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SCUOLA INTERATENEO DI SPECIALIZZAZIONE PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI DELLA SCUOLA SECONDARIA
SIS
RELAZIONE FINALE PER L'ESAME DI STATO
Leggere e scrivere il racconto di
fantascienza nella secondaria inferiore
ANNO ACCADEMICO 2005/2006
Specializzando:
Elena Maria Domenica Chiarelli
Classe di concorso: A043/A050
Libretto: N° 267259
Scuola sede di tirocinio: Scuola Secondaria di Primo Grado G. Nicoli, Settimo Torinese - TO Docente accogliente: prof.ssa Daniela Re
Supervisore: prof.ssa Carla Gatti
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INDICE
PARTE PRIMA: LE TEORIE DI RIFERIMENTO ��1.1 modello teorico didattico-metodologico scelto come riferimento pag. 2
1.1.1 scelta delle modalità dell'intervento didattico e degli strumenti da privilegiare pag. 3 PARTE SECONDA: IL PROGETTO
��2.1 contesto di indirizzo e di classe in cui si inserisce l’intervento didattico pag. 6
2.1.1 un allievo problematico pag. 6 2.1.2 alunne straniere pag. 7 2.1.3 le relazioni tra allievi e docenti pag. 9
��2.2 scelta dei contenuti in relazione alla programmazione dell’insegnante titolare pag. 10 � 2.3 descrizione sintetica del progetto dell’intervento didattico pag. 10
2.3.1 obiettivi cognitivi pag. 12 2.3.2 presentazione dell’argomento pag. 12 2.3.3 giustificazione della scelta pag. 12 2.3.4 destinatari dell’unità didattica pag. 13 2.3.5 finalità e obiettivi pag. 13 2.3.6 pre-requisiti pag. 14
��2.4 prospetto delle lezioni pag. 15
PARTE TERZA: ANALISI DEL PROCESSO ��3.1 svolgimento dell’intervento didattico ed eventuali modifiche apportate pag. 16
3.1.1 test sui pre-requisiti pag. 16 3.1.2 modalità di lettura e analisi dei testi pag. 18 3.1.3 esercitazioni in itinere pag. 22 3.1.4 la visione del film pag. 24 3.1.5 verifica sommativa pag. 25
��3.2 osservazioni relative agli aspetti relazionali sperimentati pag. 26 ��3.3 analisi critica dei risultati pag. 29 ��3.4 riflessione critica sull’esperienza didattica condotta, aspetti positivi e da correggere pag. 31
CONCLUSIONI ��4.1 conclusioni e riflessioni sul proprio percorso di formazione professionale pag. 33 4.1.1 questionario di valutazione sull’intervento didattico pag. 36
BIBLIOGRAFIA pag. 38 ALLEGA TI pag. 39
� alcuni elaborati dei ragazzi pag. 39 � verifica dei pre-requisiti pag. 43 � verifica finale pag. 46 � verifica finale per le allieve straniere pag. 50
3
PARTE PRIMA: LE TEORIE DI RIFERIMENTO
1.1 MODELLO TEORICO DIDATTICO-METODOLOGICO SCELTO COME
RIFERIMENTO
Nel corso dei due anni di S.I.S. ho appreso la distinzione tra “didattiche per processi” e
“didattiche per risultati”, che si focalizzano rispettivamente sull’attività di ricerca e sulle
conoscenze.
Durante il tirocinio attivo ho cercato di mediare tra queste due tipologie di
insegnamento per ottenere una maggior completezza didattica, verificando l’acquisizione
di alcuni saperi senza trascurare i momenti di confronto e di discussione tra gli allievi,
fondamentali per la formazione di una conoscenza completa. Mediante tali attività la
Scuola può contribuire alla crescita dell’individuo e al miglioramento delle sue capacità
collaborative e metacognitive.
La didattica per obiettivi e quella per contenuti sottolineano l’importanza dei
risultati dell’apprendimento, mentre la didattica per problemi e la didattica fondata
sulla ricerca enfatizzano le modalità attraverso cui l’apprendimento si realizza. Prima di
scegliere quale tipologia adottare, è necessario che l’insegnante determini comunque degli
obiettivi didattici per finalizzare la propria attività di insegnamento.
Così come teorizzato da Pellerey1, possiamo distinguere tra una serie di tecniche di
innesco didattico, che sono:
l) l’uso di verifiche dei pre-requisiti che orientino lo studente sui propri livelli di
conoscenza e sulle abilità che l’unità didattica richiede;
2) la definizione di obiettivi didattici chiari, realistici, non determinati aprioristicamente
bensì successivi alla verifica delle capacità possedute dagli allievi;
3) la descrizione di una panoramica iniziale dell’argomento da trattare, per chiarire alla
classe quali risultati si deve prefiggere.
1 M. Pellerey. Progettazione didattica, SEI, Torino. 1983, pagg. 224-225.
4 1.1.1 Scelta delle modalità dell’intervento didattico e degli strumenti da privilegiare
Durante i miei interventi ho utilizzato le tre tecniche sopraelencate e ho cercato di
agire sulla “zona di sviluppo prossimale” dei ragazzi, sottoponendo loro esercizi che
stimolassero il desiderio di misurarsi con i propri limiti e con le proprie capacità, per
guidarli dal livello di ciò che erano in grado di fare da soli al massimo livello di sviluppo
possibile, affinché sperimentassero esperienze di crescita emotivamente e cognitivamente
soddisfacenti. In quest’ottica la Scuola è funzionale non solo per assecondare il normale
sviluppo evolutivo dell’individuo, ma per stimolarne tutte le potenzialità.
Inoltre concordo pienamente con gli studiosi Rosenthal e Jacobson che hanno
formalizzato la teoria della “profezia che si autoadempie”, secondo la quale i vissuti di
impotenza e scarsa stima della classe da parte del docente alimentano circoli viziosi che
generano un clima di classe negativo e scarsamente produttivo. Maggiori sono le attese e il
livello di fiducia espressi dall’insegnante e recepiti dalla classe, maggiori saranno i risultati
ottenuti.
Decisivo per la buona riuscita di un intervento didattico è quindi il “clima di classe”,
che il sociologo Giorgio Chiari definisce come “l’atmosfera” che si crea in uno specifico
contesto socio-emotivo di vita scolastica, condizionando il processo di
apprendimento/insegnamento mediante i rapporti che coinvolgono insegnanti e alunni.
Ritengo sia molto importante che il docente riesca a presidiare la presenza di un buon
clima di classe e adotti un’ottica che gli consenta di monitorare non solo i rapporti
instaurati coi singoli allievi e con la classe, ma anche quelli presenti all’interno del
gruppo-classe, per correggerli ed eventualmente limitarne gli effetti dannosi.
Durante l’esperienza di tirocinio ho cercato di rivolgere maggiori attenzioni agli allievi
più bisognosi di rassicurazioni e meno autonomi: se con i ragazzi che possiedono più
strumenti è sufficiente costruire un rapporto di rispetto e di fiducia reciproci, con gli allievi
meno motivati è necessario mettere in atto continui rinforzi, incoraggiarli, stimolarli per
far loro percepire calore e sostegno in modo che possano sentirsi più sicuri nei loro
tentativi di apprendimento.
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Mediante l’unità didattica sul racconto di fantascienza, ho cercato di coinvolgere tutti i
membri della classe, per trasmettere l’idea che “tutti possono imparare da tutti”, che ogni
apporto può dimostrarsi significativo, anche il più banale.
Il mio scopo principale durante le lezioni dedicate alla lettura ad alta voce dei
racconti scritti dai ragazzi era l’attuazione di uno scambio di idee tra gli allievi che
sviluppasse in loro la capacità di apprendere e migliorarsi mediante le correzioni suggerite
dai compagni.
Per ottenere tali risultati è importante che il docente si adatti in modo flessibile ai vari
codici culturali degli allievi, provenienti da diversi gruppi sociali, e riesca ad integrarli tra
loro mediante un’attività di concertazione. L’insegnante deve quindi assumere il ruolo di
mediatore sociale, una funzione che a mio avviso deve essere tenuta in particolare
considerazione, vista la crescente eterogeneità delle culture e dei livelli sociali presenti
nelle classi scolastiche italiane, in particolar modo nella scuola secondaria di primo grado.
L’integrazione all’interno del gruppo classe fa sì che aumenti il livello di
apprendimento, che migliorino le prestazioni degli studenti e che ci si possa arricchire
collettivamente dai diversi apporti di ogni compagno, senza far uso di gerarchie di merito.
Facendo riferimento ai contributi del costruttivismo sociale, ho fatto largo uso del
“conflitto socio-cognitivo”, concetto secondo cui il confronto diretto tra i punti di vista di
due o più soggetti è funzionale al raggiungimento di un risultato superiore a quello che
avrebbero potuto raggiungere individualmente.
L’interazione tra pari, nella classe in cui ho tenuto il tirocinio attivo, ha favorito il
raggiungimento di una maggior collaborazione tra studenti, con la consapevolezza che
ogni apporto costituiva una risorsa preziosa per lo sviluppo cognitivo di tutti.
Secondo le teorie costruttiviste, a cui ho fatto riferimento, l’apprendimento consiste
nella co-costruzione di significati: la produzione di qualcosa di nuovo tramite
l’interazione tra allievi e tra allievi e insegnante, sottolineando il fatto che anche il docente
apprende durante l’attività didattica e si arricchisce di nuovi strumenti mentali.
Soprattutto durante la fase centrale del mio percorso di tirocinio, quando ormai la classe
aveva appreso quali fossero gli elementi fondamentali del racconto di fantascienza, è stato
utile favorire una partecipazione sempre più centrale degli allievi. È proprio mediante il
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dialogo che si può apprendere una progressiva capacità di assumersi responsabilità e
sviluppare autonomia, insegnando modalità di convivenza basate sul riconoscimento
dell’altro. Sarebbe inoltre importante che si sviluppasse un’“interdipendenza positiva”
all’interno del gruppo classe, grazie alla quale ogni elemento è motivato a cooperare, a
sostenere i compagni, ad essere spinto verso il raggiungimento di obiettivi comuni: si
prende consapevolezza che il successo di ognuno dipende dal successo di tutti gli altri,
adottando una visione strumentale del gruppo.
La classe in cui mi sono inserita presentava un tipo di interdipendenza piuttosto
negativa, ossia un alto livello di competizione tra compagni, che alcune volte impediva un
corretto funzionamento dei lavori di gruppo.
Durante l’analisi critica del film Blade Runner, la cui visione è stata proposta al
termine del percorso didattico, ho cercato di gestire gli interventi di tutti, arginando
atteggiamenti non collaborativi, tesi piuttosto ad esprimere protagonismi individuali. La
mediazione e la guida dell’insegnante nell'impostazione dell’attività di confronto dialettico
è dunque risultata funzionale al raggiungimento degli obiettivi preposti e programmati.
Vorrei pertanto sottolineare quanto la gestione degli interventi, più che la semplice
trasmissione di saperi, possa concorrere allo sviluppo, negli allievi, delle capacità di
confronto democratico con gli altri.
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PARTE SECONDA: IL PROGETTO
2.1 CONTESTO DI INDIRIZZO E DI CLASSE IN CUI SI INSERISCE
L’INTERVENTO DIDATTICO
Il tirocinio si è svolto nella sede centrale della Scuola Media Inferiore Nicoli di
Settimo Torinese, dove l’anno scorso ho effettuato parte del tirocinio osservativo. Le classi
sono suddivise in: tempo normale (IIª e IIIª F; IIIª C; IIIª B), tempo prolungato (Iª e IIIª A;
IIIª D) e tempo misto (IIª D; IIª B; la A-B-D-F)2.
Durante i primi incontri mi sono ripresentata al dirigente scolastico e alla segreteria
amministrativa; ho conosciuto alcuni nuovi membri del personale didattico e gli operatori
scolastici.
Nella scuola sono presenti sette ragazzi extracomunitari che, prima di essere inseriti
nelle rispettive classi, sono stati sottoposti ad un’intervista di accoglienza, per capire da
quali culture e condizioni di vita provengano.
Si fa uso di moduli, ossia gruppi per livello, (in genere composti da 10 elementi) che
trattano argomenti specifici, ad esempio “Il testo espositivo” nelle classi seconde.
La scuola inoltre partecipa spesso a concorsi, mostre, attività didattiche organizzate
dalla città di Settimo e, proprio durante il tirocinio attivo, la classe che ho seguito ha
partecipato all’esposizione: “Elementando”, nella quale sono stati presentati, all’interno
dei locali dell'Ecomuseo del Freidano, alcuni art-book dedicati al tema dell’acqua
realizzati durante l’a.s. 2004/05 dagli alunni di alcune classi della S.M.S. “A. Gramsci” e
della S.M.S. “G. Nicoli” di Settimo Torinese.
2.1.1 Un allievo problematico
La classe in cui ho svolto il tirocinio è la stessa che ho osservato l’anno scorso ed è
composta da 23 allievi. Al suo interno sono presenti problemi di accettazione e inserimento
nei confronti di alcuni soggetti, ma nel complesso si tratta di una classe abbastanza
collaborativa, grazie all’intenso lavoro di concertazione delle attività didattiche svolto dai
docenti, mirato in particolare al superamento delle difficoltà di integrazione di un elemento
“iperattivo”, seguito da un insegnante di sostegno sin dalla classe prima. L’allievo,
nonostante sia molto migliorato nel corso degli anni, presenta ancora le caratteristiche di un
2 Consiste nella proposta di laboratori di teatro (per le classi di Iª) di ipertesto (per le classi di IIª) e della redazione di un giornale (per le classi di IIIª) durante tre pomeriggi alla settimana.
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soggetto problematico, che non riesce a mantenere a lungo l’attenzione e si distrae
facilmente, generando sentimenti di disagio e insofferenza nei compagni. Mentre durante il
primo anno i docenti spesso non riuscivano a farlo stare seduto al banco all’interno
dall’aula, adesso segue quasi tutte le lezioni col resto della classe e partecipa attivamente
ottenendo anche buoni risultati, nonostante il suo livello di concentrazione sia piuttosto
limitato nel tempo. Deve essere costantemente sorvegliato e contenuto, tuttavia i suoi
interventi durante le lezioni sono spesso pertinenti e dimostrano particolari doti creative e
cognitive. Quest’anno purtroppo è intervenuto un fattore che ha compromesso la qualità
dell’educazione di questo allievo, poiché l’insegnante di sostegno che lo seguiva sin dalla
classe prima è stato sostituito da una docente che non lo conosce e non riesce ad instaurare
con lui un rapporto intenso e produttivo.
Durante le mie ore di intervento in classe, il ruolo di tale insegnante è stato del tutto
assente e l’allievo ha dimostrato di non rispettarla e di non riconoscerla come presenza
autorevole, infatti rispondeva solo ai miei richiami e a quelli della docente accogliente.
Anche il resto della classe, che negli anni scorsi aveva instaurato un ottimo rapporto
col precedente insegnante di sostegno, non riconosce la figura della nuova docente, che,
effettivamente, limita al minimo indispensabile gli interventi diretti con il ragazzo
affidatole e si dimostra alquanto passiva con il resto della classe durante lo svolgimento
delle lezioni. Tale mia impressione è stata ampiamente confermata dalla docente
accogliente, che proprio quest’anno ha riscontrato un peggioramento nel comportamento
dell’allievo in questione, a cui il resto della classe ha nuovamente affibbiato il ruolo del
disturbatore che interrompe le lezioni con battute fuori luogo rendendo faticoso il lavoro di
docenti e compagni.
2.1.2 Alunne straniere
In classe sono presenti anche due ragazze straniere: una di origine rumena, l’altra di
origine marocchina. La prima delle due è arrivata solo quest’anno, ma è riuscita ad inserirsi
particolarmente bene perché ha facilità nell’apprendere la nostra lingua e proviene da una
cultura molto simile alla nostra.
L’altra ragazza, al contrario, che è di due anni più vecchia dei compagni, sente molto
la distanza dal resto della classe, sia da un punto di vista linguistico (per lei è sicuramente
più complesso riuscire ad imparare a leggere, scrivere e parlare una lingua come l’italiano)
che culturale, nonostante sia arrivata già all’inizio dello scorso anno, proprio nel periodo in
cui ho iniziato il tirocinio osservativi. Ho quindi potuto osservare la crescita e la
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trasformazione dell’allieva durante un periodo piuttosto lungo e ho notato che, mentre
l’anno scorso piangeva spesso anche durante le lezioni, manifestando un disagio
particolarmente profondo, quest’anno riesce a lavorare meglio, ad essere maggiormente
autonoma, ma sembra che abbia accettato e non superato le difficoltà di inserimento
inizialmente incontrate.
L’anno scorso era seguita da un’insegnante che la aiutava ad apprendere la lingua
italiana, facendole raccontare episodi della sua infanzia e abitudini e costumi del suo paese
d’origine, effettuando un confronto diretto con la nostra cultura ed avvicinandola quindi al
contesto socio-culturale italiano, senza però mai cancellare o svalutare le sue radici
culturali. Il tentativo, a mio parere particolarmente ben riuscito, era quello di ottenere
un’integrazione tra le due diverse culture, generando un arricchimento della sua persona.
Purtroppo non è quasi mai possibile utilizzare le conoscenze e le tradizioni
dell’allieva per arricchire culturalmente compagni, per effettuare un interscambio culturale,
e ci si limita ad un’integrazione dell’allieva nella nostra società e non ad una più
significativa apertura di tutti gli studenti verso culture diverse dalla nostra. Solo
l’insegnante che lavorava con lei al di fuori delle ore di lezione entrava in contatto con la
sua cultura e raccontava spesso agli altri colleghi curiosità e aneddoti della vita dell’allieva,
ottenendo in questo modo un allontanamento dai compagni di classe. Questi vedevano in
lei un oggetto d’attenzioni inusuali da parte del corpo docente e quindi un soggetto
“diverso” da tutti loro. Credo che anche per questa ragione non si sia ottenuta una buona
integrazione della ragazza con il resto della classe e sia rimasta irrisolta la sua percezione di
difformità rispetto ai compagni, che ancora oggi non la rendono quasi mai partecipe delle
loro attività.
Devo inoltre ricordare che le due allieve non provengono dalla stessa classe sociale e
possiedono un livello culturale di partenza molto diverso. “A” è figlia di una donna
laureata, separata dal marito, con un alto livello di istruzione ed una buona apertura
mentale, mentre “B” proviene da una famiglia di contadini nord-africani, che hanno vissuto
in condizioni disagiate fino a poco tempo fa e non hanno potuto trasmettere alla figlia un
adeguato livello di preparazione alla vita scolastica. Questi elementi non sono affatto
secondari, ma determinano il grado di autostima e di autoefficacia percepito dalle allieve,
che infatti manifestano approcci quasi opposti al loro percorso di studi. “A” è spesso
partecipe alle attività della classe e si presenta con un abbigliamento molto simile a quello
delle compagne italiane, mentre “B” si differenzia per un abbigliamento povero e talvolta
trasandato, per acconciature particolari, tipiche della sua cultura d’origine (treccine, capelli
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raccolti, ...) e si dimostra particolarmente timida ed insicura delle proprie capacità.
Inoltre si sono verificati fenomeni di razzismo in classe, per cui lei, che presenta tratti
somatici spiccatamente nord-africani, è stata oggetto di scherno in due occasioni, che sono
state represse con fermezza e decisione da tutto il corpo insegnante e specialmente dalla
docente accogliente.
A seguito di tali episodi, precedenti al mio tirocinio attivo, fortunatamente non si
sono più verificati casi di questo tipo, anche perché, come mi ha confidato la docente
accogliente, per poter mantenere un livello di attenzione accettabile per lo svolgimento
delle lezioni, ha dovuto instaurare un rapporto rigido e severo con la quasi totalità della
classe.
2.1.3 Le relazioni tra allievi e docenti
La scelta di instaurare un tipo di rapporto di tipo autoritario con la classe è stato
motivo di sofferenza per la docente accogliente, che mi ha confidato di essersi resa conto,
dopo vari tentativi di dialogo, che l’immaturità di molti poteva essere gestita solo in tal
modo. Infatti, mentre ero in sala insegnanti, ho sentito che, durante le ore di lezione di altre
materie, la classe manteneva un comportamento pessimo, che rendeva molto difficile non
solo il lavoro dei docenti ma anche l’apprendimento degli studenti.
Parlando con alcuni insegnanti ho avuto conferma che molti di loro provano disagio
quando sanno di dover entrare in questa classe e ritengo che l’equilibrio e l’autorevolezza
che si è guadagnata la docente accogliente sia ammirevole. Non credo infatti che con tutti i
gruppi-classe ci si debba attenere ad un atteggiamento di estrema rigidità o di massima
comprensione ed elasticità, ma si debba imparare a modulare sul campo, a seconda di ogni
gruppo, il comportamento più corretto a cui attenersi per poter ottenere buoni risultati
educativi e consentire che ogni allievo sviluppi le proprie potenzialità al massimo livello.
L’unico strumento che a mio avviso bisogna sempre tenere attivo è un tipo di
“visione doppia” della classe: monitorare le relazioni tra singoli allievi e tra classe e
docente, per riuscire a correggere in tempo atteggiamenti scorretti messi in atto da alcuni
studenti. Una dote essenziale per gli insegnanti e per chi lavora nell’ambito della
formazione è sicuramente quella di riuscire ad instaurare rapporti empatici con i ragazzi,
non per giustificare ogni loro comportamento, ma per riuscire a capire quali ragioni li
portano ad agire in determinati modi, sviluppando quindi una sensibilità che porti ad
entrare in profondo contatto con loro e consenta di percepire rapidamente il clima che si
vive in aula.
11
Durante l’incontro preliminare con la docente accogliente è emerso inoltre che la
classe non presenta particolari doti creative e l’atmosfera che spesso si respira in aula è
caratterizzata da una certa freddezza e da una scarsa partecipazione rispetto agli argomenti
trattati.
Quasi tutti gli allievi provengono da famiglie di livello culturale medio-basso, per cui
molti di loro presentano profonde lacune e scarsa motivazione all'apprendimento. Non
dimostrano particolari capacità metacognitive e di riflessione sulle proprie capacità di
comprensione e appaiono ancora immaturi, soprattutto se confrontati con la classe IIIª che
ho osservato, parallelamente alla loro, lo scorso anno.
2.2 SCELTA DEI CONTENUTI IN RELAZIONE ALLA
PROGRAMMAZIONE DELL’INSEGNANTE TITOLARE
In accordo con la docente accogliente, ho deciso di sviluppare un’unità didattica di
Italiano, per trattare il tema della letteratura di fantascienza. Il programma di quest’anno
prevede che la classe analizzi vari generi letterari, tra i quali il “giallo”, il “noir” e quello
scelto per il mio intervento.
L’anno scorso la classe si è a lungo esercitata nell’analisi del testo e si è cimentata
più volte nella stesura di brevi elaborati in forma di “lettere”, “diari” o “racconti”. I ragazzi
hanno messo in pratica le conoscenze teoriche in loro possesso, lavorando spesso in gruppi
per affinare le proprie capacità di scrittura e di modulazione dei registri linguistici. Tale
attività li ha resi particolarmente rapidi nella lettura e nella comprensione dei testi e hanno
acquisito dimestichezza nello scomporli e ricomporli seguendo l’ordine cronologico dei
fatti e quello del narratore (fabula e intreccio).
2.3 DESCRIZIONE SINTETICA DEL PROGETTO DELL’INTERVENTO DIDATTICO
Il progetto didattico è consistito nella lettura in aula di alcuni racconti di
fantascienza presenti sull’antologia3 adottata dalla classe per dedurre di volta in volta con
gli studenti le caratteristiche peculiari di tale genere letterario.
L’unità didattica prevedeva anche l’elaborazione scritta a casa e in classe di racconti
3 Vedi bibliografia a pag. 38.
12
fantascientifici che venivano letti e corretti in aula.
Il mio intervento è partito da una verifica preliminare delle capacità degli alunni
mediante una prova scritta: l’analisi di un racconto, tratto da un’antologia presente a scuola,
tramite una griglia di domande proposta dal libro di testo e valutate con un punteggio
concordato con la docente4.
La prima ora del mio intervento è stata dedicata allo svolgimento di tale attività
preliminare, dopo aver spiegato ai ragazzi quale argomento avremmo affrontato durante i
nostri incontri e quali sarebbero state le tappe che avremmo dovuto seguire.
L’intervento didattico è stato finalizzato al miglioramento della capacità di
comprensione e scrittura degli allievi. Inoltre, attraverso l’analisi dei racconti di
fantascienza, mi sono proposta di approfondire abilità trasversali, come la capacità di
osservare, analizzare fenomeni e metterli in relazione tra loro. Si sono voluti fornire agli
studenti gli strumenti per conoscere tecniche di progettazione e realizzazione di un
racconto di fantascienza, per individuare anche i messaggi impliciti comunicati dagli
scrittori mediante questo tipo di narrazioni (sfiducia verso l’eccessiva meccanizzazione,
l’eccessiva manipolazione genetica, i rischi delle scoperte scientifiche). Pertanto il lavoro
di progettazione è stato organizzato mediante la selezione di strumenti e contenuti che
consentissero di realizzare, a partire dall’acquisizione di competenze e conoscenze
disciplinari, un obiettivo formativo più ampio.
Inoltre, visti i problemi di concentrazione manifestati da alcuni studenti, ho deciso
di organizzare lezioni che prevedessero l’interazione continua degli allievi con l’insegnante
e degli studenti tra loro. In questo modo si sono potuti semplificare collettivamente molti
degli argomenti più complessi.
Tra gli strumenti da utilizzare, era previsto l’uso della lavagna per fermare i punti
più rilevanti della spiegazione mediante schemi riassuntivi.
Gli obiettivi che mi sono riproposta di raggiungere con la classe sono stati: l)
riconoscere gli elementi caratteristici del genere fantascientifico, 2) riuscire ad applicare
tali conoscenze per redigere brevi testi di genere, 3) saper interpretare il messaggio sociale
che permea alcuni di questi romanzi (l’eccessiva meccanizzazione rischia di disumanizzare
gli uomini e di renderci schiavi delle nostre stesse invenzioni).
Per facilitare il raggiungimento di tali obiettivi ho deciso di strutturare le lezioni in
modo tale che fossero i ragazzi a dover dedurre dai racconti letti in classe le regole
4 Vedi allegati alle pagg. 43-45.
13
narrative del genere fantascientifico, verificando di volta in volta, tramite esercitazioni
pratiche da effettuare in classe e a casa, l’apprendimento di tali nozioni.
La verifica finale programmata consisteva nella lettura critica di un testo
fantascientifico sul quale la classe avrebbe dovuto rispondere ad alcune domande di
comprensione, attività ampiamente svolta durante gli incontri effettuati durante il tirocinio
mediante l’uso di racconti inseriti all’interno dell’antologia5 adottata dalla classe.
2.3.1 Obiettivi cognitivi
~ Comprensione, del genere letterario fantascientifico mediante la lettura e l’analisi guidata
dall’insegnante di alcuni racconti significativi presenti sull’antologia in dotazione. I ragazzi
dovranno saper riconoscere e analizzare i personaggi e le storie di fantascienza.
~ Saper distinguere il romanzo fantascientifico da quello poliziesco e dal racconto del
mistero e riconoscere le differenze intercorrenti tra i suddetti generi letterari.
~ Migliorare le capacità di comprensione ed elaborazione scritta di un testo.
~ Saper distinguere i protagonisti dai personaggi secondari di una storia e saperli collocare
nello spazio e nel tempo.
~ Saper riconoscere chiaramente che cosa sono: un flashback, un’anticipazione, gli indizi,
il climax; saper distinguere tra fabula e intreccio e saper riconoscere un racconto a scena
iniziata (in medias res).
2.3.2 Presentazione dell’argomento
L’unità didattica, che verte su una parte specifica del programma scolastico previsto
per la classe, consisterà nel coinvolgimento degli studenti con letture di gruppo, stesura di
brevi elaborati a casa e in classe e loro analisi collettiva, per avvicinarli allo studio della
letteratura in modo piacevole. Nel corso dell’unità didattica è prevista anche la visione di
un film per chiarire meglio quale tipo di immaginario caratterizzi il genere preso in esame e
per riscontrare al suo interno elementi letterari esaminati nei racconti letti in classe.
2.3.3 Giustificazione della scelta
Ho scelto di affrontare questo argomento per cercare di organizzare un’unità
didattica che sperimenti la spiegazione di un genere specifico della letteratura in modo
efficace e allo stesso tempo divertente e coinvolgente per la classe. Inoltre la fantascienza
5 Vedi bibliografia a pag. 38.
14
è un argomento che si presta alla partecipazione attiva e alla curiosità degli studenti;
stimola la fantasia e la creatività.
2.3.4 Destinatari dell'unità didattica
La classe di riferimento è una IIIª di medio livello, composta da 23 alunni, di una
Scuola secondaria di primo grado di Settimo Torinese.
2.3.5 Finalità e obiettivi
L’unità didattica non intende promuovere solo lo studio sistematico di conoscenze,
che possono essere attinte dal libro di testo, bensì le capacità critiche e organizzative degli
allievi. Gli studenti saranno posti in condizione di dover utilizzare gli strumenti in loro
possesso per approfondire alcuni aspetti della letteratura fantascientifica.
L’unità didattica è finalizzata soprattutto allo sviluppo di alcuni specifici processi di
apprendimento:
- processi cognitivi: l’abilità di porre in relazione diverse parti di un contenuto;
- processi induttivi: saper estrapolare da un testo scritto aspetti costanti; saper ricercare,
acquisire e rielaborare informazioni;
- processi deduttivi: la capacità di partire da una serie di premesse per svilupparle fino a
giungere a nuove conclusioni non date. In questo modo si generano nuove acquisizioni
decostruendo e ricostruendo la disciplina;
- processi di problem-solving: saper affrontare una situazione nuova per la quale non
disponiamo di risposte già collaudate. Gli studenti dovranno utilizzare concetti,
conoscenze, modalità deduttive per: mettere a fuoco il problema, ricercare le soluzioni
possibili per risolverlo, valutare in itinere la strategia scelta
- processi di secondo livello: capacità critica e metacognizione. Ai ragazzi devono essere
fornite occasioni di giudizio su quanto stanno studiando. I processi metacognitivi
implicano la consapevolezza di quanto si sta facendo per gestire al meglio i propri processi
mentali (ad esempio verificare che lo studente riconosca le richieste degli esercizi e i
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traguardi da raggiungere);
- processi motivazionali: l’insegnante deve aiutare gli allievi a percepire positivamente il
momento dell’apprendimento e trasmettere loro il senso di importanza e utilità dell’attività
svolta. In questo modo si incrementa l’autostima dei ragazzi motivandoli a continuare nel
loro percorso di studi;
- processi e strategie di studio: la capacità di integrare le componenti del sistema
metacognitivo in modo organico con le nuove acquisizioni, in modo tale che queste ultime
non vengano dimenticate ma entrino a far parte della struttura cognitiva dei ragazzi;
- processi di interazione coi compagni: saper interagire e collaborare con il gruppo-classe.
2.3.6 Pre-requisiti
Saper leggere e analizzare un racconto; saper riordinare le sequenze di un brano letto.
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2.4 PROSPETTO DELLE LEZIONI
27 ottobre 2005 lª ora: test di verifica dei pre-requisiti e del livello di comprensione del testo posseduta dalla classe. Il test consiste nella lettura e analisi di un breve racconto di fantascienza mediante una griglia di domande in allegato. IIª ora: lettura del testo di fantascienza: Papà, posso tornare? tratto da M. Blackman, Racconti crudeli, pag. G37 dell’antologia. Analisi collettiva del brano seguendo gli esercizi a pag. G41, n'. 1,2,3 dell’antologia (vedi bibliografia a pag. 38).
3 novembre 2005 Iª ora: lettura del testo Lettere dal campeggio estivo, tratto da I. Asimov, Storie da un altro mondo, pag. G50 dell’antologia. Analisi collettiva del brano seguendo gli esercizi dell’antologia a pag. G54, n'. 1,2,3. IIª ora: consegna e commento dei test di ingresso. Lettura del testo L’autoveste, tratto da C. Fruttero-F. Lucentini, Il quarto libro della fantascienza, pag. G63 dell’antologia. Analisi collettiva del brano seguendo gli esercizi di pag. G66, n. 2. A casa gli allievi devono cimentarsi nella scrittura di un racconto di fantascienza seguendo le indicazioni dell’esercizio n. 2, pag. G66.
10 novembre 2005 Iª ora: lettura dei racconti scritti a casa dai ragazzi e commento dei compagni (vedi due esempi di elaborati negli allegati alle pagg. 39-40). IIª ora: lavoro sull’antologia, guidato dall’insegnante mediante il quale si esplicitano chiaramente le caratteristiche tipiche del genere fantascientifico, i personaggi e si analizza il termine “fantascienza”. La spiegazione sarà arricchita da alcuni brevi esercizi presenti sull’antologia a pag. G44, G45, G47. Nella stessa ora si effettuerà il recupero degli allievi che erano insufficienti nella prova scritta del primo incontro.
17 novembre 2005 Iª ora: esercizio di scrittura. L'insegnante porterà in classe 23 immagini di personaggi, ritagliati da riviste, che gli alunni sceglieranno e dovranno utilizzare come protagonisti di una storia di fantascienza inventata da loro (vedi tre esempi di elaborati negli allegati alle pagg. 40-42) IIª ora: lettura di alcuni degli elaborati dei ragazzi e inizio della visione del film Biade Rrunner di R. Scott, tratto dal romanzo di P. Dick, Cacciatori di androidi.
24 novembre 2005 Iª ora: si prosegue la visione commentata del film. IIª ora: si completa la visione commentata del film e si leggono ancora in classe alcuni elaborati dei ragazzi, precedentemente corretti a casa dall’insegnante. I ragazzi a casa dovranno rispondere ad alcune domande inerenti il racconto filmico esaminato a scuola insieme alla docente.
l dicembre 2005 Iª ora: verifica scritta, concordata con la docente accogliente, inerente l’analisi di un racconto di fantascienza.
15 dicembre 2005 Iª ora: correzione e commento delle verifiche e dei compiti svolti a casa sul film visto a scuola.
23
PARTE TERZA: ANALISI DEL PROCESSO
3.1 SVOLGIMENTO DELL’INTERVENTO DIDATTICO ED EVENTUALI MODIFICHE
APPORTATE
3.1.1 Test sui pre-requisiti
Come nel corso delle altre esperienze di tirocinio, anche in questa classe ho deciso di
iniziare il percorso didattico verificando le conoscenze pregresse dagli allievi, per potermi
orientare meglio durante la spiegazione dell’argomento scelto.
Prima di consegnare ai ragazzi i test15 predisposti per questo scopo, in cui era presente un
breve racconto fantascientifico che avrebbero dovuto analizzare rispondendo ad una serie di
domande, ho voluto occupare qualche minuto della prima ora di lezione per spiegare in che
modo avremmo affrontato il tema della fantascienza. Ho voluto rendere i ragazzi consapevoli
dell’iter che avremmo seguito insieme, preannunciando loro che le lezioni si sarebbero
strutturate leggendo e scrivendo racconti, analizzando un film fantascientifico a cui sarebbe
seguita una valutazione finale.
Proprio durante questo primo incontro, mi sono resa conto che i ragazzi erano un po’
disorientati dalla mia presenza e dall’approccio che avevo utilizzato, probabilmente perché,
anche a causa delle mie precedenti esperienze didattiche, mi sono rivolta loro come se fossero
allievi delle scuole superiori, capaci di una maggior autogestione. La docente accogliente mi ha
fatto capire chiaramente che molti allievi delle scuole secondarie inferiori hanno bisogno di
essere guidati e di ricevere indicazioni precise per lo svolgimento delle esercitazioni. Non sono
sempre in grado di sostenere il peso della gestione autonoma di un percorso didattico, sebbene
guidati da un’insegnante, e non sono abituati ad esserne resi partecipi, dal punto di vista
organizzativo, in modo cosi diretto. Per questo motivo molti di loro erano interdetti rispetto alla
mia introduzione e non capivano come avrebbero dovuto comportarsi.
Durante l’ora dedicata al test, mi sono aggirata per i banchi, rispondendo alle domande e
cercando di rassicurare i soggetti in difficoltà, ma soprattutto osservando il modo di lavorare
degli allievi. Ho constatato che si trattava di una classe preparata all’analisi e alla comprensione
dei testi e sono intervenuta soprattutto in aiuto delle due ragazze straniere16 presenti in classe,
15 Vedi allegato alle pagg. 43-45. 16 Per convenzione le citerò come “A” e “B”, ricordando che “A” è di origine rumena, mentre “B” è di origine
24
che sono molto timide e si sentono a disagio quando si accorgono di essere seguite e osservate.
Entrambe vorrebbero sentirsi in grado, come gli altri compagni, di affrontare gli esercizi
autonomamente e sono molto motivate nel tentativo di migliorare le proprie prestazioni.
I risultati del test sono stati soddisfacenti e solo quattro allievi sono risultati insufficienti;
tra questi anche “B”, che ha avuto problemi di comprensione del testo. Il giudizio gravemente
insufficiente del suo elaborato non è stato comunque riportato sul registro di classe, mentre le
prove degli altri studenti sono state valutate.
Il problema con cui si confronta la docente accogliente in merito a questa allieva è che
“B” si deprime spesso e prova un forte senso di frustrazione se le vengono assegnate prove
diverse da quelle del resto della classe e insiste per poter affrontare le stesse esercitazioni dei
compagni. Per questa ragione abbiamo deciso di farle analizzare lo stesso testo consegnato al
resto della classe, così che avesse la prova lampante che per ora deve ancora pazientare. È
importante che “B” migliori la propria autovalutazione accettando il fatto di non possedere gli
strumenti sufficienti a lavorare al ritmo degli altri; solo in questo modo potrà raggiungere
risultati soddisfacenti e adeguati alle sue notevoli capacità cognitive.
“A” al contrario ha ottenuto una votazione più che sufficiente: superfluo sottolineare il
fatto che la compagna si sente in competizione con lei, perché, essendo entrambe straniere,
vorrebbe che i loro risultati fossero gli stessi. Contrariamente a quanto appreso l’anno scorso
durante il laboratorio di tirocinio indiretto tenuto dalla prof.ssa Serra, Insegnare in classi
multietniche, durante il quale era emerso il dato che ragazzi stranieri spesso si aggregano
all’interno delle classi per spalleggiarsi l’un l’altro, in questo caso non si è sviluppato alcun
legame tra le due allieve. Inoltre “A” è stata rapidamente accettata ed inserita nel gruppo e la
sua presenza ha addirittura peggiorato lo status (ossia il livello di considerazione sociale) di
“B”, che si è sentita ancora più isolata, soprattutto da parte delle altre ragazze. Ho potuto
constatare invece che, effettivamente, come emerso durante il laboratorio, entrambe le allieve
sono estremamente motivate e si impegnano molto di più rispetto ai compagni italiani.
Durante questa prima ora ho segnalato il passare del tempo ogni venti minuti circa, così
che i ragazzi potessero gestire al meglio il tempo a loro disposizione.
A seguito di questa prima lezione ho capito che:
l) bisogna cercare di essere molto chiari rispetto alle consegne;
2) si deve prendere in considerazione il fatto che “A” e “B” presentano difficoltà di
marocchina.
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comprensione della lingua italiana: tali difficoltà pregiudicano loro la possibilità di raggiungere
gli stessi livelli dei compagni; entrambe devono essere seguite con maggiore attenzione,
cercando di non sottolineare la loro “diversità”. Nel corso degli interventi successivi ho cercato
quindi di differenziare le richieste e sottoporre prove differenziate.
3.1.2 Modalità di lettura e analisi dei testi
Durante i primi incontri, ho deciso di procedere leggendo ad alta voce alcuni racconti di
fantascienza presenti sul libro di testo adottato dalla classe, ricordando ai ragazzi di stare attenti
allo “spazio”, al “tempo” e alle “azioni dei personaggi”, perché ne avremmo discusso al termine
della lettura.
Gli studenti dovevano dividere in sequenze i brani, cercando di capire in quali punti
cambiavano il luogo, la situazione e l’azione.
Ho sempre cercato di far concentrare i ragazzi sul tipo di impostazione del racconto
adottato dal narratore e ho sottoposto alla classe alcune domande, cercando di far intervenire
tutti gli allievi, chiamandoli per nome dal registro di classe e bilanciando gli interventi dei più
timidi e dei più disinvolti.
Ho interpellato anche le due ragazzine straniere, che hanno dimostrato interesse e
attenzione; a seguito di ogni intervento dei compagni mi sono accertata che “A” e “B” avessero
capito chiaramente quanto era stato detto, per poi continuare la spiegazione.
Le domande che ho sottoposto alla classe sono state ad esempio: “Come ci è stata svelata
la verità dal narratore: tralasciando di metterci a conoscenza di un fatto importante? Perché
secondo voi? Si percepisce un senso di sospensione? Quale tecnica narrativa adotta lo scrittore?
Perché secondo voi si fa così largo uso del discorso diretto? Si ottiene una scrittura vivace se la
storia ci è svelata lentamente, con conseguente crescita del pathos e dell’interesse del lettore?
Nell’ordine cronologico della narrazione troviamo dei flashback importanti. Quali? [in questo
modo ho fatto notare alla classe che i flashback possono riguardare tempi più o meno lontani].
Secondo voi quali elementi fantascientifici troviamo all’interno della narrazione? Che cosa li
rende verosimili?”.
Le domande riguardavano la tecnica narrativa utilizzata, i personaggi, gli elementi
fantascientifici, che avevo chiesto ai ragazzi di sottolineare con diverse matite colorate sui testi.
Inoltre abbiamo ricercato gli indizi fornitici dal narratore, che consentono di capire quando ci
troviamo di fronte ad una situazione anomala, e i punti in cui invece viene chiaramente svelata
la realtà dei fatti.
Ho chiesto in che modo l’autore riesce a generare suspence e ho fatto rintracciare i punti
26
del testo in cui si prova una paura crescente fino al raggiungimento del climax.
Utilizzando delle domande aperte, ho cercato di sviluppare il senso critico degli allievi,
stimolando il confronto tra pareri diversi, alla ricerca di una risposta comune concordata a
seguito di un produttivo “conflitto socio-cognitivo”.
I ragazzi si sono dimostrati molto partecipativi e attenti alla lettura dei brani letti,
riuscendo a cogliere anche sfumature molto sottili della narrazione, mostrando di essere stati
abituati dalla loro docente ad analizzare con attenzione i testi. Inoltre si sono dimostrati capaci
di gestire le discussioni in modo produttivo e composto, senza interrompere gli interventi dei
compagni, ma attendendo il proprio turno alzando la mano.
Ho potuto verificare in questo modo una delle metodologie didattiche apprese quest’anno
durante i corsi trasversali, ossia un tipo di didattica in cui l’insegnante acquista un ruolo di
mediazione e di gestione del lavoro dei ragazzi, di coordinamento dei loro interventi e non più
di insegnamento “top-down”, come accade nella scuola tradizionale.
Questo tipo di approccio, aiuta gli allievi a migliorare le proprie capacità relazionali, e
incrementa anche la sensazione di auto-costruzione della propria identità e il senso di
autonomia nell’affrontare i compiti. Devo ricordare che la classe è stata abituata sin dalla classe
prima a lavorare in questo modo e quindi non ho incontrato difficoltà nel gestire l’ordine
durante le lezioni, che si sono rivelate particolarmente produttive.
La docente accogliente, che ha apprezzato molto il modo in cui ho gestito le lezioni, ha
fatto anche le seguenti osservazioni: mi ha spiegato che per ragazzi di terza media non è
importante solo capire come è costruito il racconto e quali intrecci siano presenti all’interno
della narrazione, ma è necessario farli riflettere anche sui personaggi, sui loro comportamenti,
per non rendere la lezione troppo teorica e complessa. Inoltre è utile fissare alla lavagna le
considerazioni esposte durante la spiegazione, perché, altrimenti, visto che quasi nessuno riesce
a prendere appunti correttamente, tutto ciò che viene detto è rapidamente dimenticato.
Durante i primi incontri ho voluto che la classe familiarizzasse con le narrazioni di tipo
fantascientifico, con i personaggi e con i contesti nei quali sono inseriti.
Successivamente ho cercato di articolare una riflessione sugli elementi narrativi nei testi
letti e che sono tipici del racconto di fantascienza. Durante tale confronto, ho trascritto alla
lavagna tutte le considerazioni dei ragazzi, effettuando un brainstorming che è risultato molto
utile per farli sforzare ad astrarre dai testi letti alcune componenti che si potevano ritenere
tipiche della narrazione fantascientifica.
Ho quindi iniziato a fornire alcune definizioni letterarie ben precise per dare agli allievi
alcuni punti di riferimento e nozioni specifiche: “flashback”, “intreccio”, “trama”,
27
“anticipazioni” e “scena iniziata”. Inoltre ho chiarito che la suspence è generata da: “indizi”,
“crescendo di tensione”, “climax”, contrasti tra ciò che dice il narratore e ciò che afferma il
protagonista.
Quindi, avvalendomi sempre dell’uso della lavagna, ho disegnato una linea del tempo per
illustrare meglio la differenza tra l’intreccio e la trama, per chiarire come presente, passato e
futuro possano essere mescolati dal narratore.
Ritengo sia molto importante e produttivo il tentativo di desumere la teoria narrativa dalla
pratica della lettura, perché in questo modo i ragazzi hanno ben presenti nella loro mente alcuni
esempi concreti di racconti fantascientifici, dei cliché mediante i quali possono, con uno sforzo
costruttivo e indirizzato alla loro formazione, trasformare elementi che si ripetono in regole
narrative astratte: partire dall’esperienza diretta per giungere alla teoria.
Per chiarire ancor meglio le caratteristiche peculiari del racconto fantascientifico, ho
preparato alla lavagna una griglia inerente la struttura dei vari generi letterari incontrati fino a
quel momento. I ragazzi hanno dovuto ricopiarlo sui quaderni e completarlo collettivamente; in
questo modo abbiamo potuto attuare confronti diretti tra le conoscenze in loro possesso e
chiarire meglio le differenze presenti tra diversi generi letterari.
Ogni considerazione è stata scritta anche alla lavagna e si è ottenuto il seguente risultato:
ROMANZO GIALLO ROMANZO HORROR ROMANZO DI
FANTASCIENZA
SCHEMA NARRATIVO
Schema narrativo obbligato: delitto>inchiesta>soluzione. Non ha schemi obbligati. Non ha schemi obbligati.
ARGOMENTO Delitto, furto. Eventi raccapriccianti più o
meno verosimili
Disumanizzazione: uso di elementi scientifici tecnologici
reali che rendono verosimili altri elementi fantastici
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SVILUPPO DEL RACCONTO
Siamo guidati verso la soluzione del mistero da uno
o più personaggi precisi.
Siamo guidati all’interno di luoghi spaventosi e stati d'animo
negativi: orrore, paura.
Siamo guidati alla scoperta della società del futuro.
Confrontandomi con la docente accogliente, è emerso che a suo parere alcune delle lezioni
che avevo tenuto erano risultate molto efficaci, ma dubitava che tutti gli allievi possedessero
capacità organizzative e cognitive adeguate a recepire e ad elaborare i concetti spiegati,
temendo che parte della classe non fosse riuscita a seguirmi. Per verificare il livello di
apprendimento raggiunto dalla classe, ho quindi deciso di sottoporre ai ragazzi alcuni esercizi
di comprensione ed elaborazione di un testo narrativo.
17 Vedi bibliografia a pag. 38.
3.1.3 Esercitazioni in itinere
Oltre alla lettura e all’analisi di racconti di fantascienza e allo svolgimento di alcuni
esercizi presenti all’interno dell’antologia17, ho deciso, concordemente con la docente
accogliente, di far confrontare i ragazzi anche con le loro capacità di elaborazione di testi
scritti.
Come compito a casa ho chiesto agli allievi di scrivere un breve racconto di
fantascienza che presentasse le seguenti caratteristiche:
1) inizio in medias res;
2) presenza di un flashback e quindi essere costruito con l'intreccio;
3) presenza di almeno un indizio;
4) presenza di un culmine di tensione (climax) con il quale si sveli al lettore la realtà che gli
era stata celata.
Riguardo a questa prima attività di scrittura, la docente accogliente mi ha fatto
notare che i quattro punti richiesti per la stesura del racconto erano eccessivamente
complessi e dubitava che la consegna sarebbe stata rispettata. Avrei inoltre dovuto dettare
l’esercizio e non solo scriverlo alla lavagna, fornendo una consegna chiara e non
eccessivamente articolata.
29
Abbiamo quindi dedicato parte delle lezioni successive alla lettura dei testi scritti a
casa18 dai ragazzi, seguendo un metodo didattico applicato dalla docente accogliente lo
scorso anno durante il mio tirocinio osservativo. I ragazzi hanno letto ad alta voce i propri
elaborati e al termine di ogni lettura si è aperto un breve dibattito tra compagni, per capire
quali parti dei racconti erano state ben sviluppate e quali invece risultavano carenti. In
questo modo la correzione non è arrivata direttamente dall’insegnante, che mantiene
comunque un ruolo di guida nella correzione dell’esercizio di scrittura, ma dagli allievi,
che in questo modo sono stati costretti a stare attenti e si sono sentiti coinvolti e gratificati
nei loro interventi. Anche il soggetto iperattivo si è dimostrato partecipe a tale attività e
tutti sembravano stimolati a fornire consigli utili ed efficaci da suggerire ai compagni.
Ritengo sia molto importante che la classe collabori alla correzione degli elaborati, perché
in questo modo si insegna agli allievi a diventare responsabili, a ripensare ai propri errori e
a correggersi.
Riflettendo sul lavoro degli altri, i ragazzi possono riesaminare anche le proprie
difficoltà, che altrimenti potrebbero risultare di difficile comprensione e sfuggire alla loro
attenzione. Ritengo quindi che si tratti di un lavoro importante per sviluppare la
metacognizione e la consapevolezza degli studenti riguardo alla qualità del proprio lavoro.
La successiva esercitazione a cui sono stati sottoposti gli studenti è stata la scrittura
in classe di un racconto di fantascienza, per far esercitare i ragazzi nell’organizzazione di
un elaborato e nell’uso pratico delle tecniche narrative spiegate restando all’interno di un
tempo ben definito (l’ora di lezione) e senza potersi avvalere dell’aiuto del libro di testo,
che potevano invece consultare a casa.
Seguendo un’altra metodologia didattica, osservata durante il tirocinio osservativo
dello scorso anno, ho portato in classe alcune immagini, ritagliate da riviste, che ritraevano
alcuni personaggi: gli allievi dovevano sceglierne uno e utilizzarlo come protagonista dei
loro racconti. I ragazzi sono stati chiamati uno alla volta alla cattedra, dove hanno scelto le
immagini per loro più accattivanti.
Nel frattempo ho scritto alla lavagna i punti che avrebbero dovuto seguire per
strutturare le loro storie: descrizione del personaggio, inserimento di un flashback, presenza
del climax. Tutti si sono dimostrati molto curiosi e hanno inventato storie fantasiose e
attinenti alle regole del genere fantascientifico. A posteriori ritengo che sarebbe stato più
opportuno offrire un numero di immagini superiore (e non pari) a quello degli studenti: in
18 Vedi due esempi di elaborati negli allegati alle pagg. 39-40.
30
questo modo gli ultimi ragazzi non sarebbero stati obbligati a optare per le figure scartate
dai compagni, senza poter effettuare una scelta effettiva.
Quindi abbiamo esaminato alcuni degli elaborati realizzati19 e ho cercato di far
intervenire i ragazzi che non avevano avuto la possibilità di leggere i racconti scritti a casa.
Ho coinvolto anche le due ragazze straniere e mi sono accorta, con grande piacere,
che “B”, dimostratasi più debole nel test di ingresso, aveva invece elaborato una storia
molto fantasiosa, in cui aveva fatto largo uso del discorso diretto libero. Il suo racconto20
era decisamente più valido e ben strutturato rispetto a quello scritto da “A”21, che possiede
una maggior proprietà linguistica, ma in questo caso ha dimostrato una minor creatività. Ho
comunque notato che quest’ultima allieva ha sviluppato una storia in cui i protagonisti sono
costretti a fuggire dal loro paese per cercare un luogo in cui vivere in libertà, rispecchiando
probabilmente la propria storia privata e l’allontanamento dalla Romania.
3.1.4 La visione del film
L’ultima parte dell’unità didattica è stata dedicata alla visione del film: Blade
runner di Ridley Scott, tratto dal romanzo di fantascienza di Philip Dick, Cacciatori di
androidi.
Prima di recarci in sala video, ho introdotto ai ragazzi i personaggi che avremmo
incontrato (androidi, replicanti e cyborg) e la trama del film. Quindi ho fornito loro la
traduzione del testo a scorrimento con cui si apre la prima scena e che riassume i fatti
precedenti a quelli narrati; ho chiesto ai ragazzi di incollarlo sul quaderno insieme ad una
tabella osservativa, da me ideata, mediante la quale guidare i ragazzi durante la proiezione
per sottolineare gli aspetti sui quali soffermarsi. Tale tabella è stata compilata
collettivamente durante la visione e la ripropongo sinteticamente:
ANALISI DEL FILM
PERSONAGGI IN ORDINE DI APPARIZIONE………………………………………………
ELEMENTI FANTASCIENTIFICI…………………………………………………………….
ELEMENTI DI NORMALITÀ………………………………………………………………….
CARATTERISTICHE DEI REPLICANTI……………………………………………………..
CARATTERISTICHE DEL PROTAGONISTA……………………………………………….
10 Vedi allegati a pagg. 40-42 (racconti n. 3, n. 4, n. 5). 20 Vedi racconto 5 a pag. 42. 21 Vedi racconto 3 alle pagg. 40-41.
31
Le lezioni si sono svolte in sala video, dove sono intervenuta per sottolineare i
momenti più importanti della storia, facendo notare ai ragazzi che anche in questo caso ci
siamo trovati di fronte ad un racconto che incomincia a “scena iniziata” (in medias res),
dove i protagonisti si manifestano lentamente e singolarmente agli spettatori. Inoltre il film
è stato utile per far notare agli allievi come il genere fantascientifico unisca elementi di
normalità a elementi tecnologici credibili, ma non ancora esistenti. Ad esempio molti
studenti hanno notato che i personaggi usavano sia videotelefoni che ombrelli al neon,
comuni ventilatori ma anche delle auto volanti; abitavano in case con arredi molto simili ai
nostri, ma con animali da compagnia robotizzati; era credibile la presenza ingente di
personaggi cinesi, visto che si tratta di un gruppo etnico sempre più numeroso, ed era
credibile il fatto che, a causa dell’inquinamento, le città fossero sempre buie, piovose e
nebbiose. Inoltre, non erano presenti solo uomini-macchina, ma anche animali artificiali,
poiché quelli in carne ed ossa erano in via d’estinzione, tanto che il possesso di un
portafogli in pelle di vitello poteva comportare la carcerazione. I ragazzi si sono dimostrati
abbastanza interessati, hanno preso appunti molto diligentemente ed hanno completato la
griglia di analisi rivelando una buona capacità di cogliere anche i particolari più
difficilmente rilevabili dalla narrazione filmica. Ho posto spesso domande sui personaggi
per capire se la classe aveva compreso quali ruoli erano presenti nella trama e tutti hanno
sempre saputo rispondere correttamente, anche se taluni passaggi, narrativamente più
complessi, sono risultati di non immediata comprensione.
3.1.5 Verifica sommativa
Le ultime due ore di lezione sono servite per verificare la preparazione dei ragazzi
sull’argomento trattato e, con la docente accogliente, ho scelto un testo22 che la classe ha
dovuto analizzare mediante alcune domande atte a verificarne conoscenze e competenze.
La verifica, di un’ora, ha visto gli studenti particolarmente attenti ed assorti nella
lettura e nella comprensione del brano.
Quando ho corretto i compiti mi sono resa conto che molti allievi avevano avuto
problemi nel riconoscere l’inizio e la fine di un lungo flashback interno al racconto e non
erano riusciti a reperire tutti gli elementi richiesti dalle domande.
Rileggendo il brano ho avuto il dubbio che il tempo a disposizione della classe per
leggerlo ed analizzarlo fosse stato eccessivamente limitato. Durante l’incontro con la
22 Vedi allegati alle pagg. 46-49.
32
docente accogliente, però, l’insegnante mi ha riferito che la classe era abituata a lavorare su
testi di quella lunghezza e che l’esito poco soddisfacente della verifica era imputabile ad
una generalizzata scarsa applicazione nello studio a casa, nonostante in classe ci fosse stata
una buona partecipazione. La quantità di verifiche insufficienti era comunque nella media
(5 su 23), ma l’anomalia stava nel fatto che alcuni degli allievi che solitamente ottenevano
buoni risultati, avevano raggiunto votazioni anche gravemente insufficienti. Alcuni hanno
affermato di non aver capito la consegna di alcune domande, altri si sono trovati in
difficoltà proprio nella comprensione della storia narrata.
Per quanto riguarda “A” e “B”, ho elaborato per loro un testo più semplice23, scritto
da un’ex-studentessa della scuola durante un laboratorio dell’anno scorso e inserito in una
raccolta di racconti di fantascienza conservato nella biblioteca dell’istituto. Ho scelto
insieme alla docente accogliente le domande da sottoporre alle due allieve e la legenda per
spiegare alcune parole non conosciute dalle ragazze. I risultati sono stati ottimi e “B”, in
particolare, che nella prima verifica era risultata gravemente insufficiente, ha ottenuto una
votazione molto alta, poiché è riuscita ad utilizzare forme linguistiche anche piuttosto
complesse.
In questa circostanza sono rimasta soddisfatta dalla progettazione della verifica e sono
riuscita a gestire con buoni risultati anche la valutazione delle allieve straniere.
Durante la consegna dei compiti, ho chiamato i ragazzi alla cattedra uno alla volta,
ricordando loro di portare il libretto e firmando i voti. Ho fornito alcune indicazioni
individuali sugli errori, sui miglioramenti o peggioramenti del rendimento di ognuno e
quindi abbiamo corretto la verifica insieme, provando a rispondere collettivamente a tutte
le domande del test.
Ho cercato di far intervenire soprattutto gli studenti che non avevano ottenuto buoni
risultati, perché non si vergognassero dei loro elaborati, ma cercassero di riflettere sui
propri errori per correggersi. Alcuni di loro hanno dovuto essere aiutati dai compagni, ma il
lato positivo di questa correzione è stato quello di constatare come tutti cercassero di
rispondere alle domande e collaborassero tra loro per correggere i rispettivi compiti,
nonostante tra loro fosse sempre presente un alto tasso di competitività.
3.2 OSSERVAZIONI RELATIVE AGLI ASPETTI RELAZIONALI SPERIMENTATI
23 Vedi allegato a pag. 50.
33
Durante il tirocinio attivo mi sono resa conto di quanto sia importante l’interazione tra
studenti e insegnanti, sia per consentire un maggior apprendimento e coinvolgimento dei
ragazzi, sia per facilitare loro l’acquisizione di capacità metacognitive. Ho notato che, se la
classe sente di trovarsi di fronte ad un’insegnante che accetta di fronteggiare i problemi
insieme agli allievi, senza lasciarli soli nella gestione dei loro disagi, si instaura un clima
che favorisce la partecipazione e l’interazione, elementi indispensabili per un buon
apprendimento e per la crescita dei ragazzi.
34
L’insegnante deve cercare di sollecitare gli interventi degli studenti, mostrarsi
interessata alle loro opinioni e sforzarsi di ricordarle e riprenderle anche durante le lezioni
successive. In questo modo tutti si sentono parte attiva del lavoro scolastico e sono
invogliati a parteciparvi sempre più intensamente.
Oltre al consolidamento del rapporto “uno-molti”, che l’insegnante instaura con la
classe, è importante anche favorire il rapporto tra allievi, che si può definire come “molti-
molti”. In questo modo ognuno potrà arricchirsi entrando in contatto con i compagni,
sfruttando punti di vista diversi, confrontandosi e aprendo la propria mente a nuovi modi
di interpretare e risolvere i problemi. In questo modo si verificherà un arricchimento
reciproco, che troverà le proprie basi nella condivisione della conoscenza.
Lo sviluppo di queste relazioni all’interno della classe potranno anche essere di aiuto
all’insegnante nella soluzione di problemi legati alla didattica, poiché la cooperazione di
ragazzi più preparati con compagni più “deboli” può rivelarsi più efficace di una
spiegazione di un docente, visto che nel rapporto tra pari gli allievi si sentono più liberi di
esprimere le loro perplessità, i loro dubbi, senza paura di giudizi e valutazioni.
Durante il tirocinio ho verificato l’efficacia di questa metodologia, soprattutto
durante la correzione collettiva dei racconti di fantascienza scritti singolarmente, nel corso
della quale erano i ragazzi a consigliarsi e a correggersi tra loro, ma anche a
complimentarsi per i buoni risultati ottenuti, in un clima disteso e cooperativo.
La buona riuscita di questo intervento didattico è stata determinata anche dal fatto
che la classe è stata abituata sin dal primo anno a lavorare in questo modo, quindi tutti si
sentivano a loro agio e anche gli allievi meno brillanti intervenivano, proprio perché era
stato loro insegnato che sono importanti le opinioni di tutti e che ognuno può portare
indicazioni utili ai compagni. Inoltre tutti gli interventi si sono inseriti all’interno della
lezione in modo pertinente e disciplinato: l’intera classe era attenta e in silenzio; prima di
prendere la parola ognuno alzava la mano ed attendeva il proprio turno. Per queste ragioni
non ho avuto alcuna difficoltà nella gestione delle lezioni ed è stato molto piacevole essere
testimone della sinergia che si era venuta creando in classe.
L’unico problema concreto si è verificato con le due ragazze straniere, che, non
riuscendo a seguire tutti gli interventi dei compagni, non sono intervenute quasi mai e,
anche quando sono state interpellate direttamente, non sono sempre riuscite ad esprimere
un proprio contributo nel dibattito. Per questo motivo si sono limitate a leggere i propri
35
elaborati e a correggerli seguendo i consigli dei compagni. Mi rendo conto di non essere
sempre stata in grado di coinvolgerle come avrei voluto, ma ritengo di non aver avuto
alcuno strumento che mi potesse aiutare a risolvere tale situazione. La stessa docente
accogliente non riesce sempre a renderle partecipi durante le lezioni.
Ritengo che percorsi di formazione come la S.I.S dovrebbero dedicare maggior
attenzione alla formazione di insegnanti che lavoreranno in classi sempre più multietniche
e la stessa Scuola italiana dovrà attrezzarsi e preparare i propri docenti a lavorare in classi
dove sono presenti culture variegate. Gli istituti scolastici dovranno far sì che siano
sfruttate le risorse di tutti gli allievi per ottenere un arricchimento collettivo e per non
isolare e suddividere le classi in sottogruppi slegati tra loro e, spesso, contrapposti. Gli
insegnanti sono scarsamente preparati alla gestione di tali situazioni, dei mutamenti sociali
presenti sul nostro territorio, soprattutto in alcuni quartieri delle grandi città e, per portare a
termine i programmi annuali, ognuno adotta strategie personali senza sentirsi supportato in
alcun modo dallo Stato.
Per quanto riguarda la partecipazione del ragazzo iperattivo al percorso didattico
proposto, voglio esprimere la mia piena soddisfazione, perché durante ogni incontro si è
dimostrato interessato ed è spesso intervenuto in modo pertinente e utile alla risoluzione di
problemi relativi agli elaborati dei compagni. Inoltre ha instaurato un ottimo rapporto con
me, mi ha accettata come figura di riferimento e si è anche dimostrato disponibile ad
aiutarmi, ad esempio, nel funzionamento del videoregistratore durante gli incontri dedicati
alla visione del film.
La stessa docente accogliente mi ha manifestato la sua sorpresa nel constatare come
in breve tempo l’allievo abbia instaurato rapporto di fiducia con me, mentre, con molti altri
docenti della scuola e con la stessa insegnante di sostegno, mantiene rapporti molto freddi,
se non sprezzanti. Durante i miei interventi ho sempre cercato di farlo parlare, di
coinvolgerlo e valorizzarlo agli occhi dei compagni, e sicuramente questo tipo di
approccio mi ha aiutata ad instaurare con lui una certa complicità.
Confrontandomi con la docente accogliente, ho però verificato come la presenza di
questo allievo abbia pesato sul comportamento della classe; nonostante i suoi progressivi
miglioramenti nel corso degli anni, i compagni hanno dovuto imparare a convivere con un
elemento disturbante che interrompe spesso le lezioni e distrae i compagni inducendoli a
36
chiacchierare. Molti ragazzi hanno sviluppato una sorta di atteggiamento difensivo, per cui
sono sempre molto controllati e non sembrano emotivamente coinvolti durante le lezioni.
Non si sono mai verificati interventi scoordinati o manifestazioni spontanee di ilarità
o scontento, come se, per reazione all’eccessiva irruenza del compagno, la classe avesse
sviluppato un eccessivo autocontrollo, indotto anche dalle continue reprimende subite
durante gli anni da parte del corpo insegnante. È stata imposta una disciplina molto rigida
che consente di svolgere serenamente le lezioni, ma inibisce eccessivamente la libera
espressione dei sentimenti dei ragazzi. Ciò non significa che la classe non sia partecipativa
e non ottenga buoni risultati dal un punto di vista del rendimento scolastico, ma risulta un
po’ anaffettiva ed è difficile per un docente comprendere chiaramente se i contenuti delle
lezioni sono stati compresi e apprezzati o se i ragazzi preferiscano un’attività rispetto ad
un’altra.
Sembra che si siano instaurate delle gerarchie all’interno della classe che inibiscono
alcuni allievi ad esprimersi liberamente e sono molto presenti rivalità ed un certo
individualismo. La stessa docente accogliente mi ha rivelato che anche alcuni genitori
fomentano tale atteggiamento e durante i colloqui con gli insegnanti sono restii ad
ascoltare i pareri dei professori, difendendo aprioristicamente i loro figli, progettando per
loro un futuro percorso scolastico liceale, nonostante le diverse opinioni degli insegnanti.
In questo modo non aiutano la metacognizione dei ragazzi, che vivono in
un’immagine falsata di se stessi e non riescono a proiettarsi efficacemente nel futuro.
3.3 ANALISI CRITICA DEI RISULTATI
Durante lo svolgimento dell’unità didattica sono state proposte ai ragazzi alcune
verifiche formative ed una verifica sommativa finale.
Durante la correzione delle prime, che è consistita nella revisione degli elaborati di
argomento fantascientifico scritti a casa e in classe, ho verificato una buona capacità da
parte di tutti gli allievi di ideare e scrivere un racconto, anche da parte di coloro che erano
risultati meno brillanti nello svolgimento della prova volta a testarne i prerequisiti.
Tutti si sono dimostrati, non solo molto creativi e fantasiosi, ma anche capaci di
elaborare racconti efficaci. Hanno dimostrato di aver seguito le lezioni che ho tenuto e di
aver assimilato i concetti e le strategie che ho esposto per ottenere un buon romanzo di
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fantascienza: iniziare il racconto a scena iniziata, uso di flashback, inserimento di indizi,
graduale innalzamento della suspence fino al raggiungimento del climax. Sia io che la
docente accogliente siamo rimaste felicemente colpite dal buon esito dell’intervento
didattico, dovuto anche al fatto che l’insegnante ha sempre fatto lavorare i ragazzi
producendo testi scritti che ripresentassero le caratteristiche dei generi letterari affrontati
durante le lezioni. Mi sono stupita anche della scrittura fluida e dei concetti ben
concatenati degli elaborati, che dimostravano un’ottima capacità di organizzazione del
testo e dei pensieri da parte degli allievi.
Anche le due ragazze straniere sono riuscite a scrivere dei racconti brevi ma molto
efficaci, riuscendo ad inserirvi tutti gli elementi che avevo richiesto nella consegna.
I problemi si sono presentati con la verifica sommativa, che non consisteva nella
stesura di un testo, bensì nell’analisi di un racconto di fantascienza. Tanto quanto la classe
si era dimostrata capace nella scrittura, cosi si è dimostrata estremamente carente in questo
tipo di esercizio, che era stato ampiamente sperimentato in classe mediante la lettura e
l’analisi collettiva dei testi presenti sull’antologia. Alcuni ragazzi hanno conseguito
votazioni gravemente insufficienti, e anche allievi che hanno sempre ottenuto valutazioni
alte, sono incappati in errori molto grossolani. La maggior parte della classe non si era
esercitata a casa e non aveva ripassato le nozioni teoriche (nonostante li avessi avvisati che
ci sarebbero state anche alcune domande nozionistiche). Ad esempio non tutti ricordavano
il significato di “anticipazione” o di flashback, dimostrando di saper applicare tali elementi
quasi meccanicamente e con buoni risultati, senza però riuscire ad individuarli all’interno
di un testo non scritto da loro, manifestando pertanto difficoltà di rielaborazione delle
conoscenze acquisite.
Mi sono molto stupita di questa generalizzata incapacità di riconoscere parti del testo
che risultavano essere invece molto chiare nel momento in cui i ragazzi dovevano scrivere.
La docente accogliente mi ha detto che può capitare che i ragazzi abbiano problemi
nell’osservare gli stessi elementi testuali da punti di vista diversi (applicativo e analitico) e
che è una caratteristica che la classe presenta sin dal primo anno, probabilmente perché
non lavora abbastanza a casa per approfondire e sedimentare i concetti. Gli studenti sono
stati maggiormente abituati al lavoro di scrittura creativa in aula sin dalla classe prima,
lasciando ampio spazio all’inventiva e all’estro più che allo studio sistematico di nozioni o
all’analisi testuale, cosi che quando devono compiere un lavoro di astrazione incontrano
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particolari difficoltà.
3.4 RIFLESSIONE CRITICA SULL'ESPERIENZA DIDATTICA CONDOTTA:
ASPETTI POSITIVI E DA CORREGGERE
Considerando il mio intervento didattico in classe e rileggendo la documentazione
prodotta in itinere, emergono alcuni dubbi sullo svolgimento delle lezioni.
Uno dei problemi maggiori che ho dovuto fronteggiare è stato quello di relazionarmi
con ragazzi che in realtà non conoscevo approfonditamente e avevo osservato solo per
pochi giorni durante il tirocinio dello scorso anno. Non conoscere le lacune e le
caratteristiche di ognuno mi ha impedito a volte di interpellare gli allievi che presentavano
maggior necessità di intervenire e confrontarsi col proprio lavoro.
Ripensando a questo limite ho anche realizzato che, quando insegnerò come
supplente, anche per poche settimane, sarà inevitabile l’inserimento in gruppi classe già
formati e abituati ad una specifica metodologia didattica, per cui dovrò adattarmi e cercare
di capire in breve tempo quale sia il miglior tipo di approccio da applicare al contesto in
cui mi trovo.
Il supporto della docente accogliente in questo senso è stato molto importante, perché
al termine di ogni lezione si è fermata con me a riflettere sull’atteggiamento tenuto da
me e dagli allievi, chiarendomi alcuni dubbi, giustificando alcuni studenti rispetto ad
altri e riferendomi alcune vicende della loro storia a me sconosciute, che mi hanno
consentito di gestire meglio il rapporto con molti di loro.
Le strategie didattiche a cui ho fatto ricorso mi sono sembrate efficaci e i risultati
che ho conseguito sono stati nel complesso soddisfacenti, perché ho notato che, facendo
partecipare tutti i membri della classe, ognuno ha dovuto impegnarsi allo stesso modo e
si è sentito parte attiva del lavoro proposto. Nessuno ha assunto ruoli marginali e ho
cercato di far emergere le effettive capacità dei ragazzi.
Anche durante la visione del film, gli allievi hanno compilato diligentemente la
griglia osservativa che avevo loro sottoposto. Mi è sembrato che tutti fossero stati
coinvolti dalla storia narrata e sembravano gareggiare tra loro alla ricerca di elementi
importanti da rilevare. Ho avuto alcuni dubbi sulla strutturazione della griglia valutativa
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(scegliere quali elementi ritenere più importanti di altri e definire i punteggi da
assegnare) e sulla scala di valutazione da applicare, perché mi sembrava poco corretto
partire dallo “zero”, con la possibilità di assegnare anche votazioni come “uno” e “due”.
In questo senso però la docente accogliente non ha avuto dubbi e mi sono ritrovata
a dover attribuire ad alcuni elaborati votazioni estremamente basse.
I risultati della verifica hanno evidenziato la presenza di diverse tipologie di
studenti: una fascia ristretta di quattro elementi che hanno ricevuto una valutazione
superiore al “sette”, una fascia molto ampia di circa tredici ragazzi, che hanno ricevuto
una valutazione inclusa tra il “sei” e il “sette” ed infine un gruppo di sei allievi che sono
risultati insufficienti (metà di loro con un’insufficienza pari al “cinque”, i restanti con
una votazione inferiore a tale soglia). Quest’ultima categoria ha ottenuto risultati
insoddisfacenti soprattutto per la scarsa quantità di tempo dedicata allo studio e quindi
per la mancata rielaborazione dei dati semplicemente nominati e applicati in classe.
Alcuni di loro non riuscivano a riconoscere elementi del racconto incontrati più
volte nel corso delle lezioni e sui quali ci eravamo a lungo soffermati. In classe era
quindi presente un divario molto evidente tra la preparazione di alcuni allievi rispetto ad
altri, che, non applicandosi a casa, restavano sempre più indietro, continuando a non
assimilare concetti che per altri compagni erano ormai assodati.
In alcuni casi mi sono trovata di fronte al problema della “motivazione
all’apprendimento”, poiché alcuni allievi non si applicavano come avrebbero dovuto
alla studio della materia, nonostante partecipassero alle lezioni. In molti casi purtroppo è
determinante anche il “senso di autoefficacia” dello studente, i rapporti interni al gruppo
classe e i problemi famigliari dei ragazzi. Alcuni soggetti, abituati a ricevere votazioni
insufficienti, non si aspettano più di ottenere risultati soddisfacenti e mantengono
un’immagine negativa delle proprie capacità. Inevitabile inoltre l’influenza del confronto
con i compagni e il sentimento di disagio e di rifiuto che qualcuno di loro prova per i
compagni.
Come tirocinante mi sono resa conto di essermi focalizzata soprattutto sugli
argomenti delle lezioni e, anche se non ho tralasciato gli aspetti dell’interazione
insegnante-studenti e studenti-studenti, mi sono resa conto che bisogna cercare di essere
attenti soprattutto a questi ultimi aspetti, che spesso sono più determinanti di una buona
lezione frontale ai fini dell’apprendimento della materia e della crescita degli allievi.
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PARTE QUARTA: CONCLUSIONE
4.1 ASPETTI METACOGNITIVI DELL’ATTIVITÀ SVOLTA
Il tirocinio mi ha posto nelle condizioni di entrare in contatto non solo con una
classe di allievi, ma con tutto il contesto operativo di una scuola secondaria inferiore. Ho
potuto calarmi all’interno di relazioni lavorative con altri insegnanti, con il personale
della segreteria, con quello degli operatori scolastici e con il dirigente. Grazie alla
disponibilità e all’ottimo rapporto instaurato con la docente accogliente, sono stata
inserita in questa realtà, seppure per un periodo limitato, come un membro del gruppo
docente e non come un semplice osservatore esterno. Mi sono resa conto di quanto siano
importanti i buoni rapporti non solo con gli allievi, ma con i propri colleghi e ho avuto la
netta percezione che il sistema-scuola è realmente paragonabile ad un organismo, per cui
se uno dei suoi elementi presenta un problema, è l’intero sistema a risentirne.
Lavorare con gli studenti, preparare i materiali didattici per inserirsi all’interno
della programmazione della docente e lavorare a quattro mani per fornire un reale
arricchimento ai ragazzi ha costituito un’esperienza intensa e significativa per il mio
percorso lavorativo, sebbene l’esiguità temporale dell’intervento didattico e il suo
inserimento all’interno di una programmazione annuale non decisa da me, abbia
costituito un problema non indifferente. Imparare a riflettere sui propri metodi e riuscire
a confrontarsi con docenti esperti in un clima di reciproca accettazione e rispetto è stata
un’esperienza estremamente positiva, perché ho percepito che i miei interventi erano
considerati come un arricchimento per l’intera istituzione scolastica, tanto che la docente
accogliente ha continuato a tenersi in contatto con me anche dopo il termine del tirocinio
e ad interessarsi della buona riuscita del mio percorso alla S.I.S.
Attraverso l’attività di programmazione e il contatto con gli allievi, ho potuto
vivere l’esperienza didattica come punto di raccordo tra modelli teorici appresi nei corsi
trasversali ed esigenze pratiche di insegnante e studenti.
Seguendo le teorie costruttiviste, ho cercato di favorire la costruzione collettiva di
una rete di conoscenze e di stimolare la ricerca e la problematizzazione.
Confrontando la propria esperienza con i dati da me forniti, gli studenti hanno
riflettuto sulle loro conoscenze, apportando, quando necessario, le opportune modifiche.
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Ho constatato che sollecitare gli interventi degli allievi e lavorare per analisi e
sintesi successive è un metodo molto produttivo per far sì che le teorie apprese siano
applicate in ambiti diversi ed entrino a far parte della struttura cognitiva dei ragazzi.
Costruire insieme la conoscenza implica però una costante interazione con la
classe, che richiede molto impegno da parte del docente e una maggior quantità di tempo
rispetto all’uso di lezioni frontali. Questo tipo di attività richiede pertanto un’abile
gestione dei tempi di lavoro e dei contenuti prescelti e la capacità di riuscire ad abituare
nel tempo gli studenti al confronto e al rispetto reciproco.
Se ripenso invece al percorso che ho seguito alla S.I.S in questi due anni, mi rendo
conto di quanto sia stata importante l’esperienza del tirocinio osservativo e attivo perchè
mi ha consentito di sviluppare un tipo di attenzione particolare nell’osservare la classe, e
ad interpretare i comportamenti dei ragazzi e dei docenti, adottando una tecnica volta a
sviluppare un atteggiamento empatico. Ho potuto osservare come ogni classe manifesti
una propria personalità, e come gli insegnanti debbano riuscire ad entrare in contatto con
essa, sforzandosi di mettere in atto meccanismi comunicativi variegati ed efficaci con
ogni singolo gruppo di studenti. Confrontandomi con la docente accogliente dell’istituto
superiore in cui ho svolto il tirocinio, è emerso che, nei ragazzi di oggi, il tipo di
intelligenza e attenzione è diverso rispetto a quello degli studenti del passato, perché
hanno sviluppato una maggior intelligenza visiva e sono quindi particolarmente capaci
nell’analizzare immagini e filmati piuttosto che nello studio mnemonico di testi scritti.
Questo è dovuto all’uso intenso che si fa nella società moderna di apparati video, come
le televisioni, i monitor dei computer, i giochi multimediali, che sviluppano
maggiormente alcune potenzialità dei ragazzi a scapito di altre. Ciò non significa che
questi studenti siano migliori o peggiori rispetto ai precedenti, ma è importante che gli
insegnanti si rendano conto di tali mutamenti cognitivi e sappiano adattarsi alle esigenze
dei ragazzi, in modo da poter comunicare con loro in modo efficace e produttivo.
Cercando di andare incontro a tali esigenze, ho voluto applicare alcune delle
tecniche apprese durante il laboratorio di scrittura creativa, tenuto lo scorso anno dalla
prof.ssa Abelli, durante il tirocinio attivo tenuto quest’anno nella secondaria inferiore.
Scegliendo il racconto di fantascienza, ho deciso di presentare tale argomento in modo
creativo e piacevole per la classe, per suscitare l’interesse e la partecipazione dei ragazzi
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nell’elaborazione di racconti fantastici a partire da immagini fotografiche e nell’analisi
filmica di un racconto fantascientifico narrato cinematograficamente.
Ho inoltre verificato che la difficoltà maggiore, nella professione che ho scelto di
intraprendere, è indubbiamente riferita allo sforzo che si deve attuare per riuscire a
controllare l’attenzione e il feedback della classe e contemporaneamente gestire una
lezione in modo tale che sia accessibile a tutti. L’impegno richiesto non è solo mentale,
ma emotivo e mette in gioco sia la “figura” dell’insegnante, sia l’insegnante come
individuo, con le proprie fragilità, i propri vissuti, le proprie convinzioni. Ritengo
pertanto che si debba essere disposti a mettersi in gioco completamente per poter
instaurare un rapporto produttivo e di fiducia con gli allievi e che sia indispensabile
essere consapevoli del tipo di impegno cui si va incontro.
Inoltre, durante i tirocini attivi, ho verificato direttamente quanto sia migliorato il
mio modo di comunicare con le classi, perché ad ogni nuova esperienza sperimentavo
me stessa, le mie capacità e le mie difficoltà, così da sentirmi ogni volta più preparata ad
affrontare lo svolgimento delle lezioni. Ho appreso quanto sia importante che gli
insegnanti siano consapevoli prima di tutto delle proprie capacità e delle proprie
debolezze, per poterle gestire in modo che non compromettano il rapporto con i ragazzi e
con i colleghi.
Al termine del percorso da tirocinante posso inoltre affermare di aver sperimentato
direttamente le differenze tra l’insegnamento nelle scuole secondarie inferiori e
superiori; mentre nelle prime l’approccio con gli studenti deve essere ancora “protettivo”
e l’insegnante ha un ruolo di guida nelle attività della classe, nelle seconde si può
instaurare un rapporto quasi paritario con gli allievi, che si assumono una responsabilità
decisionale e diventano parte attiva nella gestione delle attività di classe.
Durante i corsi trasversali, soprattutto quelli di psicologia e sociologia di
quest’ultimo anno, ho migliorato il mio livello di consapevolezza sul ruolo che assumerò
in quanto insegnante e sento di possedere, ora, molti degli strumenti necessari per poter
gestire al meglio una classe. Mi rendo conto che solo con l’esperienza diretta svilupperò
appieno le abilità necessarie, ma ritengo che un’introduzione a discipline quali la
psicologia, la sociologia e la didattica sia fondamentale per chi desidera intraprendere la
professione docente, non solo nella scuola primaria, ma anche nelle secondarie.
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4.1.1 Questionario di valutazione sull’intervento didattico
Per rilevare la qualità del mio intervento didattico, ho deciso di sottoporre agli
allievi un questionario di gradimento24, che ho fatto compilare in modo anonimo al
termine delle lezioni di tirocinio.
Quel giorno erano assenti quattro allievi, comunque ho potuto trarre informazioni
molto utili per valutare le mie modalità relazionali.
Alla domanda inerente la chiarezza dei miei interventi, tutti li hanno definiti
“chiari” o “molto chiari”, fornendomi un ottimo riscontro rispetto alle mie capacità
comunicative. Riguardo al modo in cui si sono sentiti gli allievi nei miei riguardi, la
maggioranza ha affermato di essersi sentita a suo agio e solo in cinque sono rimasti
indifferenti alla mia presenza, senza che nessuno si sia sentito in imbarazzo. Analizzando
il proprio atteggiamento in aula, quasi tutti hanno affermato di essersi comportati “come
al solito” e solo in quattro hanno ammesso di essersi rivolti a me in modo più educato del
solito. Quasi tutti inoltre hanno affermato di essersi sentiti arricchiti dal confronto con
un’altra insegnante e solo in tre si sono sentiti indifferenti, mentre nessuno ha ritenuto di
essere stato ostacolato nell’apprendimento.
Per quanto concerne il giudizio sul rapporto instaurato tra me e la classe, in sedici
hanno affermato che è nato un buon rapporto e nessuno lo ha giudicato insufficiente.
La votazione generale sui miei interventi in aula è stata particolarmente alta e si è
aggirata in una media tra l’“otto” e il “nove”. Ritengo pertanto di aver lasciato un buon
ricordo alla classe e di aver adottato una metodologia didattica ed un atteggiamento
efficaci.
Informazioni ancora più interessanti sono risultate dalle domande aperte che ho
sottoposto agli studenti. La prima (che cosa ti è piaciuto di più dell’atteggiamento della
tirocinante?) ha ottenuto risposte molto simili come: “la sua disponibilità”, “è stata
sempre sorridente e si è informata approfonditamente sugli argomenti che intendeva
proporci”, “mi piace come spiega”, “la simpatia e la serenità”, “ha un buon modo di
spiegare e di chiarire gli argomenti poco chiari”, “la serietà delle spiegazioni”, “la
pazienza”, “il modo in cui è riuscita ad organizzare la lezione”, “quando ride”, “se
qualcuno chiedeva qualcosa, rispondeva gentilmente”, “è molto educata e brava con i
ragazzi”, “ride molto di più delle altre professoresse”, “era sciolta nello spiegare, faceva
24 Vedi allegato a pag. 51.
44
di tutto per farci sentire a nostro agio e ha saputo tenere bene la classe facendo sentire
tutti partecipi”.
Per quanto riguarda invece le caratteristiche del mio atteggiamento che sono
piaciute di meno, la maggioranza ha risposto che sorridevo troppo spesso e a volte
spiegavo in modo veloce senza che tutti riuscissero a seguirmi. Mi ha stupito in
particolare la prima considerazione, perché in molti avevano posto questa caratteristica
tra i miei pregi, ma, evidentemente, il mio tentativo di sdrammatizzare le situazioni più
complesse a volte era considerato come un atteggiamento superficiale o inadatto alla
situazione. Gli allievi hanno bisogno di sentire un atteggiamento autorevole da parte del
docente, soprattutto nella secondaria di primo grado, dove i ragazzi sono ancora
bisognosi di una figura adulta di riferimento che appaia solida e, quando serve, anche
severa.
Ho notato che alcuni allievi apprezzavano maggiormente le “strigliate” della loro
docente piuttosto che il mio modo di fare rassicurante. Ovviamente, non conoscendoli a
fondo, ho cercato di non adottare un atteggiamento eccessivamente rigido, perché non
sapevo se sarebbe stato controproducente. Infatti non tutti hanno giudicato
negativamente i miei sorrisi, ma si sono sentiti spiazzati dal diverso approccio che ho
avuto con loro rispetto a quello a cui erano abituati con la loro docente, che invece
riprendeva con cognizione di causa alcuni errori e comportamenti errati che si
protraevano da anni nella classe e da alcuni elementi in particolare.
45 BIBLIOGRAFIA
TESTI USATI IN CLASSE
P. Assandri-P. Bertolino-E. Mutti, Circoli di lettura, leggere e orientarsi nei testi,
modulo G, Zanichelli, Milano, 2004.
TESTI USATI DALLA TIROCINANTE
M. Pellerey, Progettazione didattica, SEI, Torino, 1983.
D. Corno, La scrittura, scrivere, riscrivere, sapere di sapere, Rubbettino, Catanzaro,
1999.
R. Queneau, Esercizi di stile, Einaudi, 2000.
G. Blandino-B. Granieri, Le risorse emotive nella scuola, Raffaello Cortina ed.,
Milano, 2002.
D. Corno, Scrivere e comunicare, Bruno Mondadori, Milano, 2002.
L. Fischer, Sociologia della scuola, il Mulino ed., Bologna, 2003.
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RACCONTI SCRITTI DAGLI STUDENTI16
RACCONTO 1
La benzina era finita, ero fuori nel nulla, in un prato, era buio e si sentivano solo i grilli, che saltellavano qua e là. In lontananza vidi qualcosa, somigliava a una casa, mi avvicinai, c’era un aggeggio strano, fuori dal normale, era caldo e strano, mi tolsi il turbo ormai non più funzionante dalle scarpe, cercai di aprire quella strana scatola, dentro aveva due coni, mi ci infilai dentro, era strano, il cono partì velocemente lasciandomi senza fiato. Toccai un pulsante rosso e il cono cambiò, assunse una metamorfosi, era bellissima, una musica partì, delle luci si accesero, era calda e comoda, era fatta apposta per portare tutti i miei amici! Mancavano solo una trentina di chilometri per arrivare alla KZO2, parcheggiai questa volante sulla stella a fianco alla mia KZO2. Arrivata, un tappeto si sdraiò accanto ai miei piedi. “Ciao mamma, sai, è stato bellissimo scendere giù, anche perché mi sono persa, poi ho visto strane cose e, sai, ho lasciato giù il turbo che la nonna mi aveva regalato; era scarico e non sapevo come fare, devo chiedere alla nonna di prenderne un altro, tanto ormai quello era vecchio e più si sale con l’età e più veloci sono i turbi! Dai, ti prego! Vieni a vedere accanto alla stella, prima ti stavo raccontando, non so come ho fatto a perdermi, comunque sono arrivata in un prato, il turbo era ormai scarico quando me lo sono tolto per andare a vedere che cosa fosse quella cosa che vedevo in lontananza. Era una scatola, dentro c’erano due coni, mi sono infilata nel primo, e ha incominciato a correre come un razzo. Poi ho schiacciato un pulsante e quello si è trasformato in questa cosa metallica, bellissima a vedersi, vero?” “Sì Maya, bellissima a vedersi, ma come la dovremo mantenere? Non credi che costerebbe troppo? Non possiamo permettercela! Ora mi spiego, potrai usarla solo per andare su Giove e su Venere. Su tutti gli altri pianeti userai il turbo. Chiaro?” “Chiaro mamma”.
RACCONTO 2
Era ora, sì, era ora di raccontare tutto, tanto lo avrebbe scoperto appena sarebbe tornata a casa, ma Ines aveva la testa dura. “Sono a casa Ines, ci sei?” “Eccomi, non ti avevo sentito entrare, scusami” “Ma perché non esci fuori, non mi fai vedere la testa? Ho voglia di vedere quanto sei cresciuta, …” Non la fece finire di parlare e disse: “Ora no, magari dopo”. Chiuse la porta velocemente, mentre la zia rimase a fissare quella porta chiusa. La zia si sedette sul bordo dello scalino, pensava a cosa preparare per cena, mentre un urlo provenne dalla stanza di Ines. La zia di scatto corse nella stanza, Ines era per terra, aveva la gamba viola, ormai era svenuta lì. La zia non poté aprire la porta perché era chiusa a chiave. Ines aveva chiesto ad Alessia, sua sorella, di stare zitta; mentre la zia diceva di aprire Alessia le disse che era tutto a posto, che era entrata un’ape e Ines si era spaventata. Poco più tardi la zia le chiama per la cena, Ines era stesa sul letto, incosciente, sembrava quasi morta, pallida, fredda …
16 I racconti sono stati trascritti fedelmente e pertanto possono presentare alcuni errori di sintassi degli allievi.
47 “Zia, scendo!”, disse Alessia con voce preoccupata. Arrivata in cucina si sedette e la zia le chiese di Ines; inesperta in fatto di bugie disse che si era addormentata, che avrebbe provveduto lei a portarle qualcosa da mangiare. Salita in camera vide Ines in piedi, le diede del pane e un piatto di pasta e mangiò. “Che cosa farai? Non puoi nasconderti per tutta la vita, puoi farlo domani, mercoledì, ma non puoi più continuare così. Domani che cosa fai, non vieni a scuola? Tagli? Che cosa ti inventerai?”, chiese Alessia. “Non so, intanto ho ancora la tua stampella, posso usarla per dire alla zia che ho male al piede, che non posso appoggiarlo, tanto in parte è la verità!”, rispose Ines. “Sì, dici che è così, ma, ti ripeto, e poi?” “Ora basta, al poi ci penserò poi”, rispose arrabbiata Ines, d’altronde era colpa sua. Se solo non fosse andata nel laboratorio di chimica, non avrebbe bevuto quella cosa strana… “Alessia, domani scuola non c’è, io che sono la capitana delle cheerleader posso, sì… buonanotte.” Si girò nel letto e si addormentò. La mattina si alzò prima di tutti, andò a lavarsi e uscì di casa lasciando un biglietto: “SONO STATA BENE, GRAZIE DI TUTTO”. La scuola chiamò la zia di Ines: “Signora Luis, oggi 10 giugno 2469 Alessia Iniz partecipa al funerale della sorella maggiore Ines Iniz, capitana delle cheerleader. Il funerale inizierà fra tre ore. Vi aspettiamo. Condoglianze. La zia arrivò di corsa, Alessia cercò di spiegare tutto, ma la zia disse che ormai era troppo tardi. Vide quel volto sfregiato e quella gamba mancante.
RACCONTO 3
Questo è il luogo perfetto per Sara e Jack. Qui si sentono tranquilli e non hanno più paura. Non vogliono più tornare in quella città piena di robot. Da lì sono scappati tre settimane fa perché avevano deciso di sposarsi, ma prima dovevano avere il permesso dei robot. I robot non erano d’accordo che un essere umano si sposasse con un altro essere umano. Da quando sono arrivati loro (i robot), hanno cambiato tutte le leggi: una di queste diceva: “Secondo l’articolo 19 di 2981, gli esseri umani non si possono sposare tra di loro.” Visto che nessuno li cerca e che nessuno se ne è accorto della loro mancanza, hanno deciso di costruire una casetta, dove più tardi ospitare degli altri profughi. Non dopo tanto tempo, essi hanno cominciato ad arrivare. Anche loro sono scappati dalla stessa città. Hanno portato delle mucche e delle pecore.
48 Sara e Jack hanno deciso di costruire anche una fabbrica di latte e insieme agli altri fondare un piccolo villaggio e non tornare più in quella città dominata dai robot.
RACCONTO 4
Un apparecchio bianco, simile ad un enorme uccello stava precipitando dal cielo e in pochi minuti cadde precipitosamente a terra. La gente aveva assistito alla caduta dello strano apparecchio ma al momento dell’impatto erano tutti scappati, come per correre al riparo. Nessuno si interessò dell’aeroplano e men che meno di quel che conteneva. Solo la sera delle squadre di pompieri andarono a spegnere le ultime fiamme e raccoglierne i resti. Nella nebbia si intravedevano diversi uomini, quello davanti aprì la bocca per dare un ordine e ne uscì un getto d’acqua… ma forse era quello dietro con la pompa troppo alzata… con la nebbia non si riusciva a capire. La mattina uno di quegli strani esseri chiari si diresse verso il primo bar per prendere il suo solito caffè. La gente per strada si scansava, alcuni mettevano le mani dietro la schiena, altri si coprivano il viso, come se dovessero nascondere qualcosa. Non appena varcata la soglia, tutti rimasero sbalorditi e, non potendo uscire, si avvicinarono alle finestre… la barista era piegata per asciugare del caffè versato in terra da un cliente, ma non appena si alzò, lo stupore di entrambi sovrastò le chiacchiere delle “persone” attorno. Era bellissima! Occhi verdi e pelle rosata e morbida; ma non fu questo a stupirlo, sulla testa si alzava una cresta di cucchiaini da caffè e dai lobi delle orecchie delle tazzine… ma anche lei una volta era così e non si tirò indietro… “Le preparo un caffè?”. L’uomo non riusciva ad aprire bocca, fece un lieve cenno con la testa e la cameriera si mise all’opera. Abbassò la guancia verso il piattino, sul quale vi appoggiò la tazza-orecchino, vi versò il caffè e, dando una piccola botta sulla fronte, l’ultimo cucchiaino finì precisamente sul piatto. L’uomo prese la tazza e, nel mentre, le sfiorò la mano. Improvvisamente la donna lanciò un grido, le tazzine appese alle orecchie si ruppero cadendo a terra e i cucchiaini si piegarono fino a rimpicciolirsi sempre più e a svanire. La donna cadde a terra, l’uomo le corse vicino. “Un impatto aereo ci fece atterrare qui, siamo stati immersi in pozzi neri e ne siamo usciti così…! Grazie per avermi liberato!” Queste furono le ultime parole, poi socchiuse gli occhi e morì. Tutti assistevano allo spettacolo senza preoccuparsi di intervenire. L’uomo guardava gli altri clienti con occhi curiosi e impauriti allo stesso tempo. Un essere con dei cacciaviti alle mani e dei bulloni al posto delle dita gli si avvicinò: “Se voi e i vostri inutili sentimenti non foste mai atterrati, nessuno avrebbe ricordato e sofferto…”.
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RACCONTO 5
È una signora che sta telefonando a casa sua. Il signore di casa non c’è e per fortuna anche il telefono non suona in quel momento. Il telefono sta litigando con il cellulare. Comincia il cellulare e dice: “Ah, ah, ah, guarda il signor telefono che sta suonando e non c’è chi risponde”. “Stai zitto, meglio di te che sei sempre in tasca!” “Sì, sì, hai ragione! Meglio di te che sei sempre a casa da solo con quei fili come un cavallo!!” “Guarda il bel cellulare come se fosse una farfalla, piace solo alle ragazze della moda!!!” La signora che sta aspettando la risposta è stanca di aspettare e continua a gridare: “Ma non risponde nessuno?” Il telefono continua a suonare. Dopo un po’ entra il signore e risponde: “Sì, pronto…”. “Ma dov’eri? Non c’era nessuno!”