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Serra - Elementi Di Calcolo Delle Variazioni

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Variational calculus

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Elementi di

Calcolo delle VariazioniAppunti del corso del prof. Luciano Modica

Anno accademico 2009/2010

Daniele Serra

[email protected]

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Indice

1 La Brachistocrona 2

1.1 Formulazione matematica del problema . . . . . . . . . . . . . . 21.2 Il metodo di Eulero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41.3 Applicazione alla brachistocrona . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5

2 Teoria Classica 9

2.1 L'equazione di Eulero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92.2 Casi particolari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 112.3 Alcuni risultati di regolarità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 132.4 Alcuni Problemi Classici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

2.4.1 La super�cie di Rivoluzione di Area Minima . . . . . . . . 192.4.2 Problemi Isoperimetrici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20

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Introduzione

Non è facile, per uno studente del terzo anno di un corso di laurea in Matematica,cimentarsi nella scrittura degli appunti di un particolare corso. L'insicurezza discrivere cose inesatte, di dare giusti�cazioni sbagliate, di risultare poco chiaroa chi legge è sempre presente. Per questo motivo gli appunti che seguirannosaranno da intendere esclusivamente come il prodotto di un esercizio nell'utilizzodi LATEX e non hanno alcuna pretesa di sostituire i libri consigliati dal Prof.Luciano Modica. D'altra parte, partendo da questo presupposto, mi sarebbesembrato egoistico tenere per me tali appunti, ed è per questa ragione che li horesi disponibili ad ogni studente che volesse sfogliarli.

Detto ciò, passiamo ad illustrare come sono strutturati tali appunti. Il primocapitolo è sostanzialmente un esempio. Anzi, dovrei dire l'esempio. Infatti èconsiderato il punto di partenza dello sviluppo della branca della Analisi Mate-matica che prende il nome di Calcolo delle Variazioni. Non solo ha questo ruolodi capostipite, ma anche la proprietà di presentare, nella sua risoluzione, tuttele tecniche tipiche del Calcolo delle Variazioni. Deve essere inteso, quindi, comeuno spunto per tutto ciò che dimostreremo nei capitoli successivi, ovviamentein forma più generale.

Il secondo capitolo riprende i concetti già esposti informalmente nel primocapitolo e fornisce dettagli e dimostrazioni circa i risultati classici del calco-lo delle variazioni. Si parlerà, quindi, dell'equazione di Eulero-Lagrange e lasi studierà nei minimi particolari, osservando cosa accade nei casi particolari.Una sezione sarà interamente dedicata alla trattazione di alcuni problemi diregolarità. Chiudono il capitolo alcuni esempi classici.

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Capitolo 1

La Brachistocrona

La curva brachistocrona è uno dei classici esempi di applicazione del Calcolodelle Variazioni. La parola viene dal greco brachistos, il più breve, e da cronos,tempo. Pertanto la brachistocrona è la curva che si percorre nel più breve tempo.

Nel 1696, a Berna, il matematico Johann Bernoulli lanciò una s�da allacomunità matematica1. Chiese di risolvere il seguente problema:

Presi, in un piano, due punti A e B, qual è la curva che li congiungee che un corpo di massa m, su di cui agisce la sola forza di gravità,percorre nel minor tempo possibile?

Johann aveva, ovviamente, risolto il problema, facendo sfoggio di grande intui-zione, ma il metodo da lui trovato non poteva essere applicato ad altri problemianaloghi. Fu il grande matematico Eulero a trovare un metodo generale perrisolvere problemi simili a quello proposto da Bernoulli. Egli, nella sua operadel 1744, Methodus inveniendi lineas curvas maximi minimive proprietate gau-

dentes sive solutio problematis isoperimetrici latissimo sensu accepti, introdussei concetti tipici del Calcolo delle Variazioni.

1.1 Formulazione matematica del problema

Vediamo di risolvere il problema della brachistocrona come fece Eulero, andandoa estrapolare il metodo generale di risoluzione.

Consideriamo, quindi, due punti in un piano cartesiano, A e B di coordinate,rispettivamente, (x1, y1), (x2, y2). Supponiamo, per non rendere il problema dirisoluzione banale, x1 < x2 e y1 > y2. Vogliamo trovare una curva X(t) =(x(t), y(t)) : [0, T ]→ R2 tale che

x(0) = x1, y(0) = y1, x(T ) = x2, y(T ) = y2

e che un punto materiale M che percorra questa curva, lo faccia nel tempo Tminimo possibile. Le incognite sono x(t), y(t) e T , ovviamente. Supponiamod'avere un ulteriore dato iniziale, la velocità v0 che il punto M possiede nelpunto A.

Osserviamo che non è restrittivo cercare una curva che sia gra�co di una fun-zione y = u(x). Infatti, se ci fossero, sulla curva, due punti con la stessa ascissa,

1e a suo fratello Jakob, anch'egli matematico.

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Capitolo 1 � La Brachistocrona 3

il tempo minimo per percorrere questo tratto viene ottenuto sul segmento ver-ticale che li unisce. Quindi �le parti sovrabbondanti rispetto alla verticale�possono essere escluse dal problema, rendendo la curva gra�co di funzione.

Vogliamo tradurre il problema in formule matematiche. Dalla �sica sappia-mo che il modulo della velocità è dato dalla seguente formula:

v(t) =√x′2(t) + y′2(t).

Conseguentemente:

v2(t) = x′2(t) + y′2(t) = x′2(t) + (u′(x(t))x′(t))2 = x′2(t)(1 + u′2(x(t))).

Per il Principio di Conservazione dell'Energia Meccanica, la di�erenza delleEnergie Potenziali del corpo nei punti A e (x(t), y(t)) è uguale alla di�erenzadelle Energie Cinetiche negli stessi punti. Quindi:

mg(y1 − y(t)) =1

2mv2(t)− 1

2mv20 ,

da cui otteniamo, sempli�cando:

v2(t) = v20 + 2g(y1 − y(t)).

Confrontando con una formula ottenuta prima, si ha:

x′2(t)(1 + u′2(x(t))) = v20 + 2g(y1 − y(t)).

A questo punto è opportuno fare un'osservazione. Possiamo supporre che laprima componente della curva, la funzione x : [0, T ] → [x1, x2], sia tale chex′(t) > 0 per ogni t. Infatti, se ci fosse un punto t̄ in cui x′(t̄) = 0, avremmo chenel punto x̄ = x(t̄) la curva è parallela all'asse y, quindi ci potremmo ricondurreal caso x′(t) > 0, semplicemente spezzando il problema in due parti.

Questa considerazione è utile, in quanto una funzione con derivata primapositiva è invertibile con inversa derivabile. Pertanto:

x′(t) > 0 ∀t ∈ [0, T ] =⇒ ∃ t(x) : [x1, x2]→ [0, T ]

tale che t(x1) = 0, t(x2) = T e:

t′(x) =1

x′(t(x)).

Facciamo qualche passo avanti nella risoluzione. Osserviamo che vale laovvia relazione:

T =

∫ x2

x1

t′(x)dx.

Grazie all'ultima osservazione e a delle formule precedenti,

T =

∫ x2

x1

1

x′(t(x))dx =

∫ x2

x1

√1 + u′2(x(t))

v20 + 2g(y1 − y(t))dx =

1√2g

∫ x2

x1

√1 + u′2(x(t))√(v202g + y1

)− u(x)

dx.

Ponendo α :=v202g + y1, g = 1

2 per comodità di notazione, abbiamo che T risultaessere uguale a

T =

∫ x2

x1

√1 + u′2(x(t))√α− u(x)

dx.

Il problema, dalla formulazione di Bernoulli, passa alla nuova formulazione:

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Capitolo 1 � La Brachistocrona 4

cerchiamo u : [x1, x2] → R di classe C 1, u(x1) = y1, u(x2) = y2 etale che

I(u) =

∫ x2

x1

√1 + u′2(x(t))√α− u(x)

dx ≤ I(v) ∀v ∈ C 1, v(x1) = y1, v(x2) = y2.

Questo è il modello tipico dei problemi di calcolo delle variazioni ed è dettoModello Euleriano2.

Abbiamo scelto le funzioni con regolarità C 1, ma un teorema importante,dovuto a Ennio De Giorgi nel 1958, assicura che il minimo, se esiste, è liscio,cioè di classe C∞. In e�etti, Eulero non supponeva di cercare funzioni di classeC 1; evidentemente, aveva già intuito che la regolarità, in qualche modo, eraassicurata.

1.2 Il metodo di Eulero

Ciò che Eulero fa, è di cercare condizioni necessarie per l'esistenza del minimo.Se il minimo esiste, pensa il grande matematico, questo deve soddisfare unacerta proprietà.

Sia, quindi, t ∈]− ε, ε[. Se u è un minimo di I, allora deve valere

I(u) ≤ I(u+ tη) ∀t ∈]− ε, ε[, ∀η : [x1, x2]→ R, η(x1) = η(x2) = 0.

Nello spazio delle funzioni �candidate soluzioni� stiamo osservando come si com-porta I(u) su ogni retta passante per esso. Quello che otteniamo è che, seindichiamo con γη(t) := I(u+ tη), allora

γη(0) = I(u) ≤ γη(t) ∀t,

cioè γ ha un minimo in 0. Poiché γ è una funzione di una variabile, allora devevalere

γ′η(0) = 0 ∀η.Per semplicità di calcoli, chiamiamo

f(x, z, p) :=

√1 + p2√α− z

.

Abbiamo che I(u) =∫ x2

x1f(x, u(x), u′(x))dx. Facciamo, ora, un conto che ci

tornerà utile a breve:

d

dx

[∂f

∂p(x, u(x) + tη(x), u′(x) + tη′(x))η(x)

]=

η(x)d

dx

[∂f

∂p(x, u(x) + tη(x), u′(x) + tη′(x))

]+∂f

∂p(x, u(x) + tη(x), u′(x) + tη′(x))η′(x).

Procediamo con la risoluzione del problema.

γ′η(t) =d

dt

∫ x2

x1

f(x, u(x) + tη(x), u′(x) + tη′(x))dx =

=

∫ x2

x1

[∂f

∂z(x, u(x) + tη(x), u′(x) + tη′(x))η(x) +

∂f

∂p(x, u(x) + tη(x), u′(x) + tη′(x))η′(x)

]dx.

2In Francia, viene detto �Modello di Eulero-Lagrange�.

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Capitolo 1 � La Brachistocrona 5

Calcolando questa derivata in 0, si ottiene:

γ′η(0) =

∫ x2

x1

[∂f

∂z(x, u(x), u′(x))η(x) +

∂f

∂p(x, u(x), u′(x))η′(x)

]dx = 0 ∀η.

Sostituendo al secondo addendo dell'integrale l'espressione ottenuta col contofatto precedentemente,

γ′η(0) =

∫ x2

x1

∂f

∂z(x, u(x), u′(x))η(x) +

d

dx

[∂f

∂p(x, u(x), u′(x))η(x)

]+

−η(x)d

dx

[∂f

∂p(x, u(x), u′(x))

]dx = 0

Osserviamo che il secondo addendo nell'integrale scompare. Pertanto:∫ x2

x1

{∂f

∂z(x, u(x), u′(x))− d

dx

[∂f

∂p(x, u(x), u′(x))

]}η(x)dx = 0.

Se esiste un minimo per il problema dato, allora deve valere:∫ x2

x1

χ(x)η(x)dx = 0 ∀η : η(x1) = η(x2) = 0,

cioè χ(x) ≡ 0. Nel nostro caso:

∂f

∂z(x, u(x), u′(x))− d

dx

[∂f

∂p(x, u(x), u′(x))

]= 0

La precedente è un'equazione di�erenziale in u e non dipende dalla parti-colare forma di f , cioè ha validità generale. Prende il nome di Equazione di

Eulero. Abbiamo trasportato il problema, da una funzione integrale, a una�semplice� equazione di�erenziale.

1.3 Applicazione alla brachistocrona

Risolviamo il problema di trovare la curva brachistocrona, con un arti�cio.Osserviamo che

d

dx

(u′∂f

∂p− f

)= u′′

∂f

∂p+ u′

(∂2f

∂z∂pu′ +

∂2f

∂p2u′′)− ∂f

∂zu′ − ∂f

∂pu′′ =

= u′(

d

dx

∂f

∂p− ∂f

∂z

)= 0

perché a secondo membro è scritta esattamente l'Equazione di Eulero. Pertanto

d

dx

(u′∂f

∂p− f

)= 0 −→ u′

∂f

∂p− f = c.

L'ultima è un'equazione di�erenziale di primo grado.Nel nostro caso speci�co, si trova che la curva brachistocrona risolve l'equa-

zione √1 + u′2

√α− u = k,

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Capitolo 1 � La Brachistocrona 6

che è a variabili separabili, quindi esplicitamente risolubile. Questo risultatoparticolare nasconde, in realtà, un fenomeno profondo: molto spesso, infatti,l'Equazione di Eulero si riduce da un'equazione di�erenziale fortemente nonlineare del secondo ordine ad una fortemente non lineare del secondo ordine.

Vediamo la risoluzione nel caso della brachistocrona.√1 + u′2

√α− u = k =⇒ (1 + u′2)(α− u) = c =⇒ u′2(x) =

c

α− u(x)− 1.

Ricordiamo che la funzione incognita u, se esiste, sarà decrescente, quindi avràderivata negativa:

u′(x) = −√

c

α− u(x)− 1 = −

√c− α+ u(x)

α− u(x)−→

√c− α+ u(x)

α− u(x)u′(x) = −1.

Integrando,∫ x

x1

√c− α+ u(w)

α− u(w)u′(w)dw = −x+ x1 −→

∫ u(x)

u(x1)

√c− α+ t

α− tdt = x1 − x.

Applichiamo ora il cambio di variabile α− t =: s e l'integrale al primo membrodiventa:

−∫ α−u(x)

α−y1

√s

c− sds = − 1√

c

∫ α−u(x)

α−y1

√s

1− sc

ds =

−∫ α−u(x)

α−y1

√sc

1− sc

ds −→ −c∫ α−u(x)

c

α−y1c

√r

1− rdr.

Applichiamo, ora, un ultimo cambio di variabile: r := sin2 θ2 . L'integrale si

riduce ad essere3:

−c∫ √

sin2 θ2

cos2 θ2sin

θ

2cos

θ

2dθ = −c

∫sin2 θ

2dθ = −c

2− sin θ

2

).

In ultima istanza, quindi, la soluzione della nostra equazione di�erenziale origi-naria è la seguente:

x = a+ b(θ − sin θ), θ = θ(x).

Non abbiamo trovato esplicitamente una funzione di x, ma la sua funzioneinversa. Anche questo è un fenomeno ricorrente nel calcolo delle variazioni.

Dalla relazione r := sin2(θ2

), e dall'espressione dell'estremo d'integrazione

superiore, otteniamo:

α− u(x)

c= sin2

2

)=

1− cos θ

2−→ u(x) = α− c

2+c

2cos θ.

Supponiamo la velocità iniziale v0 = 0. Imponendo le condizioni iniziali, otte-niamo espressioni per a e b e otteniamo:{

x = x1 + a(θ − sin θ)

u(x) = y1 − a(1− cos θ)

3ci dimentichiamo degli estremi d'integrazione.

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Capitolo 1 � La Brachistocrona 7

con θ che varia in un intervallo [0, θ0]. Quella che abbiamo scritto è la parame-trizzazione di una curva nota, la cicloide. In de�nitiva, se esiste una soluzionedel problema posto in principio, allora tale soluzione è una cicloide.

A questo punto è ragionevole porsi tre domande:

1. Esiste una cicloide che unisca due punti, qualunque essi siano?

2. La cicloide è una curva cartesiana?

3. La curva trovata è e�ettivamente un minimo?

Risponderemo alla prima ed alla terza domanda, lasciando al lettore il compitodi dare una risposta a�ermativa alla seconda.

1. Il problema viene riformulato nel seguente modo:

Trovare (e mostrare che sono unici) θ0, a ∈ R tali che{x2 = x1 + a(θ0 − sin θ0)

y2 = y1 + a(1− cos θ0).

Dalla prima equazione troviamo:

a =x2 − x1θ0 − sin θ0

.

Sostituendo nella seconda:

−(y2 − y1) = (x2 − x1)1− cos θ0θ0 − sin θ0

−→ 1− cos θ0θ0 − sin θ0

= − y2 − y1x2 − x1

=: β > 0.

Quindi la domanda è: esiste un unico θ0 tale che 1−cos θ0θ0−sin θ0 = β ∀β > 0?

Dallo studio del gra�co della funzione

g(θ) =1− cos θ

θ − sin θ

ci accorgiamo che la risposta a questa domanda è positiva e ciò ci assicuraanche l'unicità di a.

3. Il funzionale che vogliamo minimizzare lo possiamo manipolare:

F (u) =

∫ x2

x1

√1 + u′2(x)√α− u(x)

dx =

∫ x2

x1

√√√√ 1

α− u(x)+

(u′√

α− u(x)

)2

dx.

Facciamo la posizione v :=√α− u(x) e deriviamo rispetto alla variabile

x:

v′(x) = − u′(x)

2√α− u(x)

.

Invece di minimizzare il funzionale F , ci riduciamo a minimizzare il nuovofunzionale

G(v) =

∫ √α−y2√α−y1

√1

v2(x)+ 4v′2(x)dx.

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Capitolo 1 � La Brachistocrona 8

Quest'ultima funzione è convessa, perché si veri�ca che

G(λv + µw) ≤ λG(v) + µG(w) λ+ µ = 1.

Supponiamo v0 sia la curva che soddisfa l'equazione di Eulero e sia vun'altra candidata minimo. Ponendo φ(t) := G(v0+t(v−v0)), osserviamoche:

G(v)−G(v0) = φ(1)− φ(0) = φ′(0) +

∫ 1

0

(1− t)φ′′(t)dt︸ ︷︷ ︸≥0

,

dove nell'ultimo passaggio abbiamo usato la formula di Taylor con restointegrale e la convessità di G. Notando che φ′(0) = 0 è l'espressionedell'equazione di Eulero nel punto candidato minimo, allora troviamo

G(v0) ≤ G(v) ∀v.

Pertanto v0 è davvero il minimo.

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Capitolo 2

Teoria Classica

In questo capitolo introduciamo i primi strumenti del calcolo delle variazioni.Prenderemo spunto dall'esempio della brachistocrona per generalizzare i risultatiche abbiamo ottenuto.

2.1 L'equazione di Eulero

Sia [a, b] un intervallo di R. Consideriamo f : [a, b]×Rd×Rd → R. La funzionef sarà una funzione delle tre variabili x, z, p: f = f(x, z, p). Se u : [a, b]→ Rd èuna funzione, le variabili vettoriali z e p saranno sostituite da u(x) e u′(x).

Chiameremo funzionale la seguente funzione della variabile u:

F (u) :=

∫ b

a

f(x, u(x), u′(x))dx.

Il funzionale F avrà dominio in uno spazio di funzioni U che stabiliremo di voltain volta e sarà a valori reali.

Ci proponiamo di studiare il seguente problema: trovare un minimo, masoprattutto un punto di minimo del funzionale F su uno spazio di funzioniU0 assegnato, che chiameremo dato al contorno. Ovviamente, U0 ⊆ U . Nelcaso in cui il dominio d'integrazione è un intevallo di R, chiameremo dati di

Dirichlet i valori che assegneremo alla funzione u negli estremi dell'intervallo:u(a) = ua, u(b) = ub.

Provvisoriamente, ci poniamo nell'ipotesi seguente: f ∈ C 2([a, b]×Rd×Rd)1.Poniamo, quindi, U := C 2([a, b],Rd). La funzione u(x) = (u1(x), . . . , ud(x)) èuna curva a valori in Rd. Se U0 := {u ∈ U |u(a) = ua, u(b) = ub, ua, ub ∈Rd}, allora la de�nizione che abbiamo dato per il funzionale F è una buonade�nizione.

Cominciamo dimostrando un Lemma che si rivelerà fondamentale nel segui-to.

Lemma 2.1.1 (fondamentale del Calcolo delle Variazioni). Sia ψ ∈C 0([a, b],Rd). Se, per ogni η ∈ C 2([a, b],Rd) tale che η(a) = η(b) = 0 vale:∫ b

a

ψ(x) · η(x)dx,

1Diremo che f è di classe C 2 in a (risp. b) se esistono le derivate prime e seconde destre(risp. sinistre) rispetto a x.

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Capitolo 2 � Teoria Classica 10

allora ψ(x) ≡ 0.

Dimostrazione. Per assurdo, supponiamo esista x0 ∈]a, b[2, i0 ∈ {1, . . . , d} taliche ψi0(x0) 6= 0 (supponiamo per comodità sia > 0). Allora, per il teoremadella permanenza del segno, ∃δ0 > 0 : ψi0(x) > 0 ∀x ∈]x0− δ0, x0 + δ0[. Inoltre,grazie al fatto che abbiamo supposto x0 interno a [a, b], possiamo ulteriormentesupporre che x0 − δ0 > a e x0 + δ0 < b.

De�niamo la seguente funzione η(x):{0 x ≤ x0 − δ0 o x ≥ x0 + δ0

(x− (x0 − δ0))2(x− (x0 + δ0))2 x ∈]x0 − δ0, x0 + δ0[

Osserviamo che η ∈ C 2 e che η(a) = η(b) = 0. Per ipotesi:∫ b

a

ψi0(x) · η(x)dx = 0.

Eppure: ∫ b

a

ψi0(x) · η(x)dx =

∫ x0+δ0

x0−δ0ψi0(x) · η(x)︸ ︷︷ ︸

>0

dx.

Poiché l'integrale di una funzione positiva è un numero positivo, allora abbiamoottenuto un assurdo.

Con questo lemma, siamo pronti a dimostrare un importante teorema:

Teorema 2.1.1. Nelle ipotesi date, se u : [a, b]→ Rd è un punto di minimo del

funzionale F in U0, allora vale l'equazione di Eulero-Lagrange:

d

dx

[∂f

∂p(x, u(x), u′(x))

]− ∂f

∂z(x, u(x), u′(x)) = 0 ∀x ∈ [a, b]. (2.1)

Prima di dare la dimostrazione, facciamo un paio di osservazioni:

Osservazione 2.1.1. Le variabili p e z sono vettori: p = (p1, . . . , pd), z = (z1, . . . , zd).Pertanto, la 2.1.1 è un sistema di equazioni di�erenziali e andrebbe scritto:

d

dx

[∂f

∂pi(x, u(x), u′(x))

]− ∂f

∂zi(x, u(x), u′(x)) = 0 ∀x ∈ [a, b],∀i ∈ {1, . . . , d}.

Osservazione 2.1.2. L'equazione di Eulero-Lagrange ha senso, in quanto possia-mo derivare rispetto a x grazie al fatto che f ∈ C 2 e quindi ∂f∂p ∈ C 1, ottenendouna funzione continua. Ma il secondo addendo, che è, dall'equazione, uguale alprimo, è una funzione di classe C 1! Allora anche il primo addendo è di classeC 1. Questa proprietà dell'equazione di Eulero è detta aspetto regolarizzante.Più avanti formalizzeremo questo concetto.

Vediamo ora la dimostrazione del teorema.2Stiamo supponendo che x0 appartenga all'intervallo aperto perché, nel caso in cui ψ fosse

diversa da zero in un estremo, lo sarebbe in tutto un intorno e pertanto mi potrei ricondurrea x0 interno all'intervallo.

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Capitolo 2 � Teoria Classica 11

Dimostrazione. Sia u un punto di minimo per F su U0. Sia η : [a, b]→ Rd taleche η(a) = η(b) = 0, η ∈ C 2([a, b],Rd). Allora, ut := u+ tη ∈ U0 ∀t ∈ R. Peripotesi, F (ut) ≥ F (u) ∀t ∈ R. Chiamiamo φ(t) := F (ut). Osserviamo che φassume il minimo per t = 0 e, se φ ∈ C 1(] − ε, ε[, allora deve valere φ′(0) = 0.

Ma φ(t) =∫ baf(x, u(x) + tη(x), u′(x) + tη′(x))dx e pertanto è di classe C 2.3

φ′(t) =d

dt

∫ b

a

f(x, u(x) + tη(x), u′(x) + tη′(x))dx =

=

∫ b

a

∂f

∂z(x, u(x) + tη(x), u′(x) + tη′(x)) · η(x)+

∂f

∂p(x, u(x) + tη(x), u′(x) + tη′(x)) · η′(x)dx.

Sia, ora, ψ := ∂f∂p . Vale, per la formula d'integrazione per parti:∫ b

a

ψ(x) · η(x)dx =

∫ b

a

[(ψ(x) · η(x))′ − ψ′(x)η(x)]dx =

ψ(b) · η(b)− ψ(a) · η(a)︸ ︷︷ ︸=0

−∫ b

a

ψ′(x) · η(x).

Abbiamo applicato la tecnica dello scarico della derivata. Riscrivendo nell'inte-grale, otteniamo:

φ′(t) =

∫ b

a

∂f

∂z(x, u(x) + tη(x), u′(x) + tη′(x)) · η(x)+

− d

dx

(∂f

∂p(x, u(x) + tη(x), u′(x) + tη′(x))

)· η(x)dx,

da cui:

φ′(0) =

∫ b

a

η(x)·[∂f

∂z(. . .)− d

dx

(∂f

∂p(. . .)

)]dx = 0 ∀η ∈ C 2, η(a) = η(b) = 0.

Per il lemma fondamentale, otteniamo la tesi.

2.2 Casi particolari

Esempio 2.2.1. Poniamoci nel caso d = 1 e supponiamo

f(x, z, p) = g(p).

L'equazione di Eulero-Lagrange diventa:

d

dx[g′(u′(x))] = 0,

da cui otteniamo g′(u′(x)) = c1 costante. A questo punto ci si presentano duecasi:

3Osserviamo che deve anche valere φ′′(0) ≥ 0, tornerà utile in futuro.

Page 14: Serra - Elementi Di Calcolo Delle Variazioni

Capitolo 2 � Teoria Classica 12

1. g′(p) costante. In questo caso, g(p) = c1p+ c2.

2. u′(x) costante, cioè u(x) = k1x+ k2.

Vediamo un problema variazionale risolto con questa osservazione:

Esercizio 2.2.1. Trovare, se esiste, il gra�co che unisce due punti nel piano cherenda minima la distanza.

Si vede facilmente che il problema si riduce a trovare, se esiste,

minU0

∫ b

a

√1 + u′2(x)dx.

Poiché f(p) =√

1 + u′2(x), dall'osservazione precedente segue che u(x) = k1x+k2, con k1, k2 da determinare in base ai dati di Dirichlet.

Esercizio 2.2.2. Discutere l'osservazione precedente nel caso d = 2.

Esempio 2.2.2. Supponiamo che

f(x, z, p) = g(z, p).

L'equazione di Eulero diventa:

∂g

∂z(u(x), u′(x))− d

dx

[∂g

∂p(u(x), u′(x))

]= 0.

A parte, calcoliamo:

d

dx

[u′∂g

∂p(u, u′)− g(u, u′)

]=

u′′∂g

∂p(u, u′) + u′

d

dx

[∂g

∂p(u, u′)

]− ∂g

∂z(u, u′)u′ − u′′ ∂g

∂p(u, u′) = 0.

Pertanto, otteniamo la seguente equazione di�erenziale del primo ordine, dettaintegrale primo:

u′(x)∂g

∂p(u(x), u′(x))− g(u(x), u′(x)) = C,

che è auspicabilmente più semplice dell'equazione di Eulero, che è del secondoordine.

Come ultimo caso particolare, esaminiamo cosa accade quando l'integrandosi può scrivere come derivata totale di un'altra funzione g che dipende solo dax e da u(x).

Teorema 2.2.1. Sia F (u) =∫ baf(x, u(x), u′(x))dx con f ∈ C 2 nelle sue

variabili. Allora l'equazione di Eulero

d

dx

[∂f

∂p(x, u(x), u′(x))

]=∂f

∂z(x, u(x), u′(x))

è identicamente soddisfatta da ogni funzione u se e soltanto se

f(x, u(x), u′(x)) =d

dx[g(x, u(x))].

Page 15: Serra - Elementi Di Calcolo Delle Variazioni

Capitolo 2 � Teoria Classica 13

Dimostrazione. ⇐=) Supponiamo che f(x, u(x), u′(x)) = ddx [g(x, u(x))]. Allora

F (u) =

∫ b

a

d

dx[g(x, u(x))]dx = g(b, u(b))− g(a, u(a)).

Non solo: comunque si consideri una funzione η nulla in a e b, vale:

F (u+ tη) = g(b, u(b))− g(a, u(a)) ∀t.

Perciò ddtF (u + tη) ≡ 0 ∀t ∀u. Quindi l'equazione di Eulero è identicamente

soddisfatta.=⇒) Sviluppando l'equazione di Eulero, otteniamo

fxp + fzpu′ + fppu

′′ = fz.

A�nché questa venga soddisfatta da ogni funzione u, poiché a secondo membronon compare la derivata seconda, deve valere

∂2f

∂p2(x, u(x), u′(x)) ≡ 0 ∀x ∈ [a, b]× R× R,

cioè deve esseref(x, z, p) = f1(x, z) + f2(x, z)p.

L'equazione di Eulero diventa:

d

dx[f2(x, u(x))] =

∂f1∂z

(x, u(x)) +∂f2∂z

(x, u(x))u′(x).

∂f2∂x

(x, u(x)) +∂f2∂z

(x, u(x))u′(x) =∂f1∂z

(x, u(x)) +∂f2∂z

(x, u(x))u′(x)

∂f2∂x

(x, u(x)) =∂f1∂z

(x, u(x)) ∀u,

cioè∂f2∂x

(x, z) =∂f1∂z

(x, z) ∀(x, z) ∈ [a, b]× R.

Perciò la 1-forma di�erenziale ω = f1(x, z)dx+ f2(x, z)dz è chiusa su [a, b]×Rche è semplicemente connesso. Ne segue che esiste una primitiva, cioè ∃g(x, z)tale che f1 = gx, f2 = gz. Possiamo scrivere f come

f(x, z) = gx(x, u(x)) + gz(x, u(x))u′(x)

cioè la tesi.

2.3 Alcuni risultati di regolarità

In questa sezione, non ci cureremo di voler ottenere formule per la risoluzionepratica di problemi di calcolo delle variazioni, ma ci preoccuperemo degli aspettidi esistenza del funzionale e di regolarità dei punti di minimo.

Siamo interessati, in particolare, a:

� minimizzare F in uno spazio di funzioni molto ampio per cui f abbiasenso;

Page 16: Serra - Elementi Di Calcolo Delle Variazioni

Capitolo 2 � Teoria Classica 14

� dimostrare che in realtà il punto di minimo di F è regolare, cioè appartienead un sottoinsieme speci�co tra le funzioni ammissibili.

Cominciamo col vedere degli esempi, che ci mostrano che, per certi funzionali,l'equazione di Eulero-Lagrange non aiuta a trovare il minimo e�ettivo.

Esempio 2.3.1. Consideriamo il seguente problema di Dirichlet:{F (u) =

∫ 1

−1(1− u′2(x))2dx

u(−1) = u(1) = 1

In questo caso, f(x, z, p) = (1− p2)2, quindi è un polinomio, in particolare C∞.Il funzionale è sempre non negativo. Per un'osservazione precedente, un minimodel funzionale è la funzione lineare4 che unisce i due punti, cioè u(x) ≡ 1.

Osserviamo, però, che F (|x|) = 0, quindi v(x) = |x| è inequivocabilementeil minimo e�ettivo del funzionale.

Esempio 2.3.2. Consideriamo{F (u) =

∫ 1

−1(1− u′(x))2u2(x)dx

u(−1) = 0, u(1) = 1

Come prima, F ≥ 0 e si osserva che

u(x) =

{0 x ∈ [−1, 0]x x ∈ [0, 1]

è minimo di F , ma non è soluzione dell'equazione di Eulero.

Col prossimo esempio, vediamo che il problema non risiede nel fatto che iprecedenti minimi possedessero spigoli.

Esempio 2.3.3. Dato{F (u) =

∫ 1

−1(2x− u′(x))2u2(x)dx

u(−1) = 0, u(1) = 1

osserviamo che una soluzione del problema è data dalla funzione così de�nita:

u(x) =

{0 x ∈ [−1, 0]x2 x ∈ [0, 1]

Tale funzione è di classe C 1, ma non di classe C 2. Neanche questa voltal'equazione di Eulero-Lagrange poteva venirci in aiuto.

Vediamo di porci in una classe di funzioni molto ampia in cui l'integraleabbia senso.

De�nizione 2.3.1. Sia f : I ⊂ R → R. f si dice assolutamente continua su Ise

∀ε > 0 ∃δ > 0 t.c.

N∑i=1

|xi − yi| < δ =⇒N∑i=1

|f(xi)− f(yi)| < ε

∀N ∈ N, ∀x1 < x2 < y1 < y2 < . . . < yN−1 < yN ∈ I.4Si noti che f dipende solo da p.

Page 17: Serra - Elementi Di Calcolo Delle Variazioni

Capitolo 2 � Teoria Classica 15

Osserviamo che l'assoluta continuità è una condizione più forte della unifor-me continuità.

Enunciamo ora, ma non dimostriamo, due teoremi sulle funzioni assoluta-mente continue che ci serviranno nel seguito della sezione.

Teorema 2.3.1. Se g ∈ L1(R) e de�niamo f(x) =∫ x−∞ g(t)dt, allora f è

assolutamente continua su R e f ′(x) = g(x) per quasi ogni x ∈ R.

Quindi f non è derivabile, g non è continua, ma la derivata di f esiste ecoincide quasi ovunque con g.

Teorema 2.3.2. Se f è assolutamente continua su un intervallo I, allora f è

derivabile con derivata �nita per quasi ogni x ∈ I e vale∫ b

a

f ′(x)dx = f(b)− f(a) ∀a, b ∈ I.

Vale anche il viceversa.

Tenendo ben presenti questi risultati, possiamo dimostrare alcuni teoremisulla regolarità della soluzione di un problema di Calcolo delle Variazioni. Primaqualche notazione:

� Indicheremo con AC lo spazio delle funzioni assolutamente continue;

� indicheremo con AC0 lo spazio delle funzioni assolutamente continue asupporto compatto.

Cominciamo con un lemma:

Lemma 2.3.1. Se h ∈ L1(R) e∫ bah(x)φ′(x)dx = 0 ∀φ ∈ AC0, allora h(x) ≡ c

costante.

Dimostrazione. Sia c := 1b−a

∫ bah(x)dx. Ne segue che

∫ ba

(h(x)− c)dx = 0. De�-

nisco φ(t) :=∫ ta(h(x)− c)dx. Vale che φ(a) = φ(b) = 0. Pertanto φ ∈ AC0; per

ipotesi: ∫ b

a

h(x)φ′(x)dx = 0,

ma anche ∫ b

a

(h(x)− c)φ′(x)dx = 0.

Poiché φ′(t) = h(t) − c ne consegue che∫ ba

(h(x) − c)2dx = 0, da cui h(x) = cquasi ovunque.

Teorema 2.3.3. Sia f(x, z, p) di classe C 1 rispetto a z e a p, di classe C 0

rispetto a x. Supponiamo che u ∈ AC([a, b]) tale che∫ b

a

[∂f

∂z(x, u(x), u′(x)) · η(x) +

∂f

∂p(x, u(x), u′(x)) · η′(x)

]dx = 0

∀η ∈ AC0. Supponiamo inoltre che

x 7→ ∂f

∂z(x, u(x), u′(x))

Page 18: Serra - Elementi Di Calcolo Delle Variazioni

Capitolo 2 � Teoria Classica 16

sia integrabile su [a, b]. Allora

d

dx

[∂f

∂p(x, u(x), u′(x))

]− ∂f

∂z(x, u(x), u′(x)) = 0 per q.o. x ∈ [a, b].

Se u ∈ C 1, allora l'equazione vale per ogni x ∈ [a, b];se, invece, u è C 1 a tratti, allora l'equazione vale per ogni x ∈ [a, b] oppor-

tunamente scegliendo derivate destre e sinistre.

Dimostrazione. Calcoliamo il seguente integrale:∫ b

a

∂f

∂z(x, u(x), u′(x)) · η(x)dx =

∫ b

a

[d

dx

∫ x

a

∂f

∂z(t, u(t), u′(t))dt

]· η(x)dx,

grazie all'ipotesi di integrabilità di fz. Proseguendo il conto,

=

∫ b

a

d

dx

[η(x) ·

∫ x

a

∂f

∂z(t, u(t), u′(t))dt

]dx−

∫ b

a

(∫ x

a

∂f

∂z(t, u(t), u′(t))dt

)·η′(x)dx.

Nell'ultima espressione, il primo membro è nullo perché η(a) = η(b) = 0;pertanto, abbiamo mostrato che∫ b

a

∂f

∂z(x, u(x), u′(x)) · η(x)dx = −

∫ b

a

(∫ x

a

∂f

∂z(t, u(t), u′(t))dt

)· η′(x)dx;

sostituendo nell'equazione originale,∫ b

a

[∂f

∂p(x, u(x), u′(x))−

∫ x

a

∂f

∂z(t, u(t), u′(t))dt

]· η′(x)dx = 0

∀η ∈ AC0.Per il lemma precedente, abbiamo

∂f

∂p(x, u(x), u′(x)) =

∫ x

a

∂f

∂z(t, u(t), u′(t))dt+ c q.o..

Poiché fz è derivabile per ipotesi, la funzione a secondo membro è assoluta-mente continua e pertanto lo è anche fp. Per il secondo teorema sulle funzioniassolutamente continue, fp è derivabile quasi ovunque e vale

d

dx

[∂f

∂p(x, u(x), u′(x))

]− ∂f

∂z(x, u(x), u′(x)) = 0 per q.o. x ∈ [a, b].

Dimostriamo ora un secondo risultato di regolarità.

Teorema 2.3.4. Sia f(x, z, p) una funzione di classe C 1 in x e z e di classe

C 2 nella variabile p. Sia u ∈ C 1([a, b]) tale che

d

dx

[∂f

∂p(x, u(x), u′(x))

]=∂f

∂z(x, u(x), u′(x)).

Supponiamo che ∂2f∂p2 (x, u(x), u′(x)) 6= 0 ∀x ∈ [a, b].

Allora u ∈ C 2([a, b]).

Page 19: Serra - Elementi Di Calcolo Delle Variazioni

Capitolo 2 � Teoria Classica 17

L'ipotesi sulla derivata seconda prende il nome di ipotesi di ellitticità o diconvessità. Vediamo la dimostrazione, che fa uso di una tecnica comune nelcalcolo delle variazioni.

Dimostrazione. De�niamo la funzione Φ : [a, b]× R3 → R

Φ(x, z, p, q) :=∂f

∂p(x, z, p)− q.

Fissiamo x0 ∈]a, b[, z0 = u(x0), p0 = u′(x0) e q0 = ∂f∂p (x0, z0, p0). Osserviamo

che Φ ∈ C 1; inoltre,Φ(x0, z0, p0, q0) = 0.

Consideriamo S := {(x, z, p, q) ∈ [a, b]× Rd|Φ(x, z, p, q) = 0}. Si veri�ca che

∂Φ

∂p(x, z, p, q) =

∂2f

∂p2(x, z, p),

e perciò, per ipotesi,∂Φ

∂p(x0, z0, p0, q0) 6= 0.

Per continuità di u′, il teorema della funzione implicita assicura che esiste unintorno U di (x0, z0, p0, q0) in cui le soluzioni dell'equazione Φ(x, z, p, q) = 0sono esclusivamente della forma p = φ(x, z, q), con φ ∈ C 1.

Osserviamo adesso che

Φ(x, u(x), u′(x),∂f

∂p(x, u(x), u′(x))) = 0 ∀x.

per l'unicità locale,

u′(x) = φ(x, u(x),∂f

∂p(x, u(x), u′(x))).

D'altra parte, considerando che u ∈ C 1 e che fz è continua, per l'equazione diEulero

d

dx

[∂f

∂p(x, u(x), u′(x))

]=∂f

∂z(x, u(x), u′(x))

otteniamo che fpx è continua, da cui fp è C 1. Ma allora anche φ(x, u(x), ∂f∂p (x, u(x), u′(x))) ∈C 1, da cui u′ ∈ C 1 e conseguentemente u ∈ C 2 in un intorno di x0. Perl'arbitrarietà di x0, abbiamo la tesi.

Teorema 2.3.5. Sia f una funzione di classe C 1 nelle variabili x e z e di classeC 2 nella variabile p. Supponiamo che

∂2f

∂p2(x, z, p) > 0 ∀(x, z, p) ∈ [a, b]× R2.

Se u ∈ AC([a, b]) soddisfa∫ b

a

[∂f

∂z(x, u(x), u′(x)) · η(x) +

∂f

∂p(x, u(x), u′(x)) · η′(x)

]dx = 0 ∀η ∈ AC0([a, b])

e se fz, fp sono integrabili sull'intervallo [a, b], allora u ∈ C 2([a, b]).

Page 20: Serra - Elementi Di Calcolo Delle Variazioni

Capitolo 2 � Teoria Classica 18

Dimostrazione. Scegliamo Φ come nella dimostrazione del teorema preceden-te e consideriamo i punti tali che Φ(x, z, p, q) = 0 in un intorno di x0, z0 =u(x0), p0 = u′(x0), q0 = fp(x0, z0, p0). In questo caso, però, u′ non è continua,quindi è possibile trovare due valori di p in corrispondenza di un certo (x, z).Supponiamo, quindi, che, dati x0, z0 = u(x0) esistano p1 6= p2 ∈ R tali cheΦ(x0, z0, p1, q) = Φ(x0, z0, p2, q) = 0. Otteniamo che:∫ 1

0

d

ds

[∂f

∂p(x0, u(x0), p1 + s(p2 − p1))

]ds =

=∂f

∂p(x0, u(x0), p1)− ∂f

∂p(x0, u(x0), p2) = q − q = 0.

D'altra parte, ∫ 1

0

d

ds

[∂f

∂p(x0, u(x0), p1 + s(p2 − p1))

]ds =∫ 1

0

∂2f

∂p2(x0, u(x0), p1 + s(p2 − p1))︸ ︷︷ ︸

>0 ∀s

(p2 − p1)ds 6= 0

a meno che p1 = p2. La funzione φ che de�nisce il luogo di zeri di Φ non puòavere, quindi, più determinazioni e pertanto è unica. Come prima, possiamoscrivere

u′(x) = φ(x, u(x),∂f

∂p(x, u(x), u′(x))) =: v(x).

Osserviamo che fp è assolutamente continua; ne segue che anche v è assoluta-mente continua e quindi u′ coincide quasi ovunque con una funzione assoluta-mente continua. De�niamo, ora,

w(x) = u(a) +

∫ x

a

v(t)dt.

Di certo w ∈ C 1 e w(a) = u(a). Poiché v è continua, allora per il teoremafondamentale del calcolo w′(x) = v(x) ∀x. Ma allora

u(x) = u(a) +

∫ x

a

u′(t)dt = u(a) +

∫ x

a

v(t)dt = w(x) ∀x

perché u′ e v sono due funzioni che coincidono quasi ovunque, perciò i lorointegrali coincidono ovunque. Quindi u ∈ C 1([a, b]) e, per il teorema precedente,è di classe C 2.

Osservazione 2.3.1. Consideriamo l'equazione di Eulero

d

dx

[∂f

∂p(x, u(x), u′(x))

]=∂f

∂z(x, u(x), u′(x))

e supponiamo che f ∈ C∞. Sviluppando la derivata,

fxp + fzpu′ + fppu

′′ = fz.

Page 21: Serra - Elementi Di Calcolo Delle Variazioni

Capitolo 2 � Teoria Classica 19

Supponiamo ancora che fpp 6= 0:

u′′(x) =1

fpp[fz − fxp − fzpu′].

Se u′′ ∈ C 1, naturalmente u ∈ C 3. Ma allora il secondo membro è una funzionedi classe C 2, perciò anche u′′ lo è. Pertanto u ∈ C 4. Procedendo per induzionesi dimostra che, se u ∈ C j , allora u ∈ C j+1.

Per riassumere, abbiamo osservato in questa sezione che i minimi di unfunzionale hanno la regolarità collegata a due fattori:

� Regolarità di f ;

� Convessità di f rispetto a p uniforme.

2.4 Alcuni Problemi Classici

Ci occupiamo di trattare alcuni esempi classici che ci serviranno da spunto peril seguito.

2.4.1 La super�cie di Rivoluzione di Area Minima

Ci proponiamo di risolvere il seguente problema di Calcolo delle Variazioni:

Qual è la curva u(x) che, ruotando attorno all'asse x, genera il solido dirotazione di super�cie minima?

Il funzionale che vogliamo minimizzare stavolta è il seguente:

F (u) = 2π

∫ x2

x1

u(x)√

1 + u′2(x)dx.

Vogliamo trovare:

minu(x1)=y1,u(x2)=y2

∫ x2

x1

u(x)√

1 + u′2(x)dx.

Poiché l'integrando non dipende da x, sappiamo che esiste un integrale primo,che risulta essere:

u(x)u′2(x)√1 + u′2(x)

− u(x)√

1 + u′2(x) = C.

Sviluppando i conti e risolvendo l'equazione di�erenziale che ne vien fuori,otteniamo la seguente famiglia di soluzioni:

u(x) = b cosh

(x− ab

).

Al contrario di quanto è accaduto per la brachistocrona, non è unica la soluzioneuna volta �ssati i dati iniziali, quindi non è scontato dire che tali curve sonopunti di minimo. Si può dimostrare che, se due catenarie hanno gli stessi datiiniziali, allora quella �più alta� è un punto di minimo locale, l'altra è solo unpunto stazionario. Se esiste un'unica catenaria, allora grazie a ragionamenti diconvessità si dimostra che è proprio lei la soluzione.

Page 22: Serra - Elementi Di Calcolo Delle Variazioni

Capitolo 2 � Teoria Classica 20

2.4.2 Problemi Isoperimetrici

È nell'Eneide che si trova la prima testimonianza di problema isoperimetrico.È riportato che Didone si pose il problema di trovare quale curva nel piano,con perimetro �ssato, realizza l'area massima. Formuliamolo ora in terminimatematici.

Sia γ(t) := (x(t), y(t)) una curva chiusa nel piano R2: se x, y : [t0, t1]→ R2,allora x(t0) = x(t1), y(t0) = y(t1). La lunghezza di γ è data da

L(γ) =

∫ t1

t0

√x′2(t) + y′2(t)dt = L.

Per il Teorema di Gauss-Green, l'area racchiusa dalla curva è:

A =1

2

∫ t1

t0

(x′(t)y(t)− x(t)y′(t))dt.

Vogliamo quindi trovareminU

A.

dove

U := {(x(t), y(t))|x(t0) = x(t1), y(t0) = y(t1),

∫ t1

t0

√x′2(t) + y′2(t)dt = L}.

De�nizione 2.4.1. Chiamiamo isoperimetrico un problema di CdV del tipo:

minU

∫ x2

x1

f(x, u(x), u′(x))dx,

dove U := {u : [x1, x2] → R|u(x1) = y1, u(x2) = y2,∫ x2

x1g(x, u(x), u′(x))dx =

C}.

L'idea per risolvere un tale problema è la stessa dei moltiplicatori di Lagran-

ge. Introduciamo una nuova incognita, che indicheremo con λ, e poniamo

F ∗(u) := F (u) + λG(u).

Analogamente a quanto visto precedentemente, andiamo a variare la u condipendenza lineare da due parametri s e t:

v(x) := u(x) + sη1(x) + tη2(x),

dove η1(x1) = η1(x2) = η2(x1) = η2(x2) = 0. Inoltre, ci restringiamo ai valori di(s, t) tali che G(v) = C.L'obiettivo è di trovare una relazione implicita tra s e ttale che se vale lei, alloraG(v) = C. Osserviamo che se s = t = 0, allora abbiamociò che vogliamo. De�nendo φ(s, t) := F (u+ sη1 + tη2), allora vale che (s, t) =(0, 0) minimizza φ tra tutti gli (s, t) tali che ψ(s, t) := G(u+ sη1 + tη2)−C = 0.Per quanto sappiamo dai teoremi sui Moltiplicatori di Lagrange, de�nendo

φ∗(s, t, λ) := φ(s, t) + λψ(s, t),

allora vale che∂φ∗

∂s(0, 0) =

∂φ∗

∂t(0, 0) = 0.

Page 23: Serra - Elementi Di Calcolo Delle Variazioni

Capitolo 2 � Teoria Classica 21

Facendo dei conti analoghi a quelli svolti nei paragra� precedenti, otteniamo ledue equazioni∫ x2

x1

[fz(x, u, u′)η1 + λgz(x, u, u

′)η1 + fp(x, u, u′)η′1 + λgp(x, u, u

′)η′1]dx = 0

∫ x2

x1

[fz(x, u, u′)η2 + λgz(x, u, u

′)η2 + fp(x, u, u′)η′2 + λgp(x, u, u

′)η′2]dx = 0

che valgono per ogni scelta di η1, η2 ∈ C 10 ([x1, x2]). Si sono separate le due

funzioni η1 e η2. Procedendo con il solito trucco dello scarico della derivata,otteniamo da entrambe le equazioni sopra la stessa nuova equazione

fz(x, u, u′) + λgz(x, u, u

′)− d

dx(fp(x, u, u

′) + λgp(x, u, u′)) = 0,

cioè

∂z(f + λg)(x, u(x), u′(x))− d

dx

(∂

∂p(f + λg)(x, u(x), u′(x))

)= 0.

Abbiamo trovato una famiglia di equazioni di Eulero, essendo la precedenteequazione dipendente da λ.

Applichiamo questo metodo per risolvere il problema di Didone. Vogliamotrovare

max

∫ t1

t0

(xy′ − yx′)dt

tra tutte le curve γ(t) := (x(t), y(t)) tali che x(t0) = x(t1) e y(t0) = y(t1) esotto il vincolo

L(γ) =

∫ t1

t0

√x′2(t) + y′2(t)dt = L.

Scrivendo le equazioni di Eulero per la x e per la y, otteniamo il sistemaddt

(−y + λ x′√

x′2+y′2

)= y′

ddt

(x+ λ y′√

x′2+y′2

)= −x′

Integrando:−y + λ x′√x′2+y′2

= y + c1

x+ λ y′√x′2+y′2

= −x+ c2−→

2y + c1 = λ x′√x′2+y′2

−2x+ c2 = λ x′√x′2+y′2

Elevando al quadrato e sommando, otteniamo:

(2y + c1)2 + (−2x+ c2)2 = λ2,

che è evidentemente l'equazione di un cerchio di centro(c12 ,

c22

)e raggio λ = L

2π .

Page 24: Serra - Elementi Di Calcolo Delle Variazioni

Capitolo 2 � Teoria Classica 22

La catenaria

Come ultimo dei problemi classici del Calcolo delle Variazioni studiamo il pro-blema della catenaria: vogliamo trovare la curva che rappresenta la forma cheassume un �lo pesante appeso a due punti �ssi, soggetto alla forza peso e inposizione di equilibrio.

Il vincolo di questo problema è lo stesso di prima:∫ x2

x1

√1 + u′2(x)dx = L.

Volendo trovare la curva in posizione di equilibrio, allora troviamo un'espressioneper l'energia potenziale e la minimizziamo.

La massa del tratto in�nitesimo della catena è δ√

1 + u′2(x)dx, dove δ è ladensità lineare di massa. L'energia potenziale è

V =

∫ x2

x1

gδ√

1 + u′2(x)u(x)dx.

Dobbiamo trovareminU

V,

dove U := {u : [x1, x2] → R|u(x1) = y1, u(x2) = y2,∫ x2

x1

√1 + u′2(x)dx = L}.

È, pertanto, un problema isoperimetrico. Se una soluzione esiste, quella soddisfal'equazione di Eulero:

d

dx

[gδu(x)

u′(x)√1 + u′2(x)

+ λu′(x)√

1 + u′2(x)

]= gδ

√1 + u′2(x).

Osserviamo che l'integrando del funzionale F ∗ non dipende da x. Esiste, per-tanto, un integrale primo:

u′[gδ

u′√1 + u′2

+ λu′√

1 + u′2

]= gδu

√1 + u′2 + λ

√1 + u′2 + C.

Facendo dei conti, si giunge a trovare la seguente equazione di�erenziale delprim'ordine a variabili separabili:

u′√(gδu+λc

)2− 1

= 1

che, risolta, dà la soluzione, a meno di costanti moltiplicative e di traslazione,u(x) = cosh(x).