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1 ROBERTO CAPUCCI La ricerca della regalità Reggia di Venaria Reale (TO), 22 marzo – 8 settembre 2013 a cura di Massimiliano Capella Indice Introduzione alla Mostra 2 Biografia di Roberto Caoucci 4 Antologia critica 5 Roberto Capucci. L’abito regale come forma d’arte – Massimiliano Capella 7 Pannelli di sala e didascalie delle opere 13

ROBERTO CAPUCCI La ricerca della regalità...di tutte la visione di un’eleganza oltre la moda di Capucci, da lui stesso definite “donne di carattere che non seguono la moda, trovano

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ROBERTO CAPUCCI La ricerca della regalità

Reggia di Venaria Reale (TO), 22 marzo – 8 settembre 2013

a cura di Massimiliano Capella

Indice

Introduzione alla Mostra 2 Biografia di Roberto Caoucci 4 Antologia critica 5 Roberto Capucci. L’abito regale come forma d’arte – Massimiliano Capella 7 Pannelli di sala e didascalie delle opere 13

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Introduzione alla Mostra La Reggia di Venaria inaugura un’inedita mostra che celebra il genio creativo di Roberto Capucci (Roma, 1930) con un’attenzione speciale ad uno dei temi più cari al maestro della moda: la ricerca della regalità. Regalità intesa come resa solenne dell’abito, comune a tutta la produzione del maestro della moda Capucci dagli anni cinquanta ad oggi, dagli abiti da giorno e da gran sera, dalle creazioni per il palcoscenico a quelle per le cerimonie istituzionali e religiose, fino ai grandiosi abiti scultura appositamente ideati per le esposizioni museali. Roberto Capucci. La Ricerca della Regalità, allestita nelle Sale delle Arti della Reggia dal 23 marzo all’8 settembre 2013, ripercorre in 50 creazioni, 32 illustrazioni e bozzetti, video e testimonianze la predisposizione di Roberto Capucci all’ideazione di abiti dal sapore regale, riscontrabile sin dal suo debutto ufficiale in un contesto ricco di cultura e aristocrazia, la nascita a Firenze nel 1951 dell’alta moda italiana. Oriana Fallaci, in occasione delle sfilate fiorentine nel luglio del 1952, sottolinea come “il fior dei sorrisi e degli applausi è toccato alla rivelazione di questa “Fashion Show”...che ha presentato una sorprendente collezione: Roberto Capucci...Robertino ha portato alla mostra una collezione fresca e scanzonata di tailleurs...abiti di seta fabbricata a telaio, stretti e corti, con una incredibile coda di stoffa...fastosi mantelli double face, pieghettati, regali”. In mostra, della collezione tanto acclamata dalla Fallaci, è esposto l’abito da sera in taffetas color prugna con ampia e arricciata coda, immortalato nel suggestivo servizio fotografico di Milton H. Greene e acquistato dalla principessa Elvina Pallavicini che, a partire dal 1952, apre la strada a donne, primedonne e clienti dell’aristocrazia, definite da Irene Brin le “capuccine”, capaci di assecondare più di tutte la visione di un’eleganza oltre la moda di Capucci, da lui stesso definite “donne di carattere che non seguono la moda, trovano l’abito o il colore che sta loro bene, hanno il coraggio di non cambiare più”. La mostra ripercorre in quattro sezioni tematiche il rapporto tra Capucci e la regale eleganza femminile con creazioni che illustrano una visione artistica della moda. Spose regine presenta la regalità esibita dal maestro nelle creazioni per spose leggendarie, dove l’invenzione di volumi, linee, fogge e l’abbinamento di colori e tessuti raggiunge vertici inarrivabili. Tra le creazioni più celebri e spettacolari in questo ambito si devono ricordare quelle per Daniela e Patrizia Memmo, le sorelle Valentina e Clara Nasi, la marchesa Polissena di Bagno, la marchesa Costanza di Canossa, la principessa Maria Pace Odescalchi e, andando oltre la committenza, due esempi assoluti: l’Abito da sposa Tiepolo del 1992, ispirato al celebre affresco di Giambattista Tiepolo La continenza di Scipione del 1743-44, nella villa Cordellina Lombardi di Montecchio Maggiore a Vicenza, e l’Abito da sposa Rosso, in due toni di rosso di mikado di seta, presentato nel 2009 a Venezia a Palazzo Fortuny. Arte e Natura nella ricerca della regalità presenta abiti scultura nati in momenti centrali nella carriera di Capucci, frutto dell’attenta osservazione e dello studio dell’architettura e degli elementi della natura. L’arte e la natura si affiancano, in modo particolare dal 1968 in seguito al suo rientro a Roma da Parigi, nella ricerca di una moda oltre la moda e, in mostra, sono presentati alcuni esempi emblematici: dall’Abito dorico, in raso beige modellato come una colonna con cinta di foglie, a Capitello corinzio, in charmeuse plissé beige con corpino ricoperto di foglie verde-oro stile capitello corinzio; fino all’Abito a foglie d’oro del 1992, modellato sui raffinati esempi di scultura a bassorilievo e sui mosaici dell'arte bizantina. Altri esempi di creazioni artistiche di moda non destinate ad essere indossate e rivolte a contesti espositivi e museali, svincolate pertanto dall’annosa questione della loro portabilità, sono le 12 Architetture in Tessuto del 1995 ispirate alla natura create per l’Esposizione Internazionale di Arti Visive. La Biennale di Venezia e l’Abito scultura Vittoria Alata, omaggio che Capucci riserva nel 2011 alla Vittoria Alata. Inedita, rispetto ad altre proposte espositive dedicate al lavoro di Capucci è infine la sezione Donne, primedonne e nobildonne che presenta storie dal sapore leggendario, dal rapporto a distanza di Capucci con Marilyn, a quelli diretti e amicali con Silvana Mangano, Valentina Cortese, Raina Kabaivanska e Rita Levi Montalcini. Con cinque capolavori realizzati tra il 1952 e il 1992 si ammirano le presenze maestose per la Kabaivanska e la Cortese e quelle lineari e semplici per Silvana Mangano e per la professoressa Rita Levi Montalcini, quest’ultima ricordata con l’abito creato per la consegna del premio Nobel per la medicina a Stoccolma il 10 dicembre 1986. Non si tratta di un abito creato per una principessa, per una regina del palcoscenico o per omaggiare un’opera d’arte, bensì di un abito ideato per una scienziata. Roberto Capucci

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ricorda che l’abito, con pannelli in velluto verde smeraldo, blu zaffiro e rosso rubino, è stato pensato per la figura esile, magrissima della professoressa Levi Montalcini e che in quell’occasione non avrebbe dovuto vestire una principessa ma un grandissimo personaggio. “Realizzai un abito lungo con un pochino di strascico dicendole: Professoressa, lei sarà l’unica donna che riceve il Nobel in mezzo a tanti uomini in frac. Quando lei si alza deve essere la regina della sera. Lei era molto titubante, perchè non aveva mai messo un abito lungo e non era andata mai in una sartoria. Guardò la coda e disse: “Se lei me l’ha fatta io la porterò”.

Massimiliano Capella curatore della mostra

Storico dell’arte e della Moda

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Biografia di Roberto Capucci Roberto Capucci nasce a Roma il 2 dicembre 1930. Frequenta il Liceo Artistico e l'Accademia di Belle Arti dove studia con i maestri Mazzacurati, Avenali e de Libero. Nel 1950 apre in via Sistina il suo primo atelier e nel 1951 presenta per la prima volta le sue creazioni presso la residenza di Giovanni Battista Giorgini a Firenze, inventore della moda italiana. A soli 26 anni è giudicato il miglior designer della moda italiana, particolarmente apprezzato da Christian Dior, e nel 1958 crea la Linea a scatola, autentica rivoluzione dal punto di vista tecnico e stilistico. Per questa proposta innovativa il 17 settembre 1958 riceve a Boston l’Oscar della Moda (Filene’s Young Talent Design Award) quale migliore creatore di moda insieme a Pierre Cardin e James Galanos, e nel 1961 viene accolto in modo entusiastico della critica francese per le sfilate parigine nel calendario della Chambre Syndacale de la Mode che lo portano ad aprire nel 1962 un suo atelier al n. 4 di Rue Cambon a Parigi. Nel 1968 rientra in Italia nell’atelier in via Gregoriana a Roma dove presenta le sue collezioni nel calendario della moda organizzato dalla Camera Nazionale dell'Alta Moda e, nello stesso anno, disegna i costumi per Silvana Mangano e Terence Stamp per il film Teorema di Pier Paolo Pasolini. Nel luglio del 1970 presenta, per la prima volta, il suo lavoro in un museo, a Roma nel ninfeo del Museo di Arte Etrusca di Villa Giulia, con una collezione che rivoluziona la tradizione delle sfilate, con modelle che indossano stivali con tacco basso, senza trucco e con i capelli al naturale. Incomincia la grande sperimentazione con l’inserimento nelle sue collezioni di elementi decorativi rigidi e strutturali, materia ricca e povera, tessuti pregiati, sassi e paglia. Nel 1980 Capucci si dimette dalla Camera Nazionale della Moda e decide di presentare le sue collezioni come personali d’artista, realizzandole quando si sente pronto, senza seguire né scadenze né calendari. Con la mostra Roberto Capucci l'Arte Nella Moda - Volume, Colore e Metodo del 1990 in Palazzo Strozzi a Firenze inizia la sua stagione espositiva e viene accolto con grandi elogi sia dalla critica, sia dal pubblico nei musei più importanti del il mondo, tra cui il Kunsthistorihsches Museum (Vienna), il Nordiska Museet (Stoccolma), il Museo Puskin (Mosca) e il Museum of Art di Philadelphia. Nel 1995 viene invitato a presentare le sue creazioni all’Esposizione Internazionale di Arti Visive. La Biennale di Venezia, nell’edizione del centenario 1895-1995. Nel 2005, con l' Associazione Civita, crea la Fondazione Roberto Capucci con lo scopo di preservare il suo archivio che consta di circa 650 abiti storici, 300 illustrazioni firmate, 22.000 disegni originali, una rassegna stampa completa e una vasta fototeca e mediateca. Nel 2007 apre a Firenze nella Villa Bardini il Museo della Fondazione Roberto Capucci all’interno del quale vengono organizzate mostre e un’intensa attività didattica. Roberto Capucci è considerato uno dei più grandi designer del XX secolo.

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ANTOLOGIA CRITICA “Il giovane Roberto Capucci, che conobbe improvvisamente il successo durante lo show dell’anno scorso, presenta una bellissima collezione ricca di idee, di colore, di audacia. È possibile che certi modelli non rispondano al desiderio degli americani, ansiosi, in Italia, di trovare abiti belli e facili, ma questa è veramente moda”. (Nietta Veronesi in L’Illustrazione Italiana, agosto 1952) “...le donne più eleganti d’Italia e del mondo andavano a farsi vestire da lui, da Marella Agnelli e Domietta Hercolani, da Doris Duke a Nicoletta Theodoli, e lui poteva permettersi di rifiutare le attrici perché “raramente le attrici hanno classe e anche quando ce l’hanno vogliono esaltare i fianchi e il seno mentre a me le donne piacciono magre, piccine, con fianchi che non si vedono, il seno meno glorioso possibile”. (Oriana Fallaci, in Il Traditore con le forbici, “L’Europeo”, 17 dicembre 1961) “Quel gioco di bianchi e neri ottenuto con un materiale come il raso dalla luminescenza violenta e chiaroscurale è una soluzione talmente originale da poter essere collegata a certi geniali espedienti compositivi di Veermer...” (Gianluca Bauzano in Roberto Capucci. Creatività al di là del tempo, Milano 2001) “Come le statue-ritratto romane, concepite portatrici di un volto ben individuato, così gli abiti di Capucci appaiono a volte tanto esasperatamente plastici proprio in funzione del busto di cui diventano elaboratissima base. Spalle, collo viso e testa, in una lettura dal basso verso l’alto, sbocciano nelle forma armoniose dei busti del Quattrocento, e ciò giustifica quei modelli nei quali dalla vita spuntano cespi di erbe, e di fiori con il risultato di metamorfosi in ninfe, primavere, o pastorelle settecentesche”. (Carlo Bertelli in Roberto Capucci. Creatività al di là del tempo, Milano 2001) “In Capucci non si leggono le variazioni frenetiche delle tendenze: c’è invece una continuità stilistica che rende difficile datare esattamente un suo abito. Se per altri si può parlare di moda, per lui si può al massimo parlare di scuola come si fa con la pittura. Dietro le sue creazioni c’è un’unica continuità estetica libera dalle influenze del gusto; mentre c’è chi si ispira un anno all’Egitto e un anno al Giappone, Capucci si ispira sempre a Capucci. Come per Tiziano, si può parlare al massimo di un Capucci giovane e di un capucci maturo. Come accade per le tarsie, le pietre dure, le vetrate, le porcellane, i suoi abiti stupiscono e chiedono di essere toccati. Questo per dire che Capucci, grandissimo fra tutti i sarti, non appartiene alla sartoria ma all’arte”. (Franco Maria Ricci in Luxe, calme et volupté, Milano 1993) “Roberto Capucci è la conferma del detto di William Morris (1834-1896): “C’è un artista in ogni artigiano e un artigiano in ogni artista”. Senza “mestiere” non si lavora, ma senza la scintilla del genio non si crea bellezza”. (Kristen Aschengreen Piacenti in Roberto Capucci. L’Arte nella Moda. Volume, Colore, Metodo, Milano 1990) “Dice una leggenda della Moda che Capucci non crea i suoi abiti per venderli. Ed è vero. In lui, le esigenze creative prevalgono indiscutibilmente sulle soddisfazioni commerciali. Un’altra leggenda (falsa) ha accreditato l’idea, invece, che le sue creazioni siano “importabili”. Ben pochi, però, riuscirebbero a confutare il fatto che questi abiti straordinari sappiano suscitare autentiche emozioni nelle donne che li indossano e profonda ammirazione in chi li osserva. E la ragione è assai semplice. Capucci sa di quale stoffa siano fatti i sogni”. (Massimo Di Forti in Roberto Capucci. L’Arte nella Moda. Volume, Colore, Metodo, Milano 1990) “Artista? Sarto? Stilista? Resistiamo alla tentazione di incasellare Capucci in questa o quella definizione. È un esercizio di vano nominalismo, cui sfugge la vera sostanza del suo lavoro, che è un unicum e, in quanto tale, non può trovare collocazione soddisfacente in nessuna delle categorie esistenti. Ciascuna delle etichette, inevitabilmente, lascia fuori un aspetto, spesso determinante. Tanto vale quindi rassegnarsi al fatto che Capucci è Capucci. Indefinibile, incomparabile, inimitabile: una leggenda”. (Raffella Sgubin, in Roberto Capucci. Arte e creatività oltre i confini della moda, Gorizia 2004)

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“L’estro, la fantasia, l’indifferenza al gusto del tempo, e perfino ad una plausibile evoluzione del proprio stile, cristallizzato in un’essenza immutabile, sono alcune delle caratteristiche del primo tra gli stilisti italiani: Roberto Capucci”. (Vittorio Sgarbi in “L’Europeo”, 28 dicembre 1990) “Penso a Roberto Capucci come a Roma, e a Roma come a Roberto Capucci. Entrambi stimolano l’esperienza emozionale, ispiratrice, estetica e creativa che attinge ad un archivio storico ed eclettico en plein air”. (Silvia Venturini Fendi in Roberto Capucci e l’Antico, Torino 2011) “Il dialogo con l’antico che il maestro apre in un momento di profonda trasformazione creativa si rivela estremamente stimolante anche nelle fasi più mature della sua produzione, offrendogli in modo continuativo stimoli visivi e iconografici, ma, come in una sorta di reciprocità, con l’Abito-scultura Vittoria Alata è Capucci che offre all’antico la sua personale interpretazione, un omaggio che contribuisce, tra l’altro, alla divulgazione della conoscenza del nostro straordinario patrimonio archeologico. Come dire, l’arte aiuta la moda, la moda aiuta l’arte”. (Massimiliano Capella in Roberto Capucci e l’Antico, Torino 2011) “Roberto Capucci è pieno di grazie, di fervore, di dolore, è il più grande creatore di moda del mondo, il più appartato, il più orgoglioso, il più onorato... (Natalia Aspesi in “La Repubblica”, 4 novembre 1992) “Fin dal 1950 Roberto Capucci ha continuamente stupito il mondo dell’Alta Moda con la sua architettura per il corpo. Gli abiti di questo notevole disegnatore europeo sono infatti come sculture. Uno storico potrebbe descriverli come “soffici corazze” del Medioevo. Un botanico potrebbe vederli come corolle giganti dalle quali si irradiano petali di seta in toni orientali. Un matematico commenterebbe indubbiamente sulle drammatiche forme geometriche impiegate nel disegno. Ognuno che vede gli abiti di Capucci è d’accordo sul fatto che siano che siano habitat fantastici”. (Germano Celant in “Interview”, settembre 1991) “Gli abiti di Capucci volteggiano come qualcosa dell’Alto Barocco: il primo lavoro di Guercino o le parti che si intersecano tra di loro di una scultura di Bernini. Tuttavia è l’architetto spagnolo Gaudi a cui si avvicina di più il lavoro di Capucci in quanto a sensazioni” (Colin Mc Dowell in “Country Life”, 27 febbraio 1986) “La fantasia della linea e della gamma intensa dei colori di Capucci, come anche per i tramutamenti delle stoffe, fanno dell’abito una scultura o un’architettura nella quale il corpo può abitare” (Sylvia Ferino Pagden in Roberto Capucci. Roben wie Rüstungen. Mode in Stahl und Seide Einst und Heute, Vienna 1991)

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Roberto Capucci. L’abito regale come forma d’arte Massimiliano Capella “E non devo sentirmi una regina? Grazie, Roberto!” (Raina Kabaivanska, Bologna 13 dicembre 1992) Associare alle creazioni di Roberto Capucci l’aggettivo regale è un automatismo dettato dalla natura stessa del suo lavoro di ricerca di un’eleganza come forma d’arte che nel corso di oltre sessant’anni di carriera l’ha portato ad essere definito come architetto, scultore o pittore della moda, per quella ardita sperimentazione di forme, volumi e per l'uso della tavolozza cromatica come nessuno aveva ancora osato. Regale, maestoso, grandioso, sono alcuni degli aggettivi ricorrenti per definire il percorso creativo di Capucci che, proprio per la vastità delle sue passioni, sfugge ad una possibile classificazione. Se cercare un’etichetta per il suo lavoro è infatti impresa ardua ed inutile, provare ad individuare dei filoni di ricerca è invece estremamente affascinante perché consente ogni volta di scoprire molteplici chiavi di lettura della sua opera. Ad accomunare i diversi ambiti che naturalmente si delineano nello svolgimento della sua carriera troviamo ad esempio una costante ricerca di regalità, intesa come resa solenne dell’abito, comune a tutta la sua produzione dagli anni cinquanta ad oggi, dagli abiti da giorno e da gran sera, dalle creazioni per il palcoscenico a quelle per le cerimonie istituzionali e religiose, fino ai grandiosi abiti scultura appositamente ideati per le esposizioni museali. La predisposizione di Roberto Capucci all’ideazione di abiti dal sapore regale è riscontrabile sin dal suo debutto ufficiale in un contesto ricco di cultura e aristocrazia, la nascita a Firenze dell’alta moda italiana. A distanza di soli cinque mesi dalla celebre sfilata del 12 febbraio 1951 organizzata dal marchese Giovanni Battista Giorgini a Villa Torrigiani1 si replica con una nuova edizione di sfilate al Grand Hotel, con dodici case di moda partecipanti, 500 modelli presentati, 20 buyers americani, cronisti quali Bettina Ballard e Carmel Snow e un gran ballo destinato a valorizzazione ulteriormente lo stile italiano2, durante il quale la moglie e le due figlie di Giorgini indossano abiti disegnati da un giovanissimo Roberto Capucci. Apparso sulla ribalta della moda italiana solo l’anno precedente, quando apre in via Sistina a Roma la sua sartoria3, Capucci viene scoperto da Giorgini pochi mesi prima dall’evento fiorentino grazie alla giornalista Maria Foschini4, ma, per la sua giovane età e per il timore di contestazioni da parte dei nomi della moda già affermati, non viene incluso nelle sfilate ufficiali. Giorgini gli chiede però di preparare cinque tableaux di abiti: gran sera, sposa, giorno, cappotti e cocktail, che avrebbe presentato la sera del gran ballo, indossati da mannequins nel parco illuminato. L’opposizione degli altri stilisti a questo evento nell’evento impone però a Giorgini di spostare la presentazione del lavoro di Capucci al mattino seguente in Villa Torrigiani, suscitando grandissimo interesse da parte della critica5. Il marchese Giorgini contribuisce così alla nascita non solo del Made in Italy6, ma anche all’ascesa del genio creativo di Roberto Capucci, che involontariamente, fa un debutto da solista all’insegna dell’evento straordinario, davanti a tutta la critica internazionale, quella americana in modo particolare. All’indomani delle sfilate fiorentine Oriana Fallaci, corrispondente per Epoca scrive “A Firenze è scoppiata una bomba della moda” 7 e, ad un anno di distanza in occasione delle sfilate nel luglio del 1952, sottolinea come “il fior dei sorrisi e degli applausi è toccato alla rivelazione di questa “Fashion Show”...che ha presentato una sorprendente collezione: Roberto Capucci...Robertino ha portato alla mostra una collezione fresca e scanzonata di tailleurs...abiti di seta fabbricata a telaio, stretti e corti, con una incredibile coda di

1 Cfr. Guido Vergani, La Sala Bianca: nascita della moda italiana, Milano 1992. 2 Magistrale la cronaca della tre giorni fiorentina firmata da Oriana Fallaci su Epoca, con dettagli tecnici e di costume, cfr. O. Fallaci, A Firenze è scoppiata una bomba della moda, in “Epoca”, n. 43 , 4 agosto 1951, pp. 40-44. 3 L’atelier romano di Roberto Capucci sarà in via Sistina n. 14 dal 1950 al 1955, in via Gregoriana n. 56 dal 1955 al 2010, in piazza Foro Traiano n. 1/A dal 2010. 4 Sarà Maria Foschini a procurare a Roberto Capucci la prima tagliatrice Anna Corsi e le prime clienti, Isa Miranda, Doris Duranti, Elisa Cegani e poco più tardi una giovanissima Franca Rame. 5 Guido Vergani, Il vestito? Un habitat di tessuto, in Roberto Capucci, creatività al di là del tempo, a cura di G. Bauzano, Milano 2001, p. 15. 6 Nel 1952, ad un anno di distanza dalle prime sfilate fiorentine, il governo italiano mette a disposizione della moda Palazzo Pitti per le sfilate, palazzo Strozzi per gli affari e i giardini di Boboli per i ricevimenti: Firenze diventa quindi il centro della moda italiana. 7 O. Fallaci, Op. cit, in “Epoca”, n. 43 , 4 agosto 1951, p. 41.

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stoffa...fastosi mantelli double face, pieghettati, regali”8. Della collezione tanto acclamata fa parte l’abito da sera in taffetas color prugna con ampia e arricciata coda, immortalato nel suggestivo servizio fotografico di Milton H. Greene, ambientato in un cortile in via Sistina a Roma, e acquistato dalla principessa Elvina Pallavicini che, a partire dal 1952, apre la strada a donne, primedonne e clienti dell’aristocrazia, definite da Irene Brin le “capuccine”, capaci di assecondare più di tutte la visione di un’eleganza oltre la moda di Capucci. L’identità delle sue creazioni è talmente forte che come osserva Cristina Giorcelli “solo donne di grande intelligenza hanno scelto e scelgono di vestire Capucci”9, tanto è lo stupore d’innanzi ad un suo abito che abbaglia ancora prima della bellezza e dell’eleganza di chi l’indossa. Insomma la regalità degli abiti di Capucci vive di vita autonoma e non è un caso che molto spesso vengono presentati su manichini senza testa, privi di volto, semplice sostegno di creazioni che “parlano con il loro linguaggio esclusivo”10. L’affermazione internazionale della nuova moda italiana passa negli anni cinquanta attraverso la conquista del mercato americano, sedotto da eventi, sfilate, mostre che a partire dal 1950 si susseguono con un calendario fittissimo e una promozione a 360 gradi dell’Italian Style11. Nel 1954 le Sorelle Fontana presentato la loro nuova collezione a bordo dell’Andrea Doria a New York, mentre il 20 febbraio 1956 Giorgini sbarca a New York dal transatlantico Cristoforo Colombo con otto contesse italiane, protagonista della celebre Fashion Cruise, il Transatlantico della Moda, in cui ogni nobildonna rappresenta e veste uno stilita: Lorian Gaetani Lovatelli per Antonelli, Maria Teresa Siciliani di Rende per Schuberth, Consuelo Crespi per Fabiani, Diamante Capponi Cornaggia Medici per Veneziani, Mita Corti Colonna di Cesarò per Carosa, Kiki Brandolini d’Adda per Marucelli, Jacqueline Borgia per Simonetta e Barbara Biscaretti di Ruffia per Roberto Capucci12. L’America si fa sedurre dalla nuova moda italiana e, non è un caso che proprio nel 1956, Marilyn Monroe sceglie di vestire per la prima volta abiti creati da un designer non americano: Roberto Capucci13. Già nel 1952 Capucci approda negli USA, ma la celebrità americana arriva nell’agosto del 1956 in seguito all’enorme resa pubblicitaria del Transatlantico della Moda14 e alla presentazione di alcuni capi della collezione autunno-inverno 1956-57 in un tour di 14 città. Tra di essi la straordinaria creazione Nove Gonne che nel 1957 viene acquistata dalla diva hollywoodiana Esther Williams e diviene un’icona in America tanto da apparire nella pubblicità della Cadillac Serie 62 e in una striscia a fumetti di Alfred James e Mel Casson per The Dallas Morning News dedicata proprio a Marilyn, in cui la diva in versione fumetto indossa proprio la creazione di Capucci. I trionfi internazionali per Capucci sono ormai vicini: il 17 settembre 1958 riceve a Boston l’Oscar della Moda (Filene’s Young Talent Design Award) quale migliore creatore di moda insieme a Pierre Cardin e James Galanos, e nel 1961 viene accolto in modo entusiastico della critica francese per le sfilate parigine nel calendario della Chambre Syndacale de la Mode che lo portano ad aprire nel 1962 un suo atelier al n. 4 di Rue Cambon a Parigi15. Il “Traditore della Patria” sceglie quindi la capitale francese dell’haute couture come gli era stato suggerito da Christian Dior che dice ad Oriana Fallaci “avete in Italia un sarto per cui provo una vera ammirazione. Si chiama Capucci. Se lo vede gli dica che secondo me dovrebbe trasferirsi a Parigi” 16. Affiancato da madame Germaine come direttrice di sala, già da Dior, madame Josette, addetta stampa, già da Colette, e dalla prima

8 O. Fallaci, A quaranta gradi moda d’inverno, in “Epoca”, n. 95 , 2 agosto 1952, pp. 71-72. 9 Lo sfarzo della forma: un indice di civiltà, in Abito e Identità. Ricerche di storia letteraria e culturale, a cura di Cristina Giorcelli, vol. X, Palermo-Roma 2010, p. 20. 10 Op. cit, a cura di Cristina Giorcelli, vol. X, Palermo-Roma 2010, p. 19. 11 Italy at Work. Her Renaissance in Design Today è la mostra aperta al Brooklyn Museum (30 novembre 1950-31 gennaio 1951) con oltre 2500 pezzi; Italy-in-Macy’s,U.S.A. (10-26 settembre 1951) propone sfilate, mostre e arte nei magazini Macy’s di New York. 12 Cfr. Guido Vergani, Dizionario della Moda, Milano 1999, ed. 2010, pp. 581-582; Maddalena Renzi, Alla conquista dell’America, in Lo sguardo italiano. Fotografia di moda dal 1951 ad oggi, catalogo della mostra a cura di Maria Luisa Frisa, Francesco Bonami, Anna Mattirolo, Milano 2005, p. 186. 13 Un articolo del 1956 di Gwen Robyns, amica e biografa di Grace Kelly, narra con tono molto ironico e divertito la storia della collaborazione tra Roberto Capucci, allora venticinquenne, e la diva Marilyn Monroe. Parlando della diva americana la Robyns riferisce “Till now [1956 ndr] she has been dressed by American designers”, cfr. M. Capella, Capucci, Marilyn e le misure dello “charme mistico”, in “Il Giornale dell’Arte-Vernissage”, ottobre 2012, p. 22. 14 L’evento coinvolge personalità quali Salvador Dalì, Marilyn Monroe ed Elsa Maxwell, e consente alla moda italiana di accedere alle più celebri ribalte televisive: Dave Garroway Show (23 milioni di spettatori), Home (11 milioni), Jack Parr Show (10 milioni), Igor Cassini show (14 milioni). 15 La rivista Life nel marzo 1962 definisce Roberto Capucci e Yves Saint Laurent “the rising stars of Paris haute couture”, cfr. Double Debut in Paris Style, in “Life”, March 2, 1962, p. 85. 16 O. Fallaci, Il traditore con le forbici, in “L’Europeo, n. 51, 17 dicembre 1961, p. 68.

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tagliatrice che proviene da Givenchy, Capucci rimane a Parigi dal 1962 al 1968 dove firma, primo italiano dopo Elsa Schiaparelli, un profumo e crea collezione mitiche come quella del 1965 presentata al buio con tessuti fosforescenti, senza però trascurare le clienti che dai primi anni romani e fiorentini hanno scelto la moda come architettura, filosofia di Capucci17, e che lui stesso definisce “Donne di carattere che non seguono la moda, trovano l’abito o il colore che sta loro bene, hanno il coraggio di non cambiare più”, interpreti di creazioni simbolo della massima espressione creativa a discapito anche del mercato. In concomitanza al suo rientro da Parigi nel 1968 Capucci incontra Silvana Mangano, protagonista del film Teorema di Pier Paolo Pasolini per il quale Capucci disegna gli abiti, la donna che per eccellenza riveste nel suo immaginario l’esempio supremo di eleganza, di aristocratica ritrosia “segno di una trascendenza della carne”18, emblematica del nuovo percorso creativo dello stilista come rivela il celebre scatto del 1971, dove l’attrice appare di profilo, scultorea, quasi assente, con un abito tunica disegnato da Capucci in georgette con applicazioni di cordoni di diverse ampiezze sullo scollo, sul giromanica e alla vita, sintesi di un’eleganza lunare e antica, caratteristica della nuova produzione dello stilista. Nel luglio 1970 Capucci decide infatti, per la prima volta, di sfilare all’interno di un museo, nel ninfeo del Museo di Arte Etrusca di Villa Giulia, dove presenta una sfilata-performance “...more like watching a religious pageant than a fashion show”19, innovativa e spiazzante, con modelle che indossano stivali con tacco basso, senza trucco e con i capelli al naturale20. L’arte e la natura si affiancano da questo momento nella ricerca condotta da Capucci di una moda oltre la moda e la comparsa di abiti con elementi decorativi rigidi e strutturali, materia ricca e povera, tessuti pregiati, sassi e paglia, segna un nuovo percorso che trova uno dei suoi vertici nel 1980 con l’Abito da sera in paglia, un intreccio di rafia e nastri di raso in una foggia decisamente haute-couture21. “I miei vestiti prendono a prestito dalla natura foglie, corolle, farfalle, insieme ai pepli delle statue antiche…”22. Gli ordini architettonici sono alla base della solennità di creazioni scultoree quali gli abiti colonna: l’Abito dorico, in raso beige modellato come una colonna con cinta di foglie, della collezione autunno/inverno 1978-1979; Capitello corinzio, in charmeuse plissé beige con corpino ricoperto di foglie verde-oro stile capitello corinzio, Capitello a paniere, in mikado bianco con corpino a ventaglio in lamé ad intarsi oro e argento, memore delle ornamentazioni a mosaico e dei capitelli bizantini, e l’elegantissimo Ricciolo barocco, dalla linea a scatola in lamé oro e argento, con volute sui fianchi, ispirate all’ordine ionico, tutti presentati a Roma nel 1989. “Ho scelto le colonne perché sono l’emblema di questa città [Roma] e la rappresentano da secoli”23. Dall’osservazione della natura e dallo studio dei motivi decorativi fitomorfi dei mosaici nascono poi creazioni che sembrano uscire da giardini fioriti, dall’Abito Calla del 1957 agli abiti scultura degli anni ottanta e novanta come Orchidea Nera del 1987 in taffetas plissé nero con bordi bianchi e volute nella parte anteriore che simulano il fiore tropicale, fino al capolavoro di cesello rappresentato dall’Abito a foglie d’oro del 1992, modellato sui raffinati esempi di scultura a bassorilievo e sui mosaici dell'arte bizantina. Le farfalle, gli angeli e le divinità alate suggeriscono invece a Capucci creazioni per donne eteree e irraggiungibili che, dalla sfilata del 1982 a Palazzo Visconti di Milano, ritroviamo declinate nelle fogge più articolate, dall’Abito da sera Angelo, in velluto prugna con foglie in taffetas liscio e taffetas shantung in vari toni, all’Abito da sera Farfallone, in taffetas plissé in un arcobaleno di colori, presentato a New York nel 1985, sino alle Farfalle-Vestali che Capucci crea nel 1986 quale personalissimo omaggio a Maria Callas24. Sul 17 Sempre nell’articolo della Fallaci del 1961 Capucci afferma con forza “la moda non è ornamento, è architettura. Non basta che un vestito sia bello, dev’essere costruito come un palazzo poichè come un palazzo esso è la materializzazione di un’idea”, cfr. O. Fallaci,Op. cit., in “L’Europeo, n. 51, 17 dicembre 1961, p. 69. 18 Patrick Mauriès, L’ultimo dei sarti felici, in Roberto Capucci. Luxe, calme et volupté, Milano 1993, p. 60 19Patricia Shelton, Italian Couture Takes a Lengthy Look at Fall-Winter, in “Christian Scienze Monitor”, July 16, 1970 20 Simbolo della regalità femminile più pura è in questa fase il peplo, che per Capucci diventa uno dei capi ricorrenti nella sua produzione per oltre due decenni. Non si tratta di una semplice riproduzione del peplo classico, ma di una costante citazione, di una reinvenzione maturata grazie all’impiego di materiali disparati, sassi, bambù e paglia, quale ornamento del tessuto e allo studio della statuaria classica. 21 Il 1980 è un anno cruciale nella carriera di Capucci: decide infatti di interrompere i rapporti con le istituzioni della moda e si presenta unicamente come creatore di abiti-sculture all’interno di musei e spazi artistici di grande prestigio, ogni volta in una città diversa, “quella”, secondo lo stesso Capucci “che sarà pronta ad accogliermi”. 22 Tre eccellenze ispirate agli elementi naturali sono poi Fuoco, presentato a New York nel 1985, composto da ventagli di plissé simili a fiammelle in quattordici toni di rosso, Conchiglia, del 1987, in taffetas di seta a coni dai toni giallo e arancione, fantasiosa proiezione in tessuto delle incrostazioni naturalistiche delle grotte e dei ninfei antichi, e le scultoree Crete del 1989, in taffetas a foggia di coppa, fiocco e grande ventaglio, interamente plissettato nei colori della terra. Cfr. M. Capella, Roberto Capucci. Un dialogo con l’antico, in Roberto Capucci e l’antico. Omaggio alla Vittoria Alata, a cura di M. Capella e F. Morandini, Torino 2011, pp. 33-47. 23 Roberto Capucci, in Salone di maggio. Roma: luoghi e colori, Roma 2005, p. 39. 24 Vittoria Cappelli crea il primo di una serie di eventi televisivi dedicati all’incontro tra la grande danza, la musica, l’arte e la moda. Questa è l’Arena qui è nata Maria Callas viene trasmesso dalla RAI in 22 paesi e segna il debutto sulla

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palcoscenico dell’Arena di Verona sfilano solennemente sulle note di Casta Diva dodici abiti-sculture in taffetas con coda di 11 metri formata dalla parte centrale dell’abito e dalle maniche-ali, impreziositi da un ricamo di paillettes d’argento e, sul corpino, da una serie di cordoni d’argento di diverse dimensioni25. Con 500 metri di taffetas bianco, argento e ghiaccio Capucci sceglie di fare il suo ingresso nel teatro operistico sul palcoscenico più spettacolare, dove i costumi dei ballerini solisti e quelli per la sfilata delle farfalle-vestali si fondono perfettamente con lo scenario antico dell’Arena e con la voce della Callas, interprete della sacerdotessa druidica Norma26. Ispirato agli angeli trionfanti barocchi è l’Angelo d’Oro, presentato al Museo di Palazzo Venezia nel gennaio 1987, in plissé lamé oro dai vari toni, con l’applicazione sul dorso di un elemento ad ala, sintesi magistrale della ricerca di Roberto Capucci sull'architettura: “L’angelo barocco decora quasi tutte le chiese di Roma e questo mi è stato ispirato dalla Basilica di San Pietro…”27. Nel 1991 l’abito viene presentato anche come costume di scena nello spettacolo Gli specchi di Trieste, indossato da Raina Kabaivanska che interpreta l’aria di Magda Che il bel sogno di Doretta da La Rondine di Giacomo Puccini, offrendo in mondovisione un esempio dell’eleganza regale e della portabilità delle creazioni scultoree del maestro, a discapito della falsa leggenda che le vorrebbe importabili. Il concetto di regalità per Capucci si estende poi a creazioni che non sono destinate ad essere indossate, ma rivolte a contesti espositivi e museali, svincolate pertanto dall’annosa questione della loro portabilità. Tra di esse si inserisce Oceano del 1998 per l’Expo Mondiale di Lisbona, l’Abito scultura Giorgini del 2001 composto da 84 colori per celebrare i 50 anni dalla nascita del Made in Italy, le 12 Architetture in Tessuto del 1995 ispirate alla natura create per l’Esposizione Internazionale di Arti Visive. La Biennale di Venezia e l’Abito scultura Vittoria Alata, omaggio che Capucci riserva nel 2011 alla Vittoria Alata, celeberrimo bronzo classico con echi ellenistici, probabilmente del I secolo d.C., simbolo di bellezza e trionfo, che da pura ed estatica Afrodite intenta a rimirarsi nello specchio, si tramuta in irraggiungibile Vittoria Alata28. La veste drappeggiata, sottilissima e probabilmente bagnata della Vittoria alata viene interpretata nell’abito-scultura di Capucci con 25 metri di georgette di seta e 17 metri di mikado in tre diverse tonalità di verde, una di mauve e una di bronzo, volumi ampi e solenni che trovano nelle ali doppiate e riccamente drappeggiate l’elemento più innovativo. L’esempio più alto della regalità delle creazioni di Roberto Capucci non arriva però dagli abiti scultura e da quelli per il palcoscenico, bensì dall’abito creato per un contesto istituzionale e solenne, la consegna del premio Nobel per la medicina a Stoccolma, il 10 dicembre 1986, alla professoressa Rita Levi Montalcini. Non si tratta quindi di un abito creato per una principessa, per una regina del palcoscenico o per omaggiare un’opera d’arte. Si tratta di un abito ideato per una scienziata. Roberto Capucci ricorda che l’abito, con

scena operistica di Trussardi, Genny, Gianfranco Ferrè e di Roberto Capucci. 25 Gli abiti si completavano con parrucche a boccoli rosso fulvo dalla chiome di oltre 2 metri con un serto di foglie d’argento. I dodici abiti sono oggi suddivisi tra Roma-Fondazione Roberto Capucci, Roma-Sartoria Farani, Monaco di Baviera-Munchner Stadt Museum, Londra-Victoria and Albert Museum, Milano-Museo del Castello Sforzesco, Firenze-Palazzo Pitti-Galleria del Costume, Venezia-Archivio della Biennale, Verona-Arena. 26 M. Capella, Il Made in Italy diventa teatro, in Il Teatro alla Moda, Costume di scena. Grandi stilisti, a cura di Massimiliano Capella, Torino 2010-2011, pp. pp. 20-22, 57, 92-115. Oltre ai costumi realizzati per l’opera e la danza, Roberto Capucci ha poi realizzato 25 disegni, non pensati per una specifica produzione, vero e proprio esercizio creativo e di stile teatrale, sintetizzato al meglio da Luca Ronconi:“Se quei disegni arrivassero, realizzati, in palcoscenico, credo che il pubblico dovrebbe riconoscere di essere stato toccato raramente - o forse mai - da un simile incanto, una fascinazione così inquietante e sottile, magari talvolta anche leggermente perversa, come quella che proviene da ciò che hai disegnato. Forme e colori smaglianti hanno un fascino così perentorio, sono irresistibili”. Cfr. Sovrana Eleganza. Roberto Capucci al Castello di Bracciano, Torino 2009, p. 87. 27 Roberto Capucci, in Salone di maggio. Roma: luoghi e colori, Roma 2005, p. 39. 28 Nel marzo del 2011 l’incontro tra il maestro e la scultura simbolo della città di Brescia dà vita a 9 diverse illustrazioni (matite colorate e grafite su carta Fabriano, 50 x 70 cm), stese nell’arco di un'unica giornata, sintesi delle diverse interpretazioni di Capucci del panneggio antico, del chitóne e dell’himàtion. La linea tratteggiata è sempre molto precisa, il disegno si fa più marcato quando Capucci deve rendere la materia più consistente di taffetas, crêpe, sauvage o mikado, mentre si alleggerisce in uno sfumato per materiali più aerei quali georgette e organza. La scelta di ritrarre il corpo immaginario quasi sempre di profilo consente di sviluppare al meglio sulla carta l’invenzione delle ali, parte fondamentale della Vittoria alata che ha suggerito a Capucci anche una resa più statuaria e ieratica del volto e delle parti a vista del corpo. Il guardaroba contemporaneo pensato da Capucci per la Vittoria Alata è quanto di più vario e fantasioso, dai modelli più architettonici e fedeli alle fogge antiche con la prevalenza di taffetas e mikado per l’ampio manto, a quello avveniristico in georgette con corpino a fascia incrociato e ali geometriche, fino al modello fiammeggiante destinato ad una Vittoria indiavolata. Cfr. Roberto Capucci e l’antico. Omaggio alla Vittoria Alata, a cura di M. Capella e F. Morandini, Torino 2011.

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pannelli in velluto verde smeraldo, blu zaffiro e rosso rubino, è stato pensato per la figura esile, magrissima della professoressa Levi Montalcini e che in quell’occasione non avrebbe dovuto vestire una principessa ma un grandissimo personaggio. “Realizzai un abito lungo con un pochino di strascico dicendole: Professoressa, lei sarà l’unica donna che riceve il Nobel in mezzo a tanti uomini in frac. Quando lei si alza deve essere la regina della sera. Lei era molto titubante, perchè non aveva mai messo un abito lungo e non era andata mai in una sartoria. Guardò la coda e disse: Se lei me l’ha fatta, io la porterò”29.

BOX 1 La nascita del Made in Italy La sfilata del 12 febbraio 1951 a Villa Torrigiani a Firenze sancisce ufficialmente la nascita dell’alta moda italiana contemporanea. A pochi giorni di distanza dagli eventi della moda di Parigi la ribalta fiorentina permette ai compratori americani dei più importanti department store di scoprire creazioni sartoriali esclusivamente italiane del tutto innovative, ideate da alcune delle più importanti case di moda romane, fiorentine e milanesi. La sfilata fiorentina rappresenta la consacrazione definitiva dell’Italian Look che riunisce in passerella l’Alta Moda romana con Simonetta (Simonetta Colonna di Cesarò Visconti), Carosa, Alberto Fabiani, le Sorelle Fontana ed Emilio Schuberth, l’Alta Moda milanese con le creazioni delle sartorie Vanna e Vita Noberasco, con le pellicce di Jole Veneziani, con Germana Marucelli e con i sarti Giorgio Avolio e Franco Bertoli. Accompagnato da violino e pianoforte presenta i propri modelli anche Emilio Pucci, già avviato nel mercato americano grazie alla stampa di moda e ai grandi magazzini che commercializzavano i suoi modelli con il marchio Emilio. La platea è composta da giornalisti internazionali, aristocratici e da nove compratori americani: Stella Hanania per I. Magnin di San Francisco, John Nixon per Henry Morgan di Montreal, Gertrude Ziminsky per B. Altman di New York, Ethel Francau, Julia Trissel, Jessica Davis per Bergdorf Goodman di New York, Hanna Troy, Martin Cole per Leto Cohn Lo Balbo di New York e Ann Roberts, importer USA. BOX 2 Capucci e Marilyn Gwen Robins, sulle colonne del Times, nel marzo del 1956, ricorda che Marilyn Monroe conobbe il lavoro di Roberto Capucci grazie al celebre fotografo Milton H. Greene, amico fraterno della diva americana e di Loredana Pavone, collaboratrice di Capucci, e ironizza sul fatto che “il giovane ragazzo dagli occhi neri della moda italiana” ebbe la meglio nella competizione con i parigini per trovare nuovi designer per vestire la diva. Green, di passaggio a Roma nel 1956, portò a Hollywood alcuni disegni che Capucci aveva realizzato espressamente per la Monroe con i campioni dei tessuti e dei colori. La Robyns riferisce inoltre che Marilyn applaudì quando vide il bozzetto realizzato per lei da Capucci con l’abito da sera super-slim in chiffon drappeggiato color crema e ne ordinò subito anche una versione color grigio antracite. A Roma arrivò il manichino con le misure perfette di Marilyn e Loredana Pavone andava a Los Angeles a fare le prove. Dopo una prima prova Marilyn rimandò il vestito indietro per stringerlo e in seguito scelse anche altri modelli sempre affini al suo stile, fascianti, drappeggiati e con ciuffi liberi dal corpo. BOX 3 Raina e le altre Primedonne del Belcanto Roberto Capucci crea ben 25 abiti di scena per Raina Kabaivanska che, dal 1974, li indossa durante prestigiosi recital nei teatri e nelle sale da concerto internazionali. Da Milano a New York, da Roma a Berlino la Kabaivanska, più di qualsiasi altra diva, diventa ambasciatrice dello stile Capucci nel Mondo. Con lei la teatralità delle creazioni del maestro diventa segno imprescindibile della primadonna del belcanto. Nel 1991 la Kabaivanska interpreta a Trieste, in piazza Unità d’Italia, Anna Glavari (La Vedova Allegra di Franz Léhar) con un sontuoso costume dalle linee ottocentesche in taffetas nero ricamato con pailettes e canuttiglie di cristallo e, sul retro, un grande volant di taffetas e una coda con volute di plissè di quattro metri. Restano mitici alcuni pepli creati da Capucci per la Kabaivanska, tra cui quello drappeggiato color bronzo, ideato per un concerto ad Atene, e un Peplo in georgette bianco e nero trasformabile in nove diverse fogge, tante quante erano le arie di Puccini eseguite dal soprano in un recital al Teatro dell’Opera di Roma nel 1986. Per definire i dettagli degli abiti di scena delle dive che si sono affidate al suo stile, Katia Ricciarelli, Stefania Bonfadelli, Anna Caterina Antonacci, Capucci ha bisogno di sapere il repertorio, il colore del fondale, la

29 Cfr. “Le capuccine”, in Roberto Capucci, creatività al di là del tempo, a cura di G. Bauzano, Milano 2001, p. 99.

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posizione e gli atteggiamenti delle sue interpreti. Solo in questo modo riesce a trasporre negli abiti la personalità scenica e vocale di queste signore del teatro lirico. Nel 2002 Capucci disegna infine due costumi per un nuovo Capriccio di Richard Strauss, con le scene di Arnaldo Pomodoro, allestito al Teatro San Carlo di Napoli. June Anderson, la primadonna dell’opera, indossa nel primo atto un costume in taffetas plissé in nove toni di rosso, dall’arancio al rosso garofano scuro, con un grande fiore che si apre sul petto e, sul dorso, un movimento del tessuto a forma di grande ventaglio e, nel secondo atto, un costume-manto in taffetas e lamé in nove sfumature dal giallo, al beige, all'oro, con tre lunghe code. BOX 4 Capucci e l’abito per le spose regine L’abito da sposa rappresenta nel percorso creativo di Capucci il momento di maggiore espressione della regalità, dove l’invenzione di volumi, linee, fogge e l’abbinamento di colori e tessuti raggiunge vertici inarrivabili. Tra le creazioni più celebri e spettacolari in questo ambito si devono ricordare quelle per alcune spose emblematiche, quali le sorelle Daniela e Patrizia Memmo e le figlie Anna e Fabiana Marenghi Vaselli, le sorelle Valentina e Clara Nasi, la marchesa Polissena di Bagno, la marchesa Costanza di Canossa, la principessa Maria Pace Odescalchi, le contesse Benedetta e Marzia Brachetti Peretti e la marchesa Leontina Ruffo di Calabria. Andando oltre la committenza Capucci crea poi due esempi assoluti di spose regine, l’Abito da sposa Tiepolo del 1992, sublime e maestoso, ispirato al celebre affresco di Giambattista Tiepolo La continenza di Scipione del 1743-44, nella villa Cordellina Lombardi di Montecchio Maggiore a Vicenza, e l’Abito da sposa Rosso, in due toni di rosso di mikado di seta, presentato nel 2009 a Venezia a Palazzo Fortuny. BOX 5 Roberto Capucci alla Biennale di Venezia Nel 1995 il direttore del settore Arti Visive della Biennale di Venezia chiede a Roberto Capucci di presentare in occasione dell’edizione del centenario della manifestazione creazioni emblematiche del suo percorso creativo, con un unica raccomandazione “...non si dimentichi mai il lavoro che fa”. Capucci si presenta con 12 Architetture in Tessuto, esposte su manichino senza testa, massima espressione della sua riflessione e osservazione sulla natura, sul mondo minerale, sul colore e sull’arte: Sagenite, Fluorite, Lapislazzuli, Violano, Emanite, Ossidiana, Diaspro, Cinabro, Antimonite, Pirite, Allanite e Siderite. Capucci crea una fusione tra moda e arte come mai era accaduto e nella presentazione delle opere a Venezia Giulio Macchi afferma che “la patente di artista può essere data a chiunque porti nuovi valori siano essi espressi con stoffe, con penne d’oca o con marmi”. Da questo momento Roberto Capucci è per tutti il Maestro della Moda. BOX 6 Capucci e il disegno Il corpus dell’opera grafica di Roberto Capucci è composto da oltre 22.000 pezzi suddivisi tra i libri di Schizzi con le idee preparatorie, i Disegni veri di studio, in alcuni casi accompagnati anche dai campioni di tessuto per gli abiti da realizzare, e i Disegni illustrativi. Quest’ultimi sono eseguiti solitamente con matite colorate e grafite su carta Fabriano, 50 x 70 cm, e documentano opere realizzate anche da tempo. Contraddistinti da una linea tratteggiata sempre molto precisa, il disegno si fa più marcato quando Capucci deve rendere la materia più consistente di taffetas, crêpe, sauvage o mikado, mentre si alleggerisce in uno sfumato per materiali più aerei quali georgette e organza. A questi lavori si aggiungono negli ultimi anni gli inediti Disegni caricaturali che illustrano lo sguardo di Capucci sull’assenza di eleganza contemporanea. Immagini tratte dalla sua acuta osservazione della moda di strada, che da schizzo preparatorio viene trasformato in disegno ironico.

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PANNELLI DI SALA e DIDASCALIE delle OPERE Intro – Sala 1 “la moda non è ornamento, è architettura. Non basta che un vestito sia bello, dev’essere costruito come un palazzo poiché come un palazzo esso è la materializzazione di un’idea” Roberto Capucci La mostra presenta 50 abiti scultura e 32 bozzetti originali ideati dal Maestro della moda Roberto Capucci in oltre sessant’anni di carriera. Quattro sezioni tematiche ripercorrono il rapporto tra il Maestro e la regale eleganza femminile con creazioni che illustrano una visione artistica della moda: dalle spose regine ad alcune delle figure femminili più significative della seconda metà del XX secolo, fino all’ispirazione dell’arte e della natura nella ricerca della regalità. Roberto Capucci nasce a Roma il 2 dicembre 1930. Frequenta il Liceo Artistico e l'Accademia di Belle Arti e nel 1950 apre in via Sistina il suo primo atelier. Nel 1951 presenta per la prima volta le sue creazioni presso la residenza di Giovanni Battista Giorgini a Firenze, inventore della moda italiana. A soli 26 anni è giudicato il miglior designer della moda italiana, particolarmente apprezzato da Christian Dior, e nel 1958 crea la Linea a scatola, autentica rivoluzione dal punto di vista tecnico e stilistico. Per questa proposta innovativa il 17 settembre 1958 riceve a Boston l’Oscar della Moda (Filene’s Young Talent Design Award) quale migliore creatore di moda. Nel 1961 viene accolto in modo entusiastico della critica francese per le sfilate parigine e nel 1962 apre un suo atelier al n. 4 di Rue Cambon a Parigi. Nel 1968 rientra in Italia e nel luglio 1970 presenta, per la prima volta, il suo lavoro in un museo, a Roma nel ninfeo del Museo di Arte Etrusca di Villa Giulia, con una collezione che rivoluziona la tradizione delle sfilate, con modelle che indossano stivali con tacco basso, senza trucco e con i capelli al naturale. Nel 1980 il Maestro si dimette dalla Camera Nazionale della Moda e decide di presentare le sue collezioni come personali d’artista. Con la mostra Roberto Capucci l'Arte Nella Moda - Volume, Colore e Metodo del 1990 in Palazzo Strozzi a Firenze inizia la sua stagione espositiva nei musei più importanti del mondo, dal Kunsthistorihsches Museum (Vienna), al Nordiska Museet (Stoccolma), dal Museo Puskin (Mosca) al Museum of Art (Filadelfia). Nel 1995 viene invitato a presentare le sue creazioni all’Esposizione Internazionale di Arti Visive. La Biennale di Venezia, nell’edizione del centenario 1895-1995. Nel 2005 crea la Fondazione Roberto Capucci e nel 2007 apre a Firenze nella Villa Bardini il Museo della Fondazione Roberto Capucci. Roberto Capucci è considerato uno dei più grandi designer del XX secolo. 1. Angelo d'Oro Presentato nel 1987 al Museo di Palazzo Venezia di Roma Abito-scultura in plissé lamé oro dai vari toni, con l’applicazione sul dorso di un elemento ad ala. Fondazione Roberto Capucci Prima sezione - SALA 2 - Spose regine L’abito da sposa rappresenta per il Maestro uno dei momenti di massima espressione della propria creatività, dall’invenzione delle fogge e dei volumi alla scelta dei colori alla e dei tessuti. Forma, colore ed elementi simbolici si fondono in abiti spettacolari. Tra le creazioni più celebri, dai primi anni Cinquanta ad oggi, restano impresse nella memoria quelle per Daniela e Patrizia Memmo e le figlie Anna e Fabiana Marenghi Vaselli, le sorelle Valentina e Clara Nasi, la marchesa Polissena di Bagno, la marchesa Costanza di Canossa, la principessa Maria Pace Odescalchi, le contesse Benedetta e Marzia Brachetti Peretti e la marchesa Leontina Ruffo di Calabria. Andando oltre la committenza, il Maestro crea due esempi assoluti di spose regali, l’Abito da sposa Tiepolo del 1992, sublime e maestoso, ispirato al celebre affresco del 1743-44 di Giambattista Tiepolo La continenza di Scipione, nella villa Cordellina Lombardi di Montecchio Maggiore a Vicenza, e l’Abito da sposa Rosso, in due toni di rosso di mikado di seta, presentato nel 2009 a Venezia a Palazzo Fortuny. 2) - Abito da sposa per Alessandra Gribaudo 1989

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Abito da sposa in mikado con grande volant in taffetas plissé che orla la lunga coda e si racchiude in un elemento a volute sul dorso. Collezione privata 3) Abito da sposa per Cristina Lotito Mezzaroma 1990 Abito da sposa in mikado bianco e rosa cipria interamente ricamato, con lunga coda smerlata ed elementi a panier in vita. Collezione privata 4) Sposa rossa Presentato nel 2009 a Palazzo Fortuny, Venezia Abito-scultura da sposa in mikado in due toni di rosso fuoco con lunga coda e corpino ricamato in canutiglie di cristallo con velo a rete dorato. Fondazione Roberto Capucci 5) Abito da sposa per la marchesa Polissena di Bagno 1983 Abito-scultura da sposa in taffetas in due toni di bianco con ampie maniche a petali e lunga coda. Fondazione Roberto Capucci (Donazione Marchesa Polissena di Bagno) 6) Abito da sposa per la marchesa Valentina Marini Clarelli-Nasi 1982 Abito-scultura da sposa in organza tripla bianca, con grande fiocco e inserti ricamati su organza tripla gialla nella coda. Le grandi maniche hanno una foggia a coppa. Fondazione Roberto Capucci (Donazione Marchesa Valentina Marini Clarelli-Nasi) 7) Abito da sposa per Maria Luisa Sparaco 1969 Abito da sposa ispirato ai quadri del Pisanello realizzato con 120 metri di georgette bianca ricamata con mughetti bianchi. Presenta tre code che partono dalle spalle e dalla vita. Fondazione Roberto Capucci (Donazione Maria Luisa Sparaco) 8) Sposa Tiepolo Presentato nel 1992 al Teatro Schauspielhaus, Berlino Abito-scultura da sposa ispirato al celebre affresco del 1743-44 di Giambattista Tiepolo La continenza di Scipione, nella villa Cordellina Lombardi di Montecchio Maggiore a Vicenza, in taffetas cangiante giallo-oro con grandi ali sulle maniche e lunga coda in rosa scuro e verde oliva. Fondazione Roberto Capucci Seconda sezione 2 - SALA 4 - Il disegno del maestro Il corpus dell’opera grafica del Maestro è composto da oltre 22.000 pezzi suddivisi tra i libri di Schizzi con le idee preparatorie, i Disegni veri di studio, in alcuni casi accompagnati anche dai campioni di tessuto per gli abiti da realizzare, e i Disegni illustrativi. Quest’ultimi sono eseguiti solitamente con matite colorate e grafite su carta Fabriano, 50 x 70 cm, e documentano opere realizzate anche da tempo. Contraddistinti da una linea tratteggiata sempre molto precisa, il disegno si fa più marcato quando Capucci deve rendere la materia più consistente di taffetas, crêpe, sauvage o mikado, mentre si alleggerisce in uno sfumato per materiali più aerei quali georgette e organza. A questi lavori si aggiungono negli ultimi anni gli inediti Disegni caricaturali che illustrano lo sguardo del Maestro sull’assenza di eleganza contemporanea. Immagini tratte dalla sua acuta osservazione della moda di strada, che da schizzo preparatorio viene trasformato in disegno ironico. 20 Illustrazioni matite colorate e grafite su carta Fabriano 50 x 70 cm Fondazione Roberto Capucci

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Sezione 3 - SALA 5 e 6 - Donne, primedonne e nobildonne La sezione presenta cinque capolavori realizzati dal Maestro tra il 1952 e il 1992, destinati ad altrettante donne e primedonne dell’aristocrazia, del cinema, del teatro, dell’opera lirica e della scienza. Si può così ammirare la regalità di creazioni per Rita Levi Montalcini, per Raina Kabaivanska, Silvana Mangano, Esther Williams, Valentina Cortese e per la principessa Elvina Pallavicini, “donne di carattere che non seguono la moda, trovano l’abito o il colore che sta loro bene, e hanno il coraggio di non cambiare più”. 9) Abito da sera Presentato nel 1952 al Grand Hotel di Firenze Abito-scultura corto sul davanti in taffetas cangiante prugna con coda bouillonée. L’abito sarà acquistato dalla principessa Elvina Pallavicini Medici del Vascello Fondazione Roberto Capucci 10) Nove Gonne Presentato nel 1956 alla Sala Bianca di Palazzo Pitti, Firenze, per la terza edizione di Italian High Fashion Show L’abito-scultura in taffetas di seta rosso "bello" con nove elementi sovrapposti sulla gonna sarà acquistato nel 1957 dall’attrice di Hollywood Esther Williams e nello stesso anno sarà immortalato in una striscia a fumetti dedicata a Marilyn Monroe, in cui la diva in versione fumetto indossa questa creazione di Roberto Capucci. Fondazione Roberto Capucci 11) Abito da gala per Rita Levi Montalcini 1986 Stoccolma Abito creato per la cerimonia di conferimento del Premio Nobel per la Medicina il 10 dicembre 1986 alla Concert Hall di Stoccolma da parte del re Carlo XVI Gustavo di Svezia. L’abito è realizzato con pannelli in velluto verde smeraldo, blu zaffiro e rosso rubino, con breve coda. Fondazione Roberto Capucci (Donazione Rita Levi Montalcini) 12) Abito scultura per Valentina Cortese per il Festival di Salisburgo 1987 Abito-scultura in faille rosa ortensia sfumato dallo scuro al chiaro con elemento a farfalla sul dorso e doppio effetto a vortice sui lati della gonna. Fondazione Roberto Capucci (Donazione Valentina Cortese De Angeli) 13) Abito per Raina Kabaivanska in “La Vedova Allegra” Presentato nel 1991 a Trieste, Piazza Unità d’Italia Costume teatrale per il personaggio di Anna Glavari ne “La Vedova Allegra" in taffetas plissé nero ricamato con paillettes e canutiglie di cristallo. Un grande volant circonda l'abito e la lunga coda di taffetas plissé. Fondazione Roberto Capucci (Donazione Vittoria Cappelli) 14) Tunica per Silvana Mangano Presentato nel 1971 a Roma nell’Atelier Roberto Capucci di via Gregoriana Abito materico in georgette beige con applicazioni di corda sullo scollo e sulle maniche, sintesi dell’eleganza aristocratica, lunare e antica che contraddistingue la fase creativa del maestro dal 1971 al 1980. Fondazione Roberto Capucci Sezione 4 - Arte e Natura nella ricerca della regalità SALA 7 – Architettura “Ho scelto le colonne perché sono l’emblema di questa città [Roma] e la rappresentano da secoli”. Lo studio dell’arte e dell’architettura suggerisce al Maestro, fin dagli anni Cinquanta, creazioni solenni, in alcuni casi ispirate agli ordini architettonici. Tra di esse, l’Abito dorico, in raso beige modellato come una colonna con cinta di foglie, della collezione autunno/inverno 1978-1979; Capitello corinzio, in charmeuse plissé beige con corpino ricoperto di foglie verde-oro stile capitello corinzio, Capitello a paniere, in mikado bianco con corpino a ventaglio in lamé ad intarsi oro e argento, memore delle ornamentazioni a mosaico e dei capitelli

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bizantini, e l’elegantissimo Ricciolo barocco, dalla linea a scatola in lamé oro e argento, con volute sui fianchi, ispirate all’ordine ionico, tutti presentati a Roma nel 1989. 15) Colonna Dorica Presentato nel 1978 a Roma, Palazzo Barberini Abito-scultura in raso beige modellato come una colonna dorica, con cinta di foglie. Fondazione Roberto Capucci 16) Capitello Corinzio Presentato nel 1989 a Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna Abito-scultura in charmeuse plissé beige con corpino ricoperto di foglie verde-dorato, secondo l’ordine corinzio. Fondazione Roberto Capucci 17) Capitello a paniere Presentato nel 1989 a Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna Abito-scultura in mikado bianco con corpino a ventaglio in lamé ad intarsi oro e argento, memore delle ornamentazioni a mosaico e delle linee dei capitelli bizantini. Fondazione Roberto Capucci 18) Ricciolo barocco Presentato nel 1989 a Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna Abito-scultura dalla linea a scatola in lamé oro e argento, con riccioli barocchi sui fianchi, ispirati alle volute del capitello ionico. Fondazione Roberto Capucci 19) Abito scultura Presentato nel 1987 a Roma, Museo di Palazzo Venezia Abito-scultura in taffetas cangiante plissé multicolore con bolero dalla linea a scatola. Fondazione Roberto Capucci 20) Abito scultura Presentato nel 1989 a Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna Abito-scultura in raso grigio di "linea a scatola" con elementi e intarsi di raso in due toni di blu. Fondazione Roberto Capucci 21) Abito scultura Presentato nel 1989 a Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna Abito-scultura dalla "linea a scatola" in mikado in due toni di porpora con elementi e intarsi di raso in due toni di grigio. Fondazione Roberto Capucci 22) Architecture Presentato nel 2006 a Strasburgo, Palais du Rhin Abito-scultura in lamé argento, con applicazioni di farfalle sul bolero e sulle maniche in plastica che presentano la tradizionale linea a scatola creata da Capucci nel 1958. Fondazione Roberto Capucci … segue Sezione 4 - Arte e Natura nella ricerca della regalità SALA 8 e 9 – I minerali per la Biennale di Venezia del 1995 Dal 1980 il Maestro si presenta unicamente come creatore di abiti-sculture all’interno di musei e spazi artistici di grande prestigio, ogni volta in una città diversa, “quella”, secondo lo stesso Capucci “che sarà pronta ad accogliermi”. Nel 1995 il direttore del settore Arti Visive della Biennale di Venezia gli chiede di presentare in occasione dell’edizione del centenario della manifestazione creazioni emblematiche del suo percorso creativo, con un unica raccomandazione “...non si dimentichi mai il lavoro che fa”.

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Il Maestro presenta dodici Architetture in tessuto, esposte su manichino senza testa, massima espressione della sua riflessione e osservazione sulla natura, sul mondo minerale, sul colore e sull’arte: Sagenite, Fluorite, Lapislazzuli, Violano, Emanite, Ossidiana, Diaspro, Cinabro, Antimonite, Pirite, Allanite e Siderite. Nella presentazione delle opere a Venezia, Giulio Macchi afferma che “la patente di artista può essere data a chiunque porti nuovi valori siano essi espressi con stoffe, con penne d’oca o con marmi”. Da questo momento Roberto Capucci è per tutti il Maestro della Moda. 23) Allanite Presentato nel 1995 alla Biennale di Venezia nel Centenario dell’Esposizione Internazionale delle Arti Visive Architettura in Tessuto in taffetas grigio scuro nella tradizionale "linea a scatola" creata da Capucci nel 1958, arricchita da elementi geometrici. Fondazione Roberto Capucci 24) Antinomite Presentato nel 1995 alla Biennale di Venezia nel Centenario dell’Esposizione Internazionale delle Arti Visive Architettura in Tessuto in taffetas sauvage argento con elementi a cerchio dall'effetto a spirale. Fondazione Roberto Capucci 25) Cinabro Presentato nel 1995 alla Biennale di Venezia nel Centenario dell’Esposizione Internazionale delle Arti Visive Architettura in Tessuto in taffetas bordeaux e taffetas plissé con sfumature di rosso dall'effetto a conchiglia. Fondazione Roberto Capucci 26) Diaspro Presentato nel 1995 alla Biennale di Venezia nel Centenario dell’Esposizione Internazionale delle Arti Visive Architettura in Tessuto in taffetas viola cangiante con bordi plissé nei vari toni del verde e del viola che richiamano le foglie e corpino di velluto viola. Fondazione Roberto Capucci 27) Ematite Presentato nel 1995 alla Biennale di Venezia nel Centenario dell’Esposizione Internazionale delle Arti Visive Architettura in Tessuto in taffetas plissé nelle sfumature del grigio e del verde con effetto a nido d'ape e corpino in taffetas bianco a piccole pieghe. Fondazione Roberto Capucci 28) Fluorite Presentato nel 1995 alla Biennale di Venezia nel Centenario dell’Esposizione Internazionale delle Arti Visive Architettura in Tessuto in velluto viola con elementi a fogli aperti in taffetas viola. Fondazione Roberto Capucci 29) Lapislazzuli Presentato nel 1995 alla Biennale di Venezia nel Centenario dell’Esposizione Internazionale delle Arti Visive Architettura in Tessuto dalla "linea a scatola" con quattro archi in taffetas nei toni del blu con pieghe multicolore. Fondazione Roberto Capucci 30) Ossidiana Presentato nel 1995 alla Biennale di Venezia nel Centenario dell’Esposizione Internazionale delle Arti Visive Architettura in Tessuto in velluto nero con pieghe in taffetas nelle diverse sfumature di grigio. Fondazione Roberto Capucci 31) Pirite Presentato nel 1995 alla Biennale di Venezia nel Centenario dell’Esposizione Internazionale delle Arti Visive Architettura in Tessuto in taffetas blu con elementi in taffetas plissé bronzo che simulano movimento. Fondazione Roberto Capucci

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32) Sagenite Presentato nel 1995 alla Biennale di Venezia nel Centenario dell’Esposizione Internazionale delle Arti Visive Architettura in Tessuto di "linea a scatola" in taffetas shantung di color oro con elementi ad arco giallo e oro sulla vita e corpino a cordoni. Fondazione Roberto Capucci 33) Siderite Presentato nel 1995 alla Biennale di Venezia nel Centenario dell’Esposizione Internazionale delle Arti Visive Architettura in Tessuto in taffetas plissé dalle sfumature del bronzo e dell'arancione con volute ruotanti sulle spalle e sui fianchi. Fondazione Roberto Capucci 34) Violano Presentato nel 1995 alla Biennale di Venezia nel Centenario dell’Esposizione Internazionale delle Arti Visive Architettura in Tessuto in taffetas viola e verde cangiante con ventagli sovrapposti sulla gonna. Fondazione Roberto Capucci 12 Illustrazioni Architetture in Tessuto matite colorate e grafite su carta Fabriano 50 x 70 cm Fondazione Roberto Capucci … segue Sezione 4 - Arte e Natura nella ricerca della regalità SALA 10 – Fiori e Foglie “I miei vestiti prendono a prestito dalla natura foglie, corolle, farfalle...”. Dall’osservazione della natura e dallo studio dei motivi decorativi fitomorfi dei mosaici nascono creazioni che sembrano uscire da giardini fioriti, come Bouganville e Primavera e gli altri abiti scultura degli anni ottanta e novanta come Orchidea Nera del 1987 in taffetas plissé nero con bordi bianchi e volute nella parte anteriore che simulano il fiore tropicale, e il capolavoro di cesello rappresentato dall’Abito a foglie d’oro del 1992, modellato sui raffinati esempi di scultura a bassorilievo e sui mosaici dell'arte bizantina. 35) Orchidea Presentato nel 1987 nel Museo di Palazzo Venezia, Roma Abito-scultura in taffetas plissé nero con bordi bianchi e volute nella parte anteriore che simulano il fiore tropicale. Fondazione Roberto Capucci 36) Foglie d’oro Presentato nel 1992 al Teatro Schauspielhaus di Berlino Abito-scultura corto sul davanti con strascico in lamé oro ricoperto di foglie dai vari toni del giallo e dell’oro, modellato sui raffinati esempi di scultura a bassorilievo dell'arte bizantina. Fondazione Roberto Capucci 37) Bouganville Presentato nel 1989 alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma Abito-scultura in taffetas plissé verde con elementi a cerchio in taffetas plissé foderati nei colori ciclamino, fucsia, viola a simulare dei petali. Fondazione Roberto Capucci 38) Primavera Presentato nel 1989 alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma Abito-scultura in organza satinata avorio ricamato con fiori multicolori. La giacchina ha i bordi plissé e un grande fiocco. Fondazione Roberto Capucci

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… segue Sezione 4 - Arte e Natura nella ricerca della regalità SALA 11 e 12 A – Ali, farfalle e farfalloni Nell’ottobre del 1982, a Palazzo Visconti di Milano, la donna di Capucci prende il volo con l’apparizione dell’Abito da sera Angelo, in velluto prugna con foglie in taffetas liscio e taffetas shantung in vari toni, e degli altri abiti scultura in velluto con elementi ad ala in raso, primi di una serie di abiti sculture alate, proiezioni vestimentarie del celebre marmo greco raffigurante la Nike di Samotracia. Donne eteree e irraggiungibili sono quelle che indossano le ali di farfalla dell’Abito da sera Farfallone, in taffetas plissé in un arcobaleno di colori, presentato a New York nel 1985, e degli altri abiti farfalla. Nel contesto dell’omaggio alle creature alate si inserisce nel 2011 l’inedito omaggio che il Maestro riserva alla Vittoria Alata, il celeberrimo bronzo classico con echi ellenistici, simbolo di bellezza e trionfo, risalente probabilmente al I secolo d.C. Nella statua, la pura ed estatica dea Afrodite, intenta a rimirarsi nello specchio, si trasforma in irraggiungibile Vittoria Alata dalla veste drappeggiata, sottilissima e probabilmente bagnata. Il Maestro la interpreta con una ricchissima creazione dai 25 metri di georgette di seta e 17 metri di mikado in tre diverse tonalità di verde, una di mauve e una di bronzo. 39) Abito alato Presentato nel 1981 a Palazzo Barberini, Roma Abito-scultura in velluto prugna con elementi a vela sui fianchi in raso viola. Fondazione Roberto Capucci 40) Angelo Viola Presentato nel 1982 a Palazzo Visconti, Milano Abito-scultura in velluto prugna con foglie in taffetas liscio e taffetas shantung in vari toni. Fondazione Roberto Capucci 41) Farfallone Presentato nel 1985 all’Army National Guard Armory, New York Abito-scultura in taffetas plissé di vari colori con ampie maniche a farfalla. Fondazione Roberto Capucci 42) Abito farfalla Presentato nel 1985 all’Army National Guard Armory, New York Abito-scultura in crêpe bianco con corpino ed elemento a farfalla sul dorso ricamato in cristalli argento e oro. Fondazione Roberto Capucci 43) Abito farfalla Presentato nel 1992 al Teatro Schauspielhaus di Berlino Abito-scultura in taffetas ciclamino con volute ad effetto ala in taffetas verde scuro e turchese con intarsi multicolore. Una fibbia completa il percorso delle volute. Fondazione Roberto Capucci 44) Abito-scultura Vittoria Alata Presentato nel 2011 al Museo di Santa Giulia di Brescia Abito-scultura ispirato al bronzo romano Vittoria Alata, realizzato con 25 metri di georgette di seta e 17 metri di mikado in tre diverse tonalità di verde, una di mauve e una di bronzo. La gonna-manto, le maniche e l’ampia scollatura, unica citazione fedele del chitóne della Vittoria Alata, sono in georgette di seta, mentre la sottogonna rigida, l’alta cinta e le ali sono in mikado mauve. Le ali sono doppiate e riccamente drappeggiate nei colori del mauve e del bronzo e si inseriscono nella scollatura posteriore sottolineandone il profondo taglio a V. L’abito presenta un accentuato taglio piramidale conferito dalle due code in georgette che partendo dalle maniche si sviluppano fino a terra. Fondazione Roberto Capucci

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… segue Sezione 4 - Arte e Natura nella ricerca della regalità SALA 12 B – Fuoco rosso Il Maestro crea nel corso della sua carriera diversi abiti scultura ispirati agli elementi naturali: l’acqua, l’aria, il fuoco e la terra. Tra i risultati più ragguardevoli vi è certamente Fuoco, presentato a New York nel 1985. Composto da ventagli di plissé simili a fiammelle in quattordici toni di rosso è esposto in questa sala con una selezione di altre opere ispirate al colore del fuoco e alle sue declinazioni. Tra di esse l’Abito da sera in taffetas plissé del 1989 in due toni di rosso e arancio, con un grande fiore che si apre sul petto e, sul dorso, un movimento del tessuto a forma di grande ventaglio, e l’Abito da sera Ventagli del 1980/81, straordinario esempio di eleganza e invenzione architettonica. 45) Fuoco Presentato nel 1985 all’Army National Guard Armory, New York Abito-scultura in taffetas sauvage composto da ventagli di plissé simili a fiammelle in quattordici toni di rosso con corpetto. Fondazione Roberto Capucci 46) Ventagli Presentato nel 1980 a Palazzo Barberini, Roma Abito-scultura in taffetas sauvage rosso con elementi a ventaglio inseriti nei fianchi della gonna che si aprono e si richiudono con effetto sorpresa. Fondazione Roberto Capucci 47) Abito scultura Presentato nel 1987 al Museo di Palazzo Venezia, Roma Abito-scultura in velluto rosso scuro con bolero a ventagli in taffetas cangiante plissé nei toni del rosso, dell'azzurro e del viola. Fondazione Roberto Capucci 48) Abito scultura Presentato nel 1989 alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna, Roma Abito-scultura in taffetas plissé in due toni di rosso e arancio, con un grande fiore che si apre sul petto e, sul dorso, un movimento del tessuto a forma di grande ventaglio. Fondazione Roberto Capucci 49) Marsina Presentato nel 1992 al Teatro Schauspielhaus di Berlino Giacca in stile marsina in taffetas ermesino plissé nelle varie sfumature dell'arancione e del rosso, con pantalone viola e blusa rosa. Fondazione Roberto Capucci FINALE - SALA 13 – Vestire le vestali Nel 1986, nello scenario dell’Arena di Verona, va in scena lo spettacolo Questa è l’Arena, qui è nata Maria Callas, omaggio al leggendario soprano. La serata evento segna il debutto sulla scena operistica del Maestro che, con 500 metri di taffetas bianco, argento e ghiaccio, realizza i costumi delle dodici vestali che sfilano solennemente sulle note di Casta Diva. Roberto Capucci, il grande inventore dell’abito quale sintesi delle arti visive, per il suo ingresso nel teatro operistico sceglie il palcoscenico più spettacolare, l’Arena di Verona. I costumi dei ballerini solisti, Carla Fracci e Gheorghe Iancu, e quelli delle vestali si fondono perfettamente con lo scenario solenne dell’Arena e con la magica voce della Callas. Gli abbaglianti costumi teatrali in taffetas hanno una coda formata dalla parte centrale dell’abito e dalle maniche, impreziositi da un ricamo di paillettes d’argento e da una serie di cordoni d’argento di diverse dimensioni sul corpino. 50) - Abito-scultura Vestale Presentato nel 1986 all’Arena di Verona Abito di scena creato per le vestali della Norma di Vincenzo Bellini nello spettacolo di Pier Luigi Pizzi Questa è l’Arena, qui è nata Maria Callas, andato in scena nel settembre 1986 all’Arena di Verona. L’abito-scultura è in taffetas di seta con coda formata dalla parte centrale posteriore del tessuto e dalle maniche-ali,

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impreziosito da un ricamo di paillettes d’argento e da una serie di cordoni d’argento di diverse dimensioni cuciti sul corpino. Fondazione Roberto Capucci