19
D appunti : COSA EMERGE DAI REFERENDUM ? D corsivo : SEM_ 0RAVA CHE IL VENTO FOSSE TOR NATO A SOFFIARE. società : DONNE CHE LAVORANO : VERSO UN'EFFETTIVA PARITÀ ? Q pro- blema aperto : OLTRE LO SPAZIO DELL ' EMARGINAZIONE. econo mia : L'EVASIONE LEGALE. cultura : PASOLINI : L'IMPEGNO DELLA PAROLA. U II recensioni :"RI COMINCIO DA TRE": OPINIONI DI UN CLOWN. I—I chiesa : A CHI* testimo- 0ERVE LA CHIESA? nianza : UNA VOCE DAL NICARA- GUA.

REFERENDUM ? D corsivo : SEM · alcune considerazioni sull'istituto del referendum e sul ruolo che ha ormai assunto nella vita politica del nostro paese. Con il referendum è il cittadino

  • Upload
    others

  • View
    5

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: REFERENDUM ? D corsivo : SEM · alcune considerazioni sull'istituto del referendum e sul ruolo che ha ormai assunto nella vita politica del nostro paese. Con il referendum è il cittadino

D appunti : COSA EMERGE DAI

REFERENDUM ? D corsivo : SEM_

0RAVA CHE IL VENTO FOSSE TOR

NATO A SOFFIARE. società :

DONNE CHE LAVORANO : VERSO

UN'EFFETTIVA PARITÀ ? Q pro-

blema aperto : OLTRE LO SPAZIO

DELL ' EMARGINAZIONE. econo

mia : L'EVASIONE LEGALE.

cultura : PASOLINI : L'IMPEGNO

DELLA PAROLA. U II recensioni :"RI

COMINCIO DA TRE": OPINIONI DI

UN CLOWN. I—I chiesa : A CHI*

testimo-0ERVE LA CHIESA?

nianza : UNA VOCE DAL NICARA-

GUA.

Page 2: REFERENDUM ? D corsivo : SEM · alcune considerazioni sull'istituto del referendum e sul ruolo che ha ormai assunto nella vita politica del nostro paese. Con il referendum è il cittadino

I L M A R G I N Emensile dell'associazione culturaleOscar A. Romero

Direttore resp.: LUCIANO AZZOLINIDirettore: PAOLO GHEZZIGrafico: PAOLO FAES

Una copia, L. 1.000 - un arretrato,L. 2.000 - abbonamento annuo,L. 10.000 - abbonamento sosteni-tore, da L. 20.000 in su - prezziper l'estero: una copia, L. 2.000abbonamento annuo, L. 20.000.I versamenti vanno effettuati sulc.c.p. n. 14/9339 intestato a « IIMargine », Trento.

Autorizzazione Tribunale di Trenton. 326 del 10.1.1981.

Redazione e amministrazione:« II Margine », via Suffragio 39,38100 Trento

Stampa: Tipografia Argentarium,via Giardini 36, 38100 Trento.

Il Margine n. 5 - maggio 1981

Cosa emerge dai referen-dum ? p. 3

Sembrava che il vento fossetornato a soffiare p. 10

Donne che lavorano: versoun'effettiva parità ? p. 12

Oltre lo spazio dell'emargi-nazione p. 16

L'evasione legale p. 18

Pasolini: l'impegno dellaparola p. 21

Opinioni di un clown p. 28

A chi serve la chiesa p. 32

Una voce dal Nicaragua p. 35

PRIMA DI LEGGERE QUESTO NUMERO

Dopo aver dedicato buona parte del n. 4 alla discussione delle pro-poste referendarie, abbiamo lasciato, in questo numero di maggio,uno spazio rilevante all'analisi ed al commento delle votazioni. Gliinterventi che qui sono offerti, secondo angolazioni diverse, voglionoessere solo un primo e parziale contributo alla discussione ed alconfronto, che potrà continuare nel numero successivo. Riteniamoinfatti che l'esito dei referendum offra l'occasione per una più am-pia riflessione sulle trasformazioni e sulle tendenze che sì vannoaffermando nella società italiana e con cui non possiamo non farei conti.Come sempre « II Margine » è in vendita, a Trento, nelle seguentiedicole e librerie: Disertori, via s. Vigilie; Disertori, via Diaz; Ar-tigianelli, corso 3 Novembre; Paoline, via Belenzani.

Il n. 5 è stato chiuso in tipografìa il 9 giugno 1981.

* Cosa emerge dai referendum

!'•' I dati ambiguidi un voto troppo scontato

di GIOVANNI KESSLER

Aperte le urne, finiti gli scrutini si è subito aperta la battaglia politicasull'interpretazione del voto, sulle rivendicazioni di paternità del suc-cesso: è già in atto insomma il tentativo di far fruttare elettoralmentele proprie vittorie.E' questa per noi invece l'occasione per continuare e approfondire(serenamente) un dibattito già aperto su queste pagine, alla luce deirisultati referendari, ma anche e soprattutto delle tematiche sollevatenel confronto che ha preceduto e nei commenti che sono seguiti alvoto popolare.Crediamo non sia possibile un discorso di questo tipo senza primaalcune considerazioni sull'istituto del referendum e sul ruolo che haormai assunto nella vita politica del nostro paese.Con il referendum è il cittadino che ha il potere, con un voto, dibocciare una legge, il legislatore, i politici che l'hanno proposta...E' un potere suggestivo, ma è anche una logica ristretta quella checostringe l'espressione di una convinzione al SI - NO.E' il caso di proposte referendarie che esigano un'unica risposta dicondanna o approvazione a quesiti che contengono una sovrapposi-zione di tematiche contradditorie che rendono difficile un'omogeneitàdi giudizio. Il referendum sull'ordine pubblico è uno degli esempi diquesto limite. In un unico recipiente (i famosi decreti Cossiga) sonocontenute norme che affrontano il problema del terrorismo e dellacriminalità in modo ben diverso: assieme alle norme Liberticide diprolungamento della carcerazione preventiva e a quelle fondamental-mente mutili e potenzialmente pericolose del fermo di polizia e delleperquisizioni di blocchi di edifici, ve ne sono altre che affrontano ilproblema con efficacia e con uno spirito diverso come quelle sulleriduzioni di pena per coloro che abbandonano la scelta del terrorismo.Costringere ad un SI o ad un NO in casi come questi significa forzare

Page 3: REFERENDUM ? D corsivo : SEM · alcune considerazioni sull'istituto del referendum e sul ruolo che ha ormai assunto nella vita politica del nostro paese. Con il referendum è il cittadino

e falsare il giudizio dell'elettore per portarlo più ad un voto politico« e di testimonianza » che non di valutazione obiettiva della legge.Anche perché l'attuale regolamentazione giuridica dei referendum nonoffre alcuno spazio concreto al diritto costituzionale garantito al citta-dino di rifiutare questa scelta semplificatrice e di esprimere una posi-zione di dissenso a entrambe le soluzioni.

Rifondare l'istituto del referendum

I referendum di maggio hanno inoltre messo in evidenza la necessitàdi rivedere l'attuale legge, che col suo formalismo giuridico costringead una formulazione assurda e incomprensibile dei quesiti e rende ilvoto incerto, affidato com'è alla capacità degli elettori di distinguerei diversi colori delle schede. L'inerzia del legislatore — nonostante lenumerose proposte — nel mettere mano alla legislazione attuale perovviare ai limiti segnalati, per rendere più semplice ed efficace ilmeccanismo del referendum, la dice lunga sulla considerazione in cuiè tenuto oggi dal Parlamento — meglio sarebbe dire dai partiti —questo istituto di democrazia.E' in atto infatti il tentativo, rafforzato dai recenti risultati, di emar-ginare il referendum dalla vita politica italiana, di diminuirne l'inci-denza in tutto il sistema regolandolo con norme poco chiare edinadeguate, caricando la Corte Costituzionale di oneri e poteri chenon le competono, rendendo l'accesso e l'utilizzo di questo istitutosempre più difficile.Di fronte a questa manovra, che conta sostenitori in tutti i partiti,ribadiamo con forza la nostra fiducia nell'istituto referendario, stru-mento insostituibile di democrazia, unica possibilità di controllo, distimolo, di superamento della delega e di intervento diretto del cit-tadino nell'attività legislativa.A coloro che temono sopra ogni cosa la « destabilizzazione del quadropolitico » rispondiamo che preferiamo le possibilità di dibattito, laforza nel porre i problemi, che è propria del referendum, alla tran-quilla stabilità dello svolgersi ordinato del dibattito politico, secondoschemi prefissati dagli «addetti ai lavori». E1 positivo che tutta l'Italiaabbia discusso e si sia espressa sul problema dell'ergastolo e del-l'aborto, anche se tra le forze politiche questi temi erano tabù per nonrompere alleanze, equilibri, per non rovinare il quadro politico. Ed èsignificativo il successo del referendum sui tribunali militari, la cuisola proposta ha costretto le forze politiche, nel timore di una smen-tita popolare, a metter mano, con una velocità sconosciuta al nostroParlamento, a una situazione che attendeva soluzione da più ditrent'anni.

Ma è proprio per la fiducia che abbiamo nel referendum che nonpossiamo non denunciare gli abusi e le strumentalizzazioni di questoistituto. Il tentativo dei radicali di determinare la vita politica unica-mente con i referendum, di trasformare il proprio programma poli-tico in « pacchetto referendario », oltre che essere destinato al falli-mento, rischia di portare all'affossamento del referendum stesso. Nonè possibile che ogni due anni i radicali sottopongano a sondaggiopopolare, a spese dello stato, la loro consistenza elettorale (perchéquesto è il senso dei loro bollettini di vittoria) senza perdere la fiduciadella gente in questo tipo di esperimenti.E' necessario a questo punto rifondare l'istituto del referendum, pre-cisandone la natura, i campi ed i modi d'intervento, eliminandoneambiguità e semplificando procedimenti per evitare la sua progressivaespulsione dai sistema e dall'esperienza politico-istituzionale della gen-te, creando opportune garanzie (come l'adeguamento del numero dellefirme) per evitare strumentalizzazioni e avventurismi. Ed è questo ilprimo insegnamento del voto di maggio.

Un partito d'ordine?

Tentiamo ora un primo giudizio politico complessivo sul referen-dum, di andare a vedere cosa sta dietro alla valanga di NO del18 maggio. La vittoria dei NO, scontata ma non in queste propor-zioni, è stata salutata come il segnale di un'Italia finalmente ma-tura, che si è liberata dal peso di fanatismi, dogmatismi, utopiedi ogni genere ed è approdata alle solide rive del mediocre buon-senso. Ora siamo diventati maggiorenni: ce lo spiegano, trionfanti,i segretari dei partiti del « NO », con toni rassicuranti gli edito-rialisti del «Corriere» e della «Repubblica».Certo non si può parlare come fa Palmella goliardicamente di« propaganda goebbelsiana » o di « atmosfera di regime anni '30 »,ma i risultati, il clima che li ha determinati e i commenti che nesono seguiti sono senz'altro allarmanti.In particolare, la schiacciante prevalenza dei NO nei tre referen-dum sulla legge Cossiga, porto d'armi e ergastolo, fanno emer-gere una ricomposizione e aggregazione del voto intorno ad un« partito d'ordine ». E' questa l'esigenza che si fa strada con mag-gior forza in questa Italia « occidentale e moderna » svelatacidai referendum. E' l'Italia che non ammette che « di questi tempi »venga annullata una legge contro il terrorismo e la criminalità,senza farsi preoccupare tanto dai « vecchi » problemi di garan-tismo. E' l'Italia che lascia alla sparuta pattuglia del 14% di uto-

Page 4: REFERENDUM ? D corsivo : SEM · alcune considerazioni sull'istituto del referendum e sul ruolo che ha ormai assunto nella vita politica del nostro paese. Con il referendum è il cittadino

pisti, ormai « retro », il ruolo di pura testimonianza di una societàche si sa difendere anche senza le armi.Indicazioni più preoccupanti ancora vengono dal voto sull'aboli-zione dell'ergastolo. Il risultato nasconde due componenti en-trambe significative sul clima e sulle segrete aspirazioni di questoStato « maturo ». La prima è un'esigenza di sicurezza, un bisognoed una richiesta di ordine che nasce da una diffusa situazione didisagio e di paura che viene esorcizzata con la perentoria richie-sta « i criminali stiano in galera ». Ma non è solo questo. Emergeda questo risultato che più di ogni altro ha dimostrato una pre-cisa ed autonoma convinzione degli elettori, una concezione dellapena come castigo di carattere puramente retributivo, una sortadi vendetta sociale che non lascia spazio alla redenzione ed allarieducazione del condannato. Non siamo molto lontani dalla logicadella pena di morte pur tanto deprecata nei discorsi dei fautoridel « NO »: la pena ha solo carattere punitivo e intimidatorio, lòStato ha diritto di disporre della vita e della morte dei suoi cit-tadini. Chi, come noi, crede ancora nei valori della solidarietà,della non violenza e nella possibilità che i rapporti sociali (equelli tra Stato e cittadini) siano da questi regolati e non si ridu-cano a meri rapporti di forza, non può che restare preoccupatodi fronte a queste chiare indicazioni di voto, di fronte alla sod-disfazione dei vari Longo e Spadolini, condottieri del fronte deicinque (anzi dei sei) « NO ».

Sull'aborto una storica rinuncia

Non diverso il discorso dei referendum sull'aborto. La vittoria deiNO nella consultazione promossa dal Movimento per la Vita, ina-spettata nelle sue proporzioni, è per lo schieramento laico il se-gnale di una società che sa difendere le sue conquiste sociali, isuoi « diritti civili », è la sconfitta dei clericali e dei fanatici chepretendevano di coartare le coscienze, di chiudere gli occhi difronte alla storia ed alla realtà in nome di principi astratti.Ma le cose non stanno proprio in questi termini. La posta in giocoera la soluzione legislativa da dare alla piaga sociale dell'aborto.Di fronte a questo fenomeno di dimensioni sempre più imponenti,che le norme punitive del codice Rocco condannavano alla clan-destinità senza però affrontarlo e risolverlo, la risposta data dalLegislatore nel 78, la legalizzazione dell'aborto, è u n a delle so-luzioni. Al contrario, i sostenitori del « NO » hanno basato le loroargomentazioni e impostato tutta la loro campagna sulla falsa

(e comoda) alternativa aborto clandestino - aborto legalizzato dal-la 194. La legge 194 si propone di affrontare questo dramma so-ciale, semplicemente non considerando più reato l'aborto neiprimi 90 giorni di gravidanza in presenza di determinate situa-zioni sociali, familiari, di ordine medico, offrendo la possibilità dicompiere l'intervento gratuitamente nelle strutture sanitarie pub-bliche con tutte le garanzie. La donna non è così più costretta allaclandestinità, a rischi mortali e sporche speculazioni. La « grandeconquista » non è quella di non essere costretti ad abortire maquella di poterlo fare liberamente, a spese dello Stato. E a spesedi chi, senza aver voce in capitolo, è impedito a nascere.Per noi questo, più che un diritto civile e una conquista (di chi?),sembra una grande, storica rinuncia. E' la rinuncia di uno Statoche, di fronte al dramma personale dell'aborto (che tale resta perogni donna anche dopo la legge) non si sforza di andare alle causesociali, ambientali, per sradicarle, perché nessuna donna sia messanelle condizioni di dover abortire. E' la rinuncia, gravissima, delloStato di farsi carico del diritto di quegli individui unici e irripe-tibili che sono i nascituri, ad avere una loro esistenza, diritto rico-nosciuto dalla Costituzione, L'obiettivo (l'unico perseguito) di ga-rantire condizioni di eguaglianza alle donne che vogliono abortiree di dare una risposta alle tragedie della clandestinità, vienerealizzato considerando cose e non soggetti i nascituri: la lorovita viene giocata programmaticamente dalla legge per ottenereun effetto sociale. La logica della forza e dell'efficacia sembraprevalere su considerazioni di valore. Il problema aborto è af-frontato e risolto legalizzando, pagando alla donna l'ospedale,dimenticando chi deve ancora nascere. Rifiutiamo la logica diconservazione e razionalizzazione dell'esistente, lo spirito di ri-nuncia, la logica di morte che sta dietro questa legge. Per questoci siamo battuti contro questa soluzione legislativa e da questepagine ne abbiamo auspicato l'abrogazione.Noi crediamo che l'aborto si combatte rimuovendone le cause,con una politica che tuteli realmente la maternità, fornendo mezzi,strumenti e assistenza a chi si trova nelle condizioni che a quellascelta possono portare. E' la società intera che deve farsi caricosolidalmente del problema. Nessuna donna deve sentirsi costrettaad abortire, nessun bambino deve essere indesiderato: ogni abortoè una sconfitta per tutta la comunità. E' solo una disciplina legi-slativa che si ispiri a questo spirito di solidarietà, di impegnosociale, al rispetto dei diritti dei più deboli, quella che con piùrealismo, efficacia e con meno cinismo può combattere l'aborto.Per questo ci pare veramente falsante 1 essere classificati, cometutti i sostenitori del « SI », tra i sostenitori dell'aborto clande-

Page 5: REFERENDUM ? D corsivo : SEM · alcune considerazioni sull'istituto del referendum e sul ruolo che ha ormai assunto nella vita politica del nostro paese. Con il referendum è il cittadino

stino. O l'essere classificati tra i conservatori, i retrogradi, peraver voluto l'abrogazione di una legge che a noi pare la quintes-senza dell'individualismo, dell'egoismo personale e sociale. Ancorapiù fuorviante ci è sembrata la distinzione, emersa nella campagnareferendaria, tra laici e cattolici «emancipati» a favore della leg-ge, e cattolici integralisti ad essa contrari. Noi non siamo contraria questa legge sic et simpliciter « perché cristiani » o « per obbe-dienza ». Il nostro voto deriva da una valutazione del testo dellalegge e della politica legislativa che lo ispira alla luce dei valoridella solidarietà, della difesa della persona, specialmente dei piùdeboli, valori per noi irrinunciabili che si fondano anche sullaParola di Dio. Valori sui quali però riteniamo possibile e fecondoun dialogo e un incontro con tutti gli uomini. Nessuno spiritodi crociata, dunque. Le crociate le hanno fatte quelli che hannosostenuto « se sei cristiano vota SI sulla scheda verde », nonmediando e ponendo come discriminante il dato di fede. Crociatesono quelle di chi ha sostenuto che i cristiani e la Chiesa nonhanno il diritto di giudicare, in quanto tali, le leggi e le sceltedello Stato, rifiutando in questo modo un dialogo aperto non suidogmi di fede, ma su problemi e valori comuni. Ci stupiscono, emeritano approfondimento, le posizioni di coloro che, come cri-stiani, si sono espressi per il « NO ». Il loro ragionamento, espres-so semplicemente, è questo: « il credente non ha bisogno per séche lo Stato traduca i valori della sua fede, le indicazioni dellasua morale, iu norme valide per tutti. Chi crede non ha bisognodi altre indicazioni che la Parola di Dio, illuminata dal Magistero.Imporle per legge sarebbe vincolare la libertà di coscienza deicittadini ». Ma le leggi non nascono per caso. Ognuna ha dietrodi sé una volontà, un obiettivo, dei valori che vuole esplicitaree realizzare. Ogni cittadino ha il diritto-dovere di partecipare neivari modi (anche con il referendum) alla determinazione degliobiettivi, alla scelta dei valori che sono sottesi alla formulazionedi una legge. Anche i cristiani hanno il diritto, come cittadini, eil dovere come credenti, perciò impegnati per il bene pubblico, diesprimere e far valere democraticamente quanto, alla luce dellafede, ritengono giusto e opportuno, senza per questo sentirsi tac-ciati di « integralismo ». Nessuno ha voluto vietare l'aborto perché« è peccato », è chiaro. Anche imporre a tutti i cittadini di difen-dersi senza armi abolendo le relative autorizzazioni, risponde aprecise considerazioni di valore (condivisibili o non), ma che nes-suno ha tacciato di integralismo e di violenza sulle coscienze,forse perché non proposte da cristiani.Questa posizione, che vorrebbe che i cittadini si dimenticassero diessere cristiani nelle loro scelte politiche e sociali e che trova singo-

larmente d'accordo Leo Valiani e i cattolici del «NO», ci sembra peri-Golosamente somigliare all'integralismo dei cattolici nei confronti delloStato dopo Porta Pia: nessuna collaborazione, lo Stato faccia le sueleggi, noi abbiamo le nostre, non abbiamo bisogno d'altro.

Un voto pragmatico e individualista

La vittoria del « NO » anche nel referendum sull'aborto fotografadunque un'Italia tutt'altro che « progredita », modernamente laica edemocratica. Il 68% di « NO » nel referendum sull'aborto non ci sem-bra dare indicazioni contrastanti con gli altri risultati. C'è ormai nelnostro Paese una maggioranza di elettori che tende sempre più ascegliere in modo pragmatico, indifferente alle etichette, insofferentedi pretese coerenze, dogmatismi e ideologie, una maggioranza cheguarda soprattutto molto concretamente a come una determinata que-s'tione tocca la propria vita. Può essere così molto « tollerante » oindifferente sulla sfera dei costumi o della vita privata e molto « didestra » di fronte al problema della violenza e dell'ordine pubblico.E' una massa, come teorizza Bocca, con tutte le pigrizie, le lentezze,il piatto senso comune delle masse, ricca di una salda mediocritàcollettiva, senza la quale nessuna nazione moderna può reggersi. C'èdi che rallegrarsi. E' la massa, che alla solidarietà ha sostituito ilcorporativismo, l'interesse particolare, ai discorsi e alle scelte ideolo-giche o di valore preferisce attenersi ai fatti e parlare solo quellinguaggio.E' quanto ha capito con anticipo Dettino Craxi, leader del nuovo PSI.E' il progetto craxiano che sa interpretare con maggiore efficacia leesigenze emerse dal voto, con il suo laicismo, le sue richieste d'ordinee la sua aria modernamente « progressista ». Ed a questo progettorischiano, non da ora, di diventare succubi sia il PCI che la DC, il cuielettorato (i risultati parlano chiaro) è ormai organico al nuovo climaculturale.Questi risultati, il clima che li ha determinati, le prospettive che siaprono, costituiscono un segnale inquietante per la società italiana.Per quanto ci riguarda segnano invece una paradossale conferma delnostro piccolo progetto, che (come lo esprimevamo nel primo numero)era fondato « su irrinunciabili valori non da proclamare, ma da vivere,senza di che a nulla servirebbe parlare ».Mentre tutti cantano le loro vittorie, noi dobbiamo solo riconoscerelucidamente che siamo sconfitti. Ma non per questo conoscono unaeclissi i valori che ci animano. •

Page 6: REFERENDUM ? D corsivo : SEM · alcune considerazioni sull'istituto del referendum e sul ruolo che ha ormai assunto nella vita politica del nostro paese. Con il referendum è il cittadino

Sembrava che il ventofosse tornato a soffiare

di MICHELE NICOLETTI

Sembrava che il vento fosse tornato a soffiare.E ci si telefonava l'un l'altro « quasi » come ai vecchi tempi, per dirsi«ha vinto Mitterrand », ed era un dirselo senza enfasi, senza trionfa-lismi, anzi c'era un po' di pudore come si trattasse di una cosa quasisconveniente tanto era « fuorimoda ». Certo non era proprio dei « no-stri », di famiglia, e già pensavamo come se la sarebbe cavata conl'industria bellica che è uno dei settori trainanti dell'economia fran-cese, come avrebbe fatto questo e quello, però non si poteva nonessere contenti, aveva vinto — dunque era possibile vincere — iltecnocrate Giscard. E l'aver fatto un bello scherzo al Reagan ci davaproprio gusto di questi tempi.Insomma nessuno si era lasciato andare, si restava scettici e diffi-denti, però dentro ciascuno si era dipinto un sorriso un po' sornionenei confronti del mondo, un po' ironico e sfottente di fronte alla gran-de destra che sembrava irresistibile e che ora invece segnava il passo.Non era speranza — e come si faceva a sperare in una cosa tutta« francese » ? — ma era almeno l'interruzione di un periodo « nero »sulla scena internazionale.Neanche il tempo di brindare. Passano due giorni e sparano al Papa.Gli sparano li in mezzo alla gente, mentre saluta, prende in braccioi bambini, fa festa, sì, proprio mentre fa festa gli sparano. Ed è comese non si potesse più scendere in piazza con la gente, come se non sipotesse più far festa per le strade. La piazza che era stato il posto doveci si era ripresi la politica e poi — quando la politica se la eranodi nuovo presa « loro » — dove ci si era ripresi la festa, insomma lapiazza non si poteva più abitare se sparavano perfino al Papa, lì inmezzo alla gente. Sparare al Papa. La gente si vergognava per le stradecome se l'avessero fatto loro, come se ci fosse al fondo di ciascunola coscienza di un'oscura responsabilità di avere fatto scatenare unmeccanismo demoniaco per cui tutto è possibile. Una società che ha

10

perso totalmente il senso dell'innocenza. Non siamo più innocentie allora il senso di colpa si trasforma in volontà punitiva: ergastolo,pena di morte, fermo di polizia, armi ai privati per punire chi sfuggealla giustizia pubblica, regolamentazione del diritto di sciopero...nella punizione, disperata voglia di purificarsi.Bastava questo a dirci come fosse difficile far soffiare di nuovo ilvento. Farlo soffiare così forte che arrivasse anche in Manda.Hobby Sands, Francis Hughes, Raymond Me Creesh, Patsy O'Hara. Ealtri 70 disposti a seguirli nella più violenta denuncia della più as-surda e tenace resistenza dell'oppressione colonialista, sì perché solodi colonialismo si tratta seppure coperto da mille altre ragioni sedi-mentatesi con i secoli.Quanto è duro in noi il rifiuto della strategia violenta dell'IRA, tantoè forte la convinzione che l'Irianda spetta agli Irlandesi e che, comeha detto il cardinale O'Fiaich, primate d'Irlanda, « la politica gover-nativa ha fornito all'IRA il maggiore afflusso di recinte dalla domenicadi sangue », dalla « Pasqua di sangue » a Dublino nel 1916, lo scontrocontro le truppe inglesi, prima che venisse concessa l'indipendenza.E' Thomas Ashe, uno dei leaders di quella « Pasqua », il primo apraticare lo sciopero della fame (arma tradizionale dei contadini irlan-desi oppressi dai proprietari terrieri) fino alla morte. Da allora altriquindici lo hanno seguito fino ad oggi. Sul governo inglese pesa laresponsabilità degli arruolamenti nelI'IRA, sul governo inglese pesa laresponsabilità della caduta di ogni linea riformistica, e ancora su quelgoverno pesa la responsabilità della morte di Bobby Sands, del« deputato » Bobby Sands, e degli altri. Morti per fame, morti perscelta, guardati e aiutati a morire dalle famiglie con decisione e pas-sione agghiacciante. Come si fa a credere così fortemente in un'ideaal punto da aiutare il figlio a morire per questa?II vento non è tornato a soffiare. Reagan resiste, resiste colpevole laThatcher, la Spagna barcolla votando leggi speciali che consentono ladichiarazione dello stato di emergenza, prosegue la guerra dei po-tenti sulla carne dei poveri nel Medio Oriente, ma ancora qualcunocontinua a resistere. E resiste in modo paradossale, cioè scegliendo dimorire come i prigionieri irlandesi del carcere di Maze che muoionoper fame, come morivano i contadini della loro terra affamati dallecarestie e dalla tirannia dei « landlords » inglesi. E la morte sceltadiventa l'estrema affermazione della vita. •

11

Page 7: REFERENDUM ? D corsivo : SEM · alcune considerazioni sull'istituto del referendum e sul ruolo che ha ormai assunto nella vita politica del nostro paese. Con il referendum è il cittadino

Un'analisi della situazione legislativa

Donne che lavorano:verso un'effettiva parità?

di MARIA CELESTINA ANTONACCI

Discriminazione, emarginazione della donna nei confronti del mercato dellavoro, diritto alla parità di trattamento... sono concetti che ci vengonoproposti quotidianamente dai mass-media e che ormai ricorrono spessonelle nostre discussioni. Il parlarne è diventato quasi simbolo e misura delnostro progressismo, prova della nostra « apertura mentale », della nostradisponibilità e prontezza a cogliere la realtà che cambia. Ma esiste vera-mente una questione femminile, una specificità della condizione della don-na o non è piuttosto « una invenzione di femministe scatenate alla ricer-ca di una conflittualità esasperante attraverso proposte e rivendicazionibalorde ? ».II problema è piuttosto complesso e di non facile soluzione, perché, seda una parte ci si è forse lasciati trascinare dall'entusiasmo collettivo nelreclamare giusti diritti, adottando a volte atteggiamenti intransigenti eforme di lotta aspre, dall'altra si è cercato di minimizzare se non ad-dirittura di negare l'esistenza di una particolare condizione della lavo-ratrice, sforzandosi di provocare un livellamento impossibile delle con-dizioni di lavoro, perché fuori dal reale. In ambedue i casi ci si è di-menticati di considerare la donna come persona, uguale, in dignità e di-ritti, a tutti gli esseri umani. Tale premessa, che riconosce agli uominiuna natura comune e che implica una idea di giustizia e di equità, chetenga conto dei diritti fondamentali propri di tutto il genere umano nelrispetto della unicità e specificità del singolo individuo, tale premessa,dicevo, porta ad una interpretazione del concetto di parità del tutto par-ticolare.Il divieto di ogni discriminazione viene ad acquisire una portata più am-pia; il diritto all'eguaglianza si evolve da una mera garanzia formalisticaalla ricerca di quelle soluzioni in grado di superare l'emarginazione dicui è vittima la donna e di assicurarle la parità sostanziale. In quest'ot-tica si giustifica, a mio avviso, la ricerca e lo sforzo verso la realizzazionedi una eguaglianza non meramente paritaria ma «valutativa», capacequindi di trattare in modo eguale situazioni eguali e in modo diversosituazioni diverse.Disposizioni ed interventi che esplicitamente riconoscono la peculiarità

12

del lavoro femminile non devono quindi essere intesi come ostacolo oderoga al principio della parità, e quindi come venir meno di essa, macome strumenti necessari per l'equa ed effettiva realizzazione del prin-cìpio stesso.Questo problema non investe solo il legislatore, ma tutte le forze politi-che, economiche e sociali in grado di dare risposte non congiunturali allaquestione del lavoro femminile e capaci di trovare modalità qualitativa-mente valide di un suo superamento, che non scarichino sulle donne ilpeso prevalente delle difficoltà occupazionali, ma rilancino un tipo di svi-luppo più equilibrato.Vari fattori, in parte legati alla posizione di inferiorità naturale a lungoattribuita alla donna rispetto all'uomo, hanno frenato l'espansione e ladiffusione del lavoro femminile: la distinzione prioritaria tra lavori ma-schili e femminili, sostenuta anche dal sindacato, la bassa qualificazionedella donna e il sottoinquadramento sistematico delle mansioni femminili;comportamento questo, che è stato causa non solo della sottoretribuzionedelle lavoratrici, ma che ha inciso in modo discriminatorio sui vari mo-menti del rapporto di lavoro: dall'assunzione, agli avanzamenti di carrie-ra, ai licenziamenti. Alcuni di questi fattori sono strettamente legati acondizionamenti storici e sociali che ritenevano preminente la funzionefamiliare della donna, o che la indirizzavano verso la scelta di una ristret-ta cerchia di professioni o, ancora, che vedevano il suo lavoro come unaattività complementare, fine a se stessa e alle esigenze della produzione,ma non in grado di promuoverne la piena realizzazione come persona.Tali condizionamenti influiscono ancora oggi sull'offerta di lavoro femmi-nile, che è rigida, e, come diretta conseguenza, contribuiscono a dimi-nuirne la forza contrattuale e ad aumentare le possibilità di un suo ab-bandono del lavoro dopo il matrimonio.Altri motivi, non imputabili al suo status particolare, hanno concorso adisincentivare l'occupazione femminile, e, attraverso alterne fasi, ad espel-lere definitivamente la donna da certi settori o a confinarla in posizionidi sotto-occupazione, lavoro precario e nero. Per contro, soprattutto nel-l'ultimo decennio, varie ragioni hanno spinto la donna ad uscire dal suoruolo esclusivo di moglie e di madre e a cercare un'occupazione hi gradodi renderla indipendente: la riduzione delle dimensioni medie dei nucleifamiliari, fattori connessi allo svluppo delle moderne economie, esigenzestrettamente personali ed economiche, legate al mutamento ed all'aumentodei bisogni indotti dal sistema di mercato e, non ultima, almeno a certilivelli, la presa di coscienza del mutamento del suo ruolo nella società.

Fregi e limiti della legge n. 903

Accogliendo ed attuando le direttive e le raccomandazioni delle maggioriorganizzazioni internazionali ed i princìpi contenuti in varie dichiarazionidei diritti e in parte già fatti proprì da legislazioni dì stati stranieri èstata emanata la legge n. 903 del 1977, che appunto si propone di realiz-zare la parità di trattamento tra uomo e donna nel rapporto di lavoro.

13

Page 8: REFERENDUM ? D corsivo : SEM · alcune considerazioni sull'istituto del referendum e sul ruolo che ha ormai assunto nella vita politica del nostro paese. Con il referendum è il cittadino

La norma va giudicata positivamente per il significato innovativo che lacaratterizza e che modifica radicalmente l'ottica di partecipazione dellalavoratrice all'attività produttiva. Per la prima volta una legislazione dellavoro non prospetta esclusivamente la parità di trattamento della don-na già occupata, ma vieta qualsiasi discriminazione fondata sul sesso perquanto riguarda l'accesso al lavoro, l'attribuzione delle qualifiche e dellemansioni, a tutti i livelli della gerarchla professionale e indipendentemen-te dalle modalità di assunzione. Essa sancisce inoltre il diritto della lavo-ratrice alla stessa retribuzione del lavoratore, quando le prestazioni richie-ste siano eguali o di pari valore, tesi a lungo contrastata col pretestodella minore produttività della donna, della sua inferiorità fisica, dei mag-giori oneri sociali gravanti sul datore di lavoro. Viene così adottato uncriterio oggettivo di classificazione, che si basa sul valore tipico dellaprestazione come predeterminato dalla qualifica e che deve essere validoed egualmente applicabile a tutti i lavoratori interessati, prescindendo dadiversificazioni in base al sesso.Se una critica può essere mossa, essa si riferisce allo scarso valore pro-mozionale della legge che si limita alla predisposizione di iniziative pa-ritarie in materia di orientamento, formazione, perfezionornento e aggior-namento professionale e alla ricerca di politiche occupazionali che rendanopossibile una maggiore elasticità e qualificazione dell'offerta. E' chiaroche non è sufficiente operare per una revisione in senso egalitario dei pro-grammi scolastici e formativi, ma incidere sulle cause che orientano ladonna prevalentemente verso quelle professioni considerate più vicine al-la sua natura. Una proposta concreta per incentivare l'impiego delle don-ne potrebbe essere l'applicazione di rapporti di formazione-lavoro, atti apermettere un effettivo e stabile inserimento nel mondo del lavoro a don-ne che abbiano stretta e urgente necessità di lavorare; o a lavorataci che,dopo aver interrotto il lavoro a causa della maternità, desiderino ripren-dere una attività, sia essa analoga o diversa dalla precedente.E' importante sottolineare che la legge del 1977 ha praticamente sman-tellato tutta la legislazione precedente di tutela, tranne le disposizioni asalvaguardia della maternità, mantenendo solo il divieto di adibire ledonne a lavori particolarmente pesanti individuabili attraverso la contrat-tazione collettiva. Purtroppo l'aver concesso alle organizzazioni sindacaliun potere potenzialmente derogatorio alla legge fomenta una situazioneambigua, perché, se da una parte è assurdo non estendere a tutte le la-voratrici limiti e divieti ritenuti necessari per la tutela della salute, dal-l'altra è altrettanto arbitrario imporli attraverso organi e strumenti neiquali, per libera scelta, non necessariamente tutti i lavoratori dipendentidevono riconoscersi. L'abrogazione della legislazione di tutela, poi, nongarantisce una maggiore occupazione femminile ed è un modo equivocodi intervenire, perché, in un periodo di crisi economica e di riconver-sione industriale, non sembra coincidere con la realtà la possbilità diespansione del livello occupazionale della donna. Sarebbe stato necessariovalutare quali situazioni di inferiorità della lavoratrice permanessero equale parte effettiva nel mantenere una simile situazione vi avessero lenorme prottettive; attraverso la creazione di strumenti giuridici idonei sidoveva vedere quali limiti e quali divieti fossero ancora necessari per

14

la realizzazione non formale ma effettiva della parità. Questo, in quantouna legislazione protettiva si giustifica solo nella obiettiva valutazione del-la specificità della condizione della donna e non come momento tendentea privilegiare la sua funzione familiare rispetto al diritto ad un lavoroextra domestico.Proprio nell'intento di una riformulazione del rapporto uomo-donna e neltentativo di superamento di una situazione di rigidità, sia sul piano so-ciale che normativo di tale rapporto, è stata introdotta nella legge n. 903una norma che da al padre, in alternativa con la madre, la possibilità diassentarsi dal lavoro in caso di malattia del bambino. Purtroppo l'inten-zione del legislatore rischia di cadere nel nulla per la scarsa utilizzazioneche si è fatta finora della norma, sia a causa del macchinoso sistema ri-chiesto per usufruirne, sia per la diversificazione piuttosto netta dei ruoli,che ancora oggi è dato riscontrare all'interno della coppia.

a»'.

Il « salario familiare »: una nuova discriminazione?

Appare chiaro che una legge non può supplire a carenze dovute a condi-zionamenti storici e culturali vecchi di millenni, per cui gli obiettivi daessa posti non potranno concretizzarsi che con una certa gradualità. Nep-pure è sufficiente il tentativo di mediazione tra esigenze lavorative delladonna e funzione familiare, fatto al di fuori del rapporto di lavoro e ten-dente a proporre l'introduzione del « salario familiare » o l'adozione delpart-time. Queste ipotesi escono dalle prospettive di realizzazione dellaparità uomo-donna creando di fatto una condizione discriminatoria che,nel primo caso, privilegia il ruolo domestico della donna e nel secondoia pone in una posizione svantaggiosa all'interno del rapporto di lavorostesso. Sarebbe utile, invece, minimizzare i carichi familiari della donnaattraverso la creazione di strutture adeguate e la valorizzazione di quelleesistenti, promuovendo quindi una politica della casa e del territorio, in-tervenendo per la realizzazione di consultori familiari e asili nido. Nonsarà nemmeno possibile prescindere da una politica promozionale dell'oc-cupazione e dalla ricerca di prospettive di intervento nuove e quantopiù vicine alle effettive esigenze della lavoratrice, in modo che gli stru-menti predisposti dal legislatore siano realmente utilizzabili. A tutt'oggi,pur se la posizione della donna nel mercato del lavoro è migliorata, l'at-tuazione del principio della parità incontra notevoli riserve soprattuttoda parte dei datori di lavoro.Questo dimostra che interventi specifici non sono sufficienti a vincere leresistenze e la diffidenza nei confronti di politche non solo socialmenteavanzate ma che sono anche espressione di una maggiore equità. E nellostesso tempo non va dimenticato che gli interventi hanno solamente ilcompito di agevolare e di rendere più vicine ai princìpi di eguaglianzale possibilità per la donna di svolgere un lavoro in condizioni di paritàcon l'uomo, nel rispetto della sua personalità, della sua autonomia edelle sue scelte di vita. •

15

Page 9: REFERENDUM ? D corsivo : SEM · alcune considerazioni sull'istituto del referendum e sul ruolo che ha ormai assunto nella vita politica del nostro paese. Con il referendum è il cittadino

Anziani: un nuovo interventoPROBLEMA APERTO

Oltre lo spazio dell'emarginazionedi ALESSANDRO MARCO MADERNA *

Dopo anni ed anni di disattenzione quasi totale, di colpevoli silenzi,di indifferenza generale, molti hanno cominciato ad occuparsi deiproblemi delle persone anziane.Si è in realtà « scoperto » che gli anziani sono moltissimi, quasi il20% della popolazione del nostro Paese; ma molti hanno anche « ca-pito » che sono portatori di voti elettorali da non trascurare.Prima i pionieri, poi sempre più ampiamente i politici, gli ammini-stratori, gli operatori hanno cercato alternative all'abbandono assi-stenziale, alla solitudine, all'emarginazione, alla malattia, all'invalidità,al confinamento nello spazio della segregazione e talora della violenzache per « cultura », tradizione e prassi erano stati destinati all'uomoimproduttivo ed in particolare all'anziano.La casa di riposo, il ricovero, il cronicario, l'ospizio non sono piùl'unica risorsa esistente.In Lombardia i servizi di assistenza domiciliare, geriatrica, infermie-ristica, domestica, sociale sono oltre ottocento. In Italia migliaia diiniziative hanno consentito di intrawedere l'accesso alla « strada dellasperanza », ad un modo diverso e meno angosciarne di vivere la« condizione anziana ».I centri sociali o centri diurni di assistenza o centri di incontro, comedi volta in volta vengono denominati questi spazi sociali di parteci-pazione e di rapporto interpersonale, sono ancora più numerosi. Leiniziative per i soggiorni in località climatiche vengono ormai attuatesistematicamente da quasi tutte le amministrazioni regionali e comu-nali. Gli ospedali diurni, le divisioni geriatrice ospedaliere per « acu-ti », gli ospedali geriatrie!, le divisioni di lunga degenza riabilitativasono certo meno numerose, ma esistono ormai « modelli » corretta-mente funzionanti, che permettono di sperare in una moltiplicazione,secondo il bisogno, le necessità del territorio.Non intendo in queste brevi note soffermarmi a descrivere le carat-teristiche di questi servizi, del resto molto conosciute.

* Ordinario di Psicologia alla Facoltà di Medicina dell'Università di Milano eDirettore della Scuola di Specialità.

Una concezione paternatistìca ed assistenzialeMi preme ora soltanto sottolineare che le « alternative » a cui ho ac-cennato non ci inducono certo ad un ottimismo particolare. In realtàpoco è cambiato dagli anni in cui, come dicevo più sopra, l'ospiziorappresentava l'unica risorsa esistente per rispondere al bisognodell'anziano.•Infatti i servizi « aperti » costituiscono ancora oggi, tranne pochis-sime eccezioni, il privilegio di pochi, la risposta paternalistica, assi-stenzialistica, se non addirittura « caritativa » al bisogno dei più « po-veri ». Non intendo tanto « poveri » economicamente, quanto social-mente, affettivamente, fisicamente, ecc..Non si è poi giunti, di certo, ad una gestione sociale di questi serviziper cui essi vengono « elargiti » e non sono l'occasione per avviare quelcomplesso e inalienabile diritto alla partecipazione sancito dalla leggen. 833, istituita dal servizio sanitario nazionale.Le stesse considerazioni possono essere fatte, purtroppo, per quantoattiene le caratteristiche strutturali, gestionali, funzionali dei centrisociali di incontro che solo raramente riescono a rispondere in modoadeguato all'autentico bisogno dell'uomo. Spesso essi costituiscono piùuno spazio fisico che uno spazio mentale di solidarietà, di socializza-zione, di rapporto interumano tra tutti i cittadini.Le valutazioni oggi possibili sui servizi geriatrici ospedalieri sono poialtrettanto sconfortanti.Ma non è più tempo di attardarsi pigramente e colpevolmente nellasola sterile denuncia di una situazione di inadeguatezza funzionale ri-guardante tutti i servizi sociali e sanitari per le persone anziane.Occorre andare oltre e decidersi, specialmente con la prassi, a supe-rare le contraddizioni ed ancor più le mistificazioni esistenti.

Riconoscere nella situazione dell'anziano un problema di tuttiE' tuttavia necessario ricordarsi che la reale soluzione dei problemisi può avviare solo se cambieranno gli atteggiamenti di tutti i cittadini,se riusciremo a « rifondare » concettualmente l'immagine negativa dipregiudizio che il sociale ha dell'anziano, se ciascuno capirà che ilproblema dell'anziano è il problema di tutti e non solo di chi haraggiunto un certo livello cronologico di età.Altrimenti assisteremo sempre più frequentemente al processo di« mercificazione » dell'anziano e dei suoi bisogni. Contro questo pro-cesso dobbiamo lottare ricordandoci anche che i bisogni dell'uomosono sempre gli stessi, in ogni epoca della vita; sono bisogni fisici,psicologici, sociali, economici, abitativi, spirituali, ecc. Nella vec-chiaia assumono certamente connotazioni particolari di cui parleremoin una prossima occasione. •

17

Page 10: REFERENDUM ? D corsivo : SEM · alcune considerazioni sull'istituto del referendum e sul ruolo che ha ormai assunto nella vita politica del nostro paese. Con il referendum è il cittadino

In margine allibri rossi di Reviglio

L'evasione legaledi AGOSTINO BITTELERI

La morbosa curiosità, con cui è stata accolta la pubblicazione dei librirossi di Reviglio, ci stuzzica ad affrontare, seppur sotto un profilodiverso dal solito, il problema dell'evasione fiscale. Anche la stampapiù qualificata affronta spesso con demagogia, declamando a grandicaratteri i nomi dei presunti evasori, un problema dalla cui soluzionedipende in tanta parte la sopravvivenza di questa democrazia disa-strata. Sarebbe facile partecipare a questa celebrazione collettiva dellasuperficialità, ma preferiamo tentare di offrire alla disinformazionedei più (che è almeno pari alla curiosità) alcune idee organiche inmateria e qualche strumento conoscitivo.La riforma tributaria, entrata in vigore nei primi armi 70, ha rivo-luzionato il precedente sistema, apportando una serie di modificheallo scopo di razionalizzare una materia eccessivamente disordinata.Pregevoli innovazioni la sostituzione dell'accertamento induttivo del-l'imposta di famiglia con l'accertamento analitico delITRPEF, l'intro-duzione deU'IVA, la « gestione » accentrata su base nazionale. Malgradotante belle parole e progetti, l'evasione fiscale continua però ad im-perare. Quali le cause?Una, fondamentale, è da ricercarsi nello scarso senso dell'apparte-nenza, da parte dei cittadini, alle istituzioni: « questo Stato spreconee inefficiente non merita di essere sostenuto », deve essere suppergiùil pensiero di gran parte degli italiani. Un'altra causa è la legislazionestessa, confusa, intricata e soggetta a continue alchimie interpretative.Infine l'Amministrazione finanziaria, inadeguata nel personale e neimezzi, non riesce a porre un freno alla piaga dell'evasione. L'attivitàaccertativa (5,4 per mille le verifiche nel 1978 sulle dichiarazioniIRPEF) è nettamente inferiore a quella svolta negli altri paesi occi-dentali ed è stranamente attenta ai piccoli errori dei lavoratori dipen-denti ed incapace di cogliere gli « errori », apparentemente più evi-denti e macroscopici, di liberi professionisti, lavoratori autonomi,commercianti ecc.. Malgrado la riforma, però, profondi limiti e lacunepermangono nella legislazione tributaria, rafforzando la convinzioneche esistano nella società italiana settori (o meglio sarebbe a direcorporazioni) protetti grazie al proprio peso elettorale o alla capacitàdi far valere i propri interessi.

18

Privilegi ed ingiustizie fiscali

Per questo, anziché parlare di evasione fiscale vera e propria vorreidare uno sguardo ad alcune forme di sottrazione di redditi alla impo-sizione: per distinguerle dalle evasioni fiscali illegali e per mostrarela loro (prevista o subita) compatibilita con il sistema tributario, sem-bra corretto denominarle evasioni fiscali legali. In questo quadrosommario balza all'evidenza il trattamento di favore fatto ad un interosettore: l'agricoltura. I contadini non pagano le imposte sul redditoderivante dalla loro attività, come sembrerebbe giusto e come avvienein tutte le altre forme di lavoro autonomo, bensì in base al redditocatastale (dominicale) ed a tariffe d'estimo (reddito agrario), calco-lati in relazione alla produttività della terra e periodicamente riva-lutati. Ma nel paragonare le due cifre si scopre la strabiliante sfasa-tura: ad esempio un terreno di 4 Ha., coltivato a frutteto (mele), inun'annata mediocre produce un reddito netto reale non inferiore ai10 milioni. Ebbene, il reddito da dichiararsi ai fini IRPEF, in baseai coefficienti di cui sopra, non supera le 100 mila lire! E non misoffermo sugli effetti indotti da tale situazione: graduatorie per l'as-segnazione degli alloggi, borse di studio, presalari, ecc.. Passiamooltre.L'imposizione sui fabbricati è particolarmente complessa a causasoprattutto dell'arretratezza del catasto e della duplicità di redditoche il bene immobile può dare: reddito monetario se locato, redditonon monetario se utilizzato direttamente dal proprietario. Le modi-fiche apportate nel 1980 hanno peggiorato, se possibile, la disciplinaprevigente introducendo, accanto alle due categorie richiamate, unanuova classe, quella delle abitazioni secondarie per le quali è previstauna rendita catastale maggiorata di 1/3. Individuare una qualcheforma di evasione legale non è difficile. I proprietari di immobili dicostruzione recente in attesa di accatastamento (che avviene spessoanche dopo 10 anni dalla richiesta) dichiarano rendite catastali prov-visorie di valore irrisorio e nessun recupero viene effettuato qualorasi rilevi la sproporzione fra il valore provvisorio e il definitivo.Una non meno grave, ingiustificata, distorsione della progressivitàfiscale riguarda l'imposizione sugli interessi bancari o obbligazionari.Essendo l'imposta fissa (20%), colpisce con un ingiusto plusprelievoi contribuenti che percepiscono un reddito sul quale opera un'aliquotamarginale (quella dell'ultimo scaglione di reddito) inferiore all'impostafissa; per contro tutti gli altri « evadono » per un valore pari alladifferenza fra aliquota marginale e imposta fissa. Se gli interessi sonoconsiderati reddito, vengano accorpati al reddito anche in seded'imposizione!Pur riconoscendo che il risparmio è costituzionalmente garantito (art.

19

Page 11: REFERENDUM ? D corsivo : SEM · alcune considerazioni sull'istituto del referendum e sul ruolo che ha ormai assunto nella vita politica del nostro paese. Con il referendum è il cittadino

47 Cost.) non riteniamo corretto disattendere costantemente un altroprincipio costituzionale: quello della capacità contributiva (art. 53),secondo il quale a parità di ricchezza prodotta deve corrispondereparità di trattamento.Proseguiamo questa carrellata dedicando la nostra attenzione aglieffetti perversi dell'inflazione nel nostro campo. Mostriamoli con unesempio. Se un contribuente ha omesso di dichiarare, poniamo nel1975, parte del suo reddito, nel migliore dei casi si è visto recapitarel'avviso di accertamento nel 1979. Promuovendo il contenzioso tribu-tario, può spostare in avanti il momento del pagamento di altri treanni. Siccome la sanzione per infedele dichiarazione è, normalmente,pari all'imposta evasa ed operando gli interessi nella misura legale,sarebbe facile dimostrare che con l'imposta evasa nel 1975 e fattaopportunamente fruttare, il nostro riesce non solo a pagare allo Statoimposta, sanzione ed interessi, ma anche a guadagnarci qualcosa. Comedire che gli conviene evadere anche sapendo di essere scoperto!Le società di persone, ed in primis quell'assurdo giuridico che è l'im-presa familiare, sono l'espressione più viva delle disparità sancitedall'ordinamento. Praticamente tutte le forme di lavoro autonomone possono beneficiare. Ripartendo il reddito fra più soggetti, chenon necessariamente lavorano nell'impresa, si opera un taglio nettosull'imposta. (Es.: su un reddito di 20 milioni l'imposta lorda è diL. 4.865.000; ma su quattro redditi di 5 milioni è di L. 2.360.000.

La stalla è chiusa, ma i buoi sono già fuggiti

E' evidente come parzialità e lacunosità della legislazione attuale sianole principali colpevoli delle operazioni di camaleontismo tributarioche abbiamo cercato di descrivere. A volte (è il caso dell'agricoltura,dell'imposizione sul risparmio) queste ingiustizie sono volute dalloStato, che usa, a nostro giudizio in modo deprecabile, lo strumentofiscale per fini di politica economica. Più spesso, invece, sono le crepedell'ordinamento, i sempre emergenti interessi corporativi a deter-minare gravi forme di ingiustizia, dalle quali ad essere maggiormentecolpiti, non c'è nemmeno bisogno di dirlo, sono sempre i più deboli.Questo ci permette di ritornare, in conclusione, all'opera di Reviglio.L'attacco portato agli evasoti mostrerà i suoi frutti fra qualche tempo:ma saranno, a mio modesto avviso, miseri frutti, se ci si ostina achiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati. Da anni attendiamol'entrata in esercizio dell'anagrafe fiscale, il riordino del catasto deiterreni e dei fabbricati, la previsione degli indici di redditività, ilcontrollo incrociato delle contabilità, un sistema sanzionatone ade-guato all'inflazione galoppante, l'eliminazione della pregiudiziale tri-butaria a fini penali. Ma stiamo ancora aspettando. •

20

L'intellettuale come segno dì contraddizione

Pasolini: la professione della paroladi ANTONIO RINALDI

Due fatti mi hanno colpito in quest'ultimo periodo: uno privato,l'altro pubblico.Il primo: nella classe del biennio del Liceo Scientifico dove insegno(passi la parola), di fronte ad un brano di Guareschi — che a suotempo, dall'altra parte della barricata scolastica, mi aveva fatto morirdal ridere — un ragazzo mi ha laconicamente detto, fissandomi conocchi inespressivi: « Per me non c'è niente da ridere, forse da pian-gere ...!». Il secondo: è il cosiddetto « caso Veronique », che lasciasospeso qualsiasi giudizio per la stupidità obbiettiva e, forse, conge-nita di chi l'ha voluto e realizzato ed ancor più di chi l'ha censurato,permettendo all'idiozia di cingersi ancora una volta della corona delmartirio.Si tratta di episodi diversi e difficilmente rapportabili tra di loro,eppure a me sembrano mettere in chiara evidenza uno strettissimolegame: il trionfo del conformismo. I ragazzi di liceo che non sannopiù ridere (d'altronde non sanno nemmeno piangere) ed i rappresen-tanti ufficiali e sottufficiali della cultura laureata, che si perdonodietro squallidi « casi », dicono molto sulla situazione reale del nostropaese, molto più dei fiumi di parole che quotidianamente si spendonoin analisi, saggi, critiche, articoli. E lo dicono tanto più se non siconsiderano questi fatti isolatamente, ma in stretta connessione.L'area del vissuto, dell'esistenzialità in quanto tale, in ogni suo aspetto,pubblico o privato che sia, è inquinata da una vacuità senza fine, daun'indifferenza senza volto e, quel ch'è peggio, senza più maschera.Sembra questa un'introduzione fatta ad hoc per entrare in mediasres e portare il discorso sui temi cari a Pasolini. Ma, per una volta,non si tratta di questo: gli è che la realtà dell'esistenza — cui dove-rosamente e dolorosamente dobbiamo rifarci — supera di gran lungaanche il più raffinato artificio retorico ed è essa stessa che ci conduce,quasi per mano, a riaccostarci alla figura e all'opera di P. P. Pasolini.Riparlare oggi di « omologazione culturale » o di « mutazione antropo-logica » degli italiani, di perdita di identità individuale e sociale, diPotere consumistico quale perfido deus-ex-machina installatosi sta-

21

Page 12: REFERENDUM ? D corsivo : SEM · alcune considerazioni sull'istituto del referendum e sul ruolo che ha ormai assunto nella vita politica del nostro paese. Con il referendum è il cittadino

bilmente e cinicamente sulla scena; insomma riparlare della presenzaculturale di Pasolini ha un po' il sapore scialbo e « conformistico »della rievocazione. Eppure credo che valga la pena di correre il rischiodella « commemorazione », quanto meno per il fatto stesso di rischiare,per non rimanere inerti di fronte alla vita, per non teorizzare l'utilitàdell'inutile, l'ineffabilità della parola.

Fedeltà alla vocazione dell'artista

La figura di P. P. Pasolini ha costituito per quasi un trentennio l'im-magine dell'intellettuale scomodo, non allineato, dell'artista anticon-formista per partito preso, in una, del rompiscatole. Attaccatissimoagli aspetti più intimi ed emozionali dell'esistenza in tempi di imper-versante razionalismo; impegnato ostinatamente sul filo di una serratarazionalità quando altri si fanno prendere da passionalità e senti-mentalismi. Ma al di là di questi stereotipi, irrigiditi in una postumaoleografia di maniera, quel che c'interessa, una volta di più, non. èdibattere trite opinioni o rovistare in analisi già confezionate e scon-tatamente accusatone o assolutorie; c'interessa, invece, chiarire l'ori-gine della sua storia, la sostanza del suo impegno, la particolarità dellasua vicenda culturale.Del resto, tentare d'interpretare attraverso schemi precostituiti edideologicamente assestati P. P. Pasolini, significa non solo falsare ilcontenuto ed il senso della sua singolare testimonianza d'autore, masignifica addirittura reagire in maniera superficiale ed ambigua sulpiù vasto terreno del dibattito culturale italiano dalla Liberazione adoggi. Egli s'inserisce in questo dibattito in modo così personalmenteincidente che è impossibile leggere la sua esperienza letteraria senzarilevarne l'appartenenza, incontestabilmente ed imprescindibilmente,al livello dell'esistenziale. Le varie forme artistiche, con cui si è espres-so, segnano, prima d'ogni altra cosa, il bisogno intimamente e prepo-tentemente esistenziale di porre domande, spesso irrefrenabili, suinodi fondamentali della vita degli uomini e della società italiana.Domande il più delle volte senza risposte, ma che in ogni caso colgonouna contraddizione reale, stigmatizzano drammi taciuti o dimenticati;domande che, si badi bene, prima di sconcertare gli altri, sconcertanoPasolini per primo.Tuttavia i suoi interventi in campi spesso differenti, per interrogaree porsi come signum contradictionis, sono realizzati sempre con glistrumenti dell'artista, con le armi della propria peculiare vocazione.Che debba duramente criticare lo scempio dei dialetti regionali o lecondizioni di vita del sottoproletariato delle borgate o la borghesiz-zazione progressiva dell'intera società italiana, egli non rinuncia mai

22

alle forme « sue », senza attribuirsi false competenze o ricoprire ruoliche sono di altri. Proprio in virtù di questo suo ostinato rigoreartistico, di questo suo imperterrito attaccamento alla funzione cul-turale che « sente » di assolvere, Pasolini fa sì che ogni suo intervento— lo si accetti o meno — risulti d'una incidenza politica e socialeimpressionante.Le tappe artistiche dalla poesia in dialetto friulano ai romanzi popo-lari, alla cinematografia, alla linguistica, all'impegno diretto sulle pa-gine dei grandi quotidiani sono tutte legate da un filo: una « profes-sione di parola » scandalosamente coerente.

La parola: dimensione onnicomprensiva della vita

La parola, intesa come confessione di quel che si è e non quale pro-dotto di mestiere, è il perenne riferimento cui Pasolini nativamentetende, la costante sollecitazione della sua educazione e della conse-guente presa di possesso del reale. L'origine della parola è l'originestessa del mondo pasoliniano; l'impegno della parola è l'impegnostesso dell'intellettuale di fronte alla storia; lo scandalo della parolaè lo scandalo stesso dell'esistenza. L'uso della parola non è mai, onon è mai soltanto, fatto tecnico, estetico, espressivo, semantico, al-lusivo, esortativo, pragmatico, edonistico, lirico, morale, esoterico:è l'uso stesso della vita, al di là d'ogni altra cosa e prima e dietroogni altra cosa.Si tratta di un « regresso lungo i gradi dell'essere » l , alla ricerca diun'identità originaria da svelare man mano che la vita percepisce ilmistero ed il mistero percepisce la vita. In seguito non potrà esserviche assestamento, sviluppo, ripensamento, fallimento, memoria, disil-lusione, disperazione. Mai tradimento.Sin dalle prime esperienze poetiche casarsesi, appare chiaro che perPasolini conoscere vuoi dire « conoscersi » e l'idioma dialettale maternoaltro non è se non il tramite espressivo-esistenziale di questo ricono-scimento. La conoscenza del mondo, ed il porsi della sua problema-ticità, avviene sotto le specie del suo insaziabile « affetto » per deter-minate caratteristiche della propria personalità riflesse in fatti este-riori. Non v'è, in questa conoscenza, progressiva interiorizzazione disituazioni esterne; al contrario s'assiste alla esteriorizzazione gradualed'un fascio d'intcriori « possessi », costituito non solo da sentimenti,ma anche da istinti, passioni, emotività, inibizioni. In questo certomodo di vivere, in questa sorta d'empatica conoscenza — « razioci-nante e squisita irrazionalità » 2 — che riconosce le cose e permette dìriconoscersi in esse, v'è qualcosa di radicalmente diverso dal fatto di

23

Page 13: REFERENDUM ? D corsivo : SEM · alcune considerazioni sull'istituto del referendum e sul ruolo che ha ormai assunto nella vita politica del nostro paese. Con il referendum è il cittadino

operare una lettura a partire da un'ideologia, per la quale ogni altracosa ha senso o non ha senso a seconda che certi concetti siano più0 meno sovrapponigli tra loro. Ed è proprio questa particolare for-mazione che spiega e motiva la tensione pasoliniana a non scartareaprioristicamente nulla, a compromettersi con tutto in attesa di co-gliere un significato ulteriore, un'autodefinizione meno provvisoriaper la quale il cuore possa battere e la coscienza crescere.Pertanto anche il momento della razionalità — « m'imprigiono / nellostupendo dono / ch'è ormai solo ragione » 3 — dell'incontro con lastoria, della scoperta di Marx, dell'impatto con la gente delle borgateromane, dell'impegno « ideologico » è vissuto da Pasolini in un mododel tutto personale che, pur non escludendo l'entusiasmo e Io spessoredel nuovo approfondimento artistico-culturale, lascia inalterate le pre-cedenti acquisizioni. L'approdo teorico marxiano, infatti, seppur sti-molante finestra aperta sulla realtà, rappresenta la necessità del « do-ver » conoscere, del « doversi » impegnare, del « dover » interpretare:non diventa, però, esso stesso la conoscenza l'impegno l'interpreta-zione. L'apprensione del reale si esplica ancora in moti di adesioneemotiva, di partecipazione passionale, di attaccamento affettivo: l'in-contro con la storia è dunque l'incontro con una certa storia, cosìcome la conoscenza del popolo è quella di un certo popolo.1 due romanzi scritti da Pasolini nel romanesco gergale delle borgate,traducendo in forma letteraria una materia che (come l'autore) nonsa farsi plasmare interamente da una precisa ideologia, vengono asegnare, per un ennesimo atto d'amore, il confine tra il detto e ilnon detto, tra un sentimento accettato ed uno censurato della povertà,tra la presunzione di parlare al popolo e la compromissione del-l'ascoltarlo, tra il rimanere a galla in un mare d'ambiguo equilibrio el'annegare nel rischio d'una scelta irreversibile. In essi l'autore non sipropone di essere « fedele » al mondo che vuole rappresentare, diusare, cioè, la parola come diligentissima trascrizione d'un coacervod'emozioni, stimoli, comportamenti, situazioni difficilmente coagula-bili; bensì di essere quanto più « sincero » rispetto al rapporto per-sonale intessuto con quel mondo. Bisogna anche rinunciare all'asso-luta pulizia formale purché rimanga integra la pulizia etico-cono-scitiva.E la parola, in questo rischioso sforzo di sincerità, non può esserepuro fatto linguistico, ma deve farsi viatico d'esistenzialità, caricandosidel compito di mettere in nuda evidenza, una volta accettata la storia,quel che la storia non accetta. Cosicché il primo ad essere sospintodalla parola ad un'effettiva presa di coscienza è proprio lo scrittore,che impara da ciò che scrive. Lo stesso linguaggio gergale, necessa-riamente interessato e di parte, vivo anche se impreciso, sovvertitoreanche se monotono, scomodo anche se prevedibile, gli fa capire che

24

non si può rimanere pacificati a descrivere: lo scrittore non può of-frire solo il mestiere, bensì deve giocarsi la sua stessa concezione ela sua stessa esistenza.

Di fronte alla trasformazione biologica avviata dal consumismo,la parola si fa urlo rabbioso

Bisogna « gettare il proprio corpo nella lotta »4. Pasolini si compro-mette con la storia e con la cultura in maniera vieppiù provocatoriae scandalosa. Solo questo lo rende sicuro della sua sincerità. E intantoquel che l'ideologia non riesce a normalizzare e l'arte non riesce asublimare trova, seppur a fatica, il suo spazio espressivo. L'esistenzanon è più un sostrato indistinto e dato per scontato: diventa, invece,una categoria in base alla quale è possibile conoscersi e muoversi,giudicare e scegliere una categoria di cui l'arte e la cultura hannobisogno perché si sforzino d'essere più sincere. « E' una storia retoricaricamatrice e moralistica quella che non include l'esistenza »s.Su questa strada, segnata da acquisti e da scarti, Pasolini incontral'Italia del boom, del decollo industriale, dell'esplosione del consu-mismo. Egli s'accorge pian piano che una nuova forma di vita, misti-ficante e violenta, s'impone a tutto il popolo italiano, anche agli stratipiù bassi. Se prima il proletario o il contadino di fronte alle sfasaturee agli squilibri del « progresso » reagivano chiudendosi nel loro arcaicoretroterra culturale, ora di fronte all'acquisizione dell'oggetto, delprodotto moderno prima negato, inconsciamente vendono la propriaanima, il loro ultimo retaggio di valori umani e non mercificati, perfarsi ingranaggi di un sistema drasticamente onnivoro. II consumismo,così come Pasolini lo riconosce nella vita della gente, oltre ad esserela regola economica del nuovo perentorio assetto borghese della so-cietà in cui la pianificazione ideologica tutto sottomette al discrimineproduttivo, è la lusinga comportamentale dei nostro tempo. Non sitratta soltanto di un nuovo sistema o di una nuova ideologia: il con-sumismo instaura una nuova natura.Con graduale e disperata lucidità è questa la nota che egli va pren*dendo dello stato dell'Italia industriale, della sua condizione politica,del suo stallo culturale, della sua inebetita e massificata vita quoti-diana. La critica funzionalità del reale non può non mettere in con-dizione di giudizio complessivo la coscienza stessa dell'artista, il suocodice di valori, il suo « ruolo ». Pasolini in questo momento si chiedequale sìa il vincolo a cui legare la parola, quale sia la sua motivazionesul piano della comunicazione, quale la possibilità espressiva. Difficile,quindi, non tanto sul piano dell'inventiva o della creazione quanto su

25

Page 14: REFERENDUM ? D corsivo : SEM · alcune considerazioni sull'istituto del referendum e sul ruolo che ha ormai assunto nella vita politica del nostro paese. Con il referendum è il cittadino

quello della coscienza, è il trovare referenti reali per un discorso chevoglia mantenersi sincero, sapientemente esistenziale e non canoni-camente formalizzato.La conoscenza « poetica » del mondo che sin qui egli aveva, in piùmaniere, esercitato e che l'aveva portato verso scelte precise devedichiarare amaramente il suo fallimento. Che fosse stato il mondomaterno-originarìo di Casarsa o Io squallido spaccato dei reietti diRoma a muoverlo, aveva sempre parlato in nome di qualcuno. La suaintuizione - passione - conoscenza era sempre stata mediata dalla cor-poreità di persone concrete, dalla insostituibilità di esistenze umane.Egli aveva parlato condannato rivalutato presagito in virtù d'una ap-partenenza non fittizia alla quotidiana conflittualità della vita, attra-verso incontri-scontri con situazioni e ambienti diversi. Ma ora chilimane da difendere custodire preservare? Chi è in grado di fornireallo scrittore una purezza non ancora imbrattata di menzogne? Nonsi possono più prendere le parti di nessuno: tutti sono toccati dalloscandalo, tutto provoca scandalo. La crisi coscienziale, d'interpre-tazione storica, d'uso della parola prende sempre più i caratterid'una spaccatura esistenziale: anche lo scrittore, che pur Io com-batte, si sente toccato dallo scandalo della sollecitazione borghese.La storia non può essere scandagliata, smascherata se non da unavolontà irrefrenabile di provocare, di suscitare diversità, di destarescandalo (e scandalo etimologicamente significa « pietra d'inciam-po »). Altrettanto la parola: essa non può che farsi portatrice dicontestazione, segnalatrice di contraddizioni, violatrice di compiiciquiescenze.« Chi c'è in Italia, in Europa... che sente questa necessità di opporsicome una necessità originaria, credendola nuova nella storia, assolu-tamente significativa e piena insieme di morte e di futuro? »6.

La chiarezza del cuore

Nella disperata ricerca di un senso da custodire gelosamente, di unsignificato forse non più per la vita, ma almeno per la sopravvivenza,si lascia andare ad un corpo a corpo disperato (nelle terze pagine diquotidiani, nelle rubriche di rotocalchi, negli interventi pubblici) incui rifluiscono con mordente tenacia le principali caratteristiche dellasua personalità: l'amore-conoscenza, la passione-intuizione, la sugge-stione religiosa, la difesa esasperata dei valori che vanno morendo,l'eresia ideologica, il privilegiameiito dell'esistenzialità.« Bisogna esporsi (questo insegna / il povero Cristo inchiodato?), /la chiarezza del cuore è degna / di ogni scherno, di ogni peccato / diogni più nuda passione / ... / Non staremo offerti sulla croce, / ... /per testimoniare Io scandalo » 7.

26

La scandalosa chiarezza del cuore significa, nei fatti, essere control'aborto; significa dare una valutazione diametralmente opposta a quel-la ufficiale della vittoria dei no al referendum sul divorzio; significaparlare di omologazione culturale di tutta la società italiana, senzapiù possibilità di riconoscere qualitativamente sfruttati e sfruttatori,borghesi e proletari; significa individuare un nuovo più totalitariofascismo, messo in atto da un potere senza volto attraverso l'imper-versante edonismo consumistico; significa stare dalla parte dei poli-ziotti e contro gli studenti negli scontri di Valle Giulia; significa,nonostante tutto, ostinarsi a parlare: « ho paura della libertà chemi / verrebbe dal tacere ... »e.Così la parola diventa sfida, ultimo tentativo per non incorrere in unautoricatto morale, in una convenienza inquietante; diventa grido al-la ricerca d'uno spazio d'esistenza, d'uno spiraglio di vitalità. E tuttoquesto pur nella spieiata e lucida consapevolezza che la parola nonsusciterà un seguito o un plauso, ma sarà « consumata » e magari am-mirata solo perché crea un « caso » ed incrementa, paradossalmente,una certa produzione.Del resto dopo la sua morte (consumata anch'essa) quanto è rimastodella sua « disperata passione di essere nel mondo » 9 della sua « acco-rata sete di chiarezza » 10, della sua « incorreggibile ... mania di ve-rità? » ". Cos'è rimasto dello scandalo rappresentato dalla sua posi-zione o non-posizione corsara all'interno della cultura italiana? Cos'èrimasto d'un'esistenza condotta tutta sul filo d'una scelta non certoesatta, ma ereticamente rigorosa?In un film di Costa-Gavras, dopo la cattura di alcuni rivoluzionarisudamericani, ad un giornalista perplesso per la mancanza di dichia-razioni da sfruttare un suo collega domanda: « E' meglio scrivere unarticolo o cercare di capire? ».Noi abbiamo cercato di capire.

1 In « Passione e ideologia », Milano, Garzanti, 1960, p. 137.2 Ivi, p. 487.3 « La scoperta di Marx, V », m « L'usignolo delta Chiesa cattolica », Milano,

Longanesi, 1958, p. 121.4 In « Empirismo eretico », Milano, Garzanti, 1972, p. 154.5 Da un'intervista riportata in T. Anzoino, « Pasolini ». Firenze, La Nuova Italia,

1971, p. 6.<J In « Empirismo eretico », cit., p. 154.7 Da « La crocifissione » in « L'usignolo della Chiesa cattolica », cit. p. 85-86.s Da « Libro libero » in « Trasumanar e organizzar », Milano, Garzanti, 1971, p. 144.9 Da « Le ceneri di Granisci » in « Le ceneri di Gramsci », Milano, Garzanti, 1957,

p. 81." Da « Picasso », ivi, p. 33.11 Da « Trasumanar e organizzar » in « Tras... », cit., p. 72.

27

Page 15: REFERENDUM ? D corsivo : SEM · alcune considerazioni sull'istituto del referendum e sul ruolo che ha ormai assunto nella vita politica del nostro paese. Con il referendum è il cittadino

RECENSIONE

« Ricomincio da tre »: non solo un film comico

Opinioni di un clowndi FABRIZIO MATTEVI

« Ricomincio da tre », il film scritto, diretto, interpretato da MassimoTroisi (primattore del gruppo napolentano « La smorfia »), vale certola pena, anche nel tepore di una serata di maggio. Vivace, simpatico,intelligente, coinvolge gli spettatori, senza far rimpiangere le sue quasidue ore di durata. Difficilmente un film riscuote un successo e dipubblico e di critica. Credo che questo sia uno di quei casi. Forsedovrei fermare qui la mia penna, visto che si tratta di un film definito« comico » dai cartelloni, che quindi rende difficile un discorso artico-lato, mancando il supporto delle battute e delle gags che lo rendonogustoso. Ma pure mi provo a continuare, perché credo che questo siaun film « anche » comico, ma non solo e ci sia invece Io spazio perqualche riga di appunto. Non si tratta di una lunga teoria di situazioniparadossali ed assurde, di motti spiritosi, di parodie dissacranti, piùo meno riuscite e legittime, o, per lo meno, non solo di questo. Nonvi è solamente un comico che con la sua maschera domina la scena,ma dietro le moine del commediante riconosciamo i tratti di un per-sonaggio originale e affascinante, la cui fisionomia non si staglia atuttotondo; ma emerge come in un bassorilievo.Voglio allora fermarmi su questa figura, che in modo discreto sidelinea sullo sfondo, con i tratti vaghi dell'ombra. Come sempre nonsi pretende, né si vuole offrire una critica cinematografica, ma solosviluppare degli spunti, che il film può aver suggerito.

Un viaggio che inizia da tre

Gaetano è un giovane di Napoli, dove abita e lavora, appartenente aduna normale famiglia piccolo-borghese. Il padre, invalido, attendedalla Madonna il miracolo della sua guarigione (riavere una mano),con una pazienza quasi parossistica tanto che, nel suo delirio, è arri-vato ad inventarsi una fantasiosa trafila burocratica, che le richiestecome la sua dovrebbero affrontare in paradiso.L'immagine del protagonista si è ormai liberata di quei tratti sessan-totteschi, che sono invece nota dominante nelle opere di altri giovani

28

registi (si pensi a Nanni Moretti). Certo si ammanta con i panni del-l'insoddisfazione e della noia, umori che impregnano ormai anche l'ariache respiriamo, ma a lui ancora è sconosciuta la disperazione: vor-rebbe sì ricominciare, ma non da zero, perché nella sua vita sono dasalvare almeno tre cose che non ci è dato di conoscere.Sull'onda di questo proposito, decide di fare un viaggio a Firenze,dalla zia.Come sempre il viaggio è solo il pretesto per lasciare libero l'eroedi smarrirsi tra le situazioni più diverse e gli incontri più bizzarri: ildistinto signore vittima di crisi depressive e tentazioni suicide;la visita alla clinica psichiatrica; la zia che nasconde un amante nellespoglie di un irreprensibile professore; i proselitismi di un ragazzoamericano, invischiato nelle superficiali dottrine di una delle innu-merevoli e fantomatiche sette religiose; la visita di un amico napo-letano ed il suo ricovero in ospedale; ed infine Marta, la ragazzadi cui si innamora.

Al di là dei pregiudizi, alla ricerca di una veritàsempre presente e sempre parziale

Nel suo vagabondaggio « Gaetà » si trascina dietro, suo malgrado,l'etichetta di « meridionale », che sempre s'identifica con quella di« emigrante »: quasi che ai meridionali non sia possibile viaggiare, soloemigrare. Con sé porta pure Io spirito napoletano: accomodante, in-dolente, fatalista, mai come oggi tanto confacente alla realtà dellecose. Forte di questo scudo prosegue, novello Ulisse, la sua odissea trai pregiudizi, i luoghi comuni, le ipocrisie del nostro tempo. Gettato nelmondo, deve fare i conti con il rituale dei comportamenti prestabiliti,imposti ora dall'educazione, dalla tradizione, dall'ambiente in cui ènato, ora invece dalle mode culturali, più o meno assorbite e condi-vise. Tutto questo campionario di figure retoriche, a cui il nostrocomportamento deve attingere, costituisce un po' il canovaccio dellaquotidianità. Lo riconosciamo, fastidioso, negli altri, lo avvertiamoimbarazzante e meschino, dentro di noi. Woody Allen ne ha dato unalettura nevrotica, in cui forse non ci identifichiamo; qui invece ilquadro è più banale e provinciale, meno cervellotico e americano equindi più nostro.Gaetano non cerca di sfuggire a questi condizionamenti, ci gioca, cer-cando di adattarvisi. Laddove ciò gli risulta impossibile, non si ab-bandona alle frustrazioni, ai complessi da psicanalista, ma reagisceesorcizzandoli, riconoscendo a sé ed agli altri il loro peso ingom-brante, confessando sinceramente quali stati d'animo e quali opinioni

29

Page 16: REFERENDUM ? D corsivo : SEM · alcune considerazioni sull'istituto del referendum e sul ruolo che ha ormai assunto nella vita politica del nostro paese. Con il referendum è il cittadino

di fatto si nascondono dietro la facciata. Con le persone non cercala provocazione, ma la comprensione, consapevole che al fondo diogni cosa c'è pur sempre un barlume di sincerità, che nessuno puòessere accusato, perché la verità è dovunque ed in nessun posto.La battuta spiritosa, a volte ingenua e a volte ironica, gli permette diuscire allo scoperto mostrandosi per quello che è, lasciando da partei panni della convenzione. Nell'ammettere la sua inettitudine di fronteai canoni comuni sta la sua forza, nell'attimo della sconfitta si apreil varco della sua salvezza.Eccolo allora affermare la sua singolarità, che non può essere costrettaentro alcun schema prestabilito, sparare i suoi colpi con cui delineai contorni della propria personalità, lui che ogni notte sogna dì esserein guerra, ma tutte le volte si ritrova, mentre i proiettili fioccano, conle armi inceppate. Infatti, soffrendo sempre d'insonnia, è precedutoal magazzino di Orfeo da tutti coloro che, addormentandosi regolar-mente e sognando come lui la guerra, si accaparrano per primi learmi migliori, questa almeno è la sua spiegazioneII modo in cui Gaetano vive il suo affetto per Marta mi sembra indi-cativo di questo suo modo d'essere. Marta è una ragazza moderna,impegnata, progressista, scrittrice di romanzi a tempo perso. Fin dal-l'inizio mette sul piatto della bilancia il peso dei suoi miti culturali,tutti teorici e invisi alla vita: il femminismo ricco di slogan, il fastidioper i corteggiamenti, l'ossessione dell'essere disinibiti, il sogno dellacoppia aperta, il rifiuto della gelosia. In una dimensione così forte-mente mediata, Gaetano, seppur in modo goffo, riesce a farsi accettareper ciò che è, a smascherare le falsità di una lettura puramente ideo-logica e quindi astratta della realtà. Non si irrigidisce nel rifiuto,non fugge, né finge di accettare schemi che non sono suoi. L'impor-tante è salvare il legame che a quella persona lo unisce.Così riesce a passare tra le cose, sfiorandole appena, evitando le trap-pole ed i trabocchetti che cercano di farlo prigioniero, di costrin-gerlo a ruoli definiti. Sa riconoscere invece l'essenziale, ciò per cuivale la pena. Il rimanente lo guarda da lontano, con simpatia, ma purecon distacco, consapevole di poter sempre cambiare posizione, dimutare il punto di vista. Ignora gli eroi ed i disperati, i santi ed ifalliti perché, nelle loro monomanie, hanno trascurato troppe cose,che pure erano da vedere.Ecco allora che il nostro clown si presenta a noi sì con i suoi abitibuffi, con i tratti del viso esasperati per animare il nostro sorriso,ma pure, tra una battuta e l'altra, riesce a gettare tra la platea lesue opinioni, senza pretese né retorica, riesce a comunicare il suomodo di sentire la vita, un sentire che ricorda l'opinione di un altropagliaccio, della letteratura, laddove diceva: « sono un clown e rac-colgo attimi ».

Il perdigiorno: poeta della vita

Questo spirito libero, che certo non pretende di esaurire le intricateoscurità dell'esistenza, anche perché rimane pur sempre una costru-zione letteraria, ma pure ne individua una traccia essenziale, ricordauna figura ricorrente nella tipologia della tradizione romantica: ilperdigiorno. Da Eichendorf, a Walser, a Hesse, ritroviamo questopersonaggio, che è tutto e niente assieme, che non ha storia, capace diaccettare con un sorriso le situazioni più diverse. Cittadino del mondoè sempre in cammino, curioso di tutto ciò che incontra. Poeta dellavita, nella quotidianità della sua durata, non conosce le pause dellaprosa. Possiede la magica virtù di coniugare il sogno con la realtà,capace di attribuire al sogno una sua originale ed insostituibile realtàe riconoscere nella realtà la bellezza meravigliosa del sogno. Accostacon simpatia gli attimi dell'esistenza, sente pulsare il mondo nella suaimmediatezza, ne intuisce l'istintivo significato e la misteriosa po-tenza, ne distingue la voce sommessa, lasciandosi affascinare dalsilenzio delle cose. Vagabondo delle stagioni, conosce solo il bene elo sa offrire ovunque a piene mani, perché tutto è ugualmente degnodi essere amato. In questa sua ingenua disponibilità riesce ad esseresempre se stesso. Il tempo non gli fa paura, che nulla vi è da rincor-rere che non sia già qui. Solo perché vive in una tale dimensione,questo vagabondo, che si muove tra le pagine dei romanzi, puòchiamare sinceramente uno sconosciuto « fratello », le persone tutte« umanità », il mondo « natura » e la natura « dimora ».

NOTIZIE DALL'ASSOCIAZIONELa direzione dell'associazione, fresca ancora detta sua elezione, si èincontrata martedì 19 maggio, a Trento, presso Villa S. Nicolo, perl'intero pomeriggio. All'ordine del giorno sì erano posti due temi: lapreparazione di una prossima assemblea generale pre-estiva ed unavalutatone finanziaria sul nostro bilancio. Riguardo questo secondopunto, importante ed impegnativo, ne tratteremo nel prossimo numerodi giugno. Invece, per quanto riguarda t'aspetto programmatico del-l'Associazione, sarà inviato a. tutti i soci un sunto delle riflessioni eproposte avanzate. Anticipiamo fin d'ora che la futura assemblea dovràesprimere un attento giudizio su questi primi mesi d'attività e stabilireulteriori basi per il lavoro ffura.

30 31

Page 17: REFERENDUM ? D corsivo : SEM · alcune considerazioni sull'istituto del referendum e sul ruolo che ha ormai assunto nella vita politica del nostro paese. Con il referendum è il cittadino

Dopo il 18 maggio

A chi serve la chiesa?di VINCENZO PASSERINI

II disegno storico del radicalismo: annullamento del peso della Chiesanelle coscienze e nella società, può dirsi in gran parte attuato anchenel nostro paese. Non solo e non tanto i risultati, ma la vigilia stessadel 17 maggio hanno dimostrato che c'era bisogno solo di un refe-rendum sull'aborto per ratificare e insieme per provocare definiti-vamente i cambiamenti avvenuti o in atto nel nostro paese. Cam-biamenti che vanno nella direzione del disegno storico del radica-lismo. Si ha un bel dire che Pannella ha perso: in realtà tutto hagiocato a favore di quella battaglia culturale e politica di cui il partitoradicale rappresenta l'avanguardia, il manipolo deciso, combattivo, unpo' goliardico ma sempre lucido, che trascina il grosso disseminatoqua e là.Un vastissimo schieramento di forze culturali e politiche si è trovatounito contro il ruolo sociale della Chiesa. Da molte tribune, a volteanche incredibilmente unitarie, si è sentito ribadire il concetto diprogresso come liberazione progressiva della società dai legami, oscu-rantisti, con la Chiesa. Concetto tipico della cultura radicale che ponealla base del suo programma la liberazione dell'individualità da normee valori ritenuti artificiosi e mortificanti, per recuperare alla natu-ralità originaria la possibilità di esprimersi in pienezza. E' progresso,nell'ottica radicale, ciò che libera dal male fisico e che promuove ilbene fisico, non ciò che va nella direzione di determinati valori, rite-nuti arbitrarie imposizioni di culture violente. Che questa cultura siapienamente omogenea alla cultura dell'occidente industrializzato celo ricordano da anni tutti i sacri testi sull'argomento. Che le conse-guenze di un tale concetto del progresso che ci nutre in rutti gliangoli del vivere quotidiano, siano ben più gravi di quanto possa sem-brare lo si sta dicendo pure da anni e si continua a dirlo quando lacronaca, con la sua sequenza impietosa di fatti e misfatti, costringea pensarci un po'.La cultura dell'occidente è pienamente omogenea alla cultura delradicalismo. Se c'era bisogno di una conferma in termini lapalissiani

32

o clamorosi è arrivato il 18 maggio a dire che alle grandi forze poli-tiche ed economiche la Chiesa non serve più; che il disegno storicodel radicalismo si identifica col moderno disegno, comune a molti,di piena « occidentalizzazione » del nostro paese.La Chiesa non serve più come strumento di integrazione e di con-(icrvazione alle forze economiche nazionali e internazionali che si sonocostruite ben più efficaci strumenti di controllo e che, anzi, vedononei residui di eticità cattolica fastidiosi ingombri se non pericolosemine vaganti.Non serve più al moderatismo politico (se non in misura limitata)che ha trovato pulpiti più produttivi di consenso nelle TV private enei consigli di amministrazione delle banche.Il referendum sull'aborto ha detto anche, salvo improbabili smentite,che la Chiesa non serve più nemmeno all'alternativa di sinistra, alme-no così come l'aveva pensata nei primi anni settanta il PCI. Il quale,da una parte sta pagando, come tutti, un pesante scotto alla culturaegemone e dall'altra sta cercando una nuova (ma forse vecchia) lineapolitica stretto com'è tra la ricomposizione cattolica e la subalternitàdi tipo francese al PSI. Motivazioni diverse si sono quindi incontratenell'obbiettivo comune di annullare il peso della Chiesa nelle coscienzee nella società. Una serie di considerazioni per quanto rapide, si im-pongono a questo punto. Se l'annullamento del peso della Chiesa nellecoscienze e nella società significasse soltanto che la Chiesa non servepiù alle grandi forze politiche ed economiche, bisognerebbe esultare.Avesse detto solo questo il 18 maggio si sarebbero dovute suonarea distesa le campane e intonare Te Deum di ringraziamento. Ma il18 maggio ha detto dell'altro: ha detto che la società, questa nostrasocietà, rinuncia a far propri principi di altissimo valore umano, nonsolo cristiano. Che questo sìa ritenuto un fatto di progresso è legittimoper quel tanto che si ha del progreso una concezione coerente conla cultura radicale e coi valori della civiltà del benessere. Ogni giornoper chi sa guardarsi intorno si moltiplicano i segni amari di che cosasia in realtà questa progressiva liberazione personale e collettiva davalori « ingombranti », e come si riproponga l'inquietante interroga-tivo, ieri di alcuni, oggi di intere generazioni: la libertà, per chefarne? Forse che questo progresso è una risposta di qualità a questainterrogativo?Se le grandi forze politiche ed economiche non hanno più bisognodella Chiesa, l'umanità ha bisogno più di ieri della presenza cristiana,ha bisogno di valori, di risposte di vita, di testimonianze, di impegnodisinteressato, rigoroso, eticamente motivato. Ha bisogno di ragioniper vivere, di risposte di senso, di significato.Lo devono capire quei cristiani spesso tentati di chiudersi nei lorocenacoli e nelle loro catacombe a coltivare la loro salvezza.

33

Page 18: REFERENDUM ? D corsivo : SEM · alcune considerazioni sull'istituto del referendum e sul ruolo che ha ormai assunto nella vita politica del nostro paese. Con il referendum è il cittadino

Lo devono capire quei laici che ad ogni venir meno di tracce cristianenella vita personale e collettiva vedono un avanzamento dell'umanità.Lo deve capire la Chiesa per la quale la data del 18 maggio, se piena-mente valorizzata, può essere una data storica. La Chiesa deve pren-dere coscienza fino in fondo dell'alterila di cui è portatrice, un'alte-rità troppo a lungo mortificata, ammorbidila, adatlata. Un'alleritàdi vita, non solo un'alterila sul piano morale, nell'angusta accezionedel termine. E' proprio su questo punto che si misurerà la qualilàdella risposla ecclesiale alle provocazioni del 18 maggio. Troppo alungo si è identificalo il cristianesimo con una morale, quasi che l'ac-cettare il Vangelo significasse soprattutto aderire a determinale normepiù o meno consolidale e non invece lasciarsi cambiare da una Parolae da un Evento che hanno sconvolto e sconvolgono l'ordinario, loscontalo, il consueto, che lagliano e dividono, che scavano conlraddi-zioni, che provocano continuamente ad un'adesione di fedeltà. Uncristianesimo annacqualo ed opportunisla non poteva che portareal 18 maggio. Non sarà allora rafforzando la fortezza moralistica chesarà data una risposta cristiana al referendum. Ma proclamando etestimoniando una proposla di vila, antica e sempre nuova, all'internodella quale, come anelli di una calena, ci sono anche delerminatiirrinunciabili principi morali.La Chiesa rilroverà in se stessa, nella natura stessa del suo essere inquesto mondo la forza di farsi ascoltare, la capacità di diventareportalrice di verità per tulli gli uomini. Nella liberazione da com-promeltenli ed equivoci legami, nella ritrovata libertà, nella ricercadella povertà la Chiesa ritroverà la propria alterila e riscoprirà l'anticaforza evangelica come l'unico slrumenlo di consenso che le possa ap-partenere. Di questa Chiesa l'umanità, il nostro paese, hanno bisogno,più di ieri.

La rubrìca « Taccuino Culturale Trentino », assente nel numero scorsoper esigenze di spazio, è momentaneamente sospesa. Le varie inizia-tive culturali, infatti, vanno progressivamente scemando, dissolven-dosi al sole dell'estate. Rinviamo dunque alla ripresa autunnale.

34

UNA VOCE DAL NICARAGUA

l,t) scorso 23 aprile, la nostra Associazione O. Ramerò, in collaborazione con ilCi'ntro Missionario Diocesano, ha promosso un incontro sul rema: Potere sandi-ili-ita e chiesa in Nicaragua. Era presente Padre Uriel Molina, esponente di primoliìtiiio delle comunità cristiane di base del Nicaragua.Nella comunale «Sala del Festival- l'affluenza del pubblico non è stata ceriomassiccia, (circa 50 persone) come si usa dire. Questo fatto, accanto a causecontingenti, può forse trovare spiegazione in quel fenomeno che il relatore haStiltolineato con forza: il Nicaragua non (a più notizia e se lo {a è solo per un\lt(> uso strumentale, fi vento della reazione che soffia sull'Occidente, alimentatodtìH'amtninistrazione Raegan, guarda con fastidio all'esperienza nicaraguense enttc tensioni in America latina. Ecco allora i grandi mezzi d'informazione impe-gnarsi per dimostrare che, in Nicaragua, i movimenti d'ispirazione marxista,appoggiati dall'Unione Sovietica, si starebbero imponendo con la forza, senzarispettare i diritti umani, a danno della chiesa cattolica. Proprio per denunciareintesta campagna di stampa, per informare e sensibilizzare l'opinione pubblicasulla reale situazione del Nicaragua, per chiedere sostegno alla lotta del suopopolo, don ì(4olina è venuto in Europa con una delegazione di esponenti politiciite! suo paese. « Non dobbiamo essere dei semplici », ha detto nel suo italianoun po' pittoresco, e non devono esserlo soprattutto i cristiani.Nella sua relazione (riportata quasi integralmente dal settimanale « Vita tren-tina », nel numero del 10 maggio) padre Uriel ha voluto sottolineare soprattuttointesto fatto: l'esperienza che si sta vivendo in Nicaragua è un'esperienza di popo-lo, spontanea ed immediala, vissuta dai credenti in una dimensione pasquale,« perché noi sentiamo nell'esperienza di lede, il passo del Signore che ci salva,{filando passiamo da condizioni meno umane a condizioni più umane ». Lo sforzoiH decenni di lolla contro il colonialismo, contro l'ingiustizia e l'oppressione, perconquistare il diritta all'autodeterminazione, ha portato alla vittoria rivolu-zionaria del 1976 contro il potere di Somoza e del governo di Washington.Quel momento esaltante e solerlo è però solo l'inizio di un nuovo impegno: lascommessa della ricostruzione. / problemi sono molti: la gravissima crisi econo-mica, accentuata dai debiti con gli Stati Uniti, i contrasti politici soprattutto coni vecchi gruppi di potere, la questione sodale, portare cioè un intero popolo allacoscienza della sua dignità (di qui lo sforzo enorme del governo rivoluzionarioper ridurre l'analfabetismo). Certamente però le difficoltà maggiori vengonodal boicottaggio intemazionale: i ricatti americani, le diffiden-e europee, le paureed i. sospetti delle gerarchle ecclesiastiche (in particolare della Conferenza deiVescovi latino-americani).liceo quindi che l'appoggio al popolo nicaraguense è ora più che mai necessario,proprio per evitare al suo interno lacerazioni ed irrigidimenti. L'esperienza cu-bana, con la sua irrimediabile divisione tra forze d'ispirazione cristiana e forzemarxiste, incombe minacciosa e trova alimento nelle strategie delle superpotenze.La testimonianza di Padre Uriel è stata certamente un'occasione rara di rifles-sione: un esercizio quotidiano della propria fede, pienamente calala nella vita enella storia, a favore dell'uomo e della sua lotta ostinata per il domani, controla prepotenza dì ogni potere. E' stato per noi motivo di confronto con una dimen-sione pastorale e politica radicale, appassionata ed essenziale; sconosciuta ormaitu fumosi « distinguo », alle malcelate ipocrisie, alle verbose e pigre incertezzede! nostro mondo occidentale, che vuole meschinamente ridurre la stona deglinomini ad una cibernetica guerra di posizione tra te superpotenze.

(. m.

35

Page 19: REFERENDUM ? D corsivo : SEM · alcune considerazioni sull'istituto del referendum e sul ruolo che ha ormai assunto nella vita politica del nostro paese. Con il referendum è il cittadino

« IL

OVVERO SIA

MEDITAZIONI, PENSIERI,

DELLA LIBERA

"OSCAR A, ROMERO,,

ABBONATI, FAI ABBONARE

E COLLABORA /

8PED. IN ABB. POST. GRUPPO 111-7O

RIVISTA MENSILE-REDAZIONE E AMM.

VIA SUFFRAGIO 39 381OO TRENTO

1 N. 5 MAGGIO 1981 L. 10OO