito particolari benemerenze nei confronti dei concessionari, secondo i criteri stabiliti nei regolamenti comunali”.

9 Art. 87: “1. È vietato eseguire sulle salme tumulate operazioni tendenti a ridurre il cadavere entro contenitori di misura inferiore a quello delle casse con le quali fu collocato nel loculo al momento della tumulazione. 2. Il Responsabile del servizio di custodia del cimitero è tenuto a denunciare all’Autorità giudiziaria ed al Sindaco chiunque esegue sulle salme operazioni nelle quali possa configurarsi il sospetto di reato di vilipendio di cadavere previsto dall’art. 410 del Codice penale”.

10 Di norma, la formula usata per il calcolo del rimborso è data dall’importo della concessione moltiplicato per gli anni di residuo della durata diviso il numero di anni della durata della concessione.

11 Art. 62 - “1. Sulle aree concesse per sepolture private possono essere innalzati monumenti ed applicate lapidi secondo speciali norme e condizioni da stabilirsi nel Regolamento comunale di igiene”.

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quisiti temporali, nel senso che deve essere dimostrato che da lungo tempo il Concessionario o chi per lui non si è recato al Cimitero, e oggettivi nel senso che l’area stessa deve risultare impraticabile e/o comunque il manufatto esi-stente sia danneggiato in seguito allo stato di abbandono. L’immemorialeL’istituto dell’immemoriale è stato superato con la Legge 20 marzo 1865, n. 224812, per i rapporti privati, potendo persistere, a determinate condizioni, in quelli di diritto pub-blico.Con questo termine si intende un rapporto la cui origine può consentire una presunzione di legittimità sulla sua co-stituzione e deriva da una regola diffusa nel diritto comune europeo per la quale, in presenza di una situazione ove c’è un determinato stato di fatto, non smentito da nessun documento e non ostacolato da alcuna opposta circo-stanza che si ricordi, e deve ritenersi che lo stato di fatto esistente sia legittimo. È quindi una sorta di “sanatoria” basata sulla prova storica con cui regolarizzare rapporti esistenti di fatto dei quali si sono smarriti i documenti.Il problema quindi si sposta sulla prova di legittimità del diritto di proprietà. Il Regolamento comunale potrebbe in-dividuare procedimenti dettagliati d’attuazione dell’istituto, fermi restando però gli elementi essenziali, spettando co-munque al Giudice dichiarare l’esistenza del diritto eserci-tato in mancanza del titolo. Il Regolamento comunale potrebbe prevedere 2 ipotesi per l’utilizzo dell’immemoriale: - fare riferimento, in modo che chi reclama un diritto d’uso di un sepolcro privato possa adire al Giudice per accer-tare il diritto di cui ritiene di essere titolare, recependo la decisione del Giudice;

- trasformare gli strumenti di prova dell’immemoriale in un procedimento di accertamento del diritto vantato.

Dottrina e giurisprudenza distinguono l’usucapione, inteso come effettivo modo d’acquisto della proprietà, dall’imme-moriale, che è il presupposto per considerare esistente un diritto.L’usucapione è anche un mezzo per provare la proprietà con il trascorrere del tempo previsto per legge. Parimenti chi possiede da tempo immemorabile potrà, se non dispo-ne di un titolo, fondare il suo diritto proprio su questo tipo di possesso prolungato.La gestione fiscale delle concessioniCome già ricordato, le concessioni cimiteriali sono con-cessioni su beni demaniali e non esiste norma che pre-veda l’obbligatorietà della stipula del relativo atto in forma pubblica amministrativa. Sulle aree concesse per sepolture private possono essere innalzati monumenti ed applicate lapidi secondo speciali norme e condizioni da stabilirsi nel regolamento comunale di igiene. In genere questi atti sono stipulati nella forma della scrit-tura privata non autenticata ed in questo caso devono es-sere registrate in caso d’uso ma solo quando l’ammontare dell’Imposta risulti inferiore a Euro 200.13

Per quanto riguarda l’Iva, la Cgue14 ha stabilito che le concessioni di aree e di manufatti cimiteriali effettuate dai Comuni, in quanto rientranti tra le attività svolte dagli Enti pubblici quali pubblica autorità, devono ritenersi escluse dall’applicazione dell’Imposta, secondo quanto dispone l’art. 4, par. 5, primo periodo, della Direttiva VI del 1977, oggi art. 13, par. 1, della Direttiva 2006/112/Ce15. Analoga-mente il Mef con la Risoluzione 15 marzo 1990, n. 550606 afferma che “… la concessione di aree cimiteriali da parte dei Comuni è attività non rilevante ai fini Iva”.Anche il Legislatore, con l’art. 1, comma 14, del Dl. n. 417/1991,16 ha escluso dal campo di applicazione Iva, gli

12 Legge 20 marzo 1865, n. 2248 – “Per l’unificazione amministrativa del Regno d’Italia.”

13 Art. 2 – Tariffa, Parte II, All. Dpr. 131/86 e Mef, Circolare 15 maggio 1998, n. 126/E.

14 CGUE – Sentenza 17 ottobre 1989 – Cause riunite C-231/87 e 129/88.

15 Direttiva 2006/112/CE del Consiglio 28 novembre 2006 relativa al sistema comune d’Imposta sul valore aggiunto.“Art. 13, par.1: “1. Gli Stati, le Regioni, le Province, i Comuni e gli altri Enti di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità, anche quando, in relazione a tali attività od operazioni, percepiscono diritti, canoni, contributi o retribuzioni. Tuttavia, allorché tali Enti esercitano attività od operazioni di questo genere, essi devono essere considerati soggetti passivi per dette attività od operazioni quando il loro non assoggettamento provocherebbe distorsioni della concorrenza di una certa importanza”.16 Dl. n. 417/1991 - “Disposizioni concernenti criteri di applicazione dell’Imposta sul valore aggiunto, delle tasse per i contratti di trasferimento di titoli o valori e altre disposizioni tributarie urgenti.” Art. 1, comma 14 - “La disposizione contenuta nell’art. 26-bis del Dl. n. 415/1989, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 38/1990, deve intendersi nel senso che l’aliquota dell’Imposta sul valore aggiunto prevista per le opere di urbanizzazione primaria e secondaria di cui al nr. 22 della Tabella A, Parte seconda, allegata al Dpr. n. 633/1972, si applica agli immobili indicati nell’art. 54 del Dpr. n. 803/1975, e s.m., ivi compresi i manufatti per sepoltura, nonché’ le aree destinate alla costruzione ed all’ampliamento dei Cimiteri. Le concessioni di aree, di loculi cimiteriali e di altri manufatti per sepoltura, non costituiscono attività di natura commerciale agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto. (…omissis…)”.

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atti di concessioni di aree e manufatti cimiteriali che sono posti in essere dagli Enti pubblici in quanto agiscono, in questo particolare Settore, nell’espletamento di poteri e funzioni di natura pubblicistica.Diverso è invece il regime fiscale ai fini Iva quando il “con-cedente” non è il Comune. Infatti, gli atti di concessione

dei beni in questione rientrano nel campo di applicazione dell’Iva solo quando sono posti in essere da soggetti giu-ridicamente diversi dagli Enti territoriali e dagli Organismi di diritto pubblico operando solo in tal caso la presunzione di commercialità ai sensi dell’art. 4 del Dpr. n. 633/197217.L’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione 29 febbraio

17 Dpr. n. 633/1972 – “Istituzione e disciplina dell’Imposta sul valore aggiunto”.Art. 4 – Esercizio di imprese“Per esercizio di imprese si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché’ non esclusiva, delle attività commerciali o agricole di cui agli artt. 2135 e 2195 Cc., anche se non organizzate in forma di impresa, nonché’ l’esercizio di attività, organizzate in forma d’impresa, dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell’art. 2195 del Cc.. Si considerano in ogni caso effettuate nell’esercizio di imprese: 1) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte dalle Società in nome collettivo e in accomandita semplice, dalle Società per azioni e in accomandita per azioni, dalle Società a responsabilità limitata, dalle società cooperative, di mutua assicurazione e di armamento, dalle Società estere di cui all’art. 2507 del Cc. e dalle Società di fatto;2) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte da altri Enti pubblici e privati, compresi i Consorzi, le Associazioni o altre organizzazioni senza personalità giuridica e le società semplici, che abbiano per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali o agricole. Si considerano effettuate in ogni caso nell’esercizio di imprese, a norma del precedente comma, anche le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte dalle società e dagli enti ivi indicati ai propri soci, associati o partecipanti. Per gli Enti indicati al n. 2) del comma 2, che non abbiano per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali o agricole, si considerano effettuate nell’esercizio di imprese soltanto le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte nell’esercizio di attività commerciali o agricole. Si considerano fatte nell’esercizio di attività commerciali anche le cessioni di beni e le prestazioni di servizi ai soci, associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, o di contributi supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto, ad esclusione di quelle effettuate in conformità alle finalità istituzionali da Associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona, anche se rese nei confronti di associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, nonché’ dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali. Agli effetti delle disposizioni di questo articolo sono considerate in ogni caso commerciali, ancorché esercitate da Enti pubblici, le seguenti attività: a) cessioni di beni nuovi prodotti per la vendita, escluse le pubblicazioni delle Associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona cedute prevalentemente ai propri associati; b) erogazione di acqua e servizi di fognatura e depurazione, gas, energia elettrica e vapore; c) gestione di fiere ed esposizioni a carattere commerciale; d) gestione di spacci aziendali, gestione di mense e somministrazione di pasti; e) trasporto e deposito di merci; f) trasporto di persone; g) organizzazione di viaggi e soggiorni turistici; prestazioni alberghiere o di alloggio; h) servizi portuali e aeroportuali; i) pubblicità commerciale; l) telecomunicazioni e radiodiffusioni circolari. Non sono invece considerate attività commerciali: le operazioni effettuate dallo Stato, dalle Regioni, dalle Province, dai Comuni e dagli altri Enti di diritto pubblico nell’ambito di attività di pubblica autorità; le operazioni relative all’oro e alle valute estere, compresi i depositi anche in conto corrente, effettuate dalla Banca d’Italia e dall’Ufficio italiano dei cambi; la gestione, da parte delle Amministrazioni militari o dei Corpi di Polizia, di mense e spacci riservati al proprio personale ed a quello dei Ministeri da cui dipendono, ammesso ad usufruirne per particolari motivi inerenti al servizio; la prestazione alle Imprese consorziate o socie, da parte di consorzi o cooperative, di garanzie mutualistiche e di servizi concernenti il controllo qualitativo dei prodotti, compresa l’applicazione di marchi di qualità; le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in occasione di manifestazioni propagandistiche dai Partiti politici rappresentati nelle Assemblee nazionali e regionali. Non sono considerate, inoltre, attività commerciali, anche in deroga al comma 2:a) il possesso e la gestione di unità immobiliari classificate o classificabili nella Categoria catastale ‘A’ e le loro pertinenze, ad esclusione delle unità classificate o classificabili nella Categoria catastale ‘A10’, di unità da diporto, di aeromobili da turismo o di qualsiasi altro mezzo di trasporto ad uso privato, di complessi sportivi o ricreativi, compresi quelli destinati all’ormeggio, al ricovero e al servizio di unità da diporto, da parte di Società o Enti, qualora la partecipazione ad essi consenta, gratuitamente o verso un corrispettivo inferiore al valore normale, il godimento, personale, o familiare dei beni e degli impianti stessi, ovvero quando tale godimento sia conseguito indirettamente dai soci o partecipanti, alle suddette condizioni, anche attraverso la partecipazione ad Associazioni, Enti o altre organizzazioni; b) il possesso, non strumentale né accessorio ad altre attività esercitate, di partecipazioni o quote sociali, di obbligazioni o titoli similari, costituenti immobilizzazioni, al fine di percepire dividendi, interessi o altri frutti, senza strutture dirette ad esercitare attività finanziaria, ovvero attività di indirizzo, di coordinamento o altri interventi nella gestione delle Società partecipate. Per le Associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli Enti di cui all’art. 3, comma 6, lett. e), della Legge n. 287/1991, le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell’Interno, non si considera commerciale, anche se effettuata verso pagamento di corrispettivi specifici, la somministrazione di alimenti e bevande effettuata, presso le sedi in cui viene svolta l’attività istituzionale, da bar ed esercizi similari, sempreché’ tale attività sia strettamente complementare a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali e sia effettuata nei confronti degli stessi soggetti indicati nel secondo periodo del comma 4. Le disposizioni di cui ai commi 4, secondo periodo, e 6, si applicano a condizione che le Associazioni interessate si conformino alle seguenti clausole, da inserire nei relativi atti costitutivi o statuti redatti nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata: a) divieto di distribuire anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell’associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge; b) obbligo di devolvere il patrimonio dell’Ente, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altra Associazione con finalità analoghe o ai fini di pubblica utilità, sentito l’organismo di controllo di cui all’art. 3, comma 190, della Legge n. 662/1996, e salvo diversa destinazione imposta dalla legge;

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2002, n. 376,18 afferma che “le cessioni a terzi in conces-sione d’uso dei loculi cimiteriali per 99 anni, effettuate dal-la Società concessionaria rientrano nel campo di applica-zione dell’Iva e che ad esse si rende applicabile l’aliquota prevista dalla Tabella A, parte III, n. 127-quinquies, alle-gata al Dpr. n. 633/1972 in quanto i loculi sono assimila-bili alle opere di urbanizzazione primaria ai sensi dell’art. 26-bis del Dl. n. 415/1989, convertito con modificazioni dalla Legge n. 38/1990 e dall’interpretazione autentica di tale norma contenuta nell’art. 1, comma 14, del Dl. n. 417/1991 convertito dalla Legge n. 66/1992”.In tal senso si è espressa anche la Corte di Cassazione, Sezione V Civile, con la Sentenza 11 febbraio 2015, n. 2639, anche se riguardava altra fattispecie, secondo la quale sono “attività poste in essere nella qualità di ‘pub-blica autorità’ quelle riconducibili ad atti e provvedimen-ti tipici delle Autorità localmente preposte alla cura delle funzioni pubbliche. Quando, invece, tali Enti agiscono in forza dello stesso regime cui sono sottoposti gli operatori economici privati, non si può ritenere che svolgano attività in quanto pubbliche autorità e, conseguentemente, devo-no essere considerati soggetti passivi ai fini Iva”.Ricordato quanto sopra, l’interpretazione rigorosamente rivolta ad escludere da Iva certe operazioni di concessio-ne di beni e/o servizi pubblici dovrebbe essere oggetto di revisione alla luce della posizione più illuminata assunta dal 2008 in poi dall’Amministrazione finanziaria in meri-

to alla definizione del perimetro applicativo del concetto di “pubblica autorità” e di “potere d’imperio”, secondo la quale tale esercizio è limitato oramai a ridotte attività co-munali, atteso che la mera natura pubblicistica dell’atto regolamentatore di un’operazione (su tutte, la concessio-ne di bene e/o di servizi pubblico), così come la natura pubblicistica del bene oggetto del “rapporto obbligatorio a prestazioni corrispettive”, non sono sinonimo assoluto di manifestazione di pubblica autorità e quindi di esclusione dell’operazione da Iva.Le disposizioni e prassi cui fare riferimento oggi sono le seguenti: - norme comunitarie, in particolare l’art. 4, n. 5, commi 2 e 4, della VI Direttiva Iva 17 maggio 1977, 77/388/Cee, come trasfuso nella Direttiva n. 112/2006;

- Sentenze della Corte di giustizia europea, estendibili anche alle concessioni cimiteriali, tra cui citiamo:• la Sentenza 16 settembre 2008, Causa C-288/07;• la Sentenza 4 giugno 2009, C-102/08;

- norme nazionali, in particolare l’art. 4, commi 4 e 5, del Dpr. n. 633/1972, sebbene occorra rilevare che, con le modifiche introdotte al comma 5 dal Dl. n. 179/2012, è stato richiamato molto parzialmente il concetto di “pub-blica autorità”, ma non anche quello (molto più impor-tante, in base alle Direttive comunitarie) di “distorsione di concorrenza”, pertanto la normativa nazionale appare ad oggi incompleta;

c) disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l’effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente ogni limitazione in funzione della temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d’età il diritto di voto per l’approvazione e le modificazioni dello Statuto e dei Regolamenti e per la nomina degli Organi direttivi dell’Associazione; d) obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie; e) eleggibilità libera degli Organi amministrativi, principio del voto singolo di cui all’art. 2532, comma 2, del Cc., sovranità dell’Assemblea dei soci, associati o partecipanti e i criteri di loro ammissione ed esclusione, criteri e idonee forme di pubblicità delle convocazioni assembleari, delle relative Deliberazioni, dei bilanci o rendiconti è ammesso il voto per corrispondenza per le Associazioni il cui atto costitutivo, anteriore al 1 gennaio 1997, preveda tale modalità di voto ai sensi dell’art. 2532, ultimo comma, del Cc. e sempreché le stesse abbiano rilevanza a livello nazionale e siano prive di organizzazione a livello locale; f) intrasmissibilità della quota o contributo associativo ad eccezione dei trasferimenti a causa di morte e non rivalutabilità della stessa. Le disposizioni di cui alle lett. c) ed e) del comma 7 non si applicano alle Associazioni religiose riconosciute dalle confessioni con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, nonché alle Associazioni politiche, sindacali e di categoria. Non sono invece considerate attività commerciali: le operazioni relative all’oro e alle valute estere, compresi i depositi anche in conto corrente, di cui siano parti la Banca d’Italia, l’Ufficio italiano dei cambi o le Banche agenti; le operazioni inerenti e connesse all’organizzazione ed all’esercizio del lotto e delle lotterie nazionali nonché dei giuochi di abilità e dei concorsi pronostici di cui alla Legge n. 764/1973; la gestione, da parte delle Amministrazioni militari e dei Corpi di Polizia, di mense e spacci riservati esclusivamente al personale dipendente; la prestazione alle imprese consorziate, da parte dei relativi Consorzi, di garanzie mutualistiche e di servizi concernenti il controllo qualitativo dei prodotti, compresa l’applicazione di marchi di qualità; le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in occasione di manifestazioni propagandistiche dai partiti politici rappresentati nelle assemblee nazionali e regionali; le cessioni degli atti e delle pubblicazioni parlamentari poste in essere dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica le cessioni di beni e prestazioni di servizi poste in essere dalla Presidenza della Repubblica, dal Senato della Repubblica, dalla Camera dei deputati e dalla Corte Costituzionale, nel perseguimento delle proprie finalità istituzionali; le prestazioni sanitarie soggette al pagamento di quote di partecipazione alla spesa sanitaria erogate dalle Unità sanitarie locali e dalle Aziende ospedaliere del Servizio sanitario nazionale. Le disposizioni sulla perdita della qualifica di ente non commerciale di cui all’art. 111-bis del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con Dpr. n. 917/1986, si applicano anche ai fini dell’Imposta sul valore aggiunto”.

18 Agenzia Entrate – Risoluzione 29 novembre 2002, n. 326 - “Istanza di interpello – Trattamento Iva da riservare alle concessioni in uso a privati di loculi, cappelle ed altri manufatti cimiteriali”.

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- Prassi ministeriali, tra cui citiamo:• la Risoluzione Agenzia delle Entrate n. 321/E del 29

luglio 2008;• la Risoluzione Agenzia delle Entrate n. 292/E del 10

luglio 2008;• la Risoluzione Agenzia delle Entrate n. 348/E del 7

agosto 2008;• la Risoluzione Agenzia delle Entrate n. 122/E del 6

maggio 2009;• la Risoluzione Agenzia delle Entrate n. 169 del 1° lu-

glio 2009. Alla luce di quanto sopra, i concetti espressi dall’art. 1, comma 14, del Dl. n. 417/1991 e richiamati, tra le altre, dalle Cm. Finanze n. 8/93 e Rm. Finanze n. 376/1992, ap-paiono oggi superati laddove prevedano la non rilevanza Iva dei servizi di concessione di loculi cimiteriali svolti di-rettamente dal Comune e degli altri servizi cimiteriali svol-ti direttamente dal Comune per mancanza del requisito soggettivo.In effetti, alla luce delle citate Sentenze della Corte di Giustizia, sul concetto di “distorsione della concorrenza”

relativo ai servizi resi dagli enti pubblici nella loro veste di pubblica autorità (in particolare, la gestione dei “Par-cheggi”, ma il concetto è estendibile anche alle concessio-ni cimiteriali), è stata precisata in modo inequivocabile la sussistenza della distorsione di concorrenza e a tal fine si è fatto riferimento al mercato nazionale e non ad un mer-cato locale. Ciò tende a restringere fortemente le ipotesi di servizi resi dai Comuni o Enti pubblici in quanto pubbli-che autorità senza che vi siano distorsioni di concorrenza, o meglio le elimina del tutto proprio nella misura in cui i medesimi servizi possono essere resi anche da privati ed a prescindere dal mercato in cui essi vengono effettuati. In altre parole, mutuando quanto detto dalla Corte in re-lazione ai servizi di “Parcheggio”, non interessa tanto sa-pere se i “Servizi cimiteriali” siano gestiti direttamente dal Comune nell’intero territoriale comunale e quindi afferma-re in linea teorica che la distorsione non sussiste proprio in mancanza di un concorrente privato in quel determinato mercato, ma ciò che dovrebbe rilevare è la circostanza che detti servizi possono potenzialmente essere resi an-che da operatori privati.

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Permessi retribuiti ai dipendenti di Società partecipate che svolgono un mandato elettoralea chi spetta l’onere del rimborso ?

“Alla luce dell’art. 80 del Tuel, a chi spetta l’onere del rimborso dei permessi retribuiti ai dipendenti di una Società a partecipazione pubblica, che svolgono un mandato elettorale ?”

Ai sensi dell’art. 80 del Tuel, le assenze dal servizio di cui ai commi 1, 2, 3, e 4 dell’art. 79, sono retribuite ai lavora-tori dal proprio datore di lavoro. Gli oneri di tali permessi retribuiti spettanti ai lavoratori che siano dipendenti presso privati o Enti pubblici economici sono a carico dell’Ente presso il quale gli stessi lavoratori svolgono le funzioni derivanti dal loro mandato elettorale. La norma prosegue stabilendo che “l’Ente, su richiesta documentata del da-tore di lavoro, è tenuto a rimborsare quanto dallo stesso corrisposto, per retribuzioni ed assicurazioni, per le ore o giornate di effettiva assenza del lavoratore. Il rimborso vie-ne effettuato dall’ente entro trenta giorni dalla richiesta”.Al fine di individuare la natura giuridica del datore di la-voro, così da poter attribuire con maggiore esattezza l’onere dei pagamenti dei permessi retribuiti ai lavoratori nello svolgimento del proprio mandato elettorale, occorre fare chiarezza sul regime normativo che disciplina gli Enti pubblici e gli Enti privati. All’art. 1, comma 2, del Dlgs. n. 165/2001, si considerano Pubbliche Amministrazioni “[…] tutte le Amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli Istituti e Scuole di ogni ordine e grado e le Istituzioni educative, le Aziende ed Amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro Consorzi e Associazioni, le Istituzioni uni-versitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro Asso-ciazioni, tutti gli Enti pubblici non economici nazionali, re-gionali e locali, le Amministrazioni, le Aziende e gli Enti del Servizio sanitario nazionale, l’Agenzia per la rappresen-tanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (Aran) e

le Agenzie di cui al Dlgs. n. 300/1999. Fino alla revisione organica della disciplina di settore, le disposizioni di cui al presente Decreto continuano ad applicarsi anche al Coni”.Analogamente, l’art. 1, commi 2 e 3, del Dlgs. n. 196/2009, ricomprende all’interno del Conto economico consolidato ai fini della rilevazione Istat, le Pubbliche Amministrazio-ni di cui all’art. 1, comma 2, del Dlgs. 165/2001, “ai fini della applicazione delle disposizioni in materia di finan-za pubblica, per Amministrazioni pubbliche si intendono, per l’anno 2011, gli Enti e i soggetti indicati a fini statistici nell’Elenco oggetto del Comunicato dell’Istituto nazionale di statistica (Istat) in data 24 luglio 2010, pubblicato in pari data nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 171, nonché a decorrere dall’anno 2012 gli Enti e i sog-getti indicati a fini statistici dal predetto Istituto nell’Elen-co oggetto del Comunicato del medesimo Istituto in data 30 settembre 2011, pubblicato in pari data nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 228, e successivi ag-giornamenti ai sensi del comma 3 del presente articolo, effettuati sulla base delle definizioni di cui agli specifici Regolamenti dell’Unione europea, le Autorità indipendenti e, comunque, le Amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del Dlgs. n. 165/2001, e s.m.. 3. La ricognizione delle Amministrazioni pubbliche di cui al comma 2 è operata annualmente dall’Istat con proprio provvedimento e pub-blicata nella Gazzetta Ufficiale entro il 30 settembre”.In merito alla questione, nel caso di una Società a parte-cipazione pubblica vi sono stati orientamenti giurispruden-ziali contrastanti, come ad esempio il Parere n. 706 del 16 novembre 2011 del Consiglio di Stato, nel quale viene

del Dott. Andrea Dominici - Laureato in Legge, specializzato in Giurista d’Impresa e Management Pubblico, Collaboratore presso Centro Studi Enti Locali

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affermato, in base al quadro normativo sopra delineato, che per Amministrazione pubblica si devono intendere tutte quelle Amministrazioni ricomprese nell’Elenco di cui all’art. 1, comma 2, del Dlgs. n. 165/2001, oltre a quelle di cui all’art. 1, comma 2 e 3, del Dlgs. n. 196/2003 e a quelle individuate espressamente ex lege, desumendo a contrario la natura di soggetto privato, quindi aventi diritto al rimborso da parte degli Enti Locali dei permessi retribu-iti ai dipendenti, tutte quelle non ricomprese in tali Elenchi, tra cui gli Enti pubblici economici e le Società a partecipa-zione pubblica. In senso opposto, un recente Parere della Corte dei conti Lombardia (la n. 256 del 2017), ribalta tale concezione, desumendo sempre dal quadro normativo sopra deline-ato la natura privata di tali soggetti, non dalla loro natura sostanziale ma dalla loro qualificazione formale. Per la Corte dei conti, la partecipazione pubblica in Società di capitali non consente l’acquisizione diretta della natura pubblicistica da parte delle stesse disponibilità finanziare della Società di diritto pubblico, proprio per la costituzione in forma societaria con una distinzione soggettiva tra So-cietà e Soci. Pertanto, rispetto all’orientamento delineato nel Parere n. 706/2011 del Consiglio di Stato, la parteci-

pazione pubblica all’interno di una Società per azioni non la fa ricomprendere all’interno dell’Elenco ai sensi dell’art. 1, commi 2 e 3, del Dlgs. n. 196/2003 per la presentazione del Consolidato economico ai fini della rilevazione Istat.L’orientamento sopra enunciato trova ulteriore conferma nel Dlgs. n. 175 del 19 agosto 2016, c.d. “Testo unico delle Società a partecipazione pubblica”, che all’art. 1, comma 3, stabilisce che, “’per tutto quanto non derogato dalle di-sposizioni del presente Decreto, si applicano alle Società a partecipazione pubblica le norme sulle Società contenu-te nel Codice civile e le norme generali di diritto privato’, oltre che all’art. 2 comma 1, lett. a) del medesimo Decreto “a) ‘Amministrazioni pubbliche’: le Amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del Dlgs. n. 165/2001, i loro Consorzi o Associazioni per qualsiasi fine istituiti, gli Enti pubblici economici e le Autorità di sistema portuale”.Alla luce di tali considerazioni, alle Società a partecipa-zione pubblica, che sia totale al 100% o in quota-parte, spetta il diritto di rimborso degli oneri derivanti dai permes-si retribuiti, da parte dell’Ente presso il quale i lavoratori svolgono il loro mandato elettorale, in quanto considerati datori di lavoro privati.

Subappalto e subcontrattoquali le differenze ? E’ possibile il pagamento diretto anche al subcontraente e quale regime fiscale deve applicare ?

Subappalto e sub-contratto: quali sono le differenze ed in quali casi è possibile il pagamento diretto al subcontraente ? Qual è il regime fiscale da applicare da parte del subcontraente ?

Il subappalto costituisce, ai sensi dell’art. 105 del Dlgs. n. 50/2016 (“Codice dei Contratti pubblici”), un “contratto con il quale l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di par-te delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto”.La stessa norma specifica che costituisce comunque su-bappalto “qualsiasi contratto avente ad oggetto attività ovunque espletate che richiedono l’impiego di manodo-

pera, quali le forniture con posa in opera e i noli a caldo, se singolarmente di importo superiore al 2% dell’impor-to delle prestazioni affidate o di importo superiore a Euro 100.000 e qualora l’incidenza del costo della manodopera e del personale sia superiore al 50% dell’importo del con-tratto da affidare”.In tali ipotesi, occorre la previa autorizzazione della stazio-ne appaltante e l’affidatario deve depositare il contratto di

della Dott.ssa Alessia Rinaldi - Consulente di Enti Pubblici, Enti Locali e Amministrazioni pubbliche, Pubblicista del Dott. Francesco Vegni - Consulente in materia di fiscalità erariale di Amministrazioni e Enti Pubblici, Pubblicista

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subappalto presso la stessa almeno 20 giorni prima della data di effettivo inizio dell’esecuzione delle relative pre-stazioni.Il contratto di subfornitura è invece disciplinato dall’art. 1, comma 1, della Legge n. 192/1998 (“Disciplina della subfornitura nelle attività produttive”), il quale stabilisce che “con il contratto di subfornitura un imprenditore si im-pegna a effettuare per conto di una Impresa committente lavorazioni su prodotti semilavorati o su materie prime for-niti dalla committente medesima, o si impegna a fornire all’impresa prodotti o servizi destinati ad essere incorpo-rati o comunque ad essere utilizzati nell’ambito dell’attività economica del committente o nella produzione di un bene complesso, in conformità a progetti esecutivi, conoscenze tecniche e tecnologiche, modelli o prototipi forniti dall’Im-presa committente”.Quindi, mentre il subappaltatore assume di eseguire in tutto o in parte una prestazione dell’appaltatore a bene-ficio della stazione appaltante, il subfornitore si impegna soltanto a porre nella disponibilità dell’appaltatore un pro-dotto e rileva fondamentalmente sotto il profilo privatistico dei rapporti commerciali fra le Aziende.La seconda parte del comma 2 dell’art. 105 sopra citato ammette l’esistenza di sub-contratti che non siano subap-palti, prevedendo comunque l’obbligo per l’affidatario di comunicare alla stazione appaltante, prima dell’inizio della prestazione, il nome del sub-contraente, l’importo del sub-contratto, l’oggetto del lavoro, servizio o fornitura affidati, nonché eventuali modifiche a tali informazioni avvenute nel corso del sub-contratto.La lett. c-bis) del comma 3 del medesimo art. 105 aggiunge una ulteriore casistica alle ipotesi di sub-contratti che non costituiscono subappalti, prevedendo espressamente che non si configura il subappalto in caso di “prestazioni rese in favore dei soggetti affidatari in forza di contratti conti-nuativi di cooperazione, servizio e/o fornitura sottoscritti in epoca anteriore alla indizione della procedura finalizzata alla aggiudicazione dell’appalto”. Anche in questo caso viene previsto che i relativi contratti debbano essere de-positati alla stazione appaltante prima o contestualmente alla sottoscrizione del contratto di appalto. Nelle fattispecie concrete, come quella oggetto del pre-sente quesito, l’Ente deve verificare quale ipotesi è confi-

gurabile, tenendo presente che:a. in caso di subappalto, previsto e ammesso nel bando di

gara a monte dell’affidamento nonché autorizzato dalla stazione appaltante, l’affidatario deve aver depositato il relativo contratto almeno 20 giorni prima dell’inizio ef-fettivo dei lavori;

b. in caso di sub-contratto, che non si configura come su-bappalto secondo le definizioni di cui all’art. 105, com-ma 2, l’affidatario deve aver comunicato alla stazione appaltante, prima dell’inizio della prestazione, il nome del sub-contraente, l’importo del sub-contratto, l’ogget-to del lavoro affidato;

c. in caso di sub-contratto avente ad oggetto prestazio-ni continuative di cooperazione, servizio e/o fornitura sottoscritto in epoca anteriore alla indizione della gara, l’affidatario deve aver depositato il relativo contratto pri-ma o contestualmente alla sottoscrizione del contratto di appalto.

Ciò premesso, ad avviso degli scriventi il pagamento di-retto è pacificamente ammesso dall’art. 105, comma 13, soltanto in caso di subappalto, ma non anche di subcon-tratto. Infatti, anche il cottimista - richiamato da tale nor-ma - è comunque un subappaltatore ai sensi dell’art. 3, lett. g-undecies), del Dlgs. n. 50/2016, e riteniamo che tale qualifica sia da estendere altresì alle ipotesi del “prestato-re di servizi” e del “fornitore di beni o lavori” - anch’esse richiamate dal citato comma 13 - tenuto conto della formu-lazione letterale delle norma (nonché dell’interpretazione teleologica della medesima).Da un punto di vista fiscale, la norma sul “reverse charge” applicato dai subappaltatori ex art. 17, comma 6, lett. a), del Dpr. n. 633/1972, appare tassativa, escludendo quindi subforniture che non rientrino nella stessa.Qualora, in base agli elementi sopra indicati, l’Ente ritenga che sia configurabile un subcontratto ma non un subappal-to, dal punto di vista fiscale non è possibile rientrare quindi nel sopra citato art. 17, comma 1, lett. a), del Decreto Iva. Peraltro, a seconda del tipo di servizio espletato dal sub-contraente, si potrebbe comunque rientrare nel regime del “reverse charge” (nel rapporto subcontraente-affidatario) ai sensi della successiva lett. a-ter) della stessa norma (esempio: prestazione del subcontraente qualificata come “demolizione edificio”).

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Accantonamento quote di bilancio in correlazione ai risultati negativi degli Organismi partecipati

Debiti Società in liquidazioneaccollo

Corte dei conti Sicilia, Delibera n. 119 del 5 giugno 2019

Corte dei conti Puglia, Delibera n. 47 del 9 maggio 2019

Nella fattispecie in esame, un Comune chiede un parere in ordine all’ambito applicativo delle disposizioni recate dall’art. 21 del Dlgs. n. 175/16, rubricato “Norme finanzia-rie sulle Società partecipate dalle Amministrazioni loca-li”. La norma citata prevede che, qualora un Organismo partecipato presenti un risultato di esercizio negativo che non venga immediatamente ripianato, l’Ente Locale parte-cipante è tenuto ad accantonare, in misura proporzionale alla quota di partecipazione, un importo corrispondente in un apposito Fondo vincolato del bilancio di previsione dell’esercizio successivo. Tuttavia, la Sezione precisa che l’adempimento dell’obbligo di accantonamento di quote di bilancio, in correlazione ai risultati negativi degli Organi-smi partecipati, non comporta l’obbligo a carico dell’Ente Locale, anche se socio unico, di ripianare dette perdite o di procedere all’assunzione diretta dei relativi debiti, do-vendosi sempre tenere presenti i limiti individuati, sia dalla normativa vigente che dagli arresti giurisprudenziali inter-venuti riguardo alla possibilità di ricorrere a tali operazioni di salvataggio nell’ambito dei rapporti finanziari con le pro-prie partecipate.Nello specifico, l’art. 21 citato statuisce anche che le som-me accantonate nel Fondo vincolato ritornino nella dispo-nibilità dell’Ente pubblico interessato qualora il medesimo ripiani le perdite di esercizio o dismetta la partecipazione o il soggetto partecipato sia posto in liquidazione. Dunque, il Legislatore individua precisamente 3 fattispecie alterna-tive, al verificarsi delle quali l’importo accantonato è reso disponibile in misura proporzionale alla quota di parteci-

Nella fattispecie in esame, viene chiesto un parere sul-la possibilità di procedere al ripiano dei debiti della So-cietà partecipata posta in liquidazione, affinché vengano

pazione. E’ di tutta evidenza che tra tali eventi non sia contemplato, né il concordato preventivo, né il fallimen-to dell’Organismo partecipato, ipotesi quindi per le quali (non) può ritenersi sussistere l’obbligo di mantenimento dell’accantonamento fino alla chiusura delle relative pro-cedure. Per inciso, a parere di chi scrive l’estensore della risposta al quesito ha dimenticato di togliere la negazione posta sopra tra parentesi, ciò desumendosi dal contenuto del disposto precedente. Infine, la Sezione rammenta che, secondo le norme di diritto comune, nelle Società di capi-tali per le obbligazioni sociali risponde soltanto la Società col suo patrimonio (artt. 2325, comma 1 e 2462, comma 1, Codice civile), sicché il socio pubblico, al pari di ogni altro socio, resta esposto nei limiti della quota capitale de-tenuta, e che eventuali rinunce al beneficio della limitata responsabilità patrimoniale quale socio di capitali dovreb-bero essere motivate da un concreto interesse pubblico idoneo a giustificare tale condotta, interesse che va esclu-so possa essere identificato con l’esigenza di evitare lo stato di insolvenza o con la tutela dei creditori sociali che abbiano potuto fare affidamento sulla natura pubblica del-le partecipazioni societarie, ai fini del soddisfacimento dei loro crediti. Diversamente opinando, la scelta si tradurreb-be in un ingiustificato trattamento di favore verso i credi-tori delle Società pubbliche incapienti a danno dei bilanci delle Amministrazioni locali titolari, in totale distonia con le disposizioni del Codice civile e con quelle che disciplinano la materia delle partecipazioni pubbliche in strutture socie-tarie private.

salvate le attività di investimento realizzate sugli immobili trasferiti alla partecipata a titolo di capitale. La Sezione chiarisce che non sussiste alcun obbligo per l’Ente pubbli-

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co partecipante di assumere, a carico del proprio bilancio, i debiti della Società partecipata in liquidazione qualora il patrimonio di quest’ultima non sia sufficiente a soddi-sfare le pretese creditorie. A maggior ragione tale princi-pio vale quando il patrimonio della Società è sufficiente a soddisfare i creditori. Se il socio pubblico, realizzando

un sostanziale accollo, decide di rinunciare al limite legale della responsabilità patrimoniale per debiti, quantomeno occorre una congrua motivazione che dia adeguatamente conto delle ragioni di vantaggio, di utilità e/o di interesse pubblico che giustificano la decisione adottata.

Spesa per Servizio di “Trasporto scolastico”la sua copertura deve avvenire mediante i corrispettivi versati dai fruitori del ServizioCorte dei conti Piemonte, Delibera n. 46 del 6 giugno 2019

Nella fattispecie in esame, un Comune chiede un parere sulla copertura della spesa del Servizio di “Trasporto sco-lastico” in relazione all’entità delle quote di partecipazio-ne finanziaria a carico dell’utenza. La Sezione, per prima cosa, afferma che il Servizio di “Trasporto scolastico” è un “servizio pubblico” di trasporto escluso dalla discipli-na normativa dei “servizi pubblici a domanda individuale”. Inoltre, la Sezione chiarisce che l’Ente è tenuto, in sede di copertura, alla stretta osservanza delle disposizioni dell’art. 117 del Dlgs. n. 267/2000 (Tuel), vale a dire che, per il Principio dell’equilibrio ex ante tra costi e risorse a copertura, l’erogazione del “servizio pubblico” deve avve-nire in equilibrio, circostanza che presuppone un’efficace rappresentazione dei costi ed una copertura nel rispetto dei criteri generali di cui alla norma del Tuel. In tal modo l’erogazione del servizio, non solo non può essere gratuita per gli utenti, ma la sua copertura deve avvenire mediante i corrispettivi versati dai richiedenti il Servizio. Ciò anche alla luce della nuova connotazione conferita dall’art. 5, comma 2 del Dlgs. n. 63/2017, a mente del quale gli Enti Locali “assicurano il trasporto delle alunne e degli alunni

delle Scuole primarie statali per consentire loro il raggiun-gimento della più vicina sede di erogazione del Servizio scolastico. Il Servizio è assicurato su istanza di parte e dietro pagamento di una quota di partecipazione diretta, senza nuovi o maggiori oneri per gli Enti territoriali inte-ressati”. Il Dlgs. n. 63/2017 non ha inciso nell’ambito de-lineato in via generale dalle menzionate disposizioni del Tuel ed anzi ha introdotto una disciplina specifica, che si innesta nell’ampio perimetro disciplinato dall’art. 112 del Tuel, il quale attribuisce agli Enti la gestione dei “servizi pubblici” che abbiano per oggetto la produzione di beni e delle attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuo-vere lo sviluppo economico e civile delle comunità loca-li. Ma soprattutto il richiamato art. 5 del Dlgs. n. 63/2017 prevede una espressa clausola di invarianza finanziaria, richiedendo che il Servizio di “Trasporto scolastico” vada realizzato “senza determinare nuovi e maggiori oneri per gli Enti territoriali” e dietro pagamento di una quota di par-tecipazione diretta da parte dell’utenza quale corrispettivo della prestazione ricevuta.

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Principio gratuità compensi Cda delle Aziende specialisi applica nei confronti di quelle che abbiano ricevuto contributi pubblici, tra cui non sono ricompresi il Fondo di dotazione e la remunerazione dei contratti di servizioCorte dei conti Autonomie, Delibera n. 9 del 3 giugno 2019

Nella fattispecie in esame, la Sezione chiarisce che il prin-cipio della gratuità degli incarichi ai componenti del Consi-glio di amministrazione delle Aziende speciali, di cui all’art. 6, comma 2, del Dl. n. 78/10, convertito con modificazioni dalla Legge n. 122/10, si applica nei confronti delle Azien-de speciali di cui all’art. 114 del Dlgs. n. 267/00, che ab-biano ricevuto “contributi a carico delle finanze pubbliche”. Peraltro, la Sezione precisa che la nozione di “contributi a carico delle finanze pubbliche” di cui all’art. 6, comma 2, del Dl. n. 78/10, non comprende il conferimento del capita-le di dotazione iniziale, né le erogazioni a titolo di contratto

di servizio. Qualora sia corrisposto un compenso ai com-ponenti del Consiglio di amministrazione delle Aziende speciali di cui all’art. 114 del Dlgs. n. 267/00, non benefi-ciarie di “contributi a carico delle finanze pubbliche”, trova applicazione la decurtazione di cui all’art. 1, comma 554, della Legge n. 147/13, nelle ipotesi ivi richiamate (titolari-tà di affidamento diretto da parte di soggetti pubblici per una quota superiore all’80% del valore della produzione e conseguimento di un risultato economico negativo nei tre esercizi precedenti).

Cessione gratuita di beni pubbliciCorte dei conti Lombardia, Delibera n. 164 dell’8 maggio 2019

Nella fattispecie in esame, un Sindaco chiede un parere in merito all’ammissibilità, alle condizioni generali ed ai limiti che incontra un Ente Locale nel poter effettuare donazioni con vincolo di scopo (donazioni modali) a favore di Enti, pubblici o privati (comunque soggetti a poteri pubblici) che svolgono funzioni di interesse pubblico. La Sezione osser-va che, ai sensi dell’art. 3, comma 1, del Rd. n. 2440/1923, gli atti di alienazione di beni pubblici devono essere ricon-dotti nell’ambito dei “contratti attivi”, dai quali deve conse-guire un’entrata nel bilancio dell’Ente. Da ciò consegue che, in linea generale e in assenza di una previsione nor-mativa, non sono riconducibili alla facoltà di un Ente Loca-le atti di liberalità che non rispondano, patrimonialmente, ad un interesse pubblico. Tuttavia, la Sezione specifica che l’interesse alla conservazione e alla corretta gestione del patrimonio pubblico è da considerare primario anche perché espressione dei Principi di buon andamento e di sana gestione, ed impone all’Ente di ricercare tutte le al-ternative possibili che consentano un equo contempera-mento degli interessi in gioco, adottando la soluzione più

idonea ed equilibrata, che comporti il minor sacrificio pos-sibile per gli interessi compresenti. Quindi, in conclusione, la cessione gratuita (donazione modale), di beni pubblici di norma non è consentita perché incompatibile con i prin-cipi contenuti nelle norme che disciplinano la cessione e la valorizzazione del patrimonio disponibile della Pubblica Amministrazione. Appartiene dunque esclusivamente alla responsabilità ed alla competenza dell’Amministrazione la rigorosa valutazione in concreto (ed in casi eccezionali) della sussistenza delle condizioni legittimanti la cessione gratuita di un bene immobile, sulla base di una necessaria ed esaustiva motivazione in merito all’idoneità della dona-zione modale per il raggiungimento di uno specifico fine dall’Ente Locale e nel rispetto dei principi di adeguatez-za e proporzionalità sotto il profilo economico. Peraltro, la motivazione dovrà dare conto dell’assenza di altre opzioni che potrebbero consentire il raggiungimento dell’interesse pubblico perseguito dal Comune nell’ambito dei propri fini istituzionali (fini istituzionali del Comune e non dell’Ente pubblico o privato cui viene ceduto il bene).

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L’ANGOLO DI “DIRITTO DEI SERVIZI PUBBLICI”

La Rubrica è stata realizzata grazie alla collaborazione avviata con lo Studio legale Tessarolo, editore di Diritto dei servizi pubblici e partner di Centro Studi Enti Locali.

Diritto dei servizi pubblici è una rivista giuridica telematica che, dal 2001, raccoglie informazioni, articoli, leggi, sentenze ed altri provvedimenti su numerosi argomenti di diritto, con particolare riferimento al diritto dei

servizi pubblici locali, a cura appunto del citato Studio Legale.La scelta di avviare questo nuovo Progetto – ampliando così la gamma di contenuti della presente Rivista –

si pone in continuità con il costante sforzo profuso da Centro Studi Enti Locali per garantire un’informazione sempre più efficace, approfondita e completa ai propri Abbonati.

“Servizi idrici”questione di legittimità costituzionale su gestione diretta da parte dei Comuni

Legittimità del trasferimento della partecipazione totalitaria dello Stato ad un operatore pubblico per il risanamento della Società ceduta

Tar Sicilia, Sezione I, Sentenza 26 luglio 2019, n. 1940

Avvocato Generale Evgeni Tanchev, 29 luglio 2019, n. C-385/18

Sulla rimessione alla Corte Costituzionale dell’art. 4, com-mi 1 e 2, della Legge Regione Sicilia n. 16/2017, che pre-vede la gestione diretta dei Comuni del “Servizio idrico”.E’ rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, commi 1 e 2, della Legge Regione Sicilia 11 agosto 2017, n. 16, per contrasto

Sulla legittimità o meno della concessione di una sovven-zione a fondo perduto all’operatore pubblico dell’Infra-struttura ferroviaria locale e fornitore di servizi di trasporto locale di passeggeri, a causa della sua grave situazione finanziaria. Sulla legittimità o meno del trasferimento, senza corrispet-

con gli artt. 117, comma 2, lett e), 97, commi 1 e 2, 119, commi 1 e 4, e 136 della Costituzione, nella parte in cui prevede la gestione diretta dei Comuni del “Servizio idri-co”, in tal modo disattendendo i principi dell’art. 149-bis, del Dlgs. n. 152/2006 (“Codice ambientale”).

tivo, della partecipazione totalitaria dello Stato all’opera-tore pubblico dell’Infrastruttura ferroviaria nazionale, su-bordinatamente all’impegno di quest’ultimo a ripristinare la redditività finanziaria della Società ceduta.1) Una misura di stanziamento ex lege a favore di un

operatore pubblico dell’Infrastruttura ferroviaria locale

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Applicabilità o meno della Decisione 2000/128 ad un’Impresa fornitrice di Servizi “Tpl” e beneficiaria di sgravi oneri sociali

Corte di giustizia europea, Sezione II, Sentenza 29 luglio 2019, n. C-659/17

e prestatore di servizi di trasporto locale di passeggeri che deve essere imputata al bilancio dello Stato ed è stata autorizzata da una Legge finanziaria costituisce un trasferimento di risorse statali ed è imputabile allo Stato.

Detto stanziamento è da considerarsi concesso se il diritto incondizionato alla sua ricezione è stato conferito al be-neficiario da una normativa nazionale o se tale diritto è stato conferito a determinate condizioni e tali condizioni sono soddisfatte, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

Lo stanziamento, che riduce la possibilità di entrare nel mercato di un concorrente che opera in altri Stati mem-bri, incide sugli scambi tra Stati membri.

Esso è da considerarsi come adottato dallo Stato nella sua qualità di potere pubblico se non si basa su valuta-zioni economiche preliminari, circostanza che spetta al Giudice del rinvio verificare, mentre è da ritenersi ido-neo a falsare la concorrenza se, da un lato, esso può essere utilizzato per garantire la continuità operativa del beneficiario e se, dall’altro, le attività del beneficia-rio sono soggette a un monopolio legale che esclude la concorrenza sul mercato, ma non per il mercato, cosicché lo stanziamento consente al beneficiario di ri-manere sul mercato, impedendo così che la gestione dell’infrastruttura ferroviaria locale e la prestazione di servizi di trasporto locale di passeggeri siano affidate ad altre imprese, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

2) Il trasferimento, all’operatore pubblico della rete fer-

Sull’applicabilità della Decisione 2000/128 ad un’Impresa che ha fornito, a seguito di un’attribuzione diretta da parte di un Comune e in via esclusiva, Servizi di “Tpl” ed ha beneficiato di sgravi dagli oneri sociali in forza di una nor-mativa nazionaleFatte salve le verifiche che spetta al Giudice del rinvio ef-fettuare, la Decisione 2000/128/CE della Commissione 11 maggio 1999, relativa al regime di aiuti concessi dall’Italia per interventi a favore dell’occupazione, dev’essere inter-

roviaria nazionale, della partecipazione detenuta dallo Stato nel capitale di un gestore di un’Infrastruttura fer-roviaria locale e fornitore di servizi di trasporto locale di passeggeri, che dispone di fondi pubblici e di cui lo Stato è azionista unico, deve essere considerato un tra-sferimento di risorse statali.

Detto trasferimento, disposto con Decreto ministeriale, è imputabile allo Stato, ed operato a favore di un’Impresa attiva in altri Stati membri riducendo la possibilità di en-trare nel mercato per un concorrente attivo in altri Stati membri, incide sugli scambi tra Stati membri.Il trasferimento in oggetto è da considerarsi come adottato dallo Stato nella sua qualità di potere pubblico se non è basato su valutazioni economiche preliminari, circostanza che spetta al Giudice del rinvio verificare; se esso è acqui-sito, senza alcun corrispettivo, da un operatore nazionale subordinatamente all’impegno, da parte di quest’ultimo, di ripristinare la redditività finanziaria del primo, può essere considerato come tale da conferire un vantaggio all’ope-ratore nazionale, in caso di prospettive di redditività per l’operatore locale, e/o all’operatore locale, qualora abbia acquisito il diritto a che la propria redditività finanziaria sia ripristinata, circostanza che spetta al giudice del rinvio ve-rificare.In altre parole, il trasferimento in questione, che consente all’operatore locale di rimanere sul mercato e quindi impe-disce che la gestione dell’infrastruttura ferroviaria locale e la prestazione di servizi di trasporto locale di passeggeri siano affidati ad altre imprese, è idoneo a falsare la con-correnza.

pretata nel senso che essa si applica a un’Impresa, come quella coinvolta nel procedimento principale, la quale ha fornito, a seguito di un’attribuzione diretta da parte di un Comune e in via esclusiva, Servizi di “Trasporto pubblico locale” ed ha beneficiato di sgravi dagli oneri sociali in for-za di una normativa nazionale che questa decisione ha dichiarato parzialmente incompatibile con il divieto enun-ciato dall’art. 107, paragrafo 1, Tfue.

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Esclusione da gara di Appaltospetta al Dirigente il compito di adottare il provvedimento

Consiglio di Stato, Sezione V, Sentenza 16 luglio 2019, n. 4997

Nelle procedure d’appalto indette dagli Enti Locali spet-ta al Dirigente il compito di adottare il provvedimento di esclusione dalla gara.La competenza ad adottare il provvedimento di esclusio-ne dal procedimento di gara spetta al Dirigente, ai sensi dell’art. 107 del Dlgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Tuel). Ri-

entra infatti tra i compiti dei Dirigenti l’adozione degli atti di gestione delle procedure di appalto, essendo riservata alla Giunta comunale, ai sensi dell’art. 48 del Tuel, l’ado-zione degli atti, diversi da quelli di gestione, spettanti agli Ogani di governo.

Natura delle “Linee-guida” Anacin special modo sulla verifica degli affidamenti da parte dei Concessionari

Tar Lazio, Sezione I, Sentenza 15 luglio 2019, n. 9335

Sulla natura delle “Linee-guida” Anac (fattispecie inerente le “Linee-guida” n. 11/2018, sulla verifica degli affidamenti da parte dei Concessionari).Per giurisprudenza consolidata, il Processo amministra-tivo non costituisce una giurisdizione di diritto oggettivo, volta a ristabilire una legalità che si assume violata, ma ha la funzione di dirimere una controversia fra un sog-getto che si afferma leso in modo diretto e attuale da un provvedimento amministrativo e l’Amministrazione che lo ha emanato; pertanto, nel caso di specie, mancando un provvedimento attuativo delle “Linee-guida” n. 11/2018, nessuna lesione delle posizioni giuridiche soggettive della ricorrente può ipotizzarsi quale effetto delle medesime.Le “linee guida non vincolanti” Anac, lungi dal fissare re-gole di carattere prescrittivo, si atteggiano soltanto quale strumento di “regolazione flessibile”, con funzione ricogni-tiva di princìpi di carattere generale e di ausilio interpre-tativo alle amministrazioni cui sono rivolte. Dunque, non presentano una portata immediatamente lesiva, assolven-do allo scopo, al pari delle Circolari interpretative, di sup-portare l’Amministrazione e favorire comportamenti omo-genei. Pertanto, nel caso di specie, le previsioni contenute nella Parte I delle ““Linee-guida” Anac n. 11, che sono sta-te emanate, ai sensi dell’art. 177, comma 3, del Dlgs. n. 50/2016, non hanno portata lesiva e non sono quindi im-mediatamente impugnabili. Il potere dell’Anac di emanare direttive nella materia di che trattasi deve intendersi limita-

to alla sola individuazione delle modalità di verifica e cal-colo delle percentuali di esternalizzazione imposte dall’art. 177, comma 1, del “Codice dei contratti”. Anche per quan-to riguarda la Parte II delle “Linee-guida”, autoqualificatasi “vincolante”, con la quale sono specificati taluni obblighi in capo al concedente e ai Concessionari anche in relazione alla pubblicazione di dati riguardanti la concessione, l’atto di regolazione dell’Anac non presenta carattere immedia-tamente lesivo. Infatti, gli operatori economici che ritenga-no di non doversi adeguare alle indicazioni ivi contenute in ragione della peculiarità del rapporto concessorio non incorrono immediatamente nella sanzione. Sarà con l’atto mediante il quale gli Enti concedenti contesteranno agli operatori economici, all’esito della prima verifica annuale successiva alla scadenza del termine per l’adeguamento alle previsione dell’art. 177, comma 1, l’esistenza di una “situazione di squilibrio”, che sorgerà per tali operatori l’in-teresse concreto a sollecitare un controllo giurisdizionale sulla corretta applicazione ed interpretazione dell’art. 177, e ciò in tempo utile prima di essere attinti dalla sanzione. Pertanto, allo stato non sussiste, in capo alla ricorrente, Società a capitale interamente pubblico operante, princi-palmente, nel Settore della Illuminazione votiva, e nella gestione di Impianti sportivi e di Farmacie comunali, un interesse attuale e concreto ad ottenere l’annullamento delle impugnate previsioni delle “Linee-guida n. 11”.

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Obbligo di rimessionequando il Giudice di appello rimette al Giudice Europeo ed estensione della revisione prezzi ai cd. Settori speciali

Consiglio di Stato, Sezione IV, 15/7/2019 n. 4949

Sulla rimessione alla Corte di Giustizia dell’Ue di alcune questioni concernenti quando sussiste un obbligo di ri-messione, da parte del giudice di appello, al giudice euro-peo e sull’estensione della revisione prezzi ai cd. “Settori speciali”.Sono rimesse alla Corte di giustizia dell’Unione Europea, ai sensi dell’art. 267 del Trattato Fue, le seguenti questioni pregiudiziali:a) se, ai sensi dell’art. 267 del Tfue, il Giudice nazionale,

le cui decisioni non sono impugnabili con un ricorso giu-risdizionale, è tenuto in linea di principio a procedere al rinvio pregiudiziale di una questione di interpretazione del diritto dell’Unione, anche nei casi in cui tale questio-ne gli venga proposta da una delle parti del processo dopo il suo primo atto di instaurazione del giudizio o di costituzione nel medesimo, ovvero dopo che la causa sia stata trattenuta per la prima volta in decisione, ovve-ro anche dopo che vi sia già stato un primo rinvio pre-giudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea;

b) se - in ragione di quanto innanzi esposto - siano con-formi al diritto dell’Unione Europea (in particolare agli artt. 4, comma 2, 9, 101, comma 1, lett. e), 106, 151 - ed alla Carta sociale europea firmata a Torino il 18 ottobre 1961 ed alla Carta comunitaria dei diritti sociali

fondamentali dei lavoratori del 1989 da esso richiamate - 152, 153, 156 Tfue; artt. 2 e 3 del Tue; nonché art. 28 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea) gli artt. 115, 206 e 217 del Dlgs. n. 163/2006, come in-terpretati dalla giurisprudenza amministrativa, nel sen-so di escludere la revisione dei prezzi nei contratti af-ferenti ai cd. “Settori speciali”, con particolare riguardo a quelli con oggetto diverso da quelli cui si riferisce la Direttiva 17/2004, ma legati a questi ultimi da un nesso di strumentalità;

c) se - in ragione di quanto innanzi esposto - siano con-formi al diritto dell’Unione Europea (in particolare all’ar-ticolo 28 della Carta dei diritti dell’UE, al Principio di pa-rità di trattamento sancito dagli articoli 26 e 34 TFUE, nonché al Principio di libertà di impresa riconosciuto an-che dall’art. 16 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea) gli artt. 115, 206 e 217 del Dlgs. n. 163/2006, come interpretati dalla giurisprudenza amministrativa, nel senso di escludere la revisione dei prezzi nei con-tratti afferenti ai cd. “Settori speciali”, con particolare riguardo a quelli con oggetto diverso da quelli cui si ri-ferisce la Direttiva 17/2004, ma legati a questi ultimi da un nesso di strumentalità.

Trasferimento d’impresaquando non sussiste alcun trasferimento materiale ma vi è solo trasferimento del personale

Avvocato Generale E. Sharpstone, 11/7/2019 n. C-298/18

Sulla sussistenza o meno di un trasferimento di impresa quando non si verifichi alcun trasferimento significativo di beni materiali, ma il personale impiegato dal precedente operatore sia riassunto, per la maggior parte, dal nuovo operatore.Nell’accertare se un’entità economica abbia conservato la propria identità e, quindi, se si sia verificato un trasfe-rimento di impresa ai fini dell’art. 1, par. 1, lett. b), della

Direttiva 2001/23/CE del Consiglio 12 marzo 2001, con-cernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti, il giudice nazionale deve:- tenere pienamente conto dell’obiettivo principale di tale direttiva, vale a dire la tutela dei lavoratori e il mantenimen-to dei loro diritti in caso di cambiamento di imprenditore; e

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- valutare tutti i fatti e le circostanze concernenti l’opera-zione in questione, ivi compreso qualunque vincolo di na-tura giuridica, tecnica e ambientale legato alla gestione dell’attività commerciale in questione.Se la presa in carico di beni materiali significativi è in prati-ca esclusa dall’esistenza di siffatti vincoli giuridici di natura

tecnica e ambientale, il Giudice nazionale non deve consi-derare tale aspetto dell’operazione come necessariamen-te decisivo ai fini della decisione se vi sia stato o non vi sia stato un trasferimento di impresa ai sensi dell’art. 1, par. 1, lett. b), della Direttiva 2001/23.

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SCADENZARIO31 Mercoledì 31 luglio

Carta di identità elettronica (Cie) Scade oggi il termine per il versamento quindicinale dell’Ente sul c/c/p intestato alla Tesoreria provinciale dello Stato di Viterbo - Capo X - Cap. 3746, con correlata comunicazione al Ministero dell’Interno, dei corrispettivi riscossi per il rila-scio delle carte d’identità elettroniche (vedi Dm. 25 magio 2016 e Circolare Servizi Demografici n. 11/2016).

Presentazione Modelli “Intra 12”Scade in data odierna il termine per presentare in via telematica all’Agenzia delle Entrate, da parte degli Enti Locali che hanno assunto il ruolo di soggetti passivi Iva in base alle nuove disposizioni in vigore dal 1° gennaio 2010 - recepenti i contenuti delle Direttive 2008/8/Ce del 12 febbraio 2008 e 2008/117/Ce del 16 dicembre 2008 - i nuovi Modelli “Intra 12” approvati dall’Agenzia con il Provvedimento 16 aprile 2010 per dichiarare gli acquisti di beni e servizi da soggetti non residenti effettuati nel secondo mese precedente.

Trasmissione mensile dei dati retributivi delle posizioni assicurative individualiEntro tale data devono essere inviati attraverso la Denuncia mensile analitica “Dma2” (adesso “ListaPosPa”), integrata con il flusso Uniemens, i dati retributivi e le informazioni per implementare le posizioni assicurative individuali degli iscrit-ti alla Gestione “Dipendenti Pubblici” ai sensi dell’art. 44, comma 9, del Dl. n. 269/2003 e della Circolare Inps 7 agosto 2012, n. 10.

“Indicatore trimestrale di tempestività dei pagamenti”: obblighi di pubblicazionePubblicazione sul sito istituzionale dell’Ente dell’Indicatore trimestrale dei tempi medi di pagamento, relativo al 2° tri-mestre, degli acquisti di beni, servizi e forniture, disciplinato, rispettivamente, dall’art. 33, comma 1, del Dlgs. 14 marzo 2013, n. 33, dal Dpcm. 22 settembre 2014, e dalla Circolare RgS 14 gennaio 2015, n. 3.

Personale: obblighi di pubblicazione webAi sensi dell’art. 16, comma 3 e dell’art. 17, comma 2, del Dlgs. 14 marzo 2013, n. 33, scade oggi il termine per la pub-blicazione sul sito istituzionale dei dati relativi al 2° trimestre del costo complessivo del personale con rapporto di lavoro non a tempo indeterminato, articolato per aree professionali, con particolare riguardo al personale assegnato agli Uffici di diretta collaborazione con gli Organi di indirizzo politico, oltre alla Pubblicazione sul sito istituzionale, dei tassi di as-senza del personale nel 2° trimestre.

Bilancio di previsione Enti in “Pre-dissesto” con ripiano extra-deficit: approvazioneScade oggi il termine per deliberare l’adozione del bilancio preventivo da parte degli Enti in “Pre-dissesto” rientranti nel campo di applicazione della Sentenza n. 18/2019 della Corte Costituzionale che ha dichiarato l’inammissibilità dei ripiani in 30 anni dell’extra-deficit.

Documento unico di programmazione (Dup)Entro oggi occorre adottare la deliberazione di Giunta di approvazione della proposta di Dup 2020/2022 da presentare al Consiglio, ai sensi dell’art. 170, comma 1, Dlgs. 18 agosto 2000, n. 267.

Collaboratori e consulenti esterniComunicazione, ai sensi dell’art. 53, comma 14, Dlgs. 30 marzo 2001, n. 165 e dell’art. 15, Dlgs. 14 marzo 2013, n. 33, relativa al primo semestre, al Dipartimento della Funzione pubblica dell’Elenco dei collaboratori esterni e dei soggetti cui sono stati affidati incarichi di consulenza, con l’indicazione della ragione dell’incarico e dell’ammontare dei compensi corrisposti. L’omissione dell’adempimento non consente di conferire nuovi incarichi.

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Salvaguardia equilibri di bilancio e verifica di assestamento generaleTermine perentorio per l’adozione della Delibera consiliare di presa d’atto dell’equilibrio della gestione 2019 o di as-sunzione delle misure necessarie a ripristinare il “Pareggio” qualora i dati facciano prevedere un disavanzo di ammini-strazione per squilibrio della gestione di competenza, di cassa oppure dei residui, di adeguamento del “Fondo crediti di dubbia esigibilità” in caso di gravi squilibri riguardanti la gestione dei residui ovvero di ripiano degli eventuali debiti fuori bilancio. Occorre assumere entro oggi anche la Deliberazione consiliare di assestamento generale del bilancio, con verifica di tutte le voci di entrata e di spesa, compreso il “Fondo di riserva” ed il “Fondo di cassa”, al fine di assicurare il mantenimento del “Pareggio di bilancio”. Il quadro normativo di riferimento è il seguente: art. 193, commi 2 e 3, Tuel; artt. 147-quinquies, 153 comma 6, 162 comma 6, 175 comma 8, 183 comma 8, 187 comma 2 lett. b), 195, del Dlgs. n. 267/2000; P.to 4.2 lett. g), Allegato n. 4/1 al Dlgs. n. 118/2011; Circolare Mef n. 5/2016; art 1, comma 711, Legge n. 208/2015.

Patrimonio pubblico-obbligo di comunicazioneTermine perentorio per la Comunicazione annuale al Mef delle eventuali variazioni intervenute nell’anno 2018 sui beni immobili utilizzati o detenuti e dei dati relativi alle concessioni di beni immobili in essere nel 2018 (art. 2, comma 222, Legge 23 dicembre 2009, n. 191; art. 24, comma 1, Dl. 29 dicembre 2011, n. 216, convertito dalla Legge 24 febbraio 2012, n. 14; Comunicato Mef n. 169 del 12 ottobre 2017).

15 Giovedì 15 agosto *

Accesso al creditoComunicazione al Mef, Dipartimento del Tesoro, Direzione II, dei dati relativi alla fruizione, da parte del Comune, di credito a breve termine presso le Banche, di mutui contratti con soggetti esterni alla pubblica amministrazione, alle operazioni derivate e di cartolarizzazione concluse, ai titoli obbligazionari emessi e alle operazioni di apertura di credito ai sensi dell’art. 205-bis, comma 4, del Dlgs. 18 agosto 2000, n. 267, del Dm. 1° dicembre 2003, oltre che del Dm. 3 giugno 2004.

Carta di identità elettronica (Cie) Scade oggi il termine per il versamento quindicinale dell’Ente sul c/c/p intestato alla Tesoreria provinciale dello Stato di Viterbo - Capo X - Cap. 3746, con correlata comunicazione al Ministero dell’Interno, dei corrispettivi riscossi per il rila-scio delle carte d’identità elettroniche (vedi Dm. 25 magio 2016 e Circolare Servizi Demografici n. 11/2016).

Ricognizione debiti Comunicazione mensile al Mef, per il tramite della “Piattaforma crediti commerciali”, dei dati relativi ai debiti non estinti, certi, liquidi ed esigibili, per i quali nel mese precedente sia stato superato il termine di decorrenza degli interessi mo-ratori (30 giorni dalla data di ricezione fattura oppure 60 giorni se stabilito contrattualmente e giustificato dalla natura o dall’oggetto del contratto o dalle circostanze esistenti al momento della sua conclusione).

16 Venerdì 16 agosto **

Versamento Iva su acquisti in ambito istituzionaleScade in data odierna il termine per il versamento dell’Iva dovuta sugli acquisti in “split payment” operati nel mese precedente in ambito istituzionale. Il versamento deve essere effettuato tramite Modello “F24EP”, codice-tributo “620E” (oppure “6040” per chi utilizza il Modello “F24”) istituito con la Risoluzione n. 12/E del 15 febbraio 2015 e non è com-pensabile con altri crediti.

Versamento Iva mensileScade in data odierna il termine per il versamento dell’Iva dovuta per il mese precedente, da effettuarsi tramite Modello “F24EP”.

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Irap - Acconto mensile Amministrazioni dello Stato e Enti pubbliciDeve essere versato entro oggi, da parte degli Organi e le Amministrazioni dello Stato e degli Enti pubblici, di cui all’art. 3, comma 1, lett. e), del Dlgs. n. 446/97, l’acconto mensile Irap, calcolato in base alle retribuzioni e compensi corrisposti nel mese precedente (art. 30, comma 5, Dlgs. n. 446/97, Dm. 2 novembre 1998). Il versamento deve essere operato telematicamente con Modello “F24EP”.

Ritenute alla fonte (Irpef ed Addizionale Irpef)Scade in data odierna il termine, per le Province, per i Comuni (tranne quelli con meno di 5.000 abitanti che non bene-ficiano di trasferimenti statali) e per i Consorzi, Associazioni, Unioni di Comuni e Comunità montane con più di 10.000 abitanti, che non si avvalgono della possibilità di compensazione di cui all’art. 17 del Dlgs. n. 241/1997, per il versamen-to tramite Modello “F24EP” delle ritenute alla fonte sui redditi soggetti a tale disciplina corrisposti nel mese precedente.

Contributo Inps del 24% (34,23%) per i co.co.co. Entro oggi deve essere effettuato il versamento all’Inps – “Gestione separata” ex art. 2, comma 26, Legge n. 335/1995, del contributo del 24% (34,23%) sui compensi comunque denominati, corrisposti nel mese precedente per prestazioni inerenti ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’art. 50, comma 1, lett. c-bis), del Tuir (si richiama al riguardo la Circolare Inps n. 18 del 31 gennaio 2018, nonché la Tabella di sintesi posta in calce al presente Scaden-zario).

Contributi per prestatori di lavoro occasionale con reddito annuo sopra Euro 5.000 Entro oggi deve essere effettuato il versamento all’Inps, tramite il Modello “F24EP”, con le stesse modalità previste per i collaboratori coordinati e continuativi (per i riferimenti normativi vedi sopra), dei contributi sui compensi corrisposti nel mese precedente ai lavoratori occasionali il cui reddito annuo per tale tipo di prestazioni supera Euro 5.000, ai sensi dell’art. 44, comma 2, del Dl. n. 269/2003, convertito nella Legge n. 326/2003.

31 Sabato 31 agosto *

Carta di identità elettronica (Cie) Scade oggi il termine per il versamento quindicinale dell’Ente sul c/c/p intestato alla Tesoreria provinciale dello Stato di Viterbo - Capo X - Cap. 3746, con correlata comunicazione al Ministero dell’Interno, dei corrispettivi riscossi per il rila-scio delle carte d’identità elettroniche (vedi Dm. 25 magio 2016 e Circolare Servizi Demografici n. 11/2016).

Presentazione Modelli “Intra 12”Scade in data odierna il termine per presentare in via telematica all’Agenzia delle Entrate, da parte degli Enti Locali che hanno assunto il ruolo di soggetti passivi Iva in base alle nuove disposizioni in vigore dal 1° gennaio 2010 - recepenti i contenuti delle Direttive 2008/8/Ce del 12 febbraio 2008 e 2008/117/Ce del 16 dicembre 2008 - i nuovi Modelli “Intra 12” approvati dall’Agenzia con il Provvedimento 16 aprile 2010 per dichiarare gli acquisti di beni e servizi da soggetti non residenti effettuati nel secondo mese precedente.

Trasmissione mensile dei dati retributivi delle posizioni assicurative individualiEntro tale data devono essere inviati attraverso la Denuncia mensile analitica “Dma2” (adesso “ListaPosPa”), integrata con il flusso Uniemens, i dati retributivi e le informazioni per implementare le posizioni assicurative individuali degli iscritti alla Gestione “Dipendenti Pubblici” ai sensi dell’art. 44, comma 9, del Dl. n. 269/03 e della Circolare Inps 7 agosto 2012, n. 10.

15 Domenica 15 settembre *

Comunicazione dati relativi ai Debiti P.A.Entro la data odierna le Amministrazioni – ai sensi dell’art. 37 del Dl. n. 66/14 devono comunicare, attraverso la “Piat-

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taforma elettronica per le certificazioni”, i dati relativi ai debiti non estinti, certi, liquidi ed esigibili per somministrazioni, forniture e appalti e obbligazioni di prestazioni professionali, per i quali, nel mese precedente, sia scaduto il termine di decorrenza degli interessi moratori ex art. 4 del Dlgs. n. 231/02.

Carta di identità elettronica (Cie) Scade oggi il termine per il versamento quindicinale dell’Ente sul c/c/p intestato alla Tesoreria provinciale dello Stato di Viterbo - Capo X - Cap. 3746, con correlata comunicazione al Ministero dell’Interno, dei corrispettivi riscossi per il rila-scio delle carte d’identità elettroniche (vedi Dm. 25 magio 2016 e Circolare Servizi Demografici n. 11/2016).

Rideterminazione obiettivi equilibrio finale di competenza del bilancioAi fini della rideterminazione degli obiettivi di finanza pubblica, le Regioni e le Province autonome definiscono criteri di virtuosità e modalità operative, previo confronto in sede di Consiglio delle autonomie locali e, ove non istituito, con i rappresentanti regionali delle autonomie locali. In vista di tale obiettivo, gli Enti Locali comunicano ad Anci e Upi, alle Regioni e alle Province autonome, entro il 15 settembre, gli spazi finanziari di cui necessitano per effettuare esclusiva-mente impegni in conto capitale ovvero gli spazi finanziari che sono disposti a cedere (vedasi art. 1, comma 730, Legge 28 dicembre 2015, n. 208).

16 Lunedì 16 settembre

Comunicazione dati liquidazioni periodiche Iva (c.d. “Liquidometro”)Scade oggi il termine per l’invio della Comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche Iva (art. 21-bis del Dl. n. 78/2010) relative al secondo trimestre 2019.

Versamento Iva su acquisti in ambito istituzionaleScade in data odierna il termine per il versamento dell’Iva dovuta sugli acquisti in “split payment” operati nel mese precedente in ambito istituzionale. Il versamento deve essere effettuato tramite Modello “F24EP”, codice-tributo “620E” (oppure “6040” per chi utilizza il Modello “F24”) istituito con la Risoluzione n. 12/E del 15 febbraio 2015 e non è com-pensabile con altri crediti.

Versamento Iva mensileScade in data odierna il termine per il versamento dell’Iva dovuta per il mese precedente, da effettuarsi tramite Modello “F24EP”.

Irap - Acconto mensile Amministrazioni dello Stato e Enti pubbliciDeve essere versato entro oggi, da parte degli Organi e le Amministrazioni dello Stato e degli Enti pubblici, di cui all’art. 3, comma 1, lett. e), del Dlgs. n. 446/97, l’acconto mensile Irap, calcolato in base alle retribuzioni e compensi corrisposti nel mese precedente (art. 30, comma 5, Dlgs. n. 446/97; Dm. 2 novembre 1998). Il versamento deve essere operato telematicamente con Modello “F24EP”.

Ritenute alla fonte (Irpef ed Addizionale Irpef)Scade in data odierna il termine, per le Province, per i Comuni (tranne quelli con meno di 5.000 abitanti che non bene-ficiano di trasferimenti statali) e per i Consorzi, Associazioni, Unioni di Comuni e Comunità montane con più di 10.000 abitanti, che non si avvalgono della possibilità di compensazione di cui all’art. 17 del Dlgs. n. 241/97, per il versamento tramite Modello “F24EP” delle ritenute alla fonte sui redditi soggetti a tale disciplina corrisposti nel mese precedente.

Contributo Inps del 24% (34,23%) per i co.co.co. Entro oggi deve essere effettuato il versamento all’Inps – “Gestione separata” ex art. 2, comma 26, Legge n. 335/95, del contributo del 24% (34,23%) sui compensi comunque denominati, corrisposti nel mese precedente per prestazioni

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inerenti ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’art. 50, comma 1, lett. c-bis), del Tuir (si richiama al riguardo la Circolare Inps n. 18 del 31 gennaio 2018, nonché la Tabella di sintesi posta in calce al presente Scaden-zario).

Contributi per prestatori di lavoro occasionale con reddito annuo sopra Euro 5.000 Entro oggi deve essere effettuato il versamento all’Inps, tramite il Modello “F24EP”, con le stesse modalità previste per i collaboratori coordinati e continuativi (per i riferimenti normativi vedi sopra), dei contributi sui compensi corrisposti nel mese precedente ai lavoratori occasionali il cui reddito annuo per tale tipo di prestazioni supera Euro 5.000, ai sensi dell’art. 44, comma 2, del Dl. n. 269/03, convertito nella Legge n. 326/03.

Tabella di sintesi aliquote contributi gestione separata Inps 2019 - Circolare Inps n. 19/19

Collaboratori e figure assimilate Aliquote

Soggetti non assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie per i quali è prevista la contribuzione aggiuntiva DIS-COLL

34,23%(33,00 + 0,72 +0,51 aliquote aggiuntive)

Soggetti non assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie per i quali non è prevista la contribuzione aggiuntiva DIS-COLL

33,72%(33,00 + 0,72 aliquote aggiuntive)

Soggetti titolari di pensione o provvisti di altra tutela pensionistica obbligatoria 24%

Liberi professionisti Aliquote

Soggetti non assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie 25,72%(25,00 IVS + 0,72 aliquota aggiuntiva)

Soggetti titolari di pensione o provvisti di altra tutela pensionistica obbligatoria 24%

(*) Il termine e i versamenti in scadenza in un giorno festivo sono automaticamente prorogati al primo giorno feriale successivo.

(**) Ricordiamo che l’art. 3-quater del Dl. 2 marzo 2012, n. 16, rubricato “Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento”, convertito con modificazioni dalla Legge n. 44 del 26 aprile

2012, pubblicata sulla G.U. n. 99 del 28 aprile 2012 – S.O. n. 85, ha disposto la proroga al 20 agosto delle scadenze fiscali ricadenti tra il 1° ed il 20 agosto di ogni anno senza alcuna maggiorazione.

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Nella predisposizione e preliminarmente all’invio della presente Rivista sono stati effettuati tutti i possibili controlli tecnici per verificare che i files siano indenni da virus. Ricordato che l’installazione di un’aggiornata protezione

antivirus rientra comunque tra le regole fondamentali di corretta gestione di un qualsiasi sistema informatico, si declina da ogni responsabilità in ordine alla trasmissione di eventuali virus.

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