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Risposta delle torri di ponti di grande luce all’azione del vento Francesco Ricciardelli

Risposta delle torri di ponti di grande luce all’azione ... · Capitolo VI Coefficienti aerodinamici delle sezioni delle torri dei ponti di ... Il metodo proposto si fonda sul

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Risposta delle torri di ponti di grande luce

all’azione del vento

Francesco Ricciardelli

Università degli studi di Napoli Federico II Facoltà di Ingegneria

Francesco Ricciardelli

Risposta delle torri di ponti di grande luce all’azione del vento

Tesi di Dottorato

VIII Ciclo

1 9 9 6

Dottorato di Ricerca in Ingegneria delle Strutture

i

Indice

Indice iSommario iiiElenco dei simboli viPremessa x Capitolo I Introduzione

1. La nascita e lo sviluppo dell’Ingegneria del Vento 12. Problematiche e metodologie 43. La modellazione delle strutture 64. La modellazione del vento 65. L’interazione vento-struttura ed i fenomeni aeroelastici 12 5.1 Distacco dei vortici e sincronizzazione 13 5.2 Divergenza 14 5.3 Galloping 15 5.4 Flutter 166. L’uso delle gallerie del vento a strato limite nell’analisi dell’azione del vento

sulle costruzioni 16

7. Gli effetti del vento sui ponti di grande luce 19 Capitolo II Analisi della risposta dei cilindri rigidi di lunghezza infinita

all’azione del vento 1. Premessa 212. Analisi delle forze agenti sul cilindro 223. Equazioni linearizzate del moto 284. Analisi della risposta in condizioni di stabilità 305. Equazioni non lineari del moto 346. Equazioni disaccoppiate del moto 34

ii

7. Applicazione: il cilindro a sezione quadrata 37

Capitolo III Analisi della risposta delle strutture snelle all’azione del vento 1. Premessa 432. Equazioni del moto in coordinate modali 44 2.1 Equazioni nel riferimento x0-y0-z 44 2.2 Equazioni nel riferimento x-y-z 473. Valutazione della risposta in condizioni di stabilità 514. Valutazione del generico parametro della risposta strutturale 535. L’uso delle linee d’influenza nella valutazione della risposta strutturale 556. Applicazione: mensola a sezione quadrata nello strato limite atmosferico 57

Capitolo IV Analisi sperimentale sul comportamento aerodinamico delle

sezioni delle torri dei ponti di grande luce (modello 2-D) 1. L’interferenza tra cilindri immersi in un flusso uniforme 642. Allestimento sperimentale 673. Caratteristiche del flusso 714. Profilo degli esperimenti 75

Capitolo V Forze aerodinamiche su una coppia di cilindri a sezione

quadrata 1. Premessa 772. Cilindri allineati col flusso 783. Cilindri affiancati 864. Configurazioni a piccoli angoli di attacco 895. Configurazioni a grandi angoli di attacco 92

Capitolo VI Coefficienti aerodinamici delle sezioni delle torri dei ponti di

grande luce 1. Premessa 952. Vento ortogonale all’asse del ponte 963. Vento parallelo all’asse del ponte 1014. Gli angoli d’attacco intermedi 102

Capitolo VII Analisi della risposta delle torri dei ponti di grande luce all’azione del vento

1. Premessa 1072. Applicazione: calcolo della risposta delle torri del Kwang Ahn Bridge 108

Bibliografia 117

iii

Sommario

Nella progettazione dei ponti di grande luce un ruolo determinante è rivestito dagli effetti

derivanti dall’azione del vento. Le grandi dimensioni dei ponti sospesi e strallati, insieme alla elevata deformabilità globale e dei singoli componenti strutturali, fanno sì che l’azione del vento si esplichi in maniera estremamente forte e complessa.

In particolare assume grande rilievo l’interazione che ha luogo tra il vento e la struttura stessa quando questa comincia a vibrare. Le azioni esplicate dal vento, infatti, dipendono dallo stato della struttura, e quindi non possono essere calcolate a priori, e la dipendenza è inoltre fortemente non lineare. L’analisi della risposta dei ponti di grande luce all’azione del vento è pertanto volta non solo alla stima della risposta di picco in condizioni di moto stabile, ma anche alla determinazione delle condizioni critiche che segnano l’inizio di un pronunciato comportamento aeroelastico.

Lo studio della risposta viene condotto avvalendosi di due strumenti: la modellazione analitica e la sperimentazione in galleria del vento. Lo studio del comportamento globale del ponte può essere eseguito solo per via sperimentale, e con costi estremamente elevati. Viceversa i singoli elementi strutturali possono essere analizzati autonomamente sia avvalendosi di modelli fisici che di modelli analitici. In ciò la maggiore attenzione viene di solito dedicata all’impalcato, che risulta senza dubbio l’elemento più prono all’azione del vento. Non vanno però trascurati gli effetti che si possono avere su altre parti della struttura, quali le torri, i cavi di sospensione o gli stralli. In particolare durante la costruzione l’assenza parziale o totale dell’impalcato rende questi ultimi meno vincolati e quindi dotati di un comportamento sostanzialmente differente da quello che gli compete ad opera ultimata. Per quanto concerne invece le torri, malgrado queste siano strutture di elevata rigidezza, sono state osservate in passato in fase di costruzione vibrazioni di notevole ampiezza. Tali vibrazioni sono state attribuite tanto ad un comportamento stabile, risultando pertanto solo l’effetto dell’azione della turbolenza e del distacco dei vortici, quanto ad un comportamento instabile dovuto a sincronizzazione o a galloping.

Nella presente tesi si illustra un procedimento semi-analitico volto alla stima della risposta all’azione del vento di quelle torri di ponti sospesi o strallati composte da due colonne verticali

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o leggermente inclinate, collegate mediante traversi orizzontali. Il metodo proposto si fonda sul procedimento che utilizza i principi dell’analisi modale per il calcolo della risposta delle strutture dei forma allungata all’azione del vento, e viene poi applicato al caso in cui la sezione trasversale delle colonne sia quadrata o rettangolare con un basso rapporto di allungamento.

La tesi si compone di due parti distinte. La prima in cui viene illustrato il modello semi-analitico per il calcolo delle strutture di forma allungata; la seconda in cui vengono presentati i risultati di una serie di prove sperimentali volte alla determinazione delle statistiche e delle funzioni di densità spettrale di potenza dei coefficienti aerodinamici di una tipica sezione trasversale di torre di ponte di grande luce. Il lavoro si conclude con l’applicazione della metodologia introdotta e dei risultati sperimentali al calcolo della risposta di una torre di ponte sospeso.

Nel primo capitolo, dopo una breve introduzione, viene dato un inquadramento generale dei problemi riguardanti l’interazione tra vento e strutture, e vengono forniti alcune nozioni sulla modellazione del vento. Viene inoltre effettuata una breve panoramica sui fenomeni di instabilità aeroelastica e vengono date alcune informazione sull’utilizzo delle gallerie del vento a strato limite nella verifica delle strutture civili.

Nel secondo capitolo viene analizzato il problema della risposta di un cilindro rigido di lunghezza infinita posto in un flusso turbolento. Vengono presi in considerazione i tre gradi di libertà consistenti nelle traslazioni in direzioni ortogonali all’asse e nella rotazione attorno a questo. Viene scritta l’espressione linearizzata della forzante, scindendo questa in una parte media e in parti fluttuanti a media nulla dovute alle componenti della turbolenza ed al distacco dei vortici. Viene quindi scritta l’equazione linearizzata del moto, contenenti i termini aerodinamici di smorzamento e rigidezza, e forniti gli strumenti per la soluzione di questa in condizioni di stabilità del moto. La soluzione viene perseguita per via stocastica operando nel dominio delle frequenze. Vengono dati inoltre cenni sulla struttura dell’equazione non lineare del moto e sulla risoluzione del problema lineare nel caso in cui l’equazione del moto nei tre gradi di libertà sia disaccoppiabile. Le metodologie esposte vengono applicate al calcolo della risposta di un cilindro infinito a sezione quadrata posto con le facce parallele alla direzione media del flusso.

Nel terzo capitolo si passa allo studio delle strutture di forma allungata poste nello strato limite atmosferico. L’equazione del moto viene scritta in due riferimenti: il primo orientato secondo la direzione media del vento, ed il secondo rispetto ad una direzione principale d’inerzia della sezione trasversale della struttura. La soluzione viene ricercata facendo ricorso all’analisi modale, ed anche in questo caso per via stocastica nel dominio delle frequenze. Viene poi illustrato come pervenire al valore medio ed al valore di picco del generico parametro della risposta strutturale. Viene infine introdotto un metodo alternativo di soluzione che permette di calcolare direttamente i valori medio e di picco del generico parametro della risposta, facendo ricorso all’uso della nozione di linea d’influenza. Chiude il capitolo una applicazione al calcolo di una mensola a sezione quadrata posta verticalmente nello strato limite atmosferico.

Nel quarto capitolo vengono presentati alcuni risultati ottenuti in passato da altri autori, relativi all’interferenza tra cilindri e prismi a sezione circolare e quadrata posti in un flusso laminare o turbolento. Vengono poi illustrate le modalità con cui sono state effettuate le prove in galleria del vento sui cilindri a sezione quadrata, di cui si riportano i risultati.

v

Nel quinto capitolo vengono presentati i risultati delle prove relativi alle modalità di interferenza tra i due cilindri ed alle forze aerodinamiche agenti su ciascuno di essi. Le configurazioni prese in considerazione sono quelle che si ottengono a partire da una configurazione in cui i centri delle sezioni trasversali dei cilindri sono allineati col flusso e con le facce parallele alla direzione media di questo, traslando un cilindro rispetto all’altro nella direzione della congiungente i centri e ruotando i due cilindri in maniera solidale. In base a quello che è il comportamento del flusso e le caratteristiche delle forze aerodinamiche, le configurazioni prese in considerazione sono state suddivise in quattro gruppi. Indicando quale angolo d’attacco α l’angolo della congiungente i centri dei cilindri con la direzione del flusso medio: configurazioni in cui la coppia di cilindri è allineata col flusso (α=0°), configurazioni in cui i cilindri sono affiancati (α=90°), configurazioni a piccoli angoli d’attacco ( 0 30° < ≤ °α ) e configurazioni a grandi angoli d’attacco ( 45 90°≤ < °α ).

Nel sesto capitolo vengono invece riportati i risultati relativi alle forze aerodinamiche agenti sulla coppia di cilindri. Tali risultati servono ad individuare le direzioni di incidenza del vento più gravose ai fini della risposta strutturale, e a fornire i dati aerodinamici per la verifica della torre.

Nel settimo capitolo viene illustrato, mediante una applicazione al calcolo della risposta della torri del Kwang Ahn Bridge, il metodo che si propone. Il metodo utilizza i procedimenti mostrati nel Capitolo III, con riferimento ad una struttura allungata con sezione trasversale compatta, ai quali vengono apportate le modifiche necessarie per tenere conto della particolare sezione trasversale della torre del ponte.

vi

Elenco dei simboli

Caratteri latini

b Dimensione caratteristica della sezione trasversale delle strutture allungate

B Ampiezza della banda degli spettri delle forze indotte dal distacco dei vortici ci Smorzamento nel grado di libertà i

Ci Coefficiente di correlazione della quantità i

Ci ( f ) Spettro normalizzato della quantità i

CD, CL, CM Coefficienti aerodinamici di resistenza, portanza e momento torcente C C CF F Mx y

, , Coefficienti aerodinamici nel riferimento x-y-z

D, L, M Resistenza, portanza e momento torcente

E Modulo di Young

f Frequenza f i Frequenza propria i-ma del sistema non smorzato in assenza di vento

f * Frequenza ridotta

F Fξ η, Componenti di Fi lungo ξ e η

F Vettore forza per unità di lunghezza

Fi Vettore forza per unità di lunghezza nel riferimento ξ-η-z gi Fattore di picco della quantità i

G Modulo di elasticità tangenziale

[ ]H Matrice di risposta in frequenza

vii

i j k, , Versori degli assi x, y e z ir Linea d’influenza di r per forze viaggianti i j k0 0, , Versori degli assi x0, y0 e z

I Momento centrale d’inerzia della massa per unità di lunghezza I I Iu v w, , Intensità delle componenti della turbolenza I Ixx yy, Momenti d’inerzia della sezione trasversale rispetto agli assi y e x

I* Momento torsionale primario

L L fij

ij, ( ) Scale integrali a banda larga e a banda stretta della i-ma componente della

turbolenza nella direzione j ki Rigidezza nel grado di libertà i

m Massa per unità di lunghezza

[ ] [ ] [ ]M C K, , Matrici di massa, smorzamento e rigidezza

r Generica risposta strutturale R ti ( ) Funzione di autocorrelazione della quantità i R0 Dimensione caratteristica della sezione trasversale delle strutture allungate

con sezione trasversale non compatta

R R Rx y0 0 0, , ϑ Termini di ordine superiore al primo nelle espressioni delle forze

s Interasse tra le colonne delle torri

St Numero di Strouhal

Sii( f ) Funzione densità spettrale di potenza della quantità i

s Vettore spostamento s i0 Componente di spostamento nel riferimento x0-y0-z

t Tempo

T Periodo Tu Scala integrale dei tempi della componente longitudinale della turbolenza

u, v, w Componenti del vettore velocità istantanea del vento lungo x0, y0 e z

u', v', w' Componenti della turbolenza lungo x0, y0 e z

u* Velocità di attrito

U Velocità media del vento

viii

Ucd Velocità critica di divergenza

Ucg Velocità critica di galloping

Ucs Velocità critica di sincronizzazione

Uref Velocità di riferimento

Uv Velocità convettiva dei vortici

U10 Velocità media del vento ad una quota di 10 m

V Vettore velocità istantanea del vento

Vr Vettore velocità relativa istantanea tra vento e struttura

x-y-z Terna di riferimento orientata rispetto alla struttura

x0-y0-z Terna di riferimento avente x0 orientato come la direzione media del flusso

x(t), y(t), ϑ(t) Componenti di traslazione lungo x e y e di rotazione attorno a z

x0(t), y0(t), ϑ(t) Componenti di traslazione lungo x0 e y0 e di rotazione attorno a z

z0 Lunghezza caratteristica della rugosità

Caratteri greci

α Esponente della legge di potenza, angolo di attacco

γ Angolo d’attacco istantaneo

γ i f2( ) Funzione di coerenza della quantità i

δ Angolo del vettore velocità istantanea rispetto al flusso medio

∆i Distanza nella direzione i η0i Coordinata modale i-ma nel riferimento x0-y0-z η η ηϑxi yi i, , Coordinate modali i-me nel riferimento x-y-z

η Vettore delle prime n coordinate modali nel riferimento x-y-z µ0i z( ) Modo i-mo nel riferimento x0-y0-z µxi yi

i

z zz

( ), ( ),( )

µµϑ

Modi i-mi flessionali e torsionale nel riferimento x-y-z

νi Frequenza di attraversamento della quantità i

ξ Rapporto di smorzamento

ξ, η, z Terna di riferimento avente ξ orientato come la direzione istantanea del flusso

ix

ϕ i Rapporto tra la i-ma frequenza propria del sistema non smorzato in presenza ed in assenza di vento

ρ Densità dell’aria

σ Tensione normale

Apici, pedici e soprasegni

a Termine aeroelastico

s Termine dovuto al distacco dei vortici

t Termine dovuto alla turbolenza

0 Quantità valutata nel riferimento x0-y0-z

* Termine somma delle aliquote strutturale ed aeroelastica

' Valore fluttuante a media nulla, derivata angolare

Valore medio

~ Scarto quadratico medio

$ Valore di picco

x

Premessa

Con questa tesi si conclude un periodo della vita di chi scrive dedicato, così come è nei fini

del Corso di Dottorato di Ricerca, ad apprendere a fare ricerca piuttosto che a farne. Il lavoro di cui si riportano i risultati è stato condotto in parte in Italia presso l’Istituto di

Costruzioni di Ponti, intanto divenuto Dipartimento di Analisi e Progettazione Strutturale, dell’Università di Napoli Federico II, ed in parte in Canada presso il Boundary Layer Wind Tunnel Laboratory della University of Western Ontario. Lo specifico argomento trattato è, come spesso accade, più il frutto di concomitanze che non di una ferma determinazione. La disciplina in cui si inquadra deriva invece da una precisa scelta dettata dall’entusiasmo che aveva suscitato in me un breve corso in tema di Ingegneria del Vento seguito poco prima dell’inizio del Corso di Dottorato presso il CISM di Udine.

La tesi si compone di due ingredienti, uno di natura teorica, l’altro di natura sperimentale. Il modo in cui è stata scritta è volto a percorrere, anche se ciò viene fatto senza rispettare l’effettiva cronologia, i passi da me compiuti nell’acquisizione delle nozioni e dei risultati in essa contenuti. Ne può risultare un ingenuo mescolamento di quelli che sono concetti noti con i risultati originali.

Mi è gradito spendere a questo punto alcune parole sulla scelta del linguaggio. La necessità di rendere la platea in grado di leggere gli scritti scientifici quanto più vasta possibile ha fatto sì che l’Inglese prendesse il sopravvento sulle altre lingue. Ciò al punto tale che spesso lo scrittore, anche nel rivolgersi ad un pubblico di stessa madrelingua, preferisce esprimersi in uno scorretto Inglese “as a second language” che non nella propria lingua. Ciò a mio giudizio rappresenta un grosso progresso per la Scienza. Il risvolto negativo è però un progressivo impoverimento delle lingue nazionali, che risultano a volte violentate dall’uso di termini anglosassoni inseriti, magari a sproposito, nel discorso. L’uso di termini anglosassoni si rende peraltro necessario in tutti quei casi in cui non esiste un equivalente che renda con adeguata raffinatezza il concetto che si intende esprimere. Nel rispetto di queste considerazioni ho cercato di utilizzare il più possibile vocaboli della Lingua Italiana, limitando l’uso di vocaboli inglesi solo a quei casi in cui una traduzione in Italiano sarebbe risultata una evidente forzatura. Ho utilizzato quindi termini forse un po’ polverosi quali, ad esempio, resistenza e

xi

portanza, senza fare ricorso agli oggi più diffusi drag e lift. Non ho osato invece la traduzione in Italiano di termini quali flutter oppure file.

In questi tre anni di formazione ho ricevuto contributi da tantissime persone. Non solo da quelle con cui ho lavorato a stretto contatto, ma anche da tutti coloro con i quali un semplice e breve scambio mi ha dato lo spunto alla comprensione di cose a me nuove. Vorrei quindi qui limitarmi ad esprimere la mia infinita riconoscenza al professore Aldo Raithel, per avermi insegnato ad apprendere e guidato nell’apprendimento, ed ai professori Barry J. Vickery ed Alan G. Davenport, per avermi trasmesso la passione per quella disciplina di cui sono Cultori illustri.

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Capitolo I

Introduzione

1. La nascita e lo sviluppo dell’Ingegneria del Vento

Col termine “Ingegneria del Vento” viene oggi indicato un complesso di eterogenee discipline aventi, spesso, come unico elemento comune l’attenzione per quei fenomeni per i quali risulta determinante l’effetto del vento e le sue caratteristiche. Col solo scopo di esemplificare quanto affermato, ma senza la pretesa di esaurirne il possibile repertorio, si possono citare campi di attività quali lo studio della dispersione delle piume nell’atmosfera, mirante all’analisi dell’effetto delle sostanze inquinanti sull’ambiente umano; lo studio della formazione e dell’evoluzione del moto ondoso e dell’effetto di questo sulle navi e sulle strutture marittime, quali ad esempio le piattaforme off-shore; lo studio dell’effetto della pioggia e della neve sulle costruzioni; lo studio dell’effetto del vento sul comfort dell’ambiente urbano; lo studio dell’effetto degli ostacoli naturali ed artificiali sulla circolazione eolica, nella pianificazione agricola e forestale; l’analisi del rischio dovuto ad uragani e tornado; l’analisi delle prestazioni degli impianti di produzione di energia eolica, ed infine l’analisi della sollecitazione indotta dal vento sulle costruzioni. Questo ultimo campo di attività è quello dominante sia per l’impegno ricevuto sia per i risultati conseguiti, e per tale motivo viene spesso, erroneamente identificato con l’Ingegneria del Vento stessa.

Analogamente eterogeneo è il complesso di discipline di cui l’Ingegneria del Vento si avvale o con le quali ha scambi. Sono da citare, ancora senza sperare di elencarle tutte, la meteorologia, la climatologia, l’aerodinamica, l’aeroelasticità, la statica e la dinamica delle costruzioni, l’idraulica marittima e l’ingegneria marittima, l’ingegneria navale, l’ingegneria ambientale, nonché tutti quei rami della matematica che forniscono gli strumenti di analisi e di modellazione dei fenomeni, primi tra tutti il calcolo delle probabilità e la statistica.

Da quanto detto risulta evidente come l’Ingegneria del Vento rappresenti una disciplina di confine, con le difficoltà ed il fascino che ciò comporta. La principale difficoltà che si presenta, infatti, all’ “Ingegnere del vento” è quella di acquisire nozioni e strumenti propri di

2 Capitolo I

altri campi della scienza e della tecnica, e in base a questi saper creare gli opportuni collegamenti tra le varie discipline, necessari all’analisi di problemi che spesso si presentano quali “insolubili”. L’apparente insolubilità di tali problemi risiede nell’elevatissimo numeri di parametri da cui essi dipendono e dalla contemporanea impossibilità di individuarli in via deterministica. Emerge allora, e di qui il fascino, la necessità di semplificazione dei problemi, ciò che è possibile solo quando vi è una profonda comprensione dei meccanismi che regolano i fenomeni dei quali ci si occupa. E’ chiaro, quindi, come in una disciplina altamente empirica e spesso sperimentale, l’intuito e la capacità di sintesi siano gli ingredienti necessari al conseguimento di qualsiasi risultato.

L’analisi dell’effetto del vento sulle costruzioni è non solo la parte più consistente dell’Ingegneria del Vento, ma anche la più antica. L’attenzione prestata dagli ingegneri ai carichi indotti dal vento sulle strutture risulta, purtroppo, legata ad una serie di disastri che, a partire dai primi decenni dello scorso secolo, hanno colpito soprattutto le strutture da ponte.

La tendenza che si manifestò all’inizio del IX secolo a costruire ponti sospesi di luce sempre maggiore e sempre più flessibili urtò fin dall’inizio contro l’ignoranza dei fenomeni legati all’azione del vento. Nel 1826, sei settimane dopo l’apertura al traffico, il famoso ponte di Telford sul Menai fu seriamente danneggiato dal vento; il ponte sopravvisse e, nel 1839, durante un’altra tempesta subì ulteriori danni che spinsero ad irrigidirlo notevolmente, al punto tale che il ponte da allora in poi non ha subito altri danni ed è sopravvissuto fino ai giorni nostri.

Le cause che portarono al danneggiamento del ponte e gli interventi più opportuni da effettuarsi vennero discussi nel 1841 in una riunione della Institution of Civil Engineers britannica, il cui verbale [Provis 1841] risulta una interessantissima testimonianza di quelle che erano le conoscenze del tempo degli effetti del vento sulle strutture:

... the conclusion is arrived at, that winds act strongly and prejudicially on the front as well as on the horizontal surfaces of the platforms of suspension bridges ... . The force of wind was not apparently from beneath; it appeared to act altogether laterally.

Sorte non altrettanto fortunata toccò ad altri ponti sia in Europa che in America. Tra i primi

sono da ricordare quello di Nassau in Germania e quello di Tournon in Francia, mentre tra i secondi il Wheeling Bridge nell’Ohio ed una serie di altri ponti sul fiume Niagara. Malgrado questi insuccessi, la tendenza all’alleggerimento dei ponti non accennava a ridursi, almeno fino a quando, nel 1879, il crollo del ponte sul Firth of Tay, che provocò la perdita di 75 vite, pose davanti agli occhi dell’opinione pubblica la necessità di un approfondimento, da parte degli ingegneri, dei possibili effetti del vento su queste esili strutture.

La prima ed immediata reazione di fronte a fenomeni di cui non si riusciva a comprendere i meccanismi ne a predirne gli effetti, fu quella di progettare strutture notevolmente più rigide delle precedenti. Di questa tendenza un precursore era stato Sir Marc Brunel, che già nel 1821 aveva progettato il ponte sospeso dell’isola di Bourbon con funi stabilizzanti in piani inclinati rispetto alla verticale, sì da ridurre sia l’innalzamento dell’impalcato sia il suo sbandamento laterale. In Inghilterra, in particolare, dopo il crollo del ponte sul Tay, per più di cinquanta anni

Introduzione 3

non vennero più costruiti ponti sospesi, e quelli a travata subirono un notevole incremento nel rapporto altezza-luce:

(The consequences of the Tay Bridge disaster) ... . With this inglorious swan-song the suspension bridge disappeared form the repertoire of British engineers for the next half century ... . Its place was taken by more rigid forms - the arch and the cantilever structure. [Davenport 1961a]

Chiari esempi della tendenza all’irrigidimento dei ponti sospesi sono quello realizzati da Roebling, che raggiunsero valori di 1/40 per il rapporto freccia-luce.

Il problema degli effetti collegati all’azione del vento veniva contemporaneamente sentito anche per le strutture ad estensione verticale. In tale campo una pietra miliare è rappresentata dalla Torre Eiffel (1889), che più che raddoppiava il primato di altezza delle costruzioni. In quegli anni lo stesso Eiffel, così come Irminger e Stanton, aveva effettuato i primi rudimentali esperimenti in “galleria del vento”, al fine di determinarne gli effetti su profili di uso corrente nelle carpenterie metalliche. Anche se non vi era conoscenza alcuna sul comportamento aeroelastico delle strutture, due concetti erano già stati assimilati: l’esistenza di uno strato limite atmosferico e la presenza di forze aerodinamiche maggiori di quelle che deriverebbero dall’applicazione della pressione cinetica sulle superfici esposte al vento:

... . With regard to the intensity of the wind pressure we have made two assumptions: one that supposes that the wind has a constant force of 300 kg/m2; the other that this pressure increases from the base where it is 200 kg/m2 to the top where it attains 400 kg/m2. ... . With regard to the exposed surfaces, we have not hesitated in assuming, in spite of the apparent severity of the assumption, that on the upper half of the tower, all the lattice work is replaced by solid surfaces; that in the intermediate section, where the openings become more important, the frontal area is taken four times the actual area of iron; ... finally at the base of the tower we count the legs as solid and struck twice by the wind. [Eiffel 1885, traduzione in Inglese]

Il grosso impulso agli studi di aerodinamica vennero tuttavia, oltre che dal campo Civile a

seguito del crollo del ponte sul Tay, soprattutto dal quello Aeronautico, allora ai suoi albori. L’aumentata conoscenza delle forze aerodinamiche, i miglioramenti nella qualità dei

materiali da costruzione (soprattutto dell’acciaio), insieme al desiderio di ricercare forme strutturali eleganti ed ardite, spinse di nuovo gli Ingegneri ad aumentare la snellezza delle strutture (e come al solito soprattutto quella dei ponti), fin quando un nuovo, questa volta sensazionale per le immagini che lo documentano, disastro colpì l’Ingegneria delle Strutture: il crollo del ponte sullo stretto di Tacoma, nel 1940. Il ponte di Tacoma, circa coetaneo del Golden Gate di San Francisco, ma notevolmente più corto (800 m contro 1280 m), venne penalizzato dalla particolare forma della sezione dell’impalcato, formato da due travi a doppio T, collegate trasversalmente. L’immediata reazione al disastro, come già avvenuto nel caso del ponte sul Tay, fu quella di irrigidire quei ponti esistenti giudicati a rischio alla luce dell’ultimo accadimento, e progettare nuovi ponti più rigidi.

4 Capitolo I

Gli studi sull’aerodinamica delle sezioni compatte intanto proseguivano, soprattutto ad opera di von Karman, ma le analisi che si conducevano e di conseguenza la conoscenza che se ne traeva, erano di carattere puramente qualitativo, e mancavano inoltre dei criteri per l’applicazione dei risultati ottenuti alla progettazione ed alla verifica delle strutture. Mancava, in definitiva, quel necessario collegamento tra diverse discipline, la cui fondamentale importanza venne intuita solo in tempi più recenti.

Una netta svolta, che si può dire segnò la nascita della moderna Ingegneria del Vento, venne data da Davenport agli inizi degli anni sessanta. In una serie di articoli [Davenport 1961a, 1961b, 1961c, 1964, 1967] vennero rapidamente gettate le basi della nuova disciplina, in maniera così incisiva che oggi, a più di trenta anni di distanza, è con un incredibile bagaglio di esperienza sia dal punto di vista teorico che sperimentale, ancora costituiscono le solide fondazioni si cui teorie più evolute poggiano.

La consapevolezza dell’influenza della struttura del vento sugli effetti da esso provocati non era cosa nuova:

... and that the effect of winds is modified and varied by the nature of the country, and the local circumstances connected with each individual bridge. [Provis 1841]

Ciò, unitamente alla necessità di avere un riscontro sperimentale delle metodologie

proposte, portò, nel 1965, alla costruzione, presso la University of Western Ontario, della prima galleria del vento a strato limite.

Da allora in poi l’Ingegneria del Vento ha avuto una rapida ed ampia diffusione in tutto il mondo, sia come disciplina scientifica sia, soprattutto, come sussidio alla progettazione strutturale. In particolare l’uso delle gallerie del vento a strato limite si è rivelato uno strumento spesso conveniente, a volte indispensabile, nella progettazione di tutte quelle strutture in cui gli effetti dovuti al vento risultano determinanti, nonché in tutti gli altri campi precedentemente elencati.

2. Problematiche e metodologie Limitandosi all’analisi degli effetti del vento sulle costruzioni si darà, qui di seguito e nei

successivi paragrafi una panoramica sui problemi classici e sulle metodologie di analisi, e si forniranno gli strumenti di base necessari agli sviluppi successivi.

I carichi che vengono di solito considerati nella progettazione delle strutture civili possono essere considerati indipendenti dalla risposta strutturale, sia in campo statico che dinamico.1 Al

1 Un caso in cui vi è dipendenza tra carico e risposta è quello dell’analisi di strutture soggette a sisma, qualora si tenga conto dell’interazione suolo-struttura. L’interazione risulta comunque molto debole se paragonata a quella che può avere luogo per le strutture soggette al vento, di cui si tratterà nel prosieguo.

Introduzione 5

contrario, e di qui la particolarità e la maggiore complessità, i carichi indotti dal vento e la risposta della struttura sono collegati l’uno all’altro, in modo tale che, non solo la risposta dipende dal carico (inteso come forze misurabili sulla struttura), ma anche quest’ultimo risulta essere fortemente dipendente dallo stato della struttura. Ciò può essere facilmente intuito pensando che le forze aerodinamiche dipendono dalla velocità relativa tra fluido e struttura e dalla direzione di incidenza dei filetti fluidi, parametri a loro volta legati allo stato della struttura stessa. Questo meccanismo, che viene indicato col termine interazione fluido-struttura, si presenta inoltre fortemente non-lineare, sia nei parametri di stato della struttura che nelle caratteristiche del vento. E’ chiaro allora che una soluzione analitica, ossia ottenuta mediante l’integrazione delle equazioni del moto, sia praticamente non raggiungibile se non in un limitatissimo numero di casi elementari.

Da quanto detto emerge l’impossibilità di dare un approccio unitario alla soluzione dei diversi problemi, essendo necessario, al contrario, sviluppare metodologie specifiche atte ad affrontare ciascuna un particolare aspetto dei fenomeni in esame.

In Errore. L'argomento parametro è sconosciuto. viene riportata una classificazione schematica delle problematiche connesse alla risposta delle strutture soggette al vento. Senza voler anticipare concetti che verranno introdotti nei successivi paragrafi, si può dire che a fronte di un complesso comportamento aeroelastico delle strutture è possibile effettuare, sotto opportune ipotesi, una linearizzazione delle equazioni del moto. La soluzione delle equazioni linearizzate del moto consente di valutare la risposta (linearizzata) in condizioni di moto stabile. La risposta così calcolata può essere scissa in una parte media (risposta statica) ed una parte fluttuante a media nulla (risposta dinamica). A sua volta la risposta dinamica può essere ulteriormente scissa in due aliquote. La prima, detta quasistatica, avente contenuto in frequenza a valori alquanto più bassi della prima frequenza propria della struttura e la seconda, detta risonante, con contenuto a frequenze corrispondenti a frequenze proprie della struttura. A monte dello studio del comportamento linearizzato della struttura, occorre effettuare una analisi delle condizioni di stabilità della risposta. I fenomeni di instabilità che possono

RISPOSTA DELLE STRUTTURE SOGGETTE AL VENTO

Risposta lineare Comportamento aeroelastico

Risposta

statica Risposta

dinamica Instabilità

statiche Instabilità

dinamiche

Quasistatica Dinamica propria

Figura 1.Errore. L'argomento parametro è sconosciuto. - Classificazione schematica dei problemi connessi alla risposta delle strutture soggette all’azione del

6 Capitolo I

verificarsi su di una struttura soggetta all’azione eolica possono essere sia di natura statica che dinamica, e di ciò si dirà nel successivo paragrafo 5.

Per lo studio del comportamento linearizzato della struttura, essendo l’azione caratterizzata in termini probabilistici, si opera usualmente per via stocastica, facendo ricorso a strumenti della dinamica aleatoria. Viceversa per la ricerca delle condizioni di stabilità si opera di solito per via deterministica, facendo ricorso a strumenti del calcolo delle probabilità solo per la successiva valutazione della probabilità di occorrenza della condizione critica.

3. La modellazione delle strutture Quanto detto sinora ha validità del tutto generale, non riferendosi ad una particolare

tipologia strutturale. Al contrario, la varietà delle strutture soggette all’azione del vento fa sì che ciascuna di esse ne patisca in modo differente l’azione e, di conseguenza, che lo studio di ciascuna tipologia vada effettuato in maniera differente.

Gli edifici bassi così come alcune coperture di grande luce, ad esempio, sono strutture di solito sufficientemente rigide per non risentire dei fenomeni dinamici indotti dal vento; tuttavia queste mostrano di poter andare in crisi a causa delle depressioni, di natura statica, che nascono su alcune parti di esse. Per queste strutture è sufficiente operare su un modello rigido, essendo determinante, ai fini della valutazione degli effetti del vento, solo l’aspetto aerodinamico e non quello aeroelastico. L’analisi che va condotta è allora quella volta alla determinazione della distribuzione delle pressioni medie sulla struttura, e quindi al calcolo delle forze che agiscono sui singoli elementi, strutturali e non, suscettibili di danneggiamento.

Al contrario, strutture particolarmente snelle quali gli edifici di elevata altezza, le ciminiere, le torri e gli impalcati dei ponti di grande luce oltre a patire gli effetti dovuti al carico statico indotto dal vento sono anche soggette ad un forte comportamento dinamico. L’analisi che si effettua in questi casi deve tenere in conto la dinamica della struttura e le modalità di interazione aeroelastica col vento. La modellazione dinamica delle strutture viene di solito effettuata mediante analisi modale, ossia limitando la cinematica della struttura a quella consentita dai soli primi modi propri, trascurando i modi superiori. Così operando è possibile ridurre la struttura ad un sistema dotato di un esiguo numero di gradi di libertà, ben rispettando però la cinematica della struttura di partenza.

4. La modellazione del vento La modellazione del vento viene effettuata a differenti livelli in ciascuno dei quali si fa

ricorso a strumenti di altre discipline collegate all’Ingegneria del Vento.

Introduzione 7

Un primo livello è quello, proprio della macrometereologia che studia la circolazione atmosferica a partire dalle sue cause, ma prescindendo dall’interazione col suolo. Si perviene in questo modo ad una descrizione, in termini qualitativi, della circolazione atmosferica, e a dei modelli statistici atti a prevedere le condizioni locali del vento geostrofico.

Ad un secondo livello vengono studiate le modificazioni indotte nel vento dall’attrito che si esplica al suolo. E’ questo lo studio del cosiddetto strato limite atmosferico.

Ad un terzo livello viene studiato l’effetto degli ostacoli di piccole dimensioni posti all’interno dello strato limite, quali le costruzioni, sulle caratteristiche del vento; si è questa volta nel campo dell’aerodinamica.

In questo paragrafo ci si limita a dare alcune nozioni sulla modellazione dello strato limite atmosferico, ossia di quella porzione della atmosfera in cui le caratteristiche del vento sono influenzate dalla presenza del suolo.

All’interno dello strato limite atmosferico il vento viene studiato come un processo stocastico multidimensionale, per il quale occorre analizzare non solo la dipendenza dal tempo, ma anche quella dalla posizione nello spazio. Per semplicità di trattazione le due dipendenze vengono di solito analizzate separatamente e quindi lo studio ne risulta scisso in due parti: una prima diretta ad analizzare le caratteristiche puntuali del vento ed una seconda che ne analizza la distribuzione spaziale.

L’analisi delle funzioni di densità spettrale di potenza a lungo termine della velocità del vento mostra come, per periodi di circa un’ora, questa possa essere considerata un fenomeno stazionario. In Figura 1.2 viene mostrata una rappresentazione ideale di spettro a lungo termine della velocità del vento. Lo spettro presenta quattro picchi ben evidenti; due di questi sono rispettivamente a periodi pari ad un anno ed un giorno e rappresentano la periodicità annuale e quotidiana dei fenomeni meteorologici; un terzo picco, a banda larga, è presente a periodi di circa quattro giorni, e individua in questo lasso di tempo la durata media degli eventi eolici; il quarto picco è posizionato a periodi molto più bassi (nell’ordine dei secondi), e rappresenta la turbolenza atmosferica. Per valori del periodo prossimi all’ora i valori spettrali sono molto

Figura 1.2 - Rappresentazione ideale di uno spettro a lungo termine della velocità

del vento (da [Davenport et al. 1987])

8 Capitolo I

bassi (spectral gap), indicando una assenza di correlazione tra i fenomeni macrometereologici e la turbolenza atmosferica. Proprio in virtù di questa mancanza di correlazione è possibile considerare la turbolenza un fenomeno stazionario.

Dato un punto all’interno dello strato limite atmosferico, si consideri il sistema di riferimento avente l’asse x0 orientato nella direzione della velocità media del vento; questa direzione risulta nella maggioranza dei casi orizzontale, ed in tal caso si assume l’asse z verticale e diretto verso l’alto. La velocità istantanea del vento può essere espressa mediante le sue componenti:

V i j k( ) ( ) ( ) ( )t u t v t w t= + +0 0 (1.1)

ove con i0, j0 e k si sono indicati i versori degli assi x0, y0 e z, e con u, v e w le componenti della velocità del vento lungo questi.

Per la particolare scelta del sistema di riferimento risulta:

u t U u t

v t v t

w t w t

( ) ' ( )

( ) ' ( )

( ) ' ( )

= +

=

=

(1.2)

ove con U si è indicato il valore medio della velocità del vento, e con u v w' , ' ' e le componenti fluttuanti a media nulla di questa, dette componenti della turbolenza.

I rapporti adimensionali tra gli scarti quadratici medi delle componenti della turbolenza e la velocità media del vento vengono indicati come intensità della turbolenza:

I uU

I vU

I wU

u

v

w

=

=

=

~

~

~

(1.3)

Le registrazioni anemometriche hanno mostrato come la turbolenza atmosferica possa essere ben modellata con una distribuzione gaussiana, e pertanto le quantità definite dalle (1.2) e (1.3) sono sufficienti a descrivere il modello probabilistico della turbolenza.

La turbolenza viene rappresentata mediante un insieme di strutture vorticose (gli eddies) di diverse dimensioni, dotate di moto convettivo ad una velocità pari alla velocità media del flusso (ipotesi di Taylor). Le dimensioni di tali strutture vorticose possono essere caratterizzate mediante un’analisi del contenuto in frequenza della turbolenza; ciò ha una notevole importanza ai fini della valutazione dell’effetto del vento sulle costruzioni in quanto, come

Introduzione 9

verrà mostrato in seguito, la risposta delle strutture dipende fortemente dagli spettri della turbolenza.

Per quanto concerne la componente longitudinale, diverse espressioni sono state proposte in passato con varie motivazioni. L’espressione della funzione di densità spettrale di potenza più diffusa e più utilizzata per la progettazione, anche se con alcune critiche, è la seguente suggerita in [Davenport 1961c]:

( )f S f

ux

xuu⋅

= ⋅+

( )

*2

2

2 4 341

con x fU

=⋅1200

10 (1.4)

ove con u* si indica la velocità di attrito, una quantità che misura gli sforzi tangenziali a contatto col suolo, e con U10 il valore medio della velocità ad una quota di 10 m.2

Per gli spettri delle componenti laterale e verticale dalla turbolenza vengono usualmente utilizzate espressioni rispettivamente del tipo:

( )f S f

uf

fvv⋅

= ⋅+

( )

.*

*

*2 5 3151 9 5

(1.5)

f S fu

f

fww⋅

= ⋅+

( ) .*

*

*2 5 33 361 10

(1.6)

ove con f * si è indicata una frequenza ridotta, ossia la quantità:

f f zU z

*

( )=

⋅ (1.7)

rispettivamente suggerite in [Kaimal et al. 1972] e [Lumley e Panofsky 1964]. Le (1.2), (1.3), (1.4), (1.5) e (1.6) forniscono una descrizione locale delle caratteristiche del

vento; resta tuttavia da fornire una descrizione della distribuzione spaziale di tali caratteristiche. La velocità media del vento (e la sua direzione), le intensità delle componenti della turbolenza e gli spettri di queste sono, infatti, all’interno dello strato limite atmosferico, funzioni della quota3.

2 In via approssimativa la velocità di attrito può essere ricavata dagli scarti quadratici medi delle componenti della turbolenza mediante le seguenti relazioni:

u u v w* . ~ . ~ . ~= = =0 4 05 08 3 In particolare la (1.4) non mostra alcuna dipendenza dalla quota, fornendo cioè soltanto valori spettrali mediati nel campo di quote occupate dalle costruzioni.

10 Capitolo I

La funzione che indica la variazione della velocità media con la quota viene indicata come profilo delle velocità medie. Per essa due espressioni vengono usualmente utilizzate: la legge logaritmica e la legge di potenza.

La legge logaritmica viene espressa dalla:

U z zz

( ) . ln*= 2 50

u (1.8)

ove con z0 si è indicata una lunghezza che caratterizza le dimensioni della rugosità del terreno. La legge di potenza assume invece la forma:

U zU z

zz

( )( )

1

2

1

2=

⎝⎜

⎠⎟

α

(1.9)

con α esponente dipendente dalle caratteristiche di rugosità del terreno. Vi è poi da analizzare l’organizzazione spaziale della turbolenza, intesa come la coerenza

di questa nello spazio. Una misura globale (nel senso che opera su quantità statistiche, senza dare cioè informazione alcuna sul contenuto armonico) della correlazione della turbolenza viene fornita dai coefficienti di correlazione delle componenti di turbolenza:

C P P u P u Pu P u Pu ( , ) ' ( ) ' ( )~( ) ~( )1 2

1 2

1 2=

⋅⋅

(1.10)

ed analoghe in v e w. Le (1.10) esprimono delle relazioni del tutto generali; di solito, tuttavia, si opera su

relazioni semplificate che, nell’ipotesi in cui la coerenza sia legata solo alla distanza tra i punti e non alla loro posizione nello spazio, tengono conto di una sola delle componenti della distanza tra i due punti alla volta; si ottengono così le 9 relazioni del tipo:

Cu x u x

uu xx( )

'( ) '( )~∆

∆0

00 02=

+

(1.11)

al variare della componente di turbolenza che si considera e della direzione in cui distano i punti. A partire dalle (1.11) è possibile definire le scale integrali a banda larga della turbolenza:

L C dux

u x x0

0 00=

∞∫ ( )∆ ∆ (1.12)

ed analoghe. Delle 9 relazioni del tipo (1.12) hanno particolare rilievo le L L Lu

xvy

wz, e che forniscono una

misura delle tre dimensioni medie dei vortici.

Introduzione 11

Relazioni analoghe alle (1.10), (1.11) e (1.12) possono essere scritte con riferimento a grandezze spettrali, in grado di fornire frequenza per frequenza informazioni sul livello di correlazione spaziale delle componenti della turbolenza. In particolare si definisce lo spettro mutuo normalizzato:

[ ]C P P f S P P f

S P f S P fu

uu

uu uu

( , , ) ( , , )( , ) ( , )

1 21 2

1 21 2=

⋅ (1.13)

ove con Suu(P1, P2, f ) e con Suu(P1, f ) si sono indicate rispettivamente la funzione di densità spettrale incrociata di potenza e la funzione di densità spettrale di potenza della prima componente della turbolenza. Nel caso in cui la parte immaginaria dello spettro incrociato (spettro di quadratura) sia trascurabile rispetto alla parte reale (co-spettro), cosa che si verifica per la turbolenza atmosferica, la parte reale della (1.13) coincide con la radice quadrata della funzione di coerenza, o coefficiente di correlazione a banda stretta:

( )γ u

uu

uu uuP P f

S P P fS P f S P f

21 2

1 22

1 2( , , )

, ,( , ) ( , )

=⋅

(1.14)

In analogia a quanto detto circa le (1.10) è possibile esprimere il coefficiente di correlazione a banda stretta nel caso in cui la coerenza sia legata solo alla distanza tra i punti e non alla loro posizione nello spazio, ed in cui ne venga presa in considerazione una sola alla volta; si ottengono così 9 relazioni analoghe alle (1.11):

γ 2

2

20

0( , )( , )

( )∆

∆x

uu x

uu

fS f

S f=

(1.15)

Dalle (1.15) si definiscono le scale integrali della turbolenza a banda stretta:

L f f dux

u x x0

0 00( ) ( , )=

∞∫ γ ∆ ∆ (1.16)

ed analoghe. Nel caso in cui i due punti siano contenuti in un piano parallelo al piano y0-z, in [Vickery

1971] viene fornita la seguente espressione per la radice quadrata della funzione di coerenza della prima componente di turbolenza:

γ uy z

P P ff C y y C z z

U z U z( , , ) exp

( ) ( )

( ) ( )1 2

201 02

2 21 2

2

1 2

20=

− ⋅ − + −

+ (1.17)

12 Capitolo I

con Cy06 10= ÷ e Cz = 12 ÷ 16. Anche per la funzione di coerenza della componente

trasversale della turbolenza è possibile usare [Kristiansen e Jensen 1979] l’espressione, ove i coefficienti Cy0

e Cz siano ridotti di 1/3 rispetto a quelli che si utilizzano per la componente

longitudinale. Per quanto concerne la componente verticale della turbolenza, per due punti posti su un

asse parallelo ad y0 in [Kristiansen e Jensen 1979] e [Shiotani 1967-1971] viene fornita la seguente espressione della funzione di coerenza:

γ wyP P f

f C y yU z

( , , ) exp( )( )1 2

1 22=

− ⋅ − (1.18)

con Cy04= .

5. L’interazione vento-struttura ed i fenomeni aeroelastici Come si accennava brevemente in precedenza, l’analisi della risposta delle strutture

all’azione del vento va effettuata, in tutti quei casi in cui la struttura presenti una elevata deformabilità, tenendo in conto una interazione bilaterale tra la corrente fluida e la struttura. Risulta, infatti, in questo caso impossibile considerare quale sistema dinamico quello costituito dalla sola struttura e considerare il vento quale la causa di una azione esterna. Al contrario bisogna considerare quale sistema dinamico quello composto dalla struttura stessa e dal fluido in moto attorno ad essa. Il problema che così si pone è notevolmente più complesso di quello che si avrebbe qualora si potessero disaccoppiare i due fenomeni, quello relativo al moto del fluido e quello relativo al moto della struttura.

La soluzione analitica del problema dell’oscillazione di un corpo deformabile all’interno del campo di moto di un fluido si presenta estremamente complicata, ed è possibile pervenire a dei risultati solo in casi estremamente semplici e pertanto di poca utilità pratica. D’altro canto il recente aumento delle potenzialità del calcolo automatico ha reso possibile la soluzione per via numerica (mediante l’uso del Metodo degli Elementi Finiti o mediante l’integrazione delle equazioni di Navier-Stokes) di problemi di utilità pratica.

L’inquadramento dei problemi riguardanti l’interazione tra un fluido in moto ed un corpo in esso immerso resta, quindi da effettuarsi nell’ambito di modelli fisico-matematici estremamente semplificati, incapaci di descrivere il comportamento globale, ma in grado di fornire una descrizione parziale di uno o più aspetti.

Nel seguente capitolo viene trattato il problema del moto di un cilindro rigido di lunghezza infinita dotato dei due gradi di libertà di traslazione nel piano ortogonale all’asse e di quello di rotazione attorno a questo, investito da un flusso bidimensionale contenuto nel piano ortogonale all’asse del cilindro.

Introduzione 13

Nel successivo capitolo le nozioni acquisite per il caso del cilindro rigido vengono utilizzate per lo studio del moto di una struttura flessibile di forma allungata, posta in un campo di moto le cui caratteristiche variano nella direzione dell’asse della struttura. In entrambi i casi si procede alla scrittura dell’equazione linearizzata del moto, evidenziando le condizioni di validità di questa; si individuano quindi le condizioni che devono verificarsi affinché la soluzione sia stabile, e si illustrano i criteri di analisi della risposta in condizioni di moto stabile.

Nel seguito del presente paragrafo verranno analizzati i principali fenomeni aeroelastici, in modo da introdurre e concetti e terminologia necessari nel prosieguo.

5.1 Distacco dei vortici e sincronizzazione

Un corpo posto all’interno di un campo di moto laminare emette periodicamente vortici che, distaccandosi dal corpo vengono poi trascinati dalla corrente. Nel caso di corpi allungati, i vortici si distaccano alternativamente dai due lati con una frequenza che, come fu mostrato da Strouhal alla fine dello scorso secolo, è pressappoco costante ed è legata alla forma ed alle dimensioni del cilindro nonché alla velocità del flusso. In particolare il corrispondente valore della frequenza ridotta dipende solo dalla forma della sezione trasversale e viene indicato come numero di Strouhal:

Stf bUs=

⋅ (1.19)

ove con fs si è indicata la frequenza di distacco dei vortici e con b una dimensione caratteristica della sezione trasversale. Tale comportamento venne inoltre dimostrato da von Karman essere stabile, nel caso di flusso a potenziale.

Nel caso di un flusso turbolento il distacco dei vortici non avviene con frequenza costante; in tale caso la (1.19) continua però ad avere validità, a patto di interpretare fs quale frequenza centrale di distacco dei vortici. Si pone quindi il problema di caratterizzare la distribuzione della frequenza di distacco.

Nell’ipotesi di validità della teoria quasistatica,4 ossia nel caso in cui la turbolenza sia concentrata a frequenze inferiori a quella di distacco, è possibile [Vickery e Clark 1972] considerare il flusso turbolento quale un flusso laminare a velocità lentamente variabile nel tempo. Si può allora considerare la legge di Strouhal valida istante per istante, a patto di sostituire la velocità media del flusso col valore istantaneo di questa. Così procedendo ad una distribuzione gaussiana della componente longitudinale della turbolenza corrisponderebbe una distribuzione gaussiana della frequenza di distacco.

Nel caso in cui il cilindro sia non più fisso, ma libero di vibrare nella direzione trasversale al flusso la (1.19) continua a valere, ma solo per valori della velocità del flusso per cui la frequenza di distacco risulta alquanto discosta dalla frequenza propria di vibrazione del cilindro.

4 Le ipotesi ed i risultati della teoria quasistatica verranno illustrati nel Capitolo II.

14 Capitolo I

Per valori della velocità che, nel rispetto della (1.19), porterebbero a frequenze di distacco prossime alla frequenza propria del cilindro, il distacco dei vortici viene governato dal moto del cilindro avvenendo a frequenza costante, pari alla frequenza propria del cilindro. Tale fenomeno di sincronizzazione (lock-in) comporta un aumento dell’entità delle forze di portanza ed una aumento nel livello di correlazione di queste lungo il cilindro.

In Figura 1.3 viene riportato il diagramma che mostra la frequenza di distacco in funzione della velocità del flusso, da cui si evince il campo di velocità per cui si ha il fenomeno di sincronizzazione. In questo campo di velocità il moto avviene in condizioni di risonanza, ma le equazioni linearizzate del moto non risultano più idonee alla valutazione della risposta, avendosi un moto ad ampiezza limitata anche nel caso di assenza di smorzamento strutturale.

In condizioni di flusso turbolento il fenomeno si presenta in maniera analoga, risultando però “disturbato” dalla turbolenza; ne risulta un valore della ampiezza massima di oscillazione inferiore rispetto a quello che si avrebbe in flusso laminare

Lo studio del moto del cilindro in condizioni di sincronizzazione è stato affrontato da diversi autori, seguendo due diversi approcci: quello di modellare il cilindro mediante un oscillatore non lineare e quello di introdurre uno smorzamento aerodinamico variabile al variare della velocità del flusso, negativo in condizioni di sincronizzazione. Lavori classici in tema sono: [Hartlen e Currie 1970], [Skop e Griffin 1975], [Vickery e Basu 1983] e [Basu e Vickery 1983]

5.2 Divergenza

Un fenomeno di instabilità aeroelastica statica può aver luogo per strutture di forma allungata, vincolate elasticamente alla torsione. L’equazione di equilibrio alla rotazione, nel caso in cui il vincolo sia ad elasticità lineare, si scrive:

Figura 1.3 - Andamento della frequenza di distacco dei vortici in funzione della

velocità media del flusso

Introduzione 15

( )12

2 2ρ α ααU b C kM = (1.20)

ove con ρ si è indicata la densità dell’aria, con CM(α) il coefficiente aerodinamico di torsione che viene definito dalla (2.4), con α l’angolo di torsione e con kα la rigidezza torsionale del vincolo. La (1.20) definisce implicitamente il legame funzionale tra la velocità del vento e l’angolo di torsione.

Se per α = 0 risulta CM = 0, come avviene nel caso di sezioni simmetriche disposte in condizioni di riposo con l’asse di simmetria parallelo alla direzione del vento, la soluzione α = 0 della (1.20) è valida per ogni valore della velocità. Tale soluzione risulta però stabile solo per valori della velocità inferiori al valore critico definito come:

( ) ( )U

kb C

kb Ccd

M M= =

2 2 102 0 2

α

α

α

ρα

α ρlim

' (1.21)

avendosi un tipico fenomeno di instabilità improvvisa o di I specie. Viceversa, se per α = 0 risulta CM ≠ 0, può darsi che la U(α) definita dalla (1.20), crescente

per bassi valori di α, attinga un massimo, per poi decrescere; si ha in tale caso un fenomeno di instabilità progressiva o di II specie, rappresentando il valore massimo di U un valore limite della velocità.

Nel caso generale, in cui venga analizzato un sistema a più gradi di libertà, la condizione di divergenza viene individuata come l’esistenza di un grado di libertà per il quale sia nulla la rigidezza totale del sistema, che come si vedrà nel Capitolo II è somma di un termine strutturale e di un termine aerodinamico il cui valore è funzione della velocità del vento. Tale condizione viene ricercata quale il valore della velocità media del vento che porta all’annullarsi del determinante della matrice di rigidezza totale.

5.3 Galloping

In analogia a quanto detto circa la divergenza è possibile definire la condizione critica di galloping come l’esistenza di un grado di libertà del sistema nel quale sia nullo lo smorzamento totale, anch’esso somma di un termine strutturale e di un termine aerodinamico legato al valore della velocità media del flusso. Analogamente tale condizione viene ricercata quale il valore della velocità media del vento che porta all’annullarsi del determinante della matrice di smorzamento totale.

Il problema del galloping fu per la prima volta affrontato da Glauert e Den Hartog (si veda a proposito [Den Hartog 1956]) per un sistema ad un grado di libertà nella direzione ortogonale a quella del flusso medio. Essi mostrarono come la condizione, nota appunto come criterio di Glauert-Den Hartog:

16 Capitolo I

C CL D' ( ) ( )0 0 0+⎛

⎝⎜⎞⎠⎟ < (1.22)

sia necessaria al verificarsi di una instabilità da galloping. Lavori più recenti, con applicazioni al campo dell’Ingegneria Civile sono [Parkinson e

Brooks 1961] e [Novak 1972].

5.4 Flutter

Col termine flutter si indica una instabilità aeroelastica a due gradi di libertà, uno di traslazione in direzione ortogonale al flusso medio e l’altro torsionale. La possibilità di verificarsi del flutter è legata all’accoppiamento delle forze d’inerzia nei due gradi di libertà, che comporta la non ortogonalità dei modi traslatorio e torsionale.

L’analisi delle condizioni critiche di flutter viene effettuata, mediante l’approccio introdotto da Theodorsen [Theodorsen 1935] e specializzato da Scanlan [Scanlan e Tomko 1971] per l’analisi degli impalcati da ponte, secondo cui la forzante nell’equazione del moto del sistema a due gradi di libertà viene considerata somma di termini proporzionali alle componenti di spostamento ad alle prime due derivate di queste. La soluzione delle equazioni del moto viene perseguita per via iterativa, sì da pervenire al valore critico della velocità del vento che segna l’insorgere del comportamento instabile. La difficoltà nell’applicazione del metodo risiede nella determinazione dei coefficienti dei termini della forzante (derivate di flutter), che vanno stimati mediante prove in galleria del vento su modelli sezionali in movimento, e che dipendono dalla frequenza di oscillazione della struttura.

6. L’uso delle gallerie del vento a strato limite nell’analisi dell’azione del vento sulle costruzioni

L’enorme complessità dei fenomeni in gioco fa sì che per la maggior parte dei problemi

dell’Ingegneria del Vento in generale, ed in particolare per quelli connessi all’azione del vento sul costruito, sia impossibile intraprendere una analisi che prescinda da acquisizioni di carattere sperimentale. Nell’ambito della sperimentazione, a fianco a quella che si effettua in situ, negli ultimi tre decenni, ha assunto un ruolo determinante quella che utilizza le gallerie del vento a strato limite.

La necessità di disporre di gallerie del vento ad uso specifico dell’Ingegneria Civile, si rese evidente quando fu chiara la forte influenza delle caratteristiche del vento sugli effetti che questo provoca. Come si accennava nei precedenti paragrafi, le caratteristiche del vento all’interno dello strato limite atmosferico sono notevolmente diverse da quelle di un flusso

Introduzione 17

indisturbato. Queste caratteristiche sono poi fortemente variabili col sito, in relazione soprattutto alle caratteristiche orografiche ed a quella che viene definita la rugosità del suolo. Lo spessore dello strato limite, i parametri del profilo delle velocità medie, la forma dei profili delle intensità di turbolenza, gli spettri della turbolenza sono tutte grandezze fortemente dipendenti dal modo in cui si sviluppa lo strato limite e dalla eventuale presenza di ostacoli a monte del punto di osservazione.

Le gallerie del vento a strato limite permettono di modellare la struttura del vento in modo da ottenere caratteristiche di flusso analoghe a quelle che si stimano essere presenti nel sito in oggetto.

Le gallerie del vento a strato limite più diffuse, nonché quelle che garantiscono la maggiore controllabilità delle condizioni di flusso, sono le gallerie a strato limite naturalmente sviluppato. Tali gallerie fanno affidamento sulla disponibilità di una lunga estensione (fetch) a monte della sezione di prova, lungo la quale lo strato limite possa svilupparsi in maniera naturale per attrito col suolo. Le caratteristiche dello strato limite possono essere modellate variando la rugosità del pavimento della galleria. Ciò viene di solito realizzato poggiando sul pavimento dei pannelli su cui sono incollati blocchetti di legno o di spugna. Le dimensioni e la quantità dei blocchetti utilizzati e la posizione in cui vengono collocati sono i parametri disponibili per la modellazione dello strato limite.5 Per facilitare la formazione dello strato limite, o in tutti quei casi in cui la lunghezza della galleria non sia sufficiente a sviluppare uno strato limite dalle caratteristiche desiderate, è possibile utilizzare tecniche che accelerino la formazione dello strato limite. Il posizionamento di ostacoli all’ingresso della galleria ben si presta a questo fine. Fra gli ostacoli più utilizzati vi sono le barriere poste al suolo e le spires, ossia degli elementi triangolari che, posti verticalmente, riducono l’area libera verso il suolo, lasciandola inalterata nella parte alta della galleria. Risulta, inoltre, spesso necessario conferire al flusso un livello di turbolenza maggiore di quello che si svilupperebbe all’interno dello strato limite. Ciò viene di solito ottenuto mediante l’uso di griglie poste nella sezione di ingresso alla galleria. Il rapporto di bloccaggio della griglia e il passo di questa sono i parametri utilizzabili per dosare l’intensità della turbolenza e la scala integrale di questa.

La necessità di lavorare su modelli di grandi dimensioni, che si verifica quando l’eccessiva riduzione in scala rischia di compromettere la qualità dei risultati, comporta la necessità di sezioni di prova di grandi dimensioni. Il caso tipico è quello delle strutture ad elevata estensione orizzontale, quali i ponti sospesi. Per ovviare alla necessità di lunghi fetch (la cui lunghezza è legata alle dimensioni della sezione di prova) che si presenta per le gallerie a strato limite naturalmente sviluppato. Sono state di recente proposte diverse soluzioni alternative a quella dello strato limite naturalmente sviluppato. Tra queste si ricorda quella che prevede una batteria di propulsori, in alternativa al singolo propulsore delle gallerie classiche, in grado di creare un flusso che abbia in partenza caratteristiche più vicine a quelle desiderate. La qualità del flusso che si realizza nelle gallerie in cui lo strato limite viene sviluppato artificialmente è tuttavia inferiore a quella che si ottiene in gallerie a strato limite naturalmente sviluppato, e comunque più difficilmente modellabile; per questo motivo i risultati che queste gallerie

5 Le gallerie più recenti sono munite di dispositivi pneumatici in grado di sollevare o abbassare dei parallelepipedi posizionati nel pavimento. Questi dispositivi, controllati da un elaboratore, permettono una raffinatissima modellazione della rugosità del suolo

18 Capitolo I

forniscono sono di qualità inferiore rispetto a quelli ottenibili nelle tradizionali gallerie a strato limite.6

Le tipologie di prove che possono essere condotte in galleria del vento a strato limite sono di diversa natura in relazione ai fenomeni che si intende indagare. Una prima suddivisione può essere effettuata in base al tipo di modello che viene utilizzato: rigido, elasto-rigido oppure aeroelastico. Un’altra suddivisione può essere condotta in base alle quantità che si vanno a misurare: pressioni, spostamenti e/o accelerazioni della struttura, forze strutturali, velocità del flusso in prossimità della struttura. Esistono infine prove che forniscono esclusivamente risultati di carattere qualitativo, quali le prove di visualizzazione di flusso, volte a fornire delle indicazioni di comportamento più che dei dati numerici.

Nel caso delle strutture a prevalente estensione verticale (edifici alti, ciminiere, torri per le trasmissioni etc.) vengono usualmente effettuati tre tipi di prove: prove su modello manometrico, prove del tipo base-balance e prove su modello aeroelastico. Nelle prime si opera su un modello rigido, di solito realizzato in Plexiglas, munito di un elevato numero di prese manometriche. Vengono registrate le storie temporali della pressione a ciascuna presa, e per integrazione si risale alle storie temporali delle forze ed dei momenti agenti a diverse quote della struttura. L’elaborazione di queste storie temporali fornisce i valori medi, gli scarti quadratici medi e gli spettri di potenza di tali forze, che vengono utilizzati come forzanti nell’analisi dinamica della struttura. Una prova su modello manometrico risulta utile anche quando si voglia conoscere il valore del coefficiente di pressione in un particolare punto della struttura, ma non è in grado di cogliere l’interazione aeroelastica, e pertanto fornisce coefficienti aerodinamici stazionari.

Le prove del tipo base-balance consistono nel porre un modello rigido della struttura su una bilancia in grado di misurare le componenti delle forze e dei momenti al piede della struttura. Anche in questo caso non si tiene conto dell’interazione aeroelastica, a meno che il collegamento del modello alla bilancia non avvenga mediante supporti elastici; con tale secondo procedimento è possibile simulare il primo modo di vibrazione della struttura, mediante un moto di rotazione rigida di questa rispetto alla base.

Qualora si voglia cogliere a pieno l’interazione vento-struttura bisogna fare ricorso a modelli aeroelastici. L’uso di modelli aeroelastici, che hanno costi di progetto e di costruzione notevolmente superiori a quelli dei modelli rigidi, si rende necessario in tutti quei casi in cui l’elevata flessibilità della struttura faccia, da un lato, temere la possibilità dell’insorgere di instabilità aeroelastiche, e dall’altro renda comunque necessaria la diretta misurazione della risposta strutturale, così da tenere conto dell’effetto del moto relativo tra il vento e la struttura stessa. I modelli aeroelastici degli edifici, e delle strutture alte in generale, vengono realizzati mediante un nucleo, formato di aste metalliche e masse aggiunte, che conferisca al modello le caratteristiche dinamiche desiderate (frequenze e modi propri), e da un involucro avente l’unico scopo di conferire la sagoma al modello. Questi modelli vengono strumentati mediante accelerometri e/o trasduttori di spostamento, e pertanto le prove forniscono direttamente la risposta strutturale, senza dare alcuna informazione sulle forze che agiscono sulla struttura. 6 Va però ricordato che per lo studio dei ponti di grande luce non è necessaria una accurata riproduzione della variazione con la quota delle caratteristiche del flusso, in quanto strutture a prevalente estensione orizzontale. Resta però necessario che le caratteristiche puntuali del flusso siano riprodotte con sufficiente esattezza.

Introduzione 19

Anche nel caso dei ponti di grande luce (sospesi e strallati), le prove che possono essere effettuate sono di diversa natura; tuttavia, mentre nel caso delle strutture ad estensione verticale le prove precedentemente illustrate vengono di solito effettuate l’una in alternativa all’altra, nel caso dei ponti il programma sperimentale prevede l’esecuzione di una sequenza di prove su diversi tipi di modelli. Una prima serie di prove viene effettuata sul modello sezionale dell’impalcato. Questo è un modello rigido di un concio dell’impalcato, che viene vincolato in maniera rigida oppure sospeso mediante molle, rendendo liberi i gradi di libertà di traslazione verticale e di rotazione attorno all’asse longitudinale. Le prove vengono effettuate in flusso uniforme e con un allestimento tale da garantire che il campo di moto sia quanto più possibile bidimensionale. Sul modello montato rigidamente è possibile, mediante l’uso di strain-gauges, misurare i coefficienti aerodinamici al variare dell’angolo di attacco. Sul modello montato elasticamente è invece possibile misurare gli spostamenti e le accelerazioni al variare della velocità del vento, al fine di determinare, sul modello bidimensionale, le condizioni critiche di sincronizzazione e di flutter.

I risultati ottenuti mediante prove su modello sezionale possono essere utilizzati, mediante l’uso di modelli matematici semiempirici, per stimare la risposta del ponte. In questo modo si trascurano gli effetti dovuti al comportamento tridimensionale della struttura e del flusso, nonché l’interazione della campata di largo con le torri e con le campate di riva. L’uso di un modello aeroelastico consente di misurare direttamente la risposta strutturale, senza bisogno di fare ricorso a modelli teorici e, se il modello riproduce l’intero ponte, i risultati cui si perviene tengono conto anche dell’interazione con le torri e con le campate di riva.

Alle due prove sinora citate si aggiunge talvolta la prova del modello aeroelastico della torre, volta a caratterizzare il comportamento di questa in fase di costruzione, ossia prima del varo dei cavi di sospensione o della posa in opera degli stralli.

Per le altre tipologie stutturali (edifici bassi, coperture di grande luce, torri di raffreddamento etc.) vengono effettuate prove manometriche su modello rigido oppure prove su modello aeroelastico a secondo che la struttura sia sufficientemente rigida da temere solo gli effetti statici e quasistatici (principalmente quelli dovuti alle depressioni), oppure abbia una flessibilità tale da far nascere una interazione di tipo aeroelastico.

7. Gli effetti del vento sui ponti di grande luce Come si è già accennato, lo sviluppo dell’Ingegneria del Vento hanno avuto in passato

quale filo conduttore l’evoluzione nella costruzione dei ponti di grande luce. Le strutture da ponte si sono trovate nel passato spesso all’avanguardia rispetto alle altre strutture. Ciò, unitamente al fatto che, comunque per loro natura sono strutture particolarmente prone all’azione del vento, ha fatto sì che fossero spesso i successi gli insuccessi nella costruzione dei ponti a fornire gli stimoli per la ricerca nel campo della Ingegneria del Vento.

Nell’introduzione sono stati citati alcuni casi di collassi o di danneggiamenti di ponti sospesi, casi che appartengono ad una lunga lista. Ora, a quasi due secoli dai primi episodi di

20 Capitolo I

cui si ha traccia, l’Ingegneria del Vento ha fornito dei rimedi affinché in futuro non si verifichino più episodi analoghi, rimedi che tuttavia spesso non sono fondati su una diagnosi precisa, e soprattutto universalmente accettata, dei fenomeni con cui si ha a che fare. Alla intrinseca non-linearità della struttura si aggiunge, infatti, a causa della sua elevata deformabilità, anche un forte comportamento aeroelastico, che rende il comportamento globale della struttura estremamente complesso, e spesso oscuro.

Notevoli semplificazioni nello studio del comportamento aeroelastico delle strutture da ponte possono essere ottenute prescindendo dall’interazione che si esplica tra i differenti elementi strutturali. In questa ottica l’elemento dei ponti di grande luce più soggetto all’azione del vento è sicuramente l’impalcato. Questo non solo è fortemente esposto all’azione della turbolenza, ma anche candidato ad un comportamento in campo aeroelastico, mostrandosi prono a fenomeni di sincronizzazione, di galloping, di divergenza torsionale e di flutter.

Come si accennava nel precedente paragrafo, le prove che si effettuano in galleria del vento sono appunto mirate a individuare i valori critici della velocità (o almeno il più basso di questo, risultando spesso impossibile continuare la prova a velocità superiori al primo valore critico), e la risposta alla turbolenza in condizioni di moto stabile.

La torre risulta invece una struttura notevolmente più rigida dell’impalcato e pertanto le viene di solito dedicata molta meno attenzione in fase di progettazione, e solo raramente vengono effettuate prove in galleria del vento per appurarne il comportamento. Tuttavia, in special modo durante la fase di costruzione, in cui questa si presenta come una mensola libera in testa, sono state osservati in passato parecchi casi in cui si mostrava una elevata risposta sia all’azione della turbolenza, che di tipo aeroelastico (galloping e sincronizzazione).

Ugualmente proni all’azione del vento sono gli elementi costituiti da funi. Questi, per la loro forma circolare, dovrebbero mostrarsi incondizionatamente stabili. Tuttavia esistono condizioni in cui invece questi mostrano un comportamento instabile. Un esempio classico è quello della formazione di ghiaccio su di essi; ciò porta alla variazione della forma della sezione trasversale, che può di conseguenza divenire instabile. Un fenomeno analogo si può anche avere semplicemente a causa del rivolo d’acqua che scorre lungo di essi in caso di pioggia. Un’altra causa di instabilità è rappresentata dal fatto che i cavi, benché di sezione globalmente circolare, sono formati da fili avvolti, e pertanto dotati di una certa rugosità non simmetrica rispetto ad un piano longitudinale. La rugosità fa sì che la sezione si comporti come non simmetrica e possa quindi essere soggetta ad un comportamento instabile.

Lo scopo del presente lavoro è quello di individuare i fenomeni che possono causare una elevata risposta dinamica delle torri dei ponti di grande luce, e proporre una procedura semi-empirica che consenta, senza effettuare prove in galleria su modello aeroelastico, ma più semplici prove volte solo a saggiare l’aerodinamica della sezione trasversale, di fornirne una stima.

21

Capitolo II

Analisi della risposta dei cilindri rigidi di lunghezza infinita all’azione del vento

1. Premessa Un primo passo verso lo studio della risposta all’azione del vento delle strutture allungate

poste nello strato limite atmosferico, è quello di analizzare il comportamento di un cilindro rigido, di lunghezza infinita, immerso in un flusso turbolento uniforme. Il modello bidimensionale che così si ottiene è da un lato in grado di fornire indicazioni di carattere qualitativo sul comportamento aerodinamico ed aeroelastico di una struttura flessibile, di lunghezza finita ed uguale sezione trasversale posta in un flusso non uniforme, e dall’altro permette la valutazione dei parametri aerodinamici che vengono poi utilizzati per l’analisi della struttura reale.

A tale scopo si farà riferimento ad un cilindro munito di vincoli esterni ad elasticità lineare e smorzamento viscoso e dotato dei tre gradi di libertà rappresentati dalla traslazione secondo direzioni ortogonali all’asse e rotazioni attorno a questo. Le particolari condizioni di vincolo fanno sì che il moto del cilindro sia piano e quindi che punti appartenenti alla stessa generatrice abbiano uguali componenti di spostamento.

Si considera quindi il cilindro immerso in un campo di moto turbolento e uniforme, anche esso contenuto in piani ortogonali all’asse del cilindro. Lo studio del comportamento del cilindro, nelle condizioni descritte, può essere affrontato nelle due dimensioni, introducendo nelle equazioni del moto quantità (massa, smorzamento, rigidezza, forze esterne) relative ad un tratto di lunghezza unitaria.

In questo capitolo verranno scritte le equazioni linearizzate del moto per il cilindro di lunghezza infinita nei tre gradi di libertà, nella ipotesi di validità della teoria quasistatica, e si accennerà ai criteri da seguire per la scrittura delle equazioni non lineari. Verranno quindi ricavate le condizioni di stabilità del moto e indicate le tecniche atte a fornire, per via

22 Capitolo II

stocastica, la risposta in condizioni di moto stabile. Si particolarizzeranno, infine, i risultati al caso in cui le equazioni del moto risultino disaccoppiabili.

2. Analisi delle forze agenti sul cilindro Si consideri un cilindro rigido di lunghezza infinita e si indichi con z l’asse del cilindro. Si

vincoli il cilindro con vincoli cedevoli che ne consentano la traslazione nelle direzioni ortogonali all’asse z e la rotazione attorno a questo, e blocchino i rimanenti tre gradi di libertà. Si consideri il cilindro immerso in un flusso turbolento uniforme e bidimensionale, contenuto in piani ortogonali all’asse z.

Con riferimento alla Figura 2.1, siano x0 ed y0 una coppia di assi tali da formare con z una terna trirettangola destrorsa, e tali che x0 sia orientato come il flusso medio. Siano x ed y un’altra coppia di assi, anche essi tali da formare con z una terna trirettangola destrorsa, solidali col cilindro, e ruotati di α rispetto ad x0 ed y0. Riprendendo le (1.1) e (1.2), l’espressione della velocità del vento all’istante t, nel caso di flusso bidimensionale può essere scritta come:

[ ]V i j( ) ' ( ) ' ( )t U u t v t= + + 0 0 (2.1)

ove con i0 e j0 si sono indicati rispettivamente i versori degli assi x0 ed y0. Indicando con x0(t) e y0(t) le componenti dello spostamento del cilindro rispettivamente

nelle direzioni x0 ed y0, e col punto la derivazione rispetto al tempo, l’espressione della velocità relativa tra il fluido ed il cilindro può essere scritta in maniera analoga alla (2.1):

Figura 2.1 - Cilindro di lunghezza infinita

Analisi della risposta dei cilindri rigidi di lunghezza infinita all’azione del vento 23

[ ] [ ]V i jr t U u t x t v t y t( ) ( ) ( ) ( ) ( ) = + − + −' & ' &0 0 0 0 (2.2)

Con riferimento al procedimento utilizzato in [Solari 1992], la forza aerodinamica per unità di lunghezza agente sul cilindro può essere caratterizzata in maniera del tutto generale mediante un vettore a tre componenti (forze lungo x0 e y0 e momento torcente) variabile nel tempo:

F F F0 0 0( )

( )

( )

( )

' ( )

' ( )

' ( )

( )t

D t

L t

M t

D D t

L L t

M M t

t=

⎪⎪

⎪⎪

⎪⎪

⎪⎪

=

+

+

+

⎪⎪

⎪⎪

⎪⎪

⎪⎪

= + ' (2.3)

essendosi indicati con la barra i valori medi nel tempo e con l’apice i valori fluttuanti a media nulla.

I valori medi delle forze aerodinamiche possono essere espressi in funzione dei coefficienti aerodinamici C C CD L M, e , di cui le seguenti espressioni rappresentano la definizione:

F021

2=

⎪⎪

⎪⎪

⎪⎪

⎪⎪

ρ

α

α

α

U b

C

C

bC

D

L

M

( )

( )

( )

(2.4)

I valori assunti dai coefficienti aerodinamici sono in generale legati alla forma della sezione trasversale, all’angolo di attacco α e al numero di Reynolds.

Le parti fluttuanti delle forze aerodinamiche tengono conto dell’azione dovuta alla turbolenza, al distacco dei vortici ed al moto del cilindro. Secondo l’approccio introdotto in [Davenport 1961b], le tre aliquote della forza fluttuante possono essere valutate, nell’ipotesi di un comportamento quasistatico, separatamente, ossia ponendo:

F F F F0 0 0 0' ( ) ( ) ( ) ( )t t t tt s a= + + (2.5)

ove gli apici t, s ed a individuano le forze dovute alla turbolenza, al distacco dei vortici ed al moto del cilindro.

L’ipotesi di comportamento quasistatico consiste nel supporre che le fluttuazioni nella velocità relativa tra fluido e cilindro avvengano lentamente; se ciò si verifica le forze che agiscono sul cilindro in un certo istante possono essere assimilate a quelle che si avrebbero su un cilindro fisso in condizioni di flusso laminare con velocità del flusso pari alla velocità relativa istantanea tra fluido e cilindro. Tale ipotesi è verificata se le componenti della

24 Capitolo II

turbolenza presentano contenuto energetico a frequenze prevalentemente inferiori alla frequenza di distacco dei vortici, e se il moto del cilindro avviene anch’esso a frequenze inferiori a quella di distacco.1

Queste due condizioni garantiscono, per la (2.2), che la velocità relativa tra fluido e cilindro abbia anch’essa contenuto energetico alle basse frequenze. Se ciò si verifica, le espressioni delle forze istantanee dovute al valore medio della velocità del vento, alla turbolenza ed al moto del cilindro possono essere scritte in maniera analoga alla (2.4), nel generico istante t, in un riferimento orientato secondo la direzione istantanea del flusso e quella ad essa ortogonale (riferimento ξ−η di Figura 2.1); in tali espressioni i coefficienti aerodinamici vanno presi nel valore che assumono per l’angolo d’attacco istantaneo γ.

Si ottiene in definitiva:

( )

( )

( )

Fi r

D

L

M

s

s

s

t

F t

F t

M t

V t b

C t

C t

bC t

F t

F t

M t

( )

( )

( )

( )

( )=

⎪⎪

⎪⎪

⎪⎪

⎪⎪

=

⎪⎪

⎪⎪

⎪⎪

⎪⎪

+

⎪⎪

⎪⎪

⎪⎪

⎪⎪

ξ

η

ξ

ηρ

γ

γ

γ

12

2

( )

( )

( )

( )

( )

( )

(2.6)

ove con Fi si è indicato il vettore della forza istantanea e con Fξ e Fη le sue componenti lungo ξ e η . Nella (2.6) alle forze dovute al moto relativo tra fluido e cilindro sono state aggiunte quelle, indicate con l’apice s, dovute al distacco dei vortici. Di tali forze è necessario tenere conto separatamente, in quanto non derivanti in maniera diretta dal moto relativo tra fluido e cilindro, ma risultato della interazione tra il moto del fluido ed il cilindro stesso, ossia risultato dalla turbativa che il cilindro introduce nel moto del fluido.

L’angolo d’attacco istantaneo γ(t) risulta pari alla somma dell’angolo di attacco medio α e dell’angolo δ(t) che il vettore velocità relativa all’istante t forma con la direzione del flusso medio x0, diminuita dell’angolo di rotazione istantanea del cilindro ϑ(t):

γ α δ ϑ( ) ( ) ( )t t t= + − (2.7)

L’angolo δ(t) tra il vettore velocità relativa istantanea e la direzione media del flusso ha la seguente espressione:

δϑ

( ) tan' ( ) &( ) &( )

' ( ) &( )t

v t y t R tU u t x t

=− −+ −

−10 0

0 (2.8)

1 Il discorso risulta più chiaro, ed operativamente più utile, se ci si riferisce ai valori della frequenza

ridotta f bU⋅

. E’ allora possibile dire che l’approccio quasistatico ha validità se la turbolenza presenta la

maggior parte dell’energia a frequenze ridotte inferiori al numero di Strouhal, e se, analogamente, il moto avviene a frequenze ridotte anche loro inferiori al numero di Strouhal.

Analisi della risposta dei cilindri rigidi di lunghezza infinita all’azione del vento 25

ove con R0 si è indicata una dimensione caratteristica della sezione trasversale.2 Le (2.6), scritte nel riferimento ξ-η, possono essere riportate nel riferimento x0-y0,

risultando:

( ) ( )

( ) ( )

( )

( )

( )

F021

2( )

( ) cos ( ) ( ) sen ( )

( ) sen ( ) ( ) cos ( )

( )

( )

( )

( )

( )

( )

( )

( )

t

F t t F t t

F t t F t t

M t

V t b

C t

C t

bC t

D t

L t

M t

r

D

L

M

s

s

s

=

+

⎪⎪

⎪⎪

⎪⎪

⎪⎪

=

⎪⎪

⎪⎪

⎪⎪

⎪⎪

+

⎪⎪

⎪⎪

⎪⎪

⎪⎪

ξ η

ξ η

δ δ

δ δ ρ

γ

γ

γ

(2.9)

ove CD, CL e CM si sono indicati i coefficienti aerodinamici istantanei:

( ) ( ) ( ) ( ) ( )

( ) ( ) ( ) ( ) ( )

( ) ( )

C t C t t C t t

C t C t t C t t

C t C t

D D L

L D L

M M

γ γ δ γ δ

γ γ δ γ δ

γ γ

( ) ( ) cos ( ) ( ) sen ( )

( ) ( ) sen ( ) ( ) cos ( )

( ) ( )

= −

= +

=

(2.10)

e dove con Ds e Ls si sono indicate le forze di resistenza e portanza e con Ms il momento torcente dovuti al distacco dei vortici.

Le (2.10) possono essere sviluppate in serie di Taylor di punto iniziale δ=ϑ=0 (ossia γ=α), fornendo le relazioni:

( ) ( )( ) ( )( )

C t C C C C

C t C C C C

C t C C C

D D D L D

L L D L L

M M M M

γ α α α δ α ϑ δ ϑ

γ α α α δ α ϑ δ ϑ

γ α α δ α ϑ δ ϑ

( ) ( ) ' ( ) ( ) ' ( ) ( , )

( ) ( ) ( ) ' ( ) ' ( ) ( , )

( ) ( ) ' ( ) ' ( ) ( , )

= + − − +

= + + + +

= + − +

o

o

o

(2.11)

ove con o(.) si sono indicati i termini di ordine superiore in δ e ϑ. Le (2.9) vengono quindi riscritte sostituendovi le (2.11), e sviluppando in serie di Mac

Laurin il modulo della velocità relativa Vr, fornita dalla (2.2), e l’angolo di attacco istantaneo δ(t), fornito dalla (2.8):

2 L’angolo d’attacco istantaneo γ(t) va inteso come l’angolo sotto il quale il flusso all’istante t vede la sezione. Il termine R t0

&( )ϑ tiene conto, nel caso in cui la sezione sia di forma allungata, della aliquota

della velocità trasversale del bordo d’attacco, dovuta alla velocità di rotazione angolare &( )ϑ t . Nel caso di sezioni allungate, infatti, l’angolo di attacco istantaneo varia da punto a punto nell’ambito della sezione trasversale. Per sezioni compatte risulta R0≅0.

26 Capitolo II

( )

( )

( )

D t U bC UbC u t Ub C C v t

UbC x t Ub C C y t

Ub C C R t U bC t R t D t

D D D L

D D L

D L D xs

( ) ( ) ( ) ' ( ) ' ( ) ( ) ' ( )

( ) &( ) ' ( ) ( ) &( )

' ( ) ( ) &( ) ' ( ) ( ) ( ) ( )

= + + − +

− − − +

− − − + +

12

12

12

12

12

2

0 0

02 0

ρ α ρ α ρ α α

ρ α ρ α α

ρ α α ϑ ρ α ϑ

( )

( )

( )

L t U bC UbC u t Ub C C v t

UbC x t Ub C C y t

Ub C C R t U bC t R t L t

L L D L

L D L

D L L ys

( ) ( ) ( ) ' ( ) ( ) ' ( ) ' ( )

( ) &( ) ( ) ' ( ) &( )

( ) ' ( ) &( ) ' ( ) ( ) ( ) ( )

= + + + +

− − + +

− + − + +

12

12

12

12

12

2

0 0

02 0

ρ α ρ α ρ α α

ρ α ρ α α

ρ α α ϑ ρ α ϑ

(2.12)

M t U b C Ub C u t Ub C v t

Ub C x t Ub C y t Ub C R t

U b C t R t M t

M M M

M M M

Ms

( ) ( ) ( ) ' ( ) ' ( ) ' ( )

( ) &( ) ' ( ) &( ) ' ( ) &( )

' ( ) ( ) ( ) ( )

= + + +

− − − +

− + +

12

12

12

12

12

2 2 2 2

20

20

20

2 2 0

ρ α ρ α ρ α

ρ α ρ α ρ α ϑ

ρ α ϑ ϑ

Nelle (2.12) è possibile riconoscere il significato dei diversi termini della forzante. Il primo termine di ciascuna componente rappresenta la forza media, ossia la forza dovuta al valore medio della velocità del vento; i termini lineari nelle componenti della turbolenza rappresentano la parte del primo ordine dell’azione dovuta alle fluttuazioni nella velocità del vento; i termini nelle derivate prime delle componenti di spostamento rappresentano la parte del primo ordine delle forze aeroelastiche dovute al moto del cilindro; i termini nella componente di spostamento ϑ rappresentano la parte del primo ordine delle forze aeroelastiche dovute alla aliquota di variazione dell’angolo di attacco istantaneo provocata dalla rotazione del cilindro; i termini R R Rx y

0 0 0, e ϑ , infine, raggruppano le quantità di ordine superiore nelle

componenti di turbolenza e nelle componenti di spostamento e di velocità; gli ultimi termini di ciascuna espressione rappresentano, poi, le forze dovute al distacco dei vortici.

Analisi della risposta dei cilindri rigidi di lunghezza infinita all’azione del vento 27

Le (2.12) rappresentano pertanto le espressioni delle forze totali agenti sul cilindro, valide nella ipotesi di comportamento quasistatico e possono essere linearizzate nell’ulteriore ipotesi in cui le componenti di turbolenza, le velocità e gli spostamenti siano piccoli, trascurando i termini R R Rx y

0 0 0, e ϑ . L’ipotesi di piccola turbolenza consiste nell’asserire che le componenti

di turbolenza siano piccole rispetto al valor medio della velocità del vento, ovvero che le intensità di turbolenza siano molto minori dell’unità. Analogamente l’ipotesi di piccole velocità consiste nell’asserire che le componenti di velocità del cilindro siano piccole rispetto alla velocità media del vento. La piccolezza degli spostamenti riguarda infine il solo angolo di rotazione ϑ, essendo gli spostamenti lungo x0 ed y0 ininfluenti ai fini delle forze aeroelastiche; è pertanto verificata l’ipotesi di piccoli spostamenti nel caso in cui ϑ sia molto minore dell’unità.

Le (2.12) linearizzate forniscono una espressione esplicita della aliquota della forza dovuta alla turbolenza mentre restano da caratterizzare le forze indotte dal distacco dei vortici.

Su di un cilindro fisso posto in un flusso laminare il distacco dei vortici produce un’azione che può con buona approssimazione considerarsi ad andamento sinusoidale, con frequenza pari alla frequenza di distacco per le componente trasversale e per quella torcente, e con frequenza doppia per la componente longitudinale.

L’azione dovuta al distacco dei vortici può essere quindi espressa in forma analoga alla (2.4):

( )

( )

( )

( )

F021

2

4

2

2

s

Ds

s

Ls

s

Ms

s

t U b

C f t

C f t

bC f t

=

⎪⎪

⎪⎪

⎪⎪

⎪⎪

ρ

π

π

π

~ sen

~ sen

~ sen

(2.13)

essendosi indicati con ~ , ~ ~C C CDs

Ls

Ms e i coefficienti aerodinamici (fluttuanti) connessi col

distacco dei vortici, definiti quali valori adimensionalizzati degli scarti quadratici medi delle forze indotte dal distacco.

Nel caso in cui il cilindro sia libero di muoversi ed il flusso sia turbolento, il distacco dei vortici non avviene con frequenza costante. Si pone allora il problema di caratterizzare la distribuzione temporale della forza indotta dal distacco. Il problema verrà affrontato nel Capitolo II, mentre ci si limita qui a dare alle forze dovute al distacco dei vortici nel caso di regime turbolento e cilindro in movimento una espressione analoga alla (2.13):

( )

( )

( )

( )

F021

2s

Ds

Ls

Ms

t U b

C t

C t

bC t

=

⎪⎪

⎪⎪

⎪⎪

⎪⎪

ρ (2.14)

28 Capitolo II

ove con C t C C tDs

Ls

Ms( ), ( ) (t) e si sono indicati i coefficienti aerodinamici istantanei connessi

col distacco.

3. Equazioni linearizzate del moto Si prenda di nuovo in considerazione il cilindro per il quale nel paragrafo precedente sono

state ricavate le espressioni delle forze aerodinamiche. Nel caso in cui i vincoli siano ad elasticità lineare e smorzamento viscoso l’equazione del moto del cilindro dotato di tre gradi di libertà assume nel riferimento x0-y0 la forma:

[ ] [ ] [ ]M s s K s F0 0 0 0 0 0 &&( ) & ( ) ( ) ( )t t t t+ + =C0 (2.15)

ove con s0(t) si è indicato il vettore spostamento, di componenti x0(t), y0(t) e ϑ(t), e con [ ] [ ] [ ]M K0 0 e , C0 rispettivamente le matrici di massa, di smorzamento e di rigidezza relative alla struttura in assenza di vento.

Nella ipotesi di validità della teoria quasistatica, il termine forzante risulta avere l’espressione data dalle (2.3) e (2.5); nell’ipotesi di piccola turbolenza, piccole velocità e piccoli spostamenti, la (2.15) può essere riscritta in forma linearizzata, introducendovi i termini lineari della forzante espressi dalle (2.12). Di questi termini quelli proporzionali alle componenti di spostamento e di velocità della struttura vanno a costituire la rigidezza e lo smorzamento aeroelastici, e pertanto possono esssre sommati ai corrispondenti termini di natura strutturale.

Così operando la (2.15) assume la forma:

[ ] [ ] [ ]M s C s K s F F F0 0 0 0 0 0 0 0 0 &&( ) & ( ) ( ) ( ) ( )* *t t t t tt s+ + = + + (2.16)

ove con [ ] [ ]C K0 0* * e si sono indicate le matrici di smorzamento e rigidezza in presenza di

vento, somma dei termini strutturali e di quelli aeroelastici:

[ ] [ ] [ ]

[ ] [ ] [ ]

C C C

K K K

0 0 0

0 0 0

*

*

= +

= +

a

a (2.17)

Le matrici di smorzamento e rigidezza aeroelastiche assumono, in base alla (2.12), le seguenti espressioni:

Analisi della risposta dei cilindri rigidi di lunghezza infinita all’azione del vento 29

[ ]( )( )

[ ]

C

K

0

0

0

0

02

12

2

2

2

12

0 0

0 0

0 0

a

D D L D L

L D L D L

M M M

a

D

L

M

Ub

C C C R C C

C C C R C C

bC bC bR C

U b

C

C

bC

=

− −

+ +

⎢⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥⎥

=

⎢⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥⎥

ρ

ρ

' '

' '

' '

'

'

'

(2.18)

L’equazione (2.16) consente la determinazione delle condizioni critiche del moto e l’analisi della risposta in condizioni di moto stabile.

Le condizioni di stabilità del moto vengono ricercate mediante lo studio del segno del determinante delle matrici di smorzamento e di rigidezza al variare della velocità media del flusso, da cui queste dipendono tramite le (2.18). Valori negativi del determinante di una di queste due matrici individuano condizioni di instabilità; in particolare valori negativi del determinante della matrice di smorzamento individuano condizioni di moto instabile per galloping, mentre valori negativi del determinante della matrice di rigidezza comportano l’assenza di rigidezza in uno dei gradi di libertà del sistema e pertanto condizioni critiche sotto carichi statici.3

I tre valori della velocità media del vento che portano all’annullarsi del determinante della matrice di smorzamento rappresentano il passaggio da condizioni di moto stabile a condizioni di moto instabile e viceversa. Per bassi valori della velocità del vento, i termini dello smorzamento strutturale, sempre positivi, sono preponderanti rispetto a quelli dello smorzamento aeroelastico, e pertanto il moto è stabile. Al crescere della velocità si può passare, a secondo dei segni dei coefficienti aerodinamici e delle loro derivate, ad una fase di moto instabile, poi ad una ulteriore fase di moto stabile, per poi tornare definitivamente ad un moto instabile per valori della velocità maggiori di quello a cui corrisponde il terzo zero del determinante della matrice di smorzamento. Il minore dei tre valori della velocità media del flusso che annullano il determinante della matrice di smorzamento è detto velocità critica di galloping.

Per la particolare struttura della matrice di rigidezza aeroelastica, la sua equazione caratteristica risulta lineare nella velocità media del flusso. Il valore della velocità del flusso che annulla il determinante della matrice di rigidezza rappresenta la condizione critica di divergenza torsionale. Se per α = 0 risulta CM = 0 , si è in presenza di una instabilità 3 Va notato che le matrici di smorzamento e rigidezza contenenti i termini aerodinamici non godono delle proprietà di simmetria e di positività, caratterizzanti le analoghe matrici che contengano i soli termini di carattere strutturale.

30 Capitolo II

improvvisa. Per valori della velocità media minori del valore critico, infatti, la vibrazione del cilindro avviene attorno ad un valore medio della rotazione pari a zero. Viceversa, per valori della velocità media maggiori del valore critico, la configurazione statica a rotazione nulla è instabile e nulla può dirsi, con l’uso di una teoria linearizzata, circa il post-critico. Se, al contrario, per α = 0 risulta CM ≠ 0 si è in presenza di una instabilità progressiva, con un angolo di rotazione media crescente in maniera più che lineare al crescere della velocità media. In tale secondo caso il valore della velocità media che porta all’annullarsi del determinante della matrice di rigidezza rappresenta un maggiorante per il valore limite della velocità media, ossia per quel valore della velocità per il quale si ha l’inizio di un ramo instabile della curva ϑ −U .

Nel campo di valori della velocità media in cui il moto risulta stabile, ossia per valori della velocità media alquanto inferiori alle velocità critiche di galloping e di divergenza torsionale, l’equazione linearizzata del moto (2.16) può essere utilizzata per calcolare la risposta strutturale.

4. Analisi della risposta in condizioni di stabilità L’integrazione della (2.16) può essere effettuata sia nel dominio del tempo che nel dominio

delle frequenze. In entrambi i casi i termini della forzante vanno caratterizzati in via statistica, in base alle conoscenze che si hanno circa la struttura della turbolenza del flusso. La soluzione nel dominio del tempo viene perseguita mediante la generazione di storie temporali delle componenti di turbolenza che rispettino i parametri statistici e di correlazione temporale fissati; l’equazione (2.16) viene poi integrata con l’introduzione delle forzanti che risultano dalle storie temporali generate, ottenendo per ciascuna integrazione una storia temporale della risposta. Da queste ultime è infine possibile caratterizzare la risposta in termini probabilistici e di contenuto armonico. Nel prosieguo verrà, invece, seguita la seconda via, ossia quella della integrazione nel dominio delle frequenze.

L’ipotesi che l’aliquota della forzante dovuta alla turbolenza sia lineare nelle componenti di questa, consente di far discendere dalla normalità della funzione di densità di probabilità delle componenti di turbolenza la normalità della forzante corrispondete.

Come mostrato in [Vickery e Clark 1972], nella ipotesi di validità della teoria quasistatica, dalla normalità delle componenti di turbolenza discende la normalità dello spettro della forzante dovuta al distacco dei vortici. La linearità delle equazioni del moto comporta, inoltre, che dalla normalità della forzante discenda la normalità della risposta, che sarebbe quindi completamente definita in termini probabilistici, nel caso di turbolenza gaussiana4, quando di questa siano noti il vettore dei valori medi della risposta e la matrice di covarianza. 4 Si noti che affinché ciò sia possibile devono essere gaussiane tutte le aliquote che compongono la forzante; per quanto detto risulta gaussiana l’aliquota dovuta alla turbolenza, mentre quella dovuta al distacco dei vortici presenta spettro di potenza gaussiano, ma nulla è stato detto circa la sua funzione di densità di probabilità. Nel caso di un flusso laminare, ad esempio, per il quale si ipotizza che le forze

Analisi della risposta dei cilindri rigidi di lunghezza infinita all’azione del vento 31

La parte media della risposta viene calcolata dalla (2.16), in cui si introduca la sola parte media della forzante. Risulta:

[ ]s K F0 01

0=−* (2.19)

La matrice di densità spettrale di potenza della risposta [ ]Ss s f0 0

( ) viene calcolata a partire

dalla matrice di densità spettrale di potenza della forzante [ ]SF F f0 0

( ) :

[ ] [ ] [ ] [ ]S H S Hs s F Ff f f f0 0 0 00 0( ) ( ) ( ) ( )* *=

T (2.20)

ove con [ ]H0* ( )f si è indicata la matrice di risposta in frequenza del sistema in presenza di

vento. Dalla (2.20) è poi possibile ottenere la matrice di covarianza della risposta:

[ ] [ ]cov ( ) s S0 0 0 0=

∞∫ s s f df (2.21)

L’espressione della matrice di risposta in frequenza viene ottenuta effettuando la trasformazione di Fourier della (2.16):

[ ] ( ) [ ] [ ] [ ]{ }H M C K02

0 0 0

1* * *( )f f i f= - 2 2π π+ +−

(2.22)

La matrice di densità spettrale di potenza della forzante viene ricavata dalla (2.12) ed espressa, nell’ipotesi in cui siano scorrelate le forze dovute al distacco dei vortici da quelle dovute alla turbolenza, e tra loro le componenti di turbolenza, quale somma di tre aliquote:

[ ] [ ] [ ] [ ]S S S SF F F Fu

F Fv

F Fsf f f f

0 0 0 0 0 0 0 0( ) ( ) ( ) ( )= + + (2.23)

le prime due rappresentanti il contributo delle due componenti della turbolenza u′ e v′ e la terza il contributo del distacco dei vortici.

Le aliquote dovute alla turbolenza possono essere calcolate direttamente dalla (2.12), ed assumono le espressioni:

indotte dal distacco dei vortici abbiano andamento sinusoidale, la funzione di densità di probabilità è ben lontana dall’essere gaussiana. All’aumentare dell’intensità della turbolenza, tuttavia, si può assumere che questa si avvicini ad una forma di tipo gaussiano.

32 Capitolo II

[ ] ( )

[ ]( ) ( )( ) ( )

( ) ( )

S

S

F Fu

D D L D M

L L M

M

uu

F Fv

D L D L D L D L M

D L D L M

M

vv

f Ub

C C C bC C

C bC C

sym bC

S f

f Ub

C C C C C C b C C C

C C b C C C

sym b C

S f

0 0

0 0

2

2

2

2

2

2

2

2 2

12

( ) ( )

( )

' ' ' ' '

' ' '

'

( )

=

⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥

= ⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

− − + −

+ +

⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥

ρ

ρ

(2.24)

Le forze dovute al distacco dei vortici sono state espresse mediante la (2.14) che risulta, tuttavia, una relazione puramente formale in quanto non fornisce nessuna informazione circa l’andamento delle forze dovute al distacco.

Seguendo l’approccio di [Vickery e Clark 1972] è possibile vedere come le forze dovute al distacco dei vortici che agiscono in un generico istante su un cilindro fisso posto in un flusso turbolento unidirezionale possano essere considerate, in regime quasistatico, uguali a quelle che si avrebbero in regime laminare con velocità pari alla velocità istantanea del flusso turbolento. In tale caso una funzione di densità di probabilità gaussiana della turbolenza comporterebbe una funzione di densità spettrale di potenza della forza anch’essa gaussiana. Nel caso in cui sia presente anche una componente trasversale di turbolenza ed il cilindro sia in movimento, ciò non è più a rigore vero. In questo ultimo caso, infatti, dovrebbe essere la velocità relativa tra fluido e cilindro ad avere funzione di densità di probabilità gaussiana, e sarebbe inoltre necessario fare l’ipotesi che gli angoli di attacco istantanei siano piccoli.

Per via sperimentale è però possibile mostrare come, anche nel caso più completo in cui siano presenti due componenti di turbolenza ed in cui il cilindro sia in movimento, una espressione di tipo gaussiano ben descrive gli spettri di potenza delle forze indotte dal distacco.

A parziale prova di quanto asserito, in Figura 2.2 viene mostrato la funzione di densità spettrale di potenza del coefficiente di portanza relativo ad un cilindro rigido a sezione quadrata posto fisso in un flusso avente indici di turbolenza longitudinale e trasversale rispettivamente pari a 0.10 e 0.08. Il picco dello spettro, che rappresenta l’aliquota della portanza dovuta al distacco dei vortici, viene ben descritto da una espressione di tipo gaussiano.

Trascurando le forze nella direzione media del flusso, in quanto di entità notevolmente inferiore a quelle di portanza ed ai momenti, la matrice di densità spettrale di potenza delle forze indotte dal distacco può essere scritta con espressione analoga a quella usata nelle (2.24):

Analisi della risposta dei cilindri rigidi di lunghezza infinita all’azione del vento 33

[ ]SF Fs

C Cs

C Cs

C Cs

C Cs

f U b S f S f

S f S f

L L L M

L M M M

0 0

12

0 0 0

0

0

22

( ) ( ) ( )

( ) ( )

= ⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

⎢⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥⎥

ρ (2.25)

ove si sono introdotti gli spettri dei coefficienti aerodinamici relativi al distacco del vortici, introdotti nella (2.14).

Nella (2.25) gli spettri mutui vengono di solito trascurati, mentre per gli spettri propri, in virtù delle considerazioni fatte in precedente, si hanno espressioni del tipo:

( )S f CBf

f fBC C

Ls

s

sL L

= −−⎡

⎣⎢⎤⎦⎥

⎧⎨⎪

⎩⎪

⎫⎬⎪

⎭⎪

~exp

2 21π

(2.26)

ove con B si è indicata una misura dell’ampiezza della banda dello spettro, legata all’intensità della turbolenza.

Per cilindri a sezione circolare Vickery e Clark suggeriscono per B un valore pari a 2 volte l’intensità della componente longitudinale della turbolenza, mentre per cilindri a sezione quadrata, posti con una faccia parallela al flusso medio, lo scrivente ha individuato un valore di B pari proprio all’intensità di questa.

0.00

0.01

0.02

0.03

0.04

0.05

0.06

0.0 0.5 1.0 1.5 2.0f / fs

S fC CL L( )

Figura 2.2 - Spettro del coefficiente delle forze di portanza su un cilindro a

sezione quadrata

34 Capitolo II

5. Equazioni non lineari del moto Nel paragrafo precedente è stata introdotta l’equazione linearizzata del moto per un cilindro

rigido posto in un flusso turbolento. L’equazione può essere utilizzata per determinare le condizioni critiche di galloping e divergenza torsionale e, nel caso di moto stabile, utilizzata per il calcolo, per via probabilistica, della risposta.

I risultati che così si ottengono sono subordinati alle quattro ipotesi, che sono state necessarie per la deduzione dell’equazione linearizzata del moto, e cioè:

• Contenuto energetico della turbolenza concentrato a frequenze inferiori a quella di distacco dei vortici

• Moto del cilindro con componenti a frequenze inferiori a quella di distacco • Piccola turbolenza • Piccole velocità e piccoli spostamenti Le prime due ipotesi sono quelle che consentono un approccio di tipo quasistatico, che

consentono cioè l’uso della (2.6) per calcolare il valore istantaneo della forzante. Le seconde due ipotesi consentono di pervenire ad espressioni lineari (nelle componenti di turbolenza) per la forzante e lineari (nello spostamento e nella velocità) per la rigidezza e lo smorzamento aeroelastici. Ne risulta un’equazione del moto lineare, con termine forzante lineare nelle componenti di turbolenza.

Qualora le componenti di turbolenza siano non piccole ma le altre ipotesi ancora soddisfatte, pur rimanendo lineare il primo membro dell’equazione del moto, la forzante risulterebbe non lineare nelle componenti di turbolenza. In tale evenienza, pur rimanendo possibile una indagine sulle condizioni di stabilità del moto con i metodi esposti, sarebbe impossibile la soluzione dell’equazione del moto mediante il passaggio diretto dalle matrici di densità spettrale di potenza delle componenti di turbolenza e della forza indotta dal distacco a quelle della risposta strutturale, rendendosi così necessaria una analisi nel dominio del tempo.

Se invece la turbolenza, malgrado piccola, ha energia a frequenze prossime a quella di distacco, risulta impossibile separare i termini della forzante dovuti alla turbolenza da quelli dovuti al distacco dei vortici, ossia fare ricorso ad una teoria quasistatica. L’analisi può ancora essere condotta per via probabilistica nel dominio delle frequenze, ma non è più possibile ricavare gli spettri della forzante da quelli della turbolenza e da quelli semiempirici delle forze dovute al distacco, ma è necessario disporre degli spettri delle forze totali agenti sul cilindro.

Se gli spostamenti o le velocità del cilindro sono non piccoli, risulta non lineare l’equazione del moto, rendendo anche in questo caso necessaria una analisi nel dominio del tempo, mediante integrazione al passo della equazione del moto. Si pone, in questo caso, il problema della caratterizzazione della forzante nel dominio del tempo.

Se, infine, il moto del cilindro avviene a frequenze prossime a quella di distacco dei vortici, ne risulta che le matrici di smorzamento e di rigidezza contenenti i termini aeroelastici sono non costanti, ma dipendenti, nel caso in cui il moto sia armonico, dalla frequenza di oscillazione.

Analisi della risposta dei cilindri rigidi di lunghezza infinita all’azione del vento 35

6. Equazioni disaccoppiate del moto Nei precedenti paragrafi si sono trattate le equazioni del moto di un sistema a tre gradi di

libertà nel caso, del tutto generale, in cui queste siano tra di loro accoppiate. Esistono, tuttavia, casi in cui il sistema sia dotato di un solo grado di libertà, oppure sussistano condizioni che rendono le equazioni del moto del sistema a più gradi di libertà disaccoppiabili. In tali casi la soluzione del problema, intesa quale ricerca delle condizioni di stabilità e stima della risposta in condizioni stabili, risulta alquanto più agevole.

L’esistenza di un solo grado di libertà, e la coincidenza di questo con una delle componenti di s, dipende esclusivamente dalle condizioni di vincolo del cilindro. Viceversa la disaccoppiabilità delle equazioni del moto, nel caso in cui siano presenti più gradi di libertà, è legata non solo alle condizioni di vincolo, ma anche alla geometria della sezione trasversale del cilindro.

Affinché siano disaccoppiabili le equazioni del moto devono essere diagonali le matrici di massa, smorzamento e rigidezza che compaiono a primo membro della (2.16). Affinché sia diagonale la matrice delle masse, essendo questa priva di termini di natura aeroelastica, è sufficiente che il cilindro sia vincolato nel baricentro; ciò garantisce che una accelerazione in uno dei tre gradi di libertà non provochi forze di inerzia negli altri due. Affinché siano diagonali le matrici di smorzamento e di rigidezza, e che ciò si verifichi per qualsiasi valore della velocità media del vento, devono essere entrambe diagonali le corrispondenti matrici di natura strutturale e aeroelastica di cui sono somma.

Matrici di smorzamento e di rigidezza strutturali diagonali si ottengono nel caso in cui siano nulli i lavori mutui delle forze esplicate dai vincoli elastici dagli elementi di dissipazione viscosa.

In definitiva, affinché sia possibile disaccoppiare le equazioni del moto, deve essere:

[ ] [ ] [ ]M C K= = =m

mI

cc

c

kk

k

D

L

D

L

⎢⎢⎢

⎥⎥⎥

⎢⎢⎢

⎥⎥⎥

⎢⎢⎢

⎥⎥⎥

ϑ ϑ

(2.27)

ove con m e I si sono indicati rispettivamente la massa strutturale e il suo momento centrale d’inerzia, per unità di lunghezza, con cD, cL e cϑ rispettivamente gli smorzamenti strutturali, per unità di lunghezza, relativi alle traslazioni lungo x0 ed y0 e alla rotazione attorno a z, e con kD, kL e kϑ le rigidezze strutturali, per unità di lunghezza, relative alle traslazioni lungo x0 ed y0 e alla rotazione attorno a z.

Le condizioni da imporre alla sezione trasversale del cilindro affinché siano diagonali le matrici di smorzamento e rigidezza aeroelastiche possono, invece, essere dedotte dalle (2.18), in base ai gradi di libertà attivi.

In questo modo la (2.16) si trasforma in una o più equazioni aventi ciascuna quale incognita una delle tre componenti dello spostamento del cilindro:

36 Capitolo II

[ ] [ ] [ ]M s t C s t K s t F F t F tii i ii i ii i i i

tis

0 0 0 0 0 0 0 0 0&& ( ) & ( ) ( ) ( ) ( )* *+ + = + + (2.28)

essendosi indicata con s0i la generica componente di spostamento nel riferimento x0-y0, con

[ ] [ ] [ ]M C Kii ii ii0 0 0, e * * gli elementi delle diagonali delle matrici [ ] [ ] [ ]M C K0 0 0 e , * * , e con

F F Fi it

is

0 0 0, e le forze duali di s0i . Per quanto concerne la soluzione della (2.28) valgono le stesse considerazioni fatte nel

paragrafo precedente circa la soluzione delle equazioni accoppiate. In particolare le (2.19), (2.20) e (2.21) si trasformano nelle seguenti:

[ ]s K Fi ii i0 01

0=−* (2.29)

S f H f S fs s ii F Fi i0 0 0 002

( ) ( ) ( )*= (2.30)

~ ( )s S f dfi s si i02

0 0 0=

∞∫ (2.31)

dove con H fii0

*( ) si è indicato il modulo della funzione di risposta in frequenza relativa alla i-

ma componente di spostamento, definita dalla relazione:

( )H f

k ff

ff

iii

ii

si aii

02

2 2

2

22

2

2

1 1

4

*( ) =

−⎛

⎝⎜⎜

⎠⎟⎟ + +ϕ ξ ξ

(2.32)

dove, con riferimento al grado di libertà i-mo, si è indicato con ki la rigidezza del sistema in assenza di vento, ossia un elemento della terza (2.27); con fi la frequenza propria del sistema non smorzato in assenza di vento; con ξsi e ξai i rapporti di smorzamento strutturale ed aerodinamico e con ϕi infine il rapporto tra le frequenza del sistema non smorzato in presenza ed in assenza di vento.

Lo spettro della forzante che compare nella (2.30) è anche qui somma dei due termini dovuti alla turbolenza e a quello dovuto al distacco dei vortici. Questi spettri risultano essere gli elementi delle diagonali delle matrici (2.24) e (2.25).

In aggiunta alla conoscenza della distribuzione dei valori assunti dallo spostamento s0i, risulta anche utile conoscere come si distribuiscono i massimi di tale spostamento in un dato periodo di tempo T. In [Davenport 1961b] viene mostrato come al crescere del periodo la

Analisi della risposta dei cilindri rigidi di lunghezza infinita all’azione del vento 37

distribuzione dei massimi veda crescere il suo valor medio e ridursi la varianza. Se come periodo T viene preso proprio il periodo sul quale è stato calcolato il valore medio della velocità del vento (usualmente 10 minuti), la varianza della distribuzione dei massimi è già sufficientemente piccola da far si che il valor medio sia da solo significativo nella descrizione probabilistica dei massimi di s0i .

Al valore medio dei massimi di s0i viene dato il nome di valore di picco di s0i , e per esso è valida la seguente espressione:

$ ~s s g si i s ii0 0 00= + (2.33)

ove con gs i0si è indicato il fattore di picco, per il quale è valida la seguente espressione:

g TTs s

si i

i0 0

0

2 057722

≅ +ln( ) .ln( )

νν

(2.34)

essendosi indicata con νs i0la frequenza di attraversamento di s0i , ossia la quantità:

νss s

ii

i if S f df

s0

0 0

20

0=

∞∫ ( )

~ (2.35)

7. Applicazione: il cilindro a sezione quadrata A titolo esemplificativo viene di seguito ripotato lo studio della risposta di un cilindro

rigido a sezione quadrata posto in un flusso turbolento con una faccia ortogonale alla direzione del flusso medio (Figura 2.3). La disposizione dei vincoli è tale che le matrici di massa, smorzamento e rigidezza strutturali risultino diagonali.

Per la simmetria della sezione rispetto all’asse x, risulta:

C C CL M D= = =' 0

Inoltre per una sezione compatta è:

R0 0=

38 Capitolo II

Si consideri il cilindro immerso in un flusso turbolento, con intensità della turbolenza longitudinale e trasversale rispettivamente pari a 0.10 e 0.08. I coefficienti aerodinamici non nulli assumono [Ricciardelli 1994a] i seguenti valori:

C C CD L M= = − =179 417 0 64. ' . ' .

Le matrici di smorzamento e rigidezza aeroelastica (2.18) diventano quindi:

[ ] [ ]C K0 02

358 0 00 2 38 00 0 64 0

0 0 00 0 4170 0 0 64

a aUbb

U bb

=12

=12

ρ ρ.

..

..

−⎡

⎢⎢⎢

⎥⎥⎥

−⎡

⎢⎢⎢

⎥⎥⎥

Il moto nella direzione del flusso medio è disaccoppiato da quelli nella direzione trasversale e di rotazione.

La presenza di smorzamento aeroelastico positivo fa sì che nella direzione x0 il moto risulta incondizionatamente stabile. Viceversa il moto di traslazione lungo y0 e di rotazione attorno a z risulta stabile solo per valori della velocità media inferiori al valore critico di galloping, ricavato imponendo l’annullarsi dello smorzamento totale:

Um

bcgsL= 819.

ξ

ove con fL e ξsL si è sono indicati rispettivamente la frequenza propria non smorzata in assenza di vento ed il rapporto di smorzamento strutturale relativi al moto nella direzione y0 e dove si è considerato il valore della densità dell’aria pari a 1.29 Kg/m3.

Dal punto di vista della divergenza torsionale, invece, la sezione risulta stabile per qualsiasi

Figura 2.3 - Cilindro di lunghezza infinita a sezione quadrata

Analisi della risposta dei cilindri rigidi di lunghezza infinita all’azione del vento 39

valore della velocità media del vento. Dalle (2.19) e (2.4) è possibile calcolare il valore medio della risposta:

x U bk

yD

0

2116 0= =. = 00 ϑ

dove con kD si è indicata la rigidezza nella direzione x0. Per il calcolo della aliquota fluttuante della risposta è necessario disporre di una

espressione degli spettri di potenza della turbolenza. Per quanto concerne la componente longitudinale si utilizza l’espressione (1.4), con u u* . ~= 0 4 , mentre per la componente della turbolenza trasversale al cilindro si usa lo spettro, fornito dalla (1.6), valido per la componente verticale della turbolenza atmosferica. 5 Nei calcoli si farà riferimento ad una quota z = 10 m.

Alla risposta fluttuante nella direzione x0 contribuisce solo la componente longitudinale della turbolenza, mentre le componenti nella direzione y0 e di rotazione attorno a z della risposta dipendono dalla componente trasversale della turbolenza e dall’azione dovuta al distacco dei vortici.

La funzione di densità spettrale di potenza della risposta nella direzione x0 viene calcolata mediante le (2.30), (2.32) e (2.24), e da questa, mediante la (2.31), viene calcolato lo scarto quadratico medio della risposta. Per quanto concerne la risposta di traslazione lungo y0 e di rotazione, trascurando quest’ultima ed i termini incrociati, si calcola solo lo spettro di potenza della risposta nella direzione y0.

L’integrazione della (2.31) viene effettuata per via numerica, con i seguenti dati di ingresso:

= 1.00 m Kg / m

Kg m m Hz

Kg m m Hz

-1

-1

b m

k f

k f

D D sD

L L sL

=

= ⋅ ⋅ = =

= ⋅ ⋅ = =

100

101 10 16 0 02

57 10 12 0 06

3

3

. / . .

. / . .

ξ

ξ

La velocità critica di galloping risulta allora pari a:

Ucg = 24 6. m / s

Vengono presi in considerazione due valori della velocità media del vento, rispettivamente pari a 20 m/s e 40 m/s. Le frequenze centrali di distacco dei vortici nei due casi sono rispettivamente pari a 2.32 Hz e 4.64 Hz, il che consente l’uso della teoria quasistatica.

Lo spostamento medio nella direzione x0 risulta essere nei due casi rispettivamente:

5 Ciò equivale ad immaginare che il cilindro sia disposto orizzontalmente in un flusso con caratteristiche puntuali simili a quelle dello strato limite atmosferico, ma perfettamente coerente.

40 Capitolo II

x x03

0346 10 184 10= ⋅ = ⋅− − m m

La parte fluttuante della risposta nelle due direzioni x0 e y0 è, nei due casi, rispettivamente:

~ . ~ .

~ . ~

x x

y y

03

03

03

03

10 6 10 412 10

16 9 10 102 10

= ⋅ = ⋅

= ⋅ = ⋅

− −

− −

m m

m m

In Figura 2.4 sono riportati gli spettri di potenza della risposta nella direzione y0. I primi due diagrammi rappresentano lo spettro di potenza delle forze di portanza; in entrambi è possibile distinguere i due ben separati contributi della turbolenza e del distacco dei vortici, il

U = 20 m/s U = 40 m/s

0E+0

1E+4

2E+4

3E+4

4E+4

5E+4

0 1 2 3 4 5 6Hz

S fLL ( )

0E+0

1E+5

2E+5

3E+5

4E+5

5E+5

0 1 2 3 4 5 6Hz

S fLL ( )

0E+0

1E-6

2E-6

3E-6

4E-6

5E-6

6E-6

0 1 2 3 4 5 6Hz

H f02*( )

0E+0

1E-5

2E-5

3E-5

4E-5

5E-5

6E-5

0 1 2 3 4 5 6Hz

H f02*( )

0.0E+0

5.0E-4

1.0E-3

1.5E-3

2.0E-3

0 1 2 3 4 5 6Hz

S fy y0 0( )

0.0E+0

5.0E-2

1.0E-1

1.5E-1

2.0E-1

0 1 2 3 4 5 6Hz

S fy y0 0( )

Figura 2.4 - Risposta del cilindro a sezione quadrata nella direzione trasversale al flusso medio

Analisi della risposta dei cilindri rigidi di lunghezza infinita all’azione del vento 41

primo di piccola entità e concentrato alle basse frequenza ed il secondo di notevole entità e concentrato a frequenze più elevate. E’ inoltre possibile osservare come al crescere della velocità i valori spettrali aumentino e come il picco dovuto al distacco dei vortici trasli, nel rispetto della relazione di Strouhal, verso le alte frequenze e la sua banda aumenti.

Al di sotto degli spettri della forzante è riportato il quadrato del modulo della funzione di trasferimento in presenza di vento. Al crescere della velocità del vento aumenta lo smorzamento aeroelastico negativo e quindi diminuisce lo smorzamento totale; ne risulta un aumento dei valori di picco della funzione di trasferimento e una riduzione della banda di questo.

Gli ultimi due diagrammi rappresentano le funzioni di densità spettrale di potenza della risposta; per una velocità media di 20 m/s si notano, ben distinti, i tre diversi contributi dovuti, rispettivamente all’azione quasistatica della turbolenza alle basse frequenze, alla risonanza del sistema ed al distacco dei vortici. Al crescere della velocità i contributi dovuti alla turbolenza (parte quasistatica e parte risonante) aumentano la loro entità, mentre scompare del tutto l’effetto dovuto al distacco dei vortici; questo secondo fenomeno è dovuto al fatto che l’azione indotta dal distacco ha contenuto energetico a frequenze alle quali la funzione di trasferimento presenta valori bassissimi.

La risposta di picco viene calcolata mediante le (2.33), (2.34) e (2.35), con T=3600 s; per le due velocità medie prese in considerazione si ottiene rispettivamente:

g x g x

g y g y

x x

y y

= ⇒ = ⋅ = ⇒ = ⋅

= ⇒ = ⋅ = ⇒ = ⋅

− −

− −

4 0 88 9 10 3 9 346 10

4 3 72 6 10 4 2 432 10

03

03

03

03

. $ . . $

. $ . . $

m m

m m

43

Capitolo III

Analisi della risposta delle strutture snelle all’azione del vento

1. Premessa I risultati ottenuti nel precedente capitolo possono essere utilizzati, insieme alle nozioni

sulla struttura del vento fornite nel Capitolo I, per analizzare il comportamento delle strutture di forma allungata poste nello strato limite atmosferico.

L’ipotesi alla base del metodo che si va ad esporre è quella che sezione per sezione il campo di moto del vento sia piano, e che le forze aerodinamiche agenti sulla generica sezione siano quelle che si misurerebbero su un cilindro di lunghezza infinita ed uguale sezione trasversale, immerso in un campo di moto uguale a quello in cui si trova la sezione in questione. Un tale approccio consente di analizzare il comportamento della struttura tridimensionale mediante “l’integrazione” di un comportamento bidimensionale, trascurando, però, gli effetti dovuti al comportamento tridimensionale del flusso alle estremità della struttura. Il procedimento, fondandosi sui principi dell’analisi modale, riduce la struttura ed un sistema ad un numero finito di gradi di libertà, che viene analizzato con gli stessi criteri esposti nel precedente capitolo con riferimento al cilindro di lunghezza infinita. L’elemento di differenza consiste nel non poter in questo caso considerare l’azione del vento perfettamente coerente lungo l’asse della struttura, il che comporta la necessità di utilizzare delle funzioni di coerenza dell’azione.

Si farà inoltre riferimento al metodo introdotto in [Davenport 1987] per le strutture dotate di sezione trasversale circolare, anche se con diametro variabile lungo l’asse. Il metodo verrà qui esteso alle strutture con sezione trasversale diversa da quella circolare, purché compatta, doppiamente simmetrica e tale da variare omoteticamente lungo l’asse. La procedura si basa anche in questo caso sui principi dell’analisi modale, ma fa uso del concetto di linea d’influenza per il calcolo diretto della generica risposta, senza dover pertanto passare per il calcolo della risposta modale .

Capitolo III

44

2. Equazioni linearizzate del moto in coordinate modali

2.1 Equazioni nel riferimento x0-y0-z

Si consideri una struttura cilindrica allungata, dotata di sezione trasversale compatta e tale da variare omoteticamente lungo la struttura stessa. Si consideri inoltre la struttura dotata di comportamento elastico lineare e smorzamento viscoso ed immersa in un flusso turbolento (Figura 3.1).1 Sia poi la sezione trasversale sufficientemente piccola rispetto alle dimensioni caratteristiche della turbolenza affinché l’azione di questa possa essere considerata perfettamente coerente nell’ambito della sezione trasversale stessa. Si indichi con z l’asse della struttura, e con x0 ed y0 una coppia di assi tali da formare con z una terna trirettangola destrorsa, e tali che x0 sia diretto come il vettore velocità media del flusso.

Il moto della struttura può essere descritto, mediante l’uso delle coordinate modali, come combinazione lineare dei moti nei singoli modi propri:

s0 0 01

( , ) ( ) ( )z t t zi ii

==

∑ η µ (3.1)

ove con η0i(t) si è indicata la i-ma coordinata modale, e con µ0i(z) il modo i-mo modo della struttura. Va notato che ciascun modo, così come lo spostamento totale della struttura, è descritto da un vettore a tre componenti; ciascuna componente è una funzione di z rappresentante uno dei parametri di spostamento (traslazioni lungo x0 ed y0 e rotazione attorno a z) della sezione a quota z.

In virtù della (3.1) è possibile scrivere, nelle consuete ipotesi di validità della teoria quasistatica di piccolezza della turbolenza, delle velocità e degli spostamenti, l’equazione linearizzata del moto della struttura in coordinate modali.

Limitando la cinematica ai soli primi n modi del sistema l’equazione del moto assume la forma:

[ ] [ ] [ ]M C K F F F0 0 0 0 0 0 0 0 0n n n n nt

nst t t t t&& ( ) & ( ) ( ) ( ) ( )* *η η η+ + = + + (3.2)

ove il pedice n sta a ricordare che l’equazione è relativa ad un sistema discretizzato e che la soluzione che si ottiene dalle (3.2) e (3.1) rappresenta la proiezione della soluzione esatta nel sottospazio generato dai primi n modi. Nella (3.2) con η0(t) si è indicato il vettore delle prime n coordinate modali e con F F F0 0 0n n

tn

st t, ( ) ( ) e i vettori che rappresentano le tre aliquote delle forze modali: forza media, forza dovuta alla turbolenza e forza dovuta al distacco dei vortici; 1 In vista di quelli che saranno gli sviluppi del procedimento che si espone, si fa sin d’ora esplicito riferimento ad una struttura ad estensione verticale, posta nello strato limite atmosferico. Si precisa, tuttavia, che i risultati che si conseguono nel presente capitolo sono del tutto generali, ed in particolare validi anche per strutture ad estensione orizzontale e per condizioni di flusso diverse da quelle che caratterizzano lo strato limite atmosferico.

Analisi della risposta delle strutture snelle all’azione del vento

45

con [ ] [ ] [ ]M C K0 0 0n n n, * * e si sono indicate le matrici modali di massa smorzamento e

rigidezza, comprensive dei termini di natura aeroelastica. I termini delle matrici modali e della forzante che compaiono nella (3.2) possono essere

calcolati mediante l’uso del Principio dei Lavori Virtuali. La i-ma forza modale risulta quindi essere pari al lavoro che le forze esterne compiono per lo spostamento modale i-mo. Con riferimento alle tre aliquote in cui è stata scissa la forzante si ottiene:

F z z dz

F t z z t dz

F t z z t dz

i i

it

it

is

is

0 0

0 0

0 0

= µ

( ) = µ

( ) = µ

0

0

0

0T

0T

0T

( ) ( )

( ) ( , )

( ) ( , )

F

F

F

l

l

l

(3.3)

ove con F F F0 0 0( ), ( , ) ( , )z z t z tt s e si sono indicati i valori che le tre aliquote della forzante assumono alla generica quota z, così come ricavati nel Capitolo II, e ove con l’apice T si è indicata l’operazione di trasposizione.

Analogamente i termini delle matrici di massa e smorzamento e le aliquote aeroelastiche dei termini della matrice di rigidezza che compaiono al primo membro della (3.2) possono essere calcolati come il lavoro che le forze d’inerzia, le forze viscose e le forze aerodinamiche che agiscono sulla struttura che vibra nel j-mo modo compiono per gli spostamenti del modo i-mo:

Figura 3.1 - Struttura allungata ad asse verticale nello strato limite atmosferico

Capitolo III

46

[ ] [ ]

[ ] [ ]

[ ] [ ]

M z z z dz

C z z z dz

K z z z dz

ij i j

ij i j

a

ij ia

j

0 0 0 0

0 0 0 0

0 0 0 0

= µ µ

= µ µ

= µ µ

0

0

0

T

T

T

( ) ( ) ( )

( ) ( ) ( )

( ) ( ) ( )

* *

M

C

K

l

l

l

(3.4)

dove con [ ] [ ]M C0 0( ) ( )*z z e sono indicate le matrici di massa e smorzamento, definite nel

paragrafo 2.3, contenenti i termini di natura aeroelastica, e con [ ]K 0a z( ) la parte aeroelastica

della matrice di rigidezza, anch’essa definita nel paragrafo 2.3; tali matrici, per strutture a sezione non costante quali quelle prese in considerazione sono delle funzioni della ascissa z.

In pratica le (3.4) vengono utilizzate per il calcolo dei termini della matrice di massa e per le aliquote aeroelastiche dei termini delle matrici di smorzamento e rigidezza; viceversa le aliquote strutturali dei termini della matrice di smorzamento vengono calcolati a partire dai rapporti di smorzamento modale. Nel caso in cui lo smorzamento sia proporzionale, infatti, la matrice di smorzamento strutturale risulta diagonale, e il generico termine è dato dalla relazione:

[ ] [ ]C f Mii i i ii0 0 0 0= 4πξ (3.5)

ove con f0i e con ξ0si si sono indicati rispettivamente la i-ma frequenza propria del sistema non smorzato in assenza di vento e l’ i-mo rapporto di smorzamento modale.

I termini della matrice di rigidezza possono essere calcolati come il lavoro che le forze elastiche interne presenti nella struttura che vibra nel j-mo modo compiono per la deformazione del modo i-mo:

[ ] [ ]K z z z dzij i j0 0 0 0= µ µ

0D D T ( ) ( ) ( )K

l∫ (3.6)

ove con D si è indicato l’operatore di deformazione, definito come:

D

' '

' '

'

µ0

0

0

0

i

ix

iy

i

z

z

z

z

( )

( )

( )

( )

=

⎪⎪

⎪⎪

⎪⎪

⎪⎪

µ

µ

µ ϑ

(3.7)

Analisi della risposta delle strutture snelle all’azione del vento

47

e con [ ]K 0 ( )z la matrice delle rigidezze strutturali:

[ ]K0

0 0 0 0

0 0 0 0

0

0

0 0

( )

*

z

EI EI

EI EI

GI

x x x y

x y y y=

⎢⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥⎥

(3.8)

La matrice [ ]K 0 n , essendo relativa ad un riferimento modale, risulta anch’essa diagonale

ed i suoi termini possono più agevolmente calcolati, qualora si conoscano le frequenze proprie della struttura non smorzata ed in assenza di vento, come:

[ ] ( ) [ ]K f Mii i ii0 02

02= π (3.9)

2.2 Equazioni nel riferimento x-y-z

In alternativa all’utilizzo del riferimento x0-y0-z legato alla direzione media del vento, risulta spesso utile riferirsi ad un sistema di assi x-y-z in cui x e y siano principali d’inerzia per la sezione trasversale. Il riferimento x-y-z, anch’esso destrorso, risulta ruotato rispetto al riferimento x0-y0-z di un angolo a attorno all’asse z.

Nel nuovo riferimento i modi della struttura possono essere suddivisi in modi flessionali nel piano x-z, modi flessionali nel piano y-z e modi torsionali. Il moto della struttura può in questo caso essere espresso agevolmente mediante le sue componenti:

x z t t z

y z t t z

z t t z

xi xii

yi yii

i ii

( , ) ( ) ( )

( , ) ( ) ( )

( , ) ( ) ( )

=

=

=

=

=

=

η µ

η µ

ϑ η µϑ ϑ

1

1

1

(3.10)

essendosi indicati con µ µ µϑxi yi iz z z( ), ( ) ( ) e rispettivamente i generici modi flessionali nel

piano x-z, flessionali nel piano y-z e torsionali, e con η η ηϑxi yi it t t( ), ( ) ( ) e le corrispondenti

coordinate modali. L’equazione del moto (3.2), nel riferimento x-y-z, assume l’espressione:

Capitolo III

48

[ ] [ ] [ ]M C K F F Fn n n n n

tnst t t t t&&( ) &( ) ( ) ( ) ( )* *η η η+ + = + + (3.11)

dove con η(t) si è indicato il vettore delle prime n coordinate modali:

{ }η( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )t t t t t t tx xn y yn nx y= η η η η η ηϑ ϑ ϑ1 1 1 ... ... ...

T (3.12)

essendo nx+ny+nϑ=n. Le componenti delle tre aliquote della forzante nel riferimento x-y-z sono espresse dalle seguenti relazioni analoghe alle (3.3):

F z z dz

F t z z t dz

F t z z t dz

i i

it

it

is

is

= µ

( ) = µ

( ) = µ

0

0

0

T

T

T

( ) ( )

( ) ( , )

( ) ( , )

F

F

F

l

l

l

(3.13)

I termini F F F( ), ( , ) ( , )z z t z tt s e che compaiono nella (3.13) rappresentano, nel riferimento x-y-z, le aliquote delle forze aerodinamiche che agiscono, per unità di lunghezza, su un cilindro di lunghezza infinita. Operando il cambiamento di coordinate si ottiene che la forza totale istantanea nel riferimento x-y-z è data dall’espressione:

F( , )

( , )cos ( , )sen

( , )sen ( , )cos

( , )

z t

D z t L z t

D z t L z t

M z t

=

+

− +

⎪⎪

⎪⎪

⎪⎪

⎪⎪

α α

α α (3.14)

Sostituendo nella (3.14) le espressioni delle forze aerodinamiche nel riferimento x0-y0-z fornite dalle (2.12), è possibile ricavare i termini della forzante della (3.11). L’aliquota media della forzante è data da:

F( ) ( ) ( )

( )cos ( )sen

( )sen ( )cos

( ) ( )

( ) ( )

( )

( )

( ) ( )

z U z b z

C C

C C

b z C

U z b z

C

C

b z C

D L

D L

M

F

F

M

x

y=

+

− +

⎪⎪

⎪⎪

⎪⎪

⎪⎪

=

⎪⎪

⎪⎪

⎪⎪

⎪⎪

12

12

2 2ρ

α α α α

α α α α

α

ρ

α

α

α

(3.15)

Analisi della risposta delle strutture snelle all’azione del vento

49

dove con C CF Fx y( ) ( )α α e si sono indicati i primi due coefficienti aerodinamici nel riferimento

x-y-z, in base alla definizione dei quali è possibile esprimere l’aliquota della forzante dovuta alla turbolenza:

( )Ft

F F F

F F F

M M

z t U z b z

C u z t C C v z t

C u z t C C v z t

b z C u z t b z C v z t

x x y

y x y( , ) ( ) ( )

( ) ' ( , ) ' ( ) ( ) ' ( , )

( ) ' ( , ) ( ) ' ( ) ' ( , )

( ) ( ) ' ( , ) ( ) ' ( ) ' ( , )

=

+ −⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

+ +

+

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

12

2

2

2

ρ

α α α

α α α

α α

(3.16)

Per l’aliquota della forzante dovuta al distacco dei vortici si fornisce una espressione analoga alla (2.14):

Fs

Fs

Fs

Ms

z t U z b z

C z t

C z t

bC z t

x

y( , ) ( ) ( )

( , )

( , )

( , )

=

⎪⎪

⎪⎪

⎪⎪

⎪⎪

12

2ρ (3.17)

Per quanto concerne il calcolo dei termini delle matrici di massa, smorzamento e rigidezza che compaiono a primo membro della (3.11) valgono le stesse considerazioni fatte per i termini analoghi relativi alla (3.2). Si ottiene quindi, con simbologia analoga a quella usata per le (3.4) e (3.6):

[ ] [ ]

[ ] [ ]

[ ] [ ]

M z z z dz

C z z z dz

K z z z dz

ij i j

ij i j

a

ij ia

j

= µ µ

= µ µ

= µ µ

T0

T0

T0

( ) ( ) ( )

( ) ( ) ( )

( ) ( ) ( )

* *

M

C

K

l

l

l

(3.18)

[ ] [ ]K z z z dzij i j= µ µ

0D D T ( ) ( ) ( )K

l∫ (3.19)

Le aliquote strutturali delle matrici che compaiono a secondo membro delle (3.18) e (3.19) sono fornite, in virtù della particolare scelta del sistema di riferimento, dalle seguenti matrici diagonali:

Capitolo III

50

[ ] [ ] [ ]M C K( )

( )

( )

( )

( )

( )

( )

( )

( )

( )

( )

( )*

z

m z

m z

I z

z

c z

c z

c z

z

EI z

EI z

GI z

x

y

xx

yy= = =

⎢⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥⎥

⎢⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥⎥

⎢⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥⎥

ϑ

(3.20)

ove con m(z) e I(z) si sono indicati rispettivamente la massa strutturale e il momento centrale d’inerzia di questa per unità di lunghezza e con cx(z), cy(z) e cϑ(z) rispettivamente gli smorzamenti strutturali, per unità di lunghezza, relativi alle traslazioni lungo x e y e alla rotazione attorno a z.

Per il calcolo delle aliquote strutturali delle matrici di smorzamento e di rigidezza possono essere utilizzate relazioni analoghe alle (3.5) e (3.9):

[ ] ( ) [ ]K f Mii i ii

= 2 2π (3.22)

[ ] [ ]C f Mii i i ii

= 4πξ (3.21)

Le aliquote aerodinamiche delle matrici [ ] [ ]C K* *( ) ( )z z e vengono ricavate con lo stesso

procedimento utilizzato per determinare l’aliquota della forzante dovuta alla turbolenza, ossia sostituendo le (2.12) nella (3.14) e applicando le definizioni dei coefficienti aerodinamici nel riferimento x-y-z fornite dalla (3.15). In definitiva si ottiene:

[ ]

[ ]

C

K

a

F F F F F

F F F F F

M M M

a

F F

F F

M

z U z b z

C C C R z C C

C C C R z C C

b z C b z C b z R z C

z U z b z

C C

C C

b z C

x x y x y

y x y x y

x y

x y

( ) ( ) ( )

' ( ) '

' ( ) '

( ) ( ) ' ( ) ( ) '

( ) ( ) ( )

'

'

( )

=

− −⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

+ +⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥

=

−⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

+⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

12

2

2

2

12

0 0

0 0

0 0

0

0

0

2

ρ

ρ

'

⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥

(3.23)

Analisi della risposta delle strutture snelle all’azione del vento

51

3. Valutazione della risposta in condizioni di stabilità Per l’integrazione della (3.11) si può procedere, come già illustrato nel caso del cilindro

rigido, sia nel dominio del tempo che nel dominio delle frequenze, operando in entrambi i casi per via probabilistica. Di seguito si opererà, come già fatto nel Capitolo II per il cilindro rigido, nel dominio delle frequenze.

La parte media e la matrice di densità spettrale di potenza della risposta si ottengono da relazioni analoghe alle (2.19) e (2.20):

[ ]η =−

K F*

n n1

(3.24)

[ ] [ ] [ ] [ ]S H S Hηη( ) ( ) ( ) ( )* *f f f fn FF n n

=T

(3.25)

ove con [ ]SFF nf( ) si è indicata la matrice di densità spettrale di potenza della forzante e con

[ ]H*( )fn

la matrice di risposta in frequenza del sistema descritto dalla (3.11), la cui

espressione è analoga a quella fornita dalla (2.22):

[ ] ( ) [ ] [ ] [ ]{ }H M C K* * *( )f f i fn n n n

= − + +−

2 22 1π π (3.26)

Dalla (3.25), con una relazione analoga alla (2.21), viene calcolata la matrice di covarianza della risposta:

[ ] [ ]cov ( )η =∞

∫ Sηη f df0

(3.27)

In analogia a quanto esposto nel paragrafo 2.5, è possibile esprimere la matrice di densità spettrale di potenza della forzante quale somma di tre aliquote, due dovute alle componenti longitudinale e trasversale della turbolenza e la terza dovuta al distacco dei vortici, ottenendosi quindi:

[ ] [ ] [ ] [ ]S S S SFF n FFu

n FFv

n FFs

nf f f f( ) ( ) ( ) ( )= + + (3.28)

Le aliquote dello spettro della forzante dovute alla turbolenza vengono ricavate direttamente dagli spettri delle componenti di turbolenza, ed assumono le espressioni:

Capitolo III

52

[ ]

[ ]

S

S

FFu

ij iju uu

FFv

ij ijv vv

f U z b z U z b z C z z S z z f dz dz

f U z b z U z b z C z z S z z f dz dz

( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( , ) ( , , )

( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( , ) ( , , )

=

=

∫∫

∫∫

ρ

ρ

21 1 1 100 1 2 1 2 1 2

21 1 1 100 1 2 1 2 1 2

14

ll

ll

(3.29)

ove si è posto:

C z z z

C C C b z C C

C C C b z C C

b z C C b z C C b z b z C

ziju i

F F F F M

F F F F M

F M F M M

j

x x y x

x y y y

x y

( , ) = µ µ1 2 1

22

22

1 1 1 22

2T ( )

( )

( )

( ) ( ) ( ) ( )

( )

⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥

C z z

z

C C C C C C b z C C C

C C C C C C b z C C C

b z C C C b z C C

ijv

i

F F F F F F F F M

F F F F F F F F M

F F M F F

x y x y x y x y

x y x y x y x y

x y x y

( , ) =

µ

1 2

1

2

2

2

2

1 1

T( )

' ' ' ( ) ' '

' ' ' ( ) ' '

( ) ' ' ( )

−⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ −⎛

⎝⎜⎞⎠⎟ +⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ −⎛

⎝⎜⎞⎠⎟

−⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ +⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ +⎛

⎝⎜⎞⎠⎟ +⎛

⎝⎜⎞⎠⎟

−⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ + ' ' ( ) ( ) '

( )

⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥

C b z b z C

z

M M

j

1 2

2

2 µ

(3.30)

Relazioni analoghe sussistono per gli spettri delle forze indotte dal distacco dei vortici:

[ ]SFFs

ij ijsf U z b z U z b z C z z f dz dz( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( , , )= ∫∫14

2 21 1

21 100 1 2 1 2ρ

ll (3.31)

con:

C z z z S z z f S z z f

S z z f S z z f

zijs i C Cs

C Cs

C Cs

C Cs

jL L L M

L M M M

( , ) = µ µ1 2 1 1 2 1 2

1 2 1 2

2

0 0 0

0

0

T( ) ( , , ) ( , , )

( , , ) ( , , )

( )

⎢⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥⎥

(3.32)

Analisi della risposta delle strutture snelle all’azione del vento

53

Gli spettri mutui delle forze indotte dal distacco dei vortici possono essere espressi come il prodotto di uno spettro locale ed una funzione di coerenza, così come si è fatto nel caso degli spettri della turbolenza. Per quanto riguarda le forze nella direzione trasversale a quella del flusso medio può essere utilizzata una espressione dello spettro locale del tipo (2.26), e come funzione di coerenza una espressione del tipo:

γ 2( , ) =z zz z

b z b zz z

b z b z1 21 2

1 2

1 2

1 2

243

23

cos( ) ( )

exp( ) ( )

⋅−

+

⎝⎜⎜

⎠⎟⎟ ⋅ − ⋅

+

⎝⎜⎜

⎠⎟⎟

⎢⎢

⎥⎥

(3.33)

proposta in [Vickery e Clark 1972].

4. Valutazione del generico parametro della risposta strutturale Il generico parametro r della risposta strutturale può essere espresso come combinazione

lineare delle forze esterne e dei parametri di stato (spostamento, velocità ed accelerazione) del sistema:

r t t t t tF n s v a( ) ( ) ( ) & ( ) && ( )= + + +r F r r r T T T Tη η η (3.34)

dove con rs, rv ed ra si sono indicati i vettori i cui elementi rsi, rvi ed rai rappresentano le aliquote della risposta che nasce quando la struttura vibra nel modo i-mo, rispettivamente proporzionali allo spostamento, alla velocità e all’accelerazione del sistema, e rF il vettore i cui elementi rappresentano l’aliquota della risposta dovuta alle forze modali.

Il valore medio delle generica risposta discende direttamente dalla (3.34), effettuando l’operazione di media a primo e secondo membro:

r F n s= +r F r T Tη (3.35)

e tenendo conto che per la stazionarietà del sistema risulta:

& &&η = η =0 0 (3.36)

Analogamente la funzione di densità spettrale di potenza della generica risposta r viene fornita dalla relazione:

Capitolo III

54

[ ]

( ) [ ] [ ][ ] ( )

S f f

f f f f f f f

rr F F F F

s v a n F F n s v a

n n

n n

( ) ( )

( ) ( ) ( )* *

= +

+ + + +

r S r

r r r H S H r r r

T

T T 2 4 2 42 2 2 2π π π π

(3.37)

ove si è tenuto conto del fatto che:

[ ] ( ) [ ]

[ ] ( ) [ ]

S S

S S

&&

&&&&

( ) ( )

( ) ( )

ηη ηη

ηη ηη

π

π

f f f

f f f

=

=

2

2

2

4 (3.38)

Nelle ipotesi, peraltro spesso soddisfatte, in cui le frequenze proprie del sistema siano ben separate, e lo smorzamento e la rigidezza aerodinamica siano entrambe di piccola entità, gli spettri mutui della risposta, ossia i termini fuori diagonale della matrice [ ]Sηη( )f

n, sono

trascurabili rispetto ai termini della diagonale principale. In tale caso la (3.37) può essere semplificata e posta nella forma:

( ) ( )( )

S f r S f

r f r f r H f S f

rr Fi F Fi

n

si vi ai ii F Fi

n

i i

i i

( ) ( )

( ) ( )*

= ⋅ +

+ + ⋅ ⋅

=

=

2

1

2 2 2 4 2 2

12 2π π

(3.39)

La varianza della risposta r è allora fornita dalla:

~ ( )r S f dfrr2

0=

∫ (3.40)

Si è detto in precedenza (paragrafo 2.5) che, nell’ipotesi che le componenti della turbolenza e le forze indotte dal distacco dei vortici abbiano funzioni di densità di probabilità gaussiane, la risposta del sistema (intesa lì come spostamento del cilindro rigido) risulta anch’essa normalmente distribuita. Un discorso analogo è chiaramente valido anche per una struttura flessibile. E’ pertanto possibile asserire che nelle consuete ipotesi di turbolenza e forze indotte dal distacco gaussiane, le coordinate modali ηi(t) abbiano funzione di densità di probabilità gaussiana. A ciò si aggiunge che, per la linearità delle (3.10) (od equivalentemente della (3.1)) e della (3.34), la generica componente di spostamento, così come una qualsiasi risposta r abbiano anche loro densità di probabilità gaussiana. La (3.35) e la (3.40) forniscono il valor medio e la varianza di tale distribuzione, che rimane pertanto completamente definita.

Analisi della risposta delle strutture snelle all’azione del vento

55

Il valore di picco della risposta è calcolabile con relazioni analoghe alle (2.33), (2.34) e (2.35):

$ ~r r g rr= + (3.41)

g TTr r

r≅ +2 05772

2ln( ) .

ln( )ν

ν (3.42)

νr

rrf S f df

r=

∫ 2

0( )

~

(3.43)

5. L’uso delle linee d’influenza nella valutazione della risposta strutturale Dalle (3.24) e (3.25) è possibile calcolare il vettore dei valori medi e la matrice di

covarianza della risposta modale. Per il calcolo della matrice di covarianza della risposta, nell’ipotesi fatta nel Capitolo II sulla mancanza di correlazione tra le due componenti della turbolenza, è necessaria la conoscenza delle funzioni di densità spettrale mutua di potenza del componenti di turbolenza S z z f S z z fuu vv( , , ) ( , , )1 2 1 2 e in punti differenti lungo l’asse della struttura, nonché della conoscenza degli spettri mutui dei coefficienti aerodinamici relativi al distacco dei vortici.

Un approccio alquanto differente, volto al calcolo della generica risposta r della struttura è quello introdotto in [Davenport 1987]. Il metodo proposto, applicabile nelle solite ipotesi di validità della teoria quasistatica nonché nelle ipotesi di piccolezza delle componenti di turbolenza, delle velocità e degli spostamenti, fa uso del concetto di linea di influenza per il calcolo del valor medio e della varianza della risposta.

La varianza della risposta viene calcolata quale somma di tre contributi: un’aliquota quasistatica, un’aliquota risonante ed una aliquota dovuta al distacco dei vortici:

~ ~ ~ ~r r r rb ii

n

s2 2 2

1

2= + +=∑ (3.44)

Nella (3.44) la parte risonante della risposta è stata scissa ulteriormente nei contributi dovuti agli n modi di vibrare della struttura che vengono presi in considerazione.

Capitolo III

56

Per frequenze di oscillazione alquanto più basse della prima frequenza propria della struttura, il calcolo della risposta può essere effettuato trascurando le forze d’inerzia; sotto tale ipotesi la risposta all’istante generico viene fornita dalla relazione:

r t z z t dzr( ) ( ) ( , )= ∫ i FT 0

l (3.45)

ove con ir(z) si è indicata la linea d’influenza della risposta r.2 La (3.45) può essere utilizzata per il calcolo del valor medio e dell’aliquota quasistatica

della varianza della risposta. Il valore medio della risposta viene fornito dalla relazione:

r z z dzr= ∫ i FT ( ) ( )0

l (3.46)

In maniera analoga si ricava l’espressione della parte quasistatica della risposta:

[ ]~ ( ) cov ( , ) ( )r z z z z dz dzB r r2

1 1 20 2 10 2= ∫∫ i F iT ll

(3.47)

La (3.47) può essere calcolata in maniera piuttosto agevole nel caso in cui la linea d’influenza di r presenti una sola componente non nulla. In questo caso la (3.47) può essere riscritta come:

~ ( ) ~( ) ~( )r C F z F z i i dz dB F z z r r zz2

002= +

−∫∫ ∆ ∆ ∆ ∆

∆ (z) (z + ) z

ll (3.48)

essendosi indicato con CF il coefficiente di correlazione della forzante, definito da una relazione analoga alla (1.11). L’integrale del coefficiente di correlazione della forzante fornisce la scala integrale di questa (si confronti con la (1.12)).

Il calcolo della (3.48) può essere effettuato per interpolazione tra i due casi limite i cui la correlazione della forzante sia globale ovvero locale. Nel primo caso la scala integrale della forzante risulta maggiore della lunghezza della struttura in esame, mentre nel secondo caso risulta molto più piccola. Nei due casi limite citati la (3.48) viene riscritta rispettivamente:

[ ]

~ ~( )

~ ~( )

r F z i dz

rL

F z i dz

B r

BF

r

02

0

2

2 2

02

= ⎡⎣⎢

⎤⎦⎥

=

∫∞

(z)

(z)

l

l

l

(3.49)

2 Si noti che la linea d’influenza è in questo caso un vettore a tre componenti, così come lo è il carico. Le prime due componenti del vettore rappresentano rispettivamente le linee d’influenza di r per forze dirette lungo x e lungo y, mentre la terza componente rappresenta la linea d’influenza per coppie torcenti.

Analisi della risposta delle strutture snelle all’azione del vento

57

L’aliquota della risposta fluttuante dovuta alla vibrazione della struttura nel i-mo modo viene calcolata quale effetto delle forze d’inerzia che nascono quando la struttura vibra in tale modo:

( ) [ ]~ ~ ( ) ( ) ( )r f z z z dzi i i i r2 2 4

0

22= ⎡

⎣⎢⎤⎦⎥∫η π µT M i

l (3.50)

La varianza della i-ma coordinata modale è fornita dalla:

( ) [ ]~ ( )

π

ζ ζi

F F i i

si ai ii

S f f

Ki i2

22=

+ (3.51)

in cui S fF Fi i( ) è lo spettro della i-ma forza modale, ossia un elemento della diagonale della

(3.28), dato quindi dalla somma dei termini dovuti alla turbolenza espressi mediante le (3.29) e di quelli dovuti al distacco dei vortici espressi mediante la (3.31).

Lo smorzamento aerodinamico ha l’espressione:

[ ][ ]

ζπ

aii

ai

i i i

z z z dz

f z z z dz=

∫∫

µ µ

µ µ

T

T

( ) ( ) ( )

( ) ( ) ( )

C

M0

04

l

l (3.52)

6. Applicazione: mensola a sezione quadrata nello strato limite atmosferico

Al fine di esemplificare le procedure sinora esposte si procede ora al calcolo della risposta

di una mensola a sezione quadrata posta verticalmente nello strato limite atmosferico (Figura 3.2).

Le caratteristiche della struttura siano quelle di seguito riportate:

h = 140 m b = 4 m

m = 22000 Kg/m I = 2300 Kg m2 / m

E = 2.1 ⋅ 1011 Pa G = 8.1 ⋅ 1010 Pa

Capitolo III

58

Ixx = 2.08 m4 Iyy = 2.08 m4 I* = 6.4 m4

Si consideri la direzione media del vento perpendicolare ad una delle facce della struttura; i

coefficienti aerodinamici sono pertanto quelli utilizzati per l’esempio contenuto nel Capitolo II.

La struttura presenta caratteristiche flessionali uguali nei piani x-z e y-z, e risultando:

f f EIm

f GIIxi yi

xi xi

i= = ⋅ = ⋅λ

πλ

πϑϑ

2 2

2 2

*

con:

λ λ λ

λπ

λπ

ϑ ϑ

x x xh h h

h h

1 2 3

1 2

1875 4 694 7 855

232

= = =

= =

. . .

e quindi:

f f f

f f

x x x1 2 3

1 2

013 080 2 23

0 30 0 90

= = =

= =

. . .

. .

Hz Hz Hz

Hz Hzϑ ϑ

Il profilo delle velocità medie viene espresso mediante la legge di potenza (1.9) con un esponente α = 0.25:

Figura 3.2 - Mensola a sezione quadrata nello strato limite atmosferico

Analisi della risposta delle strutture snelle all’azione del vento

59

U z U z( ).

= ⋅⎛⎝⎜

⎞⎠⎟10

0 25

10

Per semplicità di calcolo si considera il valore dell’indice di turbolenza longitudinale costante con la quota e pari a 0.10, mentre per quanto concerne gli spettri della turbolenza vengono utilizzate le espressioni (1.4) e (1.5) con u u* . ~= 0 4 .

Per una sezione quadrata investita ortogonalmente ad una delle facce risulta St = 0.116. Seguendo quanto osservato in [Vickery e Clark 1972] si considera determinante, ai fini della sincronizzazione del distacco dei vortici, la velocità del vento alla sommità della struttura:

U h U( ) .= 193 10

Ne risultano velocità critiche di sincronizzazione pari a:

U U U

U U

csy csy csy

cs cs

1 2 3

1 2

2 3 39 8

113 338

= = =

= =

. .

. .

m s 14.3 m s m s

m s m s

-1 -1 -1

-1 -1ϑ ϑ

ove con Ucsy si sono indicate le velocità critiche per sincronizzazione del distacco dei vortici con una frequenza flessionale propria del sistema e con Ucsϑ le velocità critiche per sincronizzazione del distacco dei vortici con una frequenza torsionale propria del sistema.

L’analisi della risposta viene effettuata limitando la cinematica della struttura ai primi due modi flessionali nelle direzioni x ed y ed al primo modo torsionale. Vengono presi in considerazione due valori della velocità media del vento rispettivamente di 10 m/s e 30 m/s. Ad una velocità di 30 m/s la frequenza di distacco dei vortici è alquanto superiore alle frequenze proprie del sistema e pertanto la teoria quasistatica risulta pienamente applicabile. Al contrario, per una velocità di 10 m/s la frequenza di distacco dei vortici è inferiore alla seconda frequenza flessionale del sistema; affinché sia applicabile la teoria quasistatica è allora necessario verificare che non vi sia sincronizzazione del distacco dei vortici col secondo modo di vibrare della struttura, e che il contributo di questo alla risposta totale sia piccolo.

Per avere un quadro completo della risposta andrebbe poi analizzata la risposta in condizioni di sincronizzazione del distacco dei vortici con ciascuno dei due modi flessionali presi in considerazione.

I modi flessionali e torsionali della struttura sono rispettivamente espressi come:

( )µ µ λ λλ λλ λ

λ λ

µ λϑ ϑ

xi yi i xi xixi xi

xi xixi xi

i i i

A z zH HH H

z z

B z

= = − −++

−⎛

⎝⎜

⎠⎟

=

cos coshcos coshsen senh

sen senh

sen

Capitolo III

60

con:

A A B1 2 105 05 1= − = =. .

Dalla prima delle (3.18) e dalle (3.22) è possibile calcolare le matrici di massa e inerzia strutturali:

[ ]

[ ]

M

K

=

⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥

=

⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥

792 0 0 0 0

0 792 0 0 0

0 0 792 0 0

0 0 0 792 0

0 0 0 0 163

0 0 0 0

0 0 0 0

0 0 0 0

0 0 0 0

0 0 0 0 0583

10 Kg m

0.510

19.9

0.510

19.9

10 Kg m s

3 2

6 2 -2

.

mentre dalla (3.21), ipotizzando i seguenti valori dei coefficienti di smorzamento strutturale:

ξ ξ ξ ξ ξϑx y x y1 1 2 2 10 04 0 018 0 01= = = = =. . .

è possibile ricavare la matrice di smorzamento strutturale:

[ ]C =

⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥

50 6 0 0 0 0

0 143 0 0 0

0 0 50 6 0 0

0 0 0 143 0

0 0 0 0 617

103

.

.

.

Kg m s2 -1

Dalla seconda e terza (3.18) e dalle (3.23) vengono ricavati i valori dei termini delle matrici di smorzamento e rigidezza aerodinamica:

Analisi della risposta delle strutture snelle all’azione del vento

61

[ ]

[ ]

C

K

a

a

U

U

= ⋅ − −

− −

⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥

= ⋅ −

⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥

10

102 6

18 2 151 0 0 0

151 167 0 0 0

0 0 121 100 0

0 0 100 111 0

0 0 17 3 307 0

0 0 0 0 0

0 0 0 0 0

0 0 0 0 153

0 0 0 0 0160

0 0 0 0 131

10

. .

. .

. .

. .

. .

.

.

.

10 Kg m s

Kg m s

3 2 -1

2 -2

L’analisi delle matrici del sistema porta a concludere che il sistema può essere scisso in due sottosistemi, il primo che tiene conto dei gradi di libertà nella direzione del flusso medio e l’altro che tiene conto dei gradi di libertà trasversali alla direzione del flusso medio e torsionale.

Le condizioni di stabilità del moto vengono individuate, come accennato nel paragrafo 1.5, mediante la ricerca dei valori della velocità media del vento che portano all’annullarsi del determinante delle matrici di rigidezza e smorzamento.

Il moto nella direzione del flusso medio risulta stabile nei confronti della divergenza per l’essere nulla la rigidezza aerodinamica ad esso associata. Per quanto riguarda invece il galloping, la condizione di annullamento del determinante della matrice di smorzamento totale porta a valori negativi della velocità critica:

Ucgx =−

NO

259 m s

-83 m s

-1

-1

che indicano stabilità incondizionata del moto. Analogamente si ha stabilità incondizionata, dal punto di vista della divergenza, nei gradi

di libertà trasversali e torsionale, risultando:

Ucdy = −20 m s-1

Capitolo III

62

Per quanto riguarda invece la condizione di stabilità per galloping, si ottengono i due seguenti valori positivi della velocità critica:

Ucgy =NO

125

389 m s

m s-1

-1

Per valori della velocità media inferiori al primo valore critico il moto risulta stabile, mentre per valori di questa compresi tra i due valori il moto risulta instabile; per valori della velocità superiori al secondo valore critico il moto, apparentemente stabile quando si considerano solo due modi, alterna al variare della velocità comportamenti stabili a comportamenti instabili.

La risposta media viene ricavata dalla (3.24):

[ ]

[ ]

η =

η =

0161 0 0012 0 0 0 10

145 0 0112 0 0 0 30

10

10

. .

. .

− =

− =

T -1

T -1

m m s

m m s

U

U

La matrice di covarianza della risposta viene invece ricavata tramite le (3.25) e (3.26). L’aliquota di questa dovuta all’effetto della turbolenza risulta:

[ ]

[ ]

cov

.

. .

. . .

. . .

. . .

cov

η =

η =

t

t

U

U

207 160 0 0 0

160 0 000 0 0 0

0 0 311 0 024 524

0 0 0 024 0 001 0 062

0 0 524 0 062 108

10

0 0 0

0 0 0

0 0

0 0

0 0

30

10

10

⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥

⋅ =

⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥

⋅ =

10 m m s

16100 100

100 0.0

81.9 3.62 79.9

3.62 0.291 11.7

79.9 11.7 985

10 m m s

-6 2 -1

-6 2 -1

L’aliquota della matrice di covarianza dovuta al distacco dei vortici, nell’ipotesi che l’effetto torcente sia trascurabile risulta:

Analisi della risposta delle strutture snelle all’azione del vento

63

[ ]

[ ]

cov . .

. .

cov . .

. .

η =

η =

s

s

U

U

0 0 0 0 0

0 0 0 0 0

0 0 108 0154 0

0 0 0154 0 437 0

0 0 0 0 0

10

0 0 0 0 0

0 0 0 0 0

0 0 0 966 0 033 0

0 0 0 033 2 36 0

0 0 0 0 0

30

10

10

⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥

⋅ =

⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥

⋅ =

10 m m s

10 m m s

-6 2 -1

-6 2 -1

Dalle matrici di covarianza della risposta è possibile trarre le seguenti conclusioni: • Ai fini della flessione nel piano del vento medio il contributo del secondo modo è

trascurabile • Ai fini della risposta nel piano trasversale alla direzione del vento il secondo modo,

sebbene poco eccitato dalla turbolenza, risulta notevolmente eccitato dal distacco dei vortici, in particolare quando la velocità e di 30 m/s.

Le frequenze centrali delle forze dovute al distacco dei vortici sono rispettivamente 0.52 Hz e 1.57 Hz per i due valori della velocità media del vento presi in considerazione; tali valori sono da confrontare con i valori delle frequenze di distacco in sommità alla struttura, pari a 0.56 Hz e 1.68 Hz rispettivamente.

Dalla risposta media e dalla covarianza di questa vengono calcolati i valori medi e le varianze della tensione normale dovuta ai momenti flettenti longitudinale e trasversale nei vertici della sezione di base e delle accelerazioni trasversali dei vertici della sezione di sommità.

I coefficienti di combinazione lineare relativi alle tensioni normali alla base hanno le seguenti espressioni:

r r r rF s

x

x

y

y

v abE

=

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

=

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

=−

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

⋅ =

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

=

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

00000

2

0000

0

37 7236

37 72360

10

00000

00000

1

2

1

2

6 Pa

µµµµ

''

''

''

''

( )( )( )( )

.

.

mentre quelli relativi all’accelerazione in sommità sono pari a:

Capitolo III

64

r r r rF s v a

b

=

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

=

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

=

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

=

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

00000

00000

00000

00112

Mediante la (3.35) vengono calcolati i valori medi della risposta. Per quanto riguarda la sollecitazione alla base i ottengono i valori:

σ

σ

( ) .

( ) .

0 6 38 10 10

0 57 5 10 30

610

610

= ⋅ =

= ⋅ =

Pa m s

Pa m s

-1

-1

U

U

mentre risultano nulli i valore medi dell’accelerazione. Dalle (3.39) e (3.40) vengono poi ricavati i valori degli scarti quadratici medi della

sollecitazione alla base:

~( ) .~( )

σ

σ

0 9 06 10 10

0 180 10 30

310

610

= ⋅ =

= ⋅ =

Pa m s

Pa m s

-1

-1

U

U

e dell’accelerazione in testa alla struttura:

&&~( ) .

&&~( ) .

y h U

y h U

= =

= =

0 0212 10

0 636 30

10

10

m s m s

m s m s

-2 -1

-2 -1

Mediante le (3.42) e (3.43) possono inoltre essere calcolati i coefficienti di picco, e da questi, tramite la (3.41) i valori di picco della risposta. Si ottiene in definitiva:

g U

g U

g y h U

g y h U

y

y

σ

σ

σ

σ

= ⇒ = ⋅ =

= ⇒ = ⋅ =

= ⇒ = =

= ⇒ = =

389 0 6 42 10 10

389 0 58 2 10 30

395 0 0838 10

4 09 2 60 30

610

610

10

10

. $( ) .

. $( ) .

. &&$( ) .

. &&$( ) .

&&

&&

Pa m s

Pa m s

m s m s

m s m s

-1

-1

-2 -1

-2 -1

65

Capitolo IV

Analisi sperimentale sul comportamento aerodinamico delle sezioni delle torri dei ponti di grande luce (modello 2-D)

1. L’interferenza tra cilindri immersi in un flusso uniforme Lo studio del comportamento aerodinamico e aeroelastico delle strutture di forma allungata

richiede, come dati di partenza, oltre la caratterizzazione della struttura del vento e la conoscenza delle proprietà meccaniche della struttura, la conoscenza del comportamento aerodinamico delle sezioni correnti, ossia la conoscenza dei coefficienti aerodinamici e delle funzioni di densità spettrale di potenza di questo, quali funzioni dell’angolo di attacco. Tali informazioni devono essere ricavate da prove in galleria del vento, e sono disponibili in letteratura per un vasto repertorio di sezioni, tutte quelle di interesse scientifico e tecnico.

Le prove vengono di solito effettuate ponendo in galleria del vento un elemento cilindrico fortemente allungato. Le caratteristiche che si intendono indagare sono relative a condizioni di flusso bidimensionale uniforme, diretto ortogonalmente all’asse del cilindro, pertanto questo viene posto tra due pannelli, atti a limitare gli effetti di estremità. Le misurazioni che possono essere effettuate sono di due tipi. Da un lato è possibile, montando il cilindro su bilance, misurare le storie temporali delle forze aerodinamiche, e da queste risalire ai valori medi e fluttuanti dei coefficienti aerodinamici degli spettri mediati lungo il cilindro. Tale tecnica, tuttavia, fa sì che alla formazione dei coefficienti aerodinamici contribuiscano anche le porzioni di cilindro prossime alle estremità che, per quanti accorgimenti possano essere stati presi, sono comunque investite da un flusso non perfettamente bidimensionale e comunque diverso da quello indisturbato. D’altro canto è possibile sconnettere un concio centrale del cilindro dal resto e montare questo su bilance, in modo da mediare le caratteristiche aerodinamiche solo su una piccola porzione del cilindro, sufficientemente lontano dalle estremità, e quindi non influenzato dagli effetti del flusso tridimensionale. Un approccio

66 Capitolo IV

alquanto differente è quello di munire il cilindro, nel piano della sezione di mezzeria, di prese manometriche; se queste sono in numero elevato, è allora possibile ricostruire la storia temporale della distribuzione di pressioni su tale sezione e, per integrazione, la storia dei coefficienti aerodinamici. Tale metodo, che ha l’innegabile pregio di considerare la sola sezione di mezzeria (ossia quella per cui il flusso più si avvicina alla condizione di bidimensionalità), richiede tuttavia l’utilizzo di analizzatori di pressioni ad alta frequenza di campionamento.

Nel caso in cui vengano affiancati due cilindri, lo schema di flusso, e di conseguenza il comportamento aerodinamico dei cilindri, è dettato dalla interferenza che ha luogo tra i due elementi. Tale interferenza è legata alla posizione relativa dei cilindri, ed in generale diminuisce al crescere della distanza tra questi.

Lo studio dell’interferenza tra due (o più) cilindri ha una storia molto più limitata rispetto a quella dello studio dei singoli cilindri e la maggior parte dei lavori è dedicata all’interferenza tra cilindri circolari. Nel caso in cui la sezione trasversale sia polarsimmetrica due parametri sono sufficienti a definire la configurazione dei cilindri: questi possono essere le coordinate di uno dei due cilindri rispetto all’altro, considerato fisso, oppure la distanza tra i due cilindri e l’angolo tra la direzione media del vento e la congiungente i centri. I risultati sono notevolmente dipendenti dal numero di Reynolds a cui viene svolto l’esperimento, e si pone quindi il problema della estrapolazione dei risultati sperimentali ai casi reali in cui il numero di Reynolds può essere sostanzialmente superiore a quelli ottenibili in galleria. Il campo di applicazione resta tuttavia molto vasto; si pensi ad esempio alle ciminiere, accoppiate od in schiera, o agli stralli accoppiati.

In [Zdravkovich e Pridden 1977] viene data una ampia panoramica sul problema e vengono presentati risultati per diverse configurazioni e diversi numeri di Reynolds.

Sia nella configurazione allineata (quella in cui i centri dei cilindri sono allineati con la direzione media dl flusso), che in quella affiancata (quando i cilindri sono posti simmetricamente rispetto alla direzione del flusso medio), venne individuato un comportamento discontinuo, al variare della distanza. Nella configurazione allineata, per piccoli valori della distanza (o, meglio, della separazione)1, le forze di resistenza sono inferiori a quelle che si misurano sul singolo cilindro, ed addirittura negative sul cilindro posto sottovento; ciò è indice del fatto che il flusso che si distacca dal cilindro sopravvento si riattacca su quello sottovento, portando come conseguenza lo stabilirsi di una zona di ristagno tra i due cilindri, ipotesi confermata dai bassi valori della pressione di stagnazione del cilindro sottovento. Nella configurazione affiancata, sempre per piccoli valori della separazione, lo schema di flusso simmetrico risulta instabile, e si verifica un’alternanza tra due schemi di flusso asimmetrici (flusso bistabile); ne risultano valori dei coefficienti aerodinamici e del numero di Strouhal fortemente diversi da quelli relativi al singolo cilindro.

Per cilindri aventi sezione trasversale di forma differente da quella circolare, due parametri non sono sufficienti ad individuare la configurazione; restano infatti da definire gli angoli di attacco dei singoli cilindri.

Si riporteranno di seguito i risultati di una indagine sperimentale sul comportamento aerodinamico di una coppia di cilindri a sezione quadrata. Tale indagine è stata svolta col fine 1 Nel seguito si farà riferimento al rapporto di separazione, o più brevemente separazione, inteso come il rapporto tra la distanza tra i centri dei cilindri e la dimensione caratteristica della sezione trasversale.

Analisi sperimentale sul comportamento aerodinamico delle sezioni delle torri dei ponti di grande luce 67

di fornire gli elementi di partenza (statistiche e spettri di potenza dei coefficienti aerodinamici, oltre alle informazioni relative al comportamento del flusso d’aria) per il calcolo delle forze aerodinamiche che agiscono sulle torri dei ponti di grande luce. Queste torri sono spesso composte da due elementi verticali (colonne), collegati orizzontalmente da uno o più traversi. La sezione trasversale delle colonne è, salvo casi eccezionali, quadrata o rettangolare con rapporto di allungamento prossimo all’unità; le colonne possono inoltre presentare scanalature in corrispondenza degli spigoli, atte a migliorarne il comportamento aerodinamico.

Limitandosi al caso della sezione quadrata, si è quindi studiato il comportamento aerodinamico di una coppia di cilindri, al variare della distanza tra questi e dell’angolo della congiungente i centri con la direzione media del flusso, conservando tuttavia le facce dei cilindri parallele tra loro ed alla congiungente i centri. Più semplicemente le configurazioni considerate sono tutte quelle che si ottengono mediante la traslazione di uno dei due cilindri rispetto all’altro, nella direzione della congiungente i centri, ed una rotazione rigida della coppia di cilindri attorno ad un asse parallelo agli assi dei cilindri.

Per quanto concerne i cilindri a sezione quadrata, pochi lavori sono stati pubblicati in passato. In [Reinhold et al. 1977] si riportano i risultati di una indagine sui coefficienti aerodinamici relativi ad un cilindro posto sottovento rispetto ad un alto uguale ma non strumentato; la configurazione veniva descritta da tre parametri: due definiscono la posizione del cilindro sottovento rispetto a quello sopravento e un terzo la direzione di incidenza del vento. Anche in questo caso nella configurazione allineata i coefficienti aerodinamici risultano essere fortemente dipendenti dalla configurazione, con valori negativi del coefficiente di resistenza del cilindri sottovento, per piccole separazioni. In [Blessman e Riera 1979] vengono riportati i risultati di esperimenti effettuati, nelle stesse configurazioni citate precedentemente, su prismi di altezza finita sia in flusso uniforme che in strato limite.

2. Allestimento sperimentale Gli esperimenti di cui si riportano i risultati sono stati eseguiti nel Tunnel I del Boundary

Layer Wind Tunnel Laboratory presso la University of Western Ontario. La galleria è del tipo a strato limite naturalmente sviluppato, a circuito aperto, e presenta una lunghezza totale di 33 m ed una sezione trasversale di 2.44 m di larghezza ed una altezza variabile tra 1.50 m e 2.10 m, grazie ad un tetto mobile; la presenza del tetto mobile consente di fissare la distribuzione longitudinale della pressione statica media, ed in particolare di ottenere una pressione statica media costante lungo la galleria.

La presa è costituita da un restrittore troncoconico con raccordi semicircolari sul lato esterno; sui due lati, esterno ed interno, del restrittore sono poste griglie a nido d’ape, atte a migliorare le caratteristiche di uniformità del flusso. Un diffusore orizzontale aperto ad alette garantisce un buon raccordo del flusso interno con quello esterno. La galleria (Figura 4.1) è dotata di due sezioni di prova. La prima è quella posta subito a valle del restrittore che si trova in corrispondenza della presa e viene usata per esperimenti in flusso uniforme. La seconda è

68 Capitolo IV

quella subito a monte del raccordo che si trova tra la sezione rettangolare corrente della galleria e quella circolare ove è posto il propulsore e viene usata nei casi in cui si voglia beneficiare della presenza di uno strato limite. La seconda sezione di prova è munita di un piatto girevole, che consente di ruotare i modelli rispetto alla direzione di incidenza del vento. Sia il motore della galleria che il piatto girevole possono essere controllati tramite calcolatore, consentendo di programmare una serie di esperimenti in cui si facciano variare la velocità del vento e l’angolo di incidenza da eseguirsi automaticamente senza necessità di controllo da parte del personale. La velocità del motore della galleria viene regolata in base alla misurazione della velocità del flusso in un punto di riferimento, effettuata in tempo reale mediante un tubo di Pitot.

Lo strato limite viene ottenuto mediante il posizionamento, sul pavimento della galleria, di tappeti ruvidi oppure di pannelli su cui sono fissati elementi prismatici di spugna o di polistirolo di vare dimensioni. Dosando oppurtunamente la dimensione di tali elementi è possibile modellare a piacimento le caratteristiche dello strato limite. Inoltre, per accelerare la formazione dello strato limite, possono essere disposti, a valle della sezione di presa, delle spires o delle barriere.

Il flusso turbolento viene ottenuto mediante delle griglie poste nella sezione di presa. La massima velocità del vento consentita dal propulsore, in assenza di elementi per la

creazione dello strato limite e di griglie, è di 15 m/s, il che vuol dire, considerando una dimensione massima della struttura da provare che non dia luogo a fenomeni di bloccaggio di 0.30 m, un limite sul numero di Reynolds di circa 3###105.

I modelli utilizzati negli esperimenti consistevano in una coppia di profilati di alluminio a sezione quadrata con lato di 3 cm e della lunghezza di 1.20 m. I profilati presentavano in mezzeria un concio di Plexiglas della lunghezza di circa 2 cm, collegato in modo da ripristinate la continuità dei cilindri. Il concio di Plexiglas conteneva 8 fori su ciascun lato, disposti sul contorno di una sezione trasversale. Tali fori, del diametro di 0.89 mm, servivano da prese manometriche. L’utilizzo di un elemento di Plexiglas per l’alloggiamento dei fori si rende

33.00

1.80 3.80 1.80

models pitot tube gridfan honeycomb grid

Figura 4.1 - Pianta schematica della galleria del vento

Analisi sperimentale sul comportamento aerodinamico delle sezioni delle torri dei ponti di grande luce 69

necessario attesa la difficoltà di giuntare, senza il rischio di perdite, i tubi di collegamento direttamente sull’alluminio.

I cilindri erano montati su due piatti circolari, posti alle loro estremità. Questi a loro volta erano sorretti da due pannelli di legno montati verticalmente nella galleria. La rotazione dei piatti nei pannelli consentiva la variazione dell’angolo d’attacco, mentre la distanza tra i cilindri veniva fatta variare mediante la traslazione di uno dei due cilindri all’interno di una slitta posta nei piatti. I pannelli erano poi assicurati alle pareti della galleria mediante un controvento.

Le prese manometriche erano collegate ai trasduttori di pressione mediante tubi di PVC di una lunghezza totale di 0.81 m. I tubi erano muniti di due restrittori, atti a introdurre smorzamento nel sistema dinamico costituito dai tubi stessi e dall’aria in essi contenuta. Il sistema di collegamento costituito dai tubi ha, infatti, un suo comportamento dinamico, caratterizzabile mediante una funzione di trasferimento. E’ allora necessario, affinché le misurazioni non siano influenzate dalla dinamica del sistema di trasferimento, che questo abbia una funzione di trasferimento a modulo unitario nel campo di frequenze di interesse.2 Tale obiettivo viene raggiunto, come si accennava, mediante l’inserimento di strozzature nei tubi. Il collegamento in definitiva veniva realizzato mediante un primo tubo, della lunghezza di 0.787 m e del diametro interno di 1.35 mm, direttamente collegato alla presa manometrica, e mediante un tubo, della lunghezza di 0.025 m e del diametro interno di 0.86 mm, al trasduttore di pressione. Inoltre, ad una distanza di 0.457 m dalla presa manometrica era posto un restrittore metallico. Una tale struttura del collegamento forniva (Figura 4.2) una funzione di trasferimento pressappoco unitaria fino ad una frequenza di 105 Hz. I tubi correvano all’interno dei cilindri fino all’estremità di questi, ove erano posti i trasduttori.

Ciascun trasduttore (modello ESP_16 della Pressure Systems Inc.) è munito di 16 entrate manometriche e di una uscita elettrica. Il segnale analogo elettrico relativo ai 16 canali in ingresso viene inviato all’analizzatore di pressioni tramite un unico canale, il che comporta la lettura delle pressione alle differenti prese manometriche in istanti diversi3. E’ allora necessario, in fase di analisi delle serie temporali, operare una interpolazione atta a ricondurre tutti i segnali (relativi alle 16 prese manometriche) ad un unico istante di lettura; ciò è stato fatto mediante interpolazione lineare.

Il segnale analogo elettrico proveniente dai trasduttori di pressione veniva ricevuto da un analizzatore di pressione; tale componente del sistema di acquisizione, oltre ad operare l’interpolazione a cui si accennava, trasformava il segnale analogico in segnale digitale, e lo memorizzava, nella forma di serie temporali di differenze di potenziale, sul disco di un Personal Computer. All’interno di ciascun file venivano inoltre inseriti i dati relativi alla calibrazione dei trasduttori, necessari in fase di elaborazione al calcolo dei coefficienti di pressione dalle differenze di potenziale. Lo stesso calcolatore utilizzato per la memorizzazione delle serie temporali veniva usato per il controllo dell’acquisizione. Un apposito programma consentiva l’immissione dei dati relativi all’acquisizione (durata, frequenza di campionamento etc.) nonché i parametri di calibrazione del sistema di acquisizione . 2 A rigore, oltre l’unitarietà del modulo della funzione di trasferimento bisognerebbe anche verificare la nullità della sua fase, ma tale aspetto viene di solito trascurato. 3 Tale procedimento comporta uno sfasamento pari ad 1/16 del periodo di campionamento, tra ciascuna presa e la successiva.

70 Capitolo IV

La calibrazione veniva effettuata mediante l’invio di aria in pressione agli elementi piezoelettrici che costituiscono i trasduttori, messi in collegamento in modo da essere tutti soggetti alla stessa pressione. In base alle letture così effettuare venivano calcolati i coefficienti di calibrazione. La elevatissima sensibilità del sistema faceva sì che spesso la calibrazione dovesse essere effettuata più di una volta prima di raggiungere un grado di precisione accettabile. La calibrazione, per maggiore sicurezza, veniva effettuata ogni qualvolta veniva aperta la porta di accesso alla galleria, il che vuol dire, come si vedrà in seguito, prima di ciascuna registrazione.

Le serie temporali delle differenze di potenziale, memorizzate sul Personal Computer di acquisizione, venivano poi trasferite su di un disco fisso di un sistema IBM RISC, che veniva in seguito utilizzato per l’elaborazione dei dati. Dalle serie delle differenze di potenziale rappresentanti i coefficienti di pressione, mediante integrazione, e con l’uso dei fattori di calibrazione cui si accennava, venivano costruite le serie temporali dei coefficienti aerodinamici. Da queste era poi possibile, con ulteriori elaborazioni, costruire gli spettri di potenza dei coefficienti stessi e le funzioni di cross-correlazione di questi. I programmi utilizzati per il controllo della galleria, per l’acquisizione e per l’elaborazione dei dati costituiscono parte di un più vasto complesso di programmi appositamente creati al BLWTL. Solo piccole aggiunte sono state fatte dallo scrivente per il calcolo delle funzioni di cross-correlazione.

Gli esperimenti sono stati realizzati nella prima sezione di prova al fine di ridurre al minimo lo spessore dello strato limite. In particolare i modelli erano posizionati 7.40 m a valle della griglia a nido d’ape. Maggiori dettagli circa l’allestimento sperimentale vengono dati in [Ricciardelli 1994].

Figura 4.2 - Funzione di trasferimento del collegamento presa-trasduttore

Analisi sperimentale sul comportamento aerodinamico delle sezioni delle torri dei ponti di grande luce 71

3. Caratteristiche del flusso Gli esperimenti sono stati condotti con due differenti condizioni di flusso: la prima a

regime laminare, la seconda a regime turbolento. In regime laminare la velocità media, misurata dal Pitot di riferimento, era di 10.7 m/s, il

che vuol dire un numero di Reynolds pari a 22000, qualora come dimensione caratteristica venga preso il lato della sezione trasversale dei cilindri.

L’uniformità del flusso nella sezione di prova e le caratteristiche dello strato limite sono state verificate mediante delle misurazioni di velocità effettuate attraverso l’uso di un anemometro a filo caldo. L’uso di un anemometro a due fili disposti a croce ha consentito la contemporanea misurazione delle serie temporali della componente longitudinale e della componente verticale della velocità.

Il trasduttore a filo caldo veniva montato su un carrello mobile all’interno della galleria, dotato di tre gradi di libertà. Un tale sistema consente di raggiungere automaticamente un qualsiasi punto all’interno della galleria, individuato mediante le sue coordinate rispetto ad un riferimento cartesiano definito dall’operatore; è inoltre possibile programmare una sequenza di punti, in modo da effettuare registrazioni nei nodi di un reticolo prestabilito. In particolare sono state effettuate misurazioni, sempre nell’ambito della sezione di prova, lungo due verticali ed una orizzontale, con un passo di 5 cm. Le due verticali erano quella di mezzeria ed una posta a circa 0.30 m da questa; l’orizzontale era ad una altezza di circa 0.61 m dal pavimento. Dalle registrazioni della velocità è possibile calcolare il valore medio e lo scarto quadratico (e quindi l’indice di turbolenza) della velocità; è inoltre possibile ricavare lo spettro delle due componenti della velocità considerate.

In Figura 4.3 viene riportato il profilo verticale delle velocità medie misurato in mezzeria. In ascisse viene riportato il rapporto tra la velocità media locale e quella misurata dal Pitot di riferimento, in ordinate la quota adimensionalizzata rispetto all’altezza della galleria. Il diagramma mostra una buona uniformità del flusso (U/Uref = 1), eccetto per una piccola

0.0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1.0

0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1 1.1

U / Uref

z / H

Figura 4.3 - Profilo verticale delle velocità medie in mezzeria in flusso laminare

72 Capitolo IV

regione intorno alla metà altezza della galleria. Il motivo di tale disunifomità risiede in una discontinuità che vi è nella griglia a nido d’ape posta alla presa della galleria. Va tuttavia notato che i modelli erano posti ad una altezza variabile tra z/H = 0.23 e z/H = 0.46, il che vuole dire al di fuori della regione ove il flusso presenta una non uniformità.

Per controllare l’assenza di strato limite nella regione prossima al pavimento, sono state effettuate registrazioni di velocità più ravvicinate. Le misurazioni hanno messo in luce la presenza di un sottile strato limite, caratterizzato da una velocità media pari allo 0.88 di quella misurata dal Pitot di riferimento, ad una quota di 0.10 m ed una velocità pari allo 0.99 di quella al riferimento ad una quota di 0.20 m.

Nelle Figure 4.4 e 4.5 vengono riportati rispettivamente gli andamenti degli indici della turbolenza longitudinale e verticale, sempre per la stessa verticale. Dai diagrammi si possono dedurre dei valori degli indici di turbolenza longitudinale e verticale pressappoco costanti nella regione ove erano situati i modelli e pari rispettivamente a 0.004 e 0.003. Ancora una volta è possibile leggere dai diagrammi la presenza della discontinuità nella griglia della presa. Si vede come tale discontinuità, ancor più che creare una turbativa nel valore medio della velocità, introduce una elevata turbolenza locale.

Agli esperimenti in flusso laminare si è affiancata una seconda serie di esperimenti effettuati in regime turbolento. Le caratteristiche della turbolenza erano intese a riprodurre le caratteristiche della turbolenza atmosferica, nel campo di quote di interesse per l’ingegneria civile. La turbolenza veniva realizzata mediante l’uso di una griglia a maglia grossa, posta 1.80 m a valle della presa. Alla griglia definitiva si è arrivati attraverso successive modifiche di una griglia già esistente, che tuttavia si era dimostrata poco idonea a fornire condizioni di flusso uniforme. La prima griglia era formata da quattro fasce verticali e da due orizzontali, di una larghezza pari a 14 cm, e poste ad un interasse di 55 cm; la distanza dell’asse delle fasce orizzontali dal pavimento e dal tetto era di 57 cm, il che creava un flusso accelerato in prossimità di questi. L’effetto che ne risultava è quello che si può evincere dal profilo verticale delle velocità medie in mezzeria, presentato in Figura 4.6; è chiara la forte accelerazione del

0.0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1.0

.000 .005 .010 .015 .020 .025 .030Ix

z / H

0.00.10.20.30.40.50.60.70.80.91.0

.000 .005 .010 .015 .020 .025 .030Iz

z / H

Figura 4.4 - Profilo verticale delle intensità di turbolenza longitudinale in

mezzeria in flusso laminare

Figura 4.5 - Profilo verticale delle intensità di turbolenza verticale in

mezzeria in flusso laminare

Analisi sperimentale sul comportamento aerodinamico delle sezioni delle torri dei ponti di grande luce 73

flusso in prossimità del pavimento ed altresì la scarsa utilizzabilità di un tale tipo di flusso nel caso in cui i modelli, dovendo essere spostati verticalmente, vadano di volta in volta ad occupare quote diverse nell’ambito della sezione trasversale. Si rendeva pertanto necessario modificare la griglia in modo da rendere il flusso uniforme. La modifica consistette nell’aggiungere due fasce, in corrispondenza del pavimento e del tetto, di larghezza tale da appiattire intorno al valore unitario il profilo verticale delle velocità medie. Dopo qualche tentativo, con differenti larghezze, si è giunti con fasce di 7 cm al profilo di Figura 4.7, che si è reputato sufficientemente uniforme.

In Figura 4.8 viene riportato il profilo verticale in mezzeria dell’indice della turbolenza longitudinale in condizioni di flusso turbolento; se ne evince un valore pari a 0.10, per tutta la

0.0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

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1.0

0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1 1.1 1.2 1.3 1.4U / Uref

z / H

Figura 4.6 - Profilo verticale delle velocità medie in mezzeria in flusso turbolento con la griglia non modificata

0.0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1.0

0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1 1.1U/ Uref

z / H

Figura 4.7 - Profilo verticale delle velocità medie in mezzeria in flusso turbolento

con la griglia modificata

74 Capitolo IV

sezione trasversale della galleria, ad esclusione di una piccola regione in prossimità del pavimento (e simmetricamente del tetto), in cui si risente della presenza di uno strato limite.

Come si accennava in precedenza, dalle registrazioni delle serie temporali della velocità locale del vento è possibile costruire lo spettro di potenza di tale quantità. In Figura 4.9 viene riportato lo spettro adimensionalizzato della componente longitudinale della turbolenza.

Dalle registrazioni puntuali della velocità è possibile risalire a tutte le caratteristiche locali del flusso. Oltre alle statistiche della velocità e allo spettro della sua componente fluttuante, è infatti possibile costruire anche le funzioni di autocorrelazione della velocità e quindi ottenere le scale integrali dei tempi. Tuttavia per la completa

conoscenza delle condizioni di flusso è necessario avere anche informazioni sulla organizzazione spaziale della turbolenza. Tali informazioni possono ottenersi tramite le contemporanee registrazioni di storie temporali della velocità in coppie di punti, al variare della posizione relativa di questi. Disponendo di un grosso numero di tali registrazioni, è allora possibile, per interpolazione, la costruzione delle funzioni di coerenza della turbolenza. Tale approccio, che porterebbe a risultati di ottima precisione, è estremamente oneroso dal punto di vista sperimentale, implicando la registrazione di un elevatissimo numero di storie temporali. Facendo però riferimento alla ipotesi formulata da Taylor circa la natura convettiva della turbolenza, è possibile da registrazioni puntuali della velocità risalire alle scale integrali della turbolenza. Si ha così una prima informazione globale sulla struttura spaziale della turbolenza ed in particolare sulla dimensione caratteristica degli elementi vorticosi che la caratterizzano.

0.0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1.0

0.00 0.02 0.04 0.06 0.08 0.10 0.12Ix

z / H

Figura 4.8 - Profilo verticale delle intensità di turbolenza longitudinale in

mezzeria in flusso turbolento

Figura 4.9 - Spettro della turbolenza longitudinale

Analisi sperimentale sul comportamento aerodinamico delle sezioni delle torri dei ponti di grande luce 75

Ipotizzando una natura convettiva della turbolenza, le scale integrali delle lunghezze e dei tempi della componente longitudinale della turbolenza devono essere legate in modo tale che il loro rapporto sia uguale alla velocità media di flusso, cioè:

LT

Uux

u= (4.1)

ove con Tu si è indicate rispettivamente le scale integrale dei tempi della turbolenza longitudinale. Il valore della scala dei tempi può essere ricavata dallo spettro della turbolenza; risulta infatti:

S u R t dt u Tuu u u( ) ~ ( ) ~0 4 42 2

0

= =∞

∫ (4.2)

dove con Suu(0) si è indicato il valore dello spettro della componente longitudinale della turbolenza corrispondente ad un valore nullo della frequenza e con Ru(t) la sua funzione di autocorrelazione. Dalla (4.2) si ricava pertanto:

LU S

uux uu=

⋅ ( )~

04 2 (4.3)

Le tre quantità che compaiono nella (4.3) possono essere ricavate dalla registrazione utilizzata per la costruzione dello spettro di Figura 4.9. Ne risulta una scala della turbolenza longitudinale di 0.24 m, ossia pari a 8 volte la dimensione caratteristica della sezione trasversale dei cilindri.

4. Profilo degli esperimenti La distanza tra i cilindri è stata fatta variare tra 2 e 13 volte la dimensione caratteristica

della sezione trasversale, mentre l’angolo di attacco, inteso come l’angolo tra la congiungente i centri delle sezioni trasversali e la direzione media del flusso, è stato fatto variare tra 0° e 90° (0°, 7.5°, 15°, 30°, 45°, 60°, 75° e 90°).

Il campionamento è stato effettuato, ad una frequenza di 200 Hz, per 256 secondi, il che ha consentito la costruzione di spettri di 512 punti, mediando tra 100 blocchi di dati. Alcune registrazioni aggiuntive ad una frequenza di 800 Hz e per 128 secondi si sono rese necessarie al fine di avere una migliore risoluzione nelle funzioni di cross-correlazione, utilizzate per il calcolo della fase del distacco dei vortici dai due cilindri.

76 Capitolo IV

Delle registrazioni sono anche state effettuate su un singolo cilindro posto con differenti angoli di attacco, al fine di avere, quali termini di paragone, dati sul comportamento del cilindro isolato. Tali risultati vanno infatti intesi quali valori asintotici dei dati relativi ai due cilindri, disposti con lo stesso angolo di attacco, al tendere all’infinito della separazione.

77

Capitolo V

Forze aerodinamiche su una coppia di cilindri a sezione quadrata

1. Premessa

L’analisi dei risultati delle prove sperimentali ha messo in luce due differenti modi di interagire dei due cilindri: il primo si verifica quando uno dei due è nella scia dell’altro, il secondo quando i cilindri hanno scie separate, che si deformano a vicenda. Il caso limite del primo comportamento è quello della configurazione a cilindri allineati col flusso, mentre per il secondo comportamento il caso limite è quello della configurazione a cilindri affiancati. Per quanto riguarda le configurazioni intermedie, queste rappresentano la transizione tra un comportamento e l’altro. Sulla base di queste osservazioni il presente capitolo, in cui si illustrano il comportamento aerodinamico e le modalità di interferenza di due cilindri a sezione quadrata posti in un campo di moto bidimensionale, viene suddiviso in quattro paragrafi. I primi due riportano i risultati relativi alle configurazioni a cilindri allineati e a cilindri affiancati, mentre i due successivi si occupano delle configurazioni a piccoli angoli di attacco (α≤30°), in cui prevale il comportamento dovuto ad un’unica scia, e delle configurazioni a grandi angoli di attacco (α≥45°), in cui prevale il comportamento dovuto alla esistenza di due scie distorte. L’approccio sarà di tipo prevalentemente qualitativo, inteso a fornire gli elementi necessari alla comprensione dei fenomeni più che alla elaborazione numerica. La serie completa di risultati numerici viene presentata in [Ricciardelli 1994], e a tale lavoro si farà riferimento in seguito, nell’applicare i risultati delle prove sperimentali alla verifica delle torri dei ponti di grande luce. In [Ricciardelli e Vickery 1994] vengono sintetizzati i risultati relativi alle forze aerodinamiche che agiscono su ciascuno dei due cilindri, mentre in [Ricciardelli e Vickery 1995] viene data una più estesa interpretazione del comportamento fluidodinamico, nel caso in cui i cilindri siano allineati col flusso.

In Figura 5.1 vengono riportate le convenzioni sui segni delle forze aerodinamiche; per il significato dei simboli si fa riferimento alla simbologia riportata all’inizio del lavoro.

78 Capitolo V

2. Cilindri allineati col flusso

Le condizioni di flusso, e

di conseguenza le forze aero-dinamiche, nelle configura-zioni a cilindri allineati, si dimostrano fortemente dipen-denti dalla separazione, sia in flusso laminare che turbo-lento; in particolare in flusso laminare il passaggio tra un regime ad un altro avviene attraverso una brusca discon-tinuità.

Per valori molto piccoli del rapporto di separazione (s/b < 3), in flusso laminare, il flusso distaccato dal cilindro sopravento si riattacca sulle facce laterali del cilindro sottovento, comportando una quasi totale assenza di flusso nell’intercapedine tra i cilindri. Il valor medio della resistenza del cilindro sopravento è leggermente inferiore al valore misurato sul cilindro isolato, a causa della minore entità della depressione che si genera nell’intercapedine, rispetto a quella che si genera nella scia del singolo cilindro. Il cilindro sottovento è invece soggetto ad una resistenza negativa, che deriva soprattutto dal fatto che la sua faccia di monte non sia investita da un flusso indisturbato, ma sia immersa in una area

CD

-1.0

-0.5

0.0

0.5

1.0

1.5

2.0

2.5

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14s / b

sopravento

sottovento

Figura 5.2 - Valori medi dei coefficienti di resistenza per cilindri allineati in flusso laminare

D

L

Fx

Fy

Fx

DFy

L

M

M

s

W

Figura 5.1 - Segni delle forze aerodinamiche

Forze aerodinamiche su una coppia di cilindri a sezione quadrata 79

depressa del campo di moto. Le pressioni sulla faccia di valle del cilindro sopravento e sulla faccia di monte del cilindro sottovento, sono uguali; ciò indica la natura statica di tali pressioni e quindi conferma la assenza di flusso nella intercapedine. Tale assenza di flusso fa sì che i due cilindri si comportino come un corpo unico, dalla sezione notevolmente allungata, il che porta al restringimento della scia, e di conseguenza alla riduzione della forza di portanza sulla faccia di valle del cilindro sottovento. In Figura 5.2 sono riportati i valori medi dei coefficienti di resistenza dei due cilindri, in funzione della separazione. Il valore della parte fluttuante (scarto quadratico medio) dei coefficienti di resistenza (Figura 5.3) è notevolmente inferiore a quello che si misura sul cilindro isolato ( ~ .CD = 016 ), sia per il cilindro sopravento che per quello sottovento, ancora una volta a causa dell’assenza di flusso nell’intercapedine e del restringimento della scia.

La parte fluttuante del coefficiente di portanza (Figura 5.4), essendo nullo il valore medio per la simmetria del flusso, presenta per piccole separazioni valori molto bassi, e comunque maggiori per il cilindro sottovento. Un tale risultato, tenuto conto che le forze fluttuanti di portanza sono, nel caso di regime laminare quasi esclusivamente attribuibili all’azione dei vortici che si distaccano dai cilindri, porta alla conclusione che il distacco dei vortici è poco accentuato e che comunque avviene prevalentemente dal cilindro sottovento. Si deduce allora che il flusso che si distacca dal cilindro sopravento presenti un basso livello di vorticosità, e che vi sia un vero e proprio, anche se di debole intensità, distacco di vortici solo dal cilindro sottovento; ciò è coerente con quanto affermato circa il restringimento della scia. Queste considerazioni vengono avvalorate dall’analisi degli spettri di potenza del coefficiente di portanza. Con riferimento alla Figura 5.5, in cui vengono riportati gli spettri adimensionalizzati dei coefficienti di portanza, in funzione della frequenza ridotta, si nota che sebbene gli spettri relativi ai due cilindri abbiano la stessa forma per s/b = 2, quello relativo al cilindro sottovento ha valori di circa un ordine di grandezza maggiori di quello del cilindro sopravento. Si nota inoltre come la maggiore parte dell’energia sia concentrata a frequenze prossime a quella di distacco dei vortici.

~CD

0.0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14s / b

sopravento

sottovento

Figura 5.3 - Valori fluttuanti dei coefficienti di resistenza per cilindri allineati in flusso laminare

80 Capitolo V

Il numero di Strouhal (Figura 5.6), che si mantiene lo stesso per i due cilindri, è fortemente dipendente dalla separazione, e per piccole separazioni decrescente con questa. Anche questa osservazione può essere interpretata alla luce di un comportamento unitario dei due cilindri: all’aumentare della separazione aumenta, infatti, l’allungamento dell’insieme dei due cilindri, e ne diminuisce di conseguenza il numero di Strouhal.

La possibilità, che per piccole separazioni, il flusso che si distacca dal cilindro sopravento possa riattaccarsi al cilindro sottovento, era già stata messa in luce in [Zdravkovich e Pridden 1977] con riferimento a cilindri a sezione circolare, e in [Sakamoto e Haniu 1988] per quanto riguarda i prismi a sezione quadrata; inoltre in [Reinhold et al. 1977] vengono osservati coefficienti di resistenza negativi per il cilindro sottovento, ma non viene fornita alcuna interpretazione del comportamento osservato.

Per una separazione s/b = 3 si verifica, in flusso laminare, una brusca variazione del regime di moto: il flusso che si separa dal cilindro sopravento non è più in grado di riattaccarsi sul

s / b = 2 . 0

1E-4

1E-3

1E-2

1E-1

1E+0

1E+1

0.00 0.05 0.10 0.15 0.20 0.25 0.30

s / b = 4 . 023.8

1E-4

1E-3

1E-2

1E-1

1E+0

1E+1

0.00 0.05 0.10 0.15 0.20 0.25 0.30

( )f S f f bUCL

⋅ −⋅

CL

sottovento

sopravento

Figura 5.5 - Spettri dei coefficienti di portanza per cilindri allineati in flusso laminare

~CL

0.0

0.2

0.4

0.6

0.8

1.0

1.2

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14s / b

sopravento

sottovento

Figura 5.4 - Valori fluttuanti dei coefficienti di portanza per cilindri allineati in flusso laminare

Forze aerodinamiche su una coppia di cilindri a sezione quadrata 81

cilindro sottovento, che rimane completamente immerso nella scia del primo. L’interazione, per rapporti di separazione leggermente superiori a 3, è ancora bilaterale, nel senso che entrambi i cilindri risentono della presenza dell’altro. Il cilindro sopravento in quanto ha una scia turbata dalla presenza del cilindro sottovento, e questo per l’essere nella scia del primo. All’ulteriore aumento della separazione, si accompagna un comportamento sempre più autonomo del cilindro sopravento, mentre quello sottovento si comporta coerentemente col fatto che si trova nella scia del primo. Con riferimento alla Figura 5.2, si vede come per s/b > 3 il valore medio del coefficiente di resistenza del cilindro sopravento sia praticamente costante, e pari al valore misurato sul cilindro isolato ( CD = 2 25. ). Per il cilindro sottovento il coefficiente di resistenza si mantiene costante, assumendo, tuttavia, un valore molto più basso. Se nel calcolo del coefficiente di resistenza al posto della velocità del flusso indisturbato si utilizza la il valore della velocità media in scia, e se si tiene conto del maggiore livello di turbolenza che vi è in questa rispetto al flusso indisturbato, si ritrova il valore del coefficiente di resistenza misurato sul cilindro indisturbato. Tale verifica è stata eseguita facendo riferimento al modello di scia presentato in [Hangan e Vickery 1994].

Per separazioni maggiori di quella per cui si verifica la discontinuità nel regime di moto, il distacco dei vortici è pienamente sviluppato da entrambi i cilindri. La parte fluttuante del coefficiente di resistenza cresce notevolmente, in particolar modo per il cilindro sottovento, che comincia ad essere investito dalla turbolenza causata dal distacco di vortici dal cilindro sopravento; per rapporti di separazione poco superiori a 3, questo coefficiente è notevolmente maggiore sia del corrispondente valore misurato sul cilindro indisturbato, sia di quello che competerebbe al cilindro sottovento qualora immerso in una scia pienamente sviluppata, e a tale secondo valore tende al crescere della separazione. La parte fluttuante del coefficiente di portanza (Figura 5.4), anche, presenta un improvviso e forte aumento, che è appunto il risultato dello svilupparsi del distacco di vortici. All’ulteriore aumento della separazione il coefficiente relativo al cilindro sopravento decresce leggermente, stabilizzandosi al valore relativo al cilindro isolato, mentre quello relativo al cilindro sottovento decresce in misura maggiore, coerentemente con i più bassi valori della velocità del flusso che lo investe. In Figura 5.5 viene

0.00

0.02

0.04

0.06

0.08

0.10

0.12

0.14

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14s / b

St

Figura 5.6 - Numero di Strouhal per cilindri allineati in flusso laminare

82 Capitolo V

riportato lo spettro del coefficiente di portanza per un rapporto di separazione pari a 4; gli spettri relativi ai due cilindri sono in questo caso coincidenti nel campo di frequenze a maggiore contenuto energetico. Tale osservazione viene interpretata da Sakamoto e Haniu mediante l’ipotesi della esistenza di una violenta oscillazione trasversale del flusso, che coinvolga i due cilindri e che porta al distacco contemporaneo di vortici da questi, esplicando notevoli forze di portanza.

Il numero di Strouhal, che attinge un valore minimo in corrispondenza della discontinuità, cresce dopo questa tendendo al valore relativo al cilindro isolato.

La coincidenza delle frequenze di distacco dei vortici, anche a dispetto del fatto che coefficienti aerodinamici coerenti col flusso di scia farebbero pronosticare una frequenza di distacco inferiore per il cilindro sottovento, fa pensare ad un meccanismo di sincronizzazione dei distacchi dai due cilindri. La natura di tale sincronizzazione, che viene già ipotizzata in [Sakamoto e Haniu 1988], può essere investigata mediante l’uso delle funzione di cross-correlazione tra le forze di portanza che agiscono sui due cilindri. Tali funzioni, che ci si attende essere ad andamento sinusoidale smorzato con periodo pari al periodo di distacco dei vortici, forniscono informazioni circa il livello di sincronizzazione del distacco dei vortici (ordinate dei massimi della funzione), e circa la fase dei due distacchi (ascissa del maggiore dei massimi). Le osservazioni che si possono trarre sono che la coerenza tra i distacchi di vortici è elevata, per tutte le separazioni prese in considerazione (massimi delle funzioni di cross-correlazione prossimi all’unità), anche se leggermente decrescente con la separazione, e che la fase aumenta linearmente con la separazione. A ciò si aggiunge che il valore massimo delle funzioni di cross-correlazione è sempre negativo. Si può pertanto dedurre che, con eccezione delle separazioni per cui il flusso si riattacca sul cilindro sottovento, il distacco dei vortici dal cilindro sottovento sia suscitato dal sopraggiungere di un vortice proveniente dal cilindro sopravento, e che il distacco avvenga da banda opposta rispetto al vortice che investe il cilindro. In Figura 5.7 viene riportato un esempio di funzione di cross-correlazione, per un rapporto di separazione pari a 6; in ascissa viene riportato il tempo adimensionalizzato, e in

( )R t

C CC

L L

L12

1 2~ ~

s / b = 6 . 0

-1.0-0.8-0.6-0.4-0.20.00.20.40.60.81.0

-40 -30 -20 -10 0 10 20 30 40Ut/b

Figura 5.7 - Coefficiente di cross-correlazione delle forze di portanza per cilindri

allineati in flusso laminare

Forze aerodinamiche su una coppia di cilindri a sezione quadrata 83

ordinata i valori adimensionalizzati della funzione di cross-correlazione (coefficiente di correlazione). In Figura 5.8 viene riportato il ritardo tra i distacchi di vortici dai due cilindri, ricavato dalle funzioni di cross-correlazione quale ascissa del valore massimo assunto da questa, in funzione della separazione. I punti si presentano disposti su una retta, la cui pendenza rappresenta la velocità convettiva dei vortici; tale velocità risulta essere pari allo 0.80 della velocità di riferimento.

Gran parte delle considerazioni fatte sinora circa il comportamento in un flusso a regime laminare possono essere estese ad un flusso turbolento, a patto di interpretare e tenere in conto l’azione di disturbo della turbolenza sui fenomeni in considerazione; in particolar modo per quanto concerne la capacità di questa di far perdere coerenza spaziale e temporale alle strutture vorticose.1

La brusca discontinuità di comportamento del flusso che è stata riscontrata in regime laminare per un rapporto di separazione pari a 3, non viene ritrovata in regime turbolento; si riscontra invece una graduale transizione tra i due diversi comportamenti. Per piccoli valori del rapporto di separazione (Figura 5.9) il valore medio della forza di resistenza sul cilindro sopravento è leggermente inferiore a quello misurato per un cilindro isolato( CD = 179. ), e quello sul cilindro sottovento è negativo, così come si osserva nel caso di regime laminare. Al crescere del rapporto di separazione il coefficiente di resistenza del cilindro sopravento raggiunge il valore che si ottiene per il cilindro isolato, mentre quello del cilindro sottovento cresce, stabilizzandosi poi su un valore alquanto inferiore a quello del cilindro isolato. Queste osservazioni vengono interpretate ipotizzando, quantomeno nel campo di separazioni prese in 1 Al crescere del livello della turbolenza il fenomeno del distacco dei vortici, sebbene rimanga caratterizzato dalla frequenza di Strouhal, perde di regolarità, presentando quindi uno spettro a banda più ampia che nel caso di regime laminare; analogamente, i vortici, una volta distaccatisi dal corpo, perdono coerenza più rapidamente che non in regime laminare. Questa seconda affermazione viene provata dalle esperienze di visualizzazione di flusso che si effettuano in galleria del vento, che mostrano come la turbolenza del flusso incidente tenda a distruggere i vortici mentre questi vengono trasportati dalla corrente.

0

2

4

6

8

10

12

14

16

0 2 4 6 8 10 12 14s / b

Ut/b

Figura 5.8 - Ritardo del distacco di vortici tra cilindri allineati in regime laminare

84 Capitolo V

considerazione, l’assenza di flusso riattaccato sul cilindro sottovento e una variazione delle forze che agiscono sul cilindro sottovento legata alla sua posizione nella scia del cilindro sopravento.

Per piccole separazioni il distacco di vortici dai due cilindri avviene in maniera leggermente più debole che non nel caso del cilindro singolo, il che porta ad un valore della parte fluttuante del coefficiente di portanza (Figura 5.10) inferiore a quello del cilindro isolato( ~ .CL = 0 71 ) ed uguale per i due cilindri. Tale coefficiente attinge poi un valore massimo per un rapporto di separazione pari a 5.5, ed infine si stabilizza al valore relativo cilindro isolato, per il cilindro sopravento , ed ad un valore inferiore a questo, coerente col flusso di scia, per quello sottovento.

CD

-0.5

0.0

0.5

1.0

1.5

2.0

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14s / b

sopravento

sottovento

Figura 5.9 - Valori medi dei coefficienti di resistenza per cilindri allineati in flusso turbolento

~CL

0.00.10.20.30.40.50.60.70.80.91.0

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14s / b

sopravento

sottovento

Figura 5.10 - Valori fluttuanti dei coefficienti di portanza per cilindri allineati in

flusso turbolento

Forze aerodinamiche su una coppia di cilindri a sezione quadrata 85

Nel caso di un regime di moto turbolento, parte della forza di portanza è dovuta all’azione della turbolenza. In Figura 5.11 vengono riportati gli spettri di potenza del coefficiente di portanza, per rapporti di separazione di 2 e 4. Un confronto tra le Figure 5.11 e 5.4 mette in luce la differente composizione delle forze di portanza, nei due casi in cui queste siano dovute ad un flusso in regime laminare od in regime turbolento. Nel caso di una separazione pari a 2, al picco di Figura 5.4 si sostituisce un intervallo di frequenze a contenuto energetico più elevato, mentre nel caso di una separazione pari a 4, lo spettro relativo al regime turbolento presenta valori di picco inferiori e valori alle basse frequenze più elevati.

Il numero di Strouhal, che anche in questo caso è lo stesso per i due cilindri, presenta valori più bassi di quello del cilindro isolato (St = 0.116) quando la separazione è piccola, e cresce verso tale valore al crescere della separazione.

Il distacco dei vortici dal cilindro sottovento avviene in regime turbolento con le stesse modalità evidenziate nel caso di regime laminare, ossia quando il cilindro viene investito da un

s / b = 2 . 0

1E-4

1E-3

1E-2

1E-1

1E+0

1E+1

0.00 0.05 0.10 0.15 0.20 0.25 0.30

s / b = 4 . 0

1E-4

1E-3

1E-2

1E-1

1E+0

1E+1

0.00 0.05 0.10 0.15 0.20 0.25 0.30

( )f S f f bUCL

⋅ −⋅

CL

sottovento

sopravento

Figura 5.11 - Spettri dei coefficienti di portanza per cilindri allineati in flusso turbolento

( )R t

C CC

L L

L12

1 2~ ~

s / b = 6 . 0

-1.0-0.8-0.6-0.4-0.20.00.20.40.60.81.0

-40 -30 -20 -10 0 10 20 30 40Ut/b

Figura 5.12 - Coefficiente di cross-correlazione delle forze di portanza per cilindri

allineati in flusso turbolento

86 Capitolo V

vortice proveniente dal cilindro sopravento. L’effetto di disturbo della turbolenza, tuttavia, riduce la coerenza delle forze di portanza e aumenta l’attenuarsi di queste all’aumentare della separazione. In Figura 5.12 è riportato il coefficiente di correlazione delle forze di portanza, nel caso di un rapporto di separazione pari a 6; confrontando questa con quella di Figura 5.7, relativa alla stessa separazione ma in regime laminare, è possibile cogliere le differenze accennate. Anche in questo caso il ritardo tra il distacco dei vortici dai due cilindri cresce linearmente con la separazione, e fornisce un valore della velocità convettiva dei vortici pari allo 0.78 della velocità di riferimento.

3. Cilindri affiancati

La configurazione a cilindri affiancati, malgrado geometricamente simmetrica come quella

a cilindri allineati col flusso, presenta, per separazioni inferiori a 2.5 ed in regime laminare, condizioni di flusso, e quindi forze aerodinamiche, asimmetriche. Per piccole separazioni, infatti, la configurazione di flusso simmetrica risulta non stabile, e pertanto ha luogo una coppia di configurazioni asimmetriche (flusso distorto), ciascuna immagine speculare dell’altra, che si alternano in maniera casuale; un tale fenomeno viene indicato come flusso bistabile. Il verificarsi di una delle due configurazioni piuttosto che l’altra è puramente casuale e, attesa la simmetria geometrica, in un periodo di osservazione sufficientemente lungo, il tempo di permanenza del flusso in ciascuna delle due configurazioni dovrebbe essere all’incirca uguale. Tuttavia una benché minima imperfezione nella disposizione dei cilindri, che porta una asimmetria della configurazione geometrica, rende una delle due configurazioni di flusso più probabile dell’altra. Ne risulta che i coefficienti aerodinamici determinati

CD

0.0

0.5

1.0

1.5

2.0

2.5

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14s / b

1 2

Figura 5.13 - Valori medi dei coefficienti di resistenza per cilindri affiancati in flusso laminare

Forze aerodinamiche su una coppia di cilindri a sezione quadrata 87

sperimentalmente si presentano differenti per i due cilindri; un tale comportamento è già stato osservato, per cilindri circolari, in [Zdravkovich e Pridden 1977]. In Figura 5.13 vengono riportati i valori medi del coefficiente di resistenza; si vede come per bassi valori della separazioni questi siano differenti per i due cilindri, e tendano al valore misurato sul singolo cilindro al crescere della separazione.

Per rapporti di separazione superiori a 2.5 il flusso diventa simmetrico per la coppia di cilindri, pur rimanendo asimmetrico per il singolo cilindro. Tra i due cilindri si crea infatti un flusso accelerato che tende a far divergere le due scie. Da ciò risultano forze medie di portanza non nulle, e tali da creare una repulsione tra i due cilindri (Figura 5.14), nonché forze fluttuanti di resistenza con notevoli componenti alla frequenza di distacco dei vortici; questi, infatti, non

CL

-0.4

-0.3

-0.2

-0.1

0.0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14s / b

1 2

Figura 5.14 - Valori medi dei coefficienti di portanza per cilindri affiancati in flusso laminare

~CD

0.0

0.1

0.1

0.2

0.2

0.3

0.3

0.4

0.4

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14s / b

1 2

Figura 5.15 - Valori fluttuanti dei coefficienti di resistenza per cilindri affiancati in flusso laminare

88 Capitolo V

si distaccano nella direzione del flusso medio bensì della direzione dell’asse della scia.2 In Figura 5.15 vengono riportati i valori della parte fluttuante dei coefficienti di resistenza; è possibile vedere un improvviso aumento della parte fluttuante della resistenza, per un rapporto di separazione pari a 2.5, dovuto all’improvviso svilupparsi di un intenso distacco di vortici in una direzione non coincidente con quella del flusso medio. In Figura 5.16 sono riportati gli spettri di potenza del coefficiente di resistenza per rapporti di separazione di 2 e 2.5. Dal primo si evince la asimmetria del flusso medio, essendo gli spettri dei due cilindri non coincidenti; è inoltre possibile notare un notevole picco alla frequenza di distacco dei vortici, che indica come questo avvenga in direzione diversa da quella di trascinamento. Per una separazione pari a 2.5, gli spettri mostrano invece un flusso mediamente simmetrico, ma conservano il picco alla frequenza di distacco dei vortici, indicando che anche in questo caso il distacco avviene con una notevole componente trasversale; il picco tende a sparire all’aumentare della separazione.

Il numero di Strouhal (Figura 5.17) è, anche in questo caso lo stesso per i due cilindri. Per basse separazioni il distacco di vortici è molto debole ed avviene ad una frequenza alquanto superiore a quella che compete al cilindro isolato, mentre per separazioni superiori a 2.5 la frequenza di distacco si mantiene costante e uguale a quella del cilindro isolato.

La cross-correlazione tra le forze di portanza, bassa per le separazioni che presentano un flusso distorto cresce improvvisamente, appena il flusso diventa simmetrico, per poi attenuarsi rapidamente all’aumentare della separazione. Il valore massimo della cross-correlazione è sempre negativo, ed ha luogo per un ritardo nullo; ciò indica come il distacco dei vortici dai due cilindri sia in opposizione di fase (i vortici si distaccano contemporaneamente all’interno o all’esterno dei due cilindri), e che anche quando al crescere della separazione il livello di correlazione decresce, la parte correlata resti in opposizione di fase. Il meccanismo di sincronizzazione è in questo caso differente da quello visto nel caso di cilindri allineati col flusso; nel caso di cilindri allineati si è infatti parlato di sincronizzazione di tipo convettivo, 2 Anche da questo diagramma è possibile percepire, anche se in maniera meno evidente, la presenza di imperfezioni nell’allestimento sperimentale; le due curve dovrebbero, infatti, tendere a zero al crescere della separazione, ed essere simmetriche rispetto all’asse delle ascisse. Affinché ciò avvenga le due curve dovrebbero essere traslate di circa 0.04 verso il basso.

s / b = 2 . 0

1E-4

1E-3

1E-2

1E-1

1E+0

1E+1

0.00 0.05 0.10 0.15 0.20 0.25 0.30

s / b = 2 . 50

1E-4

1E-3

1E-2

1E-1

1E+0

1E+1

0.00 0.05 0.10 0.15 0.20 0.25 0.30

( )f S f f bUCL

⋅ −⋅

CL

Figura 5.16 - Spettri dei coefficienti di resistenza per cilindri affiancati in flusso laminare

Forze aerodinamiche su una coppia di cilindri a sezione quadrata 89

ossia regolata dal moto convettivo delle strutture vorticose; nel caso di cilindri affiancati la sincronizzazione è invece di tipo acustico, ossia legata alla propagazione delle onde di pressione dovute alle oscillazioni del flusso.

Il comportamento osservato in flusso laminare, per separazioni superiori a 2.5, viene ritrovato anche in flusso turbolento, per tutte le separazioni prese in considerazione; non è stata invece riscontrata la presenza del flusso asimmetrico individuato alle basse separazioni in regime laminare. In Figura 5.18 vengono riportati i valori medi del coefficiente di portanza; il diagramma mostra un andamento analogo a quello individuato in flusso laminare, dovuto all’esistenza di forze di portanza simmetriche, che si riducono all’aumentare della separazione. Il distacco dei vortici avviene con le stesse modalità messe in luce per il caso di regime laminare, tuttavia i bassi valori della parte fluttuante del coefficiente di portanza, e ancor più l’assenza di forti picchi sugli spettri delle forze di portanza, evidenzia come questo sia, per bassi valori della separazione, di bassa intensità. Il numero di Strouhal è, per bassi valori della separazione, leggermente superiore a quello del cilindro isolato.

4. Configurazioni a piccoli angoli di attacco Come configurazioni a piccoli angoli di attacco si intendono quelle configurazioni in cui,

come nel caso dei cilindri allineati col flusso, l’interazione è principalmente al fatto che uno dei due cilindri si trovi nella scia dell’altro. All’aumentare dell’angolo d’attacco e della separazione il cilindro sottovento esce dalla scia del cilindro sopravento, e le modalità di interazione cambiano.

L’andamento delle forze aerodinamiche riscontrato per piccoli angoli di attacco, in flusso laminare e per piccole separazioni, è analogo a quello individuato per cilindri allineati col

0.000.020.040.060.080.100.120.140.160.180.20

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14s / b

St

Figura 5.17 - Numero di Strouhal per cilindri affiancati in flusso laminare

90 Capitolo V

flusso, il che suggerisce che anche in questo caso il flusso che si separa dal cilindro sopravento possa riattaccarsi al cilindro sottovento. I risultati che si ottengono nel caso di piccoli angoli d’attacco possono allora essere interpretati alla luce di quanto esposto nel paragrafo 5.2. Resta tuttavia da sottolineare che l’asimmetria della configurazione fa sì che i fenomeni osservati siano meno evidenti di quelli esposti per cilindri allineati e che spesso si confondano tra loro, facendo sì che non sia possibile, o quantomeno arduo, dare una interpretazione dei risultati in termini di comportamento del flusso, e ci si debba accontentare dei risultati relativi alle forze aerodinamiche.

L’asimmetria delle configurazioni fa sì che alle forze osservate per i cilindri allineati col flusso, si aggiunga una forza media di portanza, spesso di notevole entità. In Figura 5.19

CL

-0.4

-0.3

-0.2

-0.1

0.0

0.1

0.2

0.3

0.4

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14s / b

1 2

Figura 5.18 - Valori medi dei coefficienti di portanza per cilindri affiancati in flusso turbolento

CL

-0.6

-0.4

-0.2

0.0

0.2

0.4

0.6

0.8

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14s / b

sopravento

sottovento

Figura 5.19 - Valori medi dei coefficienti di portanza per un angolo di attacco di 7.5° in flusso laminare

Forze aerodinamiche su una coppia di cilindri a sezione quadrata 91

vengono riportati i valori medi del coefficiente di portanza nel caso di un angolo di attacco di 7.5°, in flusso laminare. Dalla figura è possibile osservare come la separazione a cui il flusso non è più in grado di riattaccarsi al cilindro sottovento, che è pari a 3 nel caso di cilindri allineati, sia in questo caso pari a 3.5. E’ inoltre possibile osservare come per bassi valori della separazione siano presenti forti valori medi della portanza, di segno opposto per i due cilindri, e tali da generare attrazione tra questi.

Le modalità di distacco dei vortici, al variare della separazione, mostrano caratteristiche analoghe nel campo di angoli di attacco definiti quali piccoli; tali caratteristiche possono essere riscontrate dall’analisi degli spettri delle forze di portanza, riportati in Figura 5.20 per un angolo di attacco di 7.5°. Per piccole separazioni gli spettri relativi ai due cilindri si presentano di forma simile, ma con valori spettrali notevolmente diversi, coerentemente con quanto osservato per cilindri allineati col flusso. Un solo, alto picco è presente, che individua la frequenza di distacco dei vortici. Al crescere della separazione un secondo picco appare ad una frequenza superiore a quella di distacco dei vortici, che all’ulteriore aumento della separazione cresce in altezza e si sposta verso frequenze minori, fino ad inglobare il picco originario che si è intanto spostato verso frequenze più alte. Risultati di questo comportamento sono una variazione del numero di Strouhal (Figura 5.21) e un aumento del forze fluttuanti di portanza. Nel campo di separazioni per cui il flusso non si riattacca sul cilindro sottovento, così come avviene per i cilindri allineati col flusso, gli spettri delle forze di portanza presentano valori

s / b = 2 . 0

1E-4

1E-3

1E-2

1E-1

1E+0

1E+1

0.00 0.05 0.10 0.15 0.20 0.25 0.30

s / b = 2 . 25

1E-4

1E-3

1E-2

1E-1

1E+0

1E+1

0.00 0.05 0.10 0.15 0.20 0.25 0.30

s / b = 2 . 5

1E-4

1E-3

1E-2

1E-1

1E+0

1E+1

0.00 0.05 0.10 0.15 0.20 0.25 0.30

s / b = 4 . 530.721.8

1E-4

1E-3

1E-2

1E-1

1E+0

1E+1

0.00 0.05 0.10 0.15 0.20 0.25 0.30

( )f S f f bUCL

⋅ −⋅

CL

sottovento

sopravento

Figura 5.20 - Spettri dei coefficienti di portanza per angolo di attacco di 7.5° in flusso laminare

92 Capitolo V

simili per i due cilindri, anche se al crescere della separazione quelli relativi al cilindro sottovento risultano leggermente inferiori.

In regime turbolento può essere intravisto un comportamento del flusso simile a quello messo in luce per il regime laminare, tuttavia la turbolenza del flusso incidente crea un’azione di disturbo nei confronti delle strutture vorticose, facendo sì che queste perdano di coerenza molto più rapidamente che non in flusso laminare; ne segue che molti fenomeni si presentano in maniera confusa, è che non sia quindi possibile trarre delle conclusioni di tipo qualitativo.

5. Configurazioni a grandi angoli di attacco Al crescere dell’angolo di attacco e della separazione, il cilindro sottovento esce dalla scia

di quello sopravento, e variano di conseguenza le modalità di interazione. Le scie dei due cilindri continuano ad essere distorte, perdendosi però la natura convettiva dell’interazione; le forze aerodinamiche e le modalità di distacco dei vortici sono quelle che a ciascun cilindro competono nelle condizioni di flusso distorto in cui si trova. Si ritrovano pertanto notevoli forze medie di portanza ed il distacco dei vortici dai due cilindri avviene in alcuni casi con frequenze diverse. Il comportamento del flusso è, per grandi angoli d’attacco, non facilmente desumibile da semplici misurazioni di pressione, e comunque fortemente variabile al variare della separazione e dell’angolo d’attacco.

Anche in questo caso, come per piccoli angoli di attacco, l’analisi degli spettri delle forze di portanza fornisce interessanti informazioni sul comportamento del flusso, che consentono di interpretare i risultati ottenuti in termini di forze aerodinamiche. Dalla Figura 5.22, in cui vengono riportati alcuni spettri dei coefficienti di portanza per un angolo di attacco di 45° in

0.00

0.02

0.04

0.06

0.08

0.10

0.12

0.14

0.16

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14s / b

St

Figura 5.21 - Numero di Strouhal per un angolo di attacco di 7.5° in flusso laminare

Forze aerodinamiche su una coppia di cilindri a sezione quadrata 93

flusso laminare, è possibile vedere come per piccoli valori della separazione gli spettri della portanza presentino bassi valori, ed indichino come il distacco dei vortici avvenga in maniera debole, prevalentemente dal cilindro sopravento, e con una frequenza alquanto elevata ed uguale per i due cilindri.

Al crescere della separazione il distacco dei vortici aumenta di intensità e la frequenza di distacco si riduce; contemporaneamente un secondo picco spettrale appare, ad una frequenza inferiore a quella di distacco, per il solo cilindro sottovento. All’ulteriore aumento della separazione il picco, comune ai due cilindri, che individua la frequenza di distacco si sposta verso frequenze sempre più basse, mentre quello relativo al solo cilindro sottovento cresce in altezza e si sposta verso frequenze più alte, sino a inglobare il picco principale. Si evince l’esistenza, per un certo intervallo di separazioni di due frequenze di distacco per il cilindro sottovento. La spiegazione di quanto osservato può essere trovata nel fatto che il cilindro sottovento è investito dal flusso deviato ed accelerato dalla presenza del cilindro sopravento, le cui caratteristiche dipendono dall’angolo d’attacco. In Figura 4.23 vengono riportati i numeri di Strouhal dei due cilindri, per un angolo di attacco di 45°; le due serie di punti rappresentano rispettivamente il picco comune ai due cilindri e quello, detto secondario, relativo al cilindro sottovento.

In relazione a quanto appena osservato circa il comportamento del flusso, è possibile interpretare l’andamento delle forze aerodinamiche. La resistenza media del cilindro sopravento, con eccezione dei casi in cui la separazione sia tanto piccola da fare sì che la scia

s / b = 2 . 0

1E-4

1E-3

1E-2

1E-1

1E+0

1E+1

0.00 0.05 0.10 0.15 0.20 0.25 0.30

s / b = 3 . 0

1E-4

1E-3

1E-2

1E-1

1E+0

1E+1

0.00 0.05 0.10 0.15 0.20 0.25 0.30 s / b = 6 . 0

1E-4

1E-3

1E-2

1E-1

1E+0

1E+1

0.00 0.05 0.10 0.15 0.20 0.25 0.30

s / b = 13 . 0

1E-4

1E-3

1E-2

1E-1

1E+0

1E+1

0.00 0.05 0.10 0.15 0.20 0.25 0.30

( )f S f f bUCL

⋅ −⋅

CL

sottovento

sopravento

Figura 5.22 - Spettri dei coefficienti di portanza per angolo di attacco di 45° in flusso laminare

94 Capitolo V

del cilindro sopravento sia deformata dalla presenza del cilindro sottovento, è pari al valore che si riscontra sul cilindro isolato; la resistenza del cilindro sottovento è invece inferiore a quella del cilindro isolato, e cresce al crescere della separazione verso questo valore, indicando l’uscita del cilindro sottovento dalla scia di quello sopravento; a titolo esemplificativo, in Figura 5.24 viene riportato l’andamento delle forze medie di resistenza per un angolo di attacco di 60° in flusso laminare. Le forze medie di portanza presentano valori notevolmente variabili sia con l’angolo d’attacco che con la separazione, in relazione alle citate variazioni della direzione media del flusso che investe ciascuno dei due cilindri. I valori fluttuanti delle forze, che in flusso laminare sono legati al distacco dei vortici, sono bassi per piccole separazioni e crescono all’aumentare della separazione.

CD

0.0

0.5

1.0

1.5

2.0

2.5

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14s / b

sopravento

sottovento

Figura 5.24 - Valori medi dei coefficienti di resistenza per un angolo di attacco di 60° in flusso laminare

0.00

0.04

0.08

0.12

0.16

0.20

0.24

0.28

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14s / b

St

sopravento e sottovento

sottovento secondario

Figura 4.23 -- Numero di Strouhal per un angolo di attacco di 45° in flusso laminare

95

Capitolo VI

Coefficienti aerodinamici delle sezioni delle torri dei ponti di grande luce

1. Premessa Nel precedente capitolo sono stati presentati risultati relativi all’interferenza tra due cilindri

a sezione quadrata, posti in un flusso bidimensionale, in termini di caratteristiche del flusso e di forze aerodinamiche agenti su ciascuno dei due cilindri. Ai fini del dimensionamento delle torri dei ponti di grande luce secondo il metodo che verrà illustrato nel Capitolo VII, oltre alle informazioni di carattere qualitativo che da tali risultati è possibile desumere, è necessaria la conoscenza dei coefficienti aerodinamici relativi alla coppia di cilindri e delle funzioni di densità spettrale di potenza di questi. La conoscenza di tali coefficienti, insieme a quella degli spetti di potenza di questi, consente l’applicazione, con opportune modifiche, del metodo di calcolo della risposta delle strutture allungate esposto nel Capitolo III. Di seguito verranno riportati e commentati i risultati salienti, rimandando a [Ricciardelli 1994] per la serie completa di risultati.

Le forze globali istantanee agenti sulla coppia di cilindri vengono calcolate quale somma delle forze agenti sui singoli cilindri; i valori medi di tali forze possono essere semplicemente ricavati quali somma dei valori medi delle corrispondenti forze agenti sui due cilindri. Per quanto concerne, invece, la parte fluttuante, è necessario tenere in conto le fasi delle singole armoniche che compongono la forza totale. In particolare, quando l’azione ha una frequenza dominante, come accade nel caso in cui questa sia provocata dal distacco di vortici, la fase della armonica dominante può essere presa quale fase dell’intera azione. Per la descrizione delle forze globali ci si riferisce al sistema di assi x-y-z solidale con la coppia di cilindri piuttosto che legata alla direzione del vento, così come introdotto nel Capitolo III; invece che di forze di resistenza e di portanza si parla allora di forze longitudinali e trasversali, le prime dirette come la congiungente i baricentri delle sezioni delle colonne, la seconde ortogonali a questa.

96 Capitolo VI

2. Vento ortogonale all’asse del ponte La condizione in cui il vento sia ortogonale all’asse del ponte risulta non solo la più

frequente, in quanto spesso le condizioni orografiche sono tali da creare percorsi preferenziali per il vento, ma anche la più gravosa sia per quanto riguarda l’impalcato che per quanto riguarda la torre. Il meccanismo di sincronizzazione del distacco dei vortici, messo in luce nel precedente capitolo e relativo a cilindri allineati col flusso, porta a notevoli valori delle forze fluttuanti di portanza agenti sui due cilindri. Lo sfasamento di queste dipende esclusivamente dalla distanza tra le colonne che compongono la torre, e non dalla velocità del vento. In particolare il distacco dei vortici avviene in fase quando la distanza tra le due colonne è tale che il tempo che un vortice distaccatosi dalla prima colonna impiega a raggiungere la seconda colonna è pari alla metà del periodo di distacco. Il vortice che investe il secondo cilindro, infatti, suscita il distacco di un vortice anche dal lato opposto di questo, contemporaneamente al distacco di un vortice dal lato opposto del primo cilindro. Tale evenienza, a cui corrisponde un massimo della forza di portanza, si verifica se:

sb St

UU

v=1 (6.1)

ove con Uv si è indicata la velocità convettiva dei vortici. Analogamente, quando la distanza tra le colonne è tale che il vortice distaccatosi dal

cilindro sopravento impieghi a raggiungere la colonna sottovento un tempo pari al periodo di distacco, questo avviene dai due cilindri in opposizione di fase. Tale condizione che comporta il valore massimo della parte fluttuante dell’azione torcente sulla torre si verifica se:

~

~

C

C

F

M

y

0.0

0.5

1.0

1.5

2.0

2.5

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14s / b

forza trasversalemomento torcente

Figura 6.1 - Valori fluttuanti dei coefficienti della forza trasversale e del momento torcente per la coppia di cilindri allineati in flusso laminare

Forze aerodinamiche su una coppia di cilindri a sezione quadrata 97

sb St

UU

v=2 (6.2)

Il coefficiente del momento torcente agente sulla coppia di cilindri viene introdotto in maniera analoga a quello relativo al singolo cilindro, definito attraverso la terza (2.4). Va tuttavia notato che nel caso della (2.4) l’adimensionalizzazione viene effettuata dividendo il momento agente per unità di lunghezza, tra l’altro, per il quadrato della dimensione caratteristica del cilindro; ciò in quanto questa dimensione è caratteristica sia dell’area (per unità di lunghezza) su cui agiscono le pressioni sia del braccio della risultante. Nel caso della coppia dei cilindri, fermo restando che b ben rappresenta l’area su cui agisce la pressione cinetica, va tenuto conto del fatto che il braccio della risultante è caratterizzato dalla distanza s tra i due cilindri. Per tale motivo la definizione usata per il coefficiente del momento torcente, nel caso di sezioni formate da due elementi a distanza s, è la seguente:

C M

U bsM = 1

22ρ

(6.3)

Nelle Figure 6.1 e 6.2 vengono riportati, in funzione della separazione, i valori delle parti fluttuanti dei coefficienti della forza trasversale e del momento torcente rispettivamente in flusso laminare e turbolento. Con esclusione dei casi in cui la separazione è minore di 3, in cui la debole intensità del distacco dei vortici fa sì che sia la forza di portanza che la coppia torcente siano di modesta entità, i due diagrammi presentano un andamento ondulato, che si smorza all’aumentare della separazione. A valori massimi dell’uno corrispondono valori minimi dall’altro e viceversa, indicando in maniera evidente le condizioni in cui i vortici si distaccano in fase e quelle in cui si distaccano in opposizione di fase. Ciò è a conferma di

~

~

C

C

F

M

y

0.0

0.2

0.4

0.6

0.8

1.0

1.2

1.4

1.6

1.8

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14s / b

forza trasversalemomento torcente

Figura 6.2 - Valori fluttuanti dei coefficienti della forza trasversale e del momento torcente per la coppia di cilindri allineati in flusso turbolento

98 Capitolo VI

quanto precedentemente asserito, e testimonia il carattere convettivo dell’interazione tra i due cilindri. L’andamento smorzato dei diagrammi è legato alla perdita di coerenza che ha luogo via via che i cilindri si allontanano, mentre la esistenza di valori minimi dei coefficienti diversi da zero, sta a testimoniare l’esistenza di una porzione scorrelata delle forze aerodinamiche.

La presenza della turbolenza ha l’effetto di ridurre la coerenza delle strutture vorticose e quindi attenua il meccanismo di sincronizzazione all’aumentare della distanza tra i cilindri. La maggiore ampiezza della banda delle frequenze di distacco dei vortici fa sì che sia maggiore la porzione non correlata delle forze di portanza, con conseguente riduzione dell’ampiezza della fluttuazione della forza di portanza e della coppia torcente al variare della separazione.

E’ opportuno ribadire come il verificarsi di una condizione di massima portanza o di massima coppia torcente, non solo non sia legato al numero di Reynolds, ma non dipenda neanche dalla velocità del flusso, e sia invece solo legato alle caratteristiche geometriche della torre attraverso il rapporto di separazione. In particolare è possibile osservare come il massimo valore della portanza si abbia, nel caso di colonne a sezione quadrata, per un rapporto di separazione pari a 4.25, mentre il massimo valore della coppia torcente si abbia per un rapporto di separazione pari a 7.

Da una analisi delle caratteristiche geometriche delle torri di alcuni ponti di grande luce risulta come nella maggioranza dei casi il rapporto tra l’interasse delle colonne e il lato di queste sia compreso tra 4 e 5 per i ponti sospesi e tra 5 e 6 per quelli strallati. Ciò fa capire come nel primo caso sia determinante la risposta alle forze fluttuanti di portanza, mentre nel secondo caso vada presa in considerazione l’azione simultanea di forze di portanza e coppie torcenti; queste, esclusi casi limite di colonne particolarmente snelle e distanti, risultano sempre di entità inferiore a quella massima che si avrebbe se il distacco dei vortici avvenisse in opposizione di fase.

Alla condizione di distacco in fase, che si verifica per una distanza relativa delle colonne pari a 4.25, già di per se critica dal punto di vista della sollecitazione trasversale, si aggiunge che per valori della separazione intorno a 4, il distacco dei vortici assume caratteristiche più violente di quando i cilindri sono posti a distanza maggiore. Tale fenomeno, che nel precedente capitolo è stato spiegato attraverso una oscillazione del flusso che coinvolge entrambi i cilindri, fa sì che il valore totale della forza fluttuante di portanza sia notevolmente elevato

s / b = 4 . 25

1E-4

1E-3

1E-2

1E-1

1E+0

1E+1

0.00 0.05 0.10 0.15 0.20 0.25 0.30

s / b = 7 . 0

1E-4

1E-3

1E-2

1E-1

1E+0

1E+1

0.00 0.05 0.10 0.15 0.20 0.25 0.30

( )f S f f bUCFy

⋅ −⋅

CFy

Figura 6.3 - Spettri dei coefficienti della forza trasversale per la coppia di cilindri allineati in flusso laminare

Forze aerodinamiche su una coppia di cilindri a sezione quadrata 99

(valori del coefficiente fluttuante di portanza fino a 2.1), determinando quella che è la condizione di carico critica per quanto concerne la flessione trasversale della torre.

Nelle Figure 6.3 e 6.4 sono riportate le funzioni di densità spettrale di potenza dei coefficienti della forza trasversale e del momento torcente in regime laminare, per separazioni rispettivamente di 4.25 e 7. Dagli spettri risulta evidente il meccanismo di sincronizzazione del distacco dei vortici; i due valori della separazione presi in considerazione rappresentano, infatti, rispettivamente la condizione di distacco in fase ed in opposizione di fase.

In Figura 6.5 sono invece riportate le funzioni di densità spettrale di potenza dei coefficienti del momento torcente in flusso turbolento, sempre per separazioni pari a 4.25 e 7. Anche in questo caso si nota, per una separazione pari a 7 un picco alla frequenza di distacco dei vortici, che è invece assente per una separazione di 4.25; l’effetto di disturbo della turbolenza fa tuttavia sì che i valori spettrali del picco siano inferiori e la banda più ampia.

La forza media totale di resistenza (Figura 6.6), somma di quelle che agiscono su ciascuna delle due colonne, si presenta, in flusso laminare, costante nell’ambito dei due regimi di flusso individuati nel precedente capitolo (flusso riattaccato e scia sviluppata), ma con valori

s / b = 4 . 25

1E-4

1E-3

1E-2

1E-1

1E+0

1E+1

0.00 0.05 0.10 0.15 0.20 0.25 0.30

s / b = 7 . 0

1E-4

1E-3

1E-2

1E-1

1E+0

1E+1

0.00 0.05 0.10 0.15 0.20 0.25 0.30

( )f S f f bUCM

⋅ −⋅

CM

Figura 6.4 - Spettri dei coefficienti del momento torcente per la coppia di cilindri allineati in flusso laminare

s / b = 4 . 0

1E-4

1E-3

1E-2

1E-1

1E+0

1E+1

0.00 0.05 0.10 0.15 0.20 0.25 0.30

s / b = 7 . 0

1E-4

1E-3

1E-2

1E-1

1E+0

1E+1

0.00 0.05 0.10 0.15 0.20 0.25 0.30

( )f S f f bUCM

⋅ −⋅

CM .

Figura 6.5 - Spettri dei coefficienti del momento torcente per la coppia di cilindri allineati in flusso turbolento

100 Capitolo VI

fortemente differenti nel passare da un regime all’altro; nei due casi vengono rispettivamente individuati i due valori per il coefficiente di resistenza di 1.2 e 2.9. In flusso turbolento i coefficienti medi di resistenza sono crescenti con la distanza relativa tra le colonne, stabilizzandosi intorno al valore di 2.8, per una separazione pari a 5.

La parte fluttuante del coefficiente di resistenza (Figura 6.7), che ha in flusso laminare valori molto modesti per piccole separazioni, attinge un valore massimo appena il flusso non è più in grado di riattaccarsi al cilindro sottovento. All’ulteriore crescere della separazione il coefficiente decresce verso un valore costante pari a 0.38. In flusso turbolento questo coefficiente assume un valore massimo, pari a 0.65 per una separazione pari a 3, e decresce poi verso il valore di 0.47.

CFx

0.0

0.5

1.0

1.5

2.0

2.5

3.0

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14s / b

flusso laminareflusso turbolento

Figura 6.6 - Valori medi dei coefficienti della forza longitudinale per la coppia di cilindri allineati in flusso laminare e turbolento

~CFx

0.0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14s / b

flusso laminareflusso turbolento

Figura 6.7 - Valori fluttuanti dei coefficienti della forza longitudinale per la coppia di cilindri allineati in flusso laminare e turbolento

Forze aerodinamiche su una coppia di cilindri a sezione quadrata 101

3. Vento parallelo all’asse del ponte Dal punto di vista dei carichi statici la condizione di vento parallelo all’asse del ponte è

senza dubbio la più onerosa; al massimo valore del coefficiente medio di resistenza (Figure 6.8 e 6.12) si associa infatti il minor valore della rigidezza flessionale della struttura. Al valore medio della risposta trasversale si aggiunge inoltre l’aliquota dinamica flettente dovuta alla turbolenza e l’effetto torcente dovuto alla non perfetta coerenza della turbolenza stessa nel piano della sezione trasversale. Il coefficiente fluttuante della forza trasversale (Figura 6.9) risulta, per la ridotta coerenza, alquanto inferiore alla somma dei coefficienti relativi alle due colonne, e pertanto l’aliquota della risposta dovuta alla parte fluttuante della forza trasversale risulta anch’essa ridotta. La mancanza di coerenza fa tuttavia sì che vi sia anche un momento torcente fluttuante che genera una risposta che va a comporsi con quella dovuta alla forza trasversale.

Per completezza, anche se non presenta utilità applicativa, va detto che il flusso distorto, caratteristico delle basse separazioni, introduce valori medi non nulli della forza longitudinale (che in questo caso è a 90° col flusso) e del momento torcente, ma riducendo la resistenza dei due cilindri crea una riduzione della forza trasversale globale. Inoltre la rapida riduzione della coerenza delle forze di portanza all’aumentare della separazione fa sì che siano possibili notevoli valori della parte fluttuante del coefficiente della forza longitudinale.

4. Gli angoli d’attacco intermedi

CFy

0.00.51.01.52.02.53.03.54.04.55.0

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14s / b

flusso laminareflusso turbolento

Figura 6.8 - Valori medi del coefficiente della forza trasversale per la coppia di cilindri affiancati in flusso laminare e turbolento

102 Capitolo VI

Per angoli d’attacco intermedi le condizioni più onerose ai fini della risposta della struttura

possono essere individuate mediante l’ausilio di diagrammi del tipo di quelli riportati nelle Figure da 6.10 a 6.15, in cui vengono illustrati rispettivamente gli andamenti, in funzione dell’angolo d’attacco dei valori medi e fluttuanti dei coefficienti della forza longitudinale, della forza trasversale e del momento torcente in flusso turbolento. Le separazioni prese in esame sono quelle comprese tra 4 e 6, ossia quelle in cui di solito ricade la distanza tra le colonne delle torri dei ponti di grande luce.

Per quanto concerne le forze nella direzione longitudinale è possibile vedere che i valori

~CFy

~CM

0.0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14s / b

forza trasversalemomento torcente

Figura 6.9 - Valori fluttuanti dei coefficienti della forza trasversale e del momento torcente per la coppia di cilindri affiancati in flusso turbolento

CFx

-0.5

0.0

0.5

1.0

1.5

2.0

2.5

3.0

3.5

0 15 30 45 60 75 90α

s / b = 4s / b = 4.5s / b = 5s / b = 6

Figura 6.10 - Valori medi dei coefficienti della forza longitudinale per la coppia di cilindri in flusso turbolento

~CFx

0.0

0.2

0.4

0.6

0.8

1.0

1.2

1.4

0 15 30 45 60 75 90α

s / b = 4s / b = 4.5s / b = 5s / b = 6

Figura 6.11 - Valori fluttuanti dei coefficienti della forza longitudinale per la coppia di cilindri in flusso turbolento

Forze aerodinamiche su una coppia di cilindri a sezione quadrata 103

medi più elevati si verificano per un angolo di attacco di 30°, e sono compresi tra 3.0 e 3.3, a cui corrisponde tuttavia un valore basso delle aliquote fluttuanti. Queste assumono i massimi valori, compresi tra 1.0 e 1.3, per un angolo d’attacco di 90°, e sono in tale caso dovute alla bassa correlazione tra il distacco dei vortici dai due cilindri.

Le forze nella direzione trasversale presentano i valori medi più elevati quando la direzione trasversale coincide con quella del flusso medio, ossia per un angolo d’attacco pari a 90°; in questa condizione si ha un valore pari a 4.0 del coefficiente aerodinamico della forza trasversale. Al contrario, le aliquote fluttuanti della forza nella direzione trasversale assumono il minimo valore, pari a 0.6, proprio per un angolo d’attacco di 90°, in quanto in questo caso vi è solo il contributo della turbolenza, mancando quello del distacco dei vortici. I massimi valori della aliquota fluttuante della forza trasversale, compresi tra 1 e 1.7, si hanno infatti quando i cilindri sono allineati col flusso, ed il valore del corrispondente coefficiente aerodinamico è in questo caso fortemente dipendente dalla separazione in virtù del meccanismo di sincronizzazione del distacco dei vortici di cui si è detto in precedenza.

CFy

-0.50.00.51.01.52.02.53.03.54.04.5

0 15 30 45 60 75 90α

s / b = 4s / b = 4.5s / b = 5s / b = 6

Figura 6.12 - Valori medi dei coefficienti della forza trasversale per la coppia di cilindri in flusso turbolento

104 Capitolo VI

I massimi valori della coppia torcente media si hanno per angoli d’attacco di 15° e 45° e sono comunque modesti e dovuti al flusso distorto che si instaura in questi casi. Il massimo valore della parte fluttuante del momento torcente si verifica quando i cilindri sono allineati col flusso medio ed è dovuto in parte all’effetto della turbolenza ed in parte a quello del distacco dei vortici. L’aliquota del momento torcente dovuta al distacco dei vortici, collegata al meccanismo di sincronizzazione, è comunque preponderante rispetto a quella dovuta all’effetto della turbolenza. Ai fini della verifica della struttura risulta più onerosa la condizione in cui sia massima la coppia torcente media ovvero quella in cui sia massimo il valore fluttuante di questa a seconda della distanza tra le due colonne.

~CFy

0.0

0.2

0.4

0.6

0.8

1.0

1.2

1.4

1.6

1.8

0 15 30 45 60 75 90α

s / b = 4s / b = 4.5s / b = 5s / b = 6

Figura 6.13 - Valori fluttuanti dei coefficienti della forza trasversale per la coppia di cilindri in flusso turbolento

CM

-0.4

-0.3

-0.2

-0.1

0.0

0.1

0.2

0 15 30 45 60 75 90α

s / b = 4s / b = 4.5s / b = 5s / b = 6

Figura 6.14 - Valori medi dei coefficienti del momento torcente per la coppia di cilindri in flusso turbolento

~CM

0.0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0 15 30 45 60 75 90α

s / b = 4s / b = 4.5s / b = 5s / b = 6

Figura 6.15 - Valori fluttuanti dei coefficienti del momento torcente per la coppia di cilindri in flusso turbolento

Forze aerodinamiche su una coppia di cilindri a sezione quadrata 105

Analisi della risposta delle torri dei ponti di grande luce all’azione del vento

107

Capitolo VII

Analisi della risposta delle torri dei ponti di grande luce all’azione del vento

1. Premessa Nei Capitoli I, II e III è stata illustrata, per passi successivi, una metodologia volta alla

valutazione della risposta delle strutture snelle all’azione del vento. Tra le ipotesi fatte vi è quella che la sezione trasversale sia compatta. Tale ipotesi è necessaria affinché sia possibile scindere le forze dovute al distacco dei vortici da quelle dovute alla turbolenza e affinché queste ultime possano essere calcolate direttamente a partire dalle caratteristiche del flusso indisturbato. Ciò inoltre viene fatto considerando una perfetta correlazione delle forze aerodinamiche nell’ambito della sezione trasversale.

Nei Capitoli IV, V e VI sono state presentate le modalità esecutive e riassunti i risultati di una indagine sperimentale intesa ad analizzare il modo di interferire di due cilindri a sezione quadrata e di lunghezza infinita, posti in flussi laminare e turbolento. Sono state inoltre presentate, in termini di coefficienti aerodinamici e funzioni di densità spettrale di potenza di questi, le forze aerodinamiche che agiscono su ciascuno dei due cilindri e sulla coppia, al variare della distanza tra i due cilindri e dell’angolo d’attacco.

In particolare i risultati del Capitolo VI possono essere utilizzati per comprendere il comportamento del flusso d’aria attorno a quelle torri di ponti di grande luce che siano costituite da due colonne verticali a sezione pressappoco quadrata. Si sono così individuate per ciascuna direzione di incidenza del vento e per ciascuna separazione tra le colonne le caratteristiche del flusso e delle forze aerodinamiche medie e fluttuanti; è quindi stato possibile individuare le direzioni di incidenza e le separazioni più pericolose ai fini della risposta strutturale.

Per la valutazione delle condizioni di stabilità del moto e per il calcolo della risposta media possono, nell’ipotesi di validità della teoria quasistatica linearizzata, possono essere utilizzati i risultati del Capitolo III. Viceversa per il calcolo della parte fluttuante della risposta non risulta

Capitolo VII

108

più possibile separare a priori gli effetti dovuti al distacco dei vortici da quelli dovuti alla turbolenza, e non risulta inoltre possibile far discendere direttamente le forze dovute alla turbolenza dalle caratteristiche del flusso indisturbato.

La disponibilità degli spettri della forzante, misurata direttamente sui cilindri mediante prove in galleria del vento, consente tuttavia la stima della parte fluttuante della risposta. Il calcolo di questa viene ancora effettuato utilizzando le (3.25), (3.26) e (3.27), ove però lo spettro della forzante non è più quello definito mediante la (3.28) e successive.

La matrice di densità spettrale di potenza della forzante da utilizzarsi in questo caso è quella che si ricava, mediante un’espressione analoga alla (3.31), dagli spettri dei coefficienti aerodinamici misurati sperimentalmente:

[ ]SFF ij ijf U z b z U z b z C z z f dz dz( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( , , )= ∫∫14

2 21 1

21 100 1 2 1 2ρ

ll (7.1)

ove si è posto:

C z z f z

S S s z S

S S s z S

s z S s z S s z s z S

zij i

C C C C C C

C C C C C C

C C C C C C

j

Fx Fx Fx Fy Fx M

Fy Fx Fy Fy Fy M

M Fx M Fy M M

( , , ) = µ µ1 2 1

2

2

1 1 1 2

2T ( )

( )

( )

( ) ( ) ( ) ( )

( )

⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥

(7.2)

Nella (7.2) si è per brevità omessa la dipendenza degli spettri mutui dei coefficienti aerodinamici dalle quote e dalla frequenza.

Anche in questo caso gli spettri mutui dei coefficienti aerodinamici possono essere espressi, come fatto nel Capitolo III, come prodotto degli spettri locali e di una funzione di coerenza.

2. Applicazione: calcolo della risposta delle torri del Kwang Ahn Bridge

Si riportano di seguito i risultati dell’applicazione delle procedure esposte all’analisi delle

torri del Kwang Ahn Bridge, un ponte sospeso in via di costruzione in Corea. Il ponte presenta un impalcato reticolare a doppia via, con una campata di largo di 650 m.

Le torri sono costituite da due colonne verticali la cui sezione trasversale è riportata in Figura 7.2.

Sul ponte sono state effettuate prove in galleria del vento presso il Boundary Layer Wind Tunnel Laboratory della University of Western Ontario. Le prove sono state eseguite in tre tornate. Una prima serie di prove (gennaio 1994) è stata effettuata sul modello sezionale

Analisi della risposta delle torri dei ponti di grande luce all’azione del vento

109

dell’impalcato, volta alla determinazione dei coefficienti aerodinamici e delle velocità critiche di sincronizzazione e di galloping. Una seconda serie di prove (maggio 1994) è stata eseguita sul modello aeroelastico della torre, in assenza dei cavi di sospensione, al fine di individuare la risposta in condizioni di stabilità del moto e le velocità critiche. Infine una terza serie di prove è stata eseguita (ottobre 1994) sul modello aeroelastico completo del ponte, sia per saggiare il comportamento globale della struttura in condizioni di moto stabile, sia per individuare le condizioni critiche1.

Le torri del ponte (Figura 7.1), come si accennava, sono costituite da due colonne verticali, di altezza pari a 107.50 m a partire dal piano di fondazione (7 m s.l.m.), poste ad un interasse di 24 m e con sezione trasversale a forma di rettangolo smussato.

Il lato corto del rettangolo è disposto nella direzione trasversale all’asse del ponte e ha lunghezza costante con la quota e pari a 4 m; il lato lungo del rettangolo, disposto nella direzione dell’asse del ponte ha una lunghezza variabile linearmente con la quota, da un massimo di 6.50 m alla base ad un minimo di 5 m in sommità. Le due colonne sono collegate mediante elementi orizzontali a tre livelli: un primo elemento, a forma di arco, presenta l’estradosso ad una quota di 28.80 m rispetto alla base della torre; un secondo elemento a sezione rettangolare è disposto con l’asse ad una quota di 39.30 m, sempre rispetto alla base della torre; infine un terzo elemento, a forma di doppio arco, collega le due colonne in testa, con asse ad una quota rispetto alla base della torre di 99 m.

Il confronto tra i risultati sperimentali e quelli analitici va inteso a titolo di esempio. La non coincidenza della sezione trasversale delle colonne del modello (rettangoli smussati) con quella alla quale si riferiscono i coefficienti aerodinamici ed i numeri di Strouhal utilizzati nei calcoli (quadrata), fa sì che non si possa sperare in uno spinto accordo tra i risultati ottenuti per via sperimentale e per via analitica. La assenza di risultati sperimentali ottenuti su un modello di torre avente colonne con sezione trasversale più prossima a quella per la quale è disponibile la caratterizzazione aerodinamica (o viceversa l’assenza di dati aerodinamici sulla sezione della torre presa in considerazione) fa sì che ci si debba accontentare di un tale tipo di confronto. E’ comunque nelle intenzioni di chi scrive di effettuare ulteriori prove in galleria del vento al fine di poter disporre dei dati necessari per un più esatto raffronto.

Le prove in galleria del vento sono state effettuate su un modello aeroelastico costituito da un’anima, realizzata in profili di acciaio e volta a riprodurre le caratteristiche meccaniche della struttura, ed un involucro, realizzato in schiuma di polistirene e volto a riprodurre la geometria 1 L’accesso ai risultati delle prove sperimentali è stato consentito dal dr. J. Peter C. King del Boundary Layer Wind Tunnel Laboratory, al quale devo per questo il mio ringraziamento.

Figura 7.1 - Torre del Kwang Ahn Bridge

Capitolo VII

110

della struttura. Per il progetto del modello è stata effettuata una analisi agli elementi finiti del prototipo, per individuarne le frequenze di oscillazione ed i modi propri. Le prime quattro frequenze di oscillazione risultano nell’ordine la prima trasversale, la prima longitudinale, la prima torsionale e la seconda trasversale, ed i valori sono rispettivamente pari a:

f f f fy x y1 1 1 20 393 0 977 136 219= = = =. . . . Hz Hz Hz Hzϑ

I modi propri trasversali e torsionale possono essere ben approssimati mediante le seguenti funzioni polinomiali:

( ) ( )

( ) ( ) ( )

( ) ( )

µ

µ

µϑ

y

y

z z

z z z

z z z

1

2

1

51

16

= ⋅ ⋅

= ⋅ ⋅ ⋅ ⋅

= ⋅ ⋅ ⋅

-0.5 + 1.

-13.6 + 30.4 10 -

-0.525 + 1.31 + 0.21

3 2

4 -5 3 2

3 2

l l

l l l

l l l

Il modello è stato ridotto in scala secondo Froude, con una scala delle lunghezze pari a 1 200 , da cui consegue una scala dei tempi pari a 1 200 2.

2 Si ricorda che in un modello ridotto in scala secondo Froude la scala delle accelerazioni deve essere unitaria e pertanto la scala dei tempi pari alla radice quadrata della scala delle lunghezze. Nel caso comune in cui gli esperimenti vengono effettuati usando aria a pressione atmosferica, anche la scala delle densità risulta fissata, ed in particolare risulta unitaria se gli esperimenti vengono eseguiti alla stessa quota a cui si trova il prototipo. Resta così un solo parametro libero per la definizione del modello, che viene fissato in base ai vincoli sulle dimensioni geometriche della sezione di prova.

Figura 7.2 - Sezione della torre del Kwang Ahn Bridge

Analisi della risposta delle torri dei ponti di grande luce all’azione del vento

111

A valle della taratura sul modello sono stati invece misurati i seguenti valori delle prime tre frequenze proprie:

f f fy x1 1 10 373 0 994 120= = =. . . Hz Hz Hzϑ

Sul modello viene inoltre letto un rapporto di smorzamento nel primo modo in assenza di vento pari a:

ξsy1 0 003= .

Il modello è stato strumentato mediante strain gauges poste ad una quota di 2 m rispetto al piano di fondazione, in grado di misurare i valori del momento longitudinale e trasversale in ciascuna colonna, e mediante accelerometri posti ad una quota di 97 m rispetto al piano di fondazione, in grado di misurare le due componenti di accelerazione longitudinale e trasversale della sommità della torre.

Il profilo delle velocità medie viene espresso mediante la legge di potenza (1.9) con un esponente α = 0.122:

U z U z( ).

= ⋅ ⎛⎝⎜

⎞⎠⎟10

0 122

10

e viene individuata una altezza geostrofica pari a 200 m, e quindi una velocità di riferimento pari a:

U Uref = 144 10.

L’intensità della componente longitudinale della turbolenza risulta pari a 0.10 ad una quota di 10 m, e decrescente all’aumentare della quota, con un valore di 0.05 ad una quota corrispondente alla sommità della torre.

La elevata rigidezza che la struttura presenta nel piano x-z fa sì che, in una prima analisi, sia sufficiente analizzare la risposta nella direzione trasversale alla torre e quella torsionale.

2.1 Risposta per vento parallelo all’asse del ponte

Nel caso in cui la direzione media del vento sia parallela all’asse del ponte la risposta nella

direzione trasversale alla torre risulta disaccoppiata dalla risposta torsionale, e questa seconda di entità notevolmente inferiore. Ci si limita pertanto di seguito a considerare solo la risposta flessionale nel piano trasversale alla torre.

Si prende a caratterizzare le dimensioni della sezione trasversale delle colonne la lunghezza del lato corto del rettangolo, ossia l’ingombro visto dal vento che investe la sezione. Dalla Figura 6.8 è possibile leggere il valore del coefficiente di resistenza:

Capitolo VII

112

b s b CD= ⇒ = ⇒ =4 6 41 m .

Il numero di Strouhal risulta pari a 0.116, ossia coincidente con quello relativo al cilindro isolato.

Il coefficiente di resistenza positivo garantisce che il moto sia incondizionatamente stabile dal punto di vista del galloping.

Facendo riferimento ai due valori della velocità media del vento rispettivamente pari a 10 m/s e 30 m/s, i valori medi della risposta modale vengono calcolati mediante la (3.24), e risultano rispettivamente pari a:

η η

η η

y y

y y

U

U

1 2 10

1 2 10

10= . = − .

= . = − .

0 078 m 0 00010 m m s

0 70 m 0 0094 m 30 m s

-1

-1

=

=

I valori medi e fluttuanti del momento flettente alla base vengono calcolati utilizzando il procedimento basato sull’uso delle linee d’influenza. La risposta fluttuante viene attribuita al solo effetto della turbolenza, trascurando il contributo dovuto al distacco dei vortici, e pertanto viene calcolata a partire dallo spettro di questa, facendo riferimento all’espressione (1.4).

Si ottengono in definitiva i seguenti valori per la media e lo scarto quadratico medio del momento flettente alla base:

M M U

M M U

= . = .

= = .

9 69 10 N m 0 154 10 N m m s

87.2 10 N m 4 86 10 N m 30 m s

6 6 -1

6 6 -1

⋅ ⋅ ⋅ ⋅ =

⋅ ⋅ ⋅ ⋅ =

~

~

10

10

10

ed i seguenti valori di picco:

g M U

g M U

M

M

= 3.17 10 17 10 N m m s

= 3.47 104 1 10 N m 30 m s

6 -1

6 -1

⇒ ⋅ ⋅ =

⇒ ⋅ ⋅ =

$

$

= .

= .

10

10

10

In Figura 7.3 vengono riportati i diagrammi rappresentanti i momenti flettenti trasversali alla base delle due colonne risultanti dalle prove in galleria del vento, in funzione della velocità media di riferimento. Se ne desumono i seguenti valori medi e di picco:

M M U

M M U

= =

= =

10 10 N m 11 10 N m m s

89 10 N m 100 10 N m 30 m s

6 6 -1

6 6 -1

⋅ ⋅ ⋅ ⋅ =

⋅ ⋅ ⋅ ⋅ =

$

$

10

10

10

Analisi della risposta delle torri dei ponti di grande luce all’azione del vento

113

Il confronto tra i risultati sperimentali e quelli ricavati analiticamente mostra un accordo più che soddisfacente in considerazione delle ipotesi semplificative che è stato necessario introdurre nella modellazione analitica e della non coincidenza della sezione trasversale della torre con quella a cui si riferisce il coefficiente di resistenza utilizzato nei calcoli.

2.2 Risposta per vento ortogonale all’asse del ponte Nel caso in cui la direzione media del vento sia ortogonale all’asse del ponte la risposta

nella direzione trasversale alla torre risulta accoppiata a quella torsionale. Nella scelta della dimensione caratteristica della sezione trasversale bisogna in questo caso

tenere presente due differenti aspetti. Da un lato la frequenza di distacco dei vortici, così come il rapporto di separazione s/b sono dettati dalla larghezza della sezione trasversale. Dall’altro, per il calcolo della risposta nella direzione trasversale bisogna tenere presente che questa è causata dalle pressioni agenti sulle facce laterali delle colonne, e pertanto la dimensione determinante è in questo caso la lunghezza della sezione. Dalle Figure 6.10, 6.12 e 6.14 è possibile leggere i valori del coefficiente di resistenza e delle derivate dei coefficienti di portanza e di momento:

b s b C C CD L M= ÷ ⇒ ≈ ⇒ = = = −5 650 4 2 6 019 2 41. . . . m ' '

Il numero di Strouhal risulta pari a 0.1.

Figura 7.3 - Momento trasversale alla base delle due colonne per vento longitudinale

all’asse del ponte

Capitolo VII

114

La sincronizzazione del distacco dei vortici in testa alla struttura con una delle due frequenze proprie flessionali e con quella torsionale avviene rispettivamente per i seguenti valori della velocità media del vento:

U U Ucsy cs csy1 1 2139 5 813= = =. . . m / s 44 m / s m / sϑ

In Figura 7.4 vengono riportati gli andamenti dei valori di picco delle accelerazioni in sommità in funzione della velocità media di riferimento. Il primo dei due diagrammi mostra il valore dell’accelerazione mediato tra le due colonne, mentre il secondo mostra lo scarto tra i valori relativi alle due colonne. In questo modo è possibile cogliere dal primo diagramma le accelerazioni nella direzione trasversale alla torre e dal secondo diagramma le accelerazioni torsionali.

Dal primo dei due diagrammi è possibile vedere un picco della risposta per U10=10.4 m/s (Uref=15 m/s), che si attribuisce alla sincronizzazione del distacco dei vortici con la prima frequenza propria della struttura. La discrepanza che si presenta tra il valore stimato e quello ricavato dalle prove in galleria del vento viene attribuita al fatto che il numero di Strouhal usato nei calcoli è quello relativo a colonne quadrate a spigoli vivi e non quello relativo alla sezione effettiva. La coincidenza delle velocità critiche di sincronizzazione misurata e calcolata si avrebbe se nei calcoli si usasse un valore del numero di Strouhal pari a 0.133. La prova da cui i diagrammi sono stati dedotti è stata interrotta ad una velocità media di riferimento di 70 m/s (U10=47 m/s), e pertanto non è possibile verificare l’effetto della sincronizzazione del distacco dei vortici con la seconda frequenza propria trasversale della struttura.

Figura 7.4 - Accelerazione trasversale in sommità della torre

Analisi della risposta delle torri dei ponti di grande luce all’azione del vento

115

Dal secondo dei due diagrammi è possibile vedere due picchi. Il secondo dei due, di piccola entità, si presenta in corrispondenza di una velocità media di riferimento di 63 m/s (U10=43.7 m/s), e viene attribuito alla sincronizzazione del distacco dei vortici con la prima frequenza propria torsionale della struttura. In questo caso l’accordo tra la velocità calcolata e quella misurata è più che buono. Il basso valore del picco è dovuto al fatto che (cfr. paragrafo 6.2) per un rapporto di separazione pari a 4 il distacco dei vortici avviene in fase tra le due colonne, e pertanto l’effetto torcente è di modesta entità. Il primo dei due picchi, di entità notevolmente maggiore, si presenta in corrispondenza di un valore della velocità di riferimento pari a 36 m/s (U10=25 m/s) e viene invece attribuito ad una condizione di galloping. La velocità critica di galloping è fortemente legata al valore dello smorzamento strutturale e pertanto il confronto tra il valore calcolato e quello misurato può essere effettuato solo qualora si conosca con sufficiente precisione il valore dello smorzamento strutturale relativo al modo considerato. In questo caso si può quindi solo affermare che la coincidenza del valore calcolato con quello misurato si avrebbe nel caso in cui lo smorzamento strutturale nel primo modo torsionale fosse pari a 0.0021.

Lo scarto quadratico medio della accelerazione in sommità viene calcolato, per una velocità media pari a 30 m/s, utilizzando le (2.40) e (2.37). In Figura 7.5 viene mostrato lo spettro della forzante ricavato dalle prove sul modello sezionale. Questo viene scisso in due aliquote, una dovuta alla turbolenza e l’altra all’effetto del distacco dei vortici. Alla prima aliquota viene data una espressione lineare, con coefficiente angolare ed intercetta rispettivamente pari a 0.00008 e 0.0025, mentre alla seconda viene data l’espressione (2.26), con B = 0.08 e ~CL

s = 2 . Si ottengono in definitiva i seguenti risultati:

&&~ &&$&&y g yy= . = . 0 498 m s = 4.12 2 05 m s-2 -2⇒

0.0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.00 0.05 0.10 0.15 0.20St

S fC CL L( )

Figura 7.5 - Spettro del coefficiente della forza trasversale per vento ortogonale

all’asse del ponte

Capitolo VII

116

Dal primo diagramma di Figura 7.4 viene letto un valore dell’accelerazione di picco in sommità pari a:

&&$y = 1.2 m s-2

In questo caso il confronto tra i risultati sperimentali e quelli ricavati analiticamente mostra un notevole scarto, la cui natura può dipendere da una delle tante approssimazioni che è stato necessario fare al fine di instaurare un confronto tra i risultati ottenuti con i due approcci. Una più rigorosa indagine volta alla validazione della metodologia che si è utilizzata potrebbe essere effettuata solo disponendo dei risultati di prove su modello aeroelastico e su modello sezionale relativo alla stessa torre.

117

Bibliografia

Nello studio degli argomenti trattati è risultata estremamente utile la consultazione dei seguenti libri:

• Clough R.W., Penzien J. - Dynamics of structures - 2nd edition, McGraw-Hill 1993

un testo universitario di Dinamica delle Strutture estremamente completo. Oltre alla consueta trattazione dei sistemi ad uno e più gradi di libertà vengono anche forniti elementi di base sui sistemi continui e di dinamica aleatoria. Comprende inoltre elementi di Ingegneria Sismica

• Simiu E., Scanlan R.H. - Wind effects on structures - 2nd edition, John Wiley & Sons 1986

un testo indispensabile per chi si occupa di Ingegneria del Vento. Copre un ampio spettro di problemi relativi all’azione del vento sulle strutture civili. La vasta bibliografia che conclude ogni capitolo lo rende un utile punto di partenza per chi si avvia per la prima volta allo studio di un problema. Un capitolo di Dinamica Strutturale ed una appendice sui processi stocastici lo rendono inoltre autonomo da altri testi

118 Bibliografia

Nei seguenti lavori sono invece contenuti gli elementi di base da cui il presente studio si è mosso:

• Davenport A.G. 1961b - The application of statistical concepts to the wind loading of structures - Proceedings of the Institution of Civil Engineers, paper n° 6480 vol. 19

può essere considerato un classico lavoro di Ingegneria del Vento. Introduce l’approccio probabilistico al calcolo della risposta all’azione eolica ed il concetto di fattore di raffica. Affronta il problema del calcolo della risposta nella direzione media del vento di una struttura puntiforme immersa in un flusso turbolento. Vengono inoltre fornite classiche espressioni per lo spettro della componente longitudinale della turbolenza e per il fattore di raffica

• Davenport A.G. 1987 - The response of slender structures to wind - Memoria presentata quale parte di un breve corso dal titolo “The application of Wind Engineering principles to the design of structures”, Lausanne, Switzerland

tra i vari argomenti trattati vi è quello della risposta delle strutture allungate di sezione circolare all’azione del vento. Viene introdotto un procedimento che consente, tramite l’uso del concetto di linea d’influenza, di pervenire direttamente ai valori medio e fluttuante del generico parametro della risposta strutturale

• Ricciardelli F. 1994 - Aerodynamics of a pair of square cylinders - M.E.Sc. Thesis, Faculty of Engineering Science, The University of Western Ontario, London, Ontario

contiene i risultati di una indagine sperimentale volta a determinare le caratteristiche delle forze aerodinamiche agenti su una coppia di cilindri a sezione quadrata posti in flussi laminare e turbolento. Vengono prese in considerazione quelle configurazioni nelle quali le sezioni trasversali dei due cilindri presentano facce parallele tra loro ed alla congiungente i centri

• Solari G. 1994 - Gust-excited vibrations - Memoria presentata quale parte di un breve corso dal titolo “Wind-excited vibrations of structures”, H. Sockel editor, Springer Verlag, Wien

viene fornita una trattazione matematica del problema della risposta delle strutture di forma allungata all’azione della turbolenza. Viene prima effettuata una analisi delle forze aerodinamiche agenti sulla struttura e poi viene affrontata la risoluzione delle equazioni linearizzate del moto nel caso in cui queste risultino disaccoppiabili

• Vickery B.J. 1971 - On the reliability of gust loading factors - Transactions of the Australian Society of Civil Engineers, vol. 13

tratta il problema del fattori di raffica per strutture non puntiformi. Viene fornita una espressione semplificata del fattore di raffica che tenga conto del modo di vibrare della struttura e della non piena coerenza spaziale della turbolenza

• Vickery B.J., Clark A.W. 1972 - Lift or acrosswind response of tapered stacks - Journal of the Structural Division, Proceedings of the American Society of Civil Engineers, vol. 98

119

viene fonito un modello per il calcolo della risposta nella direzione ortogonale a quella del vento di ciminiere a sezione variabile con la quota. Particolare importanza viene data all’azione dovuta al distacco dei vortici, e viene analizzata in termini qualitativi e quantitativi la coerenza di questa con la quota

Altre utili informazioni sono state tratte dai seguenti lavori:

• Basu R.I., Vickery B.J. 1983 - Across-wind vibration of structures of circular cross-section, part 2, development of a mathematical model for full scale application - Journal of Wind Engineering and Industrial Aerodynamics, vol. 12

• Blessmann J., Riera J.D. 1979 - Interaction effects in neighbouring tall buildings - 5th International conference on Wind Engineering, Fort Collins, Colorado

• Davenport A.G. 1961a - A statistical approach to the treatment of wind loading on tall masts and suspension bridges - Ph.D. Thesis, Department of Civil Engineering, University of Bristol, Bristol, U.K.

• Davenport A.G. 1961c - The spectrum of the horizontal gustiness near the ground in high winds - Journal of the Royal Meteorological Society n° 87

• Davenport A.G. 1964 - Note on the distribution of the largest value of a random function with application to gust loading - Proceedings of the Institution of Civil Engineers, paper n° 6739 vol. 28

• Davenport A.G. 1967 - Gust loading factors - Journal of the Structural Division, Proceedings of the American Society of Civil Engineers, vol. 93

• Den Hartog J.P. 1956 - Mechanical vibrations - 4th edition, McGraw-Hill

• Eiffel G. 1885 - Projet d’une tour en fer de 300 metres de hauteur - Memoires de la Societè des Ingenieurs Civils, vol. 1

• Hangan H., Vickery B.J. 1994 - About a 2D wake model for bluff bodies, smooth and turbulent flow results - Interim Report BLWT-SS11 The Boundary Layer Wind Tunnel Laboratory, The University of Western Ontario, London, Ontario

• Hangan H., Vickery B.J. 1995 - A semi-empirical wake model for two-dimensional (sharp edged) bluff bodies, smooth and turbulent flow results - 9th International Conference on Wind Engineering, New Delhi

• Hartlen R.T., Currie I.G. 1970 - Lift-oscillator model of vortex-induced vibration - Journal of the Engineering Mechanics Division, Proceedings of the American Society of Civil Engineers, vol. 96

• Kaimal J.C. et al. 1972 - Spectral characteristics of surface-layer turbulence - Journal of the Royal Meteorological Society n. 98

120 Bibliografia

• Kristiansen L., Jensen N.O. 1979 - Lateral coherence in isotropic turbulence and in the natural wind - Boundary Layer Metereology, n. 17

• Lumley J.L. e Panofsky H.A. 1964 - The structure of atmospheric turbulence - John Wiley & Sons, 1964

• Novak M. 1972 - Galloping oscillations of prismatic structures - Journal of the Engineering Mechanics Division, Proceedings of the American Society of Civil Engineers, vol. 98

• Parkinson G.V, Brooks N.P.H. 1961 - On the aeroelastic instability of bluff cylinders - Journal of the Engineering Mechanics Division, Proceedings of the American Society of Civil Engineers, vol. 84

• Provis W.A. 1841 - Observations on the effects of wind on the suspension bridge over the Menai Straits, more especially with reference to the injuries which its roadway sustained during the storm of January 1939 - Minutes of the Proceedings of the Institution of Civil Engineers, vol. 1

• Reinhold T.A., Tieleman H.W., Maher F. 1977 - Interaction of square prisms in two flow fields - Journal of Industrial Aerodynamics, vol. 2 n. 3

• Ricciardelli F., Vickery B.J. 1994 - Wind loads on a pair of long prisms of square cross-section - IN-VENTO-94, 3° Convegno Nazionale di Ingegneria del Vento, Roma

• Ricciardelli F., Vickery B.J. 1995 - Vortex shedding triggering and wake interference between two square cylinders in a two-dimensional flow field - XII Congresso Nazionale dell’Associazione Italiana di Meccanica Teorica ed Applicata, Napoli

• Sakamoto H., Haniu H. 1988 - Aerodynamic forces acting on two square prisms placed vertically in a turbulent boundary layer - Journal of Wind Engineering and Industrial Aerodynamics, vol. 31

• Scanlan R.H., Tomko J.J. 1971- Airfoil and bridge deck flutter derivatives - Journal of the Engineering Mechanics Division, Proceedings of the American Society of Civil Engineers, vol. 97

• Shiotani M. 1967-1971 - Structure of gusts in high winds - The Physical Sciences Laboratory, Nikon University, Furabashi, Chiba, Japan

• Skop R.A., Griffin O.M. 1975 - On a theory for the vortex-excited oscillation of flexible cylindrical structures - Journal of Sound and Vibration, vol, 41

• Theodorsen T. 1935 - General theory of aerodynamic instability and the mechanism of flutter - NACA report n° 496

• Vickery B.J., Basu R.I. 1983 - Across-wind vibration of structures of circular cross-section, part 1, development of a mathematical model for two-dimensional conditions - Journal of Wind Engineering and Industrial Aerodynamics, vol. 12

121

• Zdravkovich M.M., Pridden D.L. 1977 - Interference between two circular cylinders; series of unexpected discontinuities - Journal of Industrial Aerodynamics, vol. 2