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RosaOnline il giornalino dell'ITC Rosa Luxemburg
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Aprile 2010Aprile 2010
ROSALAND
● ‘Bologna vs. Lund’ di Andrea Bellei
● ‘Intervista a Matilda e Karl’ di Mei Li Oca
● ‘Libera Radio: una voce contro le mafie’ di Riccardo Amenduni
● ‘Un giocatore della Virtus’ di Mei Li Oca
● ‘Berlin’ di Dmitry Tungulin
● ‘Intervista a Nadia El Fadil’ di Majda Chebakia e Soukaina Radi
● ‘I laboratori di produzione video ’ segnalazione della redazione di CrossingTV
SPINE E PETALI
‘Il luogo ritrovato’ 27
NONSOLOROSA
● 'Alla mia età' di Francesco Pio D'Apollo
● 'L'uomo che verrà’ di Luigi Lisi 20
● 'La Strage di Marzabotto ' di Roberto Hu
● ‘Genitori e figli: agitare bene prima dell'uso ’ di Sheela Stanzani
● ‘Film in streaming: gratis sul tuo computer ’ di Andrea Bellei 25
● ‘Metro 2033’ di Riccardo Amenduni 26
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I CONSIGLI DI ZIA ROSA
● ‘Spazio giovani dell'Ausl’ 32
ROSAGAME
● ‘Anche loro sono stati giovani’
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Il giornalino “Rosaonline” nasce da un’idea
progettuale dell’ITCS Rosa Luxemburg elaborata
dalla prof.ssa Graziella Giorgi in collaborazione con
la filmaker Silvia Storelli e realizzata con la
consulenza della redazione di CrossingTV. L’attività
si inserisce nel progetto denominato “Nuove
tecnologie senza barriere”, che si pone l’obiettivo di
promuovere le nuove potenzialità tecnologiche per
favorire il benessere a scuola e una migliore equità
di apprendimento. Il progetto è promosso dalla
Provincia di Bologna (Assessorato Comunicazione e
Sistemi Informativi), Istituzione Gian Franco
Minguzzi, Università di Bologna (Dipartimento di
Scienze della Comunicazione), con il
cofinanziamento della Fondazione Carisbo,
"Rosaonline" intende creare uno “spazio” nella/della
scuola per dare voce agli studenti, per far
“dialogare” studenti, docenti della scuola e di altre
scuole, famiglie e altri interlocutori del contesto
sociale e istituzionale del nostro territorio. Vogliamo
condividere esperienze, progetti…emozioni!
BOLOGNA VS. LUND
In Svezia dopo i 16 anni la frequenza a scuola non
è obbligatoria: vuol dire che si può andare a
scuola, ascoltare l'insegnante 10 minuti e tornare
a casa, un po' come all'università. In Svezia i
ragazzi non frequentano le discoteche o i locali
come facciamo noi. In Svezia se presenti all'80%
delle lezioni si ha diritto ad un premio di 100
euro, tutti i mesi. In Svezia i ragazzi organizzano
continuamente feste o
semplicemente si riuniscono tutti
in casa per passare una serata
insieme. In Svezia al momento
dell'iscrizione la scuola ti
fornisce un portatile gratis da usare al posto di
quaderni e libri. Questo è solo un assaggio di
quello che la Svezia ha da offrirvi, e ad essere
sinceri anche la nostra classe ne ha scoperta una
piccola parte ma ci ha stupito comunque,
davvero.
Quest’anno, invece della solita gita, abbiamo
fatto qualcosa di diverso, qualcosa che nessuno
di noi aveva mai fatto prima: uno scambio
culturale con una classe svedese, di Lund.
All’inizio eravamo tutti emozionati e ignari di
quello che realmente avremmo vissuto, per cui
ci siamo informati sugli usi e i costumi svedesi in
modo da avere qualche minima nozione. Verso
dicembre abbiamo creato un gruppo su Facebook
riservato ai partecipanti allo scambio, in modo
da poterci mettere in contatto, e da quel
momento fino a marzo abbiamo fatto
conoscenza l’uno con l’altro; è stato
bellissimo dover parlare in inglese per
forza, in quanto unica lingua in comune,
ed altrettanto importante per quel che
riguarda la mia crescita nella grammatica.
Arrivato il 7 marzo ci incontriamo
finalmente con i nostri corrispondenti
svedesi in aeroporto a Bologna e ci
accorgiamo da subito che sono
gentilissimi, nonostante l’agitazione.
Io ho ospitato una ragazza, Matilda,
che insieme a Karl è stata
intervistata dai miei colleghi di
RosaOnLine (su questo numero),
trovandomi benissimo, scoprendo
anche una nuova cultura e
modalità di pensiero. Arrivata,
però, la fine di questa settimana,
i ragazzi svedesi devono tornare
a Lund, ma nonostante la
la tristezza siamo consapevoli
del fatto che ci saremmo visti
il giorno seguente, per cui ci siamo salutati col
sorriso... Cosa che non è successa, però, alla
stazione dei treni di Lund al momento dell’addio
al termine di quest’esperienza; l’amarezza era
tanta e la stretta convivenza per due settimane
si è fatta sentire causando una tristezza
generale.
Non poteva essere altrimenti visto tutti i bei
momenti trascorsi assieme, ma personalmente
mi è dispiaciuto specialmente lasciare un
paese a cui non ho trovato un
difetto, a parte il freddo.
(Andrea Bellei)
“In Svezia al momento
dell'iscrizione la scuola ti fornisce un portatile gratis da
usare al posto di quaderni e libri.
„
INTERVISTA A KARL E MATILDA
Quanti anni avete?
18.
Cosa pensate degli studenti di questa scuola?
Sono amichevoli.
Cosa pensate di questa scuola?
È molto grande.
Cosa ne pensate delle attività che si svolgono in questa scuola?
Sono molto interessanti, però, molti professori non parlano inglese
e spesso capiamo poco niente.
Ma studiate italiano?
Sì, ma è molto diverso dallo svedese.
Cosa ne pensate di Bologna?
Il centro è molto bello e pieno di negozi nella via principale.
Cosa ne pensate della moda italiana?
È molto diversa dalla nostra. Qui vestono in tuta mentre da noi si mettono jeans o
minigonna.
Vi divertite?
Sì, molto, usciamo sempre.
Andate d'accordo col vostro compagno di scambio?
Sì.
Cosa vi piace dell'Italia?
Adoriamo il cibo italiano. Qui la pizza è buonissima!
Come mai siete venuti proprio in Italia a fare lo scambio?
Noi siamo stati scelti tra quelli che studiano italiano nella nostra scuola.
Come siete stati preparati prima di venire in Italia?
Non abbiamo fatto molto, abbiamo soprattutto studiato la geografia.
Nella scuole svedesi studiano tutti l'italiano?
No, perché non è tra le materie obbligatorie; l'italiano si può scegliere.
(Mei Li Oca)
LIBERA RADIO: UNA VOCE CONTRO LE MAFIE
Io e Vadim, giornalisti improvvisati, in occasione del 20 marzo, Giornata
Nazionale contro le mafie, siamo andati a Radio Città del Capo dove ci è stato
spiegato come funzionano le mafie.
Sì, le mafie. C’è stato spiegato che non si può parlare di mafia, poiché tutte
sono diverse l’una dall’altra. Ad esempio esiste la Camorra, in Campania, che
è composta da una gerarchia. Al contrario la 'Ndrangheta, calabrese, è
formata dalle n’drine ossia gruppi di famiglie. La 'Ndrangheta è quindi formata
da un legame molto forte come quello familiare; in altre parole, il potere si
trasmette familiarmente e quindi non può morire, nè essere soppresso dalla
politica, né dalle forze dell’ordine; per cui è difficilissimo da attaccare. Le
mafie sono costituite principalmente da due parti: quella militare, che di
solito resta nella regione, e quella imprenditoriale, che si trasferisce molto
spesso dove ci sono i soldi, e le città ricche. Molto probabilmente
anche in Emilia-Romagna. Si è calcolato che l’ impresa mafia fattura circa 137
miliardi di euro all’anno, la più grande d’Italia, e si occupano soprattutto di
narcotraffico, usura (il pizzo) e traffico di esseri umani.
Quello che Federico Lacche ha fatto con noi (spiegarci e illustrarci
come funzionano e agiscono le mafie in Italia) è quello che cerca
di fare tutti i sabato per radio con un progetto chiamato Libera
Radio e sul sito. L’informazione diventa quindi un’ottima arma
contro la criminalità. Libera Radio nasce il 19 settembre 2007 da
un viaggio in Sicilia in visita ai terreni confiscati alla mafia locale,
dove si sta svolgendo un progetto, chiamato ‘Libera Terra’, contro
questo flagello. Il progetto consiste nel colpire i mafiosi su cosa
hanno di più prezioso, le loro terre, e di renderle utili per ricavare
denaro che sarà investito nel sociale.
Questa attività c’è piaciuta molto perché Federico ci ha spiegato
in maniera molto dettagliata, concisa e molto d’impatto,
argomenti che difficilmente sono trattati dai mass media pubblici,
che molte volte cercano di sviare l’argomento. Questo incontro
non è stato per niente noioso e abbiamo imparato molte cose.
Speriamo, inoltre di poter tornare a parlare con Federico. Un
grazie dalla redazione di RosaOnLine per questa occasione.
(Riccardo Amenduni)
LINK UTILI:
http://www.liberaterra.it
http://liberaradio.rcdc.it
http://www.libera.it
“Quello che Federico Lacche ha
fatto con noi (spiegarci e illustrarci come funzionano e agiscono le mafie in Italia) è
quello che cerca di fare tutti I sabato per radio
„
UN GIOCATORE DELLA VIRTUS
Come ti chiami?
Jonathan Person.
Quanti anni hai?
17.
Dove sei nato?
In Svezia, Uppsala.
Perché sei in Italia?
Per giocare a basket nella Virtus.
Con chi vivi qui a Bologna?
Vivo insieme ad altri ragazzi della squadra.
Da quanto giochi a basket?
Da 10 anni.
Quali sono i tuoi sogni da giocatore?
Vorrei giocare nell'NBA.
In che squadra?
Nei Miami Heats.
Chi è il tuo idolo nel basket?
LeBron James.
Come ti trovi nella Virtus?
Molto bene.
Hai fatto amicizie?
Sì.
Come è organizzata la tua settimana fra studio
e allenamento?
A casa mi aiutano dei professori privati che mi
aiutano con la lingua.
Ma dedichi più tempo allo studio o
all'allenamento?
Sicuramente all'allenamento, non mi piace
studiare.
Come è stato l'impatto con l'Italia?
È stato difficile imparare a lingua. Lo è tuttora.
Cosa ti piace dell'Italia?
Il tempo.
Perché in Svezia è brutto?
Sì, piove spesso ed è molto più freddo che qua.
E poi?
Sicuramente il cibo.
Cosa non ti piace?
La scuola è parecchio diversa da quella in
Svezia. Qui è come una prigione. Non possiamo
uscire dalla scuola durante l'intervallo. In Svezia
l'intervallo dura molto di più, di solito un'ora e
mezza, e in questo tempo possiamo uscire e
anche andare a fare un giro in centro.
Gli italiani ti guardano in modo
diverso perché sei nero?
Non ci ho mai fatto caso.
(Mei Li Oca)
BERLIN
A marzo io con la mia classe, 5CL, e un’altra,
4BL, abbiamo trascorso 5 meravigliose giornate a
Berlino. Siamo stati accompagnati da 2 prof.: la
professoressa di tedesco Rita Maccagnani e la
professoressa di diritto Graziella Giorgi. La città
è veramente grande, e 5 giorni non sono
sufficienti per scoprirla tutta. A noi è piaciuta e
ci siamo promessi di tornare a
viverla un’altra volta! Siamo
partiti dalla scuola
la mattina presto.
Anzi, erano le 3 di
notte. Una mia
compagna di classe,
però, non si è svegliata
in tempo, così ci ha
raggiunto in autostrada,
al primo autogrill. Siamo
arrivati a Bergamo verso le 7
e abbiamo fatto una fila
lunghissima per arrivare alla
porta d’imbarco. Il volo è stato tranquillo, io
guardavo un film (‘Fanboys’), altri giocavano a
carte, dormivano o facevano altro. Arrivati a
Berlino, un pullman ci ha accompagnato
all’ostello ‘Aletto’. A prima vista sembrava un
buco, ma dopo si è
trasformato in un posto
bellissimo, con le sue regole
però, che chiaramente
nessuno rispettava. Non
avevamo tempo da perdere:
la folla affamata di ragazzi, dopo aver lasciato le
valige in camera, si è diretta subito verso il cibo.
Alcuni si sono fermati in un chiosco di patatine e
wurstel, io, invece, sono andato insieme ad
altri ragazzi in una trattoria (a quanto pare
spagnola). Dopo aver riempito gli stomaci, via
con l’esplorazione della città! Il programma del
primo giorno prevedeva le visite ai monumenti
all’aperto, cioè la torre di Branderburgo e il
Memoriale all'olocausto, dedicato
alle persecuzioni anti-semite. Si
tratta di una
serie di massi
posti a diversi
livelli, che
dovrebbero far venire
l’angoscia: con me non
ha funzionato. Mentre
camminavo, ho notato
dei pannelli di luce,
posti in mezzo a quei
massi. Si vede che di
sera il monumento
viene illuminato, e con tutta questa luce che
esce da sotto dovrebbe essere veramente bello.
Purtroppo non abbiamo avuto l’occasione di
vedere questo spettacolo. Alla sera, stanchi, ma
comunque carichi, siamo andati a ballare al
Matrix. Non ho mai visto la prof. Maccagnani
ballare così, quelli che non sono venuti si sono
persi una scena memorabile! E così terminò la
prima giornata. Annotazioni dopo le prime 24
ore a Berlino; abbiamo notato tutti una cosa:
nonostante la città (almeno il centro) sia pulito,
ci sono pochissimi cestini! Il giorno dopo
pioveva. Abbiamo fatto vari giri della città,
camminando su per la via Unter den Linden,
visitando Reichstag, prendendo caffe sotto la
torre della televisione e visitando il Pergamon
Museum. Tutte le volte che ci fermavamo
davanti a qualcosa, eravamo sempre inseguiti
dalle spiegazioni della prof. Maccagnani. Il cibo
tedesco non ci gustava molto, perciò siamo
andati sul sicuro mangiando dal Mac, KFC e
Burger King, e, per digerire, abbiamo preso un
frappuccino da Starbucks. Nonostante i miei
tentativi di parlare in tedesco con chiunque, i
berlinesi, capendo che ero straniero, mi
rispondevano in inglese: così, però, non riuscirò
mai a impararlo! La sera del secondo giorno ci
siamo divisi: io e alcuni miei amici siamo andati
al Hard Rock Caffe, dove abbiamo preso delle
magliette, altri all'Irish Pub e terzi in un altro
locale. Il terzo giorno era relativamente bello:
ha smesso di piovere, ma anche il sole non aveva
fretta di venire fuori. Siamo andati all’East Side
Gallery, tutto ciò che rimane del famoso muro di
Berlino, che separava la città durante la guerra
fredda. Alcuni lavori erano belli, altri un po'
meno... Poi siamo tornati di nuovo sotto la torre
della televisione. Visto che il tempo lo
permetteva, un gruppo di cui facevo parte
anch’io è salito sopra la torre grazie a
un’ascensore super-veloce, per godersi il
panorama della città dall’altezza di 230 metri.
Altri, nel frattempo, si sono dati allo shopping.
I
In seguito siamo andati al
Neues Ägyptische Museum,
dove abbiamo visto la testa
di Nefertiti. A suoi tempi era
veramente una bella
donna... Anche quella sera
andammo a prendere la solita birra tutti
contenti. Abbiamo ascoltato una prestazione
stupenda di alcuni musicisti di strada, poi
abbiamo bevuto una birra e infine, siccome
eravamo stanchi e faceva freddo, siamo tornati
in ostello. Riguardo ai musicisti di strada, posso
dire che la città è piena di artisti del genere,
pronti a stupire o far divertire il pubblico. Noi a
Bologna abbiamo solo Carlo Spongano con la sua
Camilla… Il quarto giorno era dedicato solo agli
ebrei. Abbiamo fatto una visita al museo ebraico
e alla Sinagoga. Entrambi contengono i
documenti relativi alle persecuzioni ebraiche
durante il periodo nazista in Germania. La
Sinagoga è stata addirittura distrutta, però in
seguito venne ricostruita e oggi si può ammirare
la sua grande cupola d’oro. Il pomeriggio era
libero per lo shopping: abbiamo esplorato tutti I
negozi del Kurfürsterdam, e anche l'ultima sera
siamo andati al Matrix. L'ultimo giorno è stato
veramente bello. Prima di dire addio a questa
città abbiamo visitato il castello di
Charlottenburg. Questa per me è stata la visita
più bella di tutta la gita! Si tratta di un palazzo
barocco, regalato alla moglie Sophie-Charlotte
da Friedrich I (meglio noto come Federico
Barbarossa, re di Germania nel XII secolo). Gli
antichi mobili, i quadri e la “stanza delle
Alla fine abbiamo fatto un ultimo giro per gli
ultimi acquisti, poi siamo tornati all’ostello per
prendere il pullman. Un giorno ci torneremo,
tutti insieme! Berlino ci manchi!
(Dmitry Tungulin)
ECCO PERCHÉ HO SCELTO IL VELO
In occasione della Festa della Donna dell'8
marzo, abbiamo intervistato una nostra
compagna di scuola, Nadia El Fadil (5FL), su un
tema di cui non si parla spesso: l'emancipazione
delle donne musulmane.
Cosa pensi della donna musulmana che cerca
di emanciparsi?
Penso che sia un suo diritto nonché un suo
dovere, perché la donna non è inferiore
all'uomo, e questo concetto è chiaro anche nella
religione musulmana. Coloro che pensano che la
donna debba essere sottomessa, hanno
interpretato il Corano secondo i propri interessi,
come fa loro più comodo.
È stata una tua decisione portare il velo? Se sì,
qual è il motivo di questa scelta?
Sì, è stata una mia scelta portare il velo!
All'inizio i miei genitori, quando ho deciso di
indossarlo, erano perplessi perché temevano che
avrei incontrato difficoltà in una società
occidentale. Il velo è il simbolo della mia fede e
quindi portandolo mi sento più vicina a Dio.
porcellane” costrusicono
un’immagine unica della
corte tedesca. Fuori c’era un
grande giardino, che pure
con gli alberi spogli invitava
a fare un giro per le sue
stradine.
Sei mai stata discriminata dai tuoi coetanei per
il fatto che porti il velo come impone la
religione?
Assolutamente no. Fortunatamente non sono mai
stata discriminata per il fatto che porto il velo,
anche se all'inizio ho notato occhiatine
perplesse, che per fortuna sono state facilmente
Cosa pensi dei genitori o degli altri parenti che
costringono le ragazze a portare il velo fin da
piccole?
I genitori che obbligano le proprie figlie a
indossare il velo pensano di agire nel giusto, ma
dimenticano che di ogni gesto religioso ciò che
conta veramente è l'intenzione. Portare il velo,
insomma, dovrebbe
essere una decisione
individuale e
consapevole.
Sappiamo che vuoi
intraprendere gli studi
giuridici, che ne
pensano i tuoi genitori?
Non hai paura di essere
discriminata durante la
tua formazione?
Mio padre mi ha sempre
supportato nel
momento in cui facevo
una scelta importante.
Lo fa perché sa
benissimo che, se mi
imponesse qualcosa,
non la farei con il giusto impegno. Per quanto
riguarda la scelta degli studi giuridici, entrambi
i miei genitori sono d'accordo e mi approvano.
Infine no, non ho paura di essere discriminata,
perché non lo sono mai stata, e sinceramente
questa eventualità non mi è passata nemmeno
per l'anticamera del cervello. Inoltre per indole
tendo a dibattere, quindi penso che sarei in
grado di far valere le mie ragioni.
sostituite da
solide amicizie.
(Majda Chebakia e Soukaina Radi)
I LABORATORI DI PRODUZIONE VIDEO
Vorremmo segnalare i video realizzati negli ultimi tre anni all'ITC Rosa Luxemburg, durante i laboratori
di scrittura creativa e di video condotti da Silvia Storelli (regista di CrossingTV) attivati nell'ambito del
Progetto Seipiù promosso e finanziato dalla Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna .
SSSSS...!
a.s. 2007/2008
Riflessione poetica e provocatoria sul tema del
“silenzio” inteso come elemento necessario per
un buon dialogo. Vincitore del concorso
“Breaking Stereotypes” promosso dall'UNAR
(Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali)
LA MIA STANZA
a.s. 2008/2009
Riflessione per immagini e parole sul tema della
“mia stanza” intesa come il luogo in cui si vive,
ma anche come il luogo interiore delle emozioni.
BACKSTAGE DE LA MIA STANZA
a.s. 200/2009
Backstage tutto da ridere del video ‘La mia
stanza’.
L'ALBUM DEI RICORDI IMPOSSIBILI
a.s. 2009/2010
Video-album di immagini di ricordi impossibili,
mai realizzati ma molto desiderati. Parole e
immagini tratte dal web sono gli elementi
portanti di questo piccolo prodotto poetico, in
cui tutte le ragazze che hanno partecipato
svelano qualcosa di sè, a volte con ironia e a
volte con nostalgia e malinconia.
ALLA MIA ETÀ
‘Alla Mia Età’ è il quarto album ufficiale del
cantautore italiano, ormai famoso in tutto il
mondo, Tiziano Ferro. Questo album non ha
molto di nuovo rispetto agli altri precedenti, a
parte qualche suono più tendente all’r'n'b, ma
nulla che faccia cambiare di molto il classico
stile di Tiziano.
Ogni parola non è mai messa a caso, il che rende
il disco più intenso e profondo. Ferro nelle sue
12 tracce si avvale anche di qualche
collaborazione soprattutto a livello di
composizione dei testi: Ivano Fossati, Franco
Battiato, Laura Pausini, Diana Tejera, Billy Mann,
ma soprattutto non passa inosservato il duetto
con Kelly Rowland nella bonus track ‘Breathe
Gentle’ (versione inglese di ‘Indietro’), che
costituisce la tredicesima traccia dell’album. La
creazione appare come un viaggio all’interno
della vita del cantautore, una riflessione lunga
12 tracce nella quale Tiziano analizza la sua vita
da ventottenne (oggi ormai ne ha trenta, chissà
se questi due anni non gli abbiano fatto
cambiare idea?). Come al solito la fanno da
padrone quelle canzoni che tanto piacciono agli
innamorati, che parlano di amore, tradimento,
passione, ma soprattutto di vita nei suoi aspetti
più vari. Ogni tanto, devo ammetterlo, i suoi
pezzi fanno scendere qualche lacrima, grazie
anche alla leggera ambiguità dei testi che lascia
all'ascoltatore tante interpretazioni possibili di
un unico sfogo. Un chiaro esempio può essere la
stessa ‘Alla Mia Età’ che dà il nome all’album,
nella quale l’autore, sì, parla di riflessioni
esistenziali, ma l’intero testo potrebbe essere
adatto per raccontare un amore, magari non
corrisposto. Le tracce sono molto orecchiabili e,
cosa più importante, cantabili: penso che sia
proprio questo che abbia sempre caratterizzato
l’artista rendendolo famoso nonché di rilevante
importanza nel panorama della musica
commerciale italiana. Dopo questo album non
resta che consegnargli lo scettro della Pop Idol,
soprattutto grazie alle schiere di adolescenti che
trovano nelle sue canzoni uno sfogo o
semplicemente possono rievocare propri ricordi.
(Francesco Pio D'Apollo)
“Dopo questo album
non resta che consegnargli lo scettro della
Pop Idol soprattutto grazie
alle schiere di adolescenti che
trovano nelle sue canzoni uno sfogo o semplicemente
possono rievocare propri ricordi.
„
‘L'UOMO CHE VERRÀ’ DI GIORGIO DIRITTI
TRAMA
Inverno 1943. Martina, unica figlia di una povera
famiglia di contadini, ha 8 anni e vive a Monte
Sole. Qualche anno prima ha perso un fratellino
di pochi giorni, tra l’altro morto fra le sue
braccia, e da allora ha smesso di parlare. La
mamma rimane nuovamente incinta e Martina
vive nell’attesa del nuovo fratellino che nascerà,
mentre la guerra si avvicina e la vita diventa
sempre più difficile fra brigate partigiane e
l’avanzare dei nazisti. Poco dopo il bambino
senso del titolo ‘L’uomo che verrà’.
PERCHÉ ANDARE A VEDERLO
Per chi ha voglia di rivivere o finalmente
conoscere gli avvenimenti storici della strage di
Marzabotto, questo film tratta con delicatezza
sentimenti puri. Per chi vuole vedere un film
che, attraverso gli occhi di una bambina, ci
consegna una visione dolorosa, ma che lascia
anche un messaggio di speranza.
RECENSIONE
Le parole lasciano spazio alle immagini e alle
viene finalmente alla luce, ma
quasi contemporaneamente le SS
scatenano nella zona un
rastrellamento senza precedenti,
che passerà alla storia come la
strage di Marzabotto. Alla fine,
però, il bambino si salva, ed è qui
che lo spettatore capisce il vero
“Per chi ha voglia di
conoscere gli avvenimenti storici della strage di
Marzabotto
„
immagini e alle sensazioni, andando a
evidenziare l’umanità di coloro che in questa
guerra non hanno voce. Il regista sceglie lo
sguardo puro di questa bambina, Martina, per
raccontare la sua versione della strage di
Marzabotto, l’eccidio di centinaia di civili da
parte delle truppe naziste ai danni degli abitanti
di Montesole, un paesino a pochi chilometri da
Bologna. I bombardamenti avvengono nelle
grandi città, ma la guerra arriva anche nelle
zone più nascoste a causa della feroce
contrapposizione tra i nazisti e i partigiani.
Martina assiste stupefatta a ciò che le accade
intorno, rendendosi conto sempre di più
dell'orrore della guerra. In una guerra a
rimetterci
LA STRAGE DI MARZABOTTO
Marzabotto è un piccolo comune della provincia di Bologna. È noto ai più per la cosiddetta "strage di Marzabotto", e, per chi non si ricordasse i fatti, ecco un breve sunto di cosa accadde.
Seconda Guerra Mondiale. Nel settembre del 1944 le forze alleate riescono a sfondare la linea difensiva organizzata dai tedeschi che tagliava in due l'Italia, da Massa-Carrara a Pesaro, e giungono nei pressi delle colline di Monte Sole, a sud di Bologna. Contemporaneamente in quella zona opera la Brigata Partigiana ‘Stella Rossa’, composta da ben 800 uomini, che sta dando molti fastidi ai nazisti. Questi ultimi decidono di reagire, sia per gli attentati compiuti dai partigiani, sia per impedire loro di ricongiungersi con gli alleati. Così le SS entrano in azione: la mattina del 29 settembre del 1944, quattro
sono sempre i poveracci, e per questo penso che
il regista abbia voluto guardare il conflitto con gli
occhi dei contadini, cercando la realtà a partire
dal contesto. Infatti, la lingua del film è il
dialetto bolognese, (per fortuna c’erano i
sottotitoli). Il film copre i nove mesi antecedenti
l’orribile rastrellamento, che sono anche i nove
mesi di gravidanza della mamma di Martina, che
porta con sé un po’ di speranza in una vicenda
così dolorosa. Il regista, soprattutto, ha evitato di
affibbiare colpe e di lanciare condanne,
preferendo parlare solo di soldati e partigiani. Io
invece avrei preferito sentire il parere del regista
reparti delle truppe naziste, comprendenti sia SS che soldati della Wermacht, accerchiano e rastrellano il territorio tra le valli del Setta e del Reno, utilizzando anche armamenti pesanti. Quindi, nelle frazioni di Panico, di Vado, di Quercia, di Grizzana, di Pioppe e nella periferia di Marzabotto, iniziano a uccidere e bruciare tutto quello che trovano sul loro cammino; questa manovra viene invano contrastata dai partigiani, che non dispongono né di armi, né di uomini sufficienti per reggere il confronto. La conseguenza, infatti, fu che al termine del conflitto il bilancio era di 770 civili massacrati, di cui la maggioranza donne e bambini. Le operazioni dei nazisti continuarono per sei giorni colpendo dapprima la frazione di Casaglia di Monte Sole, poi Caprara di Marzabotto, e continuando in tutte le località della zona.
nel film, avendo, così, il parere di un uomo oggi.
Peccato anche che Diritti abbia scelto di chiudere
la storia della sua piccola eroina nel modo più
scontato possibile, sottolineando la speranza che
c’è nella vita ancora tutta da vivere di
quell’uomo che, appena nato, verrà.
(Luigi Lisi)
La strage di Monte Sole, più comunemente ricordata come la "strage di Marzabotto", (il comune più grande, oggetto della rappresaglia) è stata la più feroce nella storia criminale compiuta dai nazisti in Italia. È difficile essere sicuri del numero esatto delle vittime, ma sembra che al termine delle operazioni in tutte le località i morti siano stati più di 1800, con un numero altissimo di ragazzi e bambini.
(Roberto Hu)
“La strage di Montesole è stata
la più feroce nella storia criminale compiuta dai nazisti
in Italia
„
GENITORI & FIGLI: AGITARE BENE PRIMA DELL'USO
Questo film mette a confronto diretto il mondo degli adulti e quello dei giovani e, la maggior parte delle
volte, questo incontro si trasforma in uno scontro. La protagonista è Nina, una ragazzina di 14 anni. Tutto
inizia quando una mattina il suo professore d'italiano, Alberto (Michele Placido), dopo aver litigato
furiosamente la sera prima con il figlio Gigio, assegna alla classe un tema del titolo ‘Genitori e Figli:
istruzioni per l'uso’. Nina utilizza
“Questo film mette a confronto diretto il mondo degli adulti e quello dei giovani e,
la maggior parte delle volte, questo incontro si trasforma in uno scontro
„
della sua famiglia come mai
Luisa e Gianni e delle loro
queste liti spesso Nina
divertente, che al posto delle
un’infinità di numeri. Ma Nina
dell’inspiegabile razzismo del
accumulato una forte aggressività
stranieri; racconta dei tradimenti
lei stessa a scoprire, vedendo la
nascosta nella barca da pesca
profonda tra la madre e il suo
Soprattutto Nina racconta di sé:
questa occasione per parlare
aveva fatto: dei due genitori
continue discussioni. Durante
s’immagina, per rendere la cosa
parole vengano pronunciati
non si ferma qui: racconta anche
fratellino Ettore, che ha
verso i suoi compagni di classe
reciproci tra i due genitori che è
migliore amica della madre
e assistendo ad una lite molto
collega d’ospedale. Ma
Delle sue amiche, della prima
serata in discoteca, delle uscite con i ragazzi più grandi, delle liti con gli adulti e del suo primo
innamoramento per Patrizio, il bullo della scuola che sembra duro, ma che in realtà è imbranato e
terribilmente dolce ed ha un soprannome molto buffo, Ubaldolay. Nina è sorpresa da una serie di continue
emozioni e paure tipiche delle adolescenti della sua età, come la voglia di cambiare, di fare l’amore per
la prima volta, ma nello stesso tempo la paura di quel momento tanto atteso e desiderato. Un forte
appoggio, però, lo trova nella nonna ricomparsa all’improvviso dopo vent’anni, che le consiglia e la
rassicura diventando, in poco tempo, la sua migliore amica. Il professore, dopo aver letto il tema di Nina,
rimane sorpreso perché capisce quante siano
le cose che gli adulti non conoscono degli
adolescenti. Le cose più importanti che
Alberto scopre dal tema di Nina riguarderanno,
però, il figlio Gigio, cose che, in vent'anni, non
aveva mai nemmeno sospettato.
(Sheela Stanzani)
FILM IN STREAMING: GRATIS SUL TUO COMPUTER
In questo secondo articolo parlerò di come guardare al computer qualsiasi film si voglia.
Per capire bene l’argomento è importante sapere cosa significhi guardare un film in
streaming: in poche parole, i contenuti audiovisivi del film vengono compressi e
memorizzati su un server come file. Un utente può richiedere al server di inviargli i
contenuti senza scaricarli per intero sul PC, ma trasmettendoglieli e riproducendoli man
mano che giungono a destinazione durante la connessione in rete: da qui il nome
streaming (dall'inglese stream, corrente). Il sito che vi consiglio questo mese è
www.4streaming.com, che, come dicevo, vi permette di vedere qualunque film. La
pagina principale è molto semplice, basta digitare il nome del film da vedere nello
spazio “Cerca un film” e cliccare “Go” . A quel punto, se il video è presente
nell’archivio del sito, vi si aprirà una nuova pagina, e basta un click sull’immagine della
copertina del vostro film per iniziare la visione in streaming. Vi sembra tutto troppo
facile e non ci credete? Provate!
(Andrea Bellei)
‘Metro 2033’ è uno sparatutto particolare, che nasce da un interessante esperimento letterario sviluppatosi su internet: la storia è ripresa dall'omonimo romanzo di fantascienza di Glukhovsky, sulla lotta per la sopravvivenza in una Russia devastata da una guerra atomica.
Il gioco presenta le stesse ambientazioni del libro e una trama di grande atmosfera, e questo anche grazie allo scenario alquanto originale in cui è ambientato (la metropolitana di Mosca dopo l’esplosione della bomba, per intenderci).
Azione ed esplorazione sono i punti di forza di questa produzione, che appassiona per la sua originalità e cura grafica decisamente sopra la media. Addentrarsi nei tunnel di cui sono composti i livelli è un esperienza da provare. L’unico difetto? È cortissimo.
È simile a: Fallout 3Voto: 8/10
(Riccardo Amenduni)
IL LUOGO RITROVATO
Sentire il profumo di una bambola nuova mi ricorda il mio
entrare nella stanza d'infanzia, la mia camera azzurra che
aveva lungo le pareti, vicino alla finestra, i disegni di mia
sorella, un lungo armadio con dentro vesti per bambine di sei
anni, due lettoni vicini con una coperta viola. Poi, uscendo
da questa camera di bambole, sentivo il profumo dei panni
appena lavati, e ricordo i momenti in cui mettevo
segretamente i vestiti delle bambole in mezzo agli altri da
lavare, in modo che mia madre non ne sapesse niente...
Uscendo dal bagno, sentivo odore di bruciato, e senz'altro era
mio padre in cucina. Cambiavo rotta e andavo in cucina,
sentivo il chiasso della tv e una voce che urlava: “Abbassa il
volume!”. Allora mi giravo di nuovo, e mi rimaneva solo il
balcone da cui potevo vedere il cielo nero stellato.
(Amina Muraina Folarin)
Davanti al palazzo dove abitavo, c'ero io con tanti vicini ed
amici. C'erano due panchine all'entrata, una da una parte e
una dall'altra. Erano piene di gente che faceva cose diverse,
per esempio uno parlava al telefono, due parlavano tra di
loro, uno dormiva appoggiato a chi gli stava accanto, un altro
guardava il bel sole che c'era in quella giornata. Poi c'erano
altre persone in piedi che saltavano la corda
oppure altre che giocavano a carte sul prato
verde pieno di fiorellini di tutti i colori. Io ero
tra quelli che saltavano la corda, ero molto
felice ed entusiasta di saltare, perché,
insomma, ero la più brava. Quelli che
giocavano a carte erano più grandi, perché
quando uno perdeva, gli altri gli davano una
punizione come, per esempio, baciare una
ragazza... Insomma, cose da grandi, a cui io a
quell'età non pensavo neanche. Il luogo dove
eravamo tutti era il punto d'incontro di ogni
giorno. Davanti al palazzo c'erano dei begli
alberi fioriti e i ragazzi per punizione ne
rompevano i rami da regalare poi alla gente
che passava di là, ma lo facevano sempre per
scherzo. Però venivano sgridati dai genitori
che stavano guardando dalla finestra, e un
ragazzo era stato addirittura chiamato in casa
dalla madre per le cose brutte che faceva, e io
ci godevo tanto, perché quel ragazzo non mi
stava tanto simpatico. Alla fine di tutto era
una piacevole giornata.
(Simona Avasilichioae)
La casa dell’infanzia: era troppo bello abitare
laggiù, sentire il fresco di tutte le mattine era
veramente una dolcezza. Sentire tutti i
bambini giocare nel piccolo paesino mi
entusiasmava, il silenzio della sera mi
tranquillizzava, gli ululati dei cani nella notte
mi impaurivano, e adesso, ritornandoci tutte
le estati, quel luogo mi fa ricordare tutto questo:
i momenti belli dell’infanzia e tutte le cavolate
che facevo da piccola.
(Raluca Ana Maria Balan)
Quando io e i miei cugini ci trovavamo a Las
Grutas, una città di mare, uscivamo ogni giorno
della settimana, in discoteca, in localini, in
mercatini notturni e anche nel parco giochi con
le giostre. In quello stare insieme provavo una
sensazione di rassicurazione che non ho più
ritrovato. Quando tornavamo tardi a casa dai
nostri nonni non c'era neanche una lucina accesa
in quel piccolo salotto dove mia zia ci preparava
accuratamente i quattro letti tutti appiccicati.
Stare insieme la sera raccontandoci stupide
favole e facendo giochi che mi facevano ridere a
squarciagola in quel salotto, mi ricorda una bella
sensazione di felicità. Poi al mattino ci
svegliavano i nostri nonni per pranzo. Ci
avviavamo verso il mare lungo un grande
stradone semideserto di piante, ma totalmente
grigio per la terra e le pietre. C'erano anche
molti hotel con grandi piscine e bellissime
macchine che sostavano nei parcheggi. Ci
portavamo dietro anche mia nonna, che ci
preparava i panini in spiaggia, e anche la palla da
calcio. Giocavamo in spiaggia, e solo quando
c'era il temporale, la sabbia era color ocra e le
pareti che cingevano la spiaggia, anch'esse fatte
di sabbia, formavano delle piccole grotte, dove
non entravamo mai, poiché mia nonna diceva che
non era un bel posto.
(Milka Chasco)
Ricordo la nauseante sensazione che mi
provocava quel luogo, che emanava
costantemente quel fastidioso odore di
sigaretta. Le scale da percorrere che lo
precedevano erano circondate da innumerevoli
cianfrusaglie appoggiate sui gradini.
Attraversandoli potevi notare gli accumuli di
polvere che si nascondevano tra gli angoli.
Quante volte ho assaggiato quel sapore
inesistente della polvere durante tutte le mie
insistenti e perenni cadute su quelle scale!
Risento ancora il rumore stridulo della mia
voce urlante accompagnata da singhiozzi, che
invocava il nome “mamma”. Continuando il
percorso, arrivo allo sgabuzzino. Quel luogo mi
procurava una strana sensazione di mistero.
Era formato da alti e impolverati armadi, i
quali contenevano qualsiasi cosa. Sulla destra
si trovava il lavello e affianco c'erano
appoggiate al muro numerose sedie di legno,
ricoperte da una vernice rossa, ma ormai
sbiadita e consumata, che toccandole
rimaneva tra le dita. Gli armadi erano
ricoperti da teli bianchi che io avevo paura di
toccare: immaginavo sempre che fosse proprio
lì che si nascondessero i mostri. Sulla loro
sinistra si trovava una porta di legno, anche
questa ricoperta da una vernice ormai
consumata. Uscendo dalla porta c'era un
immenso terrazzo costruito con mattonelle a
pois bianchi e marroni. Ricordo la sensazione
fastidiosa nel camminare a piedi nudi su quelle
mattonelle. Il terrazzo era vuoto e per me
quello era il mio luogo dei divertimenti dove io
e i miei cugini inventavamo spassosi giochi. La
cosa che amavo di più di quel luogo era la
vista che ci poteva osservare da quell'altezza.
(Alice Tagliavini)
Ricordo il rumore della porta che si appoggiava
contro il muro e le lunghe scale illuminate dalla
luce che arrivava da quella piccola finestrella
dietro l'angolo. Sento subito l'odore di muffa e di
legno tagliato. Giro a destra e mi ricordo di quel
giardino dove spesso inciampavo, alzo il piede e
lo evito. Accendo la luce, e subito noto davanti a
me l'enorme cuore che regalarono ai miei
genitori quando si sposarono, di cui mi
raccontarono tante volte. Proprio lì di fianco
vedo lo scaffale che una volta era pieno di
bottiglie di conserva fatta da mia nonna, ma ora
c'è solo polvere, anche se quell' odore riesce
sempre a ricordarmele. Nell'altra stanza il mio
sguardo viene attratto da quella finestra in cui,
quando pioveva, l'acqua entrava da una piccola
fessura. Proprio lì di fianco, l'armadio spalancato
con tutti gli addobbi natalizi: ogni Natale,
quando torno a prenderli, è come se tornassi
piccola, e rivivo quei giorni passati con mio padre
e mia sorella a giocare.
(Martina Gardeni)
Sembrava proprio la classica villa in campagna
dei film, o meglio, lo sembrava anni prima, ed io
potevo saperlo dalle fotografie. Fortunatamente
sono riuscita a vivere alcuni anni lì, i primi per
me e gli ultimi per quella grande casa. Ricordo
proprio la casa con quella torretta in pietra che
mi ha sempre incuriosito, la porta piccola piccola
da cui non sono mai passata. Infatti l'ingresso
più utilizzato era a fianco della grande casa,
una porta di legno massiccio, larga e alta,
dava l'idea di entrare in un castello, e ai miei
occhi è sempre irremovibile, se era chiusa
rimaneva chiusa, se era aperta rimaneva
aperta. Il grande spazio davanti a casa era
cosparso di ghiaia sulla quale le mie ginocchia
al solo pensiero ancora piangono, ma quello
che mai scorderò è l'immagine della natura che
la circondava, dove io mi perdevo a giocare
soprattutto da sola. Prima di tutto c'era un
enorme vecchio salice piangente, che ancora
oggi mi fa pensare al cartone animato di
Pochaontas, poi, tra cespugli, arbusti, rose ed
erba alta, spiccavano dei mazzi di fiori alti
circa come me, di un colore giallo sgargiante
da sembrare finti. Era quell'insieme, quella
natura incontaminata, i colori e la pace, che
accompagnavano i miei pomeriggi lì. Ed ora a
pensarci mi sembra ancora di essere lì, con i
pantaloncini corti e le ginocchia sempre
sbucciate, immersa in quel verde in cui ogni
cosa era più alta di me, e nonostante questo io
mi sentivo sicura perché ero al mio posto, con
il mio albero, il mio cespuglio, il buco scavato
nel fango, le mie ortiche a cui mi dovevo
avvicinare. Era il mio giardino segreto, in cui
ogni elemento aveva un grande valore che
poteva cambiare ogni giorno e so, purtroppo,
che oggi non darei lo stesso valore a quelle
cose, che comunque resteranno sempre nei
ricordi della mia infanzia.
(Chiara Bartolotti)
La strada di campagna di mio nonno: per arrivarci
devo fare un chilometro a piedi, quel chilometro
che una volta era il mio incubo peggiore, mentre
adesso non ci faccio più caso. Tutto sembra
diverso, ma nello stesso tempo è rimasto uguale.
La strada di cemento consumata è uguale, le
case vecchie sono uguali, i portici, gli alberi,
l'odore, le sensazioni vissute, tutto è rimasto
uguale. Mancano soltanto le persone. I bambini
con cui giocavo una volta sulle strade ormai sono
cresciuti, e non si vedono più dai nonni, le
persone anziane non hanno più la forza di uscire
fuori a fare delle commissioni, i negozi sono quasi
vuoti. Non c'è più quella sensazione di amicizia
con i vicini, in cui sapevi tutto di tutti. Le grida
dei bambini che correvano per le strade, la
necessità di andare la domenica al mercato
(l'unico del paese), luogo di incontro, di amicizia
e solidarietà. Piano piano sparisce tutto. La
strada-ricordo di quei momenti felici.
(Natalia Dragoman)
Inverno. Andando verso il mio paese d'origine,
tornando alla mia infanzia, guardo con nostalgia
il cielo e penso ai miei parenti e ai miei amici:
chissà cosa diranno quando mi rivedranno dopo
quasi tre anni. Magari farò loro impressione,
forse perché sono ingrassata o dimagrita... Un po'
buffo, vero? Comunque, sono le h 23.00. Sono
ferma (col treno? Col pullman? Con la macchina?)
a Sibiu, una città che non ricordo di aver visitato,
ma che mi ricorda un momento brutto: mi stavo
congelando dal freddo, il pullman non arrivava
più, dovevamo partire per Bicaz, là dove ho
vissuto più di nove anni. Arrivata là, c'era tutta
la neve e faceva un freddo cane. I miei amici
non sapevano ancora niente del mio arrivo. Il
giorno dopo, sono uscita e sono andata in
centro. I miei amici sono rimasti a bocca
aperta per la sorpresa di rivedermi dopo tanti
anni. A Natale siamo stati tutti insieme e ci
siamo divertiti... Perché a Bicaz, con i miei
amici e parenti, ci si diverte sempre.
Laura Iulia Comonita
(Alice Tagliavini)
LO SPAZIO GIOVANI DI BOLOGNA
A Bologna esiste lo Spazio Giovani dell'Ausl dove ragazzi e ragazze fino ai 20 anni possono andare in
maniera gratuita per qualsiasi richiesta di informazione o di aiuto che riguardino:-
●la salute fisica (la crescita, l'acne, i problemi con il cibo, i problemi di peso)
●la salute psicologica (problemi in famiglia, a scuola, con gli amici, con il partner o con se stesso/a)- la
sessualità
●come evitare gravidanze indesiderate (contraccezione ed interruzione volontaria di gravidanza)
●come affrontare una gravidanza
●come evitare o curare una malattia sessualmente trasmessa
●uso e abuso di sostanze (alcol e droga)
Allo Spazio Giovani si può andare da soli, in coppia o in compagnia di amici o di familiari.
Il servizio è gratuito e garantisce la riservatezza.
Per accedere al servizio ci si rivolge agli operatori, direttamente o per telefono, nei giorni di apertura.
Indirizzo: Via S. Isaia 94/a Scala A, 3°piano
Città: 40100 Bologna
Telefono: 051 6597217
Orari: dal lunedì al giovedì 14.00-18.00
Non ne siete ancora convinti?
Date un'occhiata alla foto qui a
destra, allora. Questa sorridente
ragazza ora insegna nella nostra
scuola.
Se avete capito di chi si tratta
mandate la risposta col nome
della persona nella foto ed il
vostro a questo indirizzo:
Chi fra voi sarà più svelto vincerà
una colazione, ovviamente
offerta dalla “ragazza” della foto
e la possibilità di realizzare
un'intervista sul suo passato da
studentessa.
SONO STATI GIOVANI ANCHE LORO...
Ebbene sì, che ci crediate o no, anche i professori del Rosa Luxemburg un tempo sono stati baldi (e
vivi) giovani.
direttore responsabile: prof. Paolo Bernardi
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(CrossingTV)
coordinamento: prof.ssa Graziella Giorgi
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