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1 Prenditi per mano. Campagna informativa per contrastare la violenza sulle donne e percorsi di educazione all'autostima e all'empowerment femminile” Bando “Piccoli progetti per grandi idee” - Regione Lombardia COORDINATO da: Associazione BLIMUNDE – Sguardi di donne su salute e medicina – Milano In COLLABORAZIONE con: Comune di Cernusco Sul Naviglio, Comune di Pioltello, Comune di Vimodrone RICERCA – analisi dei dati e stesura report: Lia Lombardi RICERCA quantitativa - raccolta e elaborazione dati: COESIS Research Srl – Cologno Monzese RICERCA qualitativa - raccolta dati: Lia Lombardi, Marina Mariani COMUNI E ASSESSORATI

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“Prenditi per mano. Campagna informativa per contrastare

la violenza sulle donne e percorsi di educazione all'autostima e all'empowerment femminile”

Bando “Piccoli progetti per grandi idee” - Regione Lombardia COORDINATO da: Associazione BLIMUNDE – Sguardi di donne su salute e medicina – Milano In COLLABORAZIONE con: Comune di Cernusco Sul Naviglio, Comune di Pioltello, Comune di Vimodrone RICERCA – analisi dei dati e stesura report: Lia Lombardi RICERCA quantitativa - raccolta e elaborazione dati: COESIS Research Srl – Cologno Monzese RICERCA qualitativa - raccolta dati: Lia Lombardi, Marina Mariani COMUNI E ASSESSORATI

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PRENDITI PER MANO

Campagna informativa per contrastare la violenza contro le donne e percorsi di

educazione all'autostima e all'empowerment femminile

La violenza sulle donne non ha tempo né confini, non risparmia nessuna nazione o paese, industrializzato o in via di sviluppo che sia. Non conosce nemmeno differenze socio-culturali; vittime ed aggressori appartengono a tutte le classi sociali e, come ormai apprendiamo quotidianamente, spesso la violenza avviene all’interno delle mura domestiche. Secondo l’OMS una donna su cinque ha subito, nella propria vita, abusi fisici o sessuali da parte di un uomo. Molte donne sottomesse a relazioni abusive, specie se protratte nel tempo, manifestano rilevanti cadute dell’autostima e perdita di sicurezza. I gruppi di sostegno e di auto mutuo-aiuto che intervengono sulla ricostruzione dell’autostima e dell’empowerment, sono importanti in aggiunta agli esistenti servizi specialistici. I corsi di autodifesa sono utili se affiancati a percorsi miranti a rafforzare la consapevolezza di sé e del proprio valore: è questo uno degli obiettivi dell’iniziativa che abbiamo rivolto alle donne della nostra città. Gli interventi messi in atto intendono avviare un cambiamento culturale investendo in primo luogo sulle giovani generazioni perché maturino la coscienza del valore intrinseco della persona e dell’importanza del rispetto reciproco in relazioni umane paritarie. In questa direzione è necessario il concorso di tutte le Istituzioni perché insieme alla società civile contrastino l’onnipresente immagine della donna ridotta ad oggetto e la mercificazione del corpo femminile.

Assessore alle politiche sociali Rita Zecchini

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LA RICERCA QUANTITATIVA E QUALITATIVA

La violenza contro le donne nel mondo

La violenza contro le donne, detta anche violenza di genere nelle sue varie forme – stupro, violenza domestica, delitti d’onore, e traffico di donne – manifesta i suoi alti costi di salute fisica e mentale, nonché di gestione complessiva della propria vita. Sempre più spesso la violenza di genere viene riconosciuta come un vero e proprio problema di salute pubblica e una grave violazione dei diritti umani fondamentali.

La violenza colpisce la vita delle donne e delle bambine (Fig. 1) sia nei paesi industrializzati1 che in quelli in via di sviluppo e, quella all’interno delle famiglia, sebbene sia la più sfuggente agli occhi del pubblico e alle statistiche ufficiali, è quasi certamente la più diffusa: non risparmia alcuna cultura o società, al punto che milioni di donne la considerano un modo di vivere, e si trasmette da una generazione all’altra, trasformando in adulti violenti i bambini cresciuti nella violenza “La violenza contro le donne è presente in tutte le situazioni economiche e sociali ed è profondamente radicata in molte culture di tutto il mondo”(Johnson, 1997)2.

Fig. 1 - La violenza di genere nell’arco della vita delle donne Fase Tipo di Violenza

Prenatale Aborti selettivi per sesso, percosse durante la gravidanza, gravidanza forzata (stupro di guerra, etnico).

Prima infanzia Infanticidio femminile, abusi emotivi e fisici, differenze nell’accesso al cibo e all’assistenza medica.

Infanzia Mutilazioni dei genitali femminili, incesto e abuso sessuale, differenze nell’accesso a cibo, assistenza medica e istruzione; prostituzione infantile.

Adolescenza Violenze durante il corteggiamento, rapporti sessuali basati sul ricatto economico, abusi sessuali sul posto di lavoro, stupro, molestie sessuali, prostituzione forzata.

Età riproduttiva Abusi da parte del partner, stupro coniugale, abusi e omicidi per dote, assassinio per mano del partner, abusi psicologici, abusi sessuali sul posto di lavoro, molestie sessuali, stupro, abuso di donne disabili.

Vecchiaia Abusi sulle vedove, abusi sugli anziani (che riguardano soprattutto le donne).

Fonte: Heise L., Violence against women: the hidden health burden. World Bank Discussion Paper, The World Bank, Washington D.C., 1994.

Che cos’è dunque la violenza contro le donne? Nel 1993 la Dichiarazione delle Nazioni Unite sulla Eliminazione della Violenza contro le donne offriva la prima definizione ufficiale:

1 In Svezia, per esempio, 16 donne ogni anno vengono uccise dai loro partner: questi delitti rappresentano un sesto di tutti gli omicidi. Tra gennaio e settembre 1998 sono stati denunciati 20.373 casi di abusi contro le donne. Dalle ricerche condotte tra il 1991 e il 1996, è emerso che gli uomini che avevano ucciso la partner erano spesso ubriachi o affetti da problemi psichici, e le ragioni più comuni erano la gelosia e la separazione (Reuters, 1999). La rete Astra ha riferito che "il 29% delle donne in Romania, il 22% in Russia e in Ucraina 21%, hanno vissuto l'esperienza dell’abuso fisico coniugale", e che oltre il 42% di tutte le donne sposate e conviventi in Lituania sono state vittime di violenza fisica o sessuale o minacce di violenza da parte del partner” (settembre 2002). 2 A livello mondiale, 40-70% di tutte le vittime di omicidi femminili sono uccise da un partner intimo. Secondo il Fondo per la prevenzione della Violenza in Famiglia (FVPF), una donna su tre nel mondo ha vissuto la violenza sessuale, fisica, emotiva o altri abusi nel corso della sua vita. L' Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) riferisce che in quarantotto indagini da tutto il mondo, il 10-69% delle donne ha dichiarato di essere stata aggredita fisicamente da un partner intimo nel corso della loro vita.

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art.1 – qualsiasi atto di violenza basato sul genere che termini, o possa terminare, in danni fisici, sessuali e psicologici, incluso il tentativo di produrre questi atti, la deprivazione arbitraria o coatta della libertà, che avvenga nella vita pubblica o privata. L’art. 2 allarga e meglio definisce gli atti considerati violenti contro le donne includendo: abusi sessuali anche nei confronti delle bambine; violenza legata alla dote; stupro (compreso quello praticato dal coniuge); mutilazioni genitali femminili e altre pratiche tradizionali dannose per le donne; violenza non coniugale; violenza sessuale legata allo sfruttamento; molestie sessuali e intimidazioni sul lavoro, a scuola o altrove; traffico di donne e prostituzione forzata (UNFPA, 2005).

La violenza contro le donne è stata, ed è ancora, coperta dalla cultura del silenzio. Infatti è molto difficile produrre statistiche attendibili sull’entità del fenomeno poiché questa violenza viene poco denunciata per il sentimento di “vergogna” e per la paura della “stigmatizzazione” e della vendetta. Inoltre, un’altra delle ragioni per cui le donne rimangono in silenzio è che in molte società la violenza contro le donne è accettata come un “normale aspetto della relazione di genere”, come mostra la Tab. 1 (Lombardi, 2008). Tab. 1 - Donne che credono che essere picchiate sia giustificabile per almeno una ragione (su 100 donne sposate che hanno avuto esperienza di violenza domestica tra 15-49 anni).

Paesi % donne che credono che essere picchiate sia giustificabile per almeno una ragione

Egitto 94

Zambia 91

India 70

Haiti 48

Cambogia 46

Nicaragua 34

Repubblica dominicana 11 Fonte: Kishor S., Johnson K., Profiling Domestic Violence: a Multicultural Study, MD: ORC Macro, Measure La violenza contro le donne in Italia L’indagine ISTAT multiscopo sulla sicurezza delle donne riferibile all’anno 2006 misura quattro diversi tipi di violenza contro le donne: fisica, sessuale, psicologica, dentro la famiglia (da partner o ex partner, quindi nella relazione affettiva) e fuori la famiglia (da sconosciuto, parente, collega, amico). La violenza fisica è graduata dalle forme più lievi a quelle più gravi, cioè dalla minaccia, all’essere spinta, fino all’essere colpita e picchiata. Per violenza sessuale si intendono le situazioni in cui la donna è costretta a subire, contro la propria volontà, atti sessuali di diverso tipo dallo stupro al tentato stupro, dalle molestie ai rapporti sessuali non desiderati. Le forme di violenza psicologica comprendono le denigrazioni, il controllo dei comportamenti, le intimidazioni, le forti limitazioni economiche subite dalla partner (violenza economica). Infine vi è il fenomeno dello stalking per cui una persona è perseguitata da intrusioni, appostamenti, pedinamenti, lettere, telefonate, SMS di minaccia, ricatto o calunnia in seguito a separazioni e rotture di relazioni sentimentali. Sono stimate quasi 7 milioni le donne dai 16 ai 70 anni vittime di violenza fisica o sessuale nel corso della vita. Mentre la violenza fisica è maggiormente esercitata dal partner, l’inverso accade

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per quella sessuale. Circa un quinto delle donne subisce violenze fisiche e un quarto quelle sessuali. Gran parte delle vittime subisce ripetute violenze, sia fisiche che sessuali, dentro e fuori la famiglia. Gli ex-partner sono la categoria più spesso responsabile di ogni tipo di aggressione contro le donne. I maltrattamenti in famiglia, sia fisici che psicologici, rappresentano oltre l’80% delle violenze esercitate contro le donne. Le donne separate e divorziate sono maggiormente a rischio; seguono le nubili, le laureate, le diplomate, le dirigenti, le libere professioniste, le impiegate e le studentesse. Nella maggioranza dei casi le violenze non sono denunciate. Il sommerso è elevatissimo e raggiunge quasi il 96% delle violenze provenienti dai non partner e il 93% dai partner. Gli stupri non denunciati riguardano il 92,6% dei casi e i tentati stupri, il 94,2%. Pertanto la violenza contro le donne è un’emergenza sociale fin troppo radicata, è un fenomeno che non può essere considerato solo come un problema che riguarda le vittime e i loro familiari, ma deve necessariamente coinvolgere l’intera società. Ogni genere di violenza e maltrattamento ha un costo sociale molto alto, sia per le donne che subiscono, sia per la comunità e la società di appartenenza3. Una donna abusata rischia di entrare in un vortice che molte volte ha effetti pesanti sulla propria salute e sulla crescita dei figli. Le violenze frenano l’empowerment e ostacolano la piena partecipazione delle donne alla vita sociale, economica e politica del proprio Paese. Le violenze contro le donne generano spese pubbliche elevate per i servizi sanitario, per il sistema giudiziario, per la sicurezza e soprattutto per il prezzo pagato dalle nuove generazioni in termini di disagio e sviluppo. Rilevanza statistica e territoriale del fenomeno L’ampiezza del fenomeno della violenza di genere nelle sue varie tipologie è rilevabile in termini quantitativi solo dai dati ISTAT e incrociando alcuni di questi dati con quelli socio-anagrafici dei Comuni aderenti al progetto è possibile osservare la rilevanza del fenomeno in ambito territoriale, suddiviso per tipologia di violenza, ripartizioni geografiche, tipologia dei Comuni e classi di età. Oltre che per tipologie di violenze (fisiche, fisiche senza minacce, sessuali, sessuali senza molestie, stupro o tentato stupro, psicologiche trasversali ai due macro gruppi, violenze da partner e da non partner) i dati nazionali sono analizzati per ripartizioni geografiche (Italia nord occidentale, che comprende la Lombardia, Italia centrale, meridionale e insulare), tipi di Comuni (aree di grande urbanizzazione, comuni della periferia urbana e altri comuni suddivisi per dimensione demografica: fino a 2 mila abitanti, da 2 mila a 10.001 abitanti da 10.001 a 50.001 abitanti oltre 50.000 abitanti), classi di età (16-24, 25-34, 35-44, 45-54, 55 e più). I Comuni aderenti al progetto, secondo le categorie ISTAT, sono classificabili come Comuni dell’area italiana del Nord ovest, con abitanti compresi tra i 10.001 e i 50.001 abitanti (Cernusco sul Naviglio, Pioltello e Vimodrone). Le classi di età della rilevazione ISTAT e dei dati locali non coincidono, pertanto andiamo a considerare le donne di età compresa tra i 20 e i 59 anni residente sul territorio. Utilizzando quindi i dati ISTAT è possibile rilevare alcune criticità del fenomeno che sintetizziamo qui di seguito:

• Nelle regioni del Nord Italia vi è un maggiore tasso di vittimizzazione, sia per la violenza sessuale che per le minacce di violenza fisica.

• Sempre in questa area geografica, prevalentemente a rischio per tutte le forme di violenza è la fascia di età tra i 25-44 anni.

• La violenza domestica prevale al Nord Italia per le donne più giovani (16-34 anni) e con un numero rilevante di casi nei comuni con numero di abitanti compresi tra i 2

3 a questo proposito non sono disponibili i dati sulla situazione italiana, ma possono essere indicativi i dati europei che variano dai 19,3 € pro capite della Finlandia ai 58,4 € della Spagna

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mila e 10 mila e i 10 mila e i 50 mila abitanti. In questa tipologia di Comuni la maggiore parte delle violenze avviene in casa.

• I dati relativi alle valutazioni della vittima rispetto alla violenza subita rivelano che è ancora molto basso il numero di coloro che considerano la violenza un reato in tutte le classi di età e nelle zone geografiche interessate, il che evidenzia la forte presenza di stereotipi e alto livello di tolleranza, che nel paragrafo successivo evidenziamo come fattori di rischio.

• Rispetto alle violenze fuori dalla famiglia le vittime che hanno subito minacce fisiche sono concentrate nei Comuni del Nord Ovest. La violenza fisica più quella sessuale prevale per le donne della fascia di età tra i 16-24 anni mentre le minacce fisiche per le donne tra i 35 e i 70 anni.

• Nei Comuni del Nord Ovest le vittime hanno avuto una reazione personale attiva e di contro scarso aiuto (45% dei casi) da parte delle persone presenti.

• Basso su tutto il territorio nazionale è il numero delle donne che hanno chiesto aiuto ai servizi specializzati.

Fattori di rischio e di protezione Come emerge dai dati ISTAT, il fenomeno della violenza contro le donne risulta complesso e non può essere affrontato solo da un punto di vista clinico e giuridico, ma occorre tenere in considerazione i diversi ambiti di riferimento: socio-culturale, relazionale, individuale. I fattori culturali, sociali ed economici possono determinare condizioni di dipendenza e di subordinazione della donna all’uomo, soprattutto nel rapporto affettivo, e contribuire a mantenere convinzioni che affidano alla donna solo la funzione di cura all’interno delle relazioni a discapito della reciprocità e della possibilità di esprimere desideri e bisogni propri. Inoltre, i comportamenti aggressivi, anche quelli sessuali, vengono giustificati perché “connaturati alla natura dell’uomo”, soprattutto quando si verificano all’interno delle mura domestiche. Anche la dimensione individuale è indispensabile per comprendere il fenomeno della violenza: in particolare risultano come deterrenti rispetto alle varie forme di violenza, un buon livello di auto-stima, una immagine positiva di sé, un adeguato rispetto della propria persona e della propria integrità, la consapevolezza dei propri diritti e della inviolabilità del proprio corpo e del proprio spazio. Inoltre in questa dimensione grande valore ha la soglia di tolleranza, che, quando è troppo bassa, crea una sorta di assuefazione al maltrattamento e alla violenza impedendo di mettere in atto le naturali capacità di reazione e di opposizione, mentre riconoscere la violenza in quanto tale presuppone il percepirsi come persona degna e positiva. Le reazioni del contesto familiare e sociale giudicante e ostile, con carenze di risorse materiali, rappresenta un elemento che può appesantire l’entità del danno. Al contrario il tempestivo riconoscimento della violenza subita, la possibilità di parlarne liberamente, adeguate risposte del contesto familiare e sociale insieme a risorse materiali e azioni di protezione costituiscono fattori positivi di prevenzione e di rielaborazione. A partire da questa sintesi, che concerne sia l’insorgere che il persistere delle violenze contro le donne, è possibile evidenziare i principali fattori di rischio che portano a una percezione distorta del fenomeno. Una prima distinzione quindi riguarda le dimensioni oggettive del rischio, quali le condizioni di inferiorità fisiche delle donne e alcune situazioni familiari, sociali, culturali particolarmente degradate; in secondo luogo vanno considerate le dimensioni soggettive che sono la presenza di stereotipi, il livello di tolleranza alla violenza, la vulnerabilità, l’influenza di una non adeguata informazione da parte dei media (soprattutto giornali e televisione), la non corretta comprensione della violenza domestica.

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Una recente ricerca sulla percezione della violenza contro le donne da parte di un campione misto di donne e uomini, elaborata all’interno della Rete antiviolenza delle città Urban, mette in luce alcuni dei fattori di rischio appena citati. In particolare a partire dalle risposte a due specifici questionari circa la percezione della violenza di genere emergono sia nella popolazione maschile che in quella femminile, sebbene con un livello inferiore tra le donne, la presenza di parecchi stereotipi (Misiti, 2007). Ne citiamo alcuni:

• La violenza sessuale è un fenomeno che riguarda solo donne attraenti; • Se una donna non reagisce alla violenza vuol dire che le piaceva; • Le donne rimangono con un uomo violento perché a loro piace.

A questi stereotipi fa da specchio un livello di tolleranza alla violenza, inferiore nelle donne rispetto agli uomini, evidenziato da alcune affermazioni quali:

• Ci sono circostanze che giustificano la violenza sessuale; • Uno schiaffo ogni tanto non crea problemi; • Tra marito e moglie non si può mai parlare di violenza sessuale; • Ci possono essere circostanze che giustificano la violenza fisica del marito verso la moglie.

Sempre nella stessa inchiesta emergono i media con una funzione importante rispetto alla percezione del fenomeno della violenza contro le donne; giornali e televisione, infatti, sono dichiarati essere le principali fonti di informazione e conoscenza del fenomeno. Purtroppo risulta che le informazioni sia nei contenuti che nel linguaggio sono spesso inadeguate: manca un resoconto realistico, completo e preciso degli eventi, mentre sono utilizzati toni sensazionalistici che suscitano scalpore e curiosità, sminuendo un fatto drammatico e attirando l’attenzione sull’aspetto emotivo: la donna appare come un soggetto debole, fragile, insicuro, incapace di difendersi, mentre l’aggressore un personaggio inquietante, spesso onnipotente (id.). In questo modo gli stessi media finiscono per veicolare e alimentare gli stereotipi più diffusi, creando falso allarmismo circa la sicurezza dei cittadini e soprattutto nelle donne uno scarto tra ciò che viene percepito come pericolo e la realtà del fenomeno della violenza. In particolare, sia da parte dei media che nell’opinione comune, non c’è una corretta consapevolezza del fenomeno della violenza domestica, soprattutto non si ha sufficientemente chiaro che la casa può essere un luogo altrettanto pericoloso che la strada e che l’uomo violento, specie se partner, non può essere in alcun modo giustificato a partire dal giudizio sulla natura “intrinsecamente violenta dell’uomo” (id.). La vulnerabilità4, è considerata tra i principali fattori di rischio. Questa viene definita come la probabilità da parte di qualcuno di essere danneggiato da un comportamento pericoloso. Se il rischio è la relazione che lega un individuo vulnerabile a uno pericoloso, allora il rischio è la condizione che si viene a realizzare solo quando il vulnerabile è esposto al pericoloso. La tenuta è il reciproco della vulnerabilità, mentre il danno è la concretizzazione del rischio (Nardacchione, 2009). Se l’eliminazione totale di ogni rischio è un concetto astratto, nella realtà si cerca di conseguire un livello di rischio accettabile. Tutto ciò per le donne significa imparare a mettere in atto atteggiamenti di previsione, prevenzione, protezione e difesa; la previsione porta a una buona conoscenza della natura del rischio e la prevenzione a mettere in atto tali conoscenze. Mentre la protezione e la difesa sono attività finalizzate alla riduzione del danno (id.). Questi assunti emergono, in buona parte, anche nella nostra ricerca sul territorio.

4 Il concetto a cui facciamo maggiormente riferimento è quello di una vulnerabilità socialmente costruita e non intrinseca al genere femminile, come emergerà chiaramente dalla ricerca quanti-qualitativa di seguito relazionata.

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LA RICERCA SUL TERRITORIO L’Indagine Per la mancanza di dati specifici a livello territoriale e per meglio comprendere il fenomeno e orientare adeguatamente gli interventi, la prima azione prevista dal progetto è la conduzione di una ricerca quantitativa sulla violenza di genere presso la popolazione femminile residente nei Comuni aderenti al progetto (Cernusco S/N, Pioltello, Vimodrone). L’indagine quantitativa è stata seguita da un approccio qualitativo che ha visto la realizzazione di tre Focus group aventi lo scopo di approfondire alcuni temi emersi dai dati quantitativi ed esplorarne gli aspetti motivazionali, sociali, culturali e anche psicologici della violenza di genere nei contesti sia pubblici sia privati, nelle dinamiche sia collettive sia individuali. Gli obiettivi conoscitivi posti nell’indagine quantitativa sono:

esplorare il livello di percezione della sicurezza del proprio Comune; indagare la conoscenza del fenomeno della violenza di genere nelle sue varie tipologie; quantificare l’incidenza delle esperienze di vittimizzazione; misurare il livello di consapevolezza dei fattori di rischio e di protezione.

Per il raggiungimento dei suddetti obiettivi la ricerca è stata commissionata alla Società Coesis Research che ha realizzato 300 interviste telefoniche a donne in età 20-59 anni residenti nei comuni di Cernusco sul Naviglio, Pioltello e Vimodrone. Le interviste sono state distribuite proporzionalmente alle variabili: comune di residenza e classe di età, secondo il seguente piano di campionamento (Tab. 1) Tab. 1 – Piano di campionamento

Cernusco sul Naviglio Pioltello Vimodrone Totale 20-29 anni 17 24 12 53 30-39 anni 32 38 18 88 40-49 anni 34 39 16 89 50-59 anni 26 29 15 70 Totale 109 130 61 300 Le caratteristiche socio-demografiche del campione Il campione di donne che ha risposto ai nostri questionari presenta un’età media di 41,8 anni, con titolo di studio prevalentemente di scuola superiore (42%), coniugate (74%), conviventi con figli e partner (59%). Il 72% ha figli (media 1,2 figli per donna) di cui il 34% minori di 14 anni. 15 donne su 304 sono nate all’estero (5% circa).

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Fig. 16 – età e titolo di studio Il 55% delle intervistate dichiara di avere un’occupazione extradomestica, principalmente di tipo impiegatizio (35%) e il 26% dichiara di essere attualmente casalinga.

Fig. 17 – situazione occupazionale Le nostre intervistate però non possono ancora tutte vantare l’autonomia economica, solo il 47% di esse ritengono di essere totalmente autonome; il 33% parzialmente autonome e il 20% dipendenti dal partner o dalla famiglia di origine.

Età media: 41,8 anni

Titolo di studio

Diploma scuola media superiore

42%

Diploma professionale

10%

Licenza media26%

Licenza elementare

6%

Diploma univ./laurea

16%

Età

29%

24%

18%

29%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100% 50-59 ANNI40-49 ANNI30-39 ANNI20-29 ANNI

Età

29%

24%

18%

29%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

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100% 50-59 ANNI40-49 ANNI30-39 ANNI

Età

29%

24%

18%

29%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100% 50-59 ANNI40-49 ANNI30-39 ANNI20-29 ANNI

Occupazione

1%

4%

6%

9%

26%

55%Occupata

Casalinga

Pensionata

Studentessa

Disoccupata

Altro

Tipo di occupazione svolta o che svolgeva

11%

1%

1%

1%

1%

4%

8%

9%

29%

35%Impiegata

Casalinga

Operaia

Insegnante

Libera professionista

Coadiuvante familiare

Dirigente/direttivo

Artigiana/commerciante

Proprietaria/affittuaria agricola

Altro

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La percezione della sicurezza La maggior parte delle donne intervistate risiede nei paesi oggetto d’indagine da più di 10 anni e il 35% vi è nata. Questo significa che la gran parte delle donne conosce bene il territorio in cui abita anche riguardo ai cambiamenti che si sono verificati negli ultimi decenni. Tra le donne intervistate, la percezione della sicurezza è molto diversa a seconda del Comune di residenza: mentre infatti la situazione per Cernusco sul Naviglio è piuttosto buona (il 64% delle donne ivi residenti si sente sempre sicura), risulta più critica per Vimodrone (38%) e soprattutto per Pioltello (36%). A sentirsi maggiormente preoccupate sembrano essere soprattutto le donne giovani (il 17% delle 20-29enni afferma di non sentirsi mai sicura nel proprio Comune).

Fig. 2 - Come giudica la qualità della vita nel suo Comune di residenza?

Alla domanda se pensano che nel proprio comune siano frequenti i casi di violenza sessuale contro donne adulte (+ di 18 anni) il 65% risponde di no, il 14% sì e il 21% non sanno. Riemerge però la differenza tra i comuni: rispondono affermativamente il 7% delle intervistate di Cernusco, il 21% di Vimodrone e il 16% di Pioltello che dimostrano, ancora una volta, una maggiore percezione dell’insicurezza in questi ultimi comuni rispetto a quello di Cernusco.

Fig. 3 - Ritiene che nel suo paese siano frequenti i casi di violenza sessuale a carico di donne adulte? (+18 anni)

No 65%

Sì 14%Non so21% 7%

78%

14%

16%

60%

24%

21%

53%

26%

No

Non so

Cernusco

Pioltello

Vimodrone

13%

43%

40%

4%

Ottima

Mediamentebuona

Ci sonoproblemi come

dappertutto

Ci sonoproblemi gravi

25%

52%

21%

2%

5%

33%

55%

8%

8%

49%

43%

0%

Ottima

Mediamentebuona

Ci sonoproblemi come

dappertutto

Ci sonoproblemi gravi

CernuscoPioltelloVimodrone

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Rispetto alla sicurezza personale il 46% delle intervistate dice di sentirsi sempre sicura, per il 48% dipende dalle circostanze e il 6% non si sente mai sicura. Anche in quest’ultimo caso emergono significative differenze tra i comuni e tra le diverse fasce di età: tra coloro che si sentono sempre sicure il 64% risiedono nel comune di Cernusco, il 36% a Pioltello e il 38% a Vimodrone. La sicurezza è percepita in misura maggiore dalle donne nella fascia di età 50-59 anni (62%) a seguire quelle tra i 30-39 anni (47%); 40-49 anni (44%) e meno sicure si percepiscono le più giovani (29% in età 20-29 anni). Quali fattori possono influenzare questa differente percezione della sicurezza tra le donne? Pensiamo che almeno due possano essere le ragioni: da un lato la paura di essere molestate che si pensa riguardi principalmente le donne “giovani e belle”; dall’altro, immaginiamo, una insicurezza di fondo già dovuta alla giovane età e al minor bagaglio di esperienze, di consapevolezze e percezioni di sé, che invece sono maggiormente strutturate nelle donne adulte.

Fig. 4 – personalmente lei si sente sicura in questo Comune? La conoscenza della violenza di genere Il 97% delle donne interviste dichiara di aver sentito parlare di molestie sessuali; il 94% di maltrattamenti fisici; il 95% di violenze psicologiche; il 97% di violenze sessuali. È evidente che, seppur di poco, l’impatto delle molestie e delle violenze a sfondo sessuale è superiore alle altre forme di aggressione. Il dato sembra essere confermato dal fatto che il 92% delle intervistate ritiene che la violenza sessuale riguardi tutte le donne e solo il 3% pensa che sia rivolta alle donne più attraenti; il 2% alle donne giovani, il 2% alle donne più disagiate. Le principali fonti di conoscenza delle diverse forme di violenza di genere sono i media (95% televisione, 65% giornali e 30% radio). Tra le giovani acquistano una maggiore importanza i canali del “passaparola” (conoscenti e amici), mentre per le 50-59enni le fonti di conoscenza diverse dalla televisione hanno minore incidenza. Per quello che riguarda le possibili cause della violenza, le risposte prevalenti riguardano: l’abuso di sostanze e di alcool (62%), il predominio del sesso maschile su quello femminile (46%), il basso livello d’istruzione (44%), l’essere già stati vittime di violenze (34%). L’abuso di sostanze e alcool e il basso livello di istruzione sono maggiormente indicati dalle donne appartenenti alle fasce di età più giovane (20-29 e 30-39 anni) mentre le donne tra i 40 e i 49 anni interpretano il predominio del sesso maschile su quello femminile come la causa maggiore della violenza di genere. Le motivazioni più “giustificatorie” (ad esempio: alcuni comportamenti provocanti delle donne e fa parte della natura maschile) vengono indicate con maggior frequenza dalle 50-59enni. Inoltre, il

64%

33%

2%

1%

36%

56%

8%

0%

38%

56%

7%

0%

Sì, sempre

Dipende dallecircostanze

No mai

Altro

CernuscoPioltelloVimodrone

29%

54%

17%

0%

47%

49%

3%

1%

44%

53%

3%

0%

62%

36%

3%

0%

Sì, sempre

Dipende dallecircostanze

No mai

Altro

20-29 anni30-39 anni40-49 anni50-59 anni

12�

14% delle donne in quest’ultima fascia di età ritiene che le donne che subiscono violenze “facciano qualcosa per provocarle”. È evidente che questa differente distribuzione di giudizi tra le diverse fasce di età, mostra un cambiamento sociale e culturale significativo nel rapporto tra i generi, evidenziando l’abbattimento di alcuni stereotipi connessi ai comportamenti femminili.

Fig. 5 - Quali sono secondo lei le cause di questa violenza contro le donne?

(Possibile risposta multipla) La violenza contro le donne è ritenuta grave anche se compiuta nell’ambito familiare e amicale (39% da un conoscente; 2% da uno conosciuto; 59% entrambi i casi), tuttavia si nota una minore fermezza nella condanna tra le donne in età compresa tra i 50 e i 59 anni: nel caso in cui un’amica riferisca di subire violenza/maltrattamenti dal proprio partner, il 10% di queste preferirebbe non intervenire, mentre un altro 6% tenderebbe a sdrammatizzare oppure a consolare l’amica. Molto importante è il dato che il 96% di tutte le donne intervistate ritiene che non esistano circostanze o atti che possano giustificare la violenza contro le donne.

Fig. 6 - Se una donna sostiene di aver subito una violenza sessuale, lei cosa pensa?

56%

34%

4%

6%

Le credo perché nonavrebbe alcun vantaggio

a dichiarare un similefatto

Le credo perché laviolenza sessuale sulle

donne è frequente

Che ha fatto qualcosa perprovocarla

Altro

46%

44%

34%

32%

27%

26%

20%

10%

62%L'abuso di sostanze o alcool

Il predominio del sesso maschile su quello femminile

Basso livello di istruzione

Essere stati vittime di violenza

Media che trasmettono immagini e notizie violenti

La disoccupazione/povertà

Alcuni comportamenti "provocanti" delle donne

Fa parte della natura maschile

Altro

13�

La famiglia e l’ambito domestico Molto alta è la percezione che buona parte delle violenze e maltrattamenti contro le donne avvengano in famiglia e/o in ambito domestico (91% delle intervistate) e il 66% giudica molto grave l’atto di un uomo che schiaffeggia la propria partner, un altro 29% lo giudica abbastanza grave.

Fig. 7 - Se un coniuge/compagno/convivente/fidanzato dà uno schiaffo alla donna, lei come giudica questo atto?

Altrettanto grave è definito l’atto di un uomo che costringe la propria compagna ad avere un rapporto sessuale con lui: il 69% delle intervistate lo ritiene molto grave e non giustificabile, il 27% lo giudica grave perché manca di rispetto alla donna. Fig. 8 - Se un marito/compagno/fidanzato costringe la partner ad avere un rapporto sessuale, lei come

lo giudica? Molto interessante appare il dato relativo al perché le donne che subiscono violenza dai loro partner continuano a restare con loro. Contrariamente a quanto comunemente si tende a pensare, quasi la

66%

29%

3%

2%

Molto grave

Abbastanza grave

Poco grave

Normale, succede nellacoppia

69%

27%

2%

1%

1%

È molto gravecomunque, non è mai

giustificabile

Grave perché si tratta dinon rispetto verso la

donna

Non grave, fa parte delrapporto di coppia

Non molto grave perchési sa che l'uomo ha piùnecessità della donna

Non risponde

14�

metà delle intervistate (45%) dice che è la paura il motivo principale per cui esse non si discostano dai loro partner violenti; il 22% lo fa per i figli e il 16% per ragioni economiche. Il tema della paura emergerà in maniera ricorrente nei focus group fatti con le donne, come vedremo più avanti, a cui si affiancheranno in maniera determinante le costruzioni sociali delle insicurezze e inadeguatezze, percepite e agite dal genere femminile.

Fig. 9 - Secondo lei perché le donne a volte subiscono violenze dai partner e continuano a restare con loro?

Esperienze di vittimizzazione Il 9% delle intervistate (n. 27) dichiara di aver subito violenza/maltrattamento nel corso della sua vita, percentuale che raggiunge il 15% tra le 20-29enni. il 15% delle donne che hanno risposto affermativamente, ritiene di aver subito violenze di tipo sessuale negli ultimi 2 anni (1,3% a totale campione), il 4% maltrattamenti fisici (0,3% a totale campione), il 38% violenze psicologiche (3,3% a totale campione) e l’8% violenze sessuali (0,7% a totale campione).

Fig. 10 - Personalmente le è capitato di subire violenza/maltrattamento? Tra le donne che dichiarano di aver subito violenze/maltrattamenti negli ultimi due anni (15 casi) il 42% dice di non essersi rivolta a nessuno, il 33% ad amici/familiari e il 17% alla polizia/carabinieri. Solo il 25% di esse ha fatto denuncia dell’accaduto.

45%

22%

16%

8%

3%

2%

4%

Per paura

Per i figli

Per la dipendenzaeconomica

Per rassegnazione

Per amore

Perché pensano dimeritare gli atti violenti

Altro

No 91%

Sì 9%

15�

Fig. 11 - In seguito a questo/i episodio/i, a chi si è rivolta? (Possibile risposta multipla)

Fattori di rischio e di protezione Secondo la maggioranza delle intervistate (53%) esiste una tipologia di uomo violento, in particolare una persona predisposta caratterialmente all’aggressività o con problemi psicologici. Emergono in maniera significativa anche le risposte relative all’esercizio del potere degli uomini sulle donne, l’educazione e il livello culturale. Fig. 12 – esiste una tipologia di uomo violento? Fig. 13 – quale per esempio? Tra le istituzioni che possono aiutare le donne vittime di violenza vengono soprattutto citati i servizi sanitari/servizi sociali/associazioni (72%) e la polizia (70%, con una punta dell’84% nel Comune di Vimodrone).

42%

33%

17%

8%

8%

17%

Nessuno

Amica/familiare

Polizia/carabinieri

Telefono rosa

Avvocato privato

Altro

No, è un uomo normale come

tutti gli altri 47%

Sì 53%

27%

24%

18%

9%

7%

5%

8%

2%

Carattere/Tendenzaall'aggressività

Problemi psicologici

Esperienzevissute/Disagio

Ignoranza, scarsacultura

Problemi conalcool/droghe

Potere/Maschilista

Altro

Non sa/N. r.

16�

Fig. 14 - Quali pensa che siano le istituzioni, i servizi e le persone a cui le donne vittime di violenza

possono rivolgersi? (Possibile risposta multipla)

Le principali misure indicate dalle intervistate, per combattere la violenza contro le donne sono una maggior severità delle pene (72%) e la protezione e il sostegno delle donne vittime (45%), mostrando più un approccio di tipo normativo/punitivo anziché costruttivo/riflessivo che implica il mutamento culturale dei modelli di socializzazione al genere e dei rapporti tra i generi.

Fig. 15 - Cosa bisognerebbe fare per combattere la violenza e il maltrattamento contro le donne? (Possibile risposta multipla)

72%

70%

34%

17%

16%

1%

Servizisanitari/servizi

sociali/associazioni

Polizia

Famiglia

Avvocati,magistrati

Istituzioni religiose

Altro

69%

72%

35%

21%

26%

1%

73%

61%

31%

15%

11%

2%

77%

84%

38%

16%

10%

Servizisanitari/servizi

sociali/associazioni

Polizia

Famiglia

Avvocati,magistrati

Istituzioni religiose

Altro

CernuscoPioltelloVimodrone

72%

45%

42%

40%

24%

21%

19%

8%

Rendere più severe le pene

Proteggere e sostenere (socialmente epsicologicamente) le donne vittime

Sensibilizzare l'opinione pubblica

Aumentare il controllo di polizia

Promuovere e implementare politiche per la paritàtra i generi

Organizzare corsi specifici per i funzionari di polizia

Riabilitare i violenti

Altro

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La ricerca qualitativa: i focus group Come già anticipato in precedenza, il lavoro di ricerca comprende, oltre alle interviste quantitative, anche la realizzazione di alcuni focus group. Le principali aspettative poste nei focus sono state quelle di: a) approfondire alcuni argomenti emersi dai questionari; b) promuovere la discussione e il confronto tra le donne partecipanti ai focus, rilevandone le dinamiche d’interazione, le opinioni, le posizioni, eventuali conflitti e la disponibiltà al cambiamento; c) raccogliere le loro testimonianze sui fatti e le suggestioni verso le azioni da intraprendere, per contrastare la violenza e i maltrattamenti contro le donne. Pertanto, gli argomenti maggiormente posti sul “tavolo” dei nostri focus sono stati:

1.le cause che generano “insicurezza” nelle donne; 2.la riproduzione della violenza contro le donne 3.il sistema di valori: le immagini della violenza e gli atti ritenuti più gravi; 4.la paura e i luoghi della violenza; 5.il cambiamento: che fare?

Sono stati così organizzati tre focus group a cui hanno partecipato in tutto 14 donne, residenti nei tre comuni oggetto della nostra indagine. Gli orari e i luoghi d’incontro sono stati diversi e questo ha orientato la differente composizione socio-demografica delle donne partecipanti. Al Focus di Pioltello, che si è tenuto di mattina, erano presenti donne non occupate o attualmente in aspettativa. In questo incontro, infatti, si è spesso discusso di problemi economici rilevando il peso dell’assoggettamento al partner procacciatore di reddito. Gli altri due focus si svolti presso il comune di Cernusco in ore serali: tutte le partecipanti erano lavoratrici occupate in lavori extradomestici: il senso di autonomia e libertà di giudizio è stato molto evidente e sostenuto tra queste donne. Le partecipanti erano state invitate ai focus su base volontaria: era stato chiesto a tutte le donne intervistate telefonicamente la disponibilità a partecipare agli incontri di approfondimento: 54 donne avevamo dato la loro adesione lasciando nominativo e recapito; contattate successivamente, solo 14 si erano rese disponibili alla partecipazione ai focus group. Sebbene il reclutamento fosse dunque su base volontaria e casuale, possiamo riscontrare alcune precise dinamiche:

tranne una giovane donna di 27 anni, tutte le altre hanno un’età compresa tra i 40 e i 50 anni, fascia di età che si mostra più sensibile a discutere e affrontare questi temi, anche perché si tratta di donne supportate da un bagaglio socio-culturale significativo per la nostra società, che è quello determinato e scaturito dai cambiamenti degli anni ’70, come emergerà dalla discussione delle nostre partecipanti;

la composizione delle partecipanti al primo focus di Cernusco vedrà una prevalenza di donne lavoratrici in ambito educativo che daranno un’impronta assolutamente specifica alla discussione;

nel secondo incontro di Cernusco si vedrà invece una presenza di donne impiegate in ambiti diversi: ricerca, libera professione, pubblico impiego;

in tutti e tre i gruppi sono emersi casi di violenza fisica e psicologica subita. Le donne che hanno in parte raccontato queste loro esperienze hanno mostrato lucidità, consapevolezza, libertà e capacità di analisi del loro vissuto, rapportato al contesto di riferimento.

Le cause dell’ “insicurezza” delle donne La riflessione delle partecipanti ai focus sulle cause dell’insicurezza delle donne si è orientata su alcune principali argomentazioni. Innanzitutto sono emersi i modelli educativi e culturali di socializzazione al genere femminile:

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credo che questa insicurezza dipenda da una parte che siamo educate per essere praticamente, come mamme, cioè assistenti, noi dovremmo avere, secondo la cultura italiana ….(F1-f) secondo me l’insicurezza parte dalla famiglia, cioè da come ti hanno cresciuto. Per esempio per noi che siamo mamme, è molto importante dare al bambino sicurezza (…) parlando della mia vita personale io purtroppo, nonostante avessi avuto una madre molto molto intelligente e geniale, … mi ha causato molti problemi, nel senso che io non ero come lei, come voleva che io fossi: andavo male a scuola, ero tremenda … e questo fatto mi ha portato ad una insicurezza mia personale di fondo e che purtroppo mi porto dietro. Io faccio tutto per gli altri ma per me … non mi autostimo ecc. (F1–s) secondo me noi siamo tarate sul modello clericale, la chiesa ci ha rovinato [ridono]. La donna deve ricalcare certe caratteristiche, e noi non riusciamo a uscirne da questo (F1-r). Viene ripreso più volte il discorso del modello culturale che induce le donne a sentirsi insicure e inadeguate e viene indicato un altro modello sia educativo sia di socializzazione al genere, cioè la parità di e tra i generi: le motivazioni sono tante perché ci si può sentire deboli perché non abbiamo avuto mai situazioni alla pari con chi si confronta con noi. Sul lavoro per esempio o quando sei già mamma devi fare la mamma e non puoi fare altro, invece non è vero e lì ti senti diversa, meno avanti rispetto al compagno. Poi in tutte le cose, tu devi sempre dare di più per sembrare alla pari. Secondo me invece siamo in grado di fare molto più di quello che fanno gli uomini: lavoro, famiglia, figli questa sottomissione non mi pare ci possa essere, siamo noi che ci facciamo mettere sotto, dovremmo essere più dure perché le capacità ci sono (F2-c). Le partecipanti si rendono conto che il cambiamento deve partire da diversi ambiti, che tutte le componenti sociali – famiglia, scuola, religione, norme – devono sinergicamente contribuire alla costruzione di modelli e riferimenti paritari che promuovano uguaglianza, rispetto, condivisione tra i generi. Anche il non ascolto, il far finta di niente, il non accorgersi del malessere dell’altra è interpretato sia come fonte d’insicurezza (toglie qualsiasi incentivo alla parola) sia come forma di violenza vera e propria: (…) Anche lì anni di depressione, a letto, piangevo, non faccio niente: mi alzavo la mattina solo per accompagnare mia figlia a scuola, tornavo a casa, andavo a letto, dormivo, piangevo. Mi alzavo alle quattro e andavo a prendere mia figlia a scuola. Nessuno si era mai accorto di niente, né gli amici, né mia madre, né mio marito. Quando mi sono azzardata a andare dal mio medico a chiedergli un tranquillante, mio marito mi ha detto che io volevo fare la signora americana. Mi ha insultata praticamente. Quindi io buona buona sono rientrata nei ranghi … (F1-f). A questo però si aggiunge anche il silenzio degli altri, i fratelli, i genitori, il contesto e la società nel suo insieme. Laddove le ansie e i problemi delle donne non sono considerati, se non addirittura stigmatizzati, come si può costruire consapevolezza, sicurezza, forza per cambiare la propria vita e ciò che sta attorno? Quindi la solitudine e l’isolamento vengono indicati anch’essi come elementi generatori e riproduttori di insicurezze nelle donne. Da molte però è stato sollevato anche il tema dei media, quali generatori d’insicurezze: L’andare in giro da sole, essere aggredite, cose che spesso vengono anche un po’ indotte dai media. L’insicurezza viene percepita. Bisogna quindi poi verificare fino ha che punto è una realtà o è percezione. Non è che le cose non accadono ma forse c’è una percezione maggiore rispetto alla realtà. C’è una parte di insicurezza che deriva dal fatto che la donna è più debole e un’altra che viene, diciamo così, creata F2-n). L’insicurezza delle donne viene anche spiegata come fattore psicologico, che può essere stato indotto dalla famiglia, magari troppo protettiva, o dall’educazione ricevuta: secondo me è un fattore soprattutto psicologico perché chiaramente mi sento piccola per la corporatura ecc. ma se penso a come sono fatta anche se fossi grande e grossa io mi troverei comunque a disagio in una situazione … perché comunque mi è capitato per cui mi sono sentita prevaricata e lì così ho detto la prossima volta reagisco in questo modo, in realtà quando mi trovo in situazioni simili mi sento sempre sopraffatta. L’insicurezza è sicuramente un motivo

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psicologico che può essere stato indotto da fattori legati anche alla famiglia, a come ti hanno educata: io ho in mente mia madre che era un po’ rigida, non rigida, cioè si preoccupava abbastanza per le volte che uscivo, come mi comportavo, ecc. Sicuramente anche l’aspetto familiare ha inciso (F2-mc) Altre donne dicono di non percepire questo tipo d’insicurezze, al limite hanno paura di situazioni che possono accadere: questo tipo di insicurezza sinceramente non la sento, mi sento realizzata sul lavoro … sento più l’insicurezza di cui parlava lei, per esempio, se esco alla sera prima non avevo alcun timore adesso invece un po’ ne ho. Prendo degli accorgimenti, mi chiudo dentro ma penso che più che altro sia dovuto a un fatto di fisicità, se mi trovo davanti uno grande e grosso penso che fisica mente non saprei reagire perché non ho la forza propria, cioè nel mio caso sento proprio la mancanza di forza fisica … (F2-l) L’insicurezza è certamente un tema trasversale e multidimensionale, riguarda diversi ambiti della vita sociale e individuale delle donne. Diverse nostre partecipanti affermano di non avere delle paure e di non trasmetterle alle proprie figlie e figli, però sono consapevoli che: (…) molto più sottile, al di là dei 2000 anni di cultura che ci portiamo dietro, è l’insicurezza che le donne si portano dentro … nelle case, nelle famiglie, nel lavoro, ma ce le abbiamo dentro. Se non ne veniamo fuori noi perché vogliamo venirne fuori di certo la società non ci aiuta. Agli uomini fa comodo [che le donne si sentano fragili e insicure]. Lo vedo anche tra le mamme giovani che ho adesso … (F2-s; insegnante). E poi c’è la paura, quella percepita e quella indotta, quella paura che: questa paura genera insicurezza, ti crea problemi nel lavoro, nel rapporto con gli altri. Questa è la cosa che maledico sempre. Non apprezzo le cose che faccio, sono sempre insicura. Io a priori dico “non sono capace” (F3-f) A voler fare un confronto con i risultati dell’indagine quantitativa discussi nel paragrafo precedente, rileviamo che: se da un lato, i dati quantitativi esprimono la percezione oggettiva e esterna delle persone (l’insicurezza nel comune di residenza, la richiesta di pene più forti per gli aggressori), dall’altro, la riflessione qualitativa evidenzia la dimensione soggettiva, parte cioè dall’interno e scopre altri mondi, altri aspetti che contribuisco alla costruzione sociale dell’insicurezza del genere femminile. La riproduzione della violenza contro le donne Abbiamo posto i nostri gruppi di fronte alla domanda di cosa produce e riproduce violenza contro le donne e perché questo accade. Anche in questo caso le risposte e le riflessione sono state diverse ma sempre molto articolate e complesse. Per alcune il motivo è legato al sistema di valori della maternità e della famiglia: sempre la cultura della donna che deve essere mamma e casalinga. In un certo senso molte donne sono rimaste mamme e casalinghe perché è nel nostro cuore, nella cultura di 2000 anni (F1-s). Per altre è il senso di colpa che spesso permette agli uomini di perpetrare e riprodurre potere e violenza verso le donne: (…) per quanto riguarda il subire la violenza che non vedo come violenza fisica in questo caso, è come diceva prima la signora ... i sensi di colpa ... nel mio caso gioca molto .. del tipo .. se io penso di aver fatto una cosa non del tutto giusta, se poi vengo ripresa, mi si fa notare, oppure vedo qualcosa che non approvo fino in fondo, io non lo faccio presente, sto zitta perché secondo me prima ho sbagliato e quindi il senso di colpa mi schiaccia. Anche lì non so quanto sia una violenza che m’invento, perché sono io che vivo una determinata cosa, ecco invece che dire va beh prima ho sbagliato, adesso sta sbagliando lui … Perché non esco da questo giro? (F1-e) Si danno anche motivazioni meramente biologiche alla violenza di genere, che vengono significativamente dibattute, portando tutte le partecipanti ad approcci di lettura più complessi e

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condivisi. Riportiamo alcuni stralci del dibattito: Da quando esiste il genere umano mi sembra che la violenza sia stata un fattore non trascurabile, anche dal punto di vista biologico. Per cui gli uomini hanno l'aggressività, la usano la manifestano. Per cui è normale che il testosterone si manifesti in fenomeni violenti. Poi si tiene a bada, c'è qualcuno che sa farlo meglio e qualcun altro no. Non si può prescindere da qs fenomeno, improvvisamente diventiamo tutti bravi e gentili, quando invece l'evoluzione è andata in tutt'altra direzione. Con la violenza dobbiamo scontrarci tutti i giorni e dobbiamo imparare a dominarla, a conviverci quanto meno (F3-P). ma è il testosterone che differenzia l'uomo dalla donna? Perché si dice sempre violenza sulle donne e poche volte violenza sugli uomini. E' solo il testosterone che determina questa violenza, quest’ aggressività? (F3-f); beh sarà anche una questione culturale, per esempio è più interessato l'uomo al potere che la donna. Come mai? Fare violenza a un uomo si può, si può quando si è in una posizione di predominio, quindi non è il testosterone ma è che ne so: ti faccio avere la metà dello stipendio o boccio tuo figlio … (ricatto) (F3-m) comunque son legate, la violenza maschile è legata al testosterone e alla carica violenta perché sono fenomeni molto simili biochimicamente (…) è legata anche alla sessualità, vedi come si sviluppa un rapporto sessuale nella specie, in generale. Ha determinati chimismi che non si può pensare che va beh è una questione culturale … la sessualità è legata alla presenza di ormoni sessuali e quindi questi ormoni favoriscono certi comportamenti anche collaterali, sono legati l'uno all'altro. Quindi la sessualità maschile è un po' diversa da quella femminile proprio perché c'è la componente di genere e quindi ci sono delle dinamiche diverse in questo (F3-p). Subito dopo questa lettura squisitamente biologica della violenza maschile, la stessa persona rileva elementi del cambiamento più legati ai fenomeni sociali e culturali, interpretando, senza neanche rendersene inizialmente conto, la stretta relazione tra fenomeni biologici e socio-culturali: Per cui questo è il comportamento, poi nel futuro io penso che ci saranno delle grosse rivoluzioni perché nel passato c'è stato questo tipo di sviluppo per procreare, quello era il sistema vincente fino adesso. Ora penso che già nella nostra società molti di questi meccanismi non siano più validi, perché sotto tanti aspetti il genere non è più determinante come in passato. (…) Questo cambiamento culturale influenzerà poi i meccanismi ormonali … i tagliati fuori di una volta oggi non lo sono più, possono fare tante altre cose di successo … (F3-p). Altri due temi interessanti vengono sollevati nel motivare la riproduzione degli atti violenti contro le donne: la detenzione e gestione del potere da parte degli uomini: a me la violenza fa venire in mente la guerra e la guerra che cos'è se non un modo per conquistare, avere più potere? Quando si fa violenza su una persona è perché io ho più potere di te, posso farlo perché sono più forte, devo controllarti. Secondo me è una caratteristica culturale più tipica dell'uomo che della donna, quella di voler affermare il proprio potere (F3-m); … e la mancanza dei mezzi da parte delle donne Quando io subisco una violenza reagisco, se non reagisco è perché non ne ho i mezzi: economici e non ho l’attenzione (degli altri intende) perché se una donna scompagina l’ordine che secondo la società è quello che deve essere, ha il deserto intorno. Voglio dire che proprio viene ignorata, è un problema suo e se lo deve risolvere. Non è vero che tutte le donne subiscono c’è anche chi reagisce però scompagina tutto, perché noi non avendo i mezzi o stiamo al gioco o ci ribelliamo ma comporta tutta una serie (terremoto dice qualcuna) … (F1-r) (…) però non abbiamo gli strumenti, non siamo allenate come potrebbero essere gli uomini e poi appunto abbiamo tutta la società intorno che ci colpevolizza. La società non vuole che cambi niente, perché deve cambiare? (F1-f) Un’altra considerazione interessante sull’argomento è che sebbene tutte le partecipanti ai focus ammettano che la violenza è di genere in quanto esercitata dagli uomini contro le donne, qualcuna rileva che sono in aumento atti violenti e aggressioni da parte di donne verso i loro partner. La persona che ha sollevato questo tema fa parte di quel gruppo d’insegnanti incontrati nel secondo focus group che, essendo a contatto con generazioni di bambini e ragazzi e con i loro rispettivi

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genitori, si sono rivelati essere osservatori privilegiati delle realtà in mutamento. Puntuali e attente sono state anche le considerazioni e riflessioni inerenti a questo nuovo fenomeno: io ho un amico che viene sistematicamente picchiato dalla moglie, così come ho dei padri di bambini che vengono picchiati dalle loro mogli. Poi esiste anche la violenza psi ripetutamente. Forse adesso col problema che tanti uomini sono rimasti in cassa integrazione, più uomini che donne, cioè anche questa cosa … secondo me … quando ti accorgi di avere indipendenza, che sono più affermate (le donne), si sentono più forti e l’uomo non si sente più “uomo”. È cambiato anche proprio il ruolo dell’uomo nella società, come padre, come compagno. Mio marito non è come il mio papà, da una parte grazie al cielo, però anche rispetto a mio figlio è cambiato proprio il modo di essere dell’uomo. Non è più l’uomo indistruttibile, quello che dava le regole e faceva il capo famiglia, adesso molto spesso è la donna che si accolla tutte queste cose (F2-l) la donna magari accusandolo di non essere più … cioè non vuole subire il ricatto economico però a volte si sente protetta. Venendo a mancare questa situazione c’è una rabbia nei confronti di quest’uomo che non sa più portare avanti il suo ruolo che poi appunto sfocia in forme di aggressività, penso che comunque sia ancora la minoranza (F2-n). In definitiva si giunge alla considerazione condivisa che comportamenti, modelli, attitudini riferibili a un genere piuttosto che a un altro sono principalmente costruzioni sociali, modelli educativi indotti: Io ho figlio che ha sempre giocato con le bambole, si immedesimava in certi personaggi della televisione … che quando vedeva i suoi amici nascondeva i suoi giochi, nonostante io non lo abbia mai disincentivato, anzi giocavo con lui così avevo qualcuno con cui condividere. Però lui nonostante questo quando era con gli altri doveva dimostrare di giocare a calcio e di essere un duro. Non credo che sia omosessuale, non lo so, non l'ho ancora scoperto. Ancora adesso lui gioca da solo perché credo che non riesca a condividere con altri maschi questa sua passione tra pupazzetti, cucce, oltretutto è molto creativo. Per cui ha pochi amici perché quando l'invita deve rinunciare a ciò che piace a lui e adattarsi a ciò che di norma viene richiesto a un maschio (F2-na). Questa cosa mi fa venire in mente due cose: uno che parlando di scuola materna quando i bambini arrivano al momento della separazione esternano il loro dispiacere piangendo, e questo a un maschio viene negato, proprio dichiarato: sei maschio non devi piangere. Poi mi viene in mente che c'è una bambina che picchia e di lei ci si stupisce mentre un maschio quasi lo giustifichi (F2-l). … è un po' gene un po' circostanza, un po' come sei e come sei cresciuto (F2-s). Il sistema di valori: le immagini della violenza e gli atti ritenuti più gravi Tra le nostre partecipanti le immagini della violenza sono sempre state molto nitide. È stata definita distruttiva perché lascia le donne da sole, le copre di vergogna, le fa sentire diverse da chi la violenza non la subisce. Il punto è proprio questo che subire violenza è quasi una colpa... e anche psicologicamente una si sente inferiore per aver subito una violenza di tipo psicologico e sono proprio quelle che ti fanno sentire inferiore, stupida per averla subita. Quindi è una specie di gatto che si morde la coda (F2-l). Un’altra immagine ricorrente della violenza contro le donne è la mancanza di rispetto: poca considerazione, non sempre ovviamente ma nella maggior parte dei casi sì. A livello intellettuale sicuramente (F1-r); oppressione, egoismo, sfruttamento (F1-f); mancanza di rispetto, penso che le raccolga un po’ tutte (F1-e); la violenza presuppone la mancanza di rispetto delle persone. … La violenza può essere fisica ma anche più sottile, come affermare il proprio potere su quella persona, di predominio (F3-m).

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Nell’invitare le partecipanti a pensare ai sentimenti che può provare una donna che subisce maltrattamenti e/o violenze, le immagini che emergono maggiormente sono: terrore, odio, paura, rancore, disgusto, disprezzo. Ma l’immagine più determinata l’ha data una donna nei confronti del proprio padre: io non odio, io ho provato niente, il niente totale e penso che sia la cosa peggiore. Mio padre è morto poco tempo fa, un cane mi avrebbe fatto stare peggio. Il niente totale. Ho avuto paura di questo niente totale. L’odio è un sentimento, il bene è un sentimento, l’amore è un sentimento. Il niente è niente. È la cosa più brutta di questo mondo. Ho chiesto anche a mia sorella che è infermiera professionale, a mio cognato che è medico … nessun sentimento e guarda che avere nessun sentimento è difficile. Perché questo niente? (F3-f) Nel riconoscimento degli atti di violenza ritenuti più gravi spesso le donne si sono divise, probabilmente inseguendo le proprie esperienze e rappresentazioni. Ne è risultato che per alcune la più grave fosse la violenza fisica (botte, percosse): La violenza fisica. La violenza sessuale è brutta ma questa secondo me è peggio (F3-m) La donna fa riferimento alle ragazze asiatiche deturpate con l'acido. Per altre la più temibile è quella sessuale: (violenza) carnale. Secondo me la violenza fisica la dimentichi e non lascia un segno traumatico come può essere la violenza sessuale perché non è solo sessuale, un uomo con quella violenza ti annienta (F3-f) Secondo altre la peggiore è quella psicologica: Secondo me invece è molto più potente quella psicologica, perché ti fa sentire inferiore, impotente, quindi tu a questa violenza non puoi reagire in nessun modo perché tu … se tu potessi permetterti di essere una persona a tutti gli effetti con gli stessi diritti di un uomo tu ti potresti anche difendere, o forse lui non si azzarderebbe mai. Invece quando tu sei soggiogata, anche psicologicamente, che tu da quella prigione lì non puoi scappare, questo qui se ne approfitta in tutti i sensi, ti fa sentire una merdina, scusate (F1-f). Rispetto a questo tema abbiamo altre considerazioni interessanti che ci conducono a guardare ad aspetti più complessi e pluridimensionali della violenza. Per esempio una donna fa notare che c’è differenza tra un’aggressione o un maltrattamento sporadico e atti violenti ripetuti: secondo me bisogna fare anche una distinzione tra gli eventi. Un conto è una violenza una sola volta altro è la violenza ripetuta magari in casa, sia sessuale sia d'altro tipo. Che vita fa una che vive nella paura costante, non è una persona libera (F3-m); mentre un’altra considera anche l’aspetto relazionale e spesso ambivalente della violenza: secondo me se due persone si picchiano, ma tra loro c'è un rapporto non la vivono in modo così grave la violenza, poi questo è anche uno dei motivi per cui le donne non denunciano … (F3-p) La paura e i luoghi della violenza; Rispetto a questo argomento tutte le donne partecipanti hanno dimostrato di essere a conoscenza e consapevoli del fatto che la gran parte delle violenze contro le donne avviene tra le mura domestiche ma, con loro stesso stupore, si sono accorte che indicavano i luoghi esterni come quelli che maggiormente “mettono paura”. Hanno declinato sapientemente quest’apparente contraddizione, imputando ai media e a certi stereotipi culturali l’immagine della violenza come “luogo esterno”, e anche contestualizzando gli avvenimenti: Penso che le donne possano sentire la paura secondo la loro situazione personale: la persona che vive un contesto

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familiare insicuro avrà paura anche in casa immagino, se vive una situazione difficile nel lavoro vivrà una situazione di angoscia anche andando al lavoro (F3-m). Il cambiamento: che fare? A conclusione di ogni focus group, abbiamo invitato le donne partecipanti a fornire le loro suggestioni e suggerimenti rispetto alle possibilità di cambiamento e alle modalità e azioni che possono promuovere una cultura di parità, rispetto, condivisione tra i generi. Le suggestioni sono state tante e di diverso tipo ma tutte convergenti in alcune tematiche principali: a partire dal problema economico, maggiormente sollevato dalle donne del primo focus che appunto non hanno un lavoro extradomestico. Esse stesse suggeriscono di costituire dei gruppi di donne volti alla ricerca del lavoro e dello scambio di attività, che possano permettere loro di costruirsi l’indipendenza economica: cioè dovremmo inventarci un lavoro part-time per tutte le donne così hanno tempo di curare i figli e trovare la propria indipendenza (F1-s) Tutte le donne sollevano la necessità di servizi adeguati, con operatori opportunamente preparati ad accogliere le donne vittime di violenza e molte lamentano la scarsità/assenza di questi servizi sul loro territorio: creare, a mio giudizio, dei modi (sportelli, telefoni, questi …) accessibili per le donne che si sentono in difficoltà e sole, soprattutto, in modo da non lasciarle da sole, in modo da favorire lo scambio delle informazioni. Perché già solo il fatto di poter comunicare, parlare del proprio problema, non le fa sentire sole. Non lasciare sole le persone, questo secondo me è il sistema più importante (F3-p). Altrettanto importante è il tema dell’informazione, le donne devono sapere con chiarezza quali sono le loro tutele, i loro diritti e riferimenti in materia di violenza. Ma anche quel sapere che aiuta le persone a fare, a cambiare: innanzitutto spendere più soldi per programmi di qs tipo, meno omertà, e più consapevolezza che un abusato può essere un abusante. Il poter essere è peggio che l’aver ricevuto, secondo me, [laddove si sia consapevole, si prende coscienze]. La violenza non è sempre degli altri, gli altri non sono sempre gli altri, possiamo essere noi. Sostegno alle vittime; prevenzione a partire dai giovani e l’informazione che rende le persone consapevoli, che si rendano conto di essere degli abusati e che possono essere degli abusanti (F3-f). Ovviamente è stata sollevata a gran voce la questione educativa, perché promotrice di cambiamento culturale, a partire quindi dai più piccoli e dai giovani. La scuola è stata chiamata in causa più volte quale luogo privilegiato in cui avviare il cambiamento, in cui incontrare le giovani generazioni e anche i loro genitori. Ma le partecipanti, in particolare le insegnanti, sollevano il problema del drammatico taglio dei fondi alla scuola pubblica che ha portato via già molte risorse educative, quali i corsi di educazione alla sessualità, ai rapporti tra i generi, ecc. La questione culturale, connessa, a quella educativa è altrettanto importante: per me questa è la parte fondamentale mettere le donne, istruirle fin da piccole, in condizione di scegliere, sapere cosa è giusto per l'uno o per l'altra, mentre per mia nonna le regole erano rigide e la vita già preordinata, per mia mamma un po' meno e noi da questo punto di vista ci sentiamo più liberi, dal momento che abbiamo più possibilità di scelta vuoi per istruzione, perché abbiamo un grado culturale più elevato Però oggi le donne sono più consapevoli sanno cosa va bene per loro (F2-mc), e chiama in causa anche le famiglie che, nel loro piccolo, devono promuovere modelli di parità tra maschi e femmine, di rispetto, condivisione e di scoraggiamento dei comportamenti aggressivi e violenti: … poi in piccolo ognuno deve fare la sua parte. Ad esempio io ho un bambino di 9 anni, se mi chiede di cucinare glielo lascio fare, ieri si è messo a stirare una camicia. Io cerco non solo di farlo provare ma di fargli capire che può farlo

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anche sempre. Poi che ne sai nella vita non è detto che convivrai con qualcuno che ti aiuterà a fare, magari devi vivere da solo e devi essere capace di autogestirti. (…) comunque imparare per condividere, suddividersi i compiti, ecc. (F1-e). Un altro aspetto ampiamente sollevato è la solidarietà tra donne, intesa come momenti collettivi, di auto-mutuo aiuto e anche di azione nel contrasto alla violenza, per la costruzione della consapevolezza di sé e del proprio vissuto, per la promozione di comportamenti e attitudini virtuose: prendere consapevolezza di sé, avere più autostima, confrontarsi di più con le altre (F2-l); secondo me confrontarsi e informarsi, parlare e comunicare aiuta tanto e è alla base di qualsiasi cosa, della crescita di una donna come persona consapevole e forte F2-n); Penso che le donne debbano uscire un po’ più di casa, lasciare la televisione spenta, uscire di casa per incontrarsi tra di loro e fare delle cose insieme, che non sia però la festa delle donne, cioè appunto parlare dei propri problema e cercare di arrivare a una strategia per cambiare i propri problemi, anche nella propria famiglia. Insomma prendere un po’ coscienza (F1-f). Ci sembra di grande importanza menzionare un’ultima suggestione che, seppur sollevata solo da due donne, riteniamo sia una delle principali strade percorribili nel contrasto alla violenza di genere. Si tratta del dover considerare anche gli uomini - violentatori, abusanti e non - in questo percorso verso il cambiamento. Prevenire e curare ci indica una nostra partecipante e: e curare forse non solo le donne ma anche questi uomini, per assicurarsi che smettano. Solo metterlo in carcere forse non basta. Non so … l’ideale sarebbe prendere queste persone e metterle in un centro di riabilitazione ma non carcere. La nostra società purtroppo spende poco per queste cose (F3-m); bisogna anche trovare il modo di incontrare gli uomini, anche se è un tipo di uomo non facile da agganciare (F2-na) però questo tipo di uomo è quello che da ragazzino sarà stato un bullo, cioè dei segnali li ha dati, non penso che uno da un giorno all'altro arriva in casa e mena la moglie (F2-l). RINGRAZIAMENTI Un ringraziamento caloroso va alle donne che hanno dedicato il loro tempo per l’intervista quantitativa e a quelle che si sono coinvolte e appassionate nello svolgimento dei focus group, lasciando emergere tutto il loro bagaglio intellettuale e esperienziale, le loro profonde capacità osservative e analitiche, la tanta voglia di mettersi ancora in gioco e produrre cambiamento. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI ISTAT, La violenza e i maltrattamenti contro le donne dentro e fuori la famiglia,Istat, 2007, www.istat.it Lombardi L., Disuguaglianze di genere e salute: uno sguardo su alcuni paesi del Mediterraneo, in Tognetti

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