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Reporter Speciali 28 ottobre 2011
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Giornale settimanale di informazione e annunci - Spedizione in abb. postale, art. 2 com. 20/b, leg. 662/96 - Filiale RE. Contiene I.P. - Editrice Reporter srlRedazione, amministrazione e pubblicità: via Emilia Ospizio, 23 - 42122 Reggio Emilia - tel. (0522) 45.50.50 r.a. - Fax (0522) 45.35.15
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€ 1,90Anno 24 • numero 41 • 28 ottobre 2011
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Pag. 13venerdì 28 ottobre 2011 - REPORTER
CAVOLA TARTUFO
DOMENICA 6 NOVEMBREOre 9
Apertura standEsposizionee vendita
dei prodotti della Montagna
Ore 10Inaugurazionedella 24a Festa
del Tartufo di Cavola
Ore 12.30Cavola Forum
Ristoranti della zonaPranzo a base di Tartufo
Ore 15Ex Campo sportivo
Gara di ricerca del TartufoStrade del paese
Attrazioni folkloristicheGiochi per le strade
Ore 19Cavola Forum
Cena a base di TartufoMostra Oggetti antichi
Sala ForumConvegno
“Architettura tradizionaledell’Appennino Problemi
e prospettive”
Relatore: Giuliano CerviSala Leandri
“Suggestione da una esteticasurrazzionale”
Presenta il professoreFranco Canova
DOMENICA 13 NOVEMBREOre 9
Apertura standEsposizione
e mostra del Tartufoe prodotti
della Montagna
Ore 12.30Cavola Forum
Ristoranti della zonaPranzo a base di Tartufo
Dalle ore 15Strade del paese
Attrazioni folkloristicheGiochi
Ore 19Cavola Forum
Cena a base di Tartufo
Salone della scuolaMostra delle ricerche svolte
dagli alunni delle scuoledel comune di Toano
MostraOggetti Antichi
Sala Leandri“Suggestione da una estetica
surrazzionale”Presenta Prof. Franco Canova
Sala Forum “Simonini Giovanni - Uno scultore per l’Arte Sacra dell’Appennino”
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La Festa del Tartufo di Cavo-la, giunta alla 24a edizione,
si svolge come da tradizione la prima e la seconda domenica di Novembre (quest’anno il 6 e il 13 novembre) ed è organizzata dalla associazione turistica Pro-Loco di Cavola. Gli stand della mostra del Tartufo e degli altri prodotti tipici insieme alle le bancarelle dei diversi espositori rappre-sentano un’attrattiva per le migliaia di visitatori che ogni anno giungono a Cavola. La Pro-Loco allestisce le ban-carelle del Tartufo, del Parmi-giano-Reggiano, dei Funghi delle Castagne e dei Salumi (tutti prodotti di questa terra), sono inoltre presenti espositori che propongono prodotti di vario genere: erboristeria, rica-mi, lavorazione delle pelli, del legno, della pietra, quadri. In
questo contesto, trovano spa-zio anche vendite o iniziative di benefi cenza a favore di Scuole o Associazioi locali. Nello stand del Tartufo, ogni domenica, vengono esposti i grani più grossi che parteci-pano alla gara. L’ultima domenica, nell’ambi-to delle premiazioni generali, viene premiato il tartufaio cavatore che ha trovato il grano più grosso con il trofeo Tartufo d’Oro (trofeo di metal-lo placcato a forma di tartufo). Anche le Scuole elementari del territorio (quattro plessi) vengono invitate a partecipare alla festa, inviando uno o più elaborati sul tema: “Il Tartufo e le risorse del nostro territorio”. La mostra delle Scuole contri-buisce a vivacizzare l’ambiente ed è molto apprezzato dal pubblico.
Lungo le vie del paese, ma soprattutto in piazza Italia, si snoda il mercato domenica-le. nell’ambito della festa, si svolgono varie manifestazioni
culturali Il Menù dei ristoranti comprende: due Primi (di cui almeno uno a base di Tartufo), due Secondi (di cui uno a base di Tartufo), Torte e Vini.
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L’eccellenza nel piattoDagli antipasti ai dessert, ecco le ricette dell’autunno
La passione gastronomica del buongustaio riceve una
scossa e viene pervaso da esal-tazione quando puo’ immer-gersi nel profumo intenso del tartufo. Mentre per la scienza botanica le differenze fra il tartufo bianco e quello nero sono minime, in cucina le due specie vengono nettamente distinte secondo un principio essenziale: il tartufo nero va consumato in quantità, quello bianco in pratica e’ un aro-matizzante, che trasmette ai cibi soprattutto un profumo, e va quindi impiegato in dosi
minime. Le altre differenze sono: il nero si consuma cotto, il bianco
quasi esclusivamente crudo, affettandolo con l’apposito tagliatartufi direttamente sulla
vivanda. E’ possibile conser-vare in diversi modi il tartufo bianco o nero, ma consigliamo in particolare di utilizzate un contenitore a chiusura erme-tica, in modo che il profumo non si disperda. Prima di porli nel contenitore pulite il tartu-fo: la pulizia va fatta con uno spazzolino di durezza media o con un pennellino per eli-minare la maggior parte della terra, quindi con un panno per togliere la rimanenza, il tutto fatto con delicatezza. Dopo aver disposto i tartufi nel contenitore, ricopriteli con del riso che ne manterrà l’umidità costante e non li farà ne’ asciu-gare ne’ marcire e recuperateli solo al momento dell’uso. Il riso per conservare i tartufi ne assorbirà il profumo, quindi non buttatelo ma utilizzatelo per farne degli ottimi risotti. I tartufi più pregiati si mangiano crudi, tagliati con il taglia-tartufi al momento di servirli direttamente sulla vivanda pronta posta nel piatto. Qualità meno pregiate trovano un ottimo utilizzo come guar-nizione o nella preparazione delle salse, questi ultimi vanno prima tagliati a pezzetti e messi a insaporire in padella con olio, aglio, acciuga e timo, quindi cosparsi sulla vivanda pronta posta nel piatto.
ZUPPA DI ZUCCATARTUFATA
INGREDIENTI per 4 persone: 600 gr. di zucca gialla, Tar-tufo, brodo, 20 gr. di burro, una patata, 2 tazze di latte, 2 cucchiaio di Grana Padano grattugiato, sale e pepe in grani.COME SI PREPARA: Private della buccia la zucca e taglia-tela a pezzetti. Fate altrettanto con la patata. Fate imbiondire il burro in una casseruola e aggiungete la zucca e le patate, versate dell’acqua calda fi no a ricoprire le verdure e fate cuocere a fuoco lento. Suc-cessivamente togliete i pezzi di verdura dalla casseruola e con un po’ di brodo frullate il tutto fi no ad ottenerne una crema. Incorporate un po’ di latte e il formaggio alla crema ottenuta, salate e spolverate di pepe. Mettete nuovamente il tutto sul fuoco per 10 minuti e prima di servire aggiungete il tartufo tagliato in lamelle.
RISOTTOAL TARTUFO
INGREDIENTI per 4 persone: brodo di vitello, 50 g di burro, cipolla, olio extra vergine 4 cucchiai, Parmigiano Reggiano grattuggiato 60 g, 400 g di riso, sale, pepe, tartufo nero 80 g, vino bianco 2 bicchieri.COME SI PREPARA: Fate roso-lare la cipolla in una casseruola con olio e un pezzo di burro. Unite il riso e lasciatelo tostare per un minuto a fuoco vivace. Bagnatelo col vino e, quando sarà evaporato, aggiungete 4 mestoli di brodo caldo. Cuocete poi per 16 minuti aggiungendo sempre il brodo. A fi ne cottura mantecate col burro rimasto, il formaggio e profumate col tartufo in scaglie.
RISOTTOAI FUNGHI PORCINI
INGREDIENTI per 4 persone: 50 g di riso Arborio, 300 g di funghi porcini freschi, 1 l di brodo vegetale, 80 g di burro1/2 bicchiere di vino bianco secco,1 ciuffo di prezzemolo, 40 g di Parmigiano grattugia-to, 1 cucchiaio di olio extra di oliva, sale.
COME SI PREPARA: Eliminate accuratamente la terra dai porcini strofi nandoli con uno straccetto umido; tagliate con un coltello la parte fi nale dei gambo; affettateli nel senso della lunghezza. In una pentola fate fondere metà dei burro e l'olio extra- vergine di oliva; unite i funghi, cuoceteli per 5 minuti, mesco-lando di tanto in tanto, infi ne raccoglieteli con un mestolo forato e metteteli su un piatto. Aggiungete al fondo di cottura dei funghi il burro rimanente e, quando si sarà fuso, versate il riso e lasciatelo tostare 4 minuti mescolando. Bagnate con il vino e fatelo evaporare. Aggiungete un mestolo di brodo bollente, e mescolando spesso portate il riso a cottura versando altro brodo solo quando il precedente sarà stato completa- mente assorbito. Trascorsi 10 minuti, unite al riso i porcini cotti e il prez-zemolo, lavato, asciugato e tritato fi nemente; mescolate e regolate di sale. Cuocete anco-ra per 5-6 minuti, incorporate il grana grattugiato, spegnete il fuoco e coprite. Lasciate riposare per 2 minuti prima di servire.
Pag. 15venerdì 28 ottobre 2011 - REPORTER
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Quattro secoli di storiaIl tartufo è uno dei frutti della terra più antichi
Il tartufo e’ un frutto della terra conosciuto dai tempi
piu’ antichi. Si hanno testimonianze della sua presenza nella dieta del popolo dei sumeri ed al tempo del patriarca Giacobbe intorno al 1700 - 1600 a.C. I greci lo chiamavano Hydnon (da cui deriva il termine “idnologia” la scienza che si occupa dei tartufi ) oppure Idra ,i latini lo denominavano Tuber, dal verbo tumere(gonfi are),gli arabi Ra-mech Alchamech Tufus oppure Tomer e Kemas, gli spagnoli Turma de tierra o cadilla de tierra, i francesi truffe (deri-vante dal signifi cato di frode collegato alla rappresentazione teatrale di Molière “Tartufe”del 1664, gli inglesi Truffl e, infi ne i tedeschi Hirstbrunst,oppure Truffel. Gli antichi Sumeri utilizzava-no il tartufo mischiandolo ad altri vegetali quali orzo, ceci, lenticchie e senape, gli antichi ateniesi si dice che lo adoras-sero al punto di conferire la cittadinanza ai fi gli di Cherippo per aver inventato una nuova ricetta. Plinio il Vecchio nel libro della Hystoria Naturale ci narra la storia di un pretore, tale Lartio Licinio, che si trovò nella si-tuazione di emettere una sen-tenza che gli creava un enorme imbarazzo. Un ricco cittadino chiedeva un risarcimento da una persona che gli aveva do-nato un tartufo contenente una moneta che gli si rivelò solo quando addentato il tartufo gli si spezzarono i denti incisivi.L’opinione del Plinio nella sua veste di naturalista era che il tartufo “sta fra quelle cose che nascono ma non si possono seminare”. Plutarco azzardò l’affermazione alquanto ori-ginale che il “Tubero” nasceva dall’azione combinata dell’ac-qua, del calore e dei fulmini. Simili teorie erano condivise o contestate da (tra i più noti) Plinio, Marziale, Giovenale e Galeno ed avevano come unico risultato lunghe diatribe. Non essendo quindi ancora stabilita l’origine dei tartufi, la scienza unita alle credenze popolari coprirono il tartufo di mistero al punto che non si sapeva defi nire se fosse una pianta o un animale. Oppu-re venne definito come una escrescenza degenerativa del terreno, più in la’ addiritura cibo del diavolo o delle streghe. Si credeva che contenesse ve-leni che portavano alla morte. Ma il rischio di avvelenamento non era collegato all’organismo tartufo in sè, ma al luogo in cui cresceva, quindi la possibile vicinanza nel terreno di nidi di serpi,tane di animali vele-nosi, ferri arrugginiti e cada-veri. Infatti il Guainero nel suo manuale “Pratica Medicinae”
tratta tra gli altri argomenti gli avvelenamenti da funghi e da tartufi e dopo aver descritto in modo dettagliato le sofferenze riportate dall’intossicazione, consiglia di far cuocere i funghi e quindi anche i tartufi con delle pere che secondo questa teoria avrebbero assorbito i veleni. In realtà la validità di questa prati-ca non è da attribuire all’azione delle pere ma al semplice fatto che i funghi contengono so-stanze tossiche termolabili ad una temperatura pari a 60-70 gradi centigradi ed in questo modo la cottura permette di eliminarle completamente. Altre ricette ci vengono fornite da Dioscoride che nella sua opera “Sulla materia medica” suggeriva per l’avvelenamento da funghi l’aceto, pozioni salate e sterco di pollo. Il primo trattato unicamente dedicato al tartufo risale al MDLXIIII scritto da Alfonso Ciccarelli medico umbro. Un unico episodio nella storia del tartufo collegata ad una morte probabilmente per con-gestione è riportata da un cro-nista del 1368. Si parla del duca di Clarence,fi glio di Edoardo III Plantageneto giunto in visita ad Alba che dopo un abbondante banchetto comprendente tra le altre cose il suddetto tartufo”...Grande copia di trifole havendo manducato per modo di pane, volse con vini diversi donare refrigerio alle interiora, hautene un forte calore que lo addusse a trapasso”. Diversamente procedeva inve-ce la storia gastronomica del tartufo perché non c’era teoria scientifi ca o no che ne limitasse l’uso in cucina. E’ noto che papa Gregorio IV ne fece largo uso uffi cialmente per compensare le energie spese nel fronteg-giare i Saraceni. Sant’Ambrogio ringraziava il vescovo di COMO San Felice per la bontà dei tartufi ricevuti. Nell’Europa del passato il tartufo era anche chiamato “aglio del ricco” per il suo leggero sentore agliaceo
e naturalmente perchè se ne trovavano in abbondanza. In Piemonte se ne fa un con-sumo rilevante intorno al XVII secolo ad imitazione della Fran-cia. C’é anche da aggiungere che i tartufi in questione non erano quelli neri per lo più uti-lizzati per farcire carni e pesci, ma i tartufi bianchi di cui se ne faceva un impiego massiccio.Nel ‘700 il tartufo Piemontese era considerato presso tutte le Corti una delle cose più pregiate. La ricerca del tartufo costituiva un divertimento di palazzo per cui gli ospiti e ambasciatori stranieri a Torino erano invitati ad assistervi. Da qui forse nasce l’usanza dell’utilizzo di un animale ele-gante come il cane per la cerca. Tra la fine del XVII ed inizio del XVIII sec. i sovrani Italiani Vittorio Amedeo II e Carlo Ema-nuele III si prodigavano in vere e proprie battute di raccolta. Un episodio interessante riguarda una spedizione tartufi era avve-nuta nel 1751 organizzata per l’appunto da Carlo Emanuele III nella Casa Reale d’Inghilterra nel tentativo di tartufi zzare la cucina britannica. In quel frangente furono trovati tartufi nel suolo Inglese ma di valore estremamente inferiore a quelli Piemontesi. Il Conte Ca-millo Benso di Cavour nelle sue attività politiche utilizzò il tar-tufo come mezzo diplomatico, Gioacchino Rossini lo defi nì “Il Mozart dei funghi”, lord Byron lo teneva sulla scrivania perché il suo profumo gli destasse la creatività, Alexandre Dumas lo defi nì il Sancta Santorum della tavola. Ma arriviamo ai giorni nostri, per parlare di un perso-naggio che diventerà una pietra miliare nella storia del tartufo ovvero Giacomo Morra, alber-gatore e ristoratore di Alba. Egli intuì la possibilità di ren-dere il Tartufo un oggetto di culto a livello internazionale dandogli un nome “Tartufo d’Alba” e collegandolo a un evento di richiamo turistico e
enogastronomico. Nel 1949 egli ebbe la brillan-te idea di regalare il miglior esemplare raccolto quell’anno alla famosissima attrice Rita Haywort. Quell’episodio non era destinato ad essere unico, perchè da allora in poi quasi tutti gli anni verranno inviati preziosi tartufi a personaggi di rilievo internazionale. Tra tutti i personaggi ricordiamo: il Presidente degli Stati Uniti Harry Truman nel 1951; Win-ston Churchill nel 1953; Joe Di Maggio e Marylin Monroe Nel 1954; L’Imperatore d’Etiopia Hailè Selassiè nel 1955; il Pre-sidente degli Usa Eisenhover e Nikita Krusciov nel 1959; Papa Paolo VI nel 1965.Seguono ancora Ercole Baldini cam-pione di ciclismo, Sofi a Loren, Alfred Hitckcok, l’equipaggio di “Azzurra”, Papa Giovanni Paolo II, Ronald Regan, Gianni Agnelli, Gorbaciov, Luciano Pavarotti, Valentino, il Princi-pe Alberto di Monaco, Valeria Marini. Il tartufo è un fungo che vive sottoterra, a forma di tubero costituito da una massa carnosa,detta “gleba”, rivestita da una sorta di corteccia chia-mata “peridio”. E’ classifi cato in diverse specie: il “Magnatum pico”nome volgare tartufo bianco, il”Melanosporum Vit” nome volgare tartufo nero, l’ “albidum” nome volgare bianchetto, l’ “aestivum” nome volgare scorzone, il “brumale” nome volgare tartufo invernale. Il tartufo è costituito in alta percentuale da acqua e da sali minerali assorbiti dal terreno tramite le radici dell’albero con cui vive in simbiosi. Infatti nasce e si sviluppa vicino alle radici di alberi principal-mente quelle del pioppo, del tiglio, della quercia e del salice, diventando dopo la formazione un vero e proprio parassita. Le caratteristiche di colorazio-ne, sapore e profumo dei tartufi saranno determinate dal tipo di alberi presso i quali essi si svilupperanno. Ad esempio i tartufi che crescono nei pressi della quercia,avranno un profumo più pregnante, mentre quelli vicino ai tigli saranno più chiari ed aromatici. La forma, invece dipenderà dal tipo di terreno: se soffi ce il tar-tufo si presenterà più liscio,se compatto, diventerà nodoso e bitorzoluto per la diffi coltà di farsi spazio. Correva l’anno 1929 quando per la prima volta Giacomo Morra fece il primo tentativo di pubblicizzare il tartufo all’in-terno della già consacrata Fiera d’Alba con una esposizione dei migliori tartufi raccolti ed ottenne un tale successo che si decise di farne una costante all’interno delle Feste ven-demmiali. Naturalmente la manifestazio-
ne negli anni successivi destò sempre più interesse richiaman-do personaggi di alto livello nazionale. Nel 1930 The Observer si occu-pò con un esteso articolo della Fiera di Alba ed in particolare del tartufo. Nel 1932 Pinot Gallizio artista Albese fonda il “Palio degli Asini”. Nel 1933 uffi cialmente la Fiera d’Alba viene denomi-nata “Fiera del Tartufo” e per la prima volta i vini locali come il Barolo, il Barbaresco e l’Asti Spumante si affiancarono al prodotto tartufo. Nel 1936 la VIII Fiera del Tartufo fu inau-gurata da Umberto di Savoia e nel ‘37 da Pietro Badoglio. nel 1942 la Fiera durò solo tre giorni e venne sospesa a causa
della guerra. Si riparte quindi nel 1945 ed il costo dei tartufi era salito a 3000 al Kg. Dagli anni ‘50 in poi la Fiera mantiene il com-pito specifi co di promuovere a livello internazionale le nuove industrie albesi, lo sviluppo delle attività commmerciali, l’artigianato, l’agricoltura e i suoi prodotti. Le manifestazioni collaterali alla fi era assunsero una notevo-le importanza ad esempio con l’organizzazione di concorsi di pittura che portarono ad Alba grandi pittori come Menzio, Paulucci e Solavaggione. Nel 1967 venne ricostituito il Palio degli asini dando vita alle rievo-cazioni medievali della Giostra delle Cento Torri.
venerdì 28 ottobre 2011 - REPORTERPag. 16
SPECIALE CANOSSAFIERA DI S. MARTINO - ProgrammaSABATO 5 NOVEMBRE
Ore 20.30Ciano d’Enza
Chiesa di S. Martino Vescovo9^ Rassegna Corale d’Autunno
Gruppo “Cantandoin Parrocchia” di Ciano d’Enza
Direttore: Chiara GiroldiniCoro e Schola Cantorum Canossa
Direttori: Gian Pietro Capacchie Chiara Giroldini
Corale “Il Pellegrino” di Pellegrino Parmense (PR)
Direttore: Irene D’AngeloCoro “Mantova InCanto”
Direttore: Emanuele Mazzola
DOMENICA 6 NOVEMBRETutto il giorno
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Minibruco, scivolo pagliaccioe miniautoscontro
Dalle 14.30 alle 16.30
“O come....Arachide”Spettacolo di clown per adulti e
bambini di e con Andrea Menozziin arte Stoppino.
Una grossa valigia a formadi arachide spunta fuori
soffi ando a pieni polmoni dentroa una nocciolina americana.
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Chiuso il Lunedì
Tra t tor ia Ore 17Teatro “Matilde di Canossa”
“Halloween, tre storie di streghe”Spettacolo per bambini
Racconti che prendono vitanei castelli incantati.
Un girotondo di parole e brividi,tra zucche fatate e streghe birbone,
orchi dalle lungheunghie e piccoli eroi coraggiosi
Con l’attrice Monica MoriniIngresso gratuito
Ore 21.30Teatro “Matilde di Canossa”“S’agh fosa mia la mama”
Commedia in due atti scrittaed interpretata da Enzo Fontanesi
e Silvia RazzoliQuadretto di famiglia
tipicamente contemporaneoin cui gli uomini si sa sono presi
da molti (si fa per dire)interessi e problemi:
calcio,televisione, amici, bar… E quando
c’è una partita può succederedi tutto … ma per gli uomini
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di CanossaIl teatro sarà apertoa partire dalle ore 21
Pag. 17venerdì 28 ottobre 2011 - REPORTER
SPECIALE CANOSSA
Le testimonianze storiche legate alla lavorazione della
pietra rappresentano una fonte estremamente importante, spesso unica, per comprendere vita e vicissitudini dei popoli che ci hanno preceduto. Così anche in Val d’Enza, dove, in particolare nel suo ambito collinare ed appenninico, è tradizione ormai consolidata la lavorazione artigianale ed artistica della pietra arenaria. Si tratta di “arte antica”, tra-mandata lungo i secoli attra-verso generazioni di gruppi familiari autoctoni. Ne sono testimonianza alcu-ni reperti ritrovati a Luceria, l’antico sito della Gallia Toga-ta, posto al confi ne nord del territorio comunale. N’è grande testimonianza altresì il “periodo Matildico” dove alla capacità scultorea d’ignoti artisti sono dovuti i pregevoli battisteri del San-tuario di Sant’Apollonio in Canossa, della Pieve di Sasso e della chiesa di Bazzano in territorio parmense, nonché di molti altri luoghi “dell’Area Matildica”. Ne sono infine notevole testimonianza le innumerevoli case a torre che
si ergono maestose nelle varie borgate della Val d’Enza, così come le numerose “maestà”, d’epoche e stili diversi, che ca-ratterizzano i diversi crocevia della nostra rete stradale. L’Amministrazione Comunale di Canossa, dopo alcune espe-rienze casuali estremamente positive, ha recuperato questa antica tradizione istituendo la “Scuola per la lavorazione Artigianale ed Artistica della Pietra” con lo scopo di valoriz-zare la lavorazione della pietra stessa come espressione tipica del proprio territorio promo-vendone la sua divulgazione sia a scopo turistico-culturale sia produttivo-occupazionale. L’iter formativo degli allievi prevede tre anni di corsa base, in cui vengono insegnate le nozioni pratiche fondamentali per il raggiungimento di una suffi ciente autonomia opera-tiva, nonché almeno due od anche più anni casuali di per-fezionamento atti al raggiun-gimento di qualità e capacità tecniche di grado avanzato. Ai corsi istituiti dalla scuola si accede tramite regolare iscrizione annuale, secondo le modalità previste dall’Ammini-
strazione Comunale, ed al ter-mine dei tre anni di corso base e dei successivi due o più anni di corso di perfezionamento, viene rilasciato un attestato di partecipazione. La docenza, sia per quanto riguarda la parte teorica che quella pratica, è demandata ad esperti di sto-ria dell’arte, ad insegnanti di disegno ed a maestri scultori di qualità. In particolare, in questi ultimi anni, la presenza, come maestro di laboratorio, dello scultore di fama inter-nazionale Vasco Montecchi, ha rappresentato un’indubbia ed evidente garanzia di qualità didattica. In tutto il territorio del Comune di Canossa così come anche in diversi comuni della provincia reggiana, sia presso abitazioni private sia in luoghi pubblici, sono già ammirabili opere di scultori “fi gli” della scuola canossana.
A scuola di…pietraOpportunità di studio sulla lavorazione dell’arenaria canossiana
di Albertini AntonioVia Cavandoli n. 24 - CANOSSA (RE)
Tel e Fax. 0522/878735 - Cell. 339/3182926
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