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Zeitschri des Max-Planck-Instituts für europäische Rechtsgeschichte Rechts R g geschichte Rechtsgeschichte www.rg.mpg.de http://www.rg-rechtsgeschichte.de/rg12 Zitiervorschlag: Rechtsgeschichte Rg 12 (2008) http://dx.doi.org/10.12946/rg12/139-173 Rg 12 2008 139 – 173 Francesco Rotondo Un dibattito per l’egemonia La perizia medico legale nel processo penale italiano di ne Ottocento Dieser Beitrag steht unter einer Creative Commons cc-by-nc-nd 3.0

Rechtsgeschichte - data.rg.mpg.dedata.rg.mpg.de/rechtsgeschichte/rg12_2008-recherche-rotondo.pdf · di), Stato e cultura giuridica dal-l’Unità alla Repubblica, Bari 1990; Id.,

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Zeitschri des Max-Planck-Instituts für europäische Rechtsgeschichte Rechts Rggeschichte

Rechtsgeschichte

www.rg.mpg.de

http://www.rg-rechtsgeschichte.de/rg12

Zitiervorschlag: Rechtsgeschichte Rg 12 (2008)

http://dx.doi.org/10.12946/rg12/139-173

Rg122008 139 – 173

Francesco Rotondo

Un dibattito per l’egemonia La perizia medico legale nel processo penale italiano di fine Ottocento

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Abstract

The Italian science of criminal law in the second half of the nineteenth century is closely linked with politics and with the construction of the new Italian liberal State. Criminal science is the priv-ileged meeting point of political theory and the new social sciences in general. This theme is re-sponsible for the orientation of a great part of historiography, reflecting a dichotomy between two Italian juridical schools: the Scuola liberale (Carrara, Lucchini) and the Scuola positiva (Ferri, Lombroso). Among the new social sciences, the »positive school« made use of psychiatry, statistics and criminal anthropology in order to discuss the approach to the criminal problem, constructing the figure of the »delinquent« to redefine the problems of liability and of the rationale of punish-ment.

In this framework the paper expounds the role of medical examinations in the criminal trial through the analyses of the leading criminal re-views and the legislation of the late nineteenth century. The debate, which started with the reform of the regulation of medical examinations, allows us to reconsider the dispute between doctors and jurists for supremacy over deviance and crime, emphasizing the transformation of the judge into a doctor and of the doctor into a judge.

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Un dibattito per l’egemoniaLa perizia medico legale nel processo penale italianodi fine Ottocento

1. La disciplina della perizia nel codice di procedura penaledel 1865

Il fenomeno che Michel Foucault definì come il tentativo dimedicalizzazione della penalità, ovvero quel processo d’integra-zione o interferenza del sapere psichiatrico nel discorso giuridicorelativo alla criminalità e alla devianza, può essere utilmente in-dagato attraverso l’analisi del dibattito sulla riforma dell’istitutodella perizia medico-legale in Italia nel periodo a cavallo tra la finedel XIX e l’inizio del XX secolo.1

È bene rileggere sinteticamente la normativa unitaria cheprenderemo come punto di partenza dell’analisi: la perizia, comemezzo di prova o di interpretazione della prova nel processo pe-nale, fu regolata dalle norme del codice di procedura penale del1865, in particolare negli articoli da 152 a 159 e da 285 a 311.I primi regolavano l’esame nella fase istruttoria, i secondi in quelladibattimentale del procedimento. Nell’istruttoria il giudice dovevanominare almeno due periti »in tutti i casi nei quali per la disaminadi una persona o di un oggetto si richiedono speciali cognizioni oabilità«, con la possibilità di nominarne uno soltanto quando lapericolosità del reo sconsigliasse eccessive lungaggini, o quando sitrattasse di un caso di poca importanza (art. 152).

I periti, per i quali vigevano le stesse incompatibilità fissateper i testimoni, dovevano prestare giuramento a pena di nullitàdella perizia. Solo al giudice istruttore spettava il compito di faredomande ai periti e le risposte dovevano essere formulate »indi-cando i fatti e le circostanze sulle quali avranno fondato il lorogiudizio« (art. 155). Se gli esiti del lavoro dei due periti fosserorisultati discordanti, il giudice poteva nominarne un terzo (o piùsino a raggiungere un numero dispari) e ordinare la ripetizionedell’esame; il quale, di regola, doveva svolgersi in presenza dellostesso magistrato, salvo che questi stimasse di ritirarsi per ragionidi moralità o di decenza.

La perizia andava verbalizzata, ma al giudice veniva lasciatala possibilità, durante tutta l’istruzione, di »richiedere dai periti

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1 I principali lavori in cui Foucault siè occupato del problema dell’im-missione della psichiatria otto-centesca nel campo disciplinaretradizionalmente riservato allascienza giuridica penalistica sono:Michel Foucault, Io, Pierre Ri-vière, avendo sgozzato mia madre,mia sorella e mio fratello …, trad.it. Milano 2000 (Paris 1973);Id., Sorvegliare e punire, trad. it.Torino 2003 (Paris 1975); Id., Gli

anormali. Corso al Collège deFrance. 1974–1975, trad. it. Mi-lano 2000 (Paris 1999).

ulteriori schiarimenti sulla loro relazione, e sopra tutto ciò cheegli crederà utile a maggiore delucidazione della loro opinione«(art. 158). L’art. 307 sanzionava poi i periti che avessero rifiutatol’incarico senza giusti motivi con una multa fino a cento lire e lapossibile sospensione dall’esercizio della professione. Giova sotto-lineare come il giudice istruttore fosse libero nell’affidare l’ufficio diperito a qualsiasi esperto che ritenesse idoneo, non essendo vinco-lato nella selezione da nessuna norma.

Per la fase dibattimentale le perizie di accusa e difesa eranoregolate al capo terzo del secondo libro, che le trattava insieme conle testimonianze, disciplinando prima le posizioni di incompatibi-lità con l’ufficio di perito (artt. 285–290)2 e poi i casi nei quali iperiti non si fossero presentati (artt. 291–296).3

I giuramenti dei consulenti dovevano essere prestati a pena dinullità, tranne quando essi avessero già giurato nell’istruttoria, edovevano riguardare il »bene e fedelmente procedere nelle lorooperazioni, e di non avere altro scopo che quello di far conoscere aigiudici la verità« (art. 298). Le ultime norme relative a periti etestimoni (artt. 301–317) riguardavano la procedura d’esame: ladeposizione era orale, non poteva essere interrotta ma eranopreviste domande dei difensori, del presidente del tribunale e delpubblico ministero. Solo ai periti, e non anche ai testimoni, ilpresidente poteva consentire di assistere a parte del dibattimento.

Le norme fin qui sintetizzate ebbero la singolare capacità diattirare critiche dai giuristi delle più varie tendenze e fu propriol’analisi dell’inadeguatezza normativa ad avviare la discussionesulla perizia, che si protrasse per oltre un trentennio innestandosi inuna più ampia discussione tra le diverse ›scuole penalistiche‹.

Il prolungato e già classico dibattito che nel diritto penalemoderno si era concentrato sui temi della responsabilità e del liberoarbitrio, nonché sulla funzione della pena, sul finire del XIX secoloannoverò tra gli ›addetti ai lavori‹ in misura sempre più vistosa imedici, oltre ai giuristi. La disputa assunse talora il carattere delloscontro violento e contribuì ad alimentare una ricostituzione dicampi disciplinari sino a orientare una parte significativa del dibat-tito sul rapporto, ancora in via di definizione, tra il recente Statonazionale italiano e la ›questione penale‹.4

Molte erano le questioni giuridiche e sociali ancora irrisolte avent’anni dalla raggiunta unità politica; tra queste, com’è noto,rimaneva centrale il compito affidato ai giuristi per l’unificazione

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2 Ai sensi degli articoli 285–290non potevano essere chiamaticome periti o testimoni: i minori di14 anni, i parenti o affini dell’im-putato (tranne che si trattasse diun crimine ai danni di qualcunodella famiglia e di cui non si possain altro modo avere la prova), idenuncianti o querelanti. Le in-compatibilità dovevano esser op-poste prima dell’esame, altrimentierano sanate.

3 Se il perito non si fosse presentatosenza giusta causa, il giudice av-rebbe potuto decidere di rinviarela causa ad altra udienza, nellaquale tutte le spese sarebbero statea carico del perito. La corte, iltribunale o il pretore, avrebbero

potuto prescrivere la traduzionecon la forza in udienza del peritonon comparso, ed in ogni caso asuo carico sarebbe stata commi-nata una multa.

4 Nel vasto panorama di studi distoria sociale e di storia giuridicaaccumulatisi sul tema, imprescin-dibile è il rinvio alle decisive (enumerose) pagine con cui MarioSbriccoli ha innovato il paradigmainterpretativo della storia della

penalistica italiana dell’Ottocento.Da ult. vedi: Mario Sbriccoli,La penalistica civile. Teorie e ideo-logie del diritto penale nell’Italiaunita, in Aldo Schiavone (a curadi), Stato e cultura giuridica dal-l’Unità alla Repubblica, Bari1990; Id., Giustizia criminale,in Maurizio Fioravanti (a curadi), Lo Stato moderno in Europa.Istituzioni e diritto, Roma 2002,163–205.

del diritto penale sostanziale, la cui disciplina fotografava le pro-fonde differenze tra il nord e il sud del Paese.

L’impegno dei tecnici, della penalistica civile, per usare unafelice espressione di Mario Sbriccoli, fu intenso e adeguato all’im-portanza della posta in gioco: riscrivere il codice penale significavaanche contribuire a offrire dei contenuti alla prospettiva politicadel liberalismo italiano, ancora in ritardo rispetto al panoramaeuropeo. Questioni tecniche, dunque, ma anche, sullo sfondo,l’equilibrio in senso moderno e liberale del complesso rapportotra i principi di autorità e libertà, rimasero a lungo tra gli obiettiviconsapevoli di una penalistica moderna, autonoma in senso disci-plinare e nazionale. Il cammino da percorrere, per i penalisti, erareso ancora più arduo dall’inadeguatezza del codice di procedurapenale del 1865, legge-fotocopia del codice di procedura per gliStati Sardi del 1859, adeguato in tutta fretta per il nuovo Statounitario ma tanto carente sotto il profilo normativo, quanto arre-trato rispetto ad altri complessi legislativi degli stati preunitari.5

Se la gestione della criminalità fu dunque uno dei temi centralidella riflessione della classe dirigente italiana, giuristi e amministra-tori non furono i soli a prenderne il carico; anche i medici, infatti,proprio in quel periodo aprivano una riflessione sulla capacitàd’intervento socio-sanitario della medicina rispetto a un Paese chepativa diverse forme di arretratezza, dalla rilevante presenza dimalattie epidemiche nelle campagne, fino alla carenza di struttureospedaliere nei centri urbani.6 La nuova ›medicina sociale‹ nonsi lasciò dunque sfuggire l’opportunità di verificare quale spazioteorico e pratico potesse ottenere rispetto a un oggetto entrato direcente nel proprio campo disciplinare, quello della devianza.7

Non si può fare a meno di notare che i caratteri di una tale,decisiva, trasformazione che la scienza medica italiana subì neltorno d’anni dell’unificazione politica, possono essere rintracciatisimbolicamente proprio negli esordi professionali di uno deimaggiori artefici di tale cambiamento: Cesare Lombroso. L’annosuccessivo al conseguimento, nel 1858, della laurea in medicinaall’università di Pavia, il giovane veronese si arruolò volontariocome medico dell’esercito piemontese, impegnato nelle ultimebattaglie per l’unificazione. Terminata questa prima esperienzamilitare, Lombroso si trasferì nel 1862 in Calabria al seguito delletruppe inviate per la repressione del brigantaggio, dove si dedicòallo studio della situazione igienica locale, profondamente diversa

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5 Il giudizio, espresso già dai con-temporanei, si ritrova in: Giaco-mo Delitala, voce Codice diprocedura penale, in: Enciclopediadel diritto, vol. VII, Milano 1960,284 ss.

6 Il riferimento più completo rimaneFranco della peruta (a cura di),Malattia e medicina, Annale 7, in:Storia d’Italia, Torino 1982; si ve-da inoltre Arnaldo Cherubini,

Preludi di medicina sociale in Ita-lia: 1850–1900, Roma 1980.

7 Cfr. Ferruccio Giacanelli, Unnuovo quadro professionale dellaborghesia nel secolo diciannovesi-mo: il personaggio dello psichiatratra filantropia medica e controllosociale, in: Rivista sperimentaledi freniatria e medicina legale,vol. CIV, suppl. fasc. IV, 1980;Alberto De Bernardi (a curadi), Follia, psichiatria e società,

Milano 1982; Valeria PaolaBabini, Maurizia Cotti, Fer-nanda Minuz, AnnamariaTagliavini (a cura di), Tra saperee potere. La psichiatria italiananella seconda metà dell’Ottocento,Bologna 1982; John AnthonyDavis, Legge e ordine: autorità econflitti nell’Italia dell’800, Mila-no 1989; Gaetano De Leo (acura di), Lo psicologo crimino-logo: la psicologia clinica nellagiustizia penale, Milano 1989;Renzo Villa, Il deviante e i suoisegni. Lombroso e la nascitadell’Antropologia criminale, Mi-lano 1985; id., Sullo studio delladevianza: note su alcuni aspettistoriografici e metodologici, in:Società e storia, 13, 1981, 639–670; Giorgio Cosmacini, Pro-blemi medico-biologici e conce-zione materialistica, in: Storiad’Italia, Annale 3, Torino 1980,815–867; Romano Canosa,Storia della criminalità in Italia1845–1945, Torino 1991.

da quella che aveva conosciuto nelle regioni del nord, e pubblicò leprime osservazioni sulla condizioni dei contadini nell’articoloDell’igiene nelle Calabrie. Furono questi primi anni a svilupparein lui la consapevolezza, mai più abbandonata, di appartenere auna nuova schiera di ›tecnici sociali‹, in quanto tali destinati aerodere il terreno di competenza di altri professionisti e a proporsicome artefici di feconde discussioni interdisciplinari.8

L’analisi dei dibattiti sulla perizia medico-legale può offrireun’immagine se non esauriente, almeno indicativa delle diverseposizioni sulla valutazione del crimine, del criminale, della funzio-ne della pena e dello statuto stesso della scienza penale. La presenzadei medici legali nel processo e la facoltà loro accordata di valutarela sanità mentale dell’imputato, eventualmente sottraendolo allaresponsabilità giuridica e quindi al giudizio del magistrato, rendevainfatti concreta per la psichiatria la possibilità di occupare un ruoloprivilegiato nel mondo del diritto e, contemporaneamente, di rice-vere una legittimazione sociale presentandosi come scienza idoneaa intervenire nella gestione della devianza.9

2. Uno strumento chiave per l’analisidella discussione: le riviste

Se come punto di partenza per seguire il dibattito sulla riformadell’istituto della perizia medica abbiamo individuato la disciplinache esso ricevette nel codice del 1865, tra le fonti disponibili peranalizzarne il prosieguo sembra opportuno rivolgersi alle rivistescientifiche del tempo, in particolare a quelle giuridiche, le quali,strumenti del processo di »unificazione nazionale e specializzazio-ne dei saperi«, offrono un osservatorio privilegiato per recuperare ifili di un discorso spesso frammentario, interrotto a seconda dellecontingenze politiche che via via si manifestavano.10

I periodici della scuola cosiddetta classica del diritto penale edella scuola positiva furono rispettivamente la Rivista penale,fondata nel 1874 da Luigi Lucchini,11 e l’Archivio di psichiatria,antropologia criminale e scienze penali per servire allo studio del-l’uomo alienato e delinquente che vide la luce nel 1880 ad opera del›triumvirato positivista‹ composto da Cesare Lombroso, RaffaeleGarofalo ed Enrico Ferri.12

L’utilizzo di tali pubblicazioni per l’analisi della discussionesulle perizie medico-legali presenta più di un vantaggio.13 Innanzi-

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8 Cfr. Ferruccio Giacanelli, Ilmedico, l’alienista, in Delia Fri-gessi, F. Giacanelli, LuisaMangoni (a cura di), CesareLombroso. Delitto, genio, follia.Scritti scelti, II ed., Torino 2000,5–43.

9 Cfr. Renzo Villa, Perizie psi-chiatriche e formazione degli ste-reotipi dei devianti: note per unaricerca, in De Bernardi (a curadi), Follia (nt. 7), 385–401.

10 Sulle riviste giuridiche si veda, peruna ricostruzione del contestoitaliano: Paolo Grossi, Paginaintroduttiva, in: Quaderni fioren-tini per la storia del pensiero giu-ridico moderno, 16, Milano 1987,1–5; come riferimento per il qua-dro internazionale si veda, invece:Michael Stolleis (Hg.), Juris-tische Zeitschriften: Die neuenMedien des 18.–20. Jahrhun-derts, Frankfurt am Main 1999;Michael Stolleis, ThomasSimon (Hg.), Juristische Zeit-schriften in Europa, Frankfurt amMain 2006. Prendo a prestito neltesto l’espressione da Aldo Mazza-cane: Aldo Mazzacane, Notaintroduttiva, in: Aldo Mazza-cane, Pierangelo Schiera, En-ciclopedia e sapere scientifico.Il diritto e le scienze sociali nel-l’Enciclopedia giuridica italiana,Bologna 1990, 7–12 (9).

11 Per notizie circa la rivista e labiografia di Luigi Lucchini cfr.Mario Sbriccoli, Il diritto pe-nale liberale. La »Rivista penale«di Luigi Lucchini (1874–1900), in:Quaderni fiorentini per la storiadel pensiero giuridico moderno16, Milano 1987, 105–184.

12 Al contrario della ›Rivista penale‹,l’›Archivio‹, il cui titolo cambieràspesso nel corso degli anni, non hasuscitato grande interesse tra glistorici del diritto; su questo perio-dico, come sui successivi cui si faràriferimento, si veda in generale:Carlo Mansuino, Repertorio deiperiodici giuridici italiani 1850–1900, Milano 1994.

13 Occorre avvertire che la ›Rivistapenale‹ rimase l’unica voce deiclassici, mentre i positivisti si av-valsero anche di ulteriori effeme-ridi, come il quindicinale fondatoa Napoli da Ferri, Garofalo eLombroso nel 1891 ›La scuola

positiva nella giurisprudenza civilee penale e nella vita sociale‹ e ilbimestrale, sempre napoletano,›L’anomalo‹, fondato e direttodallo psichiatra Angelo Zuccarellidal 1889. Altre riviste, inoltre,pubblicarono interventi scientificisulla perizia: cfr. il ›Giornale per imedici periti giudiziari ed ufficialisanitari‹ fondato nel 1897 dalmedico legale napoletano AntonioRaffaele, e la più importante ›Ri-

vista sperimentale di freniatria e dimedicina legale in rapporto conl’antropologia e le scienze giuridi-che e sociali‹ diretta da Carlo Livi(Reggio Emilia) a partire dal 1875.Altro periodico fondamentale,ma di tutt’altro carattere rispettoquelli di scuola o di settore, fu la›Rivista di discipline carcerarie inrelazione con l’antropologia, coldiritto penale, con la statistica‹fondata Martino Beltrami Scalia,

tutto è proprio dalla lettura sincronica e incrociata degli articolie delle notizie che apparivano sulla Rivista penale e sull’Archivioa restituire la cadenza, non sempre uniforme, del dibattito. Questofu infatti condotto attraverso i commenti reciproci agli interventidegli avversari e alimentato incessantemente da puntualizzazioni,risposte e precisazioni che acquisivano senso soltanto se pubblicatein successione.

In secondo luogo le riviste in esame risultano utili per rin-tracciare il percorso della riforma dell’istituto della perizia nellesedi istituzionali, poiché si occuparono di pubblicare e commen-tare tutta l’attività parlamentare e amministrativa in ambito pe-nale. I lavori delle commissioni, iniziati sin dal 1892 per iniziativadel guardasigilli Bonacci, si conclusero, dopo una lunga serie ditentativi, con il decreto di approvazione del testo definitivo delcodice di procedura penale (27 febbraio 1913 n. 127).14 L’iterparlamentare risulta di particolare interesse poiché, sebbene iltenore degli interventi fosse stato differente rispetto alle analisicondotte nella discussione scientifica, emersero alcune importantinovità e cambiamenti d’opinione negli stessi protagonisti del di-battito teorico.

Altra caratteristica comune dei periodici, anche se in questocaso prevalente nell’Archivio, fu quella di informare i lettori, purcon brevi cronache, di ciò che avveniva effettivamente nelle aulegiudiziarie. I riassunti delle perizie psichiatriche prodotte nei giu-dizi aiutano a ricostruire alcuni aspetti del problema che emerseronella prassi forense, territorio notoriamente di difficile lettura.

Il tema più rilevante fu a mio avviso quello delle questioni sullequali i periti medico-legali dovevano pronunciarsi su richiesta deigiudici. Uno degli effetti più caratteristici della medicalizzazionedella penalità, fu infatti, secondo Foucault, l’effetto del raddoppia-mento dell’oggetto della punizione, all’autore del delitto aggiun-gendosi la figura del personaggio delinquente. Nelle domande deiperiti sulla storia familiare e sulla vita dei delinquenti Foucaultritrova la genealogia stessa dell’anomalia del criminale: la mostru-osità che fino al XVIII secolo si identificò nella trasgressione allalegge naturale, che il diritto di quel tempo non riuscì a inserire nellesue categorie proprio perché distante da qualsiasi umanità, ritor-nava, nell’Ottocento, a essere inclusa nel mondo giuridico perchéqualificata non più dall’infrazione giuridico-naturale, ma giuridi-co-morale.

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direttore generale delle carceri delRegno, nel 1871.

14 In realtà vi furono dei tentativi diparziale modificazione alla proce-dura penale già dal 1868, quandoil guardasigilli Gennaro De Filippopresentò un suo progetto di rifor-ma che riguardava: l’unificazionelegislativa nelle diverse provincedel Regno, alcune modificazioniall’organico giudiziario, al codicedi procedura civile e ai codici pe-

nale e di procedura penale. Suilavori delle commissioni e perun’analisi dei progetti di riformacfr. Marco Nicola Miletti, Unprocesso per la terza Italia. Il co-dice di procedura penale del 1913,Milano 2003.

Sembra allora importante analizzare le domande che i magi-strati rivolgevano ai periti e, di conseguenza, le tecniche e gliobbiettivi che furono posti alla base delle indagini tecniche. Glipsichiatri positivisti tentarono infatti di esibire l’efficacia delleproprie teorie e classificazioni cercando di mostrare, nelle perizie,come il delinquente assomigliasse al proprio crimine prima diaverlo commesso. Per ottenere tale risultato tutta la ricerca diLombroso e dei suoi consistette nel porsi di fronte al delinquente inattitudine clinica, esaminandone dapprima il corpo alla ricerca distigmate atavistiche; se il corpo non avesse parlato attraverso segnievidenti, sarebbe stata sufficiente l’individuazione di tracce purminime e usuali, come la fisionomia o la postura. Si passava, infine,»a interrogare l’uomo, la sua ascendenza, le eventuali malattie,giungendo alla dinamica del suo delitto«.15 Una volta conclusa laraccolta del maggior numero di dati bio-antropologici, i periti lirapportavano al delitto compiuto e preparavano una diagnosi,finalizzata alla collocazione dell’imputato in un tipo criminale.

3. I primi articoli sulla Rivista penale

Nella Rivista penale il primo accenno ai difetti dell’istitutodella perizia fu introdotto da Luigi Lucchini, il quale, nel 1875,dopo aver riportato uno scambio epistolare tra Carlo Livi, notofreniatra di Reggio Emilia, e Francesco Carrara, l’illustre penalistatoscano, sulla possibile riforma delle perizie nel processo, chiosavanella sua rivista: »si vede, però a prima giunta, come l’argomentonon sia meno importante che poco studiato, ed è perciò cherinnoviamo il desiderio affinché si approfondiscano le indaginianche su questa parte della penale procedura. Intanto notiamo chele cose come corrono oggidì soddisfano quasi nessuno, che le la-gnanze sono continue e gravi, e gli inconvenienti ormai abituali.Et nunc erudimini !«.16

Il direttore auspicava approfondimenti sul tema, ma quali era-no i nodi da sciogliere, a cosa si riferivano queste lagnanze continuee gravi? Dall’analisi del breve epistolario tra il vecchio e autorevoleCarrara e il famoso medico emiliano, da poco fondatore di quellaRivista sperimentale di freniatria e medicina legale, che Lucchinidimostrava di leggere sempre con attenzione, emergono le primeproposte di riforma dell’istituto della perizia. In via preliminareLivi lamentava la scarsa considerazione che ricevevano le perizie

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15 Cfr. Villa, Il deviante (nt. 7) 32. 16 Nel recensire il carteggio Lucchiniriproduceva le lettere pubblicatedalla ›Rivista sperimentale difreniatria e medicina legale‹: cfr.Luigi Lucchini, recensione a:I periti alienisti nel foro – Duelettere fra il Prof. Carlo Livi e ilProf. Francesco Carrara – DallaRivista sperimentale di freniatria emedicina legale – Maggio e Lu-glio-Settembre 1875, in: Rivistapenale, III, 1876, 107–108. Per la

verità, già alcuni anni prima si erasvolto un confronto tra periti me-dici sui temi processuali nell’ ›Ar-chivio medico italiano per le ma-lattie nervose e più particolar-mente per le alienazioni mentali‹.La notizia è segnalata da ValeriaPaola Babini: cfr. Babini, La res-ponsabilità nelle malattie mentali,in Babini, Cotti, Minuz, Taglia-vini (a cura di), Tra sapere e po-tere (nt. 7), 135–198 (137).

mediche nella valutazione dei giurati e l’impossibilità da parte deiperiti di ribattere alle osservazioni della parte avversa se noninterpellati.17 In tal modo il tema delle perizie medico-legali silegava ad altri temi fondamentali del processo penale: in parti-colare a quello della giuria popolare, la cui ignoranza in questionigiuridiche e mediche rappresentò uno degli argomenti ›forti‹ deidetrattori del sistema dei giurati.18

Una seconda questione riguardava invece un aspetto tecnico,specificamente procedurale, attinente alla difficoltà per mediciperiti di approfondire le loro argomentazioni scientifiche riguardoagli esami compiuti. Carlo Livi era preoccupato del fatto che, oltreai giudici popolari, nemmeno quelli togati fossero abbastanzaeruditi in scienze naturali e dunque i medici legali andassero tutelatialmeno attraverso la possibilità replicare all’avvocato di parteavversa che avrebbe cercato di smontare la perizia con linguaggioe argomenti certamente più vicini alla cultura dei magistrati.

Si cercava, in sostanza, di limitare le nefaste conseguenze dellascarsissima preparazione medico-legale della grande maggioranzadel corpo giudiziario attraverso accorgimenti procedurali che des-sero più visibilità e capacità incisiva al sapere medico all’interno delprocesso. Non per caso il dibattito sul riassetto della perizia medicanella procedura fu accompagnato per tutta la sua durata dall’insi-stente richiesta da parte del ceto medico di allargare l’insegnamen-to della medicina legale nelle facoltà di giurisprudenza.

La critica di Livi risulta particolarmente attendibile in quantosi trattava della pacata riflessione di un freniatra non appartenentealla scuola positiva, amico e stretto collaboratore della Rivistapenale, che non poteva in alcun modo suscitare il timore di unsovvertimento di competenze tra medici e giudici nel processo.Forse fu proprio per questa ragione che Carrara prese in seriaconsiderazione le sue lamentele e indicò una soluzione che andassenella direzione delle richieste del Livi: una giuria suppletoria,composta da uomini di scienza, cui si concedesse esclusivamentela possibilità di pronunziare un verdetto incensurabile sui quesitidella irresponsabilità o della responsabilità meno piena.

Lucchini non poteva ancora prevedere il successo che avrebbeavuto la proposta di Carrara, e che nove anni dopo lo stessoLombroso si sarebbe dichiarato favorevole a un tribunale supre-mo peritale sul modello di quelli adottati in Germania, Austriae Russia.19 Tuttavia il suo giudizio sulla riforma così drastica

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17 »Un fabbro, un legnaiuolo, unmuratore, un rivendugliolo èsempre più ascoltato e credutonelle sue perizie di quello che pos-sa essere un medico: e là è più chealtro affermazione di sensi o d’unfacile empirismo. Ma nelle periziemediche, dove nulla è asserito senon è studiato coscienziosamente eprofondamente meditato; qui dovela realtà, l’umanità, la scienza delperito mi sembra debbano dare

più forti garanzie di verità: quidove il magistero razionale è d’unordine più elevato, e la concate-nazione di fatti logicamente piùstretta, qui dovrà rispondersisempre con la diffidenza, la non-curanza e il dispregio?«. Così Livia Carrara, in Lucchini, I peritialienisti nel foro (nt. 16) 107. Maa queste affermazioni, Lucchini,che non di rado aveva manifestatola stessa diffidenza verso i medici,

non poté fare a meno di aggiun-gere che non tutti i colleghi di Livifossero »così profondi e coscien-ziosi come lui«.

18 Sulla giuria si veda: Antonio Pa-doa Schioppa, La giuria penalein Francia: dai ›philosophes‹ allacostituente, Milano 1994; Id., Pi-sanelli e la giuria penale, in Cri-stina Vano (a cura di), GiuseppePisanelli: scienza del processo,cultura delle leggi e avvocatura traperiferia e nazione, Napoli 2005.

19 »Se non esistesse che un solo pe-rito od un gruppo di periti chia-mato dalle due parti, se esistessealmeno, come in Germania, Au-stria e Russia un tribunale supre-mo peritale che rivede le conclu-sioni più contraddittorie, tutto ciònon avverrebbe e non si vedrebbeil pubblico estraneo alla specialità,e per lui i giurati, tanto meno illu-minato quanto più sono i periti, ecostretto a condannare od assol-vere senza capirne nulla, come fa-ceva il Redi quando cavava la suericette di tasca, borbottando trasé: ›Che Dio ve la mandi buona‹«.Cfr. Cesare Lombroso, Misdea ela nuova scuola penale, Torino,1884, 97.

dell’ufficio di perito appariva quantomeno cauto nonostante l’ade-sione di uno dei grandi maestri della scuola italiana. Il direttoredella rivista doveva allora ricorrere all’uso della retorica per equili-brare il più possibile il proprio parere negativo riguardo alla giuriasuppletoria e in questo caso riuscì meglio del proprio maestro,esperto ma ormai più che settantenne, a cogliere le insidie che laquestione dei periti nel processo nascondeva ai fini di contrastarel’invadenza dei medici. Le sue trame celavano infatti molte que-stioni centrali per quella nuova scuola che stava intervenendocon decisione sempre maggiore all’interno del discorso sulla cri-minalità con la pretesa di trasformare la lettura dell’oggetto stesso eorientare ipotesi e soluzioni; cedere di fronte alla proposta dellagiuria peritale poteva significare affidare alla psichiatria il giudi-zio esclusivo su questioni tanto delicate come la responsabilità, edunque l’imputabilità, dei delinquenti.20

Non passarono nemmeno due mesi che Lucchini pubblicò,forse proprio con il proposito di sottolinearne i pericoli, un articolodel medico legale Fernando Franzolini favorevole all’ipotesi dellagiuria suppletoria nelle Corti d’assise. L’autore, altro collaboratoreabituale della Rivista penale, proponeva la formazione di taleorgano giudiziario pur consapevole di quanto fosse ampia »ladivergenza di pensiero fra le due classi [medica e giuridica] sullequestioni mentali«. Franzolini, ovviamente, riportava l’autorevoleopinione di Carrara a sostegno della sua tesi, ma rivelava anche ilfavore del medico siciliano Ziino »personalità veramente auto-revole in medicina forense«, anch’esso, come Livi, lontanissimo da›sospetti‹ di positivismo.21

A sostegno delle sue tesi, il medico legale riferiva di casieclatanti nei quali alcune perizie ben eseguite non ebbero alcuneffetto sul convincimento dei giurati, o addirittura circostanze dovei risultati delle scienza vennero completamente ribaltati, il che siverificava comunemente non soltanto nelle perizie mediche maanche in quelle chimiche. La scienza era vilipesa. E la colpa nondoveva ricadere sui giurati, né tantomeno sui periti, ma sullaprocedura da riformare. Ad aggravare la condizione d’ignoranzadei giudici, togati e non, era infatti anche quel sistema cheprevedeva perizie di accusa e difesa, che confondeva ancor più leidee e obbligava gli specialisti a offrire »lo scandalo di lottescientifiche, di miserevoli incertezze nel risolvere quesiti tecnici;di aperte contraddizioni della scienza con sé stessa«.22

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20 »Noi speriamo per altro che ilCarrara vorrà trattare più estesa-mente tale questione, di cui non ciá che additato lo scioglimento.Infatti, noi saremmo tentati achiedergli: chi nominerà questiperiti? saranno due, o fin dalprincipio tre, pei casi di dissenso?e chi nominerà questo terzo?Questioni codeste, ed altre ancora,tanto più importanti, inquanto-chè, secondo la fatta proposta,parrebbe che il giudizio dei peritidovesse quantomeno che sosti-tuirsi, quanto all’elemento morale,al verdetto dei giurati«. Cfr. LuigiLucchini, Nota della direzione,in: Rivista penale, II, 1876, 107–108. L’opinione di Lucchini sarà,però, destinata a cambiare soltan-to cinque anni dopo. Nel 1881 larivista pubblicava infatti il rifiutodell’ufficio peritale nel processoFaella dell’illustre direttore delmanicomio di Reggio Emilia, prof.Tamburini. Il medico lamentavaancora lo scandalo di procedure diaccusa e difesa e si dichiarava di-sposto ad impegnare la sua scienzasoltanto al servizio della giustizia enon delle parti in causa, auguran-dosi un incremento delle perizieistruttorie rispetto a quelle dibat-timentali. Lucchini rispondeva:»Si dimostra urgente una riforma.La quale noi dimostreremo sidebba intendere nel senso di con-servarsi alle parti la facoltà dieleggere liberamente ciascuna iproprî periti […], ma di costituirepoi degli esperti così nominati unsolo ed autonomo collegio perita-le, mantenendogli, ben s’intende, ilcarattere consultivo che gli devesoltanto esser proprio«. Cfr. LuigiLucchini, I periti nei giudizî pe-nali, in: Rivista penale, Varietà eNotizie, VIII, 1881, 452–4 (454).

21 Bastinole parole riservate ai fre-nologi da Ziino, professore dimedicina legale ed igiene a Messi-na, in: Compendio di Medicinalegale e di Giurisprudenza medicasecondo le leggi dello stato ed i piùrecenti progressi della scienza, aduso dè medici e dè giuristi, III ed.,Milano 1890: »Se non siamo ca-paci di agire con padronanza, èun’assurdità il punire: ogni siste-ma penale, quale che siasi il prin-cipio adottato per spiegare il dirit-to di punire, è essenzialmente ir-

ragionevole, agendo coi suoi mezzirestrittivi e coercitivi contro esserinaturalmente privati di spontaneadeterminazione fisiologicamente emoralmente libera. Le Case di pe-na dovrebbero tramutarsi in isti-tuti d’ortopedia intellettuale, iTribunali in consigli di sanità, idirettori di carceri in esperti edu-catori, i codici penali in trattati dimedicina sociale. Sono queste lepiù erronee conseguenze cui arriva

la dottrina frenologia, la quale èoramai in modo definitivo con-traddetta e abbattuta.« (112). Cfr.inoltre Lombroso, in: ›La fisiopa-tologia del delitto‹ stampato nel1891 a Napoli nell’Archivio dipsichiatria, vol. II, 1881, 139–140. Lucchini invece lo annoveròapertamente tra i ›suoi‹ nell’›Flo-rilegio positivista‹ del volumeXXXV della ›Rivista penale‹, apag. 615.

Se questi erano i problemi comuni a ogni perizia, quandol’esame avesse riguardato lo stato mentale di un imputato le cosesarebbero andate ancora peggio poiché »mentre si crede allacompetenza del medico nel riconoscere una malattia di petto, odi stomaco, ecc. non vi si crede più quando si tratti di malattia delcervello; e si giudica invece alla portata di ognuno la più difficile,la più delicata diagnosi medica, quella cioè di stato mentale«. Dabuon positivista, l’autore attribuiva questa circostanza al fatto chesi è »fortificato il concetto che la follìa sia una malattia dello spirito– quindi verificabile con il semplice senso comune – senza renderesensibile allo stesso tempo che essa è eziandio una malattia delcorpo«.23

Lucchini non rispose a Franzolini sullo scivoloso e complessoproblema degli alienati nel processo penale, ma lo fece indiretta-mente difendendo i giudizi popolari, con una Nota della direzionesulla quale il lettore era portato a soffermarsi, avvertito dal grandeasterisco che interrompeva sul più bello il ragionamento del me-dico.24 La posizione della Rivista penale fu, dunque, quella di farricadere la responsabilità delle incomprensioni tra periti, giudici egiurati soprattutto sui primi, colpevoli di sacrificare l’imparzialitàrichiesta a uomini di scienza pur di sostenere le ragioni delle partida cui erano stati chiamati in dibattimento.

Certo la scarsa competenza dei giuristi, che non consentivaloro di valutare correttamente quando le perizie fossero orientatedalla semplice ricerca della verità oppure dal mero sostegno delleposizioni di accusa e difesa, aggravava la situazione. Ciò che dove-va modificarsi, però, era l’atteggiamento dei periti, i quali doveva-no essere più seri e scientificamente equilibrati; non si poteva innessun modo concedere loro l’opportunità di influenzare ancorapiù pesantemente il libero apprezzamento dei magistrati attraversoriforme che dessero, anche non esplicitamente, un valore ufficialealle perizie. Meglio, perciò, un controllo a monte nella scelta deimedici attraverso procedure che consentissero di filtrare solo i piùseri, invece dell’attribuzione di maggiori responsabilità e quindianche di potere, come sarebbe avvenuto con l’istituzione dellagiuria peritale.

Dalle prime voci di un dibattito che fu destinato a continuare alungo, si possono già tentare alcune considerazioni: era chiaro atutti, medici e giuristi, classici e positivisti, che l’istituto della periziafunzionasse male.

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22 Continuava Franzolini: »Noi sia-mo la causa, ma, ripeto, non siamonoi che ne abbiamo la colpa. Lacolpa sta tutta nella posizione incui ci si colloca; sta nello istitutogiuridico attuale dei dibattimenti.Si tolga l’immorale ed assurdofatto di periti a difesa, e periti adaccusa; si tolga soprattutto, lapubblica discussione fra periti, e sivedrà la scienza mostrarsi sempreuna, sempre sincera, sempre inte-

gerrima, e meritarsi tutto il rispet-to e la fede di cui á supremodiritto. I periti presenzino il di-battimento, interroghino o richie-dano per schiarimenti, ma nonvengano punto interrogati pubbli-camente. Si propongano quindiloro i quesiti, dei quali – dopointima e segreta discussione fraloro – essi debbano porgere, periscritto, la soluzione. Funzioninoinsomma come Giuria«. Cfr.

Fernando Franzolini, La giuriasuppletoria pei giudizî sullo statomentale innanzi alle Corti d’assise,in: Rivista penale, II, 1876, 251.

23 Franzolini, La giuria suppletoria(nt. 22) 245–246.

24 »La Rivista penale non á mestieridi riaffermare la propria neutralitàdi fronte agli assunti ed alle dis-cussioni dei proprî collaboratori;ma non lascerà sfuggire mai occa-sione di riaffermare la propria fedenei giudizî popolari, opportuna-mente oggidì rappresentati dallagiurìa. Né possiamo far a meno didenunciare come sospetti certi at-tacchi che si vedono fatti alla isti-tuzione, non in Inghilterra (chè ilMaudsley non ci sembra propriofare autorità in argomento), ma inItalia, da taluni specialisti, esimînella scienza da loro coltivata, maincompetenti ad apprezzare il va-lore dei giudizî, in cui per giuntafigurarono come parti in causa, edebbero quella equivoca veste peri-tale, che giustamente il nostro A.censura«. Cfr. Luigi Lucchini,Nota della direzione, in: Rivistapenale, II, 1876, 253.

Le scarne norme del codice, l’impreparazione dei giudici (togatio popolari) in medicina e psichiatria e la baldanza del ceto psi-chiatrico, forte di numerosissime nuove scoperte nel campo del-l’alienazione mentale, comportavano, soprattutto in dibattimento,lo spettacolo di lotte scientifiche tra i periti di accusa e difesa chesostenevano con linguaggio sconosciuto alla magistratura opposteposizioni difficilmente valutabili dai giudici. Il risultato era quellodi sentenze scandalose, che non tenevano conto anche delle piùindiscutibili valutazioni peritali, soprattutto sull’infermità mentale.

Il ceto medico, quasi compatto, propose allora di gestire incompleta autonomia la valutazione e il giudizio di questioni tec-niche nel processo attraverso la formazione di organismi collegialiche avrebbero offerto dei risultati incontestabili per la magistra-tura.

Tale proposta incontrò l’opposizione nettissima della maggiorparte dei penalisti italiani, preoccupati soprattutto di conservare ilsindacato giuridico delle valutazioni medico-psichiatriche, che inquel periodo rischiavano di sovvertire l’impianto stesso del dirittopenale fondato sul criterio della libera volontà dell’atto criminosocome premessa dell’imputabilità. Nel 1875, infatti, Lombroso nonaveva ancora pubblicato la prima edizione dell’Uomo delinquente,ma le sue teorie già cominciavano a circolare attraverso i primiimportanti lavori, tra cui la pubblicazione dei risultati della celebreautopsia sul brigante Villella, che pose le basi della critica allalibera determinazione dei comportamenti da parte dei criminali.25

4. Le proposte di riforma in Parlamento

L’idea di una giuria tecnica riscuoteva sempre maggior succes-so tra i medici e cominciò a farsi strada anche in Parlamento. Nellaseduta della Camera dei deputati del 14 aprile 1877, l’onorevoleRighi chiese al ministro dell’Interno Giovanni Nicotera e a quellodella Giustizia, Pasquale Stanislao Mancini, una riflessione »sullagrave lacuna che si riferisce alla maniera con la quale venga adaffermarsi e riconoscersi quale sia la condizione intellettuale del-l’accusato nel momento in cui si tratta di decidere se egli possaessere moralmente e quindi legalmente responsabile dei propriatti«. La proposta del deputato andava nella direzione della giuriaperitale. Mancini rispose da par suo, citando il giudizio negativosul giurì speciale dei più noti criminalisti come Hélie e Mittermaier,

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25 Cfr. Cesare Lombroso, Esistenzadi una fossa occipitale mediana nelcranio di un delinquente, Rendi-conti del Reale Istituto Lombardo,Torino 1872. Il medico veroneseera già noto ai giuristi ed in parti-colare a Lucchini prima della pub-blicazone dell’ ›Uomo delinquente‹in quanto aveva già pubblicato, findal 1874, ben tre articoli propriosulla ›Rivista penale‹: cfr. CesareLombroso, Pazzi e delinquenti,

in: Rivista penale, I, 1874, 38–45;Id., Studio su alcuni delinquentivisitati nelle carceri di Pavia il gior-no 19 maggio 1874, in: Rivistapenale, I, 1874, 328–332; Id.,Sulle associazioni al mal fare, in:Rivista penale, I, 1875, 166–174 e420–428.

i quali avevano condannato le esperienze condotte in tal senso inInghilterra e Francia. Ammettendo un giurì di medici, inoltre, nonsarebbe stato necessario far lo stesso per i calligrafi o addiritturaper i commercianti nelle cause sulla bancarotta fraudolenta?

Anche se la questione andava approfondita, e necessariamenterinviata a una più ampia discussione sul codice di procedura penaleda rivedere, Mancini si riferì, infine, come esempio da seguire, alprocesso civile, dove i periti davano un semplice parere che nonvincolava i giudici ed erano scelti di comune accordo dalle parti, oaltrimenti dal giudice.26

A distanza di un anno fu l’onorevole Umana, il 7 maggio 1878,a chiedere al nuovo guardasigilli Raffaele Conforti di riformarele norme in questione. Si ritornava in questo caso sulla vecchiaproposta di Lucchini: la creazione di elenchi di periti riconosciutiidonei, all’interno dei quali si sarebbe obbligatoriamente orientatala scelta del magistrato. Il nuovo ministro della Giustizia nondimostrò di avere la medesima competenza giuridica del prede-cessore e la sua risposta suonò quasi come una provocazione:non gli sembrava di rilevare alcun inconveniente, poiché basta-va la laurea in medicina per essere in grado di svolgere la pro-fessione medica, tra gli uffici della quale rientrava la capacità difar perizie. Perché l’onorevole non si era rivolto al ministro del-l’Istruzione, che è responsabile del fatto di non far laureare »gentedi merito?«.27

Sempre nel 1878, ma nella seduta della Camera dei deputatidel 2 dicembre, Luigi De Crecchio, professore di medicina legale aNapoli, presentò invece una proposta di legge sulle Prove gene-riche nei giudizî penali, che mirava al duplice scopo di migliorarela qualità dei periti e di implementare la pratica dei giovani lau-reandi in medicina, insistendo sulla necessità di offrire loro occa-sioni di esercitazioni pratiche.28 In sostanza il progetto tendeva afar conferire, nella fase istruttoria, l’incarico di perizie necrosco-piche e altre indagini tecniche al professore di medicina legale,eventualmente assistito da uno o più altri periti indicati libera-mente dal giudice. Naturalmente questa procedura sarebbe statalimitata alle città del Regno dove fosse esistito un insegnamentodi medicina legale e i locali, mezzi e personale opportuni persvolgere gli esami all’interno dell’università. Gli studenti avreb-bero tratto enorme profitto dall’assistere all’indagine compiutadal professore.

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26 Mancini continuava la sua pro-posta accennando al modello te-desco: »In Germania, per esempio,questo servizio è stato organizzatoassai lodevolmente; vi sono Colle-gi di medici legali, a cui general-mente e non in una determinatacausa soltanto, si deferisce l’esamedegli opportuni quesiti. – Perchénon si potrebbe adottare analogariforma presso di noi? – Ma questeriforme non possono appartenere

che ad una revisione del Codice diprocedura penale«. Cfr. L’inter-pellanza Righi sulle perizie medi-che e sui manicomi criminali e lespiegazioni del GuardasigilliMancini, in: Rivista penale, At-tualità, III, 1877, 521–527 (526).

27 Cfr. Interrogazione dell’on. Uma-na sui periti medici nei giudizipenali, in: Rivista penale, V, 1878,259–260.

28 Il testo del progetto di legge con-stava di un solo articolo: »In tuttele città del Regno dove esiste uninsegnamento universitario di me-dicina legale, ed alla cui cattedrasiano annessi locali, mezzi e per-sonale opportuni, le necroscopiegiudiziarie, la esposizione dei ca-daveri di ignoti ed altre indaginitecniche debbono farsi in quei lo-cali universitarî, previo invito alprofessore di medicina legale, chepotrà intervenirvi, libera rima-nendo al magistrato istruttore lascelta di uno o più altri peritimedici che crederà di aggiungere«.Cfr. Progetto di legge dell’ono-revole De Crecchio, in: Rivistapenale, Rassegna Parlamentareitaliana, V, 1878, 576–580.

Come si nota, il progetto era parziale, si riferiva cioè soltantoalla fase istruttoria, non prevedendo nulla per i periti di accusa edifesa in dibattimento, e nemmeno si occupava del valore proba-torio dell’esame dinanzi al giudice. De Crecchio, inoltre, omettevail caso di giudizi nei fori nel cui distretto non fosse presente lafacoltà di medicina. Se questa volta il guardasigilli si mostrò piùinteressato alla proposta, invitando la Camera a prenderlo in con-siderazione, fu il commento di Lucchini a sottolinearne le debolez-ze. Gli inconvenienti consistevano nella creazione di un dualismoistruttorio tra quei centri dove fosse impartito l’insegnamento dimedicina legale e tutti gli altri dove le perizie si sarebbero continuatea svolgere col vecchio sistema, e inoltre nell’eccessiva pubblicitàconferita alla raccolta delle prove processuali, che veniva trasfor-mata in esperienza didattica per gli studenti. »Noi davvero non ciraccapezziamo con questo disegno di legge«, concludeva il diret-tore, esprimendo il suo favore per una riforma che prevedesse laformazione degli albi di periti che avessero superato speciali tirociniin materia medico legale, secondo il modello tedesco.

Il progetto proseguì nell’iter parlamentare: fu ripresentatonella tornata del 19 febbraio 1880 e contestualmente deferito allostudio di una commissione che consegnò la propria relazione doponeanche una settimana.29 De Crecchio presentò alla discussione unnuovo testo legislativo i cui emendamenti principali riguardavanola semplice facoltà e non più l’obbligo per il giudice di conferireincarico peritale al professore universitario dell’ateneo cittadino,l’impossibilità per quest’ultimo sia di ricusare la nomina dell’auto-rità giudiziaria, sia di accettare successivamente quella delle partiprivate in dibattimento.

Neppure il nuovo testo convinse Lucchini, il quale ritornò sullequestioni della disparità procedurale tra fori che presentavano ilvantaggio di avere atenei e locali adatti per il nuovo sistema e quelliche ne fossero sprovvisti.30 In generale protestò »contro questoincomposto e barbaro sistema di confezionar leggi precarie« cheriformavano solo parzialmente la procedura peritale. Egli eraormai orientato verso la più coerente costituzione di un istitutospeciale che perfezionasse medici già laureati,31 poi inseriti in unalbo professionale, dal quale l’autorità giudiziaria sarebbe stataobbligata a selezionare i periti.

L’esito del progetto, come si apprende da un articolo del 1883dell’avvocato torinese Federico Benevolo,32 fu negativo. La Came-

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29 Il relatore in Parlamento fu lostesso De Crecchio ed il risultatodello studio effettuato dalla com-missione fu il seguente schemaemendato: »Art. 1. In tutte le cittàdel Regno, dove esiste un insegna-mento universitario di medicinalegale, ed alla cui cattedra sianoannessi i locali, mezzi e personaleopportuni, le necroscopie giudi-ziarie, le esposizione dei cadaverid’ignoti ed altre indagini tecniche,debbono farsi in quei locali uni-versitari; Art. 2. Il personale ad-detto ai suaccennati locali sarà agliordini dalla giustizi procedente edecidente, per quanto richiedessein fatto di necroscopie giudiziarieed altre indagini o perizie relative,ovvero disponesse per la semplicecustodia di cadaveri e dei materialida sottoporre a perizia; Art. 3.Tutte le volte che l’autorità giudi-ziaria sceglierà a perito il profes-sore o il suo aiutante, costoro nonpotranno ricusare l’opera loro, esaranno retribuiti giusta la tariffa.Semprechè le necroscopie o qual-sivoglia altre indagini e perizie sisono eseguite nei locali universitarîsopra designati, il professore ed ilsuo aiutante non potranno essereadoperati come periti dalle partiprivate«. Cfr. Luigi Lucchini, Leprove generiche nei giudizî penali,in: Rivista penale, Rassegna par-lamentare italiana, VI, 1880, 91–96 (91).

30 All’obbiezione della commissioneche questa disparità di condottafosse già esistente, poiché neigrandi centri si chiedeva quasisempre al docente universitario dipartecipare alla perizia, Lucchinirispondeva: »Questo dualismoesiste, è vero, anche oggidì in fatto,ma domani avrebbe la consecra-zione della legge, ed anzi il privi-legiato trattamento di alcuneUniversità lo renderebbe più dif-fuso e appariscente nelle varie re-gioni e province«. Cfr. Lucchini,Le prove generiche (nt. 29) 94.

31 Sulla questione della formazioneuniversitaria Lucchini aveva ideeben chiare: »non ci persuade ilsistema che regola gli studî uni-versitarî delle discipline mediche,

ove si vengono accumulando gliesercizi pratici in tutto lo scibileche a quelli si riferisce, con l’arditapretensione che dall’ateneo lostudente debba uscir fuori giàmaturo ed abile alla professione.Se un simile criterio di metododirigesse gli studì legali noi pro-testeremmo con tutte le nostreforze; benché, a vero dire, giàtroppo agevolato si l’ingresso nelfòro ai giovani laureati«. Cfr.

Lucchini, Le prove generiche(nt. 29) 93.

32 Cfr. Federico Benevolo, Dei li-miti legali della prova nei giudizipenali secondo la dottrina e lagiurisprudenza, in: Rivista penale,IX, 1883, 189–230.

33 Arrigo Tamassia, Le perizie me-dico legali, in: Rivista penale, V,1979, 402–412 e 481–490.

34 Arrigo Tamassia, professore dimedicina legale prima a Pavia e

ra non arrivò alla discussione per la formale apertura, il 19 aprile,della crisi del governo Cairoli, messo in minoranza nella discus-sione sul bilancio; Umberto I sciolse le Camere e fissò le nuoveelezioni politiche per il 16 maggio.

5. I periti di parte in istruttoria

Contemporaneamente ai primi interventi in Parlamento la dis-cussione sulla riforma delle perizie medico-legali continuava anchesui periodici e la Rivista penale, tra luglio e agosto del 1879,pubblicò il primo vero articolo interamente dedicato alla questionefirmato da Arrigo Tamassia, spinto all’analisi anche dalle opinionidella stampa che »ormai condanna quasi unanimemente il sistemaoggi vigente delle perizie medico-legali, e che vi desidera pronto edefficace rimedio«.33

Le proposte del professore padovano, che fu prima allineatosulle posizioni dei classici per poi aderire alla scuola di Lombroso,risultano di particolare interesse perché introdussero una nuovaidea di riforma dell’istituto, oltre a quelle, ormai alternative, dicreare albi ufficiali (controllo a monte dei periti) oppure una giuriaperitale (delega ai periti del giudizio insindacabile).34

Nell’articolo del 1879 egli cominciava con l’esaminare leproposte avanzate sino a quel momento, ritenendole insufficientie parziali. Sul giurì peritale, che stava raccogliendo consensi sempremaggiori, mostrava dubbi riguardo alla sua attuabilità pratica,intorno alla quale non erano state formulate ipotesi, acconten-tandosi »solo di far luccicare un’idea brillante, senza aggiungerviun po’ di prosa che meglio la individualizzasse«.35 La situazioneperò non poteva nemmeno esser lasciata impregiudicata, poichél’ignoranza dei giurati permetteva qualsiasi valutazione, fino allapiù scellerata, di una perizia tecnica. Nemmeno il piccolo accor-gimento di costringere ogni giurato a dare un parere motivatoavrebbe risolto il problema, poiché la nullità di un verdetto sisarebbe potuta provocare solo in casi di errori fondamentali circale persone, le date e le cose: il voto del giurato restava sempregarantito dall’esser frutto del suo intimo convincimento.

Tamassia entrava poi nel merito di una delle questioni di fondoche erano spesso sollevate nel dibattito sulle perizie: il rapporto trasapere medico e giuridico all’interno del processo. Lo faceva for-mulando giudizi convinti, e certamente salutati con soddisfazione

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poi all’Università di Padova dal1883 al 1913, nominato senatoredel Regno nel 1909, fu una figuraimportante nella psichiatria italia-na, contribuendo con numerosiarticoli e monografie alla questio-ne delle perizie medico-legali. Lasua collaborazione con la ›RivistaPenale‹ si interruppe bruscamentedopo il 1880, la ragione può esseresicuramente ricercata nel progres-sivo avvicinamento del medico al-

la ›nuova scuola‹. Dapprima,infatti, si notano divergenzed’opinione con Lombroso, testi-moniate dalla critica all’›Uomodelinquente‹ e dalla dichiarazioneche forse »non tutti accetterannole sue idee« (Cfr. Arrigo Tamas-sia, Rivista critica intorno agliultimi studi di psicopatologia fo-rense, in: Rivista penale, III, 1877,429–453, 445) e che il »campo piùfecondo« dell’autore fosse quello

medico e non quello dello statistao del magistrato; ma soprattuttoper l’opinione che la pazzia morale(studiata da Tamassia assidua-mente) non potesse in nessun mo-do equipararsi allo stato psichicodel criminale. Col tempo, però,l’allievo di Livi si schiererà aper-tamente a favore dei positivi; leprime avvisaglie si ebbero connumerosi riferimenti di Lombrosoe dei collaboratori dell’ ›Archivio‹alle sue opere ed anche attraversopiù espliciti riconoscimenti di sti-ma alla sua preparazione e carrie-ra, cfr. Raffaele Garofalo, Leriforme dell’onorevole Villa (connote di Lombroso), in: Archivio dipsichiatria, I, 1880, dove Garofalosi crucciava del fatto che sia DeCrecchio che Tamassia non eranostati chiamati a partecipare dalguardasigilli Villa alla commissio-ne tecnica sui venefici. Il rapportotra il medico e la scuola positiva sidiventò sempre più stretto, tantoche lo ritroviamo tra 49 firmataridella lettera che gli italiani feceroarrivare agli organizzatori del IIICongresso internazionale di An-tropologia criminale per giustifi-care pretestuosamente la loroassenza.

35 »chi saranno questi giudici o pe-riti? saranno tolti dalla classe me-dica ordinaria, oppure dalla classedei cultori della medicina legale?[…] si dovrà avere un giurì com-posto secondo i casi di soli alie-nisti, di soli chimici, di soli me-dico-legali nel senso stretto dellaparola? Ed a qual numero dovran-no giungere? E se le decisioni siprendono a maggioranza, la mi-noranza che è pur fatta di ingegnidistinti dovrà […] soccomberesenza diritto di protesta o di ap-pellazione? […] E non possono nelgrembo di questo sinedrio di dottiaccendersi quelle gare passionate(non vogliamo scrivere interessa-te), il cui spettacolo amenissimooggi ci viene offerto dai così dettiperiti dell’accusa o da quelli delladifesa?«, così Tamassia argomen-tava la debolezza della propostadel giurì tecnico che senza puntualispecificazioni procedurali, lascia-va in piedi tutte le questioni chepretendeva di risolvere. Cfr. Ta-massia, Le perizie (nt. 33) 411.

da Lucchini che li pubblicava, riguardo al danno prodotto dalrendere obbligatorio per i giudici il parere dei medici.

Presentò tre obiezioni di carattere generale all’istituzione dellagiuria peritale: l’immaturità della scienza medica e la sua conse-guente possibilità di errore; l’impossibilità per il giudizio medicodi risolvere ogni questione nel processo; infine la netta separazionetra valutazione medica e giuridica che non poteva essere messain discussione. Anche Tamassia, dunque, appariva in questa faseappartenente al novero di quei medici legali prudenti e accorti anon lasciarsi affascinare dal nuovo ruolo che prometteva loroLombroso con le sue ricerche. Al contrario dei positivisti della›scuola‹, infatti, era convinto che gli enormi progressi scientificiottenuti con il metodo sperimentale avrebbe dovuto portare aulteriori dubbi e ricerche anziché servire per formulare assiomigenerali, propri della scienza retorica e metafisica che ci si erafinalmente lasciati alle spalle.36 Si era di fronte a una scienza me-dica lontana, per il suo stesso oggetto, dalle certezze della mate-matica, ancora fallace e dunque impossibilitata a fornire giudiziascoltati »come l’unica emanazione della verità«.

Dubbio, critica, ricerca: Tamassia offre il modello del veroscienziato che utilizza le nuove scoperte per mettere in discussionele certezze e semmai porre nuovi problemi, il profilo dello studiosolontano da lotte per l’egemonia, impegnato solo in quella, supre-ma, della verità scientifica, così distante dai turbolenti ›positivisti‹che, invece di occuparsi soltanto della verifica delle loro teorie, leutilizzavano, ancora incerte e instabili, per discutere l’intero assettosociale, proclamandosi gli unici in grado di conoscere l’uomo. Alprofessore padovano che rimase ancora per poco distante dallanuova scuola, partecipando come stimato redattore a Rivista pe-nale, ma soprattutto a quella Rivista sperimentale di Freniatria eMedicina legale che non ospitò mai uno scritto di Lombroso, taleatteggiamento non poteva piacere.

Il processo era e doveva rimanere il luogo dell’esercizio deldiritto, dove l’apprezzamento medico o tecnico rivestiva un ruolomeramente ausiliario rispetto a quello giuridico. Il medico potevaguardare il comportamento umano soltanto dalla sua particolareprospettiva, ma questa non bastava da sola a offrire prova e cer-tezza, e dunque »per quanta deferenza si possa avere alla compe-tenza tecnica del perito, non si può dare al suo voto il caratterecomplesso d’una sentenza«. Qualsiasi riforma o novità della scien-

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36 »onde se prima le indagini medico-legali offrivano in gran parte lospettacolo di lotte oratorie, di af-fastellamento di citazioni e divuote opinioni, negli ultimi tempiinvece questo sistema decaddecompletamente ed il genio avvo-catesco dei famosi medici legali atèsi già abbracciata, dovette cederead un raziocinio pacato, freddissi-mamente obbiettivo, poggiavasull’esperimento e sull’esatta in-

terpretazione dei fenomeni osser-vati […]. Ne consegue che il carat-tere scientifico moderno non puòconsentire che la medicina si pro-clami in modo assoluto tale scien-za positiva, da offrire i suoi risul-tati come tanti assiomi; mentreinvece consiglia costantemente ilcontrollo dell’esperimento e del-l’osservazione«. Cfr. Tamassia,Le perizie (nt. 33) 403–404.

za medica non avrebbe cancellato le ragioni della storia, che sindai tempi più remoti aveva mostrato la necessità dei medici e deigiuristi nel processo penale.37

Ma quali erano le proposte del Tamassia nella sua versionemoderata? Quelle più innovative riguardavano la riforma dellaprocedura penale. Poiché i fatti medici si potevano prestare aparecchie interpretazioni, andava esclusa la formazione di unasola giuria imparziale e invece affiancato all’avvocato difensoreun perito che già dalla fase istruttoria potesse controllare l’operatodi quelli nominati dal giudice, come ulteriore garanzia per l’im-putato.38 Nel caso in cui ci fosse stata discrepanza tra le valutazionidi questi periti si sarebbe dovuto ricorrere a una »Commissionescientifica, che non avesse altro scopo che la decisione di questi casidi medicina legale controversi«. La commissione avrebbe avutosede a Roma e si sarebbe dovuta »comporre delle individualità piùeminenti negli studî medici legali e scienze affini: convocata a ognirichiesta, dovrebbe avere la facoltà di rivedere gli atti processuali,di esigere schiarimenti dai periti, di controllare le fatte esperienze,di altre istituirne con non tentato indirizzo; dovrebbesi valereinsomma di tutti i mezzi che lo stato attuale della scienza potrebbeconsigliare, onde portar luce in quel fatto«.39 Le ultime riflessionidi Tamassia sono, forse, quelle più importanti per il nostro per-corso e riguardano il valore processuale del giudizio espresso dallacommissione: non sarebbe mai stato obbligatorio per i magistrati oi giurati, ma avrebbe avuto lo steso peso di una qualunque testi-monianza tecnica. Un voto consultivo, quindi, lasciato alla valu-tazione degli uomini di diritto, ai quali era comunque indicata lavia che, in omaggio alla scienza, avrebbero dovuto percorrere.

La richiesta di spostare il più possibile nella fase istruttoriadella causa la formazione degli esami tecnici, e in special mododi quelli psichiatrici, trovò subito d’accordo anche il positivistaGarofalo, il quale formulò la sua richiesta dalle pagine del perio-dico La scuola positiva.40 Egli espose le ragioni dell’utilità di pre-vedere l’assistenza dei difensori e l’intervento dei periti di parte inun momento precedente al dibattimento. Solo in tale fase, infatti,poteva effettuarsi un esame sereno che, nel caso di valutazionisullo stato mentale dell’imputato, poteva addirittura richiedere deimesi di internamento in manicomio al solo scopo di osservazione.Il dibattimento, come momento di formazione della prova tecnica,risultava invece poco adatto poiché l’utilizzo della retorica per

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37 »Già l’antica giurisprudenza ro-mana aveva riconosciuto questoprincipio: periti non sunt proprieiudices: sed majus est judiciumquam testimonium. […] A noiperò preme di aver accennato cheil solo parere medico non puònella maggior parte dei casi rite-nersi l’arbitro di un giudizio pe-nale, e che quindi si farebbeviolenza alla giustizia, rinchiu-dendo forzatamente in una unica

cerchia il cammino che questa de-ve percorrere per giungere al con-seguimento della prova«. Cfr.Tamassia, Le perizie (nt. 33) 409.

38 »Attualmente forse non può dirsiche con la nostra procedura loStato affidandosi a due periti, iquali soli ànno i mezzi di conosce-re e di studiare la questione medicanella sua originarietà primitiva,scemi nell’imputato la possibilitàdi difesa? Si soggiunge però: i

periti, chiamati dallo Stato, nonsono né di accusa né di difesa;sono per la verità, per la nudaesposizione del fatto scientifico.Ma se costoro trascurano qualchedettaglio importante, se nel lorogiudizio in una questione intricatae dubbiosa si attengono ad una piùche ad un’altra dottrina, e scel-gono quella che è più dannosaall’imputato, non si scorge subitoche questi […] trovasi rispetto allasua difesa in posizione menofavorevole«. Tamassia, Le perizie(nt. 33) 488.

39 Tamassia, Le perizie (nt. 33) 488.40 Raffaele Garofalo, Le perizie

psichiatriche, in: La scuola positi-va, I, 1891, 577–582.

convincere i giurati tramutava l’aula in una accademia nella qualesi potevano ascoltare le più assurde conferenze.41 Nel caso dipareri concordanti dei periti in istruttoria si sarebbe dovutoprocedere alla semplice lettura del verbale in udienza, ed i peritivi potevano essere chiamati per offrire i necessari chiarimenti. Seinvece l’accordo non fosse raggiunto, Garofalo pensava a unasoluzione meno complessa di quella di Tamassia, prevedendo lasemplice esposizione delle divergenze in udienza, semplificata dallapresenza delle opposte opinioni nel verbale. Fu sostanzialmentequesta proposta a costituire il nucleo della riforma del 1913.

6. Riferimenti stranieri

Tamassia aveva però toccato altri punti, come quello dellascarsa preparazione dei medici nelle applicazioni medico-legali edelle loro insufficienti retribuzioni pur dovendosi rispettare lasacrosanta esigenza di restringere al massimo le spese di giusti-zia.42 L’autore affrontò il tema richiamando le principali esperien-ze straniere.43 Suo punto di riferimento per una riforma delsistema delle perizie era la Germania: Francia e Inghilterra a suoavviso non presentavano una situazione migliore che in Italia.I giovani medici tedeschi, per ottenere l’ufficio di perito, dovevanosuperare un esame di Fisicato, mentre in Austria il perito del forodoveva essere sempre un professore universitario di medicinalegale. In Italia si poteva prevedere un Istituto di perfezionamentoa Roma dove formare i giovani periti, obbligandoli a sostenere unesame sulle tre materie fondamentali del corso: medicina legale,tossicologia e psico-patologia. Ai periti selezionati si dovevanoaggiungere di diritto tutti i professori di medicina legale del regno.

Cinque anni dopo l’intervento al I Congresso internazionaledi Antropologia criminale, pur avendo modificato le sue posizionidi teoria generale, ribadì le medesime opinioni in un articolo dirisposta alle osservazioni del collega Pio Foà,44 ugualmente pre-occupato per l’insufficiente preparazione tecnica dei medici peritie per i conseguenti errori giudiziari generati dai loro pareri.45

Tamassia infatti insistette ancora sul modello tedesco delFisicato: il riferimento alla Germania entrava così nel dibattitoitaliano,46 in particolare con il suo esempio di un esame di abi-litazione, che sembrava la strada più agevole per la formazione diun ordine di periti medico-legali preparati.47 Tramite principale

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41 »Le sedute si succedono; il torneoscientifico richiama scolari e gior-nalisti che fanno i loro commenti;i giurati sbadigliano più che mai,le loro menti si confondono, e fratante opinioni diversi, essi sentonodi non averne più alcuna. Questa èla loro condizione quando sonochiamati a dare il loro giudizio«.Garofalo, Le perizie psichiatri-che (nt. 40) 577.

42 Anche se riguardo alla retribuzio-ne Tamassia disse che »qualchemiglioramento a forza d’urti e diproteste si potè conseguire«, ap-prendiamo che il ministro Villadiede disposizione, con circolare840 del 3.11.1879, di ridurre lespese per sentire testimoni e periti,limitando allo stretto necessario iltempo della loro permanenza intribunale. Francesco Aguglia, inun articolo sulla ›Rivista penale‹,si lamentava ancora della paga diun perito: »È cosa ragionevole ildare ad un perito di vaglia […]la stessa trasferta e le stesse in-dennità che riceve il più modestotestimonio? Continueremo a daread uno scienziato una lira od unae cinquanta al giorno, oltre settecentesimi per ogni chilometro,quando impiegati di altre ammi-nistrazioni, la responsabilità deiquali non è certo paragonabile aquella dei periti, percepiscononelle loro ispezioni 8 e 10 lire algiorno, oltre al viaggio? Perchénon si apporta una serie di modi-ficazioni a questa benedetta tarif-fa? Le riforma debbono andareall’unisono. Volete buoni periti?Pagateli come meritano«, cfr.Francesco Aguglia, La provagenerica nei reati di veneficio, in:Rivista penale, VIII, 1881, 152–155.

43 Il medico padovano ricevette nel1876 anche un assegno per alcunistudi di perfezionamento a Berli-no. L’esperienza si tradusse in unarelazione che il Tamassia inviò alministero dell’Istruzione pubblicae che fu pubblicato: cfr. ArrigoTamassia, L’insegnamento dellamedicina legale nelle universitàdella Germania/relazione al Mi-nistero dell’Istruzione pubblica delDott. Arrigo Tamassia, Milano1876.

44 Cfr. Arrigo Tamassia, L’istru-zione scientifica dei periti medici,

in: L’Università. Rivista dell’istru-zione superiore, IV, 1890, 386–389.

45 Cfr. Pio Foà, Un appello ai col-leghi di medicina legale, in: L’Uni-versità. Rivista dell’istruzione su-periore, IV, 1890, 304–307.

46 Il tema della comparazione giuri-dica nell’Ottocento è rilevante ecomplesso, mi limito a rinviarea: Aldo Mazzacane, ReinerSchulze (Hg.), Die deutsche und

die italienische Rechtskultur im›Zeitalter der Vergleichung‹, Berlin1995; Paolo Grossi, Scienza giu-ridica italiana. Un profilo storico1860–1950, Milano 2000; AldoMazzacane (a cura di), I giuristie la crisi dello stato liberale inItalia fra Otto e Novecento, Na-poli 1986; Laura Moscati, Ita-lienische Reise. Savigny e la scien-za giuridica della Restaurazione,Roma 2000; Cristina Vano, »Il

per una informazione adeguata fu un lungo articolo di Carl JosephAnton Mittermaier, pubblicato in traduzione italiana sulla Gaz-zetta dei tribunali di Napoli nel 1854 e intitolato Sulla condizioneed efficacia dei periti nel procedimento penale.

Penalista ammirato e autorevole, ideatore e direttore dellaprima importante rivista di diritto comparato, Mittermaier avevaintensi rapporti, personali, scientifici ed epistolari, con l’Italia, doveaveva spesso viaggiato, scrivendo anche un ritratto delle sue Con-dizioni attuali, che è tra i più equilibrati apparsi nell’Ottocento.48

Era dunque il più adatto a rappresentare lo stato della que-stione e a centrare gli aspetti locali, tutti costituiti dalle incertezze(e confusioni) determinatesi con il passaggio dal processo scritto aquello orale, dove la perizia non poteva considerarsi fonte di provain senso classico, giusta il principio del libero convincimento deigiudici basato solo sulle deposizioni rese in dibattimento.49

L’articolo, che non è necessario seguire nei suoi numerosispunti analitici, passava in rassegna le soluzioni adottate nei varistati tedeschi, non risparmiando le critiche agli elementi di con-traddizione ingenerati dalle suggestioni della procedura francese.Né maggior giovamento poteva trarsi guardando al caso inglese,dove la normativa era lacunosa e insicura.

Mittermaier confermava essere la Germania il paese che offri-va maggiori garanzie riguardo alla formazione di giudizi peritaliequilibrati e scientificamente attendibili attraverso l’istituto medi-co-legale. Il fatto di prevedere una specifica categoria professionalead hoc che si occupasse delle perizie processuali presentava ilvantaggio di avere persone esperte, serie e imparziali, anche sechiamate dalle parti. Ancora una volta si sottolineava, però, chesolo un’erronea estensione della publica fides poteva far propen-dere per un valore obbligatorio del loro giudizio davanti al giudice.

Sul valore da attribuire ai risultati peritali Mittermaier nonaveva quindi nessun dubbio: a giudici e giurati doveva esserelasciato il libero convincimento sugli esami e sui loro risultati.50

Il giudizio sull’imputabilità preoccupava particolarmente in virtùdella scarsa considerazione dell’opinione dei medici da parte deigiurati, le carceri erano abitate da troppi malati mentali la cuipazzia non era stata rilevata nel processo ignorando le conclusionidegli psichiatri. Tale situazione dipendeva in primo luogo daimedici, ancora impreparati nella scienza psichiatrica e quindibisognosi di maggiore educazione anche attraverso studi pratici

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nostro autentico Gaio«. Strategiedella scuola storica tedesca alleorigini della romanistica moderna,Napoli 2000; Antonio PadoaSchioppa (a cura di), La compa-razione giuridica tra Ottocento eNovecento, Milano 2001.

47 Il sistema tedesco fu illustratoampiamente nella relazione di Ta-massia (vedi nt. 43): attraverso ilReglement für die Prüfung BehufsErlangung der Befähigung zur

Anstellung als Kreis-Physicus del10 maggio 1875 si stabilivano lenorme che regolavano il difficileesame per diventare perito (Kreis-Physicus) in Germania. Tamassialodava il sistema tedesco anche perla presenza di un ministero per gliaffari medici e di una specialecommissione scientifica (Fachbe-hörde), composta dai più espertimedici tedeschi, di cui si potevarichiedere l’intervento in caso di

dissenso tra periti o nelle questionipiù complicate. Non da ultimoTamassia rilevava che le parcelleper l’ufficio peritale in Germaniaerano tre volte superiori a quelleitaliane.

48 Per un esauriente riferimento allasua sterminata produzione si con-fronti Luigi Nuzzo, Bibliogra-phie der Werke Carl Joseph AntonMittermaiers, Frankfurt a. M.2004. Inoltre, per la ricostruzionedella sua figura intellettuale:B. Dölemeyer, WissenschaftlicheKommunikation im 19. Jahrhun-dert: Karl Josef Anton Mittermai-ers juristisch-politische Korres-pondenz, in: Ius Commune, 24,1997, 285–95; Aldo Mazzaca-ne, Alle origini della comparazio-ne giuridica: i carteggi di CarlJoseph Anton Mittermaier, inPadoa Schioppa (a cura di), Lacomparazione (nt. 46) 15–38.

49 »Tutto quanto viene trattatonell’istruzione e che vien fattonegli atti della stessa, serve sola-mente alla preparazione dellatrattativa orale, ed è il fondamentosu cui la Camera d’accusa decidesull’ammissibilità di essa. Secondoil principio dell’oralità, il giuratofonda la sua convinzione soltantosulla deposizione che dinnazi a luioralmente vien fatta«. Cfr. CarlJoseph Anton Mittermaier,Sulla condizione ed efficacia deiperiti nel procedimento penale, in:Gazzetta dei tribunali di Napoli,1854, 270.

50 »Non v’è quasi niuna controversiasulla questione se i giudici ed igiurati possono esaminare l’esat-tezza del parere tecnico circa allaforma […]. Sarebbe sconvolto ilvero senso della questione, se siasserisse che il giudice o il giurato,il quale volesse opporsi al pareretecnico, affetterebbe di avere co-gnizioni maggiori del perito; giac-ché la questione consiste in ciòsolo che il giudice o il giuratopossono allontanarsi dal giudiziodel perito, quando nell’esame dellecondizioni richieste per la credibi-lità del parere, sorgono dubbii,ch’egli non può rimuovere«. Cfr.Mittermaier, Sulla condizione(nt. 49) 328.

condotti nei manicomi. Se andava combattuta l’ignoranza del cetomedico, ancora di più doveva però stimolarsi quello giuridico versol’apprendimento di saperi completamente sconosciuti, insegnatipoco e male nelle facoltà di giurisprudenza.

Alle difficoltà che attenevano alla scienza psichiatrica, al suocontinuo progresso e all’insufficienza degli studi di giuristi e me-dici, si aggiungeva anche il modo in cui la legislazione avessedisposto circa l’imputazione del criminale. Mittermaier si pose perprimo il problema che »ognuna delle diverse vie – per stabilirel’imputabilità – può essere difficile perché da ciò dipendono tantole interrogazioni fatte ai periti, quanto quelle da rivolgersi ai giu-rati«. Cominciò dunque a essere centrale la questione delle do-mande rivolte ai periti, che il giurista tedesco affrontò con moltoanticipo rispetto ai colleghi italiani.

L’oggetto della perizia non avrebbe dovuto mai riguardarel’imputabilità, altrimenti i periti si sarebbero trasformati in giudicidelle questione. Bisognava che si pronunciassero solo sullo statopsichico dell’imputato, dovendo il tribunale esigere la dichiarazio-ne di probabilità di un’affezione psichica, la probabilità che da essaseguisse uno sconcerto mentale, quali effetti potesse produrre sullavita psichica tale affezione e come tale stato avesse potuto agiresulla coscienza dell’atto e sulla libera determinazione.51

Il lungo saggio di Mittermaier si concludeva proprio con ilrichiamo alla massima prudenza per i magistrati nel formularequestioni circa l’imputabilità degli accusati. Anche se lo scrittorisulta mancante di uno sguardo alla legislazione italiana, che nel1854 si presentava ancora disaggregata nei codici dei vari statipreunitari, il professore di Heidelberg riuscì a sintetizzare granparte delle questioni affrontate negli anni successivi.

7. … di nuovo in Parlamento: Righi, Umana e De Crecchio

Si è potuto osservare, seguendo gli interventi di Righi, Umanae De Crecchio tra il 1877 e il 1880, quali sollecitazioni avesseroricevuto i ministri di Grazia e Giustizia nelle aule parlamentaririspetto alla riforma dell’istituto peritale. Se alle interpellanze nonseguirono significative riforme di carattere generale, furono pro-mossi alcuni interventi come l’istituzione di una commissione conl’incarico di »compiere gli studi e gli esperimenti che essa ravviseràpiù opportuni, nel fine di stabilire elementi sicuri per accertare la

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51 »Il medico non deve decidere sel’accusato era imputabile, ma se-condo le sue osservazioni, le espe-rienze e lo stato della scienza, deveraccogliere i materiali che si rife-riscono all’esistenza, ai caratteri,all’estensione, alla forza ed all’in-fluenza di uno stato morboso del-l’anima, affinché sulle relazioni didotti pratici e degni di fiducia, igiudici e i giurati possano decideresulla imputabilità, come su di una

parte della dimanda intorno allacolpabilità. L’obbligo di seguireassolutamente il giudizio medicosarebbe una grave violenza fattaalla convinzione loro, per la qualesoltanto son moralmente respon-sabili«. Cfr. Mittermaier, Sullacondizione (nt. 49) 344.

prova generica nei reati di veneficio; e specialmente per determi-nare i caratteri differenziali tra le vere e proprie sostanze venefichee quei principî velenosi che normalmente si sviluppano nei cada-veri«.52 La commissione era formata interamente da professori dimedicina legale di Padova (G. Lazzaretti), Roma (A. Moriggia eD. Toscani), Torino (A. Mosso), Palermo (E. Paterno), Bologna(F. Selmi); mancavano, a detta di Lucchini, l’appassionato De Crec-chio da Napoli e l’esperto Lussana da Padova, ma questo fu l’unicorilievo del direttore della Rivista penale.

In mancanza di decisioni che affrontassero direttamente il pro-blema di raccordare la valutazione medica con quella giuridica, sitentava la strada di conferire all’operato dei medici legali un crismadi verità che si formasse precedentemente al momento della neces-saria verifica nel giudizio. La motivazione del ministro nell’istituiretale organismo fu, infatti, quella di dare una risposta all’imbaraz-zante fenomeno di casi »nei quali alle inquiete e insistenti indaginidel giudice penale, la scienza non seppe rispondere che opponendole sue incertezze e i suoi dubbi«. Si richiedeva ai migliori espertinella materia di riunirsi e, lontani dalle pressanti e insidiose auleprocessuali, di formulare teorie e leggi che »diano norma e ragionesicura nei singoli casi al perito e al giudice«.53 Come è chiaro, l’ideadi dare soluzione a un problema così ampio come quello dellaverità nella scienza tramite un intervento di natura pubblica, pur seindirettamente affidato a esperti, non poteva essere che parziale,limitato e sostanzialmente inutile.

L’unico risultato di cui abbiamo contezza, infatti, del lavoro deicommissari, fu l’emanazione della circolare ministeriale del 20 feb-braio 1881 che »riassumeva le norme per l’accertamento della pro-va generica nei reati di veneficio«. Il lavoro di dieci mesi dei medicilegali portò soltanto alla definizione di regole e procedure da se-guire negli esami sui cadaveri presumibilmente avvelenati, insiemeall’ovvia raccomandazione ai magistrati di selezionare periti parti-colarmente capaci ed esperti in questo tipo di indagini.54

A seguito dell’ulteriore, sfortunato tentativo parlamentare diapportare miglioramenti all’istituto della perizia, nella Rivistapenale calò il silenzio sull’argomento. Si dovettero attendere bendodici anni dall’ultimo articolo pubblicato nel 1883 da FedericoBenevolo, Dei limiti legali della prova nei giudizi penali secondo ladottrina e la giurisprudenza,55 per ricominciare a sentir discutere diperizie, e soltanto perché lo imponeva la cronaca. La discussione

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52 Art. 1, Regio decreto 11 aprile1880.

53 Relazione del ministro Villa a SMil Re, in: Rivista penale, VI, 1880,212.

54 Nella circolare non vi era alcunriferimento, ad esempio, ai tipi disostanze velenose che il corpoumano avesse potuto produrredopo la morte o le tracce di qualiveleni avrebbero sicuramente do-vuto far propendere per un’assun-

zione prima del decesso. Si spie-gava minuziosamente, all’inverso,la procedura per il sezionamentodel cadavere e la conservazionedegli organi interni.

55 Federico Benevolo, Dei limitilegali della prova nei giudizi penalisecondo la dottrina e la giurispru-denza, in: Rivista penale, XVIII,1893, 189–230.

venne infatti ripresa nel 1895, in occasione della presentazione alParlamento del progetto di riforma del codice di procedura penaleda parte del ministro Vincenzo Calenda.56 Si trattava, in realtà,come non mancarono di sottolineare i critici della rivista, di unaserie di progetti parziali che riguardavano la competenza dei pre-tori, il procedimento speciale in materia di contravvenzioni, alcunedisposizione relative alle Corti d’assise, altre relative alla compo-sizione del tribunale penale, all’appello e ai giudizi contumaciali diopposizione, revisione e cassazione, le ordinanze del giudice istrut-tore la tutela dei diritti delle parti danneggiate da un reato e infinele liste di testimoni e periti.

Le novità introdotte circa le perizie erano agli articoli 4, 5, 6 e 7del capo II del quinto progetto; può essere interessante commen-tarle anche se non si convertirono mai in legge perché tutti iprogetti fallirono, seguendo la sorte di quelli presentati dai prece-denti ministri De Filippo (1878), Villa (1880), Tajani (1885 e 1886)e Ferraris (1891).

Dalla disciplina degli articoli 4–7 risultava come le novità chesi volevano introdurre fossero, per la verità, molto confuse, soprat-tutto relativamente alle proposte molteplici che la dottrina avevaformulato. Non si prevedevano riforme nella fase istruttoria. Indibattimento, invece, si accordava la possibilità alle parti di chie-dere sia l’esame dei periti sentiti in istruttoria, sia di domandare lanomina di nuovi per contestare le conclusioni dei precedenti ecomunque in tutti i casi nei quali non ci fossero state perizie primadel dibattimento (mancanza di perizia o, più in generale, di istru-zione della causa). Il procedimento di nomina dei periti dalle partipresentava la principale novità: accusa e difesa dovevano indicarel’oggetto e lo scopo della perizia e potevano al massimo indicarequalità o attitudini speciali degli esperti ai quali avessero volutoaffidarsi, ma era il giudice che procedeva alla selezione e alla no-mina. Era questa un’altra possibile via da percorrere per eliminareil problema degli scontri scientifici in tribunale. Attribuendo almagistrato la facoltà di nomina (questi però poteva anche rifiutarela richiesta di periti dalle parti qualora avesse stimato manifesta-mente inutile l’esame) si sarebbe disattivato il carattere sicuramente›parziale‹ del giudizio tecnico in favore dell’accusa o della difesa.Si propendeva, dunque, per un sistema ibrido, che non si spingevasino alla creazione di un giurì peritale, ma affidava l’esame a sog-getti imparziali. Il giudice, inoltre, doveva scegliere all’interno del-

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56 La Rivista pubblicò il progettonella Rassegna Parlamentare: cfr.I progetti di parziali riforme alprocedimento penale presentatidal ministro Guardasigilli al Se-nato del Regno, in: Rivista penale,XX, 1895, 278–290.

l’albo di periti del tribunale (qualora fosse esistito) tranne nei casiin cui la ricerca avesse richiesto persone di speciale competenza.

Era lasciata sostanzialmente irrisolta la questione dell’affidabi-lità dei periti, l’unica disposizione chiara a riguardo prevedendoalbi facoltativi, diversi per ogni tribunale. Nel caso, poi, di periziamedica, chirurgica o chimica, il giudice poteva invitare, su avvisoconforme del P. M., la facoltà di una università del Regno a desi-gnare la persona idonea.

Nel successivo volume semestrale della Rivista penale si troval’unico commento, breve e amaro, di Lucchini: »In seguito alla sorteavuta da questi progetti in Senato, il Direttore di questa Rivista nonsi sente più in animo di proseguire nel loro esame«.57

La discussione, però, continuava in Parlamento, dove, in occa-sione della discussione sui bilanci dei ministeri di Grazia e Giustiziae dell’Interno, il deputato Celli e il senatore Todaro interrogaronoil nuovo guardasigilli Giuseppe Costa sulle norme riguardanti leperizie. Le richieste dei parlamentari erano sostanzialmente in lineacon le precedenti: albo dei periti (o comunque diploma o specia-lizzazione in medicina legale) e giuria tecnica. Il ministro risposein maniera alquanto elusiva alla Camera,58 mentre in Senato lareplica fu più precisa, tenuto conto del fatto che Todaro era ungiudice e le sue lagnanze si fondavano sull’esperienza diretta.

Non si può valutare il breve discorso del ministro Costa alSenato come la prima ufficiale dichiarazione in favore del valorevincolante del giudizio dei periti, proprio perché la dichiarazione fuestremamente concisa, pronunciata nell’ambito di una discussioneparlamentare e, soprattutto, non seguita da nessun provvedimentolegislativo o regolamentare.59 Possiamo soltanto immaginare, an-che confortati dalle parole pronunciate soltanto qualche giornoprima dallo stesso ministro alla Camera riguardo al magistratocome unico giudice del fatto e del diritto, che Costa si riferisse inparticolare agli esami descrittivi (rilievi), o al massimo alle autopsiee alle perizie chimiche nei venefici.

8. L’ultima fase della discussione: il contributodi Alessandro Stoppato

Nel 1900 apparve, nel cinquantesimo volume della Rivistapenale, un lungo articolo intitolato La perizia scientifica nel pro-cesso penale di Alessandro Stoppato, libero docente alla facoltà di

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57 Luigi Lucchini, Rassegna parla-mentare, in: Rivista penale, XXI,1896, 69.

58 Costa rispose che per rimediarealla gravità dell’inconveniente sisarebbe potuto arrivare fino alla»formazione di un corpo di tecni-ci, i quali, per i loro studî speciali,abbiano una speciale idoneità, le-galmente riconosciuta, a esercitarele funzioni di perito … Non si po-trebbe però giungere fino a stabi-

lire che la perizie eseguita conquesta forma e con queste garan-zie venga ad acquistare il caratteredi verità giuridica, perché la peri-zia nel nostro sistema non è maiche un’opinione, per quanto siautorevolissima. È il giudice chedeve giudicare del fatto e del di-ritto, e al giudice spetta di direl’ultima parola«. Cfr. Rivista Pe-nale, XXI, 1896, 376.

59 Il ministro Costa, infatti, presentòil 10 novembre 1896 un Progettodi riforma del Codice di procedurapenale che riguardava solo l’ap-pello ed i ricorsi in Cassazione. Di›collegî di periti, aventi la qualitàdi pubblici ufficiali‹ aveva parlatoinvece in un discorso al Senatoriportato in Rivista penale, XXI,1896, 378.

Padova.60 Per dimensione e ricchezza di argomenti l’articolo inquestione può essere considerato una rassegna critica delle posi-zioni della dottrina nazionale e internazionale sulla materia.

L’autore era orientato sulle posizioni della Rivista penale, indifesa dell’autonomia della decisione del giudice rispetto ai risultatidegli esami tecnici, ma opportunamente distingueva, sin dall’inizio,le mere operazioni materiali (stenografi, traduttori, il fabbro cheapriva la porta del luogo dove fu commesso il delitto) dalle vere eproprie deduzioni scientifiche dei medici legali e soprattutto deglipsichiatri. Riguardo al primo gruppo, il giudice non avrebbe do-vuto avere difficoltà a scorgere eventuali difetti nei rilievi in quantoanche una persona inesperta sarebbe stata in grado di valutarel’operazione compiuta; non si sentiva il bisogno, in casi di questogenere, di particolari provvedimenti procedurali.

Per le indagini, invece, che avessero richiesto deduzioni scien-tifiche, bisognava interrogarsi sulla qualificazione dei periti dacui derivavano conseguenze circa l’atteggiamento del giudice ri-spetto al parere scientifico. Lucchini,61 Framarino,62 Schneider63 eStübel64 consideravano i periti come testimoni impropri poiché essideponevano intorno a circostanze di fatto come i testimoni manon offrivano una prova, bensì il riconoscimento o la delucidazionedi una fonte di prova. Come argomento a contrario, però, potevaessere rilevato che, mentre il testimone è creato dal delitto e ripetefatti conosciuti, il perito è scelto ed esprime la sua opinione dopoaver esaminato i fatti. Altri studiosi, come il Weiske,65 ritenevanoinvece i periti consulenti ed ausiliatori del giudice in quanto con-correvano a chiarirne, se non a formarne, la decisione. Rimanevacomunque il problema teorico di considerare l’opera del peritonon solo a vantaggio del magistrato ma come garanzia generaledell’effettività di giustizia.

Stoppato non prese posizione a favore di nessuna delle duequalificazioni affermando che la posizione del perito poteva variarea seconda che riferisse in ordine a rilievi materiali oppure esponesseconclusione scientifiche: nel primo caso si avvicinava al testimone,nel secondo appariva come consulente. L’importante era rilevareche, qualora la perizia fosse considerata come un mezzo di prova,in nessun caso il perito poteva essere considerato come giudice delfatto, rimanendo ben ferma la differenza tra la funzione probatoriae quella decisoria.

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60 Alessandro Stoppato fu deputatonella XXII, XXIII, XXIV legisla-tura e senatore per oltre un de-cennio. Nacque a Cavarzere il31 dicembre del 1858 e si spensea Milano il 23 giugno del 1931,a 73 anni. Conseguì, nel 1885, lalibera docenza in diritto e proce-dura penale. Nel 1898, a soli 40anni, ottenne per concorso la cat-tedra di diritto e procedura penaledell’università di Bologna. Fu in-fine relatore alla Camera dei De-putati sul codice di procedurapenale del 1913 del quale fu, conLudovico Mortara, il principaleartefice, rinnegando in parte iprincipi da lui sostenuti durantela lunga collaborazione con la Ri-vista penale. Il penalista, infatti,manifestò nel corso degli anniun’apertura sempre maggiore alleistanze processuali positivistichetanto da fondare, nel 1930, unIstituto di studi criminali e di po-lizia scientifica, che fu annesso alla

facoltà di giurisprudenza dell’uni-versità di Bologna. Cfr. Miletti,Un processo (nt. 14) 347–349.

61 Luigi Lucchini, Elementi di pro-cedura penale, Firenze 1895.

62 Nicola Framarino, La logicadelle prove in criminale, Torino1895, 259.

63 Ernst Christian GottliebSchneider, Lehre vom rechtli-chen Beweise in bürgerlichenRechtssachen, Lipsia 1842, § 176.

64 Christoph Carl Stübel, Ueberden Thatbestand, die Urheberderselben und die zu einem ver-dammenden Endurtheil erforder-liche Gewißheit der erstern, be-sonders in Rücksicht der Tödtungnach gemeinen in Deutschlandgeltenden und chursächsischenRechten, Wittenberg 1895, § 257.

65 Carl August Weiske, Manualedi procedura penale, Firenze 1874,196.

Prima di passare in rassegna i principali ordinamenti stranieri,Stoppato si occupò anche di un aspetto a suo giudizio centrale nelsistema peritale: quello delle garanzie delle parti rispetto ai giudiziformulati dagli esperti. Si contrapponevano due opposte esigenze:quella di garantire ad accusa e difesa l’intervento e la discussionedurante le indagini tecniche, e quella di effettuare tali esami conla massima tranquillità, maggiormente garantita nella fase istrut-toria. La soluzione poteva allora essere quella di consentire alleparti di intervenire con domande o richieste di chiarimenti anchenella fase istruttoria, in perfetta coincidenza con le proposte diArrigo Tamassia.

Pubblicato in due puntate, nei due fascicoli semestrali dell’an-nata 1900, il lungo saggio presentava nella prima una rassegnacritica, straordinaria per ampiezza e approfondimenti analitici, delregime vigente nei paesi stranieri: Scozia e Inghilterra, Stati Uniti,Argentina, Francia, Belgio, Portogallo Spagna, Svizzera, Austria eGermania.66

Anche se a giudizio dell’autore i sistemi più accurati riguardoalla disciplina delle indagini tecniche risultavano, ancora, quelloaustriaco e quello tedesco, tra i paesi che prendeva ad esempio dellabontà della sua proposta vi erano la Spagna e l’Argentina.

L’ordinamento spagnolo, ad esempio, disciplinava, con la Leyde enjuiciamiento criminal del 14 settembre 1882, la possibilitàper entrambe le parti di nominare un perito a loro spese anchenella fase istruttoria, nel caso di perizie non riproducibili in dibat-timento, con diritto di intervenire coi loro rappresentanti nell’attoperitale (artt. 471–476). In caso di discordia nelle valutazioni ilgiudice poteva nominare un altro perito per ripetere, se possibile,l’operazione (art. 484), fatto sempre salvo il libero apprezzamentodel magistrato (art. 741). Anche in Argentina le parti potevanoassistere alle perizie d’ufficio svolte in istruttoria e presentare ledovute osservazioni, salvo ritirarsi nella fase deliberativa. Se nonfosse stata raggiunta concordia di opinioni tra i periti, il giudiceavrebbe potuto chiamarne altri per rinnovare gli esperimenti e, nelcaso in cui non fosse stato possibile ripeterli, i nuovi periti avreb-bero lavorato esclusivamente sui risultati ottenuti dai primi. Laforza probatoria degli esami era stimata dal giudice tenendo inconsiderazione la competenza dei tecnici, l’uniformità di opinioni,i principi scientifici sui quali erano basati e la concordanza delle

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66 Alessandro Stoppato, La peri-zia scientifica nel processo penale,in: Rivista penale, XXXXV, 1900,513–533.

loro applicazioni con le leggi della logica e con gli altri elementiprobatori emersi dal processo.

La seconda parte67 dell’articolo era dedicata invece alla ricercadi soluzioni per riformare la materia in Italia. Stoppato mostravabuona conoscenza delle principali proposte susseguitesi nel corsodegli anni, passando rapidamente in rassegna le opinioni di Au-gusto Tamburini, Mario Carrara, Enrico Ferri, Raffaele Garofalo eArrigo Tamassia. Nelle conclusioni stilava un elenco schematico›dei cardini per un sistema razionale di perizia scientifica‹68 dove lanovità più rilevante riguardava la possibilità dei periti di parte dipartecipare anche alla fase istruttoria. Dato il sistema processualemisto, infatti, era preoccupante che la perizia potesse essere notaalla difesa soltanto molto tempo dopo che l’esame era stato com-piuto. Bisognava allora ammettere l’imputato col suo difensoread assistere ai rilievi, consentirgli di proporre periti affinché potes-sero concorrere all’istruttoria presentando il loro parere, memoriee chiarimenti. In un sistema siffatto, dunque, sarebbe stato sicuro ilmiglioramento delle perizie dibattimentali, che si sarebbero potutesviluppare con maggiore serietà e serenità, se preparate attraversoil reciproco controllo delle parti.

Nulla si diceva, infine, sulla questione delle domande rivolte aiperiti, che invece Mittermaier aveva considerato come fondamen-tale. La dimenticanza di Stoppato confermava la linea seguita dallaRivista penale, nella quale, per venticinque anni, nessuno si preoc-cupò di considerare tale problema.

9. Le domande sull’imputabilità rivolte ai peritinei processi penali

Considerata la puntigliosità e l’attenzione della Rivista penalecirca il tema generale della responsabilità dell’autore del reato,sulla quale Lucchini fu veramente il »martello dei positivisti«,69

sorprende che nessuno tra i giuristi classici si preoccupasse mai dicommentare le domande che venivano rivolte ai periti dai giudicisullo lo stato di mente dell’imputato durante la fase istruttoria edibattimentale del processo penale. Dalla stessa rivista, infatti, siapprende come i medici legali dovessero rispondere a quesitiformulati frequentemente in questo modo: »Se potesse o dovesseesso B… esserne affetto (alienazione mentale) anche all’epoca delmisfatto imputatogli, e in grado da togliergli, oppure diminuire la

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67 Alessandro Stoppato, La peri-zia scientifica nel processo penale,in: Rivista penale, XXXXVI,1900, 16–32.

68 In tutto i cardini erano ben 14, mavale la pena di citarne soltantoquelli più significativi: 1) accerta-mento del materiale i fatto peropera del giudice con intervento

delle parti e loro difensori e colsussidio di periti. 2) Libertà, nelgiudice e nelle parti, di scelta deiperiti fra persone di riconosciutacompetenza scientifica. 4) Pre-parazione, in contraddittorio,del parere peritale, indicando lequestioni specifiche, salvo a for-molarne altre che si rendesseronecessarie nel corso dell’istrutto-ria. 7) Facoltà delle parti di rin-francare le proprie ragioni con

nuovi periti nello stadio orale dellacausa. 12) Provvedimenti perchél’imputato, di qualunque condi-zione esso sia, possa valersi del-l’opera di periti aventi competenzaspecifica. 14) Assoluta libertà nelgiudice di valutare il parere deiperiti e pronunciarsi sovr’esso.Cfr. Rivista penale, XXII, 1897,31–32.

69 L’espressione è di Sbriccoli, Ildiritto penale liberale (nt. 11) 174.

sua responsabilità«,70 oppure: »Se queste (condizioni non normalidi mente) fossero tali da renderlo non imputabile che parzialmentee non escludere affatto l’imputabilità«.71

Dai quesiti riportati si intuisce come al sapere medico non sichiedesse soltanto di accertare l’alterazione dello stato di mente edeventualmente il grado dell’infermità; l’autorità giudiziaria miravaa conoscere la relazione intercorrente tra il tipo, la qualità dell’a-lienazione e il grado di responsabilità giuridica dell’esaminato.

Si era discusso abbondantemente di procedura, ma era sfug-gito quel dato ›pratico‹ che fu il segno più esplicito della difficoltàdei magistrati di interpretare le relazioni psichiatriche in manieraunivoca. Può darsi, infatti, che sia stata questa la ragione per cuiproprio l’autonomia di giudizio, che con tanta tenacia fu difesa daigiuristi antipositivi, rimase ai giudici soltanto nella facoltà di nondoversi piegare obbligatoriamente alle risultanze peritali, che peròvenivano da loro stessi indirizzate su questioni che avrebberodovuto riservare alla propria cognizione, come il grado di respon-sabilità giuridica degli imputati.

L’unico intervento di Lucchini sulla questione non fu espresso,curiosamente, nelle pagine della Rivista penale, luogo privilegiatoper la polemica contro la ›nuova scuola‹, ma nel suo manualedi procedura penale che pubblicò nel 1905.72 Nel commentarele norme che regolavano la fase istruttoria del procedimento, eglivalutava positivamente il fatto che la legge italiana avesse ri-spettato alcuni canoni classici, come quello che lasciava ai giudicila proposta dei quesiti peritali, poiché sarebbero stati essi avalutarne i risultati, e che la perizie si fossero svolte per quantopossibile sotto il controllo giudiziale. La procedura, però, risultavadifettosa in un punto fondamentale: i quesiti erano formulati im-propriamente »a modo di configurazioni giuridiche e di apprezza-menti legali (come, in tema di cause dirimenti, se lo stato di mentedel reo escluda l’imputabilità del reato)«.73 Le domande dovevanoinvece riguardare le circostanze di fatto, principalmente se l’im-putato fosse affetto da una determinata infermità mentale che nelmomento dell’azione avesse escluso la coscienza o la libertà deipropri atti.74

A parte queste brevi precisazioni, sul tema calava il silenzio,che colpisce ancor più se si pensa al tipo di esame cui i medici legali,secondo la prospettiva dei positivisti, sottoponevano i delinquentiper rispondere alle domande dei magistrati.

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70 Augusto Tebaldi, Perizia incausa d’incesto, consumato daB… Antonio sulla propria madre,in: Rivista penale, V, 1878, 369.

71 Carlo Livi, Augusto Tamburi-ni, In causa di falsificazione didocumenti imputata a G.G., in:Rivista penale, I, 1874, 507.

72 Cfr. Lucchini, Elementi (nt. 61).73 Cfr. Lucchini, Elementi (nt. 61)

277.

74 L’articolo 46 del codice penale del1889 recitava, a proposito del-l’esclusione della responsabilità,»Non è punibile colui che, nelmomento in cui ha commesso ilfatto, era in tale stato di infermitàdi mente da togliergli la coscienzao la libertà dei propri atti. Il giu-dice, nondimeno, ove stimi peri-colosa la liberazione dell’imputatoprosciolto, ne ordina la consegna

all’Autorità competente per i prov-vedimenti di legge«.

Lombroso, per menzionare colui che più di tutti dettavauno schema generale valido per la maggioranza dei medici-legali,riassunse e codificò il proprio modello di perizia in uno scritto del1905, dal titolo esplicito: La perizia psichiatrico-legale coi metodiper eseguirla e la casistica penale classificata antropologicamente.Il testo, come ha ricordato Renzo Villa, »costituisce un apparatoche serve per una serie di osservazioni minute sulle reazioni fisio-logiche e patologiche nel comportamento fisico del periziato: conqueste si dovrebbe riuscire a classificarlo in un quadro tipologicoabbastanza preciso e contemporaneamente vasto, in modo da in-globare tutte le diverse ›specie‹ della follia criminale«.75

Lombroso illustrava innanzitutto i metodi e gli strumenti perclassificare e analizzare gli elementi rivelatori della devianza attra-verso una raccolta di ›storie e perizie‹ eseguite da lui stesso e da altrialienisti del tempo come Mario Carrara, Giovanni Mingazzini,Salvatore Ottolenghi, Luigi Roncoroni, Augusto Tamburini ecc.Distingueva, inoltre, tra perizie ordinarie, in cui le ricerche »vannonotevolmente ristrette«, e quelle eccezionali, riferite cioè a casi opersonaggi di grande importanza (Misdea, Musolino, Passanante)»su cui i dati non sono mai numerosi abbastanza«. Delle periziecomuni passava poi a formularne uno schema generale, basatosulla raccolta dei caratteri antropologici generali, in cui rientra-vano anche le notizie sulla storia familiare, i dati relativi allasensibilità e infine quelli sull’emotività.76

Proprio nello schema proposto per interpretare la morbositàdel comportamento deviante si riassumevano le principali innova-zioni teoriche che consentirono l’affermazione del discorso mediconel problema criminale. Da un lato si stabiliva il definitivo inseri-mento di categorie antropologiche nel sapere medico-psichiatrico,che soltanto a partire da questa commistione poteva presentarsicome strumento di comprensione globale del fenomeno criminaleriducendolo alla categoria dell’anomalia.77 Dall’altro, proprio sul-la scorta dell’attivazione sincronica del sapere antropologico e diquello medico, la perizia codificata da Lombroso assunse quellafunzione di raddoppiamento dell’oggetto della punizione che ab-biamo visto rilevato nella riflessione di Foucault.78 Un metodonuovo che stravolgeva le antiche regole della clinica, fondate classi-camente sull’osservazione di una serie di segni per riconoscere lamalattia, e che collocava invece il soggetto in un quadro tipologicorisultante dalla riduzione dei segni a mera questione quantitativa.

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75 Villa, Perizie psichiatriche (nt. 9)391–392.

76 Lombroso stabiliva uno schema diperizie ordinarie: »nella periziapsichiatrica ordinaria, dopo unabreve esposizione del fatto, ioconsiglio di raccogliere i risultatidelle misurazioni del peso e dellastatura, dell’urina, dell’esame deicaratteri antropologici generali,cute e appendici cutanee, cranio,arti ecc., indi i dati della sensibilitàmeteorica, tattile, dolorifica, me-dicamentosa, dell’affettività, del-l’emotività, del tono sentimentale,dell’associazione delle idee, permetterli in rapporto con l’attosingolo, finendo col dare, dal com-plesso di tutti questi caratteri, lasintesi che deve illuminare il giu-dice«. Cfr. Cesare Lombroso,La perizia psichiatrico-legale coimetodi per eseguirla e la casisticapenale classificata antropologica-mente, Torino 1905, 487.

77 »Il mutamento è avvenuto: al me-dico è stato infatti affidato unpatrimonio di conoscenze e di ca-pacità di lettura del corpo chesaranno, poi, sviluppati su altrelinee. Infatti non bisogna dimenti-care che all’epoca di Gall e sostan-zialmente fino agli anni Trenta neipaesi occidentali il problema del-l’intervento sul criminale e tutte lequestioni relative agli aspetti so-

ciali connessi alla criminalità sonoancora un oggetto di interesse per ifilantropi, i magistrati, i politici: ilmedico come categoria professio-nale non entra quasi per nulla neidibattiti sui problemi carcerari ecriminologici prima dell’attivitàdei frenologi«. Cfr. Renzo Villa,Scienza medicae criminalità nell’Italia unita, indella peruta (a cura di), Malat-tia (nt. 6) 1147.

78 »Si cerca effettivamente di deter-minare se uno stato di demenzapermetta di non considerare piùl’autore dell’atto come un soggettogiuridicamente responsabile delleproprie azioni? Per nulla. La peri-zia fa tutt’altra cosa. Essa cercadapprima di stabilire gli antece-denti in qualche modo infralimi-nari della penalità«. Cfr. Fou-cault, Gli anormali (nt. 1) 27.

Il corpo assumeva così una nuova centralità, costituendo allo stessotempo uno spazio da misurare e un oggetto da punire e correggere:attraverso questi canali si apriva la possibilità dell’intervento re-pressivo della psichiatria al fianco della scienza penalistica.

Non sorprende, allora, tutta l’attenzione dei redattori dell’Ar-chivio nel seguire i progressi dei nuovi strumenti di misurazione edella formazione di tabelle statistiche che segnalassero l’ampiezzadello scarto tra normalità e devianza.79 Lo stato psichico del cri-minale diventava la risultante di un’infinità di fattori, nell’analisidei quali si perdeva irrimediabilmente la domanda fondamentalesull’imputabilità del singolo gesto, che veniva interpretato soltantocome la conseguenza dell’appartenenza del reo a una categoriacriminale.

Non era più importante, insomma, sapere se l’imputato fossestato effettivamente responsabile di fronte alla legge, poiché at-traverso la descrizione delle sue irregolarità egli diventava giuridi-camente indiscernibile, rendendo la giustizia incompetente. I ma-gistrati si ritrovavano di fronte non più un soggetto giuridico,ma un oggetto »di una tecnologia e di un sapere di riparazione, diriadattamento, di reinserimento, di correzione«.80

Proprio per il tramite delle perizie di fine Ottocento si puòspiegare l’essenza della medicalizzazione della penalità di cui haparlato Foucault: nel momento in cui gli psichiatri si misero nellacondizione di dire se nel soggetto deviante si potessero ritrovaretratti o segni che rendessero verosimile la formazione di compor-tamenti di infrazione alle norme giuridiche, essi assunsero un ruologiudicante. Medico-giudice, quindi, ma anche giudice-medico, ilquale, nel momento in cui decideva di punire l’individuo portatoredi tali segni stereotipati, non puniva l’infrazione ma poteva soloorientarsi verso misure curative e correttive, di reinserimento e ria-dattamento.

10. Dal Parlamento al codice

La riforma del codice di procedura del 1865 seguì una stradaancor più lunga e tortuosa di quella che occorse per la riforma delcodice penale: ben quarantotto anni d’attesa a fronte ai trenta cheservirono per arrivare allo Zanardelli.

La storia degli interventi di riforma si può far risalire fino al1866, anno in cui, con un progetto di legge per la riorganizza-

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79 Nell’ ›Archivio‹, soprattutto nellesezioni di Psichiatria e di Antro-pologia criminale, venne datogrande risalto agli studi condottiper inventare nuovi strumenti dimisurazione e corrispondenti ta-belle dei risultati. Potrebbe farsorridere oggi la passione con cuisi discuteva di alcuni strumenticome goniometro auricolare in-ventato da Broca, il tachiantropo-metro del giudice Anfosso, il gau-

sometro di Ottolenghi, il bariste-siometro di Eulemburg, ecc.

80 Foucault, Gli anormali (nt. 1)29–30.

zione della giustizia penale nella parte ›correzionale‹, il ministro diGrazia e Giustizia e dei Culti Giuseppe De Falco, inaugurò unalunga stagione di progetti parziali di riforma.81 L’esempio di ri-formare attraverso piccole modifiche fu seguito anche dai succes-sivi ministri Gennaro De Filippo (1868), Tommaso Villa (1880),Diego Taiani (1885 e 1886), Luigi Ferraris (1891) e infine VincenzoCalenda (1895) che, come si è visto in precedenza, fu il primo aoccuparsi anche della riforma delle perizie.82

Veri e propri progetti integrali di riforma furono invece avviatida Teodorico Bonacci (1982), ripresi da Emanuele Gianturco(1897) e l’anno seguente da Camillo Finocchiaro-Aprile, il qualediede l’incarico a una commissione di studiare e proporre modi-fiche al codice vigente.83 Ancora l’anno successivo s’insediò alministero della Giustizia Adeodato Bonasi che integrò la com-missione, la quale terminò i lavori nel giugno del 1900. I principidella riforma così elaborati furono allora inviati da Gianturco, cheintanto aveva ripreso il suo posto come ministro, alla magistratura,alle curie, alle facoltà giuridiche per averne parere, ma, prima chei pareri fossero pervenuti, il ministro decadde nuovamente dalsuo incarico. L’onorevole Francesco Cocco-Ortu, nuovo successo-re alla Giustizia, ricevette i pareri e deferì la compilazione delprogetto a una sottocommissione che il 10 luglio 1902 presentòlo schema del II libro. Il guardasigilli insediò allora una nuovacommissione per formulare le disposizioni mancanti e nel 1904 ilnuovo ministro Scipione Ronchetti ricevette dalla commissionedi revisione il testo integrale del progetto che fu presentato daFinocchiaro-Aprile alla Camera nella seduta del 28 novembre1905.84 La commissione camerale concluse l’esame del I libro nel1907. I lavori andavano a rilento e fu Vittorio Emanuele Orlando,anch’egli a capo del dicastero della Giustizia, a presentare undisegno di legge al Senato col quale tracciava le linee generali diuna riforma organica e chiedeva al Parlamento di modificare ilcodice di procedura in ossequio ai lavori già svolti, migliorandonela struttura e la distribuzione delle materie.

Il 23 dicembre 1910 fu poi presentato al Senato dal ministroCesare Fani un disegno di legge per la riforma dell’istituto delleperizie. Insediatosi di nuovo Finocchiaro-Aprile il 29 marzo 1911,questi presentò soltanto due mesi dopo al Senato il nuovo progettoche fu finalmente approvato con la legge 20 giugno 1912 n. 598 epubblicato con il Regio decreto 27 febbraio 1913.

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81 Cfr. Giuseppe De Falco, Progettodi legge presentato dal ministro digrazia e giustizia e dei culti (DeFalco) nella tornata del 19 aprile1866 – Riordinamento dell’ammi-nistrazione della giustizia corre-zionale; riduzione del numero deitribunali civili e correzionali; fa-coltà per una nuova circoscrizionedelle preture, in: Camera deiDeputati, n. 97, Legislatura IX –Sessione 1865–66 dal 18 nov.1865 al 30 ott. 1866 – Raccolta didocumenti stampati dalla Camera,vol. V – n. 68 al 117, Firenze1866.

82 Un’analisi attenta e puntuale deiprogetti di codificazione si trova inMiletti, Un processo (nt. 14).

83 La commissione era composta daBrusa, Canonico, Ferro-Luzzi,Lucchini, Marsilio, Mazzella, No-cito, Pessina come vicepresidente,Ronchetti e Villa, i segretari eranoCaracciotti e Vacca.

84 Cfr. Camillo Finocchiaro-Aprile, Relazione 1905, in: AttiParlamentari. Legislatura XXII –

Sessione 1904–05. Camera deiDeputati. N° 266, Progetto diCodice di Procedura Penale per ilregno d’Italia e Disegno di leggeche ne autorizza la pubblicazionepresentato al ministro di grazia egiustizia dei culti (Finocchiaro-Aprile) nella seduta del 28 no-vembre 1905. Parte I: RelazioneMinisteriale, Roma 1905.

Per ciò che riguarda la riforma dell’istituto della perizia, nulladi rilevante si ritrovava nei lavori della prima commissione del1898, che ritornava invece sulla laconica formulazione del vecchiocodice per la nomina di periti in istruttoria: »Quando per undeterminato accertamento si richiedono speciali conoscenze, ilgiudice nomina un perito, e più periti nei casi difficili«. La periziain istruttoria rimaneva quindi invariata mentre per il dibattimentovenivano osservati due principi: da un lato i periti dovevano esserescelti dalle parti, le quali potevano indicarne solo uno per ciascunesame, d’altro lato si dava ancora un parere negativo circa laformazione di albi i quali avrebbero creato uno stato di soggezionedell’iscritto all’autorità che ne avesse formato il ruolo, vincolandoi periti e allontanando le personalità più eminenti, insofferentiall’irregimentazione.

Il primo progetto teso a una sostanziale riforma delle perizie fuquello del ministro Calenda che, come si è visto, ipotizzò per laprima volta in via ufficiale che anche in istruttoria le parti potesserorichiedere la nomina di periti, i quali erano però scelti dal giudicesulla base dell’oggetto, dello scopo della perizia e di speciali qualitàeventualmente richieste.

Un’innovazione dell’istituto che anticipò i principi della ver-sione definitiva fu invece inserita nel progetto di Finocchiaro-Aprile del 1905. Nella sua lunghissima relazione alla Camera ilministro spiegò le ragioni della disciplina di ogni singolo istituto,tanto che la sua relazione può essere considerata un vero e proprio»saggio dottrinale (che) costituisce una completa monografia intor-no al processo penale, ricca di citazioni di scrittori e di giuri-sprudenza, forse anche più di quanto convenga a consimili docu-menti parlamentari«.85

Finocchiaro-Aprile si soffermò a lungo sulla distinzione di duesistemi peritali; l’uno, che chiamò della perizia libera, prevedeva ilcontraddittorio in entrambe le fasi processuali ed era vigente neisistemi anglosassoni, in Spagna e Argentina. Un sistema misto(contraddittorio tra periti solo in dibattimento) informava ladisciplina del codice italiano e di quello francese, mentre la periziaufficiale (solo il giudice ha facoltà di nominare periti) era in vigorecon diverse gradazioni in Germania, Austria, Ungheria, mentre inItalia fu proposto da Calenda. Finocchiaro-Aprile passava poi aspiegare le buone ragioni dell’uno e dell’altro sistema, rigettandonenettamente un terzo, quello della perizia legale, per il quale il perito

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85 Cfr. Lodovico Mortara, Ales-sandro Stoppato, GuglielmoVacca, Augusto Setti, Raffae-le De Notaristefani, SilvioLonghi, Commento al Codice diprocedura penale, II, parte I, To-rino 1913, 3.

diventava anche giudice, ossia quel sistema del collegio peritaleindicato da Livi e Carrara (ma veniva ricordato solo il secondonella relazione) ben trent’anni prima.

La commissione del 1905 decise di anticipare il contradditto-rio tra periti in istruttoria. I consulenti di parte e quelli d’ufficiodovevano riunirsi in un unico collegio in numero dispari, peragevolare la formazione di maggioranze nelle conclusioni. Nelcaso di esami sull’infermità mentale, il giudice poteva ordinare ladetenzione dell’imputato in manicomio (se libero sarebbe inveceservita un’ordinanza della Camera di consiglio) per facilitare leosservazioni.

La disciplina delle perizie in dibattimento presentava altreimportanti novità: nella seconda fase del processo poteva parte-cipare il solo perito relatore del collegio che riceveva domande ochiarimenti sui risultati dell’esame in istruttoria. Se fosse emersa lanecessità di nuove perizie, queste sarebbero state effettuate nelleforme e con le condizioni previste per l’istruttoria e alla fine irisultati sarebbero stati presentati sempre dal perito relatore. Sefossero emersi dubbi sulla sanità mentale dell’imputato, si davafacoltà al giudice istruttore, qualora la perizia avesse confermatol’irresponsabilità, di sostituire la precedente sentenza di rinvio aldibattimento con quella di non luogo a procedere.

Le novità erano dunque sostanziali e molto rilevanti: mentre siaccoglieva il sistema del contraddittorio in istruttoria, anticipandole lotte scientifiche nel segreto del collegio peritale per evitare diconfondere giudici o giurati, in dibattimento si vietava ogni discus-sione. Tali riforme sarebbero state riproposte senza troppe modi-fiche nel codice di procedura penale del 1913, senza dar seguito allemodifiche già proposte dal Fani nel 1910.86

Il dibattito parlamentare che seguì alla relazione delle commis-sioni speciali del Senato (5 febbraio 1912) e della Camera (7 marzo1912),87 le quali avevano terminato la valutazione del secondoprogetto Finocchiaro-Aprile il 23 maggio 1911, permette di rico-struire le motivazioni che indussero a riformare l’istituto della pe-rizia nella direzione del progetto del 1905.

L’onorevole Oronzo Quarta, relatore al Senato, riferì le prin-cipali riflessioni della commissione: il criterio che doveva informaretutto l’istituto era ancora una volta quello di impedire lo scandalodi lotte scientifiche in dibattimento. Si era passati poi a considerarese fosse stato necessario regolare singolarmente ogni differente

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86 Il progetto Fani si distingueva daquello del 1905 appena commen-tato solo in un punto fondamen-tale: invece della nomina libera deiperiti di parte in istruttoria, il ma-gistrato invitava le parti davanti alui per accordarsi intorno alla de-signazione dei periti. Se non sifosse pervenuti ad un accordo, ilgiudice provvedeva d’ufficio alladesignazione del collegio peritale ele parti potevano presentare tutte

le domande di accertamento e dirilievo che credevano di doversottoporre ai periti.

87 La commissione senatoria era for-mata da Quarta (presidente),Mortara (segretario e relatore),Baccelli, Balenzano e Inghirelli,quella della Camera da Grippo(presidente), Dari, Barzilai, Da-neo, Ferri, Fulci, Girardi, Mura-tori e Stoppato (relatore).

specie di esame, ma fu deciso di dare specificazione solo alle periziepsichiatriche, evidentemente più delicate rispetto alle altre.88 Nonsi doveva obbligare il giudice a eseguire determinate operazionisecondo il tipo di reato, questi era lasciato libero di disporre leinvestigazioni come meglio credesse. Siccome il perito nominatodal magistrato istruttore (cui era stata tolta la veste di ufficiale dipolizia) doveva considerarsi perito di giustizia e non di accusa, siconcedeva all’accusato e alla parte lesa la facoltà e non l’obbligo difar concorrere un proprio perito. Nel caso di dissenso insanabiletra i periti riuniti in collegio il giudice doveva nominare un nuovoperito e tutte le opinioni contrarie sarebbero state lette nel dibatti-mento.

Per quanto riguarda le perizie psichiatriche si ponevano invecei seguenti principi: anzitutto sarebbero state ordinate non quandol’imputato avesse dato segni di infermità di mente ma nel caso incui fosse nato un dubbio sullo stato di mente, in ossequio allerecenti tendenze della psichiatria che avevano dimostrato la possi-bilità di infermità mentale senza che si manifestassero segni inmaniera evidente. Un punto davvero rilevante riguardava poi leindicazioni dello scopo della perizia, su cui il progetto (art. 245)così disponeva: »Ove i periti riconoscano che l’imputato, nel mo-mento in cui ha commesso il fatto, era in stato di infermità dimente, debbono dichiarane l’inizio, la specie e il grado e poi se e inquanto l’infermo sia pericoloso«.89

Si riconosceva, dunque, agli psichiatri, in via ufficiale e defi-nitiva, la potestà di dichiarare la pericolosità sociale degli infermi dimente, di fornire, cioè, un giudizio diagnostico sulla salute mentaledegli imputati, ma anche di formularne uno prognostico sulla loropossibilità di reintegrazione nella società. La scienza penalisticarisultava ormai necessariamente integrata da quella psichiatricanella gestione dell’anormalità, entrambe si ponevano come saperiin grado di conoscere i caratteri e i comportamenti devianti giu-dicandone la compatibilità con le esigenze di sicurezza sociale.

La commissione aggiunse in seguito che l’articolo mancava diobbligare i medici a indicare anche il rapporto tra malattia mentalee atto criminale, e quindi di fornire un giudizio anche sull’evoluzio-ne della malattia e non solo sulla conseguente pericolosità socialedel soggetto: »A tal proposito la Commissione sente tutta l’oppor-tunità di rinnovare i voti ripetuti e antichi affinché si provveda coimezzi necessari e con le convenienti norme di legge a difendere la

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88 L’articolo 209 del C.p.p. del 1913disponeva che le perizie psichiat-riche venissero affidate dal giudice»a direttori di cliniche speciali o dimanicomi, o ai loro assistenti, o amedici particolarmente espertinella psichiatria«, le parti, a nor-ma dell’art. 211, erano invece li-bere nella scelta del proprio perito.

89 Sullo scopo della perizia psichia-trica l’articolo 215 del C.p.p. del1913 disponeva, nel terzo capo-

verso: »Nel caso di perizia psi-chiatrica debbono sempre essereinvitati i periti a giudicare, qualorariconoscano essere l’imputato in-fermo di mente, se la sua libertàpossa essere pericolosa a lui o aglialtri«.

società contro i delinquenti che la scienza sottrae al rigore dellecomuni sanzioni pel motivo della loro irresponsabilità. Non èquesta la sede per discutere se e quanto vi sia di esorbitante incerte correnti scientifiche, seguendo le quali si troverebbero glielementi diagnostici per l’irresponsabilità di nove decimi dei delin-quenti«.90

Il breve passaggio di Quarta appare fondamentale per le nostreconclusioni, che, come si vedrà tra breve, sembrano confermateanche da altri discorsi dei senatori e deputati che accennarono alproblema delle teorie lombrosiane. Osservando il dibattito sulruolo e le competenze dei periti nel processo penale, che certamenteconsente di valutare solo parzialmente il tema dello scontro trasaperi sul controllo della criminalità, sembra comunque che lapsichiatria, una volta liberata dagli eccessi di Lombroso, sia uscitavittoriosa da oltre un trentennio di lotte per l’egemonia. Anche igiuristi, infatti, sembrarono sempre meno impensieriti dal fatto chele teorie sull’atavismo, la degenerazione e l’epilessia potesseroportare alla dichiarazione di infermità della quasi totalità degliimputati: l’unica, vera preoccupazione era diventata la sorte deipazzi criminali, i quali dovevano essere necessariamente messi incondizione di non nuocere alla società, proprio come affermato pertre decenni sulle pagine dell’Archivio di psichiatria i cui autori ecollaboratori guidarono con successo la formazione dello schemapazzo-pericoloso-segregato, che continua ad agire in larga parteancora oggi.91

La discussione in Senato continuò su questioni tecniche, senzache nessuno mettesse più in discussione il ruolo della psichiatria nelprocesso penale; si occuparono delle perizie Garofalo, Tamassia,Lucchini e Marinuzzi.92

Alla Camera, invece, la relazione di Alessandro Stoppato siconcentrò ancora una volta sulla libertà del contraddittorio deiperiti in dibattimento: i periti potevano essere citati solo per nuoviaccertamenti, nel qual caso le nuove perizie non si sarebbero svoltein pubblico ma con le forme dell’istruttoria; in dibattimento ri-maneva ferma l’unica possibilità di leggere i risultati della periziaistruttoria, il presidente del tribunale avrebbe potuto soltantochiedere chiarimenti, escludendo qualsiasi discussione tra periti.93

Anche se risultava impossibile eliminare completamente ladiscussione in dibattimento, tutti gli accorgimenti presi sarebberoserviti a scongiurare ogni pericolo di confusione per i giudici e i

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90 Oronzo Quarta, Relazione dellaCommissione speciale, in Mor-tara, Stoppato, Vacca, Setti,De Notaristefani, Longhi,Commento (nt. 85) I, 1913, La-vori preparatori fondamentali, re-lazioni dei commissari, principiiadottati dalla Commissione, 823–904 (871).

91 Ne è convinto Renzo Villa che haaffermato: »Questa situazione dipotere (della psichiatria) è il risul-tato di un processo, lungo e com-plesso, che porta alla fine delsecolo ad una situazione rimastasostanzialmente inalterata. Il giu-dice è infatti oggi, di fatto, vin-colato al giudizio del perito psi-chiatra e ne chiede il parere, pertutta una serie di casi in cui sia inforse l’imputabilità«. Cfr. Villa,Perizie (nt. 9) 384.

92 Nella seduta del 26 febbraio Ga-rofalo chiese una più esplicita

negazione della discussione in di-battimento, al contrario Lucchini(cambiando ancora una voltaopinione) chiese invece assolutalibertà di discussione, stessa ri-chiesta fu presentata da Tamassia,che insistette ancora una voltasull’esame di fisicato sul modellotedesco. Nella seduta del 29 feb-braio Marinuzzi chiese che il col-legio peritale effettuasse le opera-zioni insieme al giudice. Rispose a

tutti il primo marzo il ministroFinocchiaro-Aprile che confermòl’opportunità di una discussioneestremamente limitata in dibatti-mento. Il Senato approvò il pro-getto il 7 marzo con 96 voti favo-revoli e 16 contrari.

93 Le facoltà dei periti in dibattimen-to furono effettivamente regolatedal codice nel senso indicato dalrelatore.

giurati poiché, sostenne Stoppato, »quando per esempio, or’è unquarto circa di secolo, uno psichiatra precursore veniva a sostenereche l’epilettico irresponsabile può perfettamente ragionare o che visono delitti che rappresentano equivalenti psichici o forme vicariedell’epilessia, o che esistono manie sessuali degenerative … Oggifarebbe ridere di pietà un giudice che a una delle dette conclusionile accettasse!«.94 Il pericolo della nuova scuola, almeno nel suoversante bio-antropologico, era ormai svanito.

Lo confermava pochi giorni dopo Enrico Ferri che, a sorpresa,s’intrattenne nel suo intervento alla Camera proprio sulla questioneche da sempre gli appartenenti alla ›nuova scuola‹ si erano guardatibene dal porre in discussione, quello delle domande rivolte daigiudici ai periti: »Purtroppo però ci sarà sempre una ragione per cuile perizie funzioneranno poco bene, ed è questa: che specie nel casodi perizie psichiatriche i giudici, l’opinione pubblica e forse la legge,domandano ai periti ciò che i periti non dovrebbero poter dire.Quando si dibatte della pazzia di un accusato, si domanda al peritonon solo se l’accusato sia un infermo di mente, ma anche se siaresponsabile o no, cioè se abbia avuto la coscienza o la libertà deisuoi atti. Ora questa seconda parte, secondo me, è quella per laquale la perizia è fuori dalla su base naturale, perché sulla respon-sabilità morale e sulla colpa di un accusato si può discutere all’in-finito senza intendersi, ma i clinici psichiatrici (e vi sono qui illu-strazioni che mi fanno l’onore di ascoltarmi) se ne intendono beneper dire se uno è o no infermo di mente parzialmente e totalmente,ma sono poi le parti, pubblico ministero e difensori che discute-ranno dopo se, date quelle conclusioni della perizia, ne derivi laconseguenza della responsabilità o irresponsabilità. Ma non è ilperito che deve entrare in una discussione, con la quale eviden-temente gli scandali giudiziari non saranno mai eliminati«.95

Le parole del più stretto alleato di Lombroso per oltre un tren-tennio suonano davvero inverosimili; in poche battute si liquidavatutto lo sforzo della ›nuova scuola‹ per presentarsi competente adiscutere non solo della pazzia, ma del comportamento deviante ingenerale e quindi della possibilità di orientare le scelte più significa-tive in tema di politica e tecnica penale. Si può ipotizzare, confron-tando il brano con tutto il lungo discorso di Ferri alla Camera, chetale opinione fosse stata espressa nella speranza di costruire unprocesso penale completamente diverso, adeguato in tutto e pertutto ai risultati dell’antropologia criminale. Il ruolo degli psichiatri

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94 Alessandro Stoppato, Relazio-ne della Commissione nominatadal presidente della Camera […],in Mortara, Stoppato, Vacca,Setti, De Notaristefani,Longhi, Commento (nt. 85) I,1913, Lavori preparatori fonda-mentali, relazioni dei commissari,principii adottati dalla Commis-sione, 905–1064 (1005).

95 Enrico Ferri, Discussioni Came-ra 1912, in Mortara, Stoppato,

Vacca, Setti, De Notaristefani,Longhi, Commento (nt. 85)1914, Discussioni Camera – Tor-nata del 22 maggio 1912, 345–367 (366–7).

si sarebbe ridotto di molto in un processo tutto teso alla ricercadella personalità del delinquente, i medici avrebbero analizzatosolo la parte relativa all’infermità mentale, mentre altri specialisticome i sociologi e gli antropologi avrebbero osservato l’uomocriminale sotto altri aspetti con l’unico scopo di prevedere lapericolosità sociale dell’imputato. La possibilità di una riduzionedelle competenze degli psichiatri in ambito processuale si puòdunque giustificare con la formulazione di un progetto più ampio,teso a riformare positivamente l’intera procedura penale, maproprio in questo senso riceve conferma l’impressione che, nono-stante la sconfitta e il progressivo oblio delle teorie sull’ ›Uomodelinquente‹, fosse ormai acquisito un ampio spazio teorico per lalegittimazione definitiva di nuovi saperi (tra cui quello psichiatrico)nel discorso sulla criminalità e sulla devianza.

Quasi come un contrappunto alle parole di Ferri risuonaronoil 15 giugno alla Camera quelle di Alessandro Stoppato, che ri-spondeva da relatore del progetto a numerose questioni, e chericordiamo come collaboratore abituale della rivista di Lucchini:»Non rimarremmo noi storditi imparando oggi che, quando CesareLombroso o Leonardo Bianchi od altri con essi, venti o venticinqueanni fa venivano a raccontarci che esistevano casi di larvataepilessia, dei sostitutivi psichici i quali simulavano l’intelletto e lapiena libertà pure celando dentro di sé la miseria spirituale, i giudicisorridevano? E chi oggi sorriderebbe? È questa una conquistaormai della psicologia sperimentale moderna; e quindi, onorevoleCavagnari, se le porte della giustizia fossero state chiuse allora aimaestri della psichiatria, il codice penale nostro non segnerebbe iltrionfo della distinzione precisa fra i vizi della coscienza e i vizi dellavolontà. No; la scienza ha creato la legge«.96

La fase cruciale dello scontro tra sapere medico e saperegiuridico si concludeva in un sostanziale superamento della rigidaschematizzazione offerta dalle scuole. Se per molti aspetti risultavavincente la prospettiva dei penalisti classici, come peraltro era giàaccaduto con la codificazione penale del 1889, che non avevaaccolto le categorie criminali lombrosiane, i sostitutivi penali delFerri e nemmeno le ardite innovazioni sul delitto naturale diGarofalo,97 la rappresentazione della follia che la psichiatriamoderna non era riuscita a inserire nel codice di procedura,lasciava tuttavia un’impronta forte, duratura e gravida di conse-guenze nella coscienza comune dei giuristi del tempo.

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96 Alessandro Stoppato, Relazio-ne (nt. 94) 489.

97 Enrico Ferri, I nuovi orizzontidel diritto e della procedura pena-le, Bologna 1881; Raffaele Ga-rofalo, Criminologia. Studio suldelitto, sulle sue cause e sui mezzidi repressione, Roma 1885.

Indagando il territorio che circonda immediatamente la strettaformulazione normativa, il discorso giuridico di quegli anni svelaun percorso più profondo, contenuto nello sforzo di sottoporre alleproprie regole ciò che fino ad allora non poteva che ricadere neldominio delle scienze naturali: »Con l’idea di una mostruosità dicomportamento la vecchia categoria del mostro è stata traspostadall’ambito del disordine somatico e naturale all’ambito dellacriminalità pura e semplice. A partire da questo momento si vedeemergere un campo specifico: quello della criminalità mostruosa odella mostruosità che non si realizza nella natura o nel disordinedella specie, ma nel comportamento stesso«.98

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98 Cfr. Foucault, Gli anormali(nt. 1) 73 (corsivo mio).