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1 1) LE PERSONE CON DISABILITA’ - Il territorio dell’ ulss 10 “… Il territorio dell’ ulss 10 comprende 20 Comuni, alcuni dei quali di piccole dimensioni, che trovano quindi la possibilità di ottimizzare le proprie risorse economiche in una gestione associata e delegata all’ulss di servizi che singolarmente avrebbero difficoltà ad assicurare, trovando un’ ulteriore agevolazione organizzativa ed economica nell’esistenza di un’ unica struttura aziendale, quale l’UOC Servizi alla persona, che favorisce un sistema unitario e coordinato di governo delle attività. In particolare si segnala, per le dimensioni organizzative significative, la delega a questa ulss 10 da parte dei Comuni del servizio di assistenza domiciliare ai disabili. Si evidenzia anche la delega all’ulss 10 della gestione di attività ed interventi relativamente alle competenze civili ed amministrative previste dall’art. 23 lett. C) del D.P.R. 616/77 rispetto alle situazioni di pericolo o pregiudizio per il minore con particolare riguardo a maltrattamento fisico o psicologico, molestie e/o abuso sessuale, trascuratezza. La particolare situazione creatasi per l’ulss 10 con il prospettato riparto della competenza giurisdizionale per i minori fra i Tribunali di Venezia e Trieste, rafforza l’esigenza di un punto unico di coordinamento aziendale. L’attuale organizzazione dell’ U.O.C. Servizi alla persona, con la coesistenza di professionalità diverse ed integrate, agevola una visione e una presa in carico unitaria dell’utente, presenta una forte capacità organizzativa, di coordinamento e supervisione dei servizi socio-sanitari del territorio, e costituisce una struttura di riferimento completa per il confronto e la collaborazione con la Conferenza dei sindaci in ambito socio-sanitario. Il progressivo aumento nel tempo delle deleghe all’ulss 10 di attività di competenza comunale, con relativo finanziamento economico, è la riprova del positivo risultato riscontrato, frutto di una gestione organizzativa integrata e quindi anche maggiormente efficiente….” ICD = IMPEGNATIVE DI CURA DOMICILIARE REGIONE VENETO la Delibera sulla Domiciliarietà 1338/2013 (ex DGR/CR 37/2013 Extra LEA-ADI http://icd.regione.veneto.it/ La Domiciliarietà come condizione di vita ha bisogno di continuità per le persone che abbisognano di Assistenza alla persona per compiere i normali atti della vita quotidiana (Legge 104 del ’92). La Delibera sulla Domiciliarietà del luglio 2013, suddivide le persone in 5 differenti tipologie di disabilità, è impostata su singole prestazioni erogate in modo alternativo fra di loro, ha già creato molti effetti negativi per la sua complessità e per i ritardi e/o sospensione delle erogazioni e le problematiche connesse pur non essendo ancora in vigore. Pone un tetto di impegnative (ICD), riduce le risorse, stabilisce un confine d’età per la disabilità a 65 anni. mette la persona disabile in condizione di non essere considerata per i suoi bisogni complessivi. Ha nel frattempo lasciato senza risposte le persone in lista d’attesa, che se crea disagio per l’attesa di un posto in residenza assistita, non è compatibile con la condizione di domiciliarietà. Ha reso precaria questa condizione umana e progressivamente cambia il volto socio-sanitario territoriale della Regione Veneto. Non è stata condivisa con le parti sociali, gli Enti Locali, i portatori di interesse, i professionisti della salute. Ad oggi non esiste un tavolo di programmazione, peraltro previsto all’approvazione della delibera. E’ stato effettuato il riparto provvisorio delle risorse finanziarie alle ULSS per gli esercizi 2013- 2014-2015 (dgr 154cr/2012 e 1338/2013 confermato dalla recente 2358/20216).

Relazione 15 febbraio 2014

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Giornata di studio

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1) LE PERSONE CON DISABILITA’ - Il territorio dell’ ulss 10

“… Il territorio dell’ ulss 10 comprende 20 Comuni, alcuni dei quali di piccole dimensioni, chetrovano quindi la possibilità di ottimizzare le proprie risorse economiche in una gestione associata edelegata all’ulss di servizi che singolarmente avrebbero difficoltà ad assicurare, trovando un’ulteriore agevolazione organizzativa ed economica nell’esistenza di un’ unica struttura aziendale,quale l’UOC Servizi alla persona, che favorisce un sistema unitario e coordinato di governo delleattività.

In particolare si segnala, per le dimensioni organizzative significative, la delega a questa ulss 10 daparte dei Comuni del servizio di assistenza domiciliare ai disabili. Si evidenzia anche la delegaall’ulss 10 della gestione di attività ed interventi relativamente alle competenze civili edamministrative previste dall’art. 23 lett. C) del D.P.R. 616/77 rispetto alle situazioni di pericolo opregiudizio per il minore con particolare riguardo a maltrattamento fisico o psicologico, molestie e/oabuso sessuale, trascuratezza. La particolare situazione creatasi per l’ulss 10 con il prospettatoriparto della competenza giurisdizionale per i minori fra i Tribunali di Venezia e Trieste, rafforzal’esigenza di un punto unico di coordinamento aziendale. L’attuale organizzazione dell’ U.O.C.Servizi alla persona, con la coesistenza di professionalità diverse ed integrate, agevola una visione euna presa in carico unitaria dell’utente, presenta una forte capacità organizzativa, di coordinamento esupervisione dei servizi socio-sanitari del territorio, e costituisce una struttura di riferimento completaper il confronto e la collaborazione con la Conferenza dei sindaci in ambito socio-sanitario. Ilprogressivo aumento nel tempo delle deleghe all’ulss 10 di attività di competenza comunale, conrelativo finanziamento economico, è la riprova del positivo risultato riscontrato, frutto di una gestioneorganizzativa integrata e quindi anche maggiormente efficiente….”

ICD = IMPEGNATIVE DI CURA DOMICILIARE REGIONE VENETOla Delibera sulla Domiciliarietà 1338/2013 (ex DGR/CR 37/2013 Extra LEA-ADI

http://icd.regione.veneto.it/

La Domiciliarietà come condizione di vita ha bisogno di continuità per le persone che abbisognano diAssistenza alla persona per compiere i normali atti della vita quotidiana (Legge 104 del ’92). LaDelibera sulla Domiciliarietà del luglio 2013, suddivide le persone in 5 differenti tipologie didisabilità, è impostata su singole prestazioni erogate in modo alternativo fra di loro, ha già creatomolti effetti negativi per la sua complessità e per i ritardi e/o sospensione delle erogazioni e leproblematiche connesse pur non essendo ancora in vigore.

Pone un tetto di impegnative (ICD), riduce le risorse, stabilisce un confine d’età per la disabilità a 65anni. mette la persona disabile in condizione di non essere considerata per i suoi bisogni complessivi.Ha nel frattempo lasciato senza risposte le persone in lista d’attesa, che se crea disagio per l’attesa diun posto in residenza assistita, non è compatibile con la condizione di domiciliarietà.

Ha reso precaria questa condizione umana e progressivamente cambia il volto socio-sanitarioterritoriale della Regione Veneto. Non è stata condivisa con le parti sociali, gli Enti Locali, i portatoridi interesse, i professionisti della salute. Ad oggi non esiste un tavolo di programmazione, peraltroprevisto all’approvazione della delibera.

E’ stato effettuato il riparto provvisorio delle risorse finanziarie alle ULSS per gli esercizi 2013-2014-2015 (dgr 154cr/2012 e 1338/2013 confermato dalla recente 2358/20216).

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Per il 2013, sono stati destinati 5 ml alla Non Autosufficienza e 101 ml per le ICD (sul bilanciocomplessivo di 721 ml). Un bilancio inalterato dal 2008, cui si sono invece aggiunte quote diresidenzialità abitualmente in carico alla Sanità. I beneficiari delle ICD nel Veneto sono 46 milapersone.

Le persone con disabilità

Non c’è uguaglianza umana senza riconoscere la differenza. L’uguaglianza fra esseri umani sulpiano del diritto si traduce nel riconoscere i differenti bisogni delle persone disabili. Vannoarticolate risposte differenti per l’età evolutiva (minori inferiori ai 18 anni), l’età adulta (18-65 anni)e l’età anziana (gli oltre 65). Lo prevedono le leggi e la programmazione socio sanitaria (i Piani diZona dei Comuni nella Conferenza dei Sindaci, una Conferenza per ogni Ulss).Previdenza ed Assistenza sono le due gambe con cui camminano queste persone, entrambenecessarie. Scontate nella residenzialità, per niente scontate quando si vive a casa propria, o in unapiccola Comunità, o in un Gruppo Appartamento per persone svantaggiate : tutto questo èDomiciliarietà.Il 1978, con la legge Basaglia ha creato un confine fra “un prima e un dopo la legge”, prima diallora l’istituto per i minori e il manicomio per gli adulti era considerato un “luogo di vita”. Nonera necessario un consenso a questa condizione ristretta, bastava il parere di uno Specialista dellaMutua (quello che oggi chiamiamo Distretto). Definire che non si possono rinchiudere le personeper oltre 7 al massimo 15 giorni ha aperto la strada per una quotidianità differente anche per lepersone disabili.Una Domiciliarietà a carico della collettività (come per manicomi ed istituti) e non della solafamiglia.Una differente cultura sociale e delle istituzioni ha dato il coraggio alle famiglie di convivere con iloro cari disabili fisici e mentali pur nella complessità, di chiedere l’abilitazione alla vita, portarli ascuola e per strada.Sono nate prima le scuole speciali e poi l’inclusione scolastica e il progetto alla persona. Sono natiper i disabili dopo i 18 anni i Centri Diurni, fortemente voluti dai genitori. Sul modello basaglianoinclusivo, sono unità piccole, al massimo di 14 persone, così come la piccola comunità residenziale,il gruppo appartamento.

Minori ed Adulti disabili sono ciascuno abile in modo differente, è necessario creare progettiindividuali per ciascuno di loro. E’ ciò che avviene all’interno delle Unità Valutative del DistrettoSocio Sanitario (UVMD), con la partecipazione del medico di famiglia (o specialista),dell’Assistente Sociale e delle stesse persone disabili se adulte o del famigliare se cognitivamentefragile. Questa partecipazione “della persona”, al destino che la riguarda, sembra un’ovvietà, manon lo è.I minori tutti, anche se disabili, hanno bisogno di abilitarsi alla vita (inclusione sociale,scolastica)…quindi vanno trasportati, accuditi, seguiti a scuola da un’insegnante di sostegno che lalegge prevede per la classe tutta e non per il solo bambino o ragazzo…I minori tutti sono soggetti a tutela, anche se il Diritto di Famiglia del 1975 li sottrae alla PatriaPotestà riconoscendoli soggetti di diritto e dando loro voce. Un’anomalia della Regione Veneta inatto dal prossimo bilancio è trasferire dal Bilancio Sociale al Bilancio Sanitario anche i minori cheabbiano bisogno di intervento sociale (tutti malati?)

Gli Adulti, dai 18 ai 65 anni, così come i bambini debbono poter uscire di casa, svolgere attivitàlavorativa, o comunque partecipare alla vita con i loro tempi, con progetti di vita il più possibileindipendente (Legge 162) . Abbiano essi disabilità fisica o mentale. Non possono essereconsiderate reddito, qualora lavorino, le risorse previdenziali per l’assistenza, sarebbe iniquo, unosvantaggio non considerato, che potrebbe impedire loro di godere dell’aiuto alla persona di cuiabbisognano per alzarsi dal letto e recarsi al lavoro. Quello che sta ora avvenendo a livello

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governativo con la nuova ISEE.Le persone disabili che compiano 65 anni sono considerate anziane, ma non cessano di esseredisabili, con bisogni specifici, condizioni fisiche aggravate dall’età, pluripatologie ecc. e debbonopoter proseguire una vita indipendente senza ricorrere alla residenzialità obbligata.

Per gli anziani non disabili la Non Autosufficienza dura mediamente 7 anni per gli uomini e 9 per ledonne e non coincide con il confine dei 65 anni. In questa fase di Non Autosufficienza è preferibile lapermanenza in casa propria

La legge Bindi 229 del ’99 ha previsto la riorganizzazione del territorio, la partecipazione di EntiLocali, Associazioni, Cittadini alla programmazione dei Servizi Sanitari e Socio Sanitari, i livelliessenziali di Assistenza a carico del SSN. La domiciliarietà per i non autosufficienti gravi è unlivello essenziale di assistenza.

Il processo di socializzazione dei servizi doveva compiersi a livello regionale con la legge Turco 328del 2000 che prevedeva risorse sociali certe (che non sono state stanziate a sufficienza) e un forteprotagonismo dei Comuni, in continuità con la legge Bindi. Una delega che i Comuni possonomantenere, utilizzando fondi regionali e nazionali, oppure delegarli alle Ulss, in entrambi i casiorganizzandosi collegialmente fra Comuni. La legge 328 prevede anche all’art 26 il diritto allariabilitazione, importante per il mantenimento delle facoltà mentali e fisiche. La riabilitazione è lacugina povera di Cenerentola, la sorella povera è la salute mentale. La Regione Veneto non harecepito la 328, non l’ha attuata. Venezia è l’unica città che potendo contare su risorse proprie hamantenuto la delega all’assistenza, ricevendo dalla regione analoghe quote degli altri Comuni.

Era stata introdotta da Galan (consigliato) una tassa di scopo a favore della Domiciliarietà che primadelle elezioni di questo Presidente di Regione è stata abolita. Dal 2008 la Regione Veneto nn haadeguato le risorse sociali per il mondo della disabilità, per la Domiciliarietà. Nel 2009 i sindacatihanno premuto perché venisse approvata la legge 30 per la non autosufficienza che non è però statafinanziata. Durante l’iter di approvazione sono stati promossi dalle associazioni alcuni emendamentialla legge 30 per un maggior ruolo dei comuni, per avere voce come persone disabili e famigliariall’interno delle UVMD e per escludere dalla compartecipazione la frequenza ai Centri Diurni dellepersone disabili, un diritto quello dell’inclusione, pari al diritto di andare in Ospedale, un livelloessenziale di assistenza. Condivisi dai sindacati, dalla minoranza in Regione, approvati con fatica inConsiglio hanno consentito dal 2009 ad oggi la continuità della frequenza ai Centri Diurni senza lapenalizzazione della compartecipazione che avrebbe escluso molti disabili adulti dai Ceod.

Nel 2013 con le ICD si definisce “sanitaria” ciò che è squisitamente sociale: la Domiciliarietà allepersone disabili e anziane. L’igiene alla persona anche a casa propria, le risorse agli anziani (exassegno di cura) diminuendo le risorse alla vita indipendente, alle persone con Alzheimer ecc. Sonoapparse a maggio le ICD, impegnative di cura domiciliari, senza alcuna condivisione con le partisociali, le persone disabili. Stiamo faticosamente ribadendo un concetto di domiciliarietà comecondizione umana e sociale di diritto.

Fonte FISH : la parziale retromarcia della Giunta Zaiasull’Impegnativa di Cura Domiciliare (www.vitaindip.it)

L’ICD così come concepita fino al dicembre scorso era “mutuamente esclusiva”, era incompatibilecon la frequenza del centro diurno, espelleva dai servizi domiciliari gli over 65, le persone prive diindennità di accompagnamento e centinaia di persone che fino al 2013 avevano usufruito del serviziodi Aiuto Personale.

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Il decreto della Giunta regionale n. 173 del 31 dicembre 2013, ora invece precisa che:

1) La frequenza di un Centro diurno non è incompatibile con l’Impegnativa di Cura Domiciliare. Chiusufruiva del servizio di Aiuto personale potrà quindi fare domanda per l’ICDp anche se frequenta ilCentro diurno.

2) Le prestazioni ADI-SAD sono compatibili con la frequenta di un Centro diurno e con le ICD. Ititolari di un progetto di Vita Indipendente, di Aiuto Personale, di promozione dell’AutonomiaPersonale potranno quindi continuare ad usufruire anche di tali servizi.

3) per accedere all’ICDp non è necessario essere in possesso dell’indennità di accompagnamento. Bastala certificazione di gravità in base alla legge 104/92. Minori ed adulti senza indennità diaccompagnamento che usufruivano dell’Aiuto Personale potranno quindi accedere all’ICDp.

4) Il contributo per i progetti di Vita Indipendente, di Aiuto Personale, di promozione dell’AutonomiaPersonale deve essere determinato in relazione al progetto. L’ammontare mensile viene stabilitodall’UVMD, quindi niente graduatorie. “Dal 2014 la procedura ICD viene utilizzata per la presa incarico delle persone, per conoscere il “fabbisogno complessivo” e per l’erogazione del contributo”. Le ULSS vengono in sostanza invitate a non disperdere i finanziamenti in tanti piccoli contributi.

5) le UVMD potranno definire la prosecuzione del progetto anche per le persone che hanno compiuto i65 anni, se già titolari di un progetto di Vita Indipendente : decreto 173 del Segretario Mantoan del31.12.2013, correttivo delle ICD-F (viene così distinto il mondo adulto rispetto all’anziano). LeUVMD potranno anche ridefinire l’importo mensile in funzione del progetto individuale, del badgetassegnato alle ULSS e delle nuove domande. Il comune di residenza dovrà concorrere alla spesa.

6) per l’erogazione dei LEA, Livelli Essenziali di Assistenza, è stato effettuato il riparto provvisoriodelle risorse finanziarie alle ULSS per gli esercizi 2013-2014-2015 (dgr 154cr/2012 e 1338/2013confermato dalla recente 2358/20216). Fatto salvo un diverso ammontare del capitolo di bilanciorelativo al Fondo regionale per la Non autosufficienza, le risorse per il 2014 potranno essereconfermate in pari misura.

7) il limite reddituale per l’accesso alla ICDp stabilito con la DGR 1338/2013 è sospeso in attesa diconoscere gli effetti del nuovo ISEE e di definire una eventuale nuova soglia, al fine di non porrenuovi limiti alla conferma dei progetti di Aiuto e Autonomia Personale e di prendere in caricosituazioni di effettivo bisogno. Nel frattempo l’ISEE per l’ICDp diventa analoga a quella per l’ICDf.

A CONCLUSIONE DI QUESTA BREVE ESPOSIZIONE, DUE CONSIDERAZIONI

La mobilitazione in atto, in particolare la manifestazione del 13 dicembre a Padova “Siamo ilSociale”, promossa da Federsolidarietà, e la costante iniziativa della FISH, delle associazioniaderenti, del Movimento per la Vita Indipendente e quello dei familiari delle persone che frequentanoi Centri diurni ha permesso alcuni parziali ma positivi risultati. Ha aperto una breccia nel monoliticofronte avversario. La Giunta e la maggioranza che la sostiene cominciano forse a rendersi conto chenon si possono marginalizzare i protagonisti del sociale.

Siamo riusciti a modificare la delibera regionale sulle ICD. In modo insufficiente, ne siamoconsapevoli, ma è stata modificata e abbiamo dimostrato quanto approssimativa sia stata l’azionedella Giunta. Non è poco. Il nostro giudizio sull’operazione ICD, che nulla aveva a che vederecon il riordino dei servizi domiciliari cosiddetti extra LEA, resta negativo.

2) APPUNTI SULLE ICD = Impegnative di Cura Domiciliare, inrapporto al Piano Socio Sanitario

(gruppo di lavoro associazioni)

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Premessa – il contesto

1.1. La DGR 1338/2013 si pone in modo avulso ed estraneo al Piano socio-sanitario regionale 2012-16 entro il quale dovrebbe collocarsi ogni provvedimento attuativo.

Il Piano Socio-sanitario 2012-2016 è stato approvato prima della “Spending review” e del “DecretoneBalduzzi” e quindi in un contesto e con le prospettive delineate dal vigente “Patto per la salute 2010-12”, anzi nel corso della elaborazione iniziale del nuovo “Patto per la salute 2013-15”, che poi si èfermato per indisponibilità delle Regioni, stante i gravosissimi tagli effettuati.

Il Piano si poggia su queste linee strategiche:

conferma del modello integrato socio-sanitario

potenziamento dell’assistenza territoriale

completamento della razionalizzazione della rete ospedaliera

sostenibilità: economica, sociale, professionale

Per gli aspetti strutturali - gestionali prevede il superamento delle piccole Ulss (inferiori ai 200.000ab. e la “provincializzazione” dei servizi generali e di alcune attività sanitarie), la tripla valutazioneannuale sui Direttori Generali (della Giunta Regionale sull’equilibrio di bilancio, della competenteCommissione consigliare sull’attuazione della programmazione, della Conferenza dei Sindaci sullaqualità e soddisfazione degli utenti).

Per gli aspetti programmatori viene prevista per la prima volta la contestualità delle “schede”contenenti gli indirizzi vincolanti sia per gli ospedali che per il territorio, onde evitare la politica deidue tempi (- ospedale e + territorio).

Viene valorizzato il Piano di zona, come strumento condiviso con i Comuni, confermatal’integrazione sanità-sociale e ospedale-territorio per la continuità assistenziale, il coinvolgimentodella comunità in una prospettiva di “welfare mix”.

In concreto, si prevedono

per l’assistenza territoriale:

4 aree: prevenzione e promozione della salute, materno-infantile e infanzia, cronicità, fragilità

modelli organizzativi: team, case manager, medicina di gruppo integrata

filiera assistenza territoriale: assistenza primaria, cure domiciliari, assistenza specialistica e curepalliative, assistenza residenziale e semiresidenziale, assistenza in strutture di ricovero intermedie(ospedale di comunità e unità di riabilitazione territoriale)

responsabilità della filiera: unità di valutazione multidimensionale e responsabilità varie in team;

per l’assistenza ospedaliera:

rete ospedaliera su due livelli: provinciale (hub) e aziendale (spoke, presidio unico anche articolato in

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più sedi)

ospedali per acuti, anche monospecialistici, integrativi della rete hub - spoke

modelli organizzativi e gestionali (week surgery – day service ecc)

offerta: 3 pl acuti - 0,5 post acuti - 1,2 strutture intermedie extraospedaliere, per mille ab.

privati accreditati: maggior ruolo delle Aziende sanitarie

per la promozione salute e prevenzione:

“carte” di Ottawa e di Tallin (OMS)

i determinanti della salute

prevenzione malattie, infortuni e traumatismi, anche domestici, diagnosi precoce, tramite la

rete dei Dipartimenti di prevenzione.

1.2. Il rapporto fra il Pssr e la DGR 1338/2013 (ex 37/CR/2013)

Il principale obiettivo del Pssr è quello di spostare politiche e risorse dall’ospedale al territorio permeglio corrispondere agli obiettivi di salute dei cittadini.

Gli strumenti attuativi più importanti sono le “schede ospedaliere” e le “schede territoriali”.

La finalità della DGR pare quindi prevalentemente “politica”, di annuncio, di prefigurazione. Mentrele risorse sono state compresse dalle ultime politiche nazionali, sarebbe necessario incidereprofondamente nell’organizzazione, determinare le priorità, le sinergie, ecc.

La DGR 1338/2013 (ex 37/CR/2013) http://icd.regione.veneto.it/

2.1. Finalità

Come quasi sempre accade gli obiettivi e le finalità contenute in delibere come questa sonocondivisibili. Come quelle contenute nello stesso Pssr.

Diversa valutazione andrebbe formulata se si analizzano gli strumenti, gli attori, le connessioni con lealtre competenze che agiscono sul territorio.

La prima incongruenza è la totale assenza di riferimenti alla legge di riforma dell’Assistenzasociale, la 328/2000. Forse perché il Veneto è una delle pochissime Regioni che non l’hanno attuata.Poiché si tratta di una legge quadro, se non si fa una legge attuativa a livello regionale, è come nonesistesse.

Quindi il ruolo dei Comuni, del terzo settore, del volontariato, della cooperazione sociale risultaavulso, non compreso.

E’ pur vero che si sta normando politiche non socio-assistenziali ma socio-sanitarie, ma proprio per

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questo è indispensabile un raccordo, altrimenti si predica l’integrazione fra la sanità e il sociale, ma siattua il contrario.

Forse la finalità non dichiarata della DGR è quella di poter utilizzare una parte delle risorseper legge destinate alla sanità (LEA) per gli extra-LEA. Che sono ovviamente consentiti, macon risorse proprie della Regione, che il Veneto non ha o non vuole mettere.

2.2. Sintetiche valutazioni nel merito

Senza scendere nel dettaglio o nella tecnicalità, si elencano i punti maggiormente critici:

l’impegnativa di cura domiciliare, al pari di quella di residenzialità, deve essere spesa acquistandoservizi/prestazioni, pubblici o privati accreditati, e non tradursi in erogazioni finanziarie, di difficilecontrollo per quanto riguarda gli aspetti quali-quantitativi dell’assistenza erogata;

la suddivisione in 5 tipologie di bisogno appare farraginosa e di difficile attuazione pratica,prestandosi ad equivoci o altro, soprattutto quando viene dato il contributo e non chiesto ilservizio/prestazione;

il finanziamento settoriale, di queste politiche in questo caso, sembrava fosse stato superato inrelazione a modalità di assistenza più integrate: quale rapporto con le altre politiche territoriali, qualisinergie, quale presa in carico globale della persona bisognosa di interventi?;

conseguentemente con quali criteri viene definita la compartecipazione dell’utente o dei famigliari,come avviene per la residenzialità (senza copiare da questa ovviamente); se è pur vero che non si puòpartire dalla soddisfazione di ogni bisogno espresso (l’art. 32 della Costituzione esprime un indirizzo,che va attuato in relazione alle disponibilità finanziarie messe a disposizione), è anche vero che nonpuò essere tutto condizionato dal “tetto” finanziario: quale l’equilibrio far i due aspetti, quali lepriorità?

Considerati i tempi, gli effetti sui Servizi attuali, il ruolo dei Comuni e delle Conferenze dei Sindaci,la nuova normativa sarebbe meglio se fosse preceduta da una sperimentazione.

Carissimi Consiglieri regionali del PD, per favore, almeno voi abbandonate definitivamente (ostacolate confermezza) questa "pazza voglia" del nuovo ospedale a Padova.

La gente del Veneto è disperata: licenziamenti - aumento delle povertà - giovani senza futuro - disabili e nonautosufficienti ghettizzati - compartecipazione alle stelle - pensionati/e alla fame - moria impressionante diimprese - inondazioni, esondazioni e frane che distruggono ambiente e case - produzioni agricole inginocchio….

I soldi (se ci sono) pubblici e privati vanno prioritariamente utilizzati urgentemente su queste drammaticheemergenze, molte di queste "scaricate" sulle spalle del volontariato.L'opinione pubblica va correttamente informata: non è assolutamente vero che sono sufficienti 700 milioni dieuro per realizzare il nuovo ospedale, nei sette / otto anni che saranno necessari per completare la struttura, icosti raddoppieranno: supereranno abbondantemente il miliardo di euro.Confido nel vostro impegno per fermare speculazioni e sperpero di risorse.