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Ritardi della psiche Giorgio Antonelli, Roma Per ritardi della psiche vanno intese qui le incongruenze, le apatie, le anorgasmie dell’editoria italiana relativamente alla pubblicazione di testi psicologici e, in particolare, psicodinamici. Se l’editoria italiana è in crisi, ciò deve anche accadere perché la psiche ritarda a investirla, a ispirarla. Un confronto con quanto accade all’estero, in particolare in Germania, in Francia e nei paesi anglosassoni, può confermare l’infelice assunto. Nel 1962 Hermann Nunberg e Ernst Federn iniziano la pubblicazione dei Dibattiti della Società psicoanalitica di Vienna. A Paul Federn, padre di Ernst, i verbali di quei dibattiti li aveva affidati lo stesso Freud nel 1938. Il primo dei quattro volumi, relativo al triennio 1906-1908, viene edito a New York per conto della International Universities Press. Paolo Boringhieri pubblica una traduzione (direttamente dal manoscritto tedesco) nel 1973. Oltre un decennio è passato, ma tant’è: un ritardo normale, fisiologico, direi persino nazionale. Nella circostanza ci si potrebbe anche accontentare. Quanti sono gli psicologi, gli psicoanalisti, gli psicoterapeuti, gli psicolettori in grado di leggere agevolmente, come fosse un fiume che placidamente scorre, un testo inglese o tedesco? Cinquantamila? Diecimila? Mille? Centotrentasette? La domanda si pone in tutta la sua fastidiosa presupposizione considerando che Nunberg e Federn portano a compimento l’opera, con la pubblicazione del quarto volume, nel 1975. In Italia dei restanti tre volumi, a tutt’oggi, alla rimarchevole distanza di quarant’anni, non c’è traccia. Dal momento che si tratta di testi fondamentali (i famosi verbali redatti in parte da Rank), capaci di ricreare, davanti a nostri occhi, gli inizi storici della psicoanalisi (dal 1906), non averne una versione tradotta appare particolarmente penoso.

Ritardi della psiche - fioriti.it · L’edizione tedesca dell’epistolario tra i due ... Wien-Köln-Weimar, 2003 ... S. - Laforgue, R., Correspondance 1923-1937, in Nouvelle Revue

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Ritardi della psiche

Giorgio Antonelli, Roma

Per ritardi della psiche vanno intese qui le incongruenze, le apatie, le anorgasmie dell’editoria italiana relativamente alla pubblicazione di testi psicologici e, in particolare, psicodinamici. Se l’editoria italiana è in crisi, ciò deve anche accadere perché la psiche ritarda a investirla, a ispirarla. Un confronto con quanto accade all’estero, in particolare in Germania, in Francia e nei paesi anglosassoni, può confermare l’infelice assunto.

Nel 1962 Hermann Nunberg e Ernst Federn iniziano la pubblicazione dei Dibattiti della Società psicoanalitica di Vienna. A Paul Federn, padre di Ernst, i verbali di quei dibattiti li aveva affidati lo stesso Freud nel 1938. Il primo dei quattro volumi, relativo al triennio 1906-1908, viene edito a New York per conto della International Universities Press. Paolo Boringhieri pubblica una traduzione (direttamente dal manoscritto tedesco) nel 1973. Oltre un decennio è passato, ma tant’è: un ritardo normale, fisiologico, direi persino nazionale. Nella circostanza ci si potrebbe anche accontentare. Quanti sono gli psicologi, gli psicoanalisti, gli psicoterapeuti, gli psicolettori in grado di leggere agevolmente, come fosse un fiume che placidamente scorre, un testo inglese o tedesco? Cinquantamila? Diecimila? Mille? Centotrentasette? La domanda si pone in tutta la sua fastidiosa presupposizione considerando che Nunberg e Federn portano a compimento l’opera, con la pubblicazione del quarto volume, nel 1975. In Italia dei restanti tre volumi, a tutt’oggi, alla rimarchevole distanza di quarant’anni, non c’è traccia. Dal momento che si tratta di testi fondamentali (i famosi verbali redatti in parte da Rank), capaci di ricreare, davanti a nostri occhi, gli inizi storici della psicoanalisi (dal 1906), non averne una versione tradotta appare particolarmente penoso.

Marina Malizia

Un altro imperdibile della storia della psicoanalisi sono le Rundbriefe, le lettere circolari che si inviavano i membri del Comitato Segreto allo scopo di vegliare sul corretto sviluppo della psicoanalisi, al cospetto delle deviazioni e degli scismi inflitti da Adler, Stekel e, soprattutto, Jung. Rispondono ai nomi di Freud e ai suoi presunti paladini: Abraham, Eitingon, Ferenczi, Jones, Rank e Sachs. L’edizione tedesca delle Rundbriefe è stata curata da Gerhard Wittenberger e Christfried Tögel in quattro volumi, il primo volume è stato pubblicato nel 1999 e il quarto e ultimo nel 2006.1 Si tratta anche in questo caso di documenti essenziali per una comprensione di un movimento che ha rivoluzionato i modi di pensare dell’occidente. La psiche editoriale qui neanche ritarda. A distanza di sette anni dal completamento della loro pubblicazione non si mostra affatto interessata. Sulla storia del Comitato Segreto, poi, andrebbero lette le non ancora tradotte monografie (ma ci sono speranze?) di Grosskurth2 e Wittenberger.3

Altre importanti Rundbriefe (119 di numero) sono quelle inviate da Fenichel a un gruppo di psicoanalisti. Esiste un’edizione necessariamente bilingue (dal momento che Fenichel scrive le sue Rundbriefe in un primo tempo in tedesco e in un secondo tempo, essendo emigrato come innumerevoli altri suoi colleghi negli USA, in inglese) pubblicata in due volumi nel 1998.4 Il lettore italiano può leggerne qualche pagina (per la precisione due e mezzo circa) nello studio di Russell Jacoby.5 A fronte delle oltre duemila dell’originale non può certo formarsi un’idea adeguata. Col rischio di farsi sfuggire un momento

1 Wittenberger, G. – Tögel, Chr., 1999, Die Rundbriefe des “Geheimen Komitees”, Edition diskord, Tübingen: Band 1 (1913-1920), Band 2 (1921), Band 3 (1922), Band 4 (1923-1927), pubblicati, rispettivamente, negli anni 1999, 2000, 2003, 2006.

2 Grosskurth, Ph., 1991, The Secret Ring. Freud’s Inner Circle and the Politics of Psychoanalysis, Jonathan Cape, London.

3 Wittenberger, G., 1995, Das Geheime Komitee Sigmund Freuds. Institutionalisierungsprozesse in der Psychoanalytischen Bewegung zwischen 1912 und 1927, Edition diskord, Tübingen.

4 Fenichel, O., 1934-1945, 119 Rundbriefe. Band I Europa; Band II Amerika, Stroemfeld Verlag, Frankfurt am Main und Basel, 1998.

5 Jacoby, R., 1983, Il disagio della psicoanalisi. Otto Fenichel e i freudiani politicizzati, Astrolabio, Roma, 1987.

Argomenti154

essenziale nella storia della psicoanalisi, quello compreso tra il 1934 e il 1945, il periodo dell’americanizzazione della psicoanalisi.

Si sa che gli italiani non amano l’editoria epistolare. Non la amano neanche gli psicolettori? Freud pensava che per essere bravi psicoanalisti occorresse conoscere la storia della disciplina. Ora, il documento più emozionante, sofferto, inquietante, illuminante di tutta l’editoria epistolare psicoanalitica è senza dubbio costituito dalla corrispondenza Freud-Ferenczi. Nell’originale tedesco si tratta di tre volumi, ognuno diviso in due tomi. Nelle traduzioni inglese e francese di tre volumi non divisi in tomi. L’edizione tedesca dell’epistolario tra i due maestri di psicoanalisi si completa con la pubblicazione del secondo tomo del terzo volume nel 2005.6 L’editore Cortina pubblica il primo volume nel 1993 e il secondo volume nel 1998. Del terzo volume a tutt’oggi, a distanza di 3 lustri dall’uscita del secondo, non si sente neanche l’odore. Gli psicolettori francesi e inglesi sono certamente più fortunati dei loro colleghi italiani.

Cito qui di seguito gli scambi epistolari che presumibilmente gli psicolettori italiani non vedranno presto tradotti nella loro lingua (e spero tanto d’essere smentito a partire da adesso): 1) L’epistolario Freud-Abraham.7 2) L’epistolario Freud-Binswanger.8 3) L’epistolario Freud-Eitingon.9 4) L’epistolario Freud-Hall.10 5) L’epistolario Freud-Jelliffe con annesso scambio epistolare tra Jelliffe e Jung.11 6) L’epistolario

6 Freud, S. - Ferenczi, S., Briefwechsel 1920-1924. Band III/1, Bölhau Verlag, Wien-Köln-Weimar, 2003. Freud, S. - Ferenczi, S., Briefwechsel 1925-1933. Band III/2,. Bölhau Verlag, Wien-Köln-Weimar, 2005.

7 Freud, S. - Abraham, K., Briefwechsel 1907-1925, Turia & Kant, Wien, 2009. Di questo epistolario esistono in compenso edizioni in inglese e francese.

8 Freud, S. – Binswanger, L., Briefwechsel 1908-1938, Fischer, Frankfurt am Main, 1992. Edizione inglese: Freud-Binswanger Correspondence, Open Gate Press, London, 2003.

9 Freud, S. - Eitingon, M., Briefwechsel 1906-1939, Band I/1, Band I/2, Edition diskord, Tübingen, 2004.

10 In Rosenzweig, S., 1992, Freud, Jung and Hall the King-Maker, Hogrefe & Huber, Seattle-Toronto-Bern-Göttingen.

11 In McGuire, W., ed., 1983, Jelliffe :American Psychoanalyst and Physician, The University of Chicago Press, Chicago & London.

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Freud-Laforgue.12 7) L’epistolario Freud Putnam (che include anche altri scambi come si evince in nota).13 8) L’epistolario Freud-Rado.14 9) L’epistolario Freud-Rank.15 10) L’epistolario Freud-Riviere.16 11) L’epistolario Freud-Stekel.17 12) L’epistolario Freud – Anna Freud.18 L’epistolario Freud-figli di Freud.19 13) L’epistolario Anna Freud-Eva Rosenfeld.20 14) L’epistolario Marie Bonaparte-Laforgue.21 15) L’epistolario di Karl Menninger.22 16) L’epistolario di Kohut.23 Dell’epistolario Anna Freud-Lou Salomé, infine (ma lo scempio degli esempi non sembra aver fine) esiste una traduzione soltanto parziale.24 Etc.

Le cose non vanno epistolarmente meglio – perché mai dovrebbero? – in campo junghiano. Ne ho fatto menzione

12 Freud, S. - Laforgue, R., Correspondance 1923-1937, in Nouvelle Revue de Psychanalyse 15, 1977.

13 In Freud, S. - Putnam, J. J., Correspondence 1910-1916, in Hale, N. G., a cura di, James Jackson Putnam and Psychoanalysis. Letters between Putnam and Sigmund Freud, Ernest Jones, William James, Sándor Ferenczi, and Morton Prince, 1877-1917. Cambridge (Mass.), Harvard University Press, 1971.

14 In Roazen, P. - Swerdloff, B., 1995, Heresy. Sándor Rado and the Psychoanalytic Movement, Jason Aronson, Northvale (N. J.).

15 Lieberman, E. J. – Kramer, R., 2012, The Letters of Sigmund Freud & Otto Rank. Inside Psychoanalysis, The John Hopkins University Press, Baltimore.

16 Freud, S. - Riviere, J., Lettres de Sigmund Freud à Joan Riviere 1921-1939, présentées par Athol Hugues, in Revue Internationale de la Psychanalyse 3, 1990.

17 In Bos, J. – Groenendijk, L., 2007, The Self-Marginalization of Wilhelm Stekel. Freudian Circles Inside and Out, Springer, New York.

18 Freud, S. - Freud, A., Briefwechsel 1904-1938. Fischer, Frankfurt am Main, 2006.

19 Freud, S., Unterdeß halten wir zusammen. Briefe an die Kinder. Aufbau Verlag, Berlin 2010.

20 Freud, A., 1994, Briefe an Eva Rosenfeld. Stroemfeld Verlag, Frankfurt am Main und Basel. Edizione francese: Anna Freud. Letters à Eva Rosenfeld, Hachette Littératures, 2003.

21 Marie Bonaparte er la psychanalyse à travers ses lettres à René Laforgue et les images de son temps, présenté par Jean-Pierre Bourgeron, Slatkine, Genève, 1993.

22 Menninger, K., 1988, The Selected Correspondence of Karl A. Menninger 1919-1945, edited and with an Introduction by Howard J. Faulkner and Virginia D. Pruitt, Yale University Press, New Haven and London.

23 Kohut, H., 1994, The Curve of Life. Correspondence of Heinz Kohut, edited by Geoffrey Cocks, The University of Chicago Press, Chicago-London.

24 Salomé, L. - Freud, A., 1919-1937, … als käm ich heim zu Vater und Schwester. Briefwechsel 1919-1937. Wallstein Verlag, Göttingen, 2001. Traduzione completa in francese: À l’ombre du père: Correspondance, 1919-1937, Hachette Littératures, 2006. Traduzione parziale italiana: Legami e libertà. Lettere di Lou Andreas-Salomé e Anna Freud, La tartaruga, Milano, 2012.

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nell’editoriale del nr. 12 del Giornale Storico del Centro Studi di Psicologia e Letteratura uscito nel’aprile del 2011. Mancano all’appello, scrivevo, l’epistolario Jung-White,25 l’epistolario Jung-Hans Schmid Guisan (incentrato sulla nascente teoria dei tipi psicologici)26 e deve essere riedito l’epistolario Jung-Pauli che Il Minotauro pubblicò in poche ormai dissolte copie nel 1999.27 Si aggiunge alla lista dei pubblicandi l’epistolario Jung-Kirsch28 (il figlio del quale, Thomas, ha pubblicato nel 2000 una monografia di cui il meno che si posa dire è che dovrebbe interessare non poco gli psicologi analitici).29 Il dato più penoso è però un altro. L’edizione delle lettere di Jung che, dopo oltre sei lustri è approdato a una traduzione italiana nel 2006,30 è un’edizione fortemente incompleta. Già nel 1992, in occasione dell’uscita del Trattato di Psicologia Analitica curato da Aldo Carotenuto per i tipi della Utet, parlavo, con riferimento alle lettere di Jung, di polverizzazione. Le cose non sembrano aver registrato significativi cambiamenti da allora. Quando L’editore Magi progettò finalmente di rendere giustizia alle lettere di Jung, perché non ha tenuto conto di questa formidabile incompletezza e non si è adoperato per rimediarvi anche parzialmente, invece di attenersi pedissequamente a un’edizione, quella inglese (che si ripete comunque in quella tedesca), che vede la luce nei lontani anni settanta?31

La psiche deve ispirare un segreto complotto tra editori e psicolettori. Gli psicolettori non amano gli epistolari e gli editori non li pubblicano. O, forse, gli editori non li pubblicano e gli psicolettori non sanno come amarli

25 The Jung-White Letters, Routledge, 2006.26 Zur Entstehung von C. G. Jungs "Psychologischen Typen". Der Briefwechsel zwischen C.

G. Jung und Hans Schmid-Guisan im Lichte ihrer Freundschaft, a cura di Hans Konrad Iselin, Verlag Sauerländer, Aarau-Frankfurt am Main-Salzburg, 1982.

27 Jung, C. G. – Pauli, W., Carteggio 1934-1957, a cura di C. A. Meier, il Minotauro, Roma, 1999.

28 The Jung-Kirsch Letters, Routledge, London and New York, 2011.29 Kirsch, Th. B., 2000, The Jungians. A Comparative and Historical Perspective,

Routledge, London.30 C. G. Jung, Lettere, in tre volumi, Edizioni Magi, Roma, 2006. Tre sono anche

i volumi dell’edizione tedesca.31 Jung, C. G., Letters, selected and edited by G. Adler in collaboration with A.

Jaffé, Routledge and Kegan Paul, London, vol. 1 (1973); vol. 2 (1976).

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o addirittura cosa amare. Cosa dobbiamo amare? si chiedono. Non lo sanno. La psiche ritarda, la crisi incalza e gli editori, nella migliore delle ipotesi, temporeggiano. Ma il tempo non arriva. Perché non c’è un tempo che arriva. Il tempo lo facciamo. Possiamo attenderci forse che gli psicolettori amino, se non gli scambi epistolari, almeno le biografie/autobiografie? Neanche questo sembra sia il caso se consideriamo cosa non fanno e insistono a non fare gli editori. Si tratta, certo, di ritorni economici. Di esitanti risposte del mercato. Perché però non considerare la possibilità di costruire amori? Di accendere fuochi?

Cito qui di seguito alcuni autori le cui biografie/autobiografie sono, per quanto ne so (e spero anche stavolta, ovviamente, d’essere smentito), in attesa di attenzione e, per i riferimenti bibliografici, rimando lo psicolettore alle pagine che agli psicoterapeuti dedica il sito del Centro Studi: www.centrostudipsicologiaeletteratura.org. Qui voglio solo citare i nomi di alcuni degli autori le cui biografie e autobiografie non sembrano incontrare il favore degli psicolettori e dei loro non molto ispirati editori: Balint, Bonaparte, Breuer, Bruch, Helene Deutsch, Easser, Fairbairn. Fenichel, Fromm-Reichmann, Gedo, Edward Glover, Horney, Jelliffe, Jones, Mahler, Maslow, Masud Khan, Menaker, Perls, Plaut, Putnam, Rank, Rangell, Reich, Stekel, Tausk, Weiss, Clare Winnicott. Sempre rimanendo nell’orbita della Società Psicologica del Mercoledì, poi Società Psicoanalitica di Vienna, una menzione speciale merita il lessico biografico curato da Elke Mühlleitner che riporta notizie biobibliografiche su tutti coloro che hanno fatto parte, per breve o lungo tempo, delle suddette società.32 Aggiungo le psicoanaliste berlinesi riscoperte da Christiane Ludwig-Körner.33 Per non parlare della psicoanalisi di lingua spagnola. Etc.

Se il disamore avvolge nelle sue spire epistolari e biografie possiamo sperare che lo stato delle opere sia

32 Mühlleitner, E., Biographisches Lexicon der Psychoanalyse. Die Mitglieder der psychologischen Mittwoch-Gesellschaft und der Wiener Psychoanalytischen Vereinigung 1902-1938, edition diskord, Tübingen, 1992.

33 Ludwig-Körner, Chr., 1999, Wiederentdeckt – Psychoanalytikerinnen in Berlin, Psychosozial-Verlag, Gießen.

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meglio curato? Se, tanto per cominciare un ulteriore cahier de doléances, considero l’importanza che, nella storia della psicoanalisi, ha avuto Otto Rank, un autore assolutamente geniale e innovativo (s’è dovuto transpersonalmente scomodare Grof per riproporlo all’attenzione del pubblico), non posso che rivolgere un triste pensiero allo stato della sua opera in traduzione italiana. Rank non ha goduto della stessa fortuna di cui hanno goduto Freud, Anna Freud, Abraham, Jung e Ferenczi, per citare i maggiori, le cui opere sono state edite da Boringhieri e, per quanto riguarda Ferenczi, da Cortina. E nemmeno di quella di Reich che pure è stato tradotto, sia pure non integralmente da SugarCo. Mancano nel suo caso, ad esempio, i diari e molta corrispondenza.34 Parziale, a dir poco, è l’edizione del testo di Rank Il tema dell’incesto Fondamenti psicologici della creazione poetica.35 Soprattutto non sono stati tradotti, con una eccezione, i testi postpsicoanalitici di Rank: i due volumi sulla Genetische Psychologie,36 la sua trilogia dedicata alla tecnica analitica,37 il suo opus magnum sulla creatività38, il suo scritto su educazione e concezione del mondo,39 il suo lavoro uscito postumo e redatto direttamente in inglese sull’aldilà

34 Reich, W., 1981, Record of a Friendship. The Correspondence of Wilhelm Reich with A. S. Neill 1936-1957, Farrar-Straus-Giroux, New York. Reich, W., Beyond Psychology. Letters and Journals 1934-1939, Farrar, Strauss and Giroux, New York, 1994. Reich, W., American Odyssey. Letters and Journals 1940-1947, Farrar, Strauss and Giroux, New York, 1999.

35 Rank, O., 1912a, Das Inzest-Motiv in Dichtung und Sage, Deuticke, Leipzig und Wien. Esiste una traduzione integrale inglese The Incest Theme in Literature & Legend. Fundamentals of a Psychology of Literary Creation, The Johns Hopkins University Press, Baltimore and London, 1992. Il molto ridotto testo italiano è Il tema dell’incesto. Fondamenti psicologici della creazione poetica,SugarCo, Milano 1989.

36 Rank, O., 1927-1928, Grundzüge einer Genetischen Psychologie. Auf Grund der Psychoanalyse der Ichstruktur, I Teil; Grundzüge einer Genetischen Psychologie. Auf Grund der Psychoanalyseder Ichstruktur, II Teil: Gestaltung und Ausdruck der Persönlichkeit, Deuticke, Leipzig und Wien.

37 Rank, O., 1926/1929/1931, Technik der Psychoanalyse, Band I-III, Psychosozial-Verlag, Gießen, 2006. È stata pubblicata Una traduzione inglese delle parti seconda e terza: Will Therapy, Norton, New York, 1978 (1945).

38 Rank, O., 1932, Kunst und Künstler. Studien zur Genese und Entwicklung des Schaffensdranges. Psychosozial-Verlag, Gieβen, 2000. Tr. ingl., 1932, Art and Artist. Creative Urge and Personality Development. Norton, New York, 1989.

39 Rank, O., 1933, Erziehung und Weltanschauung. Eine Kritik der psychologischen Erziehungs-Ideologie Verlag von Ernst Reinhardt. München. Tr. ingl. Modern Education. A Critique of Its Fundamental Ideas. Knopf, New York, 1932.

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della psicologia,40 le splendide conferenze americane.41 Neanche sono stati tutti tradotti, però, i testi pubblicati in tempi psicoanalitici ancora non sospetti. Molti, e notevoli, rimangono ancora in attesa (ma verrà mai il loro Godot?), come ad esempio la raccolta Sexualität und Schuldgefühl. Psychoanalytische Studien, pubblicata nel 192642 e che contiene cinque lavori pubblicati negli anni tra il 1911 e il 1923. Di essi voglio qui ricordare lo studio su Perversione e nevrosi e, soprattutto, quello sul narcisismo, che è anche il primo lavoro su questo argomento nella storia della psicoanalisi, un lavoro che precede Freud. Aggiungo soltanto, ma la bibliografia di Rank resta tutta da rivedere nell’auspicabile prospettiva di una sua organica edizione, la monografia Eine Neurosenanalyse in Träumen.43 Va considerato anche il fatto che, nel caso di Rank e degli altri classici della psicoanalisi, col sistema del Print on Demand, si sono resi disponibili lavori altrimenti difficilmente acquisibili. Per quanto riguarda Rank, ad esempio, si può segnalare la raccolta dedicata alla Mythenforschung che raccoglie sette saggi pubblicati nel triennio 1912-1914.44 Internet, ovviamernte, aiuta molto nel reperimento di testi anche integrali. Resta il fatto che lo psicolettore italiano, linguisticamente sprovvisto, non può avvalarsene. Neanche godono del favore editoriale italiano gli studi biografici e non dedicati a Rank: la biografia originaria della Taft, la biografia canonica di Lieberman, gli studi di Zottl e Marina Leitner.45

40 Rank, O., 1941, Beyond Psychology, Dover, New York, 1958.41 Rank, O., A Psychology of Difference. The American Lectures selected, edited and

introduced by Robert Kramer, with a foreword by Rollo May, Princeton University Press, Princeton, 1996.

42 Rank, O., 1926, Sexualität und Schuldgefühl. Psychoanalytische Studien, Internationaler Psychoanalytischer Verlag, Leipzig-Wien-Zürich.

43 Rank, O., 1924, Eine Neurosenanalyse in Träumen, Internationaler Psychoanalytischer Verlag, Leipzig-Wien-Zürich.

44 Rank, O., 1922, Psychoanalytische Beiträge zur Mythenforschung: aus den Jahren 1912 bis 1914, zweite, veränderte Auflage, Internationaler Psychoanalytischer Verlag, Leipzig-Wien-Zürich.

45 Taft, J., 1958, Otto Rank. A Biographical Study based on Notebooks, Letters, Collected Writings, Therapeutic Achievements and Personal Associations, Julian Press, New York. Lieberman, E. J., 1985, Acts of Will. The Life and Work of Otto Rank, The Free Press, New York. Zottl, A., 1982, Otto Rank. Das Lebenswerk eines Dissidenten der Psychoanalyse, Kindler Verlag, München. Leitner, M., 1998, Freud, Rank und die Folgen. Ein Schlüsselkonflikt für die Psychoanalyse, Turia & Kant, Wien

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Non diversa da quella di Rank è la situazione editoriale in cui versano altri classici come Alexander, Benedeck, Bergler, Boss, Brierley, Lampl-de Groot, Jekels, Laforgue, Lagache, Loewenstein, Lorand, Menninger, Nacht, Pichon, Rado, Annie Reich, Reik, Rickman, Róheim, Sadger, Sharpe, Stekel, Sterba, Waelder. Etc. Alcuni dei loro numerosi titoli il lettore può leggere nelle pagine che dedica loro il sito del Centro Studi: www.centrostudipsicologiaeletteratura.org. Il caso di Stekel, vero pioniere della disciplina reinventata da Freud, uno dei primi quattro (dopo Freud, Reitler e Sadger) a praticare la psicoanalisi, è esemplare. Esemplari sono i suoi testi sui sogni e, in particolare, quello sulla tecnica analitica, nell’originale Technik der analytischen Psychotherapie.46 I testi sulla psicologia dell’artista, a partire dallo scritto del 1909 su poesia e nevrosi.47 Altro testo ragguardevole è la monografia, citata anche da Jung, pubblicata nel 1908 con tanto di (brevissima) prefazione di Freud.48 Quale psicoanalista pubblicava nel 1908 oltre Freud? Ferenczi inizia proprio in quell’anno con un breve scritto sull’eiaculazione precoce. Nello stesso anno Sadger pubblica la sua patografia su Konrad Ferdinand Meyer. Quanto Ferenczi fa registrare i timidi inizi, e Sadger inizia a patografizzare, Stekel è già capace di pubblicare un corposo studio sulle nevrosi d’angoscia e sul loro trattamento. E cosa scrive nella prima pagina? Che gli esseri umani hanno quasi dimenticato di avere un’anima. La crisi potrebbe essere intesa anche così, come un immane ritardo sull’anima. Ed è ancora Stekel a pubblicare una storia del movimento psicoanalitico che fa da contraltare a quella di Freud.49 Per rendersi conto della ragguardevole produzione di questo pioniere della psicoanalisi occorre rivolgersi all’ancora non tradotto

46 Stekel, W., 1938, Technique de la psychothérapie analytique, Payot, Paris, 2001.47 Stekel, W., 1909, Dichtung und Neurose. Bausteine zur Psychologie des Künstlers und

des Kunstwerkes, Outlook Verlagsgesellschaft.48 Stekel, W., 1908, Nervöse Angstzustände und ihre Behandlung, Urban &

Schwarzenberg, Berlin-Wien.49 On the History of the Analytical Movement, in Bos, J. – Groenendijk, L., op. cit.

Altro materiale interessanti si trova in The Autobiography of Wilhelm Stekel, edited by Emil A. Gutheil, Liveright, New York, 1950.

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studio monografico di Francis Clark-Lowes.50 In campo junghiano voglio soltanto accennare a due

autori, La Uniform Edition delle opere di Hillman, in corso di pubblicazione, presenta i testi “brevi” del fondatore della psicologia archetipica, alcuni dei quali già tradotti in italiano. Vedremo come saranno capaci di muoversi i grandi del’editoria. Per adesso non se ne fa parola. Dell’altro autore, Wolfgang Giegerich, che pure gode di qualche traduzione italiana, esiste un’edizione di Collected English Papers in quattro volumi51 che attende una mossa di buona volontà da parte dell’editoria italiana. Ce la faranno i nostri editori ad allearsi agli psicolettori per riscaldarsi insieme a questo fuoco della psicologia analitica?

Infine se gli psicolettori italiani non hanno la possibilità di leggere biografie, epistolari e un congruo numero di opere, se non hanno il gusto dei classici e, anche, meno classici, delle memorie,52 dei resoconti analitici,53 dei primi

50 Clark-Lowes, F., 2010, Freud’s Apostle. Wilhelm Stekel and the Early History of Psychoanalysis, Authors OnLine.

51 Giegerich, W., Collected English Papers, vol. 1 The Neurosis of Psychology;, Vol. 2 Technology and the Soul. From the Nuclear Bomb to the World Wide Web; vol. 3 Soul Violence; vol. 4 The Soul Always Thinks, Spring Journal Books, New Orleans, pubblicati, rispettivamente, negli anni 2005, 2007, 2008, 2010. Inoltre si segnalano Giegerich, W., 2012, What is Soul?, Spring Journal Books, New Orleans (recensito nel nr 15 del Giornale Storico del Centro Studi di Psicologia e Letteratura uscito nell’ottobre del 2012) e, insieme a David L. Miller e Greg Mogenson, The El Capitan Canyon Seminar, Spring Journal Books. New Orleans, 2005.

52 Alcuni suggerimenti per gli editori: Sterba, R., 1982, Reminiscences of a Viennese Psychoanalyst, Detroit, Wayne State University Press, 2a ed. 1985. Timms, E., 1995, Freud and the Child Woman. The Memoirs of Fritz Wittels, Yale University Press, New Haven and London. Sadger, I., 1930, Recollecting Freud, The University of Wisconsin Press, 2005.

53 Alcuni suggerimenti per gli editori: Meisel, P. – Hendrick, W., 1985, Bloomsbury/Freud. The Letters of James and Alix Strachey 1924-1925, Basic Books, New York, 1985. Menaker, E., 1989, Misplaced Loyalties, Transaction Publishers, New Brunswick and London, 1995 (sull’apprendistato analitico con Anna Freud).. Standford Friedmann, S., ed., 2002, Analyzing Freud. Letters of H: D., Bryher and their Circle, edited by Susan, A New Directions Book.

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manuali di tecnica,54 delle controversie,55 delle ricostruzioni storiche (ad esempio quella, sontuosa, di Marina Leitner sulla prima trasmissione del segreto ben custodito della tecnica analitica),56 delle storie della psicoanalisi per nazioni (la psicoanalisi ungherese, ad esempio, quella francese, quella argentina, quella americana etc.),57 degli psicoterapeuti in esilio,58 gli editori in combutta con loro non pubblicano. Una perversa sincronicità. Che bisogno c’è, del resto, di causa ed effetto? L’effetto non viene forse prima? L’atto non precede forse la potenza? La crisi editoriale, come ogni crisi, vegeta dalle parti di un’incapacità a creare nuovi amori, nuovi fuochi, anche a partire dal passato. Perché il passato è adesso. Cosa leggono, allora, gli psicolettori, psicologi, psicoterapeuti dopo aver creduto di consumare gli inconsumabili? Ma leggono? Etc.

54 Jelliffe, S. E., 1918, The Technique of Psychoanalysis, Nervous and Mental Disease Publishing House, New York and Washington. La già citata Trilogia di Rank pubblicata nel 1926, 1929, 1931. Il già citato testo di Stekel del 1938. Schilder, P., 1938, Psychotherapy. Kegan Paul, Trench, Trubner&Co., London. Lorand, S., 1946, Technique of Psychoanalytic Therapy, International University Press, New York. Alexander, F., 1956, Psychoanalysis and Psychotherapy. Developments in Theory, Technique and Training, Norton&Company, New York. Menninger, K., 1958, Theory of Psychoanalytic Technique, Kessinger Publishing’s Rare Reprints, 2009. Alla lista si possono aggiungere gli scritti di tecnica analitica di Ella Freeman Sharpe raccolti in Whelan, M., 2000, Mistress of her own Thoughts. Ella Freeman Sharpe and the Practice of Psychoanalysis, Booksurge Australia, North Melbourne. Etc.

55 In particolare quelle che videro schierati gli uni contro gli altri armati kleiniani e freudiani nell’Inghilterra della prima metà degli anni quaranta: King, P. - Steiner, R., 1993 (eds), The Freud-Klein Controversies 1941-45. Tavistock/Routledge, London and New York.

56 Leitner, M., 2001, Ein gut gehütetes Geheimnis. Die Geschichte der psychoanalytischen Behandlungs-Technik von der Anfängen in Wien bis zur Gründung der Berliner Poliklinik im Jahr 1920. Psychosozial-Verlag, Gießen.

57 Harmat, P., 1986, (1a ed. ungherese), Freud, Ferenczi und die ungarische Psychoanalyse, Edition diskord, Tübingen, 1988. Roudinesco, E., 1982-1986, La bataille de cent ans. Histoire de la psychanalyse en France 1 –2 Éditions du Seuil, Paris (ora in Roudinesco, E., 2009, Histoire de la psychanalyse en France – Jacques Lacan, LGF, Paris). Plotkin, M. B., 2001, Histoire de la psychanalyse en Argentine. Une réussite singulière, CampagnePremière, Paris, 2010. Quanto a storie della psicoanalisi americana mi limito a segnalare il classico lavoro di Oberndorf, C. P., 1953, A History of Psychoanalysis in America. Harper&Row, New York, Evanston and London.

58 Peters, U. H., 1992, Psychiatrie im Exil. Die Emigration der Dynamischen Psychiatrie aus Deutschland 1933-1939, Kupka Verlag, Düsseldorf.

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Felicità e disuguaglianzeLectio magistralis di Amartya Sen

a cura di Luisa de Paula

Venerdì 18 gennaio, Auditorium parco delle Musica presso la Sala Petrassi alle ore 21 Luigino Bruni ha introdotto la lectio magistralis del premio Nobel Amartya Sen dal titolo “Felicità e disuguaglianze”, nell’ambito del Festival delle Scienze 2013 che quest'anno è dedicato al tema “la felicità” all’insegna di una stretta interdisciplinarietà che coinvolge anche le scienze solitamente neglette, psicologia e filosofia in primis. Il Festival è iniziato giovedì 17 e si è concluso oggi, domenica 20.

Quando le luci in platea si spengono ed il pubblico lo accoglie con un caloroso applauso, l'omino dall'andatura gracile e incerta si accomoda sulla sua poltrona d'onore e rompe subito il copione: non vuole riflettori puntati sul palcoscenico mentre il resto della sala dovrebbe essere destinato a rimanere in ombra: per parlare ha bisogno di guardare in faccia chi è venuto ad ascoltarlo. Non si scompone troppo Luigino Bruni, docente di Scienze economiche all'Università Lumsa di Roma, ex allievo di Sen ed oggi suo seguace e degno interlocutore che per l’occasione è stato designato intervistatore e mediatore degli interventi. Così, in apertura di questa brillante serata di gala dedicata a chi ancora crede nell'impegno per un mondo migliore, l’anchorman indica disinvoltamente ai tecnici di sala di accondiscendere alla richiesta del Professore, che però, con ghiribizzo ben poco professorale, storce il naso di fronte agli appellativi onorifici che gli si vorrebbero riservare, esprimendo predilezione per il proprio nome, Amartya, in cui risuonano le radici indiane mai dimenticate.

Ma l’attenzione del Primo Nobel per le Scienze Economiche stasera è tutta rivolta a casa nostra e a chi lo

ospita. Alleggerendo il tono con sagace ironia, Sen non esita ad esprimere il proprio dissenso per le più recenti politiche europee. Non bisogna confondere l’austerità con le riforme: è questo il nocciolo ed il leitmotiv su cui insiste nel corso della sua appassionata ed appassionante conversazione. Passando da Aristotele a Vilfredo Pareto, da Jeremy Bentham a John Stuart Mill, da John Maynard Keynes a Ludwig Wittgenstein e Gramsci, il cui pensiero economico-politico è tanto trascurato in patria, quanto apprezzato e riconosciuto per la sua lucidissima genialità all'estero, il filosofo indiano che vorrebbe restituire speranza alle nuove generazioni ha puntato il dito contro il paravento dell’austerità, che istiga a tagli indiscriminati imputandoli alle necessità ferree ed inderogabili delle scienze economiche, e al contempo copre le esigenze reali di una sana ridistribuzione delle risorse, di una gestione attenta e sensibile ai problemi ambientali, di una programmazione ispirata ai principi di giustizia ed equità.

Concretezza pragmatica, interdisciplinarietà e pluridimensionalità del pensiero stringono una nuova alleanza in formule che Sen dimostra un grande talento comunicativo, e insieme la capacità di condensare riflessioni profonde e decisamente controcorrente in un formato semplice ed accessibile, parente prossimo dello slogan. Afferma, per esempio che “un buon economista non è mai soltanto un economista”, e che “la buona economia non riguarda soltanto ciò che può essere perseguito, ma anche con quale efficacia, e in che modo, e quando”. Occorrerebbe, insomma, ripensare from the starch, come si dice in inglese, ossia dall'inizio, dalle fondamenta, l’essenza stessa della scienza economica. Tenendo conto che l'umanità non può sopportare su di sé un eccesso di realtà, che le occorre semplificare, ma anche e soprattutto immaginare, per poter coltivare un progetto di crescita e di evoluzione responsabilmente e consapevolmente scelto.

L'umanità, insomma, non si accontenta della semplice happiness, ma, ben più ambiziosamente, lotta in cerca della felicitas. La felicità non è qualche cosa che semplicemente accade (happen, da cui happiness), secondo i dettami del

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destino o il capriccio della fortuna. Al contrario, è una potenzialità da coltivare, con costanza, attenzione ed amore, da cui possono nascere continuamente nuovi frutti. L’etimo di felicità è infatti il latino arcaico feo, derivato a sua volta da phýo, che significa generare, far crescere. Osserva Sen che nell'attiva fecondità della felicitas latina, da cui deriva il nostro termine italiano, c'è maggiore rispondenza all'ideale aristotelico rispetto a quello epicureo e benthamiano rispetto a ciò che dovrebbe renderci felici: è il fare, più che il piacere, a realizzare il nostro benessere interiore e a renderlo trasmissibile all'esterno, come un seme in grado di propagarsi da sé. L’attivismo aristotelico, volto ad attualizzare le potenzialità più proprie della persona umana, non esclude certo il piacere, ma lo rende piuttosto ostensibile e condivisibile, e quindi estensibile anche agli altri e potenzialmente in grado di agire da moltiplicatore. È un piacere che rientra costitutivamente nell'inesausta ricerca di felicità cui ognuno di noi è votato, e che pur tuttavia non lo esaurisce, perché l’eudaimonia aristotelica, figlia del demone socratico, non può essere dissociata dall'impegno, dallo sforzo progressivo di plasmare e rafforzare i propri talenti in vista di una prassi comune.

La natura generativa della felicità, nella sua essenziale ma non essenzialista dimensione di ricerca, ha scatenato nel pubblico una serie domande relative all'effettiva possibilità di perseguire quello che senza dubbio è l'obiettivo, o perlomeno uno degli obiettivi fondamentali della vita umana, in un paese, come il nostro, in cui ad essere sacrificati dalla politica dei tagli sono soprattutto i semi del futuro, ovvero i giovani e le donne.

La conferenza di una serata certo non può fare miracoli. Ma fa già molto ricordando, come contrafforte alla speranza, l’importanza dell'esercizio critico del pensiero e della lotta che inevitabilmente ne scaturisce e con cui ciascuno di noi è chiamato oggi a difendere i propri sogni e il proprio desiderio di giustizia.

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Crisi.globale@psiChe. Cinema

Amedeo Caruso, Roma

Questo numero del Giornale Storico va in stampa proprio mentre l’Italia sta per configurare il nuovo volto del Governo del Paese, in questi tempi di crisi, con un risultato che di sicuro ci riserverà qualche sorpresa, come quella che abbiamo visto in questi giorni realizzata da un regista-scrittore che conosciamo bene, Roberto Andò. Abbiamo pubblicato sul n. 11 di questa Rivista, nell’ottobre 2010, una lunga intervista con l’artista, che riteniamo tra i migliori metteurs en scène italiani, capaci di rappresentare validamente il nostro cinema nel mondo e che abbiamo scoperto tra i più dotati di cultura e respiro internazionale, nonché tra i più importanti esponenti dell’assorbimento intelligente e creativo del distillato psicoanalitico. Il suo ultimissimo Viva la libertà è appunto un film sulla crisi della politica, che affonda però le sue ragioni anche nella crisi dell’identità non solo politica. Interpretato da un versatile, simpaticissimo Toni Servillo, nel doppio ruolo del politico in decadenza e del suo fratello gemello autore del libro L’illusione di vivere, questo film è davvero una medicina sana e utile per sedare i nervi e portare speranza nei cuori romantici seguaci di Psiche. Guarda caso i due fratelli (la genetica non è acqua) soffrono entrambi di patologie psichiatriche: l’onorevole Enrico Olivieri è affetto da sindrome depressiva che cura soltanto con farmaci; lo scrittore, da poco dimesso da una clinica psichiatrica, ha un importante disturbo bipolare, ma si capisce che oltre i farmaci ha sicuramente ricevuto diverse iniezioni di psicoterapia. Perché sarà proprio lui, Giovanni Ernani (i cognomi diversi sono forse dovuti al fatto che il fratello di successo avrà imposto questo cambio?), a dare il giro di boa del cambiamento al germano omozigote. Giovanni si sostituisce, su proposta

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del segretario personale (Valerio Mastandrea) del politico, quando quest’ultimo scompare dalla circolazione in preda a un pessimo disturbo dell’umore. Enrico si rifugia in Francia, dove sarà ospitato dall’ex fidanzata (Valeria Bruni Tedeschi), che lavora nel cinema, e in casa di lei ritroverà la pace e i valori perduti. Il fratello burlone – e mica tanto matto – si rende gradito ed amabile nei confronti di tutti gli amici e i galoppini dell’uomo politico. Per quello che dice e fa, commuove finanche il suo fedele collaboratore, l’unico a conoscenza dello scambio, insieme alla moglie del politico. Tra i due gemelli non corre – è il caso di dirlo – buon sangue, non si parlano da oltre trent’anni. Quindi il giuoco delle parti è ancora più intrigante per il soave esule dal manicomio, dove condurrà anche il “suo” segretario per una serata di ballo insieme ai suoi amici matti, un momento davvero esilarante del film. Inoltre, stabilirà un sodalizio dolce e tenero con la cognata-moglie. Strabilierà il solito segretario, che lo scopre sbirciando attonito e compiaciuto dal buco della serratura, mentre ha un colloquio privato con una donna politica tedesca e la invita a danzare un tango a piedi nudi. Sembra quasi una richiesta di perdono, da parte del regista, ma in nome dell’Italia tutta, in ricordo delle cronachistiche gaffes non troppo lontane di un premier che bistrattò la Cancelliera Merkel in più occasioni. Nel frattempo anche il vero politico avrà il tempo e il modo di fare le sue conquiste. Affascina ed è affascinato da una giovanissima assistente di regia del film – diretto dall’attuale marito della sua ex fidanzata – ed avrà anche un ritorno di fiamma con la stessa, che si scopre essere stata amata addirittura da entrambi i fratelli, un’estate al Festival di Cannes. Davvero poetico è però l’incontro con la figlia di lei, che gli si affeziona e con la quale ritrova una dimensione infantile e appassionata della vita. Mentre il finto politico delizia gli astanti con un haiku pronunciato con nonchalance e si ristora con improvvise e tranquillizzanti passeggiate al mare con la falsa moglie, l’esule francese lo chiama al telefono, forse per ringraziarlo, dato che legge gli eventi sui giornali che gli capitano sott’occhio in Francia. Ma ormai la rivoluzione psicologica è scoppiata.

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Il nuovo-vecchio segretario di partito, ricco della sua follia maniacale, entusiasma il pubblico ai comizi e sbalordisce un giornalista che gli vorrebbe “rubare” un’intervista, che si rivela invece un colpo gobbo contro il partito di maggioranza. Il fratello indegno canticchia o gorgheggia continuamente l’ouverture de La forza del destino di Verdi, che si trasforma in un canto di battaglia e di cambiamento radicale. Il suo refrain preferito è quello di responsabilizzare continuamente i suoi interlocutori e naturalmente gli elettori, con frasi del genere: chi vota i ladri o è un ladro o vuole diventare un ladro! e si affida a Brecht, durante un comizio, recitandone la poesia A chi esita, che consegniamo per intero ai nostri Lettori, più attuale e giusta che mai, grati a Roberto Andò per averla riesumata nel suo pregnante, educativo e divertente film:

Dici per noi va male. Il buio cresce. Le forze scemano.

Dopo che si è lavorato tanti anni noi siamo ora in una condizione

più difficile di quando si era cominciato.

E il nemico ci sta innanzi più potente che mai.

Sembra gli siano cresciute le forze. Ha preso un’apparenza invincibile.

E noi abbiamo commesso degli errori, non si può negarlo.

Siamo sempre di meno. Le nostre parole d’ordine sono confuse. Una parte

delle nostre parole le ha stravolte il nemico fino a renderle irriconoscibili.

Che cosa è errato ora, falso, di quel che abbiamo detto? Qualcosa o tutto?

Su chi contiamo ancora? Siamo dei sopravvissuti, respinti

via dalla corrente? Resteremo indietro, senza comprendere più nessuno e da nessuno compresi.

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O contare sulla buona sorte?

Questo tu chiedi. Non aspettarti nessuna risposta oltre la tua.

Del finale non parleremo, ma pregustiamo il piacere che avranno gli spettatori nel sentirsi a loro volta padroni di immaginare cosa accadrà. Il film è pieno di speranza e di gioia, anche se in parte nasconde un’allegria dei naufragi di ungarettiana memoria. L’Europa sembra molto pericolante, con qualche Paese, come la Grecia, in piena ebollizione. La situazione politica è davvero preoccupante, e questa pellicola è un vero balsamo artistico per cercare di curare le ustioni cocenti dovute alle cattive amministrazioni, e contiene un pizzico di polverina magica per disporci al cambiamento. Così, in bilico tra follia e saggezza, sospeso tra leggerezza e trasgressione, questo film speciale fende e sorvola l’aria viziata d’Italia come un dirigibile, che sentiamo e salutiamo festosamente sopra le nostre teste, scossi dalla sua frizzante e progettuale forza psicoterapeutica, una vera sferzata di aria nuova per una estetica ecologia della mente.

L’altra sorpresa ai tempi della crisi globale – che ha avuto però una premonizione cinematografica – è rappresentata dalle dimissioni del Papa, che dal 28 febbraio 2013 si è trasformato in Papa Emerito. Il regista-profeta della storia è Nanni Moretti, che con il suo Habemus Papam del 2011 ha previsto, nella sua pellicola, il gran rifiuto di Benedetto XVI. Sono troppo lontani i tempi di Celestino V per poterli ricordare come un vero precedente, e soprattutto le ragioni storiche si confondono nella notte dei tempi. Ma il poeta, quale è ogni bravo regista come Moretti, non è forse un voyant? Sì, così ci ha insegnato Rimbaud: Io dico che bisogna essere veggente, farsi veggente. Il Poeta si fa veggente attraverso una lunga, immensa e ragionata sregolatezza di tutti i sensi. E dobbiamo riconoscere che l’intuizione del regista di Habemus Papam è davvero sconvolgente. Così accadde per Stevenson, che aprì nel 1886, con Jekyll e Hyde, i cancelli della

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Psichiatria e della Psicoanalisi e commentò a proposito del suo libro: L’uomo non è veramente uno, ma veramente due. E dico due, perché le mie conoscenze non sono giunte oltre. Altri seguiranno, altri porteranno avanti queste ricerche e non è da escludere che l’uomo in ultima analisi, possa rivelarsi una mera associazione di soggetti diversi, incongrui e indipendenti. Non è forse questa la toppa della serratura della porta che ci fa entrare nella stanza delle personalità multiple? Ma che meraviglia questo neo-Papa francese interpretato da Michel Piccoli ritratto in tutta la sua umiltà e in tutta la sua splendida umanità. Potremmo quasi pensare, pur non volendo essere blasfemi, che il Pontefice Ratzinger abbia potuto trarre ispirazione da un personaggio così intenso e verosimile. Questo gesto così inaudito, inaspettato, incredibile, così paradossalmente fuori e dentro la storia, ci ha reso amabile e paterno questo Papa, che grandi simpatie o passioni non ha destato durante il suo pontificato lungo quasi otto anni. Questo gesto ha cancellato l’aria teutonica e restauratrice di una figura che sembrava soltanto ancillare rispetto al Papa precedente, già in odore di santità. Ma che grande differenza tra il vecchio Wojtyla, provato dalle molte malattie, dallo sguardo immobile e dalla fatica del vivere e questo Papa, pur anziano, che ha un guizzo di gioventù e di ribellione e si ribella alla crisi dell’età, al decadimento della forma fisica e, forte soltanto delle sue capacità psicologiche, dà scacco matto al Mondo e si ritira in piena consapevolezza sapendo di non poter continuare a governare la Chiesa come si deve. Che grande coraggio! Dopo di lui, anzi lui vivente, non potremo più dire morto un Papa se ne fa un altro! e neanche a ogni morte di Papa!, perché ormai, come ci ha insegnato il Papa tedesco, si può lasciare, anche in vita, umilmente e consapevolmente, il trono di Pietro. Lasciare una sede vacante e diventare il primo Papa moderno che vedrà il suo successore. Tutto ciò è anche un esempio da ammirare e da seguire da parte di quelli che verranno, se si dovesse verificare una debilitazione così profonda delle forze necessarie a reggere la Chiesa. Il Trono vuoto è anche il titolo del romanzo, scritto dallo stesso Andò nel 2012, sul quale si basa Viva la libertà. E ci piace a questo punto

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ricordare che un esponente “perdente” (e perciò a noi molto simpatico) della sinistra italiana ha commentato, a proposito di questo libro che l’imprevisto è ciò che ci può salvare, il sogno è la strada da costruire. Non è una follia, ma la capacità di alzare lo sguardo verso un orizzonte più alto di quello del meschino calcolo dei vantaggi e degli interessi; si tratta di ritrovare la voglia di crederci per raggiungere quegli obiettivi che abbiamo nel cuore. La politica, raccomanda Andò, deve uscire dal suo stato di “figlia della paura" per tornare a essere "un varco verso ciò che non è ancora accaduto”. E non è forse ciò che ha fatto anche il Papa? Detto questo, possiamo confessare che Habemus Papam come film non ci è troppo piaciuto, perché, nonostante l’interpretazione perfetta di Michel Piccoli e la sbalorditiva profezia di Moretti, memorabile per questa premonizione, non ha toccato fino in fondo le corde del nostro sentire e vedere psicologico. Ci saremmo aspettati altro e di meglio dal regista de La stanza del figlio (2001), che anche in quella occasione ha vestito i panni di un più che verosimile psicoanalista cui muore un figlio. Siamo rimasti così delusi da questo film, forse perché, nel film appena citato, la figura dello psicoanalista l’abbiamo vista così autentica, sofferta e vissuta, reale più del reale e umana come l’umano, che ci incantò. Ma vogliamo pensare che il professor Brezzi, psicoanalista consultato dal Vaticano, non sia neanche lontano parente dello psicoterapeuta Giovanni de La stanza del figlio. Non ci è piaciuto il professor Brezzi, che organizza un torneo di pallavolo con i Cardinali in Vaticano – del quale è rimasto prigioniero per ragioni di tutela estrema della privacy pontificia – e in attesa della guarigione del Papa. E nemmeno la magra figura che fa lo psicoanalista Moretti che, alla presenza dei Cardinali (inconcepibile!), effettua una seduta di psicoterapia col Pontefice al quale diagnostica una depressione e un vago senso di impotenza. Quindi consiglia di inviarlo alla ex-moglie (la migliore psicoanalista dopo di lui!… a detta dello stesso) che non sia a conoscenza dell’identità del paziente. La seconda psicoanalista migliore sulla piazza, interpretata da Margherita Buy, diagnostica un deficit di accudimento e prescrive la ricerca delle cause nel passato

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del paziente (illustre), che si presenta a lei come attore di teatro. La guarigione, invece, il Pontefice neo eletto la cerca a teatro, imbucandosi ad una rappresentazione de il Gabbiano di Čechov, che per giunta conosce a memoria. Pur essendo d’accordo con Moretti che di psicoanalisti ce n’è bisogno per tutti, politici e papi inclusi, non abbiamo apprezzato troppo questa riduzione della psicoanalisi all’avanspettacolo sportivo. Siamo consapevoli che in mezzo ai trita-cervelli mondiali ce ne siano molti definibili come macellai cerebrali e, pur avendo conosciuto psico-piumini dell’inconscio, capaci di dare solo spolveratine delicate alla mente dei pazienti, anziché una sana igiene mentale con lavaggi psicologici settimanali, crediamo che il ruolo dello psicoanalista-jocker in questo film non giovi troppo alla sua salute ed alla sua riuscita.

Dopo la Politica ed il Papato ricordiamo una crisi sentimentale tra le più belle e indimenticabili del cinema ad opera di Michelangelo Antonioni, La notte (1961). Scritto dal regista insieme ad Ennio Flaiano e Tonino Guerra, Scilla e Cariddi della scrittura cinematografica Italiana degli anni del Dopoguerra, questo film vinse l’Orso d’oro a Berlino. La trama della storia si svolge nell’arco di un giorno. Interpreti fenomenali: Marcello Mastroianni, scrittore in crisi professionale e sentimentale, Jeanne Moreau, la moglie, Monica Vitti, come l’altra donna, giovanissima e nel pieno del suo splendore. Un intimo amico della coppia (Bernhard Wicki) è moribondo in una clinica milanese dove i due si recano per una visita affettuosa, prima di andare alla presentazione del nuovo libro di lui. La moglie si allontana e girovaga per la città. Gli esemplari silenzi di Antonioni parlano come degli espliciti dialoghi. Il dramma della incomprensione e del disamore della coppia si consuma infine ad una festa, dove lo scrittore è incantato da Valentina, giovane figlia dei padroni di casa. La moglie se ne accorge ed avranno una resa dei conti implacabile, con qualche tentativo per far risorgere l’amore tra di loro.

Vedere o rivedere questo film costituisce una vera immersione nelle acque profonde dell’amore e della coppia, assistendo a un revival della incomunicabilità tra gli

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umani, studiata da Antonioni oltre mezzo secolo fa e straordinariamente attuale in questi tempi difficili. Rari uomini di cinema sono riusciti in imprese sentimentali subacquee così profonde e illuminanti. Spaziamo nel film dalla letteratura all’amore, con in mezzo la morte e l’amicizia, senza dimenticare tutte le forze vitali che si agitano quando, verso la fine dell’amore, scorgiamo, come in questo caso fa Mastroianni, gli occhi desideranti – che lo stregano e ci stregano implacabilmente verso un nuovo caos amoroso – di Monica Vitti, alla quale dedichiamo con gratitudine questo scritto e le rivolgiamo un pensiero psico-cinefilo colmo di anima e di affetto.

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