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RESONANCE MARKETING Le logiche dell’ iperdifferenziazione per una strategia di successo nelle vendite on line the rat pack digital agency CAESAR NET d.o.o. Mobile. +39 393 1961740, +386 51 747591 E-mail: [email protected] WWW.PROMUOVI.COM

RESONANCE MARKETING · pienamente ai suoi requisiti lo fa, salvo casi specifici come l’alta stagionalità, per il prezzo. Egli accetta solo un prezzo che ha uno sconto di compromesso

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RESONANCE MARKETINGLe logiche dell’ iperdifferenziazione

per una strategia di successo nelle vendite on line

the rat pack digital agency

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Mercati Iperdifferenziati e

Resonance Marketing

Quasi sul versante opposto dei prodotti fungibili, ovvero delle commodities, si và a collocare una fascia di prodotti che investono il loro maggior appeal nell’ iperdifferenziazione. Per nulla fungibili, il loro valore aggiunto dipende

dalla quasi perfetta corrispondenza delle caratteristiche del bene alle

aspettative del potenziale cliente a cui sono proposti. E’ un dato di fatto che

questi beni stiano diventando sempre più comuni parallelamente alla

diffusione di internet a sottolineare l’esistenza di un nesso causale fra i due

fenomeni perché, come meglio vedremo nel seguito, il medium offre loro una

linfa vitale privilegiandone la promozione attraverso il passa parola virtuale.

Come alla moneta sono indispensabili due facce per poterla rendere

tangibile così l’iperdifferenziazione e il Renonance Marketing sono le due

facce di un medesimo fenomeno. Della prima, l’iperdifferenziazione, è

referente l’industria e della seconda, il Resonance Marketing, il consumatore.

L’iperdifferenziazione è infatti un fenomeno emergente sul lato dell’offerta di

beni che interessa un mercato ormai invaso da una moltitudine di proposte

sempre più differenziate e create per soddisfare i gusti di un pubblico

specifico e molto esigente. E’ un fenomeno recente ma non necessariamente

contemporaneo alla nostra epoca. Nei termini del sistema produttivo

industriale è certamente un fenomeno recente perché, per poter essere

alimentato necessita di un’industria manifatturiera o meccanica, capace di

produrre beni e macchinari indirizzati a soddisfare una produzione limitata e

specifica.

Il Resonance Marketing invece investe il comportamento dei consumatori

che ora , come effetto di una maturazione ormai completa del mercato dei

consumi, possono scegliere esattamente i prodotti che desiderano. Nicchie

di consumatori che acquistano nicchie iperdifferenziate di prodotti, con il

vantaggio però di raggiungere pienamente le loro aspettative.

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Il consumatore del terzo millennio insomma condiziona, con le sue scelte

super differenziate, una quota dell’ intera offerta di beni sul mercato. E’ un

dato di fatto poi che, nell’ambito dell’ apprezzamento di questi prodotti si

sviluppi un atteggiamento psicologico indirizzato ad una dicotomia che

separa gli entusiasti dai detrattori. Insomma il carattere dei prodotti

iperdifferenziati spinge il pubblico ad assumere, nei loro riguardi, un

atteggiamento di odio o di innamoramento, ma mai di indifferenza.

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1.0 LA CENTRALITA’ DELLE

INFORMAZIONI

Consideriamo un utente che sta effettuando una prenotazione per una

vacanza in un hotel con la propria famiglia. L’impiego degli strumenti on

line, non solo il sito da cui ora sta effettuando le ricerche, ma anche Google

con le sue Mappe, Yelp o Trip Advisor con le loro recensioni, i servizi meteo

on line, e altre infinite risorse a portata di click, gli permettono di fare delle

valutazioni che vanno ben oltre la comodità, il servizio ed il prezzo.

Oggi è facile valutare le aree verdi, la spiaggia o il parcheggio dell’ Hotel. Ma

si può anche verificare se la zona è silenziosa, se è servita dai mezzi pubblici,

se gli arredi corrispondono ai propri gusti, se ci sono spazi ricreativi, servizi

di intrattenimento per i bambini, se la selezione di menù include particolari

proposte culinarie (cucina vegana, prodotti senza glutine, pesce fresco, ecc.)

e persino quale sia il livello di criminalità del rione, come hanno ben in

mente i consumatori americani quando prenotano un hotel on line.

Se l’acquirente decide di prenotare un hotel che non corrisponde

pienamente ai suoi requisiti lo fa, salvo casi specifici come l’alta stagionalità,

per il prezzo. Egli accetta solo un prezzo che ha uno sconto di

compromesso. Infatti non corrisponde esattamente a ciò che desidera e

dunque lo paga di meno.

L’informazione on line ha determinato l’emergere di un nuovo

comportamento da parte di alcuni consumatori. Con l’ incertezza ridotta

quasi a zero e la completezza dell’ informazione l’acquirente vuole pagare

esattamente ciò che corrisponde al valore che attribuisce a ciò che acquista.

Opera in questo scenario il consumatore dei beni iperdifferenziati; egli è

disposto a pagare fino all’ultimo centesimo per il valore che percepisce del

bene purché questo corrisponda perfettamente alle sue aspettative. In altre

parole è un cliente disposto a pagare un premio sul prezzo.

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Tale circostanza implica, nei confronti del produttore, di ottenere un

vantaggio competitivo rispetto al concorrente che opera nel medesimo

mercato ma con prodotti poco o nulla differenziati ed ora, il primo, ha

maggiori margini di profitto. Ci possiamo domandare a questo punto quali

sono beni iperdifferenziati e quali i mercati più promettenti. Pensando

all’essere umano, e ai suoi bisogni anche primari, sappiamo che non si fa

certo prendere da pigrizia se si tratta di procacciarsi il cibo e, forse anche

per questo motivo, nella scala evolutiva si comporta da mammifero

onnivoro. Ed è l’alimentazione infatti uno dei terreni più fertili di sviluppo

dell’iperdifferenziazione.

Lo vediamo in Italia nelle nuove catene di Bar che offrono il caffè con

blending di miscele e sapori speciali e lo sanno bene gli americani i

canadesi e gli inglesi che stanno conoscendo una rapida diffusione delle

micro birrerie, fenomeno peraltro che si registra anche sullo stivalone. E

prima di addentrarci nell’esposizione di alcuni esempi che si alimentano

soprattutto col sostegno del mercato virtuale, dunque anche attraverso

Internet, mi sembra interessante portare all’attenzione un caso che si radica

nell’economia più rigorosamente reale e locale.

Vorrei chiarire, sin da subito che non c’è alcun esoterismo e neppure alcuna

innovazione che pende sul concetto di mercato iperdifferenziato sono

concetti che ineriscono ad attività economiche esistenti da molto prima

dell’avvento delle reti telematiche.

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2.0 LE TIPICITA’ - IL CASO

PEPI A TRIESTE

Chi è passato per Trieste può aver avuto l’occasione di fermarsi in un noto

spazio commerciale adiacente Piazza Unità e dedito all’attività culinaria di

una delle più tipiche, e iperdifferenziate, cucine locali. Regno della carne di

maiale bollita e servita in varie tipicità, il Buffet da Pepi sforna leccornie

nella città giuliana dal 1897.

La sua proposta culinaria affonda le proprie radici nella tradizione austro-ungarica che è giunta intatta sino a noi attraverso i vassoi di questo minuto

esercizio. Preservando ancora non solo le ricette e la tecnica originale della

cottura in caldaia delle carni ma proprio lo stile ed i sapori di quella cultura

enogastronomica.

E’ interessante osservare come fra i molti illustri ospiti di passaggio in città

non di rado accade che vi sia un’incontro a sorpresa, una sorta di colpo di

fulmine proprio con il nostro buffet.

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Micol Brusaferro nel suo articolo dal titolo : Fiorello scherza con Trieste e rende omaggio a Luttazzi che esce sul quotidiano Il Piccolo in data 11 Febbraio 2016, nel fare la recensione dello spettacolo tenutosi al Teatro Rossetti da parte del noto showman televisivo ecco che riporta una frase della sua pièce:

“Se un vegano muore e finisce all’inferno si ritrova da Pepi. Mi

hanno riservato un’accoglienza tra carne di ogni tipo, ho mangiato

di tutto. Poi ho visto una specie di formaggio grattugiato, l’ho sparso

ovunque. Ma voi siete pazzi! Era kren, sono quasi morto.”

Segue lo scrosciare di applausi e le risate in sala. Il triestino vi riconosce

l’impronta della sua città.

Ma, in questa sintesi, al di là del folclore del motto di spirito, il comico

coglie l’essenza del marketing del buffet; che probabilmente è, anche, la

ragione del suo successo. Fiorello punta il dito e ci dice che è l’ inferno per

i Vegani. Un modo per dire la “cosa peggiore al mondo per uno di loro” e

dunque il medesimo concetto che, con insistenza ripete Clemons in merito

al Resonance Marketing quando afferma che i prodotti iperdifferenziati

saranno amati da qualcuno ed odiati dai più: insomma non ci sono le mezze

misure!

Ed è proprio così. Infatti chiunque và da Pepi avrà come pietanza il maiale,

null’altro che maiale, patate e crauti, ovvero un’offerta, almeno nell’ambito

della ristorazione, assolutamente verticale. La stessa da cent’anni a questa

parte, quasi a voler scongiurare l’ipotesi che si tratti di una scelta voluta per

un fine commerciale, laddove invece dobbiamo saper scorgere solo una

scelta votata alla tradizione.

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Come saprà più di qualcuno, nella città alabardata il bollito di maiale e le

specialità austro ungariche sono di casa in più di un esercizio commerciale.

Nessuno però vanta la specializzazione di Pepi. L’iperdifferenziazione del

suo menù non apre a compromessi, altrove invece si.

Così anche nelle città, lungo le strade, nel mondo reale contrapposto a

quello virtuale, e sotto i nostri occhi, abbiamo casi interessanti di

iperdifferenziazione a smentire chi avesse, anche solo per un attimo,

pensato che quest’ultima fosse connessa esclusivamente alla diffusione dei

nuovi media.

Nonostante questa sia la storia di un esercizio che ha girato la boa dei

cent’anni e che deve molto della sua fama e della sua longevità proprio al

passaparola, ci dobbiamo domandare in quale relazione si ponga oggi

rispetto ai canali della comunicazione digitale. Abbiamo qualcosa da dire a

proposito del passa parola virtuale? E non intendiamo interrogarci sugli

aspetti della comunicazione digitale canonica, per intendersi le recensioni

su Tripadvisor o su Google Plus o i commenti sui Social. Quelle fanno ormai

parte del corredo istituzionale della presenza on line per le attività Glocal: qui invece stiamo guardando molto più in là.

Anche sotto questo aspetto la vicenda del Buffet triestino ha qualcosa di

originale da raccontarci. Pepi conquista pienamente il diritto ad entrare in

questo nostro breve resoconto sul Resonace Marketing proprio per l’epilogo

che ha molto a che fare con quel tipo di comunicazione sul web che è fra i

risultati più ambiti da parte di chi svolge attività SEO e dai PR che

promuovono bar e ristoranti on line. Pepi, quintessenza del mondo

analogico, inno alla tradizione, mantra delle tipicità culinarie dei nostri

antichi centri finisce sul New York Times, senza intenzionalità, e per puro

caso. E riceve una recensione così positiva da alimentare, a sua volta, un

successivo passaparola tanto da diventare tappa obbligata per i turisti di

lingua inglese di passaggio in città.

Puoi leggere l’articolo intero qui: Trieste, Italy: Buffet da Pepi.

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Senza tentare estensioni indebite ci sembra di poter spiegare quanto accade

in pochi passaggi.

Le grandi testate giornalistiche on line corrono continuamente il rischio di

copiarsi a vicenda o di cadere nell “eterno ritorno ” di Nietzschiana memoria.

Le notizie in quanto tali non creano l’identità della testata, sono perlopiù la

posizione politica o l’orientamento ideologico quelli che la promuovono su

segmenti di pubblico differenziati. L’eterno ritorno si installa su questo

meccanismo, come una sorta di patologia, un virus che colpisce più o meno

tutti i portali della comunicazione perché alimenta costantemente il rischio

di ripetere dei precedenti contenuti.

Sotto la pressione del costante aggiornamento, in una gara che si consuma

soprattutto sulla velocità, il flusso informativo tende a creare un effetto di

accumulo, copre come la polvere e finisce con l’ appiattire le informazioni, e

alla fine tutto viene esposto sotto un medesimo cielo grigio ed indifferenziato.

Ecco allora il grande lavoro di brillantante per cercare con le gallery

fotografiche, il multimedia e i redazionali fasulli (sponsorizzati ma la cui

veste grafica li fa apparire identici a quelli non pagati) di creare un allure e

dare originalità ai fatti, agli eventi e alle news che non si sa più come

rivitalizzare in termini di senso. Qualche esempio: Sanremo, l’affondamento della Costa Concordia , le tragiche vicende dell’ ISIS, i naufragi degli

immigrati nell’Adriatico, il calcio, le dichiarazioni del sig. Renzi, i rimedi

alimentari per gli americani di Michelle Obama, ecc.

Da qui il bisogno di terapie aggiuntive. I portali si lanciano, fanno

letteralmente a gara, per rifarsi con gli effetti di un nuovo preparato galenico che dovrebbe curare tutto e tutti impiegando persino una sola

materia, ahinoi di nuovo una materia comune, una sorta di pietra filosofale

capace di differenziare la veste del portale. E’ questa la dinamica che fa

proliferare le rubriche speciali e quelle locali e che finiscono con inzeppare

le barre dei menù di navigazione sino a renderle astruse e difficili da usare.

Tuttavia, trovata questa supposta pietra filosofale, che non risolve come

detto gli aspetti di semplificazione della navigazione, resta ancora un nodo

da sciogliere; per farla funzionare non è sufficiente somministrarla per via

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diretta nel portale altrimenti, su certi contenuti, ci sarebbe il rischio di

impensierire o innervosire gli sponsor. Di qui l’ulteriore sfida imposta ai capi

redattori che sono continuamente chiamati a sviluppare strategie di

comunicazione per lanciare dei contenuti nelle rubriche dello sport, della

salute, del benessere, del cibo, tanto per citarne alcune, che non si pongano

in concorrenza con la materia promozionale degli sponsor, per non urtare la

loro sensibilità come advertiser paganti.

Per quanto attiene al nostro argomento, il Resonance Marketing, la risposta

a questa sfida ci pone come una tautologia: è permesso parlare, recensire,

documentare e presentare solo attività iperdifferenziate dunque inoffensive

nel creare concorrenza a questi ultimi.

In conclusione il Buffet da Pepi ci insegna che una buona attività

iperdifferenziata viene facilmente sostenuta dal passaparola, e non deve per

forza stare sotto l’araldica del web, ma qualora avesse la possibilità di

un’apertura sul digitale sarà comunque favorita per la sua naturale vocazione

a evitare interferenze con gli sponsor. Detto diversamente: potrebbe mai

impensierire la Birra Miller se il NYT dedicasse un articolo, o anche più di

uno ad una birreria artigianale di Dublino? Certamente no. Lo stesso vale

per l’articolo sul Buffet da Pepi.

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3.0 IL MARKETING E LA

PROMOZIONE

3.1 LA VOCE DELLE PERSONE L’ acentricità della rete da un lato e la sua capillare diffusione e

penetrazione in larghe fasce della popolazione dall’altro, hanno cominciato

ad influire sulle abitudini e sullo stile di vita di milioni di consumatori. Un

movimento che comporta numerose conseguenze fra cui, almeno per restare

sui binari del nostro argomento, la necessaria riscrittura delle regole della

promozione e della pubblicità. Per esempio assistiamo ad una progressiva

perdita di controllo, da parte dei centri di potere, sulle informazioni che

circolano nel mercato (molto evidenti quelle relative ai temi dell’economia e

dei consumi) per non parlare poi di campi quali il sociale, la cultura, lo

spettacolo e i costumi e qui ci fermiamo perché altrimenti iniziamo ad

essere già poco pertinenti rispetto al tema.

Tutto ciò avviene di risposta agli stimoli esterni che il pubblico, la gente, la

popolazione ricevono dal medium. Molti soggetti reagiscono e, come

conseguenza, aumenta quella quota del pubblico che decide di prendere

parola e di esprimersi in prima persona. Le loro conversazioni si rivolgono

ormai ad un audience aperta e mutante che non controllano e di cui non

conoscono nemmeno il vero volto. La comunicazione on line fra una stretta

cerchia di conoscenti, comune denominatore della condivisione di

informazioni all’interno di un Social Network, viene progressivamente

superata in favore di altre forme di presenza più aperte come nel caso del

Blog, dei wikis, dei forum di discussione, delle chats, dei tweets, dei

podcasts, delle recensioni, dei video, ecc.

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Il fenomeno, giusto o sbagliato che sia, ha dei detrattoti anche fra le figure

di spicco della cultura. Non possiamo certo dimenticare le parole di

Umberto Eco in occasione della consegna della laurea honoris causa in

“Comunicazione e Cultura dei media”, all’Università di Torino che si

espresse con queste parole:

"I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli”.

Resta però il fatto che, al di là delle coloriture del fenomeno, non possiamo

negarne la sua importanza sul piano, di nostro interesse, ovvero sul mercato.

E infatti, come gli analisti si aspettavano, il medium, avendo democratizzato

la diffusione dei contenuti, rendendoli, di fatto, non solo accessibili a tutti

ma anche sulla punta delle dita di ciascuno che abbia l’interesse ad avviare

una comunicazione all’esterno ha allargato la base di coloro che possono

definirsi degli “opinionisti in proprio”. L’effetto di tale fenomeno, portato su

larga scala, è stato di trasformare il ruolo del consumatore da utilizzatore del

prodotto a estimatore o detrattore potenziale dello stesso.

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3.2 DALLA CONVERSAZIONE ALLA RECENSIONE

L’emergere di abitudini di produzione di contenuti generati dagli utenti (User Generated Content o U.C.G) e di contenuti creati dai recensori di

prodotti ormai impattano l’opinione di grandi masse di consumatori

spostando il baricentro della comunicazione, man mano, sempre più

all’esterno dell’azienda. Il fenomeno è osservabile con particolare efficacia

nelle piazze virtuali più consolidate e mature, ovvero in alcuni paesi, come il

Canada, gli Stati Uniti, l’ UK e la Germania.

Gli analisti sono concordi nel ritenere che si tratti di un fenomeno in crescita

e in rapida espansione anche verso quei paesi in cui le abitudini di

comportamento e di consumo on line si stanno muovendo solo ora verso la

fase della maturità.

E’ anche vero che, nell’ambito di questo movimento, sarebbe utile

comprendere se realmente il passaparola fra persone è diventato più

motivante e credibile della pubblicità, altrimenti l’informazione in gioco,

quella generata dagli utenti, non avrebbe più peso specifico dell’aria e

darebbe soprattutto adito a confondere chi legge invece che a renderlo più

esperto nelle sua pratiche di consumatore.

Su questo punto gli studi non sono certo giunti a delle verità epistemologiche però già tendono a concordare per una soluzione positiva

del tema: il passaparola on line sembra proprio avere lo stesso peso del

“consiglio dell’amico”.

A chi interessasse un approfondimento suggerisco la lettura della ricerca:

2013 Study: 79% Of Consumers Trust Online Reviews As Much As Personal Recommendations

E, pure accettando, magari prudenzialmente e con beneficio di inventario

tale ipotesi, dobbiamo anche ammettere che l’ impatto non sarebbe

comunque lo stesso su tutti i meridiani della comunicazione perché le grandi

aziende, ed in particolare quelle che offrono prodotti di mass market,

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potrebbero meglio contrastare, se lo ritenessero necessario, gli esiti del

passa parola in virtù della loro capacità di intervenire nel mondo

dell’advertising con cospicui budget. Investimenti che cadrebbero a pioggia

ma che potrebbero anche essere utilizzati per produrre effetti di contro

bilanciamento, come ben dimostrano le figure emergenti fra i consulenti

marketing che sono appunto specializzate in Brand Reputation e che ormai

non vengono più ingaggiate solo per sanare situazioni che si sono

compromesse ma anche in senso proattivo per migliorare la reputation on line del brand.

Oggi poi, le consulenze e le attività di Brand Mangement per la reputazione

on line stanno entrando nei budget annuali stanziati dalle aziende americane,

ad indicare che ormai esiste una consapevolezza da parte del sistema

produttivo e commerciale del peso delle conversazioni sociali che riguardano

l’azienda ed i suoi prodotti. C’è di più. I CEO delle aziende, sono già fra le

categorie che si collocano subito alle spalle delle celebrities, come coloro

che richiedono delle consulenze per tenere sotto controllo la loro immagine

nel mondo virtuale, consapevoli che la loro reputazione potrà influire

sull’esito di trattative determinanti in certi momenti cruciali della vita

aziendale. Analisti, investitori e professionisti di vari settori ne valutano la

reputazione per esempio in occasione di un acquisto/vendita societario

oppure prima di una quotazione in borsa e persino nel momento di

presentarsi ad una ricerca di personale. Ad esempio nella Sylicon Valley i

professionisti sono più attenti a cercare impiego in aziende che possano fare

da trampolino di lancio alla loro carriera, piuttosto che al salario di breve

periodo. Il CEO, è una delle figure determinanti soprattutto nelle aziende

innovative e nelle start up.

Torniamo ora al mercato e alla voce dei consumatori che qui si sta facendo

sempre più autorevole per osservare come il fenomeno sia stato, e sia tuttora

sollecitato da alcune Corporation che, utilizzando il commercio elettronico

come modello di business, hanno saputo farne la punta più acuminata del

loro successo. Parlo ad esempio di Amazon e di Tripadvisor e di Yelp. Il

loro ruolo nell’influenzare il pubblico a prendere posizione è stata, e lo è

anche ora, certamente non trascurabile. Dunque c’è una circolarità fra

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stimoli provenienti dal mercato e comportamento indotto nelle conversazioni

degli utenti che non viene alimentata semplicemente dai loro interessi ma è

incoraggiata da una parte stessa dell’industria. Come dire che il motore del

fenomeno gira su due assi di trasmissione e mette in movimento ben due

meccanismo e ciò non può che favorire un ulteriore consolidamento di

questa tendenza.

Quanto al mercato iperdifferenziato, rammentando che i budget nella

comunicazione non possono certo essere rilevanti né, tantomeno lo potranno

diventare dal momento che lo scopo è di rivolgersi a cerchie ristrette di

potenziali acquirenti, fanno si che nessuno, in quest’ industria, pensi di

operare con una comunicazione di tipo pubblicitario classico. Ciò detto,

finalmente ora siamo in grado di tirare le somme del discorso, per dire che

l’impresa che intraprende un percorso di iperdifferenziazione dovrà puntare

al passa parola sulla rete e partecipare in modo effettuale alla costruzione

della propria reputazione on line con una presenza assidua anche sui Social

Network. Inoltre dovrà prestare attenzione alla voce dei consumatori per non

trascurare le opportunità che si possono aprire se dovesse riuscire ad

identificare, nel caso esistano già in quel ramo merceologico, dei soggetti

che si offrono di recensire i prodotti. Primo passo, quest’ultimo, verso la

ricerca e la successiva fidelizzazione dei trend setter e degli influencer.

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3.3 IL CASO AMAZON : RECENSIRE CON IMPARZIALITA’ Nelle due immagini che seguono ecco il caso, molto consueto negli USA, di

una recensione fatta da una reviewer “riconosciuto” da Amazon. E’

fondamentale la chiusa del testo per la dichiarazione che contiene:

“I have received a discount to try this product and am providing this honest

and unbiased review of the product without compensation thereafter. The

views expressed are my own and in no way were affected by the discount I

received before the review.”

In tale dichiarazione c’è la testimonianza inequivocabile della posizione

assunta dal reviewer che lo distanzia subito dai comuni consumatori che

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recensiscono il medesimo prodotto, e, al tempo stesso lo innalza, in qualche

modo, al di sopra di essi. In qualità di soggetto che partecipa ad un

iniziativa di recensione, sebbene non pagato per la prestazione, nel

momento in cui forma ci informa di aver ricevuto l’articolo a condizioni

economiche “speciali” ammette di avere un interesse che potrebbe in

qualche modo influire sulla sua obiettività. E questo è sufficiente per

garantirne la buona fede e per mettere, per così dire sul chi va là, il lettore.

La cautela, o se vogliamo la volontà di trasparenza che esprime Headmaster

Jeff, encomiabile di sicuro, però non nasce del tutto volontaria e non vi viene

apposta casualmente.

Il mercato a stelle e strisce è ben normato , lo sappiamo. Una lunga vuole

che vi sia un’attenta e rispettabile volontà nel seguire delle pratiche

commerciali votate alla trasparenza e all’ onestà. Sgarrare significherebbe,

oltretutto, andare incontro agli effetti che il fulmineo ed efficace sistema

giuridico ha nell’operare come garante degli interessi degli aventi diritto

oltretutto avendo in dotazione dei mezzi repressivi estremamente convincenti.

Quanto detto è un assunto classico, lo so, tuttavia, proprio sulla vicenda

delle recensioni su Amazon, la conclusione ci porta ad un epilogo tutt’altro

che classico. Infatti il gigante di Seattle, pur non riconoscendo in nessuna

forma contrattuale i servizi dei privati impegnati nell’attività di recensione, e

del resto neppure smentendone la loro presenza o cercando di ostacolarne il

lavoro, esercita un costane controllo sul loro operare.

A seguito del dilagare dei tentativi di rendere lucrativo il fenomeno delle

recensioni, in tempi recenti la vicenda ha avuto uno sbocco inatteso quando

Amazon ha avviato una procedura legale nei confronti di oltre un migliaio

di reviewers che pubblicizzavano, su alcuni portali, i propri servizi

dichiarando di essere disponibili a farne degli artefatti, non solo poco

obiettivi, ma addirittura funzionali a far vendere l’articolo recensito .

Verrebbe da dire che tutto il mondo è paese ma la conclusione invece non

può essere cosi immediatamente eziologica. Proprio la forza del sistema

legale e il costante operare di controllo da parte di Amazon tiene il sistema

delle recensioni nella sua coerenza. E quando cessa di essere capace di

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autoregolamentazione, si aprono le porte dei tribunali e sedersi sul banco

degli accusati avendo come controparte una bestione da oltre 100 miliardi

di dollari di fatturato non piace a nessuno.

Ecco così prendere piede un protocollo articolato e organizzato. Le

conversazioni fra i seller ed il reviewer passano attraverso il sistema di

comunicazione di Amazon; sistema interno sul quale viaggiano gli scambi di

e-mail fra i due estremi e, il prodotto, viene, di norma, venduto con lo sconto

che il recensore riserva usando un coupon all’uopo inviato dal seller. In

questo modo la vendita non avviene mai fuori dal circuito di Amazon e, anzi,

diventa possibile recensire solo il venduto (e consegnato). Insomma tutto

avviene alla luce del sole e tutto attraverso una comunicazione “controllata”.

Ora, tornando finalmente al nostro argomento, il mercato iperdifferenziato

necessita dunque di un accurato lavoro di pubbliche relazioni con i reviewer

e con gli influencer. Ed è proprio in un panorama come quello descritto

nella vicenda che ha coinvolto Amazon, e che dimostra come vi sia un esteso

sottobosco di attività che vedono il proliferare di offerte di recensioni poco

trasparenti che bisogna fare attenzione perché, alla possibile lusinga

immediata di un facile e positivo ritorno, poi potrebbero seguire conseguenze

di medio e lungo periodo tutt’altro che favorevoli.

Segnala in particolare Clemons nel suo Articolo : How Information Changes Consumer Behavior and How Consumer Behavior Determines Corporate Strategy, che , nella maggioranza dei casi, scegliendo di analizzare il

comportamento sul mercato della distribuzione deòòe 500 birre più vendute

negli Stati Uniti, non sono stati fatti investimenti sull’ advertising. E non è

un fenomeno isolato. Rammenta infatti lo studioso che si tratta di una

strategia piuttosto comune anche nel mercato dei soft drinks, dei premium iced tea e delle barrette energetiche. Dunque settori in cui l’effetto delle

converszioni sociali hanno molto peso.

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3.4 LOVE AND HATE SUL PRODOTTO Clemens e Spitler nel loro :” "The Challenges of Resonance Marketing: Managing Complexity While Creating Profits Through Differentiation and Delight" danno qualche prezioso suggerimento che cerco di riportare in

questa sede. Benchè non sia loro intenzione rivolgersi all’ imprenditore

interessato ad avviare un’attività iperdifferenziata; il loro tono colloquiale,

sembra quello di chi profferisce un consiglio o suggerisce una strategia sul

mercato piuttosto che limitarsi a far comprendere come operi il resonance

marketing. Ecco i punti suggeriti :

1. L’iperdifferenzianione richiede un nuovo modo di pensare.

Le aziende che utilizzano tecniche di resonance marketing devono

imparare ad essere più interessate ad avere pochi clienti innamorati

(“love”) del prodotto, piuttosto che una pletora di potenziali acquirenti

che si limitano a gradirlo (“like”) . Dovrebbero desiderare che gli

acquirenti lo amino (“love”) a tal punto da accettare, e di buon grado,

di pagarlo di più pur di poterlo avere. Amarlo fino al punto di spingersi,

a condividere la propria esperienza di acquisto con i propri conoscenti.

2. La gente paga il meno possibile per acquistare dei prodotti a cui tiene

poco. Se invece ha trovato ciò che realmente desidera è disposta a

pagare un premio extra (“premium”)

3. Non preoccupatevi se molti odieranno il vostro prodotto: è un fenomeno

normale nell’ambito dell’ iperdiffereniziazione.

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3.5 RIMEDIAZIONE E MARKETING I due studiosi concludono dicendo che Internet ha cambiato le regole del

marketing. Per avere successo in un mercato altamente networkizzato la

ricetta da adottare deve spingere le imprese a pensare in piccolo. Piccoli

budget nella comunicazione e piccoli mercati di nicchia ma sostanziosi

margini con i prezzi premio che tali prodotti sono in grado di spuntare sul

loro pubblico.

Molti non troveranno ragionevole questo think tank, e penseranno che le

multinazionali esisteranno sempre e che anzi il loro potere economico nelle

economie capitalistiche mature sia in crescita e sia oggi più concentrato che

mai. Anche questa è una tesi. Andrebbe approfondita ma è una tesi. Se

data per vera, anche al di là del nostro personale punto di vista, se fosse

vera, numeri alla mano, con un approccio validato da ricerche di mercato e

da analisi matematiche, che non abbiamo, la tesi potrebbe far vacillare una

parte dell’impalcatura qui esposta. Ma non abbiamo tali evidenze. Invece,

a fare da cauzione, e persino a permetterci di puntare sulle tesi di Clemons e

Spitler, fino al punto di raddoppiare la posta in gioco c’è un osservazione di

fondo che ci conviene fare ora per controbilanciare tale scenario, quello

dell’accentrazione del potere sui mercati.

Secondo la semiotica un nuovo medium in quanto tale ha sempre bisogno di

essere compreso per essere utilizzato dal suo pubblico. Anche al nuovo

medium, quello che ci ha portati nel terzo millennio, ovvero internet,

neppure a lui è permesso di sottrarsi a questa regola.

Come il cinema un tempo riprese i saperi (intendiamo quelli del pubblico)

della fotografia o la televisione riprese tanto quelli del cinema quanto quelli

della radio così deve essere avvenuto per il web. A due studiosi Brusin e

Bolter nel 1999, dobbiamo la nascita del termine ri-mediazione, che bene

esemplifica questo processo in cui si mette in risalto l’ attitudine

accumulativa ed esperienziale che porta l’utente da un medium all’altro.

Oggi Internet è la rimediazione della Tv, del Cinema, della Radio del

Telefono, e di ogni altro medium anteriore. Come possiamo pensare che, in

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un panorama in tale e profonda mutazione, il marketing possa restare fedele

ai modelli di un economia digitale e pre-networkizzata? In nessun modo. E

se ciò non è sufficiente a provare in quale rapporto sia il sistema economico

con le multinazionali, esso alimenta comunque il punto di vista, sostenuto

dai due studiosi, quando indicano che la ventata di innovazione del medium

non può che favorire lo sviluppo di nuove strategie di marketing e

avvantaggiare, in particolare, chi opera nei mercati di nicchia. Ecco perché,

da qui in poi, ci sembra più che lecito seguire le tracce delle imprese di

successo fra le piccole realtà produttive piuttosto che altri casi.

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4.0 I BRAND DIFFERENZIATI NEL

MERCATO VIRTUALE Pub, ristoranti e piccoli produttori si fanno vanto di imbottigliare birre dai

sapori speciali; odiate dai più ma amate dai loro pochi, quanto entusiasti,

estimatori.

Qualche nome: le birrerie : Dupont Brasserie in Belgio oppure, Victory,

Sierra Nevada , Cinder Block , ecc. negli Usa.

Ancora nel settore del beverage, ma analcolico troviamo un mercato in

rapida espansione con, ad esempio, il marchio Innocent in UK, oppure

Naked, Arizona e Snapple in Usa.

Nel mondo delle case editrici la iUniverse, l’ Authorhouse e Xlibris, ecc.

Per l’abbigliamento c.d. organico cito, ad esempio, le scarpe Vegane del The

Green Guide, oppure, quella da una piccola azienda tedesca, la Noah Vegan

Shoes che si presenta così:

“Fondata nel 2009, NOAH offre calzature vegane eleganti di qualità,

prodotte in piccole serie da aziende artigianali in Italia, con condizioni di

lavoro etiche.”

Il sito Vegan Home indica un’ interessante selezione di negozi di

abbigliamento vegano/organico .

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5.0 LE NEWCO E IL MERCATO IPERDIFFERENZIATO E siamo ancora nei casi di ordinaria amministrazione quando un progetto di

iperdifferenziazione non si incanala in una newco, non si fa promotore di

una nuova attività imprenditoriale ma, riqualifica invece una preesistente

realtà produttiva e/o manifatturiera.

Abbastanza spesso l’impresa reattiva adotta l’iperdifferenziaione come

politica anti crisi, come una delle possibili strategie per uscire dalle acque

basse dell’attuale produzione industriale standard contrassegnata dalla

bassa redditività. Strategia utile per aggiudicarsi piccole quote di mercato

(erose ovviamente ad altri dato che non si tratta di una vera innovazione di

prodotto ma di una sue elevata differenziazione) e aggredire nuovi potenziali

clienti puntando su una fidelizzazione che deriva dall’assumere uno spazio

molto di nicchia ma anche molto autoritatevole agli occhi dei suoi clienti.

Tale scenario implica non solo il lancio di nuovi prodotti ma anche un

marketing differenziato molto più incline al passa parola e alle tecniche di

promozione on line. Fenomeno quest’ultimo particolarmente frequente

nell’industria delle barrette alimentari.

Sapori speciali e nuove combinazioni di ingredienti sono tutt’ora eventi rari

almeno nell’ambito delle offerte dei prodotti da banco, (prodotti “shelf stable”); la parte da leone la continua a fare, almeno in Italia, il redesign del

packaging, spesso accompagnato da una variazione nel peso della

confezione.

Fuori dalla grande distribuzione invece il settore delle barrette è in subbuglio

e, a fare da detonatore al suo successo, sono gli integratori di tipo

sportivo. Trainano il settore e vanno alla ricerca di una differenziazione

sempre più spinta che non fa velo di voler diversificare molto più che la

scelta dei sapori quella degli ingredienti, cercando un corretto bilanciando in

funzione della reintegrazione alimentare dello sportivo.

IN SINTESI L’iperdifferenziazione e il Resonance Mkt. collocano al centro il

consumatore, costruendo attorno ai suoi più specifici bisogni e gusti

un’offerta che sa intercettare quanto è disposto a spendere per ottimizzare il

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soddisfacimento delle sue aspettative. In funzione di tale scenario, gioca un

ruolo primario la diffusione delle informazioni online, il passa parola e

l’erosione di quote da altri competitors che stanno sul mercato da più tempo

con un offerta però più standardizzata.

Se il Resonace Marketing trova nel passaparola il miglior combustibile per

far andare le ruote del suo successo, la rete non è solo il megafono della sua

comunicazione ma, spesso è anche il medium più votato a far funzionare il

suo canale distributivo. Il successo di molti prodotti iperdifferenziati viene

decretato on line così come on line vengono più spesso acquistati.

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5.1 CONSEGUENZE SULL’ OFFERTA : IL MERCATO L’iperdifferenziazione e il Resonance Marketing hanno un vasto impatto sul

sistema economico, ben superiore a quello che potrebbero suggerire i

fatturati in gioco, in ragione di alcuni fenomeni che essi stessi sottendono ed

alimentano con il progredire della loro diffusione.

Nuove strategie per le imprese esistenti.

Nei mercati costruiti sull’offerta tradizionale, già affetta come sappiamo da

una generalizzata erosione dei margini, il fenomeno in atto sta

contemporaneamente intaccando quote di mercato e innalzando le

aspettative da parte della clientela di meritare una soddisfazione esatta in

merito alle proprie pretese di consumo. Le aziende, non potendo impedire

l’accesso al mercato e tantomeno l’avanzare di questa industria emergente,

si troveranno a dover considerare nuove strategie di marketing per poter,

almeno in parte, essere in grado di proteggersi.

Una possibile soluzione è suggerita dalla più antica delle difese , una sorta

di adattamento alla tecnica della mimesi batesiana di tipo animale che,

grosso modo, applicata al modello del mercato, tenderebbe a fare perno

sull’imitazione degli strumenti utilizzati dalla concorrenza e che si sono

dimostrati più efficaci. E, per quanto esposto fin qui l’unico percorso che il

marketing potrebbe adottare per far lievitare il livello di immunità all’attacco

dei nuovi player consisterebbe nel puntare ad una comunicazione più

orientata al passaparola e alle conversazioni sociali.

Tale difesa potrà avere efficacia solo se si saprà intraprendere un percorso

con un proprio stile e con una propria autonomia come dimostra, ad esempio,

il pluricitato caso di marketing di successo avviato dal marchio Innocent.

L’efficacia però, senza iperdifferenziazione, resta poco più che una strategia

della sopravvivenza. Innocent arriva lontano perché lo ha capito pienamente

ed il suo sposare appieno un’approccio rivolto ai mercati di nicchia ha subito

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calamitato anche gli interessi dei colossi come dimostra bene l’acquisizione prima del 30%, poi del 90% delle quote dell’azienda da parte della Coca Cola.

Intervenire solo con il marketing in una strategia che implica soprattutto un

approccio difensivo equivale a spostare il baricentro dei propri obiettivi non

nella direzione della vera crescita quanto piuttosto nella ricerca di un

effettualità a far rimbalzare altrove, probabilmente nel tessuto economico

del medesimo segmento di mercato, il peso della concorrenza possibilmente

cercando di farlo ricadere prima, e con maggior impatto, sulle aziende meno

capaci di innovare e reagire.

Una risposta invece più adeguata, implicherebbe un rafforzamento

dell’azione anche sul lato dell’offerta. L’ approccio più competitivo non può

che passare attraverso un rimodellamento dell’ offerta da parte delle aziende

tradizionali che preveda l’inclusione di prodotti iperdifferenziati a proprio

marchio o, almeno l’introduzione nella propria rete distributiva e di vendita,

di prodotti iperdifferenziati provenienti da marchi di terze parti.

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Và da sé che il trend che stiamo delineando viaggia nella direzione di una

proliferazione dei prodotti disponibili. L’effetto di medio periodo non potrà

essere che quello di ridurre ulteriormente i margini dell’industria tradizionale

e delle quote di mercato dei suoi prodotti. Alcune aziende non potranno

sopravvivere ma questo è il destino del turn over delle imprese in un sistema

concorrenziale di libero mercato.

In generale la comunicazione efficace dovrà ridimensionare (talvolta persino

abbandonare) i modelli di advertising push based in favore di modelli

incentrati sulle ricerche on line e sui contenuti generati dagli utenti, in

primis favorendo la proliferazione dei ratings dei prodotti rilasciati dai

consumatori, strategia che come abbiamo già ampiamente segnalato è uno

dei cavalli di battaglia di Amazon.

E i consumatori? Già proprio loro, i consumatori. Ce n’eravamo quasi

dimenticati. Dunque che dire dei consumatori?

Si limiteranno ad acquistare una minor quantità di prodotti standardizzati

oppure potranno avverarsi anche degli scenari più aggressivi?

Un’ipotesi sorretta da alcuni analisti paventa l’attesa di un ulteriore

pressione al ribasso sul lato dei prezzi di vendita con ovvie conseguenze sul

tasso di sopravvivenza delle imprese che non differenziano. Quello che è

certo invece è che i prezzi dei beni nei mercati iperdifferenziati sono e

saranno piuttosto volatili. Il tasso di aleatorietà ha una forte correlazione

con la dipendenza di queste transazioni dal mondo digitale e quindi dai

sistemi di e-commerce fino al punto di suggerire, ad alcuni osservatori,

l’ipotesi che ci potrà arrivare ad un prezzo diverso per ogni transazione.

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QUI è IL CASO DI FARE UNA TABELLA. E SEPARARE QUESTO TESTO DAL RESTO APPROFONDIMENTO Il tema del Resonance Marketing è stato sviluppato partendo dai seguenti articoli di cui suggerisco la lettura: http://opim.wharton.upenn.edu/~clemons/blogs/resonanceblog.pdf http://www.forbes.com/2007/12/11/consumer-internet-buying-oped-cx_ekc_1212webbuying.html http://www.ft.com/cms/s/0/fe729c32-1345-11d9-b869-00000e2511c8.html#axzz3yRxjXZtY http://academic.brooklyn.cuny.edu/economic/friedman/mmmarketsegmentation.htm http://faculty.washington.edu/mfan/is582/articles/Clemons.pdf

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6.0 ARRIVARE AD UNA

STRATEGIA SEO E SEM In questo articolo non mi limiterò ad un approccio esclusivamente di Seo

Marketing . Aggiungerò delle osservazioni che pertengono ad una consulenza

aziendale di più ampio respiro.

Proseguendo in questa direzione ci viene dunque di grande utilità l’ advise

che Eric K. Clemons and Rick Spitler ci danno in queste righe tratte dal loro

articolo sul Financial Times del 2004 dal titolo : “The new language of consumer behaviour”

“Exploiting hyperdifferentiation and resonance marketing requires

companies to rely less on category killers – products that all

consumers want – and move to a collection of segment catchers –

products that capture market share segment by segment. Where

once a business sold products into a few fat spots with a large

population of customers and a large number of near-substitute

offerings from competitors, it will now sell into a larger number of

sweet spots, each with fewer customers but with no close

substitutes from competitors. […].

Companies will need to offer a portfolio of products, some for large

market segments and some only for niches.”

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L’ approccio suggerito sottende un’attività, successiva al reperimento dei

prodotti, che passa attraverso una corretta strategia di SEO nell’ambito della

promozione del commercio elettronico.

Sono d’accordo che tale collegamento non sia immediato perciò cercheremo

di svilupparlo con alcuni passaggi. Credo però che si intravveda, anche oltre

il cielo offuscato da alcuni concetti che forse sono stati introdotti senza

sufficiente analisi, una luce che proviene da Amazon o da Ebay e dal loro

comune approccio Seo nella Coda Lunga.

Ci sono due ipotesi nell’ambito delle quali andremo a posizionarci per

concludere il nostro percorso alla SEO condizionata dalle tecniche del

Resonance Marketing; ecco le due situazioni:

• Imprese che Iperdifferenziano

• Imprese che iperdifferenziano solo la SEO

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6.1 L’IMPRESA CHE IPERDIFFERENZIA In effetti questa è l’ipotesi più raccomandabile. La stategia ideale suggerisce

di non restare imbrigliati nel lacci di una proposta di vendita on line

standard e di farla, invece, transitare verso un’ offerta integrativa di prodotti

ad un elevato (o elevatissimo ) tasso di differenziazione. Lo potrai fare

realizzando dei prodotti a sotto tuo marchio oppure utilizzando quello di

terze parti.

Muovendosi all’insegna della prudenza, non solo consiglierei di iniziare con

dei partner che abbiano un paniere di proposte a proprio marchio ma

soprattutto di localizzare l’espansione dell’offerta, coniugando tali prodotti ai

tuoi secondo un criterio di affinità.

In tale prospettiva è necessario quindi iniziare da un’analisi del tuo catalogo.

Poi, una volta identificato un segmento della tua offerta in cui può essere

più proficua ed immediata un’operazione di coniugio con nuovi prodotti

liminari ai tuoi e più differenziati sarà necessario procedere ad intercettare

le aziende che li producono, o importano, o commercializzano all’ingrosso,

ecc.

Un esempio potrà chiarire bene il concetto. Supponiamo che stai vendendo

on line prodotti per la salute ed il benessere e hai una sezione dedicata

all’igiene orale. In quella sezione puoi espandere immensamente l’offerta

lavorando di ampliamento tanto sui dentifrici quanto sugli spazzolini da

denti.

L’esempio riportato nell’immagine mostra un’ offerta di spazzolini definiti

come 100% biodegradabili. Su altri siti web gli stessi spazzolini vengono

anche indicati come spazzolini eco – friendly, oppure spazzolini ecologici o

recycled, ecc. Bogo Brush è un marchio specializzato in questa nicchia.

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Il lavoro della SEO dunque espanderà in modo esponenziale le parole chiave

che porteranno accessi qualificati al sito ma non solo perché ci sono n nuovi

prodotti ma perché tali n prodotti potranno essere indicizzati per un numero

molto maggiore di parole chiave.

Nel nostro esempio, usando la lingua italiana potremmo avere le seguenti

nuove parole chiave:

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• Spazzolini da denti in legno • Spazzolini da denti in bamboo • Spazzolini da denti eco

friendly • Spazzolini da denti

biodegradabili • Spazzolini da denti biologici • Spazzolini da denti naturali

ecc.

Dunque siamo innanzi ad un vertiginoso potenziale ampliamento semantico

della SEO sul nostro sito. Ed è proprio a questo punto che è possibile, ed

auspicabile, innervare una successiva strategia di crescita i cui effetti

virtuosi risulteranno immediati seguendo un ulteriore percorso informato

dalla medesima logica di sviluppo fino a qui adottata.

Ora che hai inserito degli spazzolini di tipo ecologico hai avvicinato al tuo

sito una nuova nicchia di potenziali acquirenti sensibili a temi quali:

ecologia, ambiente, risparmio materie prime, risparmio energetico, rimedi e

alimentazione naturale, ecc. Un pubblico insomma favorevole alle politiche

di riciclaggio, alla tutela e al rispetto per la Natura, sensibile al tema dell’

inquinamento, avverso alla chimica, ecc.

Non ti resta che bilanciare l’offerta degli spazzolini e chiudere un processo

di acquisto dedicato a tali clienti offrendo loro delle soluzioni che siano

omogenee restando sui prodotti naturali e che, allo stesso tempo,

permettano di completare il loro acquisto. Cosa potrebbe allora

mancare? Sicuramente i dentifrici. Ovviamente non quelli comuni che si

trovano nel supermercato sotto casa ma quelli declinati in offerte che ne

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mettono in risalto la vocazione e l’impegno di un impiego di sostanze

naturali.

Un caso di produttore di nicchia in tal senso ce lo offre la californiana

Aumere con le sue Paste Dentifrice Ayurvediche ed il suo sito di vendita

diretta on line.

La vendita diretta che Aumere esercita dal proprio sito non è un ostacolo.

Si torna sempre a quel concetto di acentricità del medium e ciò che, in un

contesto di economia locale, territoriale e reale potrebbe creare un

interefernza, invece nella dimensione del mercato virtuale non produce

effetti negativi. Ne è la prova il fatto stesso che questa comunità ha

accettato di distribuire il propro prodotto altrove e, infatti, lo ritroviamo, ad

esempio, sul sito della Swanson Health Care.

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A PROPRIO MARCHIO L’ultimo caso che possiamo considerare è

decisamente rivolto ad una classe di imprendiotori più ambiziosi e consiste

nell’inserire dei nuovi prodotti ma, a proprio marchio. Su tale percorso non

mi soffermerò sia perché andremmo troppo lontano dal tema dell’articolo,

sia perché valgono comunque le osservazioni sino a qui riportate.

Resta però utile sapere che sul mercato a stelle strisce, opera già da tempo

la figura del trend setter che in Italia è soprattutto legata all’ ambiente moda

mentre, oltre oceano, attraversa vari settori merceologici anche molto meno

trendizzati.

Torneremo su questo argomento in un’altra sede ma, se sei curioso, ti

segnalo BzzAgent, un sito pensato per dare supporto al marketing di quegli

imprenditori che lavorano sui prodotti di nicchia e che vogliono saggiare le

tecniche del passa parola. Potrai scoprire anche come diventare un

consumatore promotore di nuovi prodotti o, viceversa, come puoi usare

questo servizio per lanciare sul mercato i tuoi.

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6.2 L’IMPRESA CHE DIFFERENZIA SOLO LA SEO

La proposta precedente non resterà esente da critiche, in particolare da

parte di coloro che, non pochi, cercano soluzioni concrete, tangibili, e,

soprattutto prive di rischi. Investire su un marchio oltre ad essere

un’impresa azzardata e costosa richiede anche dei tempi di sviluppo che, in

un mercato globale e fortemente interconnesso, devono essere rapidi, quasi

fulminei. Insomma tutti scenari poco favorevoli all’imprenditore italiano che

si trova a dover combattere con i rallenatemernti di un sistema burocratico

elefantiaco.

Resta però fuori di dubbio che differenziare con dei prodotti a proprio

marchio resta una delle vie maestre per avviare un’attività di successo nella

vendita on line.

Limitandoci ora a un approccio strettamente orientato alla SEO possiamo

immaginare una dinamica di interventi che miglioreranno il volume di

traffico da parte dei potenziali acquirenti sul sito aziendale anche senza

incorrere in un rimodellamento dell’offerta come prima ipotizzato.

Per farlo c’è una modesta condizione da rispettare. E’ necessario mettersi in

un ordine di idee recettivo, aperto e pronto a tradurre quanto segue

nell’effettualità di una terapia di intervento che spinga ad una massiccia

produzione di contenuti. Consideralo, se vuoi, il piano B del precedente,

anche se, come in ogni approccio che sottenda un metodo euristico ed un

affinamento dinamico i due modelli non sono dicotomici, non si possono

separare con la lama del coltello, hanno radici comuni.

Nasce sotto l’ordine della semantica l’operazione di SEO che suggeriamo e,

dobbiamo ammettere che il suo esito finale non dipenderà esclusivamente

dalle competenze informatiche del consulente che viene incaricato di

portarla a compimento ma soprattutto alla sua preparazione

multidisciplinare.

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Utile quindi, a voler seguire questo approccio fino in fondo, organizzare un

gruppo di lavoro che abbracci competenze e conoscenze in aree diverse e

che possibilmente possa configurarsi in un affiancamento, da parte del

marketing e del settore commerciale, al lavoro del professionista esterno.

Ciò che faremo è dilatare l’universo semantico del sito. Le osservazioni

condotte sul Resonanche Marketing hanno, fra l’altro, permesso di ampliare

l’orizzonte della nostra percezione di un prodotto rendendolo referente non

solo di una forma e di una funzionalità ma anche di un’appartenenza ad

un “genere”. Le sue varianti, al pari di quelle di una specie animale, lo

declinano in classi tanto più numerose quanto più ampia è la sua

potenzialità didifferenziazione sul mercato.

Il segreto, a questo punto, è riconoscere che i prodotti ( e, più in generale, le

“cose”) hanno una natura ambigua, poliedrica, mutante. Il fatto è che non

esistono in quanto tali ma in quanto relazionati alla mente dell’uomo e

dunque al suo linguaggio. Significante e significato, benché non siano

separabili, sono, secondo De Saussure, inseparabili come le facce dello

stesso foglio ma in un rapporto fra loro arbitrario. Senza entrare nel merito

della questione, recuperiamo questa proprietà, alla base della linguistica desaussuriana e mettiamola al servizio della nostra terapia

Seo. Pieghiamola al meglio ai nostri interessi, accettando anche l’assioma

che il linguaggio, o meglio la sua articolazione scritta subisce una

trasformazione quando passa attraverso le query ad un motore di ricerca.

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L’utente nella sua personalissima relazione uomo – macchina tiene conto

dell’ esigenze del motore, ovviamente quelle che lui ritiene tali, ad esempio

brevità, concisione, oggettività, utilizzo di un linguaggio comune (raramente

di tipo concettuale se fa acquisti) , ecc.. Percorsi sempre inattesi che

ampliano a dismisura il volume complessivo delle parole di ricerca (i.e.

parole chiave). La tumultuosa attività delle ricerche on line è la linfa che

alimenta le opportunità della SEO.

[Se vuoi approfondire vai su Google Insights for Search.]

E così, il lavoro che ci stiamo proponendo di organizzare, si installa entro un

sistema di approssimazione il quale però, colloca il prodotto nel ruolo di

centro semantico, valore questo, già di suo, non puntuale ma impreciso, non

accurato ma approssimativo, non levigato ma poroso che ci chiama ad un

ulteriore analisi: valutare (persino indagare, se possibile) le possibili relazioni

di scambio immaginario, così come vengono attualizzate nell’uso del

linguaggio scritto da parte dell’utente. Ormai non stiamo più focalizzando

l’attenzione sul prodotto ma sulle caratteristiche sociali e culturali della

nostra audience, ispirandoci alla vaghezza semantica più prossima al loro

modo di esprimersi nell’evocarlo, poiché, per l’osservazione che abbiamo qui

avvallato, ovvero che il significato associato ad un significante si debba

vedere come un’area attorno ad un centro semantico, abbiamo del tutto

abbracciato la condizione che il primo sia, per sua natura, un valore

plurideterminabile.

Senza aprire una vera e propria parentesi , diamo anche spazio ad un tema

trasversale, ma ben noto in ambito filosofico, firmato da Nietzsche, e

relativo alle immagini metaforiche. Il nostro affermò che: “il concetto non è

che il residuo d’ una metafora” per ricordare, all’ombra di tale pensiero, che

l’uomo, ma solo l’”uomo potente”, è colui che è capace di creare. E con lo

slancio di una visione orientata al costruttivismo ne “La gaia Scienza” si

spinse ancora oltre affermando:

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“Sono inscindibilmente più

importanti i nomi dati alle cose di quel che esse sono (…) Ma non

dimentichiamo neppure questo: che basta creare nuovi nomi e

valutazioni e somiglianze per creare, col tempo, nuove “cose””.

L’auspicio è che tutto ciò ci faccia riflettere sia sull’uso della lingua che sul

potere della fantasia e dell’immaginazione perché la SEO resta comunque

un tassello, insignificante e forse passeggero, di una relazione, di tipo

linguistico ma anche sociale, che spinge l’uomo ad interagire con il motore

come una passaggio quasi obbligato nella sua frequentazione con il medium

virtuale.

In ragione di ciò seguono alcuni spunti di riflessione che ci permettono di

orientare una solida azione SEO. Ecco cosa fare:

Selezioniamo un certo numero di prodotti dal nostro catalogo su cui

procedere. La scelta dovrebbe cadere su quelli che hanno nel loro DNA le

caratteristiche di prodotti potenzialmente più differenziabili.

Reinterpretiamo le schede prodotto mettendo in rielievo le parole chiave che

implicano degli aspetti propri della differenziazione (non usiamo branded

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keyword). Uno spazzolino in bamboo diventa, ad esempio, uno spazzolino

ecologico. Una scarpa in pelle di vitello prodotta con criteri eco – compatibili

diventa una scarpa vegana, ecc.

Riscriviamo le schede prodotto spostando il baricentro semantico dalla

funzione del prodotto o dalle caratteristiche del design o del valore, in

direzione di quelle che echeggiano i temi del mercato e del bene

differenziato che gli sono più pertinenti e prossime. Non stanchiamoci mai

di cercare di ampliare il perimetro di senso per un prodotto differenziato o

iperdifferenziato. Acquisiamo il linguaggio ed i termini che gli sono liminari

ed usiamoli per rinforzare i contenuti. Basiamoci su tutti gli strumenti che

conosciamo per generare parole chiave, da cui estrarre delle liste che

sistematizziamo adottando un ordinamento che semplicemente collega un

gruppo di parole chiave differenziate per ogni prodotto oggetto del

posizionamento. La corrispondenza sottende l’esistenza di un grado di

pertinenza fra la key word e la natura del prodotto, pensata in relazione alle

possibili ricerche degli utenti.

Avviamo delle attività che producono contenuti (non schede prodotto) relativi

ad un’intera famiglia di prodotti che si possono identificare con il tuo,

secondo il criterio di somiglianza o appartenenza, indicato dalle linee guida

al punto precedente. Da qui in poi chiamerò “famiglia estesa” l’insieme

virtuale dei prodotti così identificabili. La famiglia estesa non vuole

diventare un moloch dell’informazione, e tanto meno il baratro della stessa;

la devi pensare come una poker face: si presenta al pubblico con una sua

sottile malizia si mostra confondendo le carte ma mai veramente

barando. Stai giocando sul limite dei punti di vista ma sempre

rigorosamente con una comunicazione etica. I contenuti vengono pubblicati

sul tuo sito , sul tuo blog, sui tuoi social. Diffondere, diffondere, diffondere

senza duplicare!

Inizia un attività di linkbuliding che ti permetta di seguire le linee guida del

punto precedente per avviare la creazione di contenuti esterni al tuo sito e ai

tuoi social. Ripeti lì le estensioni semantiche che hai utilizzato sin qui nel

tuo approccio.

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Sviluppa una comunicazione che abbracci temi di interesse per gruppi di

ascolto specializzati che siano in qualche misura però occasionati ad un

attenzione verso i prodotti che hai manipolato Volta per volta potrai pensare,

ad esempio, di proporre temi in relazione con la disabilità, il riciclo, la

maternità, la scuola, la sanità, l’inquinamento ambientale, l’ecologia, alcune

materie religiose, l’insorgere di malattie e disturbi (tumori, obesità, diabete,

ecc.), l’emigrazione, gli interessi specifici di ristrette comunità linguistiche

(Marketing Multietnico o Multiculturale), materie culturali, argomenti

efficaci per nicchie di pubblico quali la moda, la dieta, l’attività sportiva, la

cura dello spirito, le terapie non convenzionali, ecc.

Trasforma il tuo obiettivo da Commerciante diventa Comunicatore; alterna

continuamente il tuo punto di vista con quello della tua audience, vesti i

panni di quelli a cui ti rivolgi, impara da loro, fai di più, diventa uno di loro

ma non rinunciare alla tua originalità, al tuo pensiero, al tuo stile. Gioca

sull’ironia, metti a punto un tuo tono conversazionale e avrai accesso al

Walhalla del mercato.