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Ribellarsi è giusto

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Il monito di un novantacinquenne alle nuove generazioni

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Pamphlet, documenti, storie

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Michele Ainis, Tina Anselmi, Claudio Antonelli, Avventura Urbana Torino, Andrea Bajani, Bandanas, Gianni Barbacetto, Stefano Bartezzaghi, Oliviero Beha, Marco Belpoliti, Daniele Biacchessi, David Bidussa, Paolo Biondani, Nicola Biondo, Tito Boeri, Caterina Bonvicini, Beatrice Borromeo, Alessandra Bortolami, Giovanna Boursier, Dario Bressanini, Carla Buzza, Andrea Camilleri, Olindo Canali, Davide Carlucci, Luigi Carrozzo, Andrea Casalegno, Antonio Castaldo, Carla Castellacci, Massimo Cirri, Fernando Coratelli, Carlo Cornaglia, Roberto Corradi, Pino Corrias, Andrea Cortellessa, Riccardo Cremona, Gabriele D’Autilia, Vincenzo de Cecco, Luigi de Magistris, Andrea Di Caro, Franz Di Cioccio, Gianni Dragoni, Giovanni Fasanella, Davide Ferrario, Massimo Fini, Fondazione Fabrizio De André, Fondazione Giorgio Gaber, Goffredo Fofi, Giorgio Fornoni, Nadia Francalacci, Massimo Fubini, Milena Gabanelli, Vania Lucia Gaito, Giacomo Galeazzi, Bruno Gambarotta, Andrea Garibaldi, Pietro Garibaldi, Claudio Gatti, Mario Gerevini, Gianluigi Gherzi, Salvatore Giannella, Francesco Giavazzi, Stefano Giovanardi, Franco Giustolisi, Didi Gnocchi, Peter Gomez, Beppe Grillo, Luigi Grimaldi, Dalbert Hallenstein, Guido Harari, Riccardo Iacona, Ferdinando Imposimato, Karenfilm, Giorgio Lauro, Alessandro Leogrande, Marco Lillo, Felice Lima, Stefania Limiti, Giuseppe Lo Bianco, Saverio Lodato, Carmelo Lopapa, Vittorio Malagutti, Antonella Mascali, Antonio Massari, Giorgio Meletti, Luca Mercalli, Lucia Millazzotto, Alain Minc, Angelo Miotto, Letizia Moizzi, Giorgio Morbello, Loretta Napoleoni, Natangelo, Alberto Nerazzini, Gianluigi Nuzzi, Raffaele Oriani, Sandro Orlando, Massimo Ottolenghi, Antonio Padellaro, Pietro Palladino, Gianfranco Pannone, David Pearson (graphic design), Maria Perosino, Simone Perotti, Roberto Petrini, Renato Pezzini, Telmo Pievani, Ferruccio Pinotti, Paola Porciello, Mario Portanova, Marco Preve, Rosario Priore, Emanuela Provera, Sandro Provvisionato, Sigfrido Ranucci, Luca Rastello, Marco Revelli, Piero Ricca, Gianluigi Ricuperati, Sandra Rizza, Marco Rovelli, Claudio Sabelli Fioretti, Andrea Salerno, Giuseppe Salvaggiulo, Laura Salvai, Ferruccio Sansa, Evelina Santangelo, Michele Santoro, Roberto Saviano, Luciano Scalettari, Matteo Scanni, Roberto Scarpinato, Filippo Solibello, Riccardo Staglianò, Luca Steffenoni, theHand, Bruno Tinti, Gianandrea Tintori, Marco Travaglio, Elena Valdini, Vauro, Concetto Vecchio, Giovanni Viafora, Anna Vinci, Carlo Zanda, Carlotta Zavattiero.

chiarelettereAutori e amici di

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“ Di tanta inerzia e inettitudine siamo noi i colpevoli, per non aver saputo scindere fino in fondo il bene dal male, per non aver saputo epurare… per non aver saputo preparare la generazione dei vostri padri. Di tanta colpa vorrei chiedere perdono.”

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pretesto2pretesto2  fa pagina 6

“ Sono un resistente, tessera 343 del Comitato di liberazione nazionale piemontese. Sono un ‘ragazzo del 1915’, figlio del secolo della pianificazione della morte e della desertificazione di tutti i valori.”

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“ Ricordate che il popolo ebraico, pur disperso per il mondo, è sopravvissuto a quattromila anni di schiavitù e di persecuzioni solo perché della sua Storia ha fatto una religione e della sua Legge un simbolo sacro.”

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 fa pagina 11

“ Provate a pensare il futuro a vostra immagine, non secondo quella dei vostri padri che sono incapaci di andare oltre questo fango.”

 fa pagina 12

“ È il vostro momento. Il momento dei valori più alti da contrapporre agli interessi meschini e di parte. Non tutti sono rassegnati. Molti vi seguiranno.”

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fa pagina 81

“ Per essere ‘partigiani’, per combattere l’indifferenza, voi giovani non avete bisogno di un simbolo, di una bandiera, di un’ideologia, avete la Costituzione.”

fa pagina 89

“ È solo l’azione che nasce spontanea dall’indignazione che muove la storia. È, per noi italiani, un riallacciare quel filo dei valori che dal Risorgimento porta a Gobetti, alla Resistenza, fino a coloro che sanno ancora indignarsi per il degrado in cui è caduto il nostro Paese.”

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fa pagina 91

“ Vi parlo con la sincerità che mi conoscete. Eravamo in pochi allora e forse ancor meno siamo di quanto credessimo. In pochi siamo rimasti. Non siamo un partito ma solo uomini di buona volontà.”

Ferruccio Parri, leader del Partito d’azione.

fa pagina 87

“ Se vincono i comunisti ci rimettono in prigione, se vincono i cattolici ci mettono all’indice, se vincono i liberali ci trattano da pazzi.”

Leo Valiani a Benedetto Croce a proposito del Partito d’azione, 5 ottobre 1945.

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© Chiarelettere editore srlSoci: Gruppo Editoriale Mauri Spagnol S.p.A.Lorenzo Fazio (direttore editoriale)Sandro ParenzoGuido Roberto Vitale (con Paolonia Immobiliare S.p.A.)Sede: Via Melzi d’Eril, 44 - Milano

isbn 978-88-6190-193-3

Prima edizione: maggio 2011

www.chiarelettere.itblog / interviste / libri in uscita

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Massimo Ottolenghi

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Massimo Ottolenghi è nato nel 1915 a Torino. Amico e compagno di scuola di Oreste Pajetta, Emanuele Artom, Luigi Firpo, allievo di Massimo Mila, partecipò fin dall’inizio alla Resistenza con Giustizia e Libertà (è stato anche responsabile del quotidiano «GL»). Come scrive lo storico Gian Carlo Jocteau nell’introduzione a Per un pezzo di patria, «la Resistenza di Ottolenghi fu una resistenza civile, piuttosto che militare. Personalmente poco propenso all’uso delle armi, egli fu investito di compiti di alto livello nei contatti fra comandi militari, formazioni partigiane e istituzioni locali, sia nelle valli di Lanzo, sia fra le valli e Torino, e si adoperò efficacemente e con frequente grave rischio personale anche per proteggere combattenti, sfollati, ebrei e popolazione civile da arresti, rastrellamenti e rappresaglie. Come uomo di legge, agì inoltre per favorire, nei contrasti interni e nei tribunali partigiani, il rispetto di regole ragionevoli e, per quanto possibile, condivise». Già militante del Partito d’azione con Ada Gobetti, Alessandro Galante Garrone, Giorgio Agosti, fu magistrato negli anni del dopoguerra, quindi avvocato civilista. Nella sua lunga carriera forense ha anche partecipato, in qualità di avvocato della famiglia, alla liberazione di Carla Ovazza, madre di Alain Elkann, rapita nel 1974. È autore di diversi libri, tutti scritti negli ultimi anni: Il palazzo degli stemmi (Gribaudo 1990), La finestra di Kuhn (Gribaudo 1994), Dal paese di Darvindunque (Elede 1997), Pendolo (Araba Fenice 2004), Perle nere. Storia di una vita ritrovata (Araba Fenice 2006), Per un pezzo di patria (Blu edizioni 2009).

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Appello 3Per la scuola e la cultura 17La cultura dell’illegalità 31La shoah dei valori e dei diritti 45Epurazione e ricostruzione 53Libertà e indifferenza 69Bisogna essere «partigiani» 81Siate anche voi partigiani! 95

Appendice 103Il Manifesto della razza 105 – Desistenza 113 – Un Paese con-servatore 117

Sommario

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Ringraziamenti

Un vivo ringraziamento a mia figlia Silvana per il pre-zioso aiuto.

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Appello

Nel centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia, a cinquantacinque anni dalla proclamazio-ne della Repubblica, io, nato nel 1915 a Torino, di famiglia ebrea, sopravvissuto a due guerre mondiali e alle persecuzioni naziste e fasciste, invito voi che siete più giovani a ribellarvi.

Fatelo adesso, subito, prima che sia troppo tardi, con un urlo alto, fragoroso.

Un urlo che faccia sobbalzare chi è al potere, che ridesti la società civile e la classe dirigente, complice del degrado, che sovrasti gli sproloqui e le risse parlamentari di ogni giorno.

Un urlo che scrolli i pavidi, che scuota gli indif-ferenti, che sorprenda gli ignavi, i dormienti, gli abbioccati di consumismo.

Un urlo forte, vibrante, che infranga le pareti di silenzi imposti e menzogne, che spezzi il sogno e l’indifferenza di una società ipnotizzata da un’in-

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formazione monopolizzata, salvo rare eccezioni. Un urlo che faccia tremare i servi sciocchi, gli ipocriti, i disonesti, i saltafossi, i profittatori vol-tagabbana annidati nei luoghi di comando, che giunga a tutti i giovani, gli «angeli dei tetti», che restituisca loro speranza per il futuro.

Un urlo che ripeta le parole di chi non ha più voce, dei nostri caduti per la libertà, di chi credeva nella democrazia.

Un urlo corale che ridesti donne, uomini, ric-chi e poveri, per essere cittadini anziché sudditi, soggetti anziché oggetti del potere.

Un urlo che si rafforzi nell’eco ripetuta degli antichi valori, che giunga dove già una volta è rinata l’Italia.

Un urlo di riscatto, liberatorio come quello che esplose alle ore 24 della notte del 24 aprile 1945, in tutta l’Italia del Nord, al tanto atteso messaggio in codice gracchiato dalle radio clandestine: «Aldo dice 26x1». L’ordine di insurrezione generale.

Allora toccava a noi.

* * *

Vorrei disporre di una voce autorevole per unirmi a voi in quell’urlo, per rafforzarlo, perché possa giungere lontano, perché la democrazia non si esaurisca.

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Appello 5

Vorrei saper trovare la parola da dirvi per colpire la parte più profonda di ciascuno e riscattare la dignità delle istituzioni.

Vorrei soprattutto raggiungere quelli fra voi che, ansiosi per il loro futuro, mi hanno chiesto e mi chiedono che cosa possiamo fare, come, quando?

Vorrei saper scrollare quelli che straniti, indiffe-renti, al più curiosi, guardano i loro coetanei arabi insorgere valorosamente, pronti a morire sulle coste dell’Africa per l’uguaglianza, la libertà e la democra-zia, per quegli ideali ormai da noi mal sopportati, ma per i quali si è battuta la mia generazione.

Vorrei dire che di tanta inerzia e inettitudine siamo noi i colpevoli, per non aver saputo, nella grande rovina, portare a compimento la rinascita; per esserci preoccupati più di ricostruire le cose anziché le persone; per non aver saputo scindere fino in fondo il bene dal male; per non aver saputo epurare, selezionare; per aver incrementato più i bisogni che non i mezzi per soddisfarli; per non aver saputo preparare la generazione dei vostri padri.

Di tanta colpa vorrei chiedere perdono.So che, quando parliamo con voi giovani e par-

liamo di futuro, non teniamo abbastanza conto della vita che vivete oggi. Ed è come se cercassimo di rispondere a domande che non vi interessano, e voi ci guardate con diffidenza, ma so, per quel che ho vissuto, di essere più vicino a voi di quanto

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non lo siano i vostri padri, so di preoccuparmi di quel vostro futuro forse perché è l’unico che noi vecchi possiamo pensare e in cui possiamo credere ancora in una visione di continuità.

Vorremmo tutelarvi dal ritorno di poteri che noi abbiamo conosciuto e subìto, e che ora ven-gono fatti passare come inevitabili in nome di un necessario decisionismo.

Allora non è sufficiente che le regole restino scritte nella nostra Costituzione per contenere l’abuso, occorre pretenderne il rispetto, occorre applicarle.

* * *

Sono un resistente, tessera 343 del Comitato di liberazione nazionale piemontese.

Sono un «ragazzo del 1915», figlio del secolo della pianificazione della morte e della desertifi-cazione di tutti i valori.

Sono un superstite, un testimone, di tante vicen-de e di tante sventure, di molti entusiasmi e infinite speranze deluse.

Sono il passato che vuol essere con voi, con la miglior gioventù che sale sui tetti, che scende nelle piazze.

E come tale, soprattutto per amore verso voi giovani, sento l’urgenza di trasmettervi il senso

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Appello 7

dell’esperienza di una generazione ricordando gli errori che abbiamo fatto e le speranze che abbia-mo vissuto. Perché il passato è sempre presente in noi; la storia è una sequenza di eventi tra loro strettamente connessi e conseguenti nel tempo; nella continuità ciascuno può trovare se stesso, la propria identità, la propria ragione d’essere e operare per un futuro proprio e di tutti.

Attraverso il passato infatti posso giungere alla consapevolezza del presente, della forza o della debolezza propria e del Paese in cui vivo; e nel rivi-vere la storia posso ritrovare l’incentivo, il punto di partenza per riallacciare la trama del progresso.

Ricordare per non dimenticare non è quindi una frase fatta, anche se è ripetuta tante volte, a volte in modo troppo automatico da sembrare retorica.

* * *

Il raffronto del presente con il passato può rivelare analogie significative per capire, per cercare di non ricadere negli stessi errori, se possibile prevenirli.

Nei vent’anni di Mussolini, ad esempio, come nei sedici anni (finora) di Berlusconi, non a caso per immaturità politica, per evidenti crisi della democrazia in Italia, si è fatto spazio un protago-nismo anomalo che dispone di poteri eccezionali sino a sovvertire le regole istituzionali.

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Il primo nel 1925, calpestando lo Statuto, piegò la legge con la forza e la violenza, il secondo (tes-sera P2 n. 1816), invocando una «Costituzione di fatto» e nell’elogio permanente dell’illegalità, ha operato e opera a sua volta in spregio alle leggi, ai diritti e alle istituzioni, inseguendo la difesa dei propri interessi.

Entrambi per autoritarismo padronale hanno trasformato il Parlamento in Camera dei consensi asservita e manovrata: un «bivacco» dei delegati dei partiti, anziché un organo deliberante di rap-presentanti scelti dagli elettori. Tutto in nome del popolo sovrano.

Allora dall’illegalità si giunse alla grande rovina. Adesso per la stessa via, grazie all’inerzia e

all’indifferenza dei più, si è già inavvertitamente giunti a un regime incontrollato di autoritarismo padronale mistificato che, ammantandosi di pre-sidenzialismo, di fatto ha tutte le caratteristiche di una dittatura rammodernata, che vorrebbe apparire inoffensiva, ma mostra il suo vero volto nell’intolleranza per gli istituti di controllo (capo dello Stato, magistratura e Corte costituzionale), già intaccati e denigrati nelle loro funzioni, nell’in-sofferenza per la necessaria convivenza giuridica internazionale (Unione europea e Onu).

* * *

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