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Regione Basilicata - Soul Running Luglio 2012
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TheItalianJob
BASILICATAcoast to coast
Essere in Basilicata.
Essere nel senso di trovarsi , con se’é ,con gli altri e con la terra , nuova. Essere nel senso di RI-trovarsi.
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Essere dentro un’avventura, scappando, anche un po’ incoscientemente, dal lavoro che incombe, da un magazine
che chiede di essere terminato, ma che ha troppe belle idee sul tavolo perché questo avvenga. E allora lo tieni aper-
to come se fosse un laboratorio, notte e giorno, con la grafica che ti odia (ma un po’ ti ama perché con te finalmente
fa il suo lavoro), con lo stampatore che incontri con le riviste nel baule a Brescia est perché sei sempre all’ultimo minuto
e con il distributore che ancora non capisce che lavoro fai veramente, perché gli spodesti tutti i suoi canoni di periodicità
con la tua teoria folle: “si esce solo se c’è qualcosa da raccontare!”
E qui da raccontare c’è tanto!
Per tanti questa è follia, per me è quantomeno lucida. Mi pervade, mi
conquista, mi spinge a raggiungere i miei obiettivi, anche per vie tortuo-
se, che spesso passano dove a priori mai avresti detto.
E’ così che mi sono ritrovato, in tutti i sensi, in una regione di cui la
maggior parte di noi conosce solo tre o quattro cose e spesso per sentito
dire: “sassi di Matera, Maratea e il suo mare, l’Aglianico, vino DOC ed il
Moliterno, formaggio DOP, noi lo conosciamo così ma in realtà gli hanno
pure rubato il nome dato che quello che a noi vendono con quell’appella-
tivo non è altro che una normale formaggella non stagionata nel fondaco
come dovrebbe prevedere la tradizione, ma noi in questo pezzo faremo
finta che nulla sparisca dalla Basilicata e l’ottimo latticino dop fatto a
Moliterno si può quindi chiamare Moliterno….appunto….
Se credessi al caso mi sarei ritrovato per questo motivo in Basilicata
e tutto sarebbe più semplice con una bella impresa di trail, una bella
scrollata di spalle, un articolo scritto su una bella regione e via. Ma per
fortuna (il caso….appunto) c’è sempre quella voglia, quella sensazione
che non ti lascia mai in pace e mi sono lasciato adottare dalla Basili-
cata, dai suoi appassionati abitanti e dalle sue appassionate vicende.
Come successe tanto tempo fa in un viaggio in Nepal, l’obiettivo finale
è passato in secondo piano. In effetti non so cosa scrivere sulla mia
avventura di running e lo lascerò fare ad Andrea. Io ho la testa piena
di emozioni, gli occhi pieni di immagini che non se ne vanno, il cuore
pieno di affetto per chi me ne ha da dato. Tanto in così poco tempo.
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I ragazzi della pro loco di Moliterno con la loro ironia ed allegria,
Gaetano con la usa cultura su Viggiano e generosità, Don Pierino di Aliano
con le sue scorciatoie, …………di Policoro con la sua magnifica ospitali-
tà, Andrea che ci è venuto ad incontrare in the middle of nowhere, Michele
con la sua amicizia, Antonio (RAI) con la sua simpatia e Antonio con la sua
immediata voglia di realizzare qualcosa per la sua terra.
Essere in viaggio. Questa è la sensazione costante con cui si torna a casa
dalla Basilicata. Terra per chi ama viaggiare, per chi conosce la differenza
tra vacanza e viaggio, tra guardare e osservare, tra sentire ed ascoltare.
Essere in viaggio è fonte di vita, di gioia, di speranza.
Il viaggio ti fa sentire parte di un costante movimento. quasi una grande
migrazione. In fondo la vita stanziale ti raggira, ti fa pensare che l’immobi-
lità sia una scelta matura e responsabile.
Mi sono chiesto: “Quando un’idea diventa un fatto? “
Beh innanzitutto quando è buona. E poi quando si incontrano persone che
hanno voglia di fare. Persone che hanno obiettivi comuni.
Fare un progetto insieme è un po’ come sposarsi, non si sa se è per sem-
pre ma i presupposti devono far si che ci si creda come se lo fosse, e che
ci si creda in due.
La Basilicata è una sposa fedele. Grazie!
Davide Orlandi
Nel frattempo spingo un po’ di più sui pedali della mia bici da corsa nei dintorni di Milano e ogni tanto mi fer-
mo con la macchina fotografica in mano a cogliere scatti, statici, belli, ma….. dove sono Davide e Andrea?
Senza di loro qualsiasi magnifico scorcio sembra banale, sono il loro movimento, la sofferenza e il traguardo
in riva allo Ionio che rendono il paesaggio indimenticabile, la Lucania. Bisogna andare avanti…. sempre, e
io a piccoli scatti in avanti con loro. Devo precederli…..devo raggiungerli, dietro al prossimo calanco cosa
ci sarà? Che figata ragazzi!
Da troppo pochi anni dedico una parte dei miei pensieri a vivere spazi e libertà che non avevo frequen-
tato in precedenza, colpa mia si intende e scelte di vita divertenti e facili che non rimpiango
ma che risultano ormai lontane alla luce delle sensazioni attuali che provo spingendo una bici da corsa.
Alla prossima allora. Andrea Valsecchi
Solo quattro anni di bicicletta con una passione sor-
prendente e qualche migliaio di chilometri non fanno
né un biker né un vero sportivo, forse un semplice
amatore, ma che ha detto si agli amici di Soul Run-
ner per ritrarre il “Basilicata Coast to Coast” in sella
ad una mountain bike SCOTT con pedalata assistita e
ora sente per questo genere di avventura un’attrazione
irresistibile.
A quando la prossima traversata di dorsali appennini-
che? A quando il prossimo bosco di conifere da espu-
gnare usando la mountainbike per aprire ai runners
una via percorribile? A quando le prossime sferzate di
maestrale sui profili di colline punteggiate di macchie
rosse e gialle e animate dagli ondeggiamenti verdi e
argentati delle spighe? Spero presto.
PICCOLI SCATTI
IN AVANTI
Percorrere 220 chilometri fino a qualche tempo fa non mi avrebbe
spaventato, da ciclista non sarebbe stato un gran problema, al mas-
simo un po’ di male al fondo schiena...ma farli di corsa...questo sì
che avrebbe dovuto spaventami. Per uno che corre regolarmente da
meno di un anno, regolarmente fino a un certo punto perché dedico
al trail solo qualche ora nel fine settimana, forse una distanza del ge-
nere avrebbe dovuto rappresentare una bella incognita, sicuramente
una bella sfida. Un’incognita accompagnata fin da subito però da
una sensazione di consapevole incoscienza: sapevo di non essere
allenato per un corsa del genere ma ho sempre creduto di poterla
affrontare e di portarla a termine. A tavolino, valutando dislivelli e
distanze, senza però conoscere le difficoltà che avremmo incontrato
sul terreno, abbiamo deciso le tappe: la prima, con in suoi 57 km
e oltre 2000 mt D+, rappresentava un inizio per niente semplice,
diciamo anche una “bella botta”. Non ci siamo imposti tempi o ritmi,
sapevamo di dover partire presto e che in un modo o nell’altro do-
vevamo arrivare a destinazione. Si corre, si cammina, ci si ferma ai
rifornimenti. Insomma tutto sta nel gestire forze ed energie fisiche
e sopratutto mentali: per questo non serve un allenamento, basta
conoscersi e ascoltarsi (e questo non sempre risulta facile!). Non
c’è la prestazione atletica, ce la potevo fare. Di questo ero, e lo sono
ancora, davvero convinto. Ansia? Non userei questo termine per
descrivere cosa provavo nei giorni precedenti quando con Davide
raccontavamo cosa stavamo per fare. Tutti ci chiedevano, ovviamen-
Una consapevole
incoscienza
te, se fossimo allenati, molti dopo averci scrutati bene dall’alto verso
il basso, cercando di capire se sotto gli abiti si nascondesse il tipico
fisico asciutto dell’ultra runner. Niente di più sbagliato, amiamo la
tavola e le bollicine, non siamo per niente “tirati”, ci servono muscoli
e anche le giuste riserve di grasso da consumare correndo a ritmo
blando. Siamo due persone normali, semplicemente, con un’idea un
po’ pazza in testa. Questo sì.
I preparativi sono stati frenetici, non tanto per la corsa ma sopratutto
per organizzare il lavoro in vista di una settimana di assenza: scadenze,
telefonate, mail...sono arrivato al giorno della partenza di nuovo con-
sapevolmente incosciente di quanto avrei dovuto fare da lì a un paio di
giorni: 220 km di corsa. L’unico vero punto di domanda, purtroppo, era
posizionato sul mio ginocchio sinistro che non ha retto due allenamenti
di oltre 45 km, fatti forse troppo ravvicinati tra loro...insomma si è infiam-
mato, sono stato fermo più di 10 giorni e il timore che potesse tornare a
far male era l’unica cosa che mi spaventava. Non tanto per me, ma per
il fatto che saremmo partiti in due, avremmo dovuto correre insieme...
il rischio di poter diventare una zavorra, l’anello debole del team, questo
si che mi inquietava. Non tanto per il risultato visto che non eravamo lì
per fare un record, dovevamo “solo” fare qualcosa che nessuno aveva
mai fatto prima, ma piuttosto perché l’avventura era nostra, è nostra, e
bisognava viverla fino in fondo.
In cuor mio sapevo che sarebbe successo, ho cercato il più possibile di
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BASILICATAcoast to coast
SoulRUNNING
5958spingere in un angolo della mia mente il pensiero di dovermi fermare
ma a un certo punto ti trovi costretto a mettere sui piatti della bilancia
i pro e i contro. Non voglio soffermarmi sulla cronaca, semplicemente
a malincuore non sono riuscito ad accompagnare Davide per tutto il
percorso. Sono riuscito a correre una porzione di ogni tappa, fin dove
mi è stato possibile, all’incirca un centinaio di chilometri. Fallimento?
Non l’ho mai visto in questo modo, forse perché guidando la macchina
seguendo la traccia sul Garmin per incrociare Davide, sempre seguito
da Andrea che a bordo della sua mountainbike fotografava e filmava,
e il percorso nei punti stabiliti è stato comunque una forma di parte-
cipazione all’impresa, non ho abbandonato il campo e con qualche
antidolorifico sono sempre riuscito ad agganciarmi per correre le fasi
iniziali o finali di ogni tappa. Quei 30 chilometri del terzo giorno, con la
salita finale ad Aliano dove siamo arrivati davvero esausti ma con uno
grande cambio di ritmo negli ultimi chilometri, rimarrà un ricordo inde-
lebile. Così come l’arrivo, che ho potuto solo filmare, sulla spiaggia di
Policoro, sferzata dal maestrale e con quei colori caldi che solo il tardo
pomeriggio può regalarti. Il Team ha portato a casa un viaggio unico
che molti hanno seguito e sicuramente qualcuno ci ha invidiato. Grazie
Davide, Andrea, Marcella e Michele.
Un lungo viaggio in auto carico di aspettative quel-
lo che ci ha portato da Milano a Maratea.
Un giorno di maggio, l’unico del mese, pieno di sole,
di luce. Attraversando il nostro paese da nord a sud.
Si viaggiava in pianura, passando per l’Emilia,
forte e sincera, non sapevamo ancora che que-
ste sue caratteristiche sarebbero state messe a
dura prova dal terremoto di li a poco. Poi giù verso
le colline della Val di Chiana, morbide, vellutate.
Passando in un Lazio che ad un milanese sembra
irreale. A dieci chilometri da Roma con greggi di
pecore, campagne a perdita d’occhio, colline di
tufo che contrastano con il verde dei campi, viali di
cipressi. Incredibile! Quando esci da Milano incon-
tri solo fabbriche e stabilimenti, orribili a vedersi,
fino almeno a Brescia.
Lentamente il verde acceso ha lasciato spazio
a prati con rocce bianche affioranti, l’abbazia di
Monte Cassino ci guardava passare mentre ci ab-
bassavamo verso Napoli e l’incombente Vesuvio.
Prati, vegetazione rada e bassa, rocce. Questo
pensavamo di incontrare in Basilicata. Niente di
più sbagliato. Maratea ci ha accolto in una serata
scura per i temporali, percorrendo una strada, ab-
barbicata alla scogliera di oltre 400 metri di altez-
za. le montagna alle nostre spalle si immergevano
a picco nel mare blu scuro ed il profilo del golfo di
Policastro ci indicava la direzione da percorrere.
Un sole piccolo sulla linea dell’orizzonte che sem-
brava più che altro un effetto di fata morgana da
bucanieri del XVI secolo.
Maratea ci accoglie così. Una splendida cena di pe-
sce “pied dans l’eau” e profumi di mare e pitosforo.
Prendersi qualche giorno per camminare nei vicoli
verticali di quest’antica comunità è un obbligo per
chi, come noi, decide di avventurarsi in questa re-
gione. Maratea stupisce per il suo fascino, la sua
storia, la sua azzardata ed acrobatica architettura.
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Coccola i suoi ospiti con cibi deliziosi, un artigianato di classe e prodotti tipici da rapinare e portare a casa. Ancora
inebriati da tutto ciò, ci troviamo sulla spiaggia di Fiumicello, 400 metri sotto Maratea, spiaggia solitamente abituata
a vedere ozi, giochi e amori estivi e che oggi diventa teatro alle 6 del mattino della partenza del nostro Coast to
Coast by Running. 215 km di corsa, dalla costa tirrenica alla costa ionica attraversando buona parte del territorio
lucano inseguendo un film il cui fil rouge è godi fino in fondo la tua vita, agisci perché lo vuoi, fallo perché ti piace.
Attraversa la tua terra, conoscila, se vuoi amala per arrivare dove volevi…..magari a riposarti. Insomma il nostro
modo di interpretare il running: SOUL!
Il percorso è tortuoso ed unico, passa dal cuore storico di Maratea, Trecchina paese dal pane più buono di tutta la
Lucania, Lauria, passando per boschi splendidi, vecchie chiese e passi di vera montagna con un libeccio umido e
freddo che sferza noi runner e fa subito capire chi comanda in questa regione: madre natura!
Inoltrandosi nel parco del Monte Serino ci troviamo dove meno ci aspettavamo d’essere. Trenta chilometri di crinale
tra boschi infinti che, man mano che si sale, lasciano spazio a cespugli di ginestre. Giallo intenso. Profumi. Isolamen-
to vero altro che le Alpi. Meraviglioso.
Moliterno. D’ora in avanti per me sarà sinonimo di accoglienza, amicizia, storia ed ottima cucina. Paese arroccato sulla cima
scoscesa di una collina in posizione dominante. Storia di cultura, di voglia di farsi conoscere, di lavorare perché la propria
terra possa essere apprezzata. Così com’è. Vera e Verace. Grazie per l’insegnamento Daniele & C. by Pro loco di Moliterno!
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Tramutola. Silente, calma, con un’antica signora in ginocchio
al lavatoio in piazza a sciacquare i panni a mano, circondata
dalle oche. Un’immagine da vecchia stampa trovata in un
mercatino dell’antiquariato. L’ospitalità della Casina Rossa
dove tutto è curato. Dove ti senti del posto.
Viggiano. Che fa da cappello al monte su cui è appoggiata.
Che è ricca di storia e d’arte, dove la massoneria nei secoli
ha lasciato tracce e culture, Dove la Madonna nera, protettrice
della Basilicata ha trovato casa. Paese di grandi tradizioni.
Infinito. Nulla. Quello che viene dopo da Viggiano ad Aliano
è questo. Cinquanta chilometri di natura. Prima selvaggia
verde, ingombrante, poi secca, aspra con profili di argilla
inaspettati che all’improvviso incorniciano panorami di ca-
lanchi, spazzati da un maestrale che finalmente squarcia il
cielo, riempiendo di colori il nostro passaggio.
Aliano. Terra d’esilio di Carlo Levi. Poesia su mattoni. Case
costruite al confine tra aria e sabbia che guardano il mondo
da tutte le angolazioni. Lo sguardo vola altissimo da Aliano.
Ti conquista. E Don Pierino, indiscusso leader del paese sa
tutto ed aiuta tutti. Favola.
Canyon e vallate di argilla, prima altissimi e severi, profon-
di. Poi più bassi, docili, morbidi che fanno spazio a distese di
papaveri e grano. Così fino a Craco. Spettro di se stesso. Mo-
numentale. Poi laghi verdeazzurri circondati da distese di fiori
rossi, viola e gialli, Spruzzi di vernice fresca.
Ed ancora l’infinito greto del fiume Sinni che disseta distese di
aranci e pruni.
Si sale ancora. Non finisce più. I chilometri si allungano.
Miraggio. Blu. Mare.
Policoro. Gentilezza. Accoglienza. Attenzione.
L’arrivo, l’agognata meta del Coast To Coast. Ma è anche la
fine, in fondo non la voglio. Stavo bene, anzi meglio! Correvo!
Basilicata mon amour. Grazie. A presto. Davide Orlandi