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Riunione interparlamentare “Rafforzare i Parlamenti e diritti dei cittadini nella trasposizione ed applicazione del diritto dell’Unione” Bruxelles, 27 novembre 2018 n. 13 21 novembre 2018

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Riunione interparlamentare “Rafforzare i Parlamenti e diritti dei cittadini nella trasposizione ed applicazione del diritto dell’Unione”

Bruxelles, 27 novembre 2018

n. 13

21 novembre 2018 

Camera dei deputati XVIII LEGISLATURA

Documentazione per le Commissioni RIUNIONI INTERPARLAMENTARI

Riunione interparlamentare “Rafforzare i Parlamenti e diritti dei cittadini nella trasposizione ed applicazione del diritto

dell’Unione” Bruxelles, 27 novembre 2018

n. 13

21 novembre 2018

Il dossier è stato curato dall’UFFICIO RAPPORTI CON L’UNIONE EUROPEA ( 066760.2145 - [email protected]) ________________________________________________________________ I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

I N D I C E

ORDINE DEL GIORNO

SCHEDA DI LETTURA ................................................................................................. 1 

RUOLO DEI PARLAMENTI NAZIONALI E DEI CITTADINI NELLA

TRASPOSIZIONE E APPLICAZIONE DEL DIRITTO DELL’UE ................................... 3 

Il recepimento della normativa europea nell’ordinamento italiano ............... 3 

Il ruolo della Commissione europea nel controllo sull’applicazione del diritto dell’UE .......................................................................................... 5 

Le procedure di contenzioso ........................................................................ 5 

Pre-contenzioso (art. 258 del TFUE) ........................................................... 6  Contenzioso (art. 260 del TFUE) ................................................................ 6 

Stato delle procedure di infrazione dell’UE nei confronti dell’Italia ............... 7 

Controllo Parlamentare sulle procedure di infrazione ................................ 10 

Divieto di gold plating ................................................................................. 11 

Il diritto di petizione .................................................................................... 11 

Il Mediatore europeo .................................................................................. 12 

Le attività della Commissione in materia di better regulation ..................... 13 

L’accordo interistituzionale “Legiferare meglio” ........................................... 16 

Casi di studio .............................................................................................. 17 

Trasposizione e attuazione della direttiva sulla mediazione civile e

commerciale ........................................................................................... 17  Trasposizione e attuazione della Direttiva 2014/52/UE concernente la

valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e

privati ..................................................................................................... 18  Applicazione del regolamento sui diritti dei passeggeri ............................... 20 

EN

Interparliamentary Committee Meeting

in cooperation with the European network of ombudsmen

EMPOWERING PARLIAMENTS AND ENFORCING CITIZENS RIGHTS IN THE IMPLEMENTATION AND APPLICATION OF UNION LAW

Tuesday, 27 November 2018, 09.00 – 18.00

09.00 Registration of participants

Infopoint, besides the Simone Veil entrance of the Altiero Spinelli building (on the Solidarność 1980 Esplanade)

DRAFT AGENDA

09.30 Welcome words:

Pavel Svoboda, Chair of the Committee on Legal Affairs, European Parliament

Cecilia Wikström, Chair of the Committee on Petitions, European Parliament

09.40 Introduction to the topic:

Wolfgang Sobotka, President of the National Council of the Parliament of Austria (tbc)

Frans Timmermans, First Vice-President of the European Commission (tbc)

Emily O’Reilly, European Ombudsman

TRANSPOSITION, IMPLEMENTATION AND APPLICATION OF UNION LAW

(Chaired by JURI)

10.00 Introduction and general remarks by:

Mady Delvaux, Vice-Chair of the Committee on Legal Affairs, European Parliament

Freddy Drexler, the Jurisconsult, European Parliament

Case studies

10.20 Transposition and implementation of the 2008 Directive on mediation in civil and commercial matters

Giuseppe De Palo, Professor of Alternative Dispute Resolution Law and Practice at Hamline University School of Law, St Paul, U.S.*

Debate

(Chaired by PETI)

11.10 Transposition and implementation of the 2014 Directive on the assessment of the effects of certain public and private projects on environment

Marta Ballesteros, Associate Principal Legal and Policy Advisor, Milieu, Law and Policy Consulting, Brussels, Belgium*

Debate

11.45 Implementation of the regulation on passengers rights.

Sara Drake, Senior lecturer in European Union law, Cardiff School of Law and Politics, Cardiff University, United Kingdom *

Debate

12.30 Lunch break

TRANSPOSITION AND IMPLEMENTATION OF EU LAW AT NATIONAL LEVEL: A NATIONAL PARLIAMENTS’ POINT OF VIEW

(Chaired by PETI)

14.30 Introduction by:

* Presentation of a briefing commissioned by the the Policy Department for Citizens’ Rights and Constitutional Affairs Policy.

Inge Posch-Gruska, President of the Federal Council of the Parliament of Austria (tbc)

Transposition of EU legislation into domestic law: challenges faced by National Parliaments:

Wim Voermans, Professor of Constitutional and Administrative Law, Leiden University*

Challenges in the implementation of EU Law at national level:

Melanie Smith, Reader in Law, Cardiff School of Law and Politics, Cardiff University*

Representatives of national parliaments (Italy, Greece, Germany)

Debate

THE ROLE OF COMPLAINTS TO OMBUDSMEN AND PETITIONS TO PARLIAMENTS AS INSTRUMENTS TO DETECT BREACHES OF UNION LAW

(Chaired by PETI)

16.00 Introduction by:

Emily O’Reilly, European Ombudsman

Cecilia Wikström, Chair of the Committee on Petitions, European Parliament

Speakers:

Tiago Tibúrcio, researcher at (ISCTE-IUL), University of Lisbon, Portugal *

Mária Patakyová, Public Defender of Rights of Slovakia

Maija Sakslin, Deputy Parliamentary Ombudsman, Finland(tbc)

Teresa Anjinho, Deputy Ombudsman, Portugal(tbc)

Sylwia Spurek, Deputy Commissioner for Human Rights, Poland

Debate

17.45 Closing remarks by: (PETI MEP chairing the session)

* Presentation of a briefing commissioned by the the Policy Department for Citizens’ Rights and Constitutional Affairs Policy.

1

Scheda di lettura

2

3

RUOLO DEI PARLAMENTI NAZIONALI E DEI CITTADINI NELLA

TRASPOSIZIONE E APPLICAZIONE DEL DIRITTO DELL’UE

Il recepimento della normativa europea nell’ordinamento italiano

L’Unione europea è un ordinamento sovranazionale, con proprio territorio, istituzioni e norme giuridiche. In questo contesto, pertanto, l’UE ha organi e fonti del diritto.

Il meccanismo con cui gli Stati membri aderiscono all’Unione è diverso dall’esecuzione di un trattato internazionale. Esso è più propriamente una cessione di sovranità, sia pure parziale e graduale.

Il recepimento del diritto dell’UE e l’adeguamento a esso della disciplina giuridica interna è un procedimento più complesso dell’obbedienza a un trattato internazionale stipulato dal Governo e ratificato dal Parlamento.

Esso richiede la conoscenza del sistema normativo dell’UE e una vasta e consapevole partecipazione delle istituzioni interne alla formazione del diritto europeo. Sotto questo profilo, sono distinte due fasi, l’ascendente – in cui i Paesi membri partecipano alla produzione del diritto europeo – e la discendente – in cui i Paesi membri incorporano quel diritto al proprio interno.

Fatti salvi i Trattati istitutivi e quelli successivamente stipulati (che vengono ratificati secondo la procedura ordinaria dell’esecuzione degli atti internazionali ma che poi nell’ambito di competenza assumono forza e valore di testi costituzionali), le principali fonti del diritto dell’UE sono le direttive e i regolamenti.

In sintesi estrema, le direttive sono atti normativi che hanno efficacia c.d. verticale: sono indirizzati agli Stati membri e indicano loro oggetti, finalità da perseguire e termine entro cui esse devono essere recepite, essendo lasciato ai Paesi membri un certo margine di apprezzamento nel disciplinare in modo più specifico l’insieme dei mezzi e delle modalità con cui quegli obiettivi siano raggiunti. Le direttive – pertanto – necessitano di un atto normativo interno che ne recepisca i contenuti e produca l’efficacia orizzontale, vale a dire quella nei confronti di tutti i cittadini degli Stati membri (Nella pratica, ormai, le direttive sono assai specifiche, sicché lo spazio discrezionale degli Stati membri talora è molto ridotto).

I regolamenti – viceversa – hanno da subito l’efficacia orizzontale e dunque sono vincolanti non solo per gli Stati membri ma per tutti i cittadini. I regolamenti possono intervenire solo negli ambiti materiali e sociali indicati nei Trattati e si collocano – dunque - rispetto alle leggi nazionali non in chiave prevalenza gerarchica ma di deroga per competenza. La Corte costituzionale – fin dal 1984 – ha stabilito che, in caso di contrasto tra regolamenti e norme interne, il giudice è tenuto ad applicare i primi e a disapplicare le seconde.

Per dare un metodo organico alla fase discendente e - pertanto - sia al recepimento delle direttive sia all’adeguamento del diritto interno ai regolamenti

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emanati (ed evitare per quanto possibile le incertezze dovute al giudizio contenzioso con il connesso dovere di disapplicazione) sin dal 1989, l’Italia si è dotata di un procedimento legislativo e parlamentare periodico, volto al complessivo raccordo dell’ordinamento interno a quello dell’UE.

A partire dalla c.d. legge La Pergola e per giungere all’attuale legge n. 234 del 2012, ogni anno il Governo presenta al Parlamento disegni di legge di recepimento delle direttive europee e di adeguamenti ai regolamenti, per consentire il tempestivo raccordo normativo con il diritto dell’Unione.

La legge n. 234 tuttavia oggi prevede che il “pacchetto” sia composto di due distinti provvedimenti.

In un disegno di legge sono indicate le direttive UE che il Governo intende recepire con decreti legislativi. Esso prende il nome di “legge di delegazione europea” e reca – ai sensi dell’art. 76 della Costituzione – oggetto, tempi, principi e criteri direttivi della delega, cui nel relativo esercizio il Governo si deve attenere. Peraltro, nel sistema vigente, già la legge n. 234 reca criteri generali che guidano il Governo nel recepimento di tutte le direttive a prescindere dal loro contenuto; resta al singolo provvedimento di delega la possibilità di dettare principi e criteri più specifici. La direttiva è recepita effettivamente in Italia con l’emanazione dei decreti delegati.

La legge di delegazione europea contiene anche le delegazioni legislative volte ad adeguare il diritto interno a norme di regolamento europeo già vigenti.

L’altro disegno, detto di “legge europea” - viceversa - è teso a far entrare in vigore una legge immediatamente vincolante per tutti i cittadini e ha – generalmente - la finalità di rimediare a situazioni di patologia, derivanti dal conflitto tra diritto europeo e ordinamento interno. Tali situazioni si verificano allorquando l’Italia recepisce una direttiva in modo non corretto oppure quando non la recepisce affatto entro il termine prescritto.

L’accertamento di simili evenienze è solitamente il frutto di una procedura d’infrazione, vale a dire la constatazione ufficiale – da parte della Commissione europea – dell’inadempimento di uno Stato membro. A sua volta, la procedura d’infrazione ha due fasi c.d. pre-contenziose (la messa in mora e il parere motivato) e due fasi contenziose (il primo giudizio che si conclude con sentenza e poi l’eventuale condanna per non aver dato corso alla medesima sentenza) (per maggiori dettagli vedi infra).

L’approvazione della legge europea – generalmente – ha lo scopo di chiudere la procedura d’infrazione rispetto alla direttiva indicata (resta fermo che si può intervenire per evitare o chiudere procedure d’infrazione anche con provvedimenti specifici, al di fuori della legge europea).

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Il ruolo della Commissione europea nel controllo sull’applicazione del diritto dell’UE

La Commissione ha la responsabilità di garantire che tutti gli Stati membri applichino correttamente il diritto dell’UE. In tal senso la Commissione è definita "custode dei trattati".

Ai sensi dell’articolo 17 del Trattato sull’Unione europea spetta, infatti alla Commissione europea vigilare:

sull’applicazione dei Trattati e delle misure adottate dalle istituzioni in virtù dei trattati;

sull’applicazione dei diritto dell’Unione sotto il controllo della Corte di giustizia dell’UE.

La Commissione adotta provvedimenti nell’ambito delle procedere di contenzioso (v.infra) se un paese dell’UE:

non recepisce integralmente una direttiva nel diritto nazionale entro il termine stabilito;

non ha applicato correttamente il diritto dell’UE.

Ciascuna direttiva stabilisce una scadenza per il recepimento. Entro tale data i paesi dell’UE devono trasmettere alla Commissione il testo delle misure nazionali di attuazione che recepiscono le disposizioni della direttiva nella legislazione nazionale. La Commissione verifica che le misure di attuazione siano complete e conseguano gli obiettivi fissati dalla direttiva.

La Commissione può avviare procedure di infrazione per mancata comunicazione delle misure di attuazione e per violazione del diritto dell’UE nel caso in cui le misure di attuazione delle direttiva o successive misure non necessariamente in attuazione della direttiva siano in contrasto con essa.

Le procedure di contenzioso

La procedura d'infrazione disciplinata dagli articoli 258 e 260 del Trattato sul funzionamento dell’Unione è volta a garantire il rispetto e l'effettività del diritto dell'Unione. La decisione relativa al suo avvio è una competenza esclusiva della Commissione, la quale, esercitando un potere discrezionale, può agire di propria iniziativa, su denuncia di privati, sulla base di un'interrogazione parlamentare.

Le decisioni relative all'apertura, all'aggravamento o alla chiusura di una procedura di

infrazione sono adottate dal Collegio dei Commissari europei, in apposite sessioni che

hanno luogo a cadenza mensile. Il Collegio dei Commissari adotta una decisione di

archiviazione quando lo Stato membro si conforma ai rilievi della Commissione europea o

quando quest'ultima si ritiene soddisfatta dalle osservazioni dello Stato in questione. Le

archiviazioni intervengono solo in occasione delle riunioni mensile, mentre l'apertura di

una procedura d'infrazione può essere decisa anche in occasione di una qualunque altra

riunione del Collegio. Ad esempio, le procedure per mancato recepimento di direttive

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sono aperte automaticamente in una delle prime riunioni successive alla scadenza del

termine di trasposizione. Una volta aperta la fase contenziosa, l'adempimento da parte

dello Stato membro potrà condurre ad una rinuncia agli atti del ricorso da parte della

Commissione per venir meno dell'interesse ad agire.

Le procedure di contenzioso si articolano in una fase di pre-contenzioso ed in una fase di contenzioso vero e proprio.

Pre-contenzioso (art. 258 del TFUE)

Quando rileva la violazione di una norma europea, la Commissione europea procede all'invio di una "lettera di messa in mora", concedendo allo Stato un termine di due mesi entro il quale presentare le proprie osservazioni. La violazione contestata può consistere nella mancata attuazione di una norma europea oppure in una disposizione o in una pratica amministrativa nazionali che risultano con essa incompatibili.

La procedura d'infrazione è avviata nei confronti di uno Stato membro in quanto tale, senza che rilevi se l'autore della violazione sia un organo costituzionale, una giurisdizione, un ente territoriale o un soggetto di diritto privato controllato dallo Stato. Qualora lo Stato membro non risponda alla lettera di messa in mora nel termine indicato oppure fornisca alla Commissione risposte non soddisfacenti, quest'ultima può emettere un parere motivato con il quale cristallizza in fatto e in diritto l'inadempimento contestato e diffida lo Stato a porvi fine entro un dato termine.

Nel caso in cui lo Stato membro non si adegui al parere motivato, la Commissione può presentare ricorso per inadempimento davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione europea contro lo Stato in questione.

Si conclude così la fase del cd. "precontenzioso" ed inizia il giudizio, il quale è diretto ad ottenere dalla Corte l'accertamento formale, mediante sentenza, dell'inosservanza da parte dello Stato di uno degli obblighi imposti dall'Unione.

Contenzioso (art. 260 del TFUE)

Se la Corte di Giustizia accerta che uno Stato membro ha mancato ad uno degli obblighi ad esso incombenti in virtù del Trattato, questo è tenuto a prendere i provvedimenti che l'esecuzione della sentenza comporta, ponendo fine all'infrazione.

Se la Commissione ritiene che lo Stato non si sia conformato alla sentenza della Corte, essa avvia una procedura ex art. 260 del Trattato. In questa fase ciò che viene contestato allo Stato è un inadempimento ulteriore e autonomo, consistente nella mancata adozione dei provvedimenti necessari all'esecuzione della sentenza che ha accertato la violazione del diritto dell'Unione (es. modifica, abrogazione o introduzione di una disposizione normativa; recepimento di una direttiva; mutamento di una prassi amministrativa).

Come negli ordinari procedimenti per inadempimento, la procedura ex art. 260 si articola in una fase precontenziosa e in una fase contenziosa.

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Con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il 1° dicembre 2009, la disciplina delle procedure d'infrazione ha subìto importanti modifiche. Nei casi di cattiva applicazione del diritto dell'Unione, una delle novità introdotte è rappresentata dalla maggiore rapidità del procedimento d'infrazione ai sensi dell'art. 260, par. 2, TFUE rispetto a quanto disposto dal precedente art. 228, par. 2 e 3, del TCE. Infatti, se uno Stato membro non si conforma ad una sentenza d'inadempimento emessa ai sensi dell'art. 258 TFUE e non fornisce esaurienti giustificazioni in risposta alla "messa in mora", la Commissione può deferirlo al giudizio della Corte di Giustizia e chiedere il pagamento di una sanzione senza dover intraprendere una nuova fase "precontenziosa".

Le sanzioni consistono in una somma forfetaria e in una penalità di mora, adeguate alla gravità e alla persistenza dell'inadempimento. Le cifre indicate dalla Commissione per l'Italia ammontano a minimo 8.916.000 euro per la somma forfetaria e oscillano da 10.753,5 a 645.210 euro al giorno per la penalità di mora1.

Nella sentenza del 12 luglio 2005 (causa C-304/02, Commissione c. Francia), la Corte

di Giustizia ha chiarito che la somma forfetaria e la penalità di mora possono essere

inflitte cumulativamente qualora la violazione del diritto dell'Unione sia particolarmente

grave e persistente.

Una seconda importante modifica introdotta dal Trattato di Lisbona riguarda le sanzioni pecuniarie nei casi di mancato recepimento delle direttive europee. Nel caso in cui uno Stato membro abbia disatteso l'obbligo di comunicare alla Commissione le misure adottate al fine di recepire una direttiva, quest'ultima può chiedere alla Corte, nell'ambito dello stesso ricorso per inadempimento, di comminare il pagamento di una sanzione pecuniaria. In sostanza, con la nuova procedura di cui all'art. 260, par. 3 TFUE, la Commissione può richiedere alla Corte sia di accertare l'avvenuto inadempimento dell'obbligo, sia di condannare lo Stato inadempiente al pagamento della sanzione pecuniaria, senza dover attendere l'esaurimento di un'ulteriore fase precontenziosa.

Stato delle procedure di infrazione dell’UE nei confronti dell’Italia

Secondo i dati riportati sul sito del Dipartimento per le Politiche europee del Governo all’8 novembre 2018 il numero delle procedure a carico dell’Italia è pari a 68, di cui 60 per violazione del diritto dell'Unione e 8 per mancato recepimento di direttive.

Il Dipartimento per le Politiche europee pubblica sulla banca dati EUR-Infra l'elenco delle procedure aperte.

1 Mentre la somma forfetaria si paga anche se si è posto rimedio nel corso del dibattimento in Corte, la penalità di mora viene applicata qualora l'infrazione persista dopo la sentenza di condanna e viene calcolata, su base giornaliera, a partire dalla data della sentenza stessa.

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Di seguito si forniscono alcune tabelle estratte dalla relazione annuale sull’applicazione del diritto dell’UE 2017, pubblica il 12 luglio 2018.

Evoluzione del contenzioso dell’Italia con l’UE

Distribuzione per settore del contenzioso dell’Italia con l’UE nel 2017

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Procedure di infrazione aperte nel 2017 per Stato membro

Procedure esistenti al 31 dicembre 2017 per Stato membro con l’indicazione del numero delle procedure per violazione del diritto dell’UE (in giallo) e quelle per mancata comunicazione (in azzurro) - Ripartizione delle infrazioni per politica

10

Controllo Parlamentare sulle procedure di infrazione

La legge n.234 del 2012 ha rafforzato gli obblighi d’informazione del Governo nei confronti del Parlamento e gli strumenti di controllo del Parlamento relativamente alle procedure di infrazione. In particolare, si segnalano i seguenti articoli.

L’articolo 14, comma 1, prevede che il Presidente del Consiglio o il Ministro per gli affari europei trasmettano ogni tre mesi alle Camere un elenco, articolato per settore e materia, delle procedure d'infrazione avviate nei confronti dell'Italia, con informazioni sintetiche sull'oggetto e sullo stato del procedimento nonché sulla natura delle eventuali violazioni contestate all'Italia.

L’articolo 14, comma 2, prevede che il Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per gli affari europei, trasmetta ogni sei mesi alle Camere informazioni sulle eventuali conseguenze di carattere finanziario delle procedure d’infrazione.

L’articolo 14, comma 3, prevede che quando una procedura d’infrazione è posta alla base di un disegno di legge d'iniziativa governativa, di un decreto-legge o di uno schema di decreto legislativo sottoposto al parere parlamentare, nonché, in ogni altro caso, su richiesta di una delle due Camere, il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per gli affari europei comunichino alle Camere le informazioni o i documenti relativi a tali atti.

L’articolo 15, comma 1, prevede che il Presidente del Consiglio o il Ministro per gli affari europei comunichino alle Camere, contestualmente alla ricezione della relativa notifica da parte della Commissione europea, le decisioni assunte dalla stessa Commissione concernenti l'avvio di una procedura d'infrazione.

L’articolo 15, comma 2, prevede che entro venti giorni dalla comunicazione di avvio, il Ministro con competenza prevalente sia tenuto a trasmettere alle Camere una relazione che illustra le ragioni che hanno determinato l'inadempimento o la violazione contestati con la procedura d'infrazione, indicando altresì le attività svolte e le azioni che si intende assumere ai fini della positiva soluzione della procedura stessa.

L’articolo 30, al comma 2, lettera b), prevede che la legge di delegazione europea rechi disposizioni per il conferimento al Governo di delega legislativa, diretta a modificare o abrogare disposizioni statali vigenti, limitatamente a quanto indispensabile per garantire la conformità dell'ordinamento nazionale ai pareri motivati indirizzati all'Italia dalla Commissione europea ai sensi dell'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea o al dispositivo di sentenze di condanna per inadempimento emesse della Corte di giustizia dell'Unione europea; al comma 3, lettera b), prevede che la legge europea rechi disposizioni modificative o abrogative di disposizioni statali vigenti oggetto

11

di procedure d'infrazione avviate dalla Commissione europea nei confronti dell’Italia o di sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea.

L’articolo 39, comma 1, prevede che, in caso di mancato recepimento di una direttiva alla scadenza del termine, il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per gli affari europei chiedano ai Ministri competenti le motivazioni del mancato esercizio della delega ovvero della mancata o ritardata adozione dei decreti ministeriali o dei regolamenti di recepimento e trasmettano alle Camere una relazione che dà conto dei motivi addotti dalle rispettive amministrazioni a giustificazione del ritardo nel recepimento. Inoltre, il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per gli affari europei ogni sei mesi informano le Camere sullo stato di recepimento delle direttive da parte delle regioni e delle province autonome nelle materie di loro competenza.

Divieto di gold plating

Con il termine di gold plating si intende la prassi di introdurre nell’ambito del potere discrezionale dei singoli Stati di determinare le modalità di attuazione del diritto europeo nell’ordinamento nazionale e - in particolare nell’attuazione di direttive dell’UE - disposizioni aggiuntive che non sono richieste dal diritto europeo e che possono introdurre adempimenti, oneri o procedure aggiuntivi rispetto a quelli dell’atto europeo.

La legge 234 del 2012, all’art. 32, prevede, tra i principii e criteri direttivi generali di delega per l’attuazione del diritto dell’Unione europea, che gli atti di recepimento di direttive dell’Unione europea non possano prevedere l’introduzione o il mantenimento di livelli di regolazione superiori (gold plating) a quelli minimi richiesti dalle direttive stesse.

Il diritto di petizione

L’articolo 227 del Trattato sul funzionamento prevede che il cittadino dell’Unione europea, nonché qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede statutaria in un paese dell’UE ha il diritto di presentare, individualmente o in associazione con altri cittadini o persone, una petizione al Parlamento europeo su una materia che rientra nel campo di attività dell’UE e che lo concerne direttamente.

Le petizioni sono così definite: per informazione (indicando dove si possono ottenere

ulteriori informazioni); per un’ulteriore azione (richiesta di prendere in considerazione

proposte legislative o azioni politiche); per un parere (richiesta di una risposta scritta da

parte della commissione parlamentare competente).

La commissione per le petizioni del Parlamento europeo:

esamina la ricevibilità delle domande e, ove lo ritenga opportuno, può sottoporre una questione all’attenzione del mediatore;

può chiedere alla Commissione europea di trasmetterle determinati documenti o informazioni;

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può trasmettere la petizione ad altre commissioni parlamentari del Parlamento europeo per informazioni affinché queste ultime possano intraprendere un’azione;

può organizzare missioni d'informazione nello Stato membro o nella regione cui fanno riferimento petizioni ricevibili;

può presentare una relazione al Parlamento europeo affinché questa sia adottata in seduta plenaria o effettuare una missione d’indagine;

può esaminare le proposte di iniziative dei cittadini che sono state registrate a norma dell'articolo 4 del regolamento (UE) n. 211/2011, ma che non possono essere presentate alla Commissione a norma dell'articolo 9 di tale regolamento in quanto non sono state rispettate tutte le procedure e le condizioni pertinenti previste, possono essere esaminate dalla commissione competente per le petizioni.

Il Mediatore europeo

La funzione del Mediatore europeo è stata istituita con il trattato sull’Unione europea (Maastricht, 1992) per garantire l’amministrazione affidabile e la trasparenza delle istituzioni dell’UE.

L’articolo 228 del trattato sul funzionamento dell’UE stabilisce che il mediatore è eletto dal Parlamento europeo per la durata della legislatura e il suo mandato è rinnovabile.

Il 16 dicembre 2014 Emily O’Reilly è stata rieletta Mediatore europeo dal Parlamento

europeo per un mandato di cinque anni.

Il Mediatore è completamente indipendente e imparziale nell’esercizio delle sue funzioni. Il suo obiettivo principale è di sostenere le istituzioni dell’UE affinché siano più efficaci, trasparenti e responsabili.

Qualsiasi cittadino o residente dell’UE, oppure un’impresa o associazione in un paese dell’UE, può presentare una denuncia al Mediatore europeo su casi di cattiva amministrazione.

Le denunce possono riguardare:

l’accesso alle informazioni;

ritardi amministrativi;

ingiustizia o discriminazione;

mancanza di trasparenza.

Il Mediatore può aprire un’indagine di propria iniziativa o in seguito a una denuncia, se un’istituzione o un organismo dell’Unione europea non rispetta i diritti fondamentali; le regole o i principi giuridici; i principi di buona amministrazione.

Il Mediatore non può svolgere indagini: relative a denunce contro le autorità nazionali,

regionali o locali nei paesi dell’UE, anche se le denunce sono legate a questioni europee;

13

relative ad attività dei tribunali o dei difensori civici nazionali; relative a denunce contro

aziende o privati.

Qualora il Mediatore constati un caso di cattiva amministrazione, ne investe l’istituzione interessata ed eventualmente propone raccomandazioni a cui l’istituzione è tenuta a rispondere entro tre mesi.

Se l’istituzione non accetta di tenere conto delle raccomandazioni proposte, il Mediatore non può imporre una soluzione. Tuttavia potrà trasmettere una relazione sulla questione al Parlamento europeo affinché quest’ultimo prenda le misure necessarie.

Il Mediatore presenta ogni anno una relazione al Parlamento europeo sui risultati delle sue indagini. L’ultima relazione, relativa al 2017 è stata pubblicata il 17 maggio 2018.

Le attività della Commissione in materia di better regulation

La Commissione europea ha avviato numerose iniziative volta a rendere più trasparente il processo di elaborazione delle politiche e della legislazione e garantire una maggiore partecipazione dei cittadini e le parti interessate lungo tutto l'iter procedurale.

Attraverso l'iniziativa "Legiferare meglio"2 la Commissione europea intende garantire che:

il processo decisionale sia aperto e trasparente;

i cittadini e le parti interessate possano contribuire all’elaborazione e all’esecuzione delle politiche e dei processi decisionali;

le azioni dell’UE si basino su prove concrete e tengano conto dei relativi impatti;

gli oneri normativi per le imprese, i cittadini e le pubbliche amministrazioni siano ridotti al minimo.

A tal fine la Commissione europea, in particolare:

procede sistematicamente ad una pianificazione e un'analisi approfondite prima di intervenire a livello legislativo e proporre un nuovo atto legislativo;

ha migliorato e ampliato il processo di consultazione, volto a consentire ai cittadini e alle parti interessate di esprimere un parere o contributi su eventuali iniziative legislative. In particolare, la Commissione europea ha istituito un sito dedicato alle consultazioni attraverso il quale è possibili avere tutte le

2 Cfr. Comunicazione della Commissione europea “Legiferare meglio: risultati migliori per una unone piu forte” COM(2016) 615 del 14 settembre 2016.

14

informazioni sulle consultazioni avviate, aperte e concluse e partecipare rispondendo ai relativi questionari. Dal 2003 la Commissione europea ha svolto circa 500 consultazioni;

procede sistematicamente all’elaborazione di tabelle di marcia e valutazioni d'impatto iniziali, in cui delinea nuove politiche e normative o valutazioni delle politiche in vigore;

correda ogni nuova proposta di una valutazioni d'impatto, in cui si analizza il suo possibile impatto economico, sociale o ambientale ed ha istituito il Comitato per il controllo normativo3, un gruppo indipendente di funzionari della Commissione ed esperti esterni, con il compito di controllare la qualità di tutte le valutazioni d'impatto e delle principali valutazioni che contribuiscono al processo decisionale dell'UE.

Affinché la Commissione adotti un'iniziativa accompagnata da una valutazione

d'impatto, il Comitato deve emettere un parere positivo. In caso di parere

negativo, il progetto di relazione deve essere riesaminato e ripresentato alla

Commissione. Il parere accompagna il progetto di iniziativa, insieme alla

valutazione d’impatto, lungo l'intero processo decisionale politico della

Commissione. Tutte le valutazioni d’impatto e i relativi pareri del comitato

sono pubblicati online dopo che la Commissione ha adottato la relativa

proposta. Nel 2017 il comitato per il controllo normativo ha esaminato 53

valutazioni. Dodici di esse sono state giudicate migliorabili sotto il profilo

dell'analisi della sussidiarietà e del valore aggiunto europeo. Trenta pareri

contenevano osservazioni relative alla proporzionalità e al confronto delle

varie opzioni.

ha avviato dal 2012 il programma di controllo dell'adeguatezza e dell'efficacia della regolamentazione (REFIT) volto a semplificare la legislazione dell'UE e ridurre i costi della regolamentazione in particolare per le PMI;

La piattaforma REFIT riunisce esperti di alto livello provenienti da tutti i

28 Stati membri, dal Comitato economico e sociale europeo e dal

Comitato delle regioni, nonché da imprese, parti sociali e società civile,

nominati attraverso una procedura aperta e trasparente. Le parti interessate

che desiderino esprimere le proprie preoccupazioni o formulare suggerimenti

possono presentare alla piattaforma, attraverso uno specifico sito, le proprie

3 Il comitato per il controllo normativo è composto da un presidente (a livello di direttore generale) e da sei membri a tempo pieno, tre dei quali sono esterni alla Commissione. Tutti i membri del comitato sono indipendenti e agiscono a titolo personale in base alle rispettive competenze individuali. Il comitato controlla la qualità delle valutazioni d'impatto, dei controlli dell'adeguatezza e delle valutazioni principali. Questo controllo della qualità riguarda anche la sussidiarietà e la proporzionalità.

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opinioni sull’incidenza della legislazione dell’UE e indicare possibili

miglioramenti sulla cui base ogni anno la Commissione avvia una serie di

iniziative di semplificazione che può assumere varie forme: codificazione,

tutte le modifiche apportate a una legge nel corso degli anni sono incorporate

in un unico nuovo atto, riducendone il volume e la complessità; rifusione,

simile alla codificazione, ma oltre a riunire le modifiche precedenti in un testo

consolidato la legge stessa viene ulteriormente modificata; abrogazione, le

leggi inutili e non pertinenti vengono eliminate; clausole di

riesame/temporaneità, dopo un determinato periodo le leggi vengono

riesaminate o automaticamente eliminate; revisione, le leggi vengono

modificate per aggiornarle; le direttive sono sostituite da regolamenti, in

modo che tutti i cittadini dell’UE siano soggetti alle stesse norme e i governi

nazionali non possano aggiungere ulteriori obblighi; gli atti legislativi ancora

in preparazione vengono ritirati se diventano obsoleti a causa del

progresso tecnico o scientifico o se non sono più in linea con i nuovi obiettivi

politici; le norme giuridicamente vincolanti sono sostituite con alternative

più leggere fra cui accordi volontari (autoregolamentazione,

coregolamentazione). La Commissione redige anche valutazioni

retrospettive e controlli dell'adeguatezza volti a verificare l'ottenimento dei

risultati attesi delle azioni europee in termini di efficacia, efficienza, coerenza,

pertinenza e valore aggiunto europeo. La valutazione esamina una

legislazione specifica, una politica o un programma di finanziamento dell'UE

per verificarne: l'efficacia; l'efficienza; la pertinenza; la coerenza; il valore

aggiunto dell’UE. Il controllo dell’adeguatezza è una valutazione che prende in

considerazione diverse azioni connesse con l'obiettivo di valutare in che modo

legislazioni, politiche e programmi diversi interagiscono, individuare le

incongruenze o le sinergie e il loro impatto collettivo. Le valutazioni sono

programmate su base pluriennale e sono comunicate al pubblico mediante

tabelle di marcia accessibili. Chiunque può fornire un parere sui progetti di

valutazioni e di controlli di idoneità e partecipare alle consultazioni pubbliche

sulle valutazioni in corso. Nel 2017 la Commissione europea ha pubblicato 72

tra valutazioni e controlli dell’adeguatezza.

La Commissione europea nel luglio 2017 ha definito una serie di orientamenti sulla Better regulation volti a dare indicazioni al suo interno sulle migliori prassi da seguire nelle attività connesse a tutto il ciclo di programmazione legislativa.

Gli orientamenti prevedono che la Commissione esegua un'analisi della sussidiarietà

al momento di esaminare una nuova iniziativa nei settori che non sono di esclusiva

competenza dell'Unione e di valutare la pertinenza e il valore aggiunto europeo di un

intervento esistente. La Commissione tiene conto della sussidiarietà per quanto riguarda

sia le iniziative legislative sia quelle non legislative. L'obiettivo dell'analisi è duplice: in

primo luogo, consiste nel valutare se l'azione a livello nazionale, regionale o locale sia

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sufficiente per conseguire lo scopo perseguito; in secondo luogo, si traduce nel valutare

se un'azione dell'Unione possa apportare un valore aggiunto rispetto all'azione degli Stati

membri. In virtù del principio di proporzionalità, il contenuto e la forma dell'azione

dell'Unione si limitano a quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi dei

trattati4. Il rispetto del principio di proporzionalità consiste nel garantire che l'approccio e il

livello dell'intervento normativo di una politica si conformino all'obiettivo.

L’accordo interistituzionale “Legiferare meglio”

Il 13 aprile 2016 è entrato in vigore l‘accordo interistituzionale tra Parlamento europeo, Consiglio dell’UE e Commissione europea “Legiferare meglio” che sostituisce il precedente accordo del 2003, rimasto in gran parte non attuato.

L'accordo prevede, in particolare:

una cooperazione più stretta tra le istituzioni dell’UE nell'ambito della programmazione legislativa annuale e pluriennale;

il rafforzamento delle valutazioni d'impatto ex ante delle nuove iniziative e delle valutazioni ex post della legislazione esistente, con la previsione che il Parlamento europeo e il Consiglio, se lo ritengano opportuno e necessario, effettuino valutazione d’impatto in relazione ad modifiche da loro apportate nel corso dell’iter legislativo;

una maggiore trasparenza e consultazione pubblica nell'iter legislativo.

In particolare, la Commissione consulterà sia il Consiglio che il Parlamento europeo prima di adottare il proprio programma di lavoro annuale e terrà conto del loro parere nell’iter per la sua adozione.

Prima di adottare una proposta la Commissione condurrà consultazioni pubbliche, incoraggiando in particolare la partecipazione diretta delle PMI.

Nell'ambito del processo teso al miglioramento della qualità degli atti legislativi dell'UE saranno rafforzate le valutazioni d'impatto delle nuove iniziative, che terranno maggiormente conto delle conseguenze che i nuovi atti legislativi hanno sulla competitività, in particolare per quanto concerne le PMI e del costo della “non Europa” (il costo di non intraprendere alcuna azione a livello europeo).

In tema di semplificazione l’accordo prevede l'impegno a usare con maggiore frequenza la tecnica legislativa della rifusione, a promuovere l'armonizzazione e il riconoscimento reciproco, nonché a cooperare al fine di aggiornare e semplificare la legislazione e di evitare l'eccesso di regolamentazione e gli oneri amministrativi per i cittadini, le amministrazioni e le imprese, incluse le PMI, garantendo nel contempo che gli obiettivi della legislazione siano raggiunti.

4 Articolo 5, paragrafo 4, del trattato sull'Unione europea.

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Per quanto riguarda in particolare i Parlamenti nazionali, l’accordo prevede che i risultati finali delle valutazione di impatto delle iniziative legislative siano messi a disposizione oltre che del Parlamento europeo e del Consiglio dell’UE anche dei Parlamenti nazionali (paragrafo 13) e che Parlamento europeo, Consiglio e Commissione europea convengono che i Parlamenti nazionali debbano poter esercitare pienamente le prerogative attribuite loro dai trattati grazie alle informazioni loro fornite (paragrafo 37).

Casi di studio

La riunione interparlamentare prevede l’esame e la discussione relativamente a tre esempi di trasposizione di norme europee.

Trasposizione e attuazione della direttiva sulla mediazione civile e commerciale

La direttiva 2008/52/CE mira a incoraggiare l’uso di metodi alternativi di risoluzione delle controversie, in particolare il ricorso alla mediazione, con l’obiettivo di garantire un rapporto equilibrato tra mediazione e procedimento giudiziario.

Essa si applica alle controversie transfrontaliere in materia civile e commerciale, mentre non si estende a:

la materia fiscale, doganale e amministrativa;

la responsabilità di un Paese dell’UE per atti o omissioni nell’esercizio di pubblici poteri;

le controversie in cui una o più parti ha domicilio o residenza in Danimarca.

Ai sensi della direttiva, gli Stati membri devono stabilire una procedura che consenta alle parti di richiedere la conferma di un accordo. Questa conferma può essere contenuta in una sentenza, in una decisione o in un atto autentico proveniente da un tribunale o da un’autorità pubblica. Essa consente il riconoscimento reciproco e l’esecuzione di un accordo in tutta l’UE, alle stesse condizioni di quelle stabilite per le decisioni giudiziarie in materia civile e commerciale nonché in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale.

I mediatori o i soggetti che sono coinvolti nel processo di mediazione non sono obbligati a testimoniare nel procedimento giudiziario riguardo alle informazioni ottenute durante tale procedimento, tranne nei casi in cui:

ciò sia necessario per superiori considerazioni di ordine pubblico, in particolare sia necessario per assicurare la protezione degli interessi superiori di una persona;

la comunicazione del contenuto dell’accordo sia necessaria ai fini dell’applicazione o dell’esecuzione di tale accordo.

I Paesi dell’UE devono incoraggiare la formazione dei mediatori, così come l’elaborazione e l’applicazione di codici volontari di condotta per la professione.

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Si ricorda che il decreto legislativo del 4 marzo 2010, n. 28, recante attuazione dell’articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali è stato comunicato dal Governo italiano alla Commissione europea quale misura nazionale di trasposizione della direttiva citata.

Nel 2013 l’UE ha pubblicato due nuovi atti legislativi sui modi alternativi di risoluzione

delle controversie:

la direttiva 2013/11/UE sulla risoluzione alternativa delle controversie che assicura

che i consumatori abbiano accesso a organismi di risoluzione alternativa delle

controversie (ADR) di elevata qualità per tutti i tipi di controversie contrattuali con i

commercianti. Per garantire tale accesso, i paesi dell’UE devono istituire

infrastrutture ADR nazionali entro gennaio 2016. La mediazione è una delle varie

forme di ADR su cui i paesi dell’UE possono contare per istituire tale infrastruttura.

Tale direttiva è stata attuata nell’ordinamento italiano con il decreto legislativo 6

agosto 2015, n. 130;

Il regolamento (UE) n. 524/2013 sulla risoluzione delle controversie online (ODR),

in base al quale una piattaforma online a livello UE sarà allestita per le

controversie derivanti da transazioni online. La piattaforma permetterà ai

consumatori di presentare le proprie controversie online e opererà in tutte le lingue

ufficiali dell’UE. L’accesso al pubblico è previsto a partire dal gennaio 2016.

Trasposizione e attuazione della Direttiva 2014/52/UE concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati

La direttiva 2014/52/UE apporta alcune modifiche alla direttiva 2011/92/UE concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati

La Direttiva 2011/92/UE definisce la procedura di adozione della valutazione dell’impatto ambientale (VIA) che garantisce che i progetti che potrebbero avere effetti significativi sull’ambiente siano sottoposti a una valutazione prima della loro approvazione.

Si ricorda che la Direttiva 2011/92/UE, in vigore dal 17 febbraio 2012, codifica quattro

direttive precedenti (85/337/CEE, 97/11/CE,2003/35/CE e 2009/31/CE) la prima delle

quali è diventata legge negli Stati membri il 3 luglio 1988.

Obiettivi della direttiva sono quelli di garantire:

un livello elevato di protezione ambientale;

che le considerazioni ambientali siano integrate nell’elaborazione e adozione dei progetti.

La Direttiva VIA si applica a un’ampia gamma di progetti pubblici e privati (aeroporti, impianti nucleari, ferrovie, strade, impianti di smaltimento dei rifiuti, di depurazione delle acque reflue, ecc…).

La Direttiva 2014/52/UE è stata adottata nel 2014 con gli obiettivi di:

ridurre gli oneri amministrativi;

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migliorare il livello di protezione ambientale per consentire decisioni commerciali più solide, prevedibili e sostenibili sugli investimenti pubblici e privati;

prendere in considerazione le nuove minacce e le sfide emerse in tema di impatto ambientale quali l’efficienza delle risorse, i cambiamenti climatici e la prevenzione delle catastrofi.

Le modifiche principali sono:

facoltà per gli Stati membri di semplificare le diverse procedure di valutazione ambientale;

introduzione di tempistiche per le diverse fasi delle valutazioni ambientali;

semplificazione della procedura di selezione, che determina se è necessaria una VIA;

obbligo di motivazione delle decisioni alla luce dei criteri di selezione aggiornati;

obbligo di rendere le relazioni VIA più comprensibili per il pubblico, in particolare per quanto riguarda le valutazioni dello stato attuale dell’ambiente e le alternative al progetto in questione;

miglioramento della qualità e del contenuto delle relazioni. Le autorità competenti devono inoltre dimostrare la propria obiettività per evitare conflitti di interesse;

obbligo per I committenti, in caso di progetti che comportano significativi effetti negativi sull’ambiente, di evitare, prevenire o ridurre tali effetti. Questi progetti devono essere monitorati.

La procedura per condurre la VIA è la seguente:

Il committente del progetto può richiedere all’autorità competente di specificare

cosa deve essere coperto dalle informazioni VIA che devono essere fornite (fase di

definizione del campo di applicazione);

il committente deve fornire informazioni sull’impatto ambientale (sotto forma

di una relazione VIA);

le autorità ambientali e il pubblico, nonché le autorità locali e regionali (nonché

gli Stati membri interessati) devono essere informati e consultati;

l’autorità competente decide di prendere in considerazione i risultati delle

consultazioni; questa decisione contiene anche una conclusione motivata sugli

effetti significativi del progetto;

l’autorità informa il pubblico della sua decisione;

il pubblico può contestare la decisione dinanzi al tribunale.

Le autorità nazionali devono decidere, entro un ragionevole lasso di tempo, se

rilasciare o no l’approvazione al progetto. Esse devono rendere disponibili agli organismi

pubblici, oltre che ambientali, locali e regionali, il contenuto di una decisione positiva,

comprese le principali ragioni dell’approvazione e qualsiasi condizione ambientale o di

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altro tipo da esse allegata. Qualora rifiutino la domanda di autorizzazione, devono

rendere noto il motivo della scelta.

Gli Stati membri possono stabilire norme più severe e fissare sanzioni in caso di

infrazione.

La Direttiva 2014/52/EU è entrata in vigore il 25 aprile 2014 e doveva diventare legge negli Stati membri entro il 16 maggio 2017.

In Italia è stata recepita con il decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104, recante attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, ai sensi degli articoli 1 e 14 della legge 9 luglio 2015, n. 114.

Applicazione del regolamento sui diritti dei passeggeri

I diritti dei passeggeri nel settore dei trasporti sono disciplinati da norme europee. In particolare:

per il trasporto aereo, la disciplina di riferimento è rappresentata dal regolamento CE 261/2004 che istituisce regole comuni in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato. Va inoltre considerato il regolamento CE 2027/97 sulla responsabilità del vettore aereo nel trasporto aereo dei passeggeri e dei loro bagagli che recepisce ed estende il contenuto di una Convenzione internazionale sulla materia (Convenzione di Montreal);

per il trasporto marittimo e per le vie navigabili interne si fa riferimento al regolamento CE 1177/2011;

per il trasporto ferroviario la norma fondamentale è il regolamento CE 1371/2007;

per il trasporto su bus si fa riferimento infine al regolamento CE 181/2011.

La Commissione europea ha emanato di recente degli orientamenti

interpretativi volti a chiarire il contenuto di due di questi regolamenti. In particolare: la comunicazione 15 giugno 2016, n. 2016/C214/04, riferita al regolamento relativo ai diritti dei passeggeri nel trasporto aereo e la comunicazione del 4 luglio 2015 2015/C 220/01 riferita ai diritti e agli obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario.

Disposizioni più specifiche sono state adottate per assicurare una protezione rafforzata del diritto alla mobilità per le persone con disabilità e a mobilità ridotta:

per il trasporto aereo il regolamento CE 1107/2006;

per il trasporto ferroviario il regolamento UE 1300/2014.

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Nel settore del trasporto per mezzo di bus e nel trasporto marittimo le disposizioni concernenti la tutela dei disabili e delle persone a mobilità ridotta sono invece inserite nella regolamentazione generale. Con riferimento alle violazioni del regolamento CE 1107/2006 è stato emanato il decreto legislativo n.24 del 2009.

Nel corso della legislatura sono stati emanati tre decreti legislativi che hanno introdotto nel nostro ordinamento le sanzioni nel caso di violazioni delle disposizioni europee a tutela dei passeggeri, in modo da rendere effettiva la tutela di questi diritti:

il decreto legislativo n.129 del 2015, per i diritti dei passeggeri che viaggiano via mare e per vie navigabili interne;

il decreto legislativo n.169 del 2014, per i diritti dei passeggeri nel trasporto effettuato con autobus;

il decreto legislativo n. 70 del 2014, per i diritti e agli obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario.

L'Autorità di regolazione dei trasporti è responsabile dell'accertamento delle violazioni delle disposizioni dei regolamenti europei nei settori ferroviario, marittimo e del trasporto con autobus e dell'irrogazione delle sanzioni. Il rispetto del regolamento (CE) n. 261/2004 sui diritti dei passeggeri nel trasporto aereo è affidato in Italia all'Ente Nazionale per l'Aviazione Civile (ENAC).

Caratteristica comune dei regolamenti è la previsione di alcuni diritti fondamentali riconosciuti ai passeggeri di tutte le forme di trasporto. Si assicurano in particolare:

a) la non discriminazione fra i passeggeri riguardo alle condizioni di trasporto offerte dai vettori;

b) i diritti dei passeggeri in caso di incidenti derivanti dall'utilizzo del trasporto che provochino il decesso o lesioni dei passeggeri o la perdita o il danneggiamento del bagaglio;

c) la non discriminazione e l'assistenza obbligatoria nei confronti delle persone con disabilità o a mobilità ridotta;

d) i diritti dei passeggeri in caso di cancellazione o ritardo; e) le informazioni minime da fornire ai passeggeri; f) il trattamento dei reclami.

Nel trasporto ferroviario sono disciplinati in particolare questi aspetti: a) le informazioni che devono essere fornite dalle imprese ferroviarie, la

conclusione di contratti di trasporto, l'emissione di biglietti e l'attuazione di un sistema telematico di informazioni e prenotazioni per il trasporto ferroviario;

b) la responsabilità delle imprese ferroviarie e i loro obblighi di assicurazione nei confronti dei passeggeri e dei loro bagagli;

c) gli obblighi delle imprese ferroviarie nei confronti dei passeggeri in caso di ritardo;

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d) la protezione delle persone con disabilità e delle persone a mobilità ridotta nel viaggio in treno e l'assistenza alle medesime;

e) la definizione e il monitoraggio di norme di qualità del servizio, la gestione dei rischi in materia di sicurezza personale dei passeggeri e il trattamento dei reclami;

f) le regole generali in materia di attuazione. Nel trasporto aereo, il regolamento (CE) n. 261/2004 ha introdotto regole

comuni volte a garantire un livello elevato di tutela dei passeggeri, in particolare considerando in modo specifico i diritti minimi dei passeggeri in caso di:

a) negato imbarco; b) cancellazione del volo; c) ritardo del volo.

Il regolamento si applica:

ai passeggeri in partenza da un aeroporto situato nel territorio di un paese dell'UE soggetto ai trattati dell'UE;

ai passeggeri in partenza da un aeroporto situato in un paese terzo a destinazione di un aeroporto situato nel territorio di un paese dell'UE soggetto alle disposizioni dei trattati.

Negato imbarco

Il regolamento non si applica ai viaggiatori che viaggiano gratuitamente o a tariffa ridotta non direttamente o indirettamente accessibile al pubblico.

Qualora possa ragionevolmente prevedere di dover negare l'imbarco su un volo, il vettore aereo operativo fa in primo luogo appello ai volontari disposti a rinunciare alla prenotazione in cambio di determinati benefici. Qualora il numero dei volontari non sia sufficiente per consentire l'imbarco, il vettore aereo può negare l'imbarco a passeggeri non consenzienti versando una compensazione.

Deve essere assicurata la precedenza alle persone a mobilità ridotta e ai loro accompagnatori.

In caso di cancellazione del volo o di rifiuto d'imbarco, i passeggeri interessati hanno diritto:

al rimborso del biglietto entro sette giorni o a un volo di ritorno verso il punto di partenza iniziale o a un volo alternativo verso la destinazione finale;

ad assistenza (pasti e bevande, sistemazione in albergo, trasporto tra l'aeroporto e il luogo di sistemazione, possibilità di effettuare a titolo gratuito due chiamate telefoniche o messaggi via telex, fax o posta elettronica);

a un risarcimento fissato (250 euro per tratte aeree inferiori o pari a 1 500 km; 400 euro per tratte aeree intracomunitarie di oltre 1 500 km e per tutte le altre tratte aeree tra 1 500 e 3 500 km; 600 euro per le altre tratte.

Ritardi

Il regolamento introduce un regime relativo ai ritardi che prevede tre categorie di penalizzazione:

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ritardi prolungati (due ore o più, a seconda della distanza in km della tratta). I passeggeri hanno diritto a ricevere pasti e bevande nonché la possibilità di effettuare due chiamate telefoniche o messaggi via telex, fax o posta elettronica;

orario di partenza differito al giorno successivo. I passeggeri hanno diritto ad una sistemazione in albergo e il trasporto fino al luogo della sistemazione e da quest'ultimo fino all'aeroporto;

ritardo di almeno cinque ore. I passeggeri possono scegliere il rimborso del prezzo integrale del biglietto con, se necessario, un volo di ritorno al punto di partenza iniziale.

Sistemazione in classe superiore o inferiore

Se un vettore aereo assegna al passeggero una classe inferiore a quella corrispondente al biglietto aereo acquistato, il passeggero ha diritto al rimborso entro sette giorni:

30 % del prezzo del biglietto per tratte aeree pari o inferiori a 1 500 km;

50 % del prezzo del biglietto per tratte aeree intracomunitarie superiori a 1 500 km (esclusi i collegamenti fra il territorio europeo dei paesi dell'UE e i dipartimenti francesi d'oltre mare) e per le altre tratte comprese tra 1 500 e 3 500 km;

75 % del prezzo per le tratte aeree che non rientrano nei casi di cui alle lettere a) o b), compresi i collegamenti fra il territorio europeo dei paesi dell'UE e i dipartimenti francesi d'oltremare.

Il regolamento è entrato in vigore il 17 febbraio 2005. L’anno successivo è stato adottato il decreto legislativo 27 gennaio 2006, n.

69, recante disposizioni sanzionatorie per la violazione del regolamento (CE) n. 261/2004.