Upload
others
View
9
Download
0
Embed Size (px)
Citation preview
REPORT MODELLO ORGANIZZATIVO
2
WP 2.4 – Accompagnamento alla costituzione di consorzi di scuole
Componente 2.4.1 – Sviluppo Modello organizzativo
Modello organizzativo
Informazioni sul Documento
Nome Progetto: CAMPUS
Direttore Tecnico Progetto: Alessandro Di Fazio
Emesso da
Responsabile Tecnico WP 2.4 Elettra Godani
Persone coinvolte nella stesura del documento
Maria Pace
Marco Pitzalis
Rosanna Cappai
Variazioni
Versione Data di pubblicazione Descrizione delle variazioni contenute
1.0 05 02 2007 Documento finale
3
INDICE
1. PREMESSA ..................................................................................................................................................... 5
2. LA RETE: UN MODELLO DI SVILUPPO ORGANIZZATIVO.............................................................. 7
2.1. LA PROSPETTIVA INTERORGANIZZATIVA .................................................................................................... 7 2.2. RETE E AUTONOMIA SCOLASTICA ............................................................................................................... 8
3. I COMPONENTI DELL’ORGANIZZAZIONE A RETE......................................................................... 11
3.1. LE CONNESSIONI FORMALI........................................................................................................................ 11 3.2. GLI OGGETTI DELL’ACCORDO ................................................................................................................... 12 3.3. I NODI DELLA RETE ................................................................................................................................... 13 3.4. LA STRUTTURA ORGANIZZATIVA .............................................................................................................. 14 3.5. LE TECNOLOGIE DELL’INFORMAZIONE E DELLA COMUNICAZIONE ............................................................ 18
4. IL PROCESSO DI COSTRUZIONE DI UNA RETE ORGANIZZATIVA............................................. 20
4.1. LA PROGETTAZIONE ORGANIZZATIVA BOTTOM UP .................................................................................... 20 4.2. LE RETI TEMPORANEE E LE RETI PERMANENTI .......................................................................................... 22 4.3. IL RUOLO DEL MANAGEMENT ................................................................................................................... 23
5. CONCLUSIONI............................................................................................................................................. 26
6. BIBLIOGRAFIA ........................................................................................................................................... 27
4
I pensieri migliori li ho avuti mentre camminavo,
e non conosco pensiero così gravoso da non poter essere lasciato alle spalle con una camminata.
Perciò basta continuare a camminare, e andrà tutto bene
Kierkegaard
5
1. PREMESSA
Questo documento è il frutto dell’attività di indagine e riflessione portata avanti dal gruppo di ricerca
nell’ambito del progetto “Accompagnamento alla costituzione dei Consorzi di scuole”. Si tratta di una
prima sintesi dei dati e delle informazioni emerse principalmente a seguito di due azioni: a) il
Monitoraggio delle Scuole Consorzio e b) la Ricognizione delle esperienze nazionali; questa sintesi
intende prefigurare alcuni modelli organizzativi possibili, sui quali avviare una riflessione nel quadro di
un processo di co-costruzione del modello più appropriato (rispetto alle esperienze dei soggetti della
rete, rispetto alle finalità della rete, rispetto al territorio di riferimento) con gli attori scolastici coinvolti.
Il Monitoraggio ci ha restituito numerosi dati e informazioni rilevanti sullo stato delle scuole superiori in
Sardegna, dalle caratteristiche dell’offerta formativa alle caratteristiche dell’utenza, dalle risorse umane
alle risorse materiali e finanziarie presenti nelle scuole, dall’innovazione applicata al POF
all’innovazione nella struttura organizzativa. L’indagine1 nel suo complesso ci ha inoltre consentito di
osservare le pratiche diffuse all’interno delle reti in una cornice sia regionale che nazionale.
Tra i risultati principali e strettamente collegati alla costruzione del modello o dei modelli organizzativi ci
preme evidenziare che: 1. emerge chiaramente la presenza di leadership innovative e leadership
tradizionali, 2. all’interno degli istituti vi è un’ampia esperienza di progetti di natura diversa, 3. tale
progettualità ha preso la forma, per alcune scuole, di esperienze di rete.
Pur centrando la nostra attenzione su quelle reti governate sulla base di obiettivi condivisi e verificati e
quindi strategicamente orientate, strutturate e relativamente stabili, esplicite e riconosciute, sarà,
dunque, importante tenere in considerazione e valorizzare le numerose esperienze di rete naturale
presenti sul territorio.
Il documento, come dicevamo, non descrive il modello ideale ma getta le fondamenta perché assieme
ai protagonisti del cambiamento in atto si possa costruire un sistema interorganizzativo che amplifichi le
potenzialità di ciascuna delle organizzazioni che entrano a far parte della rete.
Per le scuole scegliere di operare in rete significa innanzitutto condividere un obiettivo comune con altri
soggetti, individuare e condividere una strategia comune, progettare le modalità di connessione,
individuare strutture di supporto per la rete, approvare valori e culture del servizio per potersi
presentare agli occhi dell’utente in maniera nuova.
Il filo rosso che attraversa le tre sezioni del documento è la convinzione che la cornice normativa (il
regolamento dell’autonomia e il recente disegno di riforma) è assolutamente necessaria ma non
sufficiente ad innescare processi di cambiamento e di innovazione a livello locale; perché questo
1 Cfr. Report di Monitoraggio e Report di Ricognizione delle Esperienze nazionali di eccellenza.
6
avvenga il cambiamento non va subito ma accolto come una opportunità di crescita che coinvolge la
scuola assieme ad altri soggetti di un territorio più o meno ampio.
Per questi motivi, la rete organizzativa deve essere progettata e riprogettata, attraverso l’individuazione
e definizione dei contenuti e dei processi della rete, adottando un approccio dal basso e che conduca
ad una forma organizzativa (il modello) che sia realmente frutto di una visione condivisa
dell’organizzazione.
7
2. LA RETE: UN MODELLO DI SVILUPPO ORGANIZZATIVO
Quando osserviamo un’organizzazione la possiamo analizzare da diversi punti di vista: se utilizziamo
una prospettiva statica faremo riferimento agli elementi strutturali che la compongono, se invece
adottiamo un concetto dinamico siamo interessati ad osservare l’organizzazione in condizioni di
funzionamento attraverso i processi che pone in essere. Quando i processi travalicano i confini intra-
organizzativi, per andare verso reti di collaborazione inter-organizzativa è difficile inquadrarne in
maniera chiara la struttura, ed è in questi casi che la prospettiva dinamica deve diventare predominante
e solo una volta individuati i processi si potranno ridefinire gli attori, le componenti strutturali, i ruoli, ecc.
Le collaborazioni interorganizzative si collocano in modo coerente in un percorso di sviluppo delle
forme di organizzazione di impresa, poiché rappresentano il prototipo di un soggetto evolutivo
successivo rispetto alle organizzazioni componenti (Calamandrei, 2002).
Le reti organizzative rappresentano, infatti, una modalità di riorganizzazione dell’ambiente di
riferimento, da parte di organizzazioni esistenti: esse si fondano su una modifica, in senso collaborativo,
di precedenti relazioni competitive o neutre, che conduce alla creazione di un nuovo livello
organizzativo.
2.1. La prospettiva interorganizzativa
Il concetto di rete2 è ormai ampiamente utilizzato nel linguaggio organizzativo per descrivere modelli di
funzionamento di tipo reticolare che sempre più caratterizzano il mondo del lavoro e delle istituzioni. C’è
chi pone la nascita delle reti nel XII secolo, identificando nella Hansa (Lega anseatica) il primo caso di
rete di organizzazioni (Pichierri, 1999); si tratta infatti di una società marittima costituita da nodi
diversificati (città, singoli mercanti, associazioni, insediamenti mercantili autogovernati) uniti da interessi
comuni, che interagiscono sulla base di legami ad assetto variabile (a volte deboli, altre volte forti sulla
base delle contingenze).
Nonostante le origini così lontane, è con la prospettiva interorganizzativa (appunto prospettiva di rete)
che si sviluppa l’attenzione della ricerca alle relazioni tra organizzazioni autonome; sono i fenomeni
presenti attorno agli anni ’70 che chiedono alle imprese profonde trasformazioni ed in particolare 1. il
decentramento verso imprese minori, per difendersi dalla turbolenza dei mercati, 2. la diffusione delle
tecnologie informatiche, con un aumento della concorrenza tra piccole e grandi imprese, 3. lo sviluppo
della domanda instabile e dei mercati di nicchia. Senza addentrarci nella descrizione della prospettiva è
2 Rete deriva dal latino serere (tessere o cucire). Indica anche l’arnese di filo o fune fatto a maglia per catturare uccelli e pesci, ed in senso
figurativo sta per insidia o inganno. Rete si associa al termine greco grîphos che oltre alla rete da pescatore connota anche l’enigma, l’indovinello, il discorso ambiguo. Etimologicamente indica arnesi che hanno funzione di contenere e riparare. Da queste definizioni è possibile cogliere il senso complesso ed ambivalente del termine, la rete è qualcosa che se da un lato ci intrappola dall’altro ci protegge, un vincolo ed una risorsa insieme.
8
sufficiente mettere in evidenza che essa assume come fondante la definizione di impresa come sistema
aperto, tiene in forte considerazione il peso e l’influenza dell’esterno sull’interno, considera l’impresa
come soggetto che può incidere sulle caratteristiche dell’ambiente circostante attraverso la scelta delle
relazioni inter-organizzative, focalizza l’attenzione sul fattore economico delle relazioni inter-
organizzative.
Possiamo allora definire una rete di organizzazioni come “un insieme di relazioni relativamente stabili,
di natura non gerarchica e interdipendente, fra una serie di attori collettivi, ovvero di organizzazioni di
carattere pubblico e privato che hanno in comune interessi e/o norme rispetto ad una politica e che si
impegnano in processi di scambio per perseguire tali interessi comuni, riconoscendo che la
cooperazione costituisce il modo migliore per realizzare i loro obiettivi” (Boerzel, 1998).
Una rete organizzativa è in altri termini una modalità relazionale governata, tra organizzazioni
autonome e preesistenti.
Ogni scuola è inserita dentro una rete virtuale di scuole e di altri soggetti del territorio; questo tipo di
rete non possiede però le caratteristiche di volontarietà e consapevolezza da parte dei soggetti implicati
nelle relazioni. Solo nel momento in cui queste relazioni si stabilizzano in modo volontario e conducono
alla nascita di un soggetto collettivo possiamo parlare di una rete vera e propria: le scuole rimangono
soggetti con identità proprie che, per raggiungere i propri scopi, formano insieme un nuovo soggetto (la
rete) esprimendo così una policy network.
Le relazioni tra i soggetti di una rete oltre ad essere stabili sono di natura non gerarchica, e questo
requisito è comune sia alle reti naturali che a quelle progettate in quanto in entrambi i casi il governo
della rete ha carattere orizzontale, tutti i soggetti possiedono equipotenzialità e gli scambi sono per loro
natura simmetrici anche se non sempre equivalenti.
Nell’organizzazione a rete le transazioni gerarchiche, e tra individui, tendono, dunque, a trasformarsi in
transazioni di servizi fra individui, unità organizzative e organizzazioni, e il valore sociale ed economico
che viene prodotto dipende molto più dalle caratteristiche strutturali e dal funzionamento del sistema
che non da ciò che sono o che fanno i singoli nodi (Carbognin, 1999).
2.2. Rete e autonomia scolastica
Il binomio rete ed autonomia nella scuola costituisce un arricchimento importante perché oltre ad
individuare un ambito ulteriore per l’esercizio dell’autonomia ne offre una nuova chiave di lettura: la
cultura della rete come sinonimo di collaborazione, sinergie, qualità dell’offerta formativa, economicità è
l’esatto opposto dell’autonomia come sinonimo di autarchia e monadismo. La policy dell’autonomia fa
appello, per la prima volta in questo settore, in maniera esplicita alla progettualità ed intraprendenza
degli attori organizzativi che operano nei contesti locali (Benadusi, 2002).
9
La possibilità per le scuole di agire utilizzando le diverse forme di rete non rappresenta, dunque,
soltanto un importante indicatore della qualità della loro autonomia, ma anche un indicatore della loro
imprenditorialità, perché consente di trasformare le debolezze strutturali di organizzazioni complesse
come le scuole in una forza collettiva e in una presenza istituzionale veramente significativa (Summa,
2005).
In quest’ottica, le reti di scuole sono da considerarsi momenti di connessione e superamento delle
separatezze: attraverso di esse la scuola dell’autonomia si apre al territorio e ai cittadini.
Mettersi in rete rappresenta, inoltre, per le scuole uno degli strumenti più potenti per il raggiungimento
delle finalità istituzionali ma è allo stesso tempo uno strumento difficile da utilizzare perché chiede a tutti
i soggetti di pensarsi in modo diverso rispetto al passato. La singola scuola ha il difficile e delicato
compito di gestire non solo le proprie relazioni interne ma anche quelle con gli altri soggetti presenti nel
contesto di riferimento.
Per far fronte ai nuovi compiti che le istituzioni scolastiche, grandi o piccole, centrali o periferiche, sono
venute ad assumere in seguito al conferimento della personalità giuridica e dell’autonomia, è
necessario che esse si dotino di un nuovo modello sia intra-organizzativo (rete interna) che
interorganizzativo (rete territoriale).
Quali sono le ragioni per cui le scuole sono spinte a costruire delle reti?
Le reti organizzative hanno un carattere tendenzialmente strumentale ed opportunistico che non implica
che scopi e risultati devono essere gli stessi per tutti gli attori della rete e la loro coesione può essere
spiegata rendendo conto dei vantaggi selettivi che essa apporta a coloro che ne fanno parte.
La rete può nascere, per esempio, per fronteggiare alcuni fattori di debolezza come il caso delle scuole
situate in territori periferici: elevato turnover del personale docente, povertà delle strutture scolastiche,
scarsa offerta formativa. La dimensione genetica della rete si caratterizza, in questi casi, per un
processo di agglutinazione di unità di piccole dimensioni accomunate da un problema di massa critica
nell’erogazione dei servizi.
Dal nostro Monitoraggio emerge che le scuole tendono a mettersi in rete al fine di promuovere azioni di
sviluppo locale e di rispondere in modo efficace ai bisogni dell’utenza.
Possiamo distinguere due tipi di rete sulla base del tipo di finalità: 1. reti territoriali e 2. reti per progetti.
Il primo tipo di rete (le organizzazioni partecipanti alla rete appartengono a aree territoriali omogenee) si
avvicina molto alla definizione di distretto culturale: un sistema, territorialmente delimitato, di relazioni,
che integra il processo di valorizzazione delle dotazioni culturali, sia materiali che immateriali, con le
infrastrutture e con gli altri settori produttivi ad esso connessi (Valentino, 2003). La capacità di
interconnessione e quindi la capacità di messa in rete delle risorse è elemento fondamentale per
10
riuscire a produrre un’offerta formativa che incide sullo sviluppo del territorio e che non sia più un
sistema stagnante3 (Tagliagambe, 2000).
Le reti per progetto si costituiscono per realizzare attività specifiche in un arco temporale determinato.
Nella direzione delle reti territoriali vanno i distretti formativi previsti nel disegno di legge regionale
“principi e norme per l’educazione, l’istruzione e la formazione professionale” (art.41), in quanto si tratta
di reti formative distrettuali in raccordo con tutti i soggetti pubblici e privati operanti nel sistema
educativo e del lavoro, allo scopo di razionalizzare e sostenere l’integrazione dell’offerta formativa con
le politiche del lavoro, in coerenza con le potenzialità di sviluppo e la vocazione economico-sociale dei
territori, anche nell’ottica di sviluppo di filiere produttive.
Anche il recente decreto-legge del Ministro Fioroni, che prevede la possibilità di istituire, in ciascuna
Provincia, i Poli tecnico-professionali, prefigura il passaggio dalla gestione e realizzazione di progetti
scolastici temporanei ad esperienze integrate e durature. I Poli vengono, infatti, definiti come organismi
di natura consortile formati da tre componenti:
- istituti tecnici e professionali;
- strutture formative accreditate per il conseguimento di qualifiche e diplomi professionali
spendibili a livello nazionale ed europeo;
- istituti tecnici superiori che saranno istituiti come trasformazione degli attuali IFTS.
3 Sistema che presenta limiti e vincoli che impediscono un aumento significativo della produttività grazie alle innovazioni scientifiche e
tecnologiche.
11
3. I COMPONENTI DELL’ORGANIZZAZIONE A RETE
Intendiamo in questa parte del documento descrivere la morfologia di una rete organizzativa sulla base
di alcune categorie analitiche fondamentali: le connessioni, i nodi, le strutture, le tecnologie.
3.1. Le connessioni formali
Le connessioni formali sono, tra i possibili tipi di legame tra i nodi della rete, quelle più riconoscibili,
quelle cioè che più danno la sensazione di un sistema organizzato. Si riferiscono alla forma giuridica
adottata per stipulare l’accordo (accordo di rete, protocollo di intesa, consorzio, ecc) ma anche alle
norme e alle procedure che l’organizzazione a rete si dà. Sebbene questo tipo di connessione non sia
sufficiente a tenere unito il sistema e nonostante livelli di governance emergano anche in reti non
formalizzate giuridicamente, la formalizzazione garantisce, in linea teorica, decisioni rapide e
impegnative che contemporaneamente non intaccano l’autonomia dei singoli soggetti né innescano
rapporti gerarchici e di potere (Summa, 2005).
Il Monitoraggio ci ha permesso di rilevare che il tipo di accordo più frequente è l’accordo di rete, sia nel
conteso sardo4 che nel conteso nazionale5.
Attraverso l’accordo di rete le istituzioni scolastiche autonome devono stabilire:
- la durata dell’accordo di rete
- l’organo responsabile della gestione delle risorse e del raggiungimento delle finalità del
progetto per il quale si è proceduto alla conclusione dell’accordo
- le competenze ed i poteri attribuiti all’organo responsabile di cui sopra
- le risorse finanziarie e professionali messe a disposizione della rete dalle singole istituzioni
scolastiche.
L’accordo di rete, che dovrà essere aperto all’adesione (art. 7, 5° comma D.P.R. 275/1999), anche
successiva alla stipula, di tutte le scuole che intendano parteciparvi, si caratterizza come un contratto a
struttura aperta.
Il consorzio, seppur ancora poco presente tra le scuole, rappresenta, dal nostro punto di vista, la forma
più evoluta di modello di rete; esso è caratterizzato da rapporti di collaborazione contraddistinti da
stabilità, simmetria e interdipendenza e ha acquisito, negli anni, la capacità di ricoprire, sia direttamente
4 Su 75 Scuole superiori che dichiarano di fare rete sono 45 ad aver stipulato un accordo di rete mentre sono solo 6 le scuole che fanno parte di
un consorzio 5 Su 125 reti analizzate attraverso i siti di riferimento sono 47 le reti che adottano l’accordo di rete mentre sono solo 2 le reti consortili
12
che indirettamente, funzioni di rappresentanza degli interessi dei diversi stakeholders di cui si fanno
promotori.
Il consorzio tra scuole è una forma stabile di associazione collaborativa per la realizzazione e la
gestione di servizi di interesse comune sulla base delle specifiche finalità contemplate dallo statuto. Lo
statuto, che regolamenta la vita del consorzio, definisce i fini, la sede, la durata, gli organi e i mezzi
finanziari del consorzio6.
L’indagine da noi condotta permette di osservare che le reti che si dichiarano più aperte alle nuove
adesioni sono quelle che hanno stipulato un protocollo di intesa mentre i consorzi appaiono meno
disponibili ad includere nuove partecipazioni. I consorzi sono spesso il risultato di un processo di
maturazione di relazioni di collaborazione con le altre scuole/soggetti della rete.
Il consorzio rappresenta, dunque, l’esito di un processo dinamico, che comporta stabilizzazione di
rapporti ma anche chiusura; tale chiusura probabilmente indica una fase intermedia della maturazione
della rete.
Il rapporto tra rete organizzativa e singolo nodo/componente si può definire, secondo Luhmann di
interpenetrazione, cioè ambivalente perché contemporaneamente include ed esclude il componente;
questa ambivalenza induce il sistema a rete ad irrigidirsi attraverso rapporti tendenzialmente esclusivi. I
legami connotati da tale rigidità si ammorbidiscono solo quando matura un forte senso di fiducia e
responsabilità, i legami diventando progressivamente più deboli consentono al sistema di aumentare le
relazioni nell’ambiente facendo nascere trame relazionali sempre più intense e intricate (Calamandrei,
2002).
Oltre alle connessioni formali, componente hard dell’organizzazione a rete, è possibile distinguere gli
elementi soft e cioè le regole e pratiche della cooperazione e le comunicazioni scritte e verbali; queste
hanno a che fare con la cultura dell’organizzazione e si manifestano attraverso il modo di lavorare
insieme, la modalità di prendere una decisione, l’utilizzo di riunioni e incontri, ecc. E’ attraverso l’analisi
di questo livello, del linguaggio, dei valori, del modo in cui si mantengono e si rafforzano le relazioni che
è possibile comprendere la vitalità e lo sviluppo del sistema a rete.
3.2. Gli oggetti dell’accordo
Gli oggetti sui quali le scuole possono stipulare accordi di rete sono chiaramente indicati nell’art.7 del
D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275: attività didattiche, di ricerca, sperimentazione e sviluppo; formazione e
6 Sono organi del consorzio: l’Assemblea dei consorziati; il Presidente; il Consiglio direttivo; il Collegio dei revisori; il Comitato tecnico scientifico
(facoltativo). Il Consiglio direttivo è investito di tutti i poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione per il raggiungimento degli scopi del Consorzio. In particolare esso delibera: sui problemi di gestione del consorzio; sugli scopi e le linee di sviluppo del consorzio; sull’assegnazione a ciascun consorziato dello svolgimento di specifiche attività di ricerca; sull’ammissione ed esclusione dei consorziati.
13
aggiornamento; amministrazione e contabilità; acquisto di beni e servizi; organizzazione di altre attività
coerenti con le finalità istituzionali.
E’ possibile, inoltre, nell’ambito delle reti di scuole, istituire laboratori territoriali finalizzati ad una serie di
attività: la ricerca didattica e la sperimentazione; la documentazione; la formazione in servizio;
l’orientamento scolastico e professionale.
Le reti indagate sia a livello nazionale che locale hanno come oggetti dell’accordo soprattutto le attività
didattiche, i progetti e la formazione – aggiornamento, mentre sono più rare le reti centrate sulle attività
di amministrazione e contabilità e acquisto di beni e servizi.
Quando l’oggetto è l’attività didattica spesso si utilizzano le tecnologie innovative e ci si indirizza a due
tipi di destinatari: attività didattiche integrate per gli studenti e attività di aggiornamento per i docenti;
queste ultime si realizzano nella forma di corsi comuni a tutte le scuole della rete.
La formazione e aggiornamento è attuata sia in modalità tradizionale (formazione d’aula) sia on-line;
riguarda naturalmente i docenti e laddove non sono presenti i Centri Territoriali Permanenti anche gli
adulti. I temi trattati più di frequente sono: la valutazione e l’autovalutazione, le relazione educativa e la
comunicazione fra adulti, il rapporto scuola-territorio e lo sviluppo territoriale; ci sono anche esempi
relativi all’informatica, ai linguaggi di programmazione e all’e-learning object.
L’attività progettuale risulta molto intensa, sono soprattutto progetti sulla tematica dell’ambiente e della
dispersione scolastica finanziati attraverso il PON e il POR e in alcuni casi in ambito europeo
(Socrates). In realtà lavorare per progetti è una modalità di lavoro, vuol dire nella scuola riorganizzare le
discipline attorno ad una attività progettuale, nello stesso tempo significa fare didattica in modo diverso
e organizzare l’attività dei docenti finalizzando risorse finanziarie intorno a queste iniziative.
Sebbene di per sé l’oggetto della rete non sia fattore di successo o insuccesso della rete, l’indagine a
livello regionale ha evidenziato una interessante relazione tra il tipo di accordo e l’oggetto: gli accordi
che hanno come oggetto la ricerca-sperimentazione e la condivisione di spese di gestione sono infatti
prevalentemente i consorzi.
3.3. I nodi della rete
I nodi o sistemi sono le parti costitutive di una rete organizzativa, si tratta di entità grandi o piccole
capaci di cooperare con gli altri nodi. I nodi possono essere interni o esterni ai confini giuridico
amministrativi di un’organizzazione: unità giuridicamente autonome come scuole, comuni, aziende, ecc
ovvero unità organizzative interne alla scuola.
Ingrediente di successo per la rete ed elemento distintivo è la vitalità dei nodi: un nodo è vitale quando
è parte costitutiva e attiva dell’organizzazione a rete e non solo una componente. Gli attori della rete
mantengono la loro autonomia e sono capaci di azioni intenzionali, di scambiare risorse decidendone la
14
destinazione. Autonomia, consapevolezza e libertà sono i tratti distintivi dei soggetti che entrano in rete
e i legami che si stabiliscono sono di natura lasca, allentati ma non deboli.
In merito alla tipologia di soggetti che fanno rete i dati rilevati attraverso la Ricognizione nazionale si
differenziano dai dati rilevati in regione attraverso il Monitoraggio; se infatti i soggetti che compongono
prevalentemente le reti a livello nazionale sono le scuole di diverso grado assieme ad enti di varia
natura a livello locale prevalgono in prima battuta le scuole dello stesso grado.
Gli attori di una rete possono essere individuali o collettivi, pubblici o privati; nel caso di attori collettivi
essi possono far assumere alla rete una caratteristica di omogeneità (scuole dello stesso grado e/o di
grado diverso) ovvero di eterogeneità (soggetti appartenenti ad ambienti diversi: scuole, ASL, imprese,
centri di formazione, ecc). Generalmente nel primo caso (reti di scuole) l’area di intervento è
l’innovazione e la diversificazione dei curricola, nel secondo (reti pluriattori) l’area di intervento è
l’ampliamento dei servizi formativi e l’integrazione con il territorio. Una rete di scuole che opera per
l’innovazione e la diversificazione dei curricola ha tra gli obiettivi: l’innovazione nella formazione
ordinaria, la gestione della continuità didattica, la prevenzione e il recupero della dispersione,
l’orientamento scolastico e professionale, lo sviluppo della scuola come comunità educante, la
formazione degli adulti e lo sviluppo di servizi formativi integrativi. Una rete organizzativa composta da
scuole più altri soggetti del territorio, che opera per il miglioramento dell’offerta formativa, si prefigge di
produrre un impatto positivo sul sistema culturale, sociale ed economico del territorio, di ampliare
l’offerta culturale e di aumentare la capacità di intercettare i bisogni della comunità in cui agisce, di
concertare attività e risorse tra i vari nodi della rete per raggiungere il comune obiettivo di giocare un
ruolo propositivo nello sviluppo del territorio.
Il tema dei soggetti della rete apre anche al tema dell’apertura/chiusura della rete e delle sue
dimensioni.
Le reti che abbiamo osservato mostrano un range sulle dimensioni molto ampio, si va da un minimo di
5 componenti ad un massimo di 130 soggetti.
Non è al momento possibile individuare un numero ideale di componenti di una rete, naturalmente
questo dipende soprattutto dalle finalità della stessa. Appare inoltre evidente che la dimensione è
condizionata dalle risorse economiche ed umane disponibili per la gestione.
3.4. La struttura organizzativa
La struttura organizzativa è senz’altro lo strumento per eccellenza di integrazione della rete, è infatti
attraverso la gestione dei processi, la definizione dei ruoli, i metodi di lavoro e il sistema di competenze
che è possibile attivare processi di integrazione culturale tra i diversi attori della rete. La complessità
della dinamica è nota, bisogna riuscire a bilanciare la crescita della rete con la crescita dei singoli
soggetti e quindi trovare un equilibrio tra le esigenze di integrazione del soggetto rete con quelle di
15
identità degli attori che ne fanno parte. Passare da un’identità rigida e limitata ad un’identità aperta e
fluida vuol dire prendere coscienza dell’ambiente entro cui si opera e tenerne conto.
Nell’attuale panorama scolastico sardo, il modello di rete prevalente si caratterizza:
- per la presenza di una scuola con il ruolo di capofila e di circa 5 scuole partner;
- è presente un organismo di coordinamento stabile che è generalmente affidato alla conferenza
dei Dirigenti;
- non esistono risorse umane dedicate interamente all’attività di rete;
- le relazioni tra i soggetti si collocano prevalentemente ad un livello operativo (realizzare le
attività previste dal progetto), attraverso modalità di lavoro in presenza.
Il ruolo della scuola capofila7 è una questione degna di attenzione: i casi osservati ci testimoniano del
rischio che essa diventi l’unico riferimento sul quale gravano la progettazione, l’organizzazione, il
monitoraggio delle attività, soprattutto se i tempi e le dimensioni dell’accordo di rete si dilatano. La
possibilità di far circolare il ruolo di capofila tra i componenti della rete si è rivelata una soluzione difficile
e di gravosa realizzazione.
Tra i modelli possibili, le reti coinvolte nell’indagine si sono riconosciute prevalentemente nelle due
immagini idealtipiche di seguito rappresentate (fig. 1 e fig. 2). Nella scelta del primo modello si
sottolinea l’importanza di individuare un centro che, in una relazione non gerarchica, sia in grado di fare
da anima rispetto a tutto quello che accade a livello territoriale.
Le reti che si riconoscono nel secondo modello, o che tendono ad esso, preferiscono evidenziare la
scelta di una struttura leggera. I soggetti della rete, attraverso la condivisione di obiettivi e interessi
simili, sviluppano linguaggi, credenze e valori comuni che cementano la coesione della comunità. I
membri di una comunità risultano legati informalmente tra loro da ciò che fanno insieme (pratiche) e da
ciò che essi imparano attraverso il mutuo impegnarsi in queste pratiche. In altre parole si può dire che il
patrimonio di conoscenze così accumulate rappresenta le fondamenta su cui si basa l’organizzazione
del sistema stesso, quest’ultima produce conoscenza dinamica attingendo a quella statica,
rigenerandola.
Le scuole e/o i soggetti del territorio attivano processi di scambio in una relazione cooperativa sotto la governance non gerarchica di una scuola (agenzia strategica)
Le scuole e/o i soggetti del territorio implementano la qualità dei servizi che già possiedono, integrando le proprie risorse
Fig. 1 – Governance non gerarchica di una scuola Fig. 2 – Integrazione di risorse tra le scuole
7 Su 75 scuole che dichiarano attraverso il Monitoraggio di fare rete sono 45 quelle che hanno il ruolo di capofila.
16
Nel primo modello, che può essere definita rete governata (fig. 1), vengono individuati tre livelli
funzionali, non gerarchici edifferenti per il compito loro assegnato e per la loro funzione rispetto alla
strategia della rete (Butera, 1990): il governo, l’attività di supporto, l’operatività. Nei tre livelli si
collocano i vari nodi/soggetti individuando responsabilità e modalità di azione. Ai diversi ruoli che
operano nella rete viene chiesto di possedere un elevato orientamento alla partnership e un’ottima
capacità di lavorare in gruppo.
Lo schema che segue indica una possibile strutturazione per il presidio dei processi di direzione e
controllo, dei processi di supporto e dei processi primari (servizi principali e specifici per gli utenti).
LIVELLO FUNZIONALE NODI
Gruppo di governo
Struttura per il processo di valorizzazione delle persone
Gruppo per la pianificazione
Struttura per la gestione delle risorse finanziarie (gruppo finanza)
Struttura del processo di realizzazione dei processi principali (gruppo valutazione)
Struttura per il processo di monitoraggio della rete
Livello di governo
Struttura per il processo di diffusione e promozione dell’innovazione
Gruppo per la gestione della comunicazione
Gruppo di progetto
Struttura per la gestione delle risorse finanziarie (gruppo contabilità)
Gruppo tecnologico
Struttura del processo di realizzazione dei processi principali (gruppo per il coordinamento e la facilitazione)
Struttura per il processo di monitoraggio della rete
Livello di supporto
Struttura per il processo di diffusione e promozione dell’innovazione
Struttura per il processo di organizzazione delle persone (singole scuole)
Struttura del processo di realizzazione dei processi principali (singole scuole)
Struttura per il processo di monitoraggio della rete Livello operativo
Struttura per il processo di diffusione e promozione dell’innovazione
Fig. 3 – Livelli funzionali e nodi responsabili (Cinti, 2002)
Il gruppo di governo (il centro della rete) assolve tre funzioni di vitale importanza: la prima si riferisce
alla regia dei processi cognitivi che derivano dai contributi dei singoli nodi; la seconda riguarda le
conoscenze specifiche che il centro apporta per la strategia della rete; la terza è una funzione di
aggregazione delle competenze messe in campo dai soggetti della rete per renderle fruibili a ognuna
delle organizzazioni partecipanti.
Si tratta di funzioni specialistiche avanzate e direzionali che associate ad una prospettiva
interdisciplinare, necessaria per avere una visione complessiva degli obiettivi, delle strategie della rete
che conduca alla progettazione di servizi efficaci, ci consentono di definire il nodo centrale come un
17
group manager e di considerare la sua strutturazione come il momento più delicato della vita di una rete
organizzativa (fig. 4).
Il collegamento e l’integrazione tra la struttura di governo e i nodi operativi è garantita dal middle
management di rete che oltre ad avere quindi una funzione di raccordo (tra i processi interni alle
organizzazioni e i processi interni alla rete) e di supporto contribuisce alla formazione del modello
culturale collettivo (di rete) incoraggiando la partecipazione dei singoli nodi, siano essi individui o
organizzazioni.
PROJECT MANAGEMENT DI RETE
MIDDLE MANAGEMENT DI RETE NODI OPERATIVI
Scuola B
Scuola C
Scuola D
Scuola G
Scuola Q
ASL
Comune
Provincia
DSR
Università
Associazioni
Regione
Imprese Enti di ricerca
Enti diFormazione
Scuola F
Scuola E Scuola A
Fig. 4 – Rete per l’innovazione e la formazione
Il sistema rete nel suo complesso assolve funzioni che potremmo collocare su un continuum di tipo
prevalentemente gestionale vs. prevalentemente imprenditoriale e può assumere un profilo
organizzativo definibile forte vs. debole a seconda della maggiore o minore capacità di porsi come un
riferimento imprescindibile per i nodi che ne fanno parte. Tenendo insieme le due dimensioni emerge
una tipologia quadripartita di rete (Carbognin, 1999).
La rete che si caratterizza per un debole profilo organizzativo e una funzione di tipo prevalentemente
gestionale presenta una bassa capacità di aggregazione in rapporto ai singoli nodi che non riescono a
cogliere il valore aggiunto della rete relativamente allo sviluppo del territorio (arcipelago); all’estremo
opposto sta la rete con un forte profilo organizzativo ed una funzione imprenditoriale, essa oltre a
svolgere compiti di tipo gestionale è fortemente orientata all’innovazione sia della rete stessa che verso
l’ambiente esterno (creando e promuovendo nuovi servizi), gode inoltre di una forte legittimazione da
parte dei singoli nodi perché capace di differenziarsi come entità a sé senza intaccare l’autonomia delle
altre componenti. Questa rete locomotiva si riconosce per un marcato orientamento pro-attivo verso
l’ambiente che la porta ad animare l’ambiente stesso rendendosi protagonista del cambiamento.
Gli altri due costituiscono dei modelli intermedi, con caratteristiche affatto differenti. In uno la rete
svolge azioni di supporto in un contesto organizzativo caratterizzato da forte identità. Nel secondo, la
18
rete svolge attività di innovazione ma non arriva a costituire una dimensione organizzativa stabile e
legittimata rispetto ai suoi componenti e alle loro finalità.
FUNZIONE PREVALENTE PROFILO ORGANIZZATIVO
Gestionale Imprenditoriale
Debole La rete arcipelago La rete “innovativa”
Forte La rete di supporto La rete locomotiva
Fig. 5 – Tipologia di rete per profilo organizzativo e funzione prevalente
3.5. Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione
Il mondo della scuola è sensibile alle innovazioni tecnologiche e può usufruire in modo fecondo delle
risorse telematiche: l’interconnessione in rete permette l’interscambio di esperienze formative e
didattiche, la condivisione di risorse informative e costituisce un ausilio all’aggiornamento dei docenti.
Ciò nonostante allo stato attuale manca ancora una percezione generalizzata dei mutamenti profondi
che una diffusione veramente pervasiva delle TIC potrebbe indurre sulle abitudini e sull’organizzazione
della scuola8. Un vero sistema di comunicazione per la scuola non può veicolare solo l’invio di circolari
o di documentazione di tipo amministrativo o la raccolta di materiali per la didattica, esso deve piuttosto
far circolare e socializzare esperienze, attivare nuove collaborazioni e creare aree di discussione e di
lavoro locali. La funzione di una rete locale è duplice: porsi come anello di una catena più ampia di
realtà simili (altre reti scolastiche, altre agenzie educative) e servire le esigenze specifiche di un’area
geografica ben individuata. E’ su questo obiettivo che si potranno misurare le potenzialità della
cooperazione educativa in rete, della didattica fatta di esperienze collaborative e di scambio di risorse.
A livello locale, il Monitoraggio sulle scuole superiori ha rilevato:
- un’elevata percentuale di scuole possiede almeno 1 laboratorio di informatica
- una buona percentuale è dotata di sito web
- attraverso il quale si veicola soprattutto la comunicazione istituzionale
- un po’ meno della metà delle scuole è dotata di una intranet per la comunicazione interna
- circa 150 aule sono dotate di videoconferenza
- sono circa ¼ le reti che hanno realizzato un sito web
- per interagire tra partner della rete si preferisce la modalità in presenza (incontri e gruppi di
lavoro)
8 Il Libro bianco sull’innovazione tecnologica nella scuola e nell’Università (2002) evidenzia in termini precisi questo stato: sono solo il 39% le
scuole italiane cablate, il 20% quelle che hanno accesso ad Internet a banda larga; solo 1 studente su 15 ha a disposizione un pc e solo il 25% degli insegnanti sfrutta strumenti didattici multimediali.
19
- la videoconferenza è utilizzata in pochissimi casi.
Le TIC costituiscono uno strumento di condivisione della conoscenza, ma tale condivisione è un
costrutto sociale e non un prodotto dell’information technology, essa tuttavia introduce cambiamenti
nelle modalità di comunicazione che generano a loro volta cambiamenti nelle pratiche sociali.
Nelle scuole in rete l’utilizzazione di sistemi telematici (internet, intranet, ecc) può produrre risultati di
efficienza e di efficacia nei processi di comunicazione, condivisione e cooperazione tra i nodi della rete.
L’architettura della rete telematica è, dunque, importante quanto le soluzioni organizzative adottate
perché consente di raggiungere anche risultati di economicità, capillarità e flessibilità.
I punti fondamentali da tener presenti nella definizione di standard TIC per le reti tra scuole e scuole e
soggetti del territorio sembrano essere:
- connettività, che garantisca un servizio al costo più basso e uguale per tutti
- sistema di assistenza tecnica alle scuole e ai soggetti partecipanti
- sviluppo e diffusione di strumenti TIC di ausilio alla didattica e per l’automazione delle
procedure scolastiche
- momenti di formazione, animazione e condivisione di esperienze
- monitoraggio e valutazione del piano di diffusione.
Inoltre un modello di architettura unitaria dovrebbe proporre ai soggetti della rete regole condivise per il
trasporto, l’interconnessione, l’interoperabilità e la cooperazione applicativa, tali da garantire la
massima integrazione tra i diversi sistemi informativi delle organizzazioni coinvolte.
In sintesi, per giungere ad un uso diffuso, efficace ed utile dell’ICT nelle reti di scuole, occorre passare
dallo spontaneismo creativo delle esperienze presenti nel panorama regionale ad un sistema
organizzato in cui da pochi pionieri si passi a numerosi utenti consapevoli e produttori critici.
A differenza dell’accesso libero e individualizzato alle conoscenze (comune navigazione del Web), la
cooperazione educativa esige la strutturazione di un dominio informativo in funzione degli interessi e
delle finalità di una particolare comunità di utenti, essi sono infatti fruitori e fornitori della materia prima,
cioè di contenuti da far transitare (apprendimento collaborativo). Modellare spazi telematici sulle
specifiche esigenze del gruppo si traduce nella creazione di aree di discussione, spazi virtuali
attraverso cui favorire l’interazione tra gli attori coinvolti e lo scambio dei materiali, l’organizzazione di
spazi per l’archiviazione dei materiali e lo sviluppo di pagine informative; in altre parole vuol dire
utilizzare le cosiddette tecnologie della cooperazione (groupware) per supportare la comunicazione
interpersonale, la condivisione di risorse e i processi di gruppo.
20
4. IL PROCESSO DI COSTRUZIONE DI UNA RETE ORGANIZZATIVA
Le modifiche in atto nella scuola oggi sono evidenti e rilevanti e interessano la cornice normativa, il
ruolo della dirigenza, le competenze professionali, l’offerta formativa ed altro ancora; per la scuola si
tratta di affrontare un considerevole cambiamento organizzativo e pensare nuovi modelli di
organizzazione; i cambiamenti e le innovazioni non riguardano solo singoli elementi del sistema
organizzativo ma chiedono alla scuola di operare una scelta strategica. Il processo di ridefinizione è
faticoso per le organizzazioni così come lo è per gli individui, ma può mettere in evidenza nuove
opportunità e far evolvere l’organizzazione verso la ricostruzione di una nuova identità all’interno di un
ambiente mutato che chiede di essere accompagnato nel suo sviluppo. Se la scuola dovrà, dunque,
essere un’istituzione permeabile al contesto esterno è necessario che si costituisca come sistema
sociorganizzativo autonomo configurato secondo il modello della rete (Cinti, 2002).
Un cambiamento organizzativo non può tradursi nella semplice adozione di una soluzione o di una
buona pratica. Affinché non ci sia un rigetto, il processo deve essere caratterizzato da elaborazione e
condivisione del modello di riferimento. Un modello, infatti, qualunque esso sia, è una visione integrata
dell’organizzazione, incorpora valori e assunti di base, è individuato dalla dirigenza ma condiviso da
tutti.
4.1. La progettazione organizzativa bottom up
La costruzione di una rete organizzativa e quindi il passaggio da un tipo di organizzazione ad un altro è
caratterizzato da una serie di elementi che dovranno essere gestiti e non subiti dai soggetti che
costituiscono la rete:
- la crescente complessità
- l’aumento di importanza dei sistemi di coordinamento e monitoraggio e dei sistemi operativi
- il maggior peso delle dimensioni soft
- la crescente importanza degli obiettivi
- l’autonomia e autoregolazione dei sottosistemi.
Approssimarsi al modello di organizzazione a rete e alla sua progettazione vuol dire curare
contemporaneamente sia l’oggetto che il processo di cambiamento.
L’oggetto del cambiamento non può non essere che la combinazione appropriata (Butera, 1990) di
struttura organizzativa, soggetti della rete, obiettivi, tecnologia, ecc; il processo non può essere solo top
down ma anche e sempre più centrato sull’apprendimento, sul dialogo e sulla
partecipazione/condivisione. Gli input normativi si sa sono necessari ma non sufficienti a sostenere i
cambiamenti, occorre preparare il terreno all’interconnessione, alla costruzione di relazioni collettive.
21
Un’organizzazione a rete governata deve essere progettata trovando, dunque, un equilibrio tra
l’adozione di un procedimento calato dall’alto e il ricorso ad una pura sperimentazione locale; occorre
adottare una metodologia che ben si adatti ad un sistema complesso, come è la rete, e che rinunci
all’idea razionalistica che prima si pianifica, poi si progetta e poi si sperimenta.
Gli esiti del Monitoraggio hanno confermato che è fondamentale partire dalle esperienze già maturate in
tema di reti e/o di collaborazioni nel territorio per accumulare l’apprendimento dall’esperienza in una
sorta di memoria del sistema che consente di rivedere i processi di pianificazione, progettazione e
sperimentazione in maniera circolare.
Se questo è il processo che accompagna la costruzione di una rete, il modello organizzativo diventa un
esito, costruito insieme ai soggetti che fanno parte del sistema e che si può descrivere attraverso le
soluzioni organizzative adottate, le attività, le tecnologie, lo stile di management.
La complessità dell’ambiente di riferimento per la scuola (le esigenze degli utenti diretti e di tutti coloro
che a vario titolo sono portatori di interesse) e il nuovo ruolo di promotore di azioni di sviluppo a livello
locale, gettano le basi per un modello organizzativo che - per usare una metafora nota – si può definire
“organico”. Il sistema è un sistema aperto, nel suo complesso e nelle singole parti che lo costituiscono;
le singole parti sono collegate tra loro da una rete di scambi e interagiscono sulla base di regole
(formali ed informali) che si modificano sia per i processi di adattamento all’ambiente esterno sia per
input interni.
In un’organizzazione a rete prevale la cultura dell’interazione e della soluzione, il lavoro di
coordinamento, mantenimento e innovazione sono fondamentali, prevalgono le relazioni di scambio e
negoziali, si agisce per obiettivi e risultati in gruppi di lavoro.
Per prevenire i rischi di un fallimento del lavoro di rete è opportuno agire contemporaneamente su più
livelli: la formazione del personale, sia per le competenze tecniche (orientamento, documentazione,
ecc) che per le competenze organizzative; il presidio delle interconnessioni che tengono in vita le reti;
una formalizzazione delle reti che non diventi sovrastruttura e possa soffocare i soggetti che ne fanno
parte (Summa, 2005). E’ ancora importante escludere logiche gerarchiche e di potere attraverso
meccanismi operativi quali il coordinamento, la comunicazione e la valutazione periodica dei risultati,
creare strutture organizzative agili e condivise che siano ispirate a logiche coerenti con gli obiettivi
associativi.
Le reti analizzate durante l’indagine hanno evidenziato l’importanza di alcuni specifici fattori nel
determinare il successo di un’organizzazione a rete: innanzitutto emergono la definizione chiara di un
progetto e la presenza di un bisogno comune. La definizione chiara di un progetto implica il processo di
prefigurazione delle modalità attraverso le quali si dovranno realizzare le azioni, consentendo agli attori
di immaginare così possibili variazioni in corso d’opera e di prevenire conflitti. La presenza di un
bisogno comune fa riferimento alla chiarezza e all’esplicitazione di quali sono i vantaggi che tutti gli
attori ricaveranno dal progetto e dalla rete.
22
Oltre ai due fattori su descritti, sono, in seconda battuta, considerati importanti anche la stretta
collaborazione tra gli attori e il management della rete (risorse umane dedicate e specializzate); sono
fattori tra essi interdipendenti in quanto avere risorse umane dedicate e specializzate facilita e per certi
versi garantisce che si creino i presupposti per una stretta collaborazione per gli attori.
Mettendo in relazione le difficoltà nel realizzare accordi di rete, espresse dalle scuole che fanno rete,
con i fattori che invece ne determinano il successo sembra emergere l’opinione che esistono alcuni
fattori necessari per far nascere e mantenere una rete (fattori igienici) ma non sufficienti a garantirne lo
sviluppo (fattori motivanti).
Possiamo far rientrare tra i fattori igienici:
- le risorse economico-finanziarie
- la definizione chiara del progetto
- la presenza di un bisogno comune
Rientrano invece tra i fattori motivanti:
- la definizione dei ruoli tra i soggetti
- la stretta collaborazione tra i soggetti
- il management della “rete”
In sintesi, supportare la fase di start up e accompagnare la fase di consolidamento di una nascente rete
organizzativa significa: 1. progettare l’architettura generale della rete (definizione di nodi, connessioni,
strutture, sistemi di regolazione del funzionamento operativo della rete, ecc), 2. definizione delle
modalità di attuazione e regolazione dei meccanismi di connessione tra i diversi nodi della rete
(gestione condivisa di attività comuni, scambi/modalità di condivisione di personale e di risorse,
regolazione delle modalità di comunicazione, ecc), 3. definizione e implementazione dei sistemi e dei
processi decisionali della rete, 4. progettazione e messa in opera dei sistemi di pianificazione e
controllo della rete.
4.2. Le reti temporanee e le reti permanenti
Nella definizione dei vari modelli di reti organizzative una variabile da prendere in considerazione è
sicuramente quella del tempo che consente di fare una distinzione semplice ma fondamentale tra reti
temporanee e reti permanenti. Quali sono gli elementi che le contraddistinguono?
Innanzitutto le reti temporanee nascono per realizzare un progetto e si esauriscono con il termine dello
stesso, le seconde invece perseguono fini istitutivi piuttosto che scopi immediati.
Possiamo evidenziare alcuni punti deboli delle reti temporanee che derivano direttamente dal limitato
periodo di rodaggio del soggetto rete:
23
- la scarsa conoscenza tra gli attori;
- la difficoltà di identificare le opportunità e i vantaggi dello stare insieme e quindi riuscire a fare il
salto da un atteggiamento competitivo ad un orientamento alla partnership;
- la debole stabilità delle condizioni di governo;
- l’incapacità di gestire i conflitti nel “lungo” periodo.
Le reti permanenti a loro volta devono presidiare una serie di criticità per poter sopravvive e progredire:
criticità legate ai costi di implementazione e mantenimento della rete; la nuova struttura organizzativa
deve imparare ad essere flessibile per affrontare il mutare delle condizioni di partenza; per far
funzionare i processi della rete organizzativa è necessario individuare figure di sistema (figure
professionali e ruoli organizzativi); infine sia gli organi di governo che di gestione della rete che
l’elaborazione di strategie vanno pensati secondo una logica di lungo periodo.
Le fasi del ciclo di vita di una rete temporanea coincidono con quelle di una permanente, salvo per
l’ultimo stadio: 1. una fase di esplorazione in cui si identificano gli obiettivi e si verifica la necessità di
fare rete; 2. una fase progettuale che consente di passare all’elaborazione delle idee progettuali e alla
scelta dei risultati attesi; 3. una fase di fattibilità in cui si verificano le caratteristiche che deve possedere
la rete; 4. una fase di realizzazione e di monitoraggio dei processi; 5. una fase di stabilizzazione che
vede il consolidarsi della rete e dei suoi flussi comunicativi.
La sesta fase è quella della chiusura per le reti che concludono il loro ciclo di vita e della riprogettazione
per le reti che durano nel tempo e che entrano così in un ciclo a spirale. La riprogettazione di una rete
permanente è di fondamentale importanza per vari motivi, innanzitutto perchè consente di fare un
bilancio dei risultati raggiunti e delle competenze acquisite e quindi di fare una valutazione
dell’apprendimento organizzativo di rete. La riprogettazione previene, inoltre, il rischio di
burocratizzazione della rete che da infrastruttura diventa sovrastruttura e da strumento per raggiungere
determinati scopi diventa fine a se stessa (Summa, 2005).
4.3. Il ruolo del management
Le storie di reti che abbiamo potuto osservare ci testimoniano del ruolo fondamentale dei Dirigenti
scolastici nella creazione della rete, in maniera evidente come animatori nelle reti nate dal basso, e in
qualità di sostenitori nelle reti nate dall’alto. In questo senso, la continuità nell’esercizio del ruolo e il
radicamento del Dirigente nella cultura professionale e nel contesto in cui esercita le proprie funzioni
possono essere considerate condizioni essenziali per la durata e la vitalità della rete.
Inoltre, sui Dirigenti ricade principalmente, il compito di promuovere la trasformazione della scuola in
una comunità professionale in grado di generare conoscenza diffusa attraverso forme di apprendimento
collaborativo.
24
Queste prime affermazioni ci conducono a riflettere su una delle aree più importanti del comportamento
organizzativo e cioè l’esercizio della leadership. Al leader di un’organizzazione che cambia viene
chiesto di operare per migliorare la situazione esistente (leader transazionale) e se è necessario per
modificare i corsi degli eventi (leader transformazionale), costruendo negli altri la volontà e la
motivazione a sviluppare schemi e nuove regole.
L’aspetto centrale del nuovo ruolo del Preside che diventa Dirigente sta proprio nelle aspettative legate
alla managerialità dalla quale dipende la possibilità di realizzare il passaggio dalla cultura
dell’adempimento a quella del risultato. Il compito principale del Dirigente è la promozione e
valorizzazione degli apprendimenti organizzativi in un contesto lavorativo che assume le caratteristiche
di una comunità di pratica. Come abbiamo più volte sostenuto, l’autonomia ha dato voce alla
complessità organizzativa che la scuola sta affrontando, sia al proprio interno che nelle relazioni con
l’esterno, e questa complessità (nel senso del termine complexus, tessuto assieme) non può essere
governata da una sola persona. Il successo del Dirigente scolastico dipende allora dalla sua capacità di
coinvolgimento e persuasione e dalla capacità di condurre gli attori sociali a partecipare alla costruzione
di significati condivisi all’interno dell’organizzazione.
E’ importante che in questo processo di gestione dei compiti e delle relazioni intra e interorganizzative,
il Dirigente sappia utilizzare appieno le potenzialità di quello che possiamo chiamare il middle
management della scuola (i collaboratori del Dirigente).
Nello specifico delle relazioni interorganizzative, la funzione di leadership si esprime essenzialmente
nella cura della rete, che vuol dire fare manutenzione continua della rete e delle relazioni tra gli attori
interessati, presidiando l’uniforme diffusione delle informazioni, sostenendo lo sviluppo dei soggetti
della rete, disciplinando il comportamento dei diversi attori rispetto agli obiettivi condivisi, realizzando il
monitoraggio della rete. Chi opera così nella rete deve possedere a livello elevato capacità di
coordinamento e pianificazione, capacità di gestire relazioni interfunzionali, autorevolezza,
imprenditività, capacità di individuazioni di opportunità, capacità di gestione e supporto del
cambiamento, capacità di identificare tutte le leve da agire per sviluppare le opportunità individuate
(visione manageriale).
Ma come sviluppare questo sistema di competenze? Alcuni interventi di sviluppo della leadership si
fondano sul presupposto che un leader si forma soprattutto nei tradizionali contesti formativi,
sviluppando quegli elementi che costituiscono la competenza e cercando di trasferirli in un secondo
momento nei contesti di lavoro. In altri casi, pur restando identico l’obiettivo, cioè accrescere le
conoscenze, le capacità e gli atteggiamenti dei leader, si progettano le attività di formazione d’aula e di
simulazione comportamentale secondo l’interpretazione e i significati aziendali. E’ possibile infine
riconoscere e affermare che l’esperienza è la fonte principale, l’inizio dell’apprendimento e quindi dello
sviluppo della leadership, e può essere stata maturata sia in situazioni extra lavorative, intrinsecamente
analoghe a quelle aziendali (esperienza analogica) che in circostanze organizzative (esperienza
dialogica) (Rago, 2006). Il modello di leadership development che ci appare più efficace a sostenere
25
processi importanti di cambiamento organizzativo ipotizza interventi di sviluppo che integrano
logicamente attività formative di tipo diverso, armonicamente combinate e ponderate tra loro
(simulazioni comportamentali, formazione d’aula, esperienze analogiche, executive coaching). La
leadership è bene ricordarlo non agisce in un vuoto organizzativo perché per definizione è un fenomeno
sociale che si manifesta in relazione a qualcosa, questo vuol dire che la sua traduzione in pratica
organizzativa varia al variare dell’ambiente, includendo in questo concetto, le contingenze
dell’organizzazione, le caratteristiche degli individui e dei gruppi che ne fanno parte, gli apprendimenti
organizzativi già consolidati.
26
5. CONCLUSIONI
Nella nostra trattazione abbiamo voluto mettere in evidenza gli elementi che riteniamo strategici nella
definizione di un modello organizzativo a rete. Innanzitutto siamo partiti da alcuni assunti fondamentali
e cioè che: a) la rete è per le scuole un’opportunità di sviluppo organizzativo verso una più efficace
erogazione dell’offerta formativa nel territorio; b) il sistema rete non è solo una forma naturale ma un
potenziale artefatto organizzativo che può essere progettato e riprogettato; c) questa progettazione è
possibile ed ha senso solo se costruita assieme agli attori organizzativi.
La progettazione di una rete impone – agli attori che ne fanno parte – di costruire l’impalcatura del
nuovo soggetto organizzativo individuando il tipo di strumento giuridico (consorzio o accordo di rete), gli
oggetti su cui lavorare (la didattica innovativa e/o l’acquisto di beni e/o servizi), i nodi della rete (scuole
e/o che altri soggetti del territorio) e soprattutto la definizione di ruoli, funzioni e processi che
stabiliscono la struttura organizzativa.
Tale progettazione implica un processo di cooperazione in cui – a partire dalla definizione chiara di un
progetto – gli attori costruiscono punti di vista condivisi, individuando uno scopo comune e rendendo
compatibili le finalità specifiche di ciascuno. La vitalità di una rete, quindi, non dipende tanto o solo
dall’esistenza di un nucleo organizzativo capace di promuovere, gestire e coordinare le iniziative
comuni ma, in primo luogo, essa dipende dalla condivisione di una cultura comune. Questa cultura è
l’esito di un processo di convergenza di linguaggi e di costruzione di conoscenze e interpretazioni
condivise rispetto all’agire organizzativo, ai processi sociali e alle tecnologie. La vitalità di una rete
dipende dalla vitalità dei nodi che la costituiscono e dalla motivazione a perseguire percorsi di
integrazione. Tale processo è tuttaltro che scontato, esso implica infatti il passaggio da uno spazio
organizzativo relativamente protetto, quello dell’istituto, a uno spazio più ampio, in cui aumentano le
opportunità ma anche i rischi e le incertezze. Tale spazio dunque è uno spazio di negoziazione in cui
l’elemento cruciale è costituito dalla preservazione delle ragioni dell’impegno di ciascuno e nel quale gli
scopi comuni integrino e non obliterino le finalità di ciascuna delle componenti.
Abbiamo segnalato la funzione strategica svolta dai quadri organizzativi intermedi della scuola (referenti
d’istituto, funzioni strumentali) in questo processo di integrazione tra i soggetti della rete. La
valorizzazione di questo middle management è cruciale per il funzionamento dell’istituto e per la sua
integrazione nella rete. Il problema centrale, in questo processo, è l’evoluzione, il cui esito resta incerto,
da una rete con una funzione puramente strumentale, a una rete che diventa spazio organizzativo,
culturale e simbolico condiviso e in cui si riconfigura l’identità degli attori.
27
6. BIBLIOGRAFIA
Avallone F., Psicologia del lavoro, NIS, 1994
Calamandrei D., Migliari M., Learning network. Organizzare la conoscenza nei sistemi di imprese, F.
Angeli, 2002
Carbognin M., Il campo di fragole, F. Angeli, 1999
Casoni G., Cavalleri A., Fantini D., Terenzoni S., I distretti culturali: genesi, definizione, tipologie, in
Sistema design Italia, n. 3, 2006
Cinti P., Modelli organizzativi per la scuola dell’autonomia, in Psicologia Scolastica n.2, 2002
Benadusi L., Gli studi di caso raccontano la scuola dell’autonomia, in Studi Organizzativi n.1-2, 2002
Benadusi L., Serpieri R. (a cura di), Organizzare la scuola dell’autonomia, Carocci, 2000
Benadusi L., Consoli F. (a cura di), La governance della scuola, Il Mulino, 2004
Boerzel T., Le reti di attori pubblici e privati nella regolazione europea, in Stato e mercato, n. 59, 1998
Bruscaglioni M., Spaltro E., La psicologia organizzativa, F. Angeli, 1987
Butera F., Il castello e la rete, F. Angeli, 1990
De Martin G. C (a cura di), Rapporto sulla scuola dell’autonomia, Armando editore, 2003
De Masi D., Bonzanini A., Trattato di sociologia del lavoro e dell’organizzazione, F. Angeli, 1988
Landri P., Palmas L.Q. (a cura di), Scuole in tensione, F. Angeli, 2004
Lèvy-Leboyer C., Sperandio J.C, Trattato di psicologia del lavoro, Borla, 1993
Lomi A., Reti organizzative, Il Mulino, 1991
Morgan G., Le metafore dell’organizzazione, F. Angeli, 1989
Kaneklin C.,. Manoukian F.O, Conoscere l’organizzazione, NIS, 1992
Pichierri A., Organizzazioni rete, reti di organizzazione: dal caso anseatico alle organizzazioni
contemporanee, in Studi Organizzativi, n.3, 1999
Rago E., Esperienze di leadership development tra economia, pedagogia ed estetica, in Persone &
Conoscenze, n. 24-25, 2006
Ribolzi L., Le reti di scuole come luogo di apprendimento,
http://gold.bdp.it/goldtrain/content/index.php?action=read_cnt&id_cnt=329&area=strumenti
28
Rullani E., Sviluppo locale ed economia della conoscenza: nuovi problemi e possibilità per le Agenzie di
sviluppo, in Deidda D., Marronis D., (a cura di) Sviluppo Locale e eccellenza professionale, Ed.
Quaderni Formez
Spaltro E., Soggettività, Patron, 1993
Spaltro E., de Vito Piscicelli P., Psicologia per le organizzazioni, NIS, 1990
Summa I., Le reti di scuole, Relazione al convegno l’Europa dell’istruzione, Bologna, 21-23 novembre
2005
Tagliagambe S., La didattica e la rete, Pitagora, 2000
Trentin G., Insegnare e apprendere in rete, Zanichelli, 1998
Valentino P.A., Le trame del territorio. Politiche di sviluppo dei sistemi territoriali e distretti culturali,
Sperling & Kupfer, 2003
Vardanega A. (a cura di), Apprendere e innovare, F. Angeli, 2001