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Laboratorio di Didattica della Fisica RATTO SIMONA _____________________________________________________________________________ Prof.ssa M. Pilo – Prof.ssa M.T. Tuccio 1 Ratto Simona POLARIZZAZIONE E POTERE ROTATORIO DELLO ZUCCHERO Per capire il fenomeno della polarizzazione è necessario considerare la natura ondulatoria della luce. La luce è un’onda elettromagnetica trasversale: i vettori campo elettrico E e induzione magnetica B, perpendicolari tra loro, vibrano in piani perpendicolari alla direzione di propagazione k. Nel caso di luce proveniente dal sole, da una lampadina, da una candela e in generale da una sorgente luminosa, i vettori E e B, pur rimanendo perpendicolari tra di loro e perpendicolari alla direzione di propagazione k, variano di direzione, al variare del tempo, in maniera del tutto casuale. Se al contrario presentano qualche preferenza circa la direzione, sempre trasversale, si dice che la luce è “polarizzata”. Convenzionalmente, per descrivere lo stato di polarizzazione della luce, si fa riferimento al solo vettore E. A seconda della figura geometrica che descrive in un punto fissato l’estremo del vettore E nel tempo, segmento, circonferenza o ellisse, lo stato di polarizzazione si dice rispettivamente rettilineo, circolare ed ellittico. Per quanto riguarda la comprensione dell’esperienza effettuata in laboratorio è sufficiente considerare lo stato di polarizzazione rettilineo: la luce che si presenta in questo stato si dice polarizzata linearmente e viene rappresentata da un segmento con doppia freccia Esistono vari modi per ottenere luce polarizzata: riflessione, rifrazione, diffusione e passaggio attraverso mezzi particolari, detti anisotropi. Per effettuare l’esperienza sull’analisi qualitativa del potere rotatorio della soluzione di zucchero di canna si produce luce polarizzata facendo attraversare la luce di una torcia (o candela) attraverso particolari lamine, con le stesse caratteristiche delle lastre di

Ratto Simona POLARIZZAZIONE E POTERE ROTATORIO …tuccio/SSIS/2005Ratto.pdf · ESPERIENZA DI LABORATORIO: POTERE ROTATORIO DELLO ZUCCHERO OBIETTIVI DELL’ESPERIENZA L’esperienza

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Ratto Simona

POLARIZZAZIONE E POTERE ROTATORIO DELLO ZUCCHERO Per capire il fenomeno della polarizzazione è necessario considerare la natura ondulatoria della luce. La luce è un’onda elettromagnetica trasversale: i vettori campo elettrico E e induzione magnetica B, perpendicolari tra loro, vibrano in piani perpendicolari alla direzione di propagazione k.

Nel caso di luce proveniente dal sole, da una lampadina, da una candela e in generale da una sorgente luminosa, i vettori E e B, pur rimanendo perpendicolari tra di loro e perpendicolari alla direzione di propagazione k, variano di direzione, al variare del tempo, in maniera del tutto casuale. Se al contrario presentano qualche preferenza circa la direzione, sempre trasversale, si dice che la luce è “polarizzata”. Convenzionalmente, per descrivere lo stato di polarizzazione della luce, si fa riferimento al solo vettore E. A seconda della figura geometrica che descrive in un punto fissato l’estremo del vettore E nel tempo, segmento, circonferenza o ellisse, lo stato di polarizzazione si dice rispettivamente rettilineo, circolare ed ellittico. Per quanto riguarda la comprensione dell’esperienza effettuata in laboratorio è sufficiente considerare lo stato di polarizzazione rettilineo: la luce che si presenta in questo stato si dice polarizzata linearmente e viene rappresentata da un segmento con doppia freccia

Esistono vari modi per ottenere luce polarizzata: riflessione, rifrazione, diffusione e passaggio attraverso mezzi particolari, detti anisotropi. Per effettuare l’esperienza sull’analisi qualitativa del potere rotatorio della soluzione di zucchero di canna si produce luce polarizzata facendo attraversare la luce di una torcia (o candela) attraverso particolari lamine, con le stesse caratteristiche delle lastre di

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polaroide utilizzate per gli occhiali da sole. Queste lamine hanno le molecole disposte secondo una struttura particolare in modo da permettere la trasmissione della luce in una direzione privilegiata, detta asse di trasmissione: se il campo elettrico E della luce incidente vibra nella direzione dell’asse di trasmissione, la luce viene trasmessa quasi totalmente; viceversa se E vibra in direzione perpendicolare a tale asse, la luce viene assorbita quasi totalmente. Per capire questo fenomeno si può ricorrere ad un esempio pratico: si immagina la lastra polarizzante come un cancello a inferriate parallele e la luce come l’onda di una corda che vibra: se il piano in cui si muove la corda è parallelo alle aste del cancello l’onda passa, se è perpendicolare l’onda si interrompe:

Se si fa passare un fascio luminoso attraverso una lastra polarizzante (polarizzatore) con asse di trasmissione in una certa direzione, la luce emergente risulta polarizzata linearmente secondo quella direzione. La luce emergente può essere analizzata mediante una seconda lamina polarizzante (analizzatore) di cui si conosce l’asse di trasmissione. Ruotando l’analizzatore in un piano perpendicolare alla direzione del raggio luminoso, si osserva una variazione dell’intensità della luce: in particolare si ha intensità massima quando gli assi di trasmissione di polarizzatore e analizzatore sono paralleli, si ha estinzione quando gli stessi assi sono perpendicolari.

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ESPERIENZA DI LABORATORIO: POTERE ROTATORIO DELLO ZUCCHERO

OBIETTIVI DELL’ESPERIENZA L’esperienza ha lo scopo di evidenziare il comportamento dello zucchero di canna liquido quando viene attraversato da un fascio di luce polarizzata. Lo zucchero di canna liquido ha la proprietà di essere otticamente attivo: quando un fascio di luce polarizzato linearmente attraversa la soluzione il piano di polarizzazione in uscita risulta ruotato rispetto a quello in entrata. La rotazione avviene attorno alla direzione di propagazione, in verso orario rispetto alla direzione di propagazione della luce (le sostanze come lo zucchero che ruotano il piano di polarizzazione in verso orario si dicono destrogire; si dicono invece levogire le sostanze che ruotano il piano di polarizzazione in verso in diverse antiorario, ad esempio il fruttosio). Questa proprietà viene sfruttata in applicazioni pratiche, ad esempio misurando l’angolo di rotazione del piano di polarizzazione è possibile determinare la concentrazione delle soluzioni, in particolare delle soluzioni di zuccheri. Questa proprietà, che prende anche il nome di potere rotatorio, è utilizzata anche per studiare la purezza delle soluzioni (microscopio chimico). L’ampiezza della rotazione dipende da molti fattori: dal tipo di molecola, dal numero di molecole della soluzione che interagiscono con il fascio (che dipende a

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sua volta dalla concentrazione della soluzione e dallo spessore della vaschetta), dalla temperatura, dalla lunghezza d’onda del fascio di luce. Nell’esperienza in laboratorio è stato possibile osservare la dipendenza dallo spessore della vaschetta contenente la soluzione di zucchero e dalla lunghezza d’onda. MATERIALE UTILIZZATO Ø un polarimetro, costituito da due lastre polarizzanti montate su supporti

paralleli alla distanza di circa 15 cm su scala goniometrica graduata, con un apposito supporto per la vaschetta da interporre tra le due lastre;

Ø vaschetta a base rettangolare di vetro; Ø zucchero di canna liquido Ø una torcia Ø una candela

ESECUZIONE E RACCOLTA DEI DATI Una volta posizionate le due lastre con gli assi di trasmissione perpendicolari tra loro, ovvero in posizione di estinzione del fascio di luce proveniente dalla torcia, si interpone tra le lastre la vaschetta contenente lo zucchero di canna liquido, acquistato al supermercato, nelle due diverse posizioni di spessore massimo e minimo. La prima cosa che si osserva in entrambe le situazioni è la comparsa del fascio di luce, conseguenza della rotazione del piano di polarizzazione. Inoltre la comparsa di luce colorata ha fatto intuire la dipendenza dalla lunghezza d’onda: ulteriore conferma di questo fatto è stata l’osservazione di luce di diversi colori ruotando l’analizzatore e sostituendo la luce della torcia con la luce di una candela. È stata possibile un’analisi qualitativa dei colori osservati: non ho ritenuto opportuno effettuare un’analisi degli errori in quanto si tratta di osservazioni soggettive e la distinzione dei colori dipende da troppi fattori personali e poco oggettivi. Ho approssimato gli angoli a 5°: nella tabella seguente quanto osservato nel caso della luce della candela. CASO 1: spessore 11,6 ± 0,1 cm

ROTAZIONE ANALIZZATORE

COLORI OSSERVATI

0° giallino 20° verde chiaro 50° blu 65° fuxia 75° rosso 90° arancione 110° giallo scuro 180° giallino

CASO 2: spessore 7,2 ± 0,1 cm ROTAZIONE

ANALIZZATORE COLORI

OSSERVATI 0° bianco

20° verde chiaro 30° azzurro 35° fuxia 40° rosso 60° arancione 90° giallo scuro 135° giallino 180° bianco

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UNITÀ DIDATTICA LA LUCE E ALCUNI FENOMENI COLLEGATI:

RIFLESSIONE, RIFRAZIONE, POLARIZZAZIONE

L’esperienza sulla polarizzazione appena descritta, mi ha affascinato a tal punto che ho pensato di proporre l’argomento agli studenti della IF della scuola media statale B. Strozzi nella quale ho effettuato il tirocinio. A questo proposito ho pensato ad un percorso didattico che potesse risultare comprensibile agli studenti della prima media, cercando possibili esperimenti da effettuare in classe, relativi a fenomeni visibili dagli studenti stessi nella vita di tutti i giorni e spiegabili dal punto di vista scientifico: in particolare la riflessione della nostra immagine nello specchio, il fenomeno dell’arcobaleno, il bastoncino (o cucchiaino) immerso parzialmente in acqua che appare spezzato e gli esperimenti relativi alla polarizzazione. Dal momento che ho già realizzato l’unità didattica, racconterò quanto successo e i risultati ottenuti.

PREREQUISITI I prerequisiti necessari per la comprensione del percorso sono limitati ai concetti di retta, semiretta, rette parallele, rette perpendicolari, angolo, piano e alla conoscenza della rappresentazione dei numeri in potenze di 10, tutti noti agli studenti al momento dell’intervento in classe.

TEMPI e METODOLOGIE L’intervento didattico, che ha occupato due ore, si è svolto alternando lezione dialogata a esperimenti pratici.

LA LUCE

Per introdurre l’argomento ho messo in evidenza uno degli aspetti importanti della luce, ossia il fatto che la luce caratterizza il mondo in cui viviamo: infatti è proprio attraverso la luce che riceviamo la maggior parte delle informazioni su quanto ci sta intorno, sottolineando, anche se evidente, che solo quando c’è luce riusciamo a vedere quello che ci circonda. Per fare un collegamento a quanto gli studenti hanno studiato precedentemente, ho fatto notare che senza la luce solare non sarebbe possibile il processo della fotosintesi clorofilliana, e quindi non sarebbe neppure possibile la vita nelle forme che conoscono. Data l’età degli studenti, la necessità di affrontare i contenuti previsti con un approccio il più semplice e evidente possibile mi ha indotto a rientrare nella schematizzazione dell’ottica geometrica. Tuttavia, volendo spiegare loro la formazione dell’arcobaleno come caso particolare di rifrazione, ho accennato alla natura ondulatoria della luce. La luce è costituita da onde elettromagnetiche, che si propagano nel vuoto alla velocità di 3 108 m/s e ad una velocità minore nei mezzi materiali. Di onda elettromagnetica ho solo detto che si tratta di una combinazione tra fenomeni

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elettrici, come quelli relativi alla corrente elettrica che si utilizza normalmente a casa, e fenomeni magnetici (tutti avevano presente cosa sia una calamita). Ma che cos’è un’onda? L’onda viene definita come una perturbazione che si propaga nello spazio trasportando energia, ma senza trasportare materia. Perturbazione è da pensare come uno “sconvolgimento”, l’agitazione di un qualcosa che è fermo. Due esempi:

• le onde del mare; • le onde che si generano facendo oscillare una corda attaccata per un capo

ad una parete. Un’onda si può quindi schematizzare nel modo seguente:

Molte le richieste di spiegazione sul fatto che un’onda trasporta energia ma non materia, seguite all’obiezione sul fatto che le onde del mare sono formate da acqua che “si muove”: a questo proposito l’esempio delle onde generate dall’oscillazione di una corda attaccata ad un capo ha convinto i ragazzini della definizione di onda.

Una delle principali caratteristiche che descrivono un’onda è la lunghezza d’onda, ossia la distanza tra due creste (oppure tra due gole) consecutive.

Questa caratteristica è molto importante perché a lunghezze d’onda differenti corrispondono colori differenti. Utilizzando gessetti colorati ho riprodotto alla lavagna il disegno seguente, precisando che i colori sono: rosso, arancione, giallo, verde, azzurro, indaco e violetto.

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Per chiarire questo concetto ho fatto il paragone con le onde sonore, portando come esempio la chitarra, aiutata dal fatto che tutti avevano avuto modo di vedere e sentire i suoni emessi da una chitarra. Se si pizzicano corde differenti della chitarra si ottengono suoni differenti che corrispondono ad onde con lunghezze d’onda differenti: questo dipende dalla tensione della corda e dalla sua lunghezza (i musicisti bloccando con le dita le corde sulla tastiera per creare le note). Stimolando la curiosità degli studenti chiedendo loro se avessero sentito parlare di ultravioletti, infrarossi, microonde... e così via, ho spiegato che questi “fenomeni” chiamati radiazioni si classificano proprio per la diversa lunghezza d’onda. Dal momento che gli studenti conoscevano le potenze di 10 ho potuto proporre la seguente classificazione:

LUNGHEZZA D’0NDA TIPO DI RADIAZIONE

< 10-10 m RAGGI GAMMA

10-10 - 10-8 m RAGGI X

10-8 – 0.4 10-6 m ULTRAVIOLETTI

0.4 10-6 – 0.7 10-6 m VISIBILE

0.7 10-6 – 1mm INFRAROSSI

1mm – 10 cm MICROONDE

10 cm – 10 km ONDE RADIO

Ho fatto notare che l’intervallo delle lunghezze d’onda per la luce visibile è il più piccolo tra tutti gli altri e quindi il nostro occhio è sensibile solo a una parte

lunghezza d’onda maggiore

lunghezza d’onda

minore

bassa energia

alta energia

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molto limitata di radiazioni. Riprendendo quanto già accennato e cioè che le onde con lunghezze d’onda minori hanno maggiore energia, ho sottolineato che la pericolosità dei raggi X e dei raggi ultravioletti deriva proprio da questo. Passando quindi alla spiegazione dei fenomeni luminosi previsti nel progetto didattico: riflessione, rifrazione e polarizzazione, si può pensare alla luce come un insieme di raggi rettilinei: per dare un’immagine approssimativa del raggio di luce ho suggerito di pensare di far passare la luce proveniente dal sole o da una torcia attraverso un foro piccolissimo fatto con un ago o uno spillo su un cartoncino nero (che ho mostrato agli studenti proponendo di provare a casa in una stanza completamente buia, visto che in classe non è stato possibile oscurare le finestre) aggiungendo che un raggio di luce si propaga sempre in linea retta in un mezzo omogeneo. Una volta spiegato che noi vediamo gli oggetti perché da essi partono radiazioni luminose che giungono al nostro occhio, penetrano in esso ed eccitano le terminazioni del nervo ottico, che trasferisce le informazioni al cervello, ho fatto osservare che quando, entrando in una stanza buia, pigiamo l’interruttore vediamo non soltanto la lampadina accesa, ma anche tutto ciò che si trova nella stanza. Questo per introdurre i concetti di corpo luminoso, sorgente di luce e corpi illuminati: la lampadina è un corpo luminoso, cioè una sorgente di luce, che emette direttamente radiazioni. Gli oggetti sono corpi illuminati cioè non emettono direttamente luce, ma diffondono in tutte le direzioni la luce che ricevono dalla lampadina. Come esempio: la Luna e i Pianeti sono corpi illuminati, non emettono luce propria ma, illuminati dal Sole, diffondono questa luce in tutte le direzioni. Ho precisato che ogni corpo può diventare una sorgente di luce se è portato ad una temperatura sufficientemente elevata, portando l’esempio del metallo che da 1000° fino a 1500° è luminoso, passando dal rosso al bianco. Prima di passare a riflessione, rifrazione e polarizzazione ho classificato i corpi nel modo seguente: Ø CORPI TRASPARENTI: lasciano passare la luce al loro interno; Ø CORPI OPACHI (O LUCIDI): fermano la luce; Ø CORPI TRASLUCIDI: (una via di mezzo) pur lasciando passare la luce, non

permettono di distinguere le forme degli oggetti da cui essa proviene (es.: stoffa, carta, vetro smerigliato).

Inoltre ho ricordato agli studenti di pensare alla luce formata da tanti raggi luminosi schematizzati con semirette uscenti da un punto che si può chiamare sorgente puntiforme.

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RIFLESSIONE

Quando un raggio di luce incontra una superficie lucida si riflette seguendo due leggi: 1. il raggio incidente, la normale alla superficie nel punto di incidenza e il raggio

riflesso giacciono sullo stesso piano; 2. l’angolo di incidenza è uguale all’angolo di riflessione.

Inoltre il percorso della luce non dipende dal verso in cui essa si propaga, ovvero la luce segue lo stesso percorso qualunque sia il verso in cui viaggia.

Su questa definizione non ci sono stati problemi di comprensione, anche perché gli studenti avevano chiari tutti i concetti geometrici coinvolti. 1° ESPERIMENTO: LO SPECCHIO. Ho chiesto agli studenti di portare a scuola uno specchietto, da utilizzare per rispondere alla domanda: dov’è l’immagine che ci guarda quando ci specchiamo? La risposta più immediata è stata: sullo specchio. Dopo un po’ alcuni hanno detto: dentro lo specchio, e a quel punto ho suggerito di allontanare e avvicinare lo specchio dal volto e osservare che anche la nostra immagine riflessa si allontanava e avvicinava. Ho proposto loro di effettuare la prova seguente, che io ho eseguito alla lavagna: disegnare sul foglio una semiretta uscente da un punto e segnare su di essa delle lineette in corrispondenza dei cm del righello:

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appoggiare lo specchio perpendicolarmente al foglio in corrispondenza del punto, quindi far scorrere lo specchio nella direzione dei trattini e osservare che il punto viene riflesso alla stessa distanza dallo specchio: il movimento dello specchio ha chiarito quanto avevo accennato.

Abbiamo concluso insieme che quando ci specchiamo l’immagine che vediamo riflessa si trova “dietro” allo specchio esattamente alla stessa distanza che c’è tra noi e lo specchio: ho fatto notare che si tratta di un’immagine virtuale, cioè non è reale, non esiste. Gli studenti si sono dimostrati meravigliati da questa scoperta, chiedendosi come mai non ci avessero mai pensato prima! Questo primo esperimento ha contribuito ad aumentare l’attenzione in classe e la curiosità per il seguito della lezione. Prima di passare alla rifrazione ho mostrato con un disegno la spiegazione “scientifica” di quanto osservato: le virgolette vogliono indicare una spiegazione intuitiva. Dopo aver disegnato alcuni raggi riflessi ho spiegato che il nostro occhio non è in grado di capire che il raggio ricevuto ha percorso un angolo e quindi il raggio ci sembra provenire in linea retta: prolungando i raggi riflessi questi si incontrano in un punto che è quello che vediamo.

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Questa schematizzazione mi ha permesso di spiegare il perché alcuni specchi deformano le immagini, come ad esempio gli specchi dei luna park che ci fanno apparire grassi, magri, alti bassi ecc. Ho fatto vedere con un disegno che si tratta di specchi che non sono piani, ma presentano delle deformazioni, quindi a seconda del punto dove incide il raggio la retta perpendicolare cambia e i prolungamenti dei raggi riflessi non si incontrano tutti in un punto.

RIFRAZIONE

Il fenomeno della rifrazione si manifesta quando un raggio di luce colpisce la superficie di separazione fra due mezzi diversamente trasparenti (es: aria/acqua) e viene deviato: questo dipende dal fatto che, a seconda del materiale che attraversa, la luce viaggia a differenti velocità. La velocità della luce nel vuoto e nell’aria è circa la stessa, nei mezzi materiali dipende dalla loro composizione e per sapere come si comporta un materiale si fa riferimento ad un numero, l’indice di rifrazione del materiale stesso, che è il rapporto tra la velocità della luce nel vuoto e la velocità della luce nel mezzo. Anche il fenomeno della rifrazione, come la riflessione, è governato da due leggi: 1. il raggio incidente, la normale nel punto di incidenza alla superficie che separa

i due mezzi ed il raggio rifratto giacciono sullo stesso piano; 2. l’angolo di incidenza e l’angolo di rifrazione sono legati da una precisa

relazione. Non ho ritenuto adeguato scendere nei dettagli, ho disegnato come esempio il caso aria/acqua nel quale l’angolo di rifrazione è minore dell’angolo di incidenza.

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2° ESPERIMENTO: CUCCHIAINO E BASTONCINO SPEZZATI. Ho portato a scuola un contenitore di vetro, l’ho riempito d’acqua e ho fatto notare che osservando un cucchiaino o un bastoncino immersi parzialmente nell’acqua, questi sembrano spezzati. Molti studenti avevano visto sui libri o sulle riviste foto di questo fenomeno, in particolare di una ragazza con il corpo immerso in una piscina che sembra avere la testa staccata. Ho spiegato che questo fenomeno è dovuto alla rifrazione dei raggi che provengono dalla parte del cucchiaio che sta dentro l’acqua. Il disegno seguente mi ha aiutato nella spiegazione:

Tracciato il percorso di uno dei raggi luminosi che partono dall’estremità del bastoncino immersa in acqua e, rifrangendosi sulla superficie dell’acqua, giunge

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al nostro occhio, ho spiegato che, come avviene per la riflessione, il nostro occhio percepisce il raggio come se avesse viaggiato in direzione rettilinea. Prolungando il raggio rifratto possiamo allora concludere che tutti i raggi che partono dall’estremità del bastone giungono a noi come se provenissero da un punto più alto, dove noi vediamo l’estremità immersa del bastoncino. A questo punto è stato possibile spiegare come e perché si forma l’arcobaleno. Ho ritenuto adeguato introdurre la scomposizione della luce bianca quando attraversa un prisma di cristallo o vetro, portando alcuni esempi osservabili dagli studenti nella vita quotidiana, come i colori che si formano quando un raggio di sole passa attraverso le gocce dei lampadari di cristallo. Un raggio di luce di un solo colore che incide sulla faccia di un prisma di vetro a sezione triangolare subisce due rifrazioni, una quando passa dall’aria al vetro e l’altra quando passa dal vetro all’aria dopo aver attraversato il prisma.

Se sul prisma incide un raggio di luce bianca dall’altra parte emerge un fascio più spesso e colorato. Questo fenomeno è dovuto al fatto che la luce bianca è la somma di tutti i colori, ossia di raggi con lunghezze d’onda differenti: a seconda della lunghezza d’onda il raggio viene rifratto secondo un angolo differente. Si distinguono: rosso, arancione, giallo, verde, azzurro, indaco, violetto. Si passa da un colore all’altro in modo continuo: questo fenomeno si chiama dispersione della luce. La striscia colorata si chiama spettro della luce.

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L’arcobaleno è il risultato della combinazione dei seguenti fenomeni: rifrazione, dispersione e riflessione interna dei raggi solari da parte delle goccioline di pioggia. I COLORI DEGLI OGGETTI Quando la luce bianca illumina un oggetto spesso l’oggetto ci appare di un colore ben definito (a volte l’oggetto ci appare nero). Perché una foglia è verde? Perché i papaveri sono rossi? Newton affermò che i corpi “diffondono un tipo di luce più di un altro”. Una foglia colpita da luce bianca trattiene (cioè assorbe) tutti i colori tranne il verde che essa diffonde e rimanda ai nostri occhi. Un papavero fa lo stesso con il rosso, il tuorlo d’uovo con l’arancione ... Vediamo nero un corpo che assorbe tutte le radiazioni luminose, mentre vediamo bianchi i corpi che diffondono in eguale misura tutti i colori dello spettro. Per questo motivo il nero non è un colore, ma è assenza di colore. Il colore non è una proprietà tipica dell’oggetto, ma dipende dalla luce che lo colpisce: per esempio una lampada che emette luce rossa rende dello stesso colore tutti gli oggetti che illumina (tranne quelli neri).

POLARIZZAZIONE Non è stato possibile dare una spiegazione scientifica corretta e semplificata del fenomeno della polarizzazione, in quanto non si può fare a meno della natura elettromagnetica della luce. Ho portato a scuola due piccole lamine polarizzate e ho fatto vedere agli studenti il fenomeno per cui ruotando le lamine polarizzate sovrapposte la zona di contatto si oscura fino a diventare nera quando si è percorso un angolo di 90° e che questo avviene anche tenendo le lamine parallele e distanti. Per spiegare come avviene la polarizzazione della luce ho fatto due esempi: cancello e grata metallica. Prima di tutto ho mostrato il disegno seguente:

invitando gli studenti a immaginare la situazione nella realtà: scuotendo la corda per creare un’onda questa attraversa il cancello solo se l’onda giace su un piano parallelo alle inferriate del cancello. Per spiegare il fenomeno considerando la luce come un insieme di raggi rettilinei, ho proposto di pensare ai raggi della luce come ad un mazzo di spaghetti sparpagliati: se si lasciano cadere gli spaghetti sopra una rete a cavi paralleli, questa sarà attraversata solo dagli spaghetti che sono paralleli ai cavi. Ho accennato che un modo per ottenere luce polarizzata è farlo per riflessione; la luce riflessa è già di per sé parzialmente polarizzata, ma quando un raggio incide su un lastra di vetro sotto un angolo particolare – chiamato Angolo Brewsteriano e pari a circa 56° – la luce riflessa è totalmente polarizzata. La lastra di vetro funge in questo caso da vero e proprio “polarizzatore”, cioè oggetto che se attraversato dalla luce restituisce luce polarizzata. Le lenti degli occhiali polaroid sono un esempio pratico di polarizzatore. A questo punto ho introdotto intuitivamente il concetto di potere rotatorio delle sostanze, come capacità di ruotare un fascio di luce polarizzata.

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3° ESPERIMENTO: POTERE ROTATORIO DEL GLUCOSIO. Ho costruito un semplice polarimetro. Ho riempito un contenitore a base rettangolare con dello zucchero di canna liquido e ho fatto osservare che ponendo le due lamine polarizzate in condizione di estinzione del fascio di luce di una torcia elettrica su due lati paralleli del contenitore, si poteva rivedere la luce della torcia, non più bianca ma colorata: ruotando la lamina più lontana dalla torcia si potevano distinguere i colori dell’arcobaleno. Ho poi effettuato lo stesso esperimento sugli altri due lati paralleli del contenitore, facendo notare che si partiva da un colore diverso, ma si potevano osservare di nuovo tutti i colori ruotando la lamina. Ho spiegato che lo zucchero di canna liquido ha una struttura in grado di deviare i raggi paralleli della luce polarizzata e a seconda dell’inclinazione della seconda lamina questa si lascia attraversare da lunghezze d’onda definite, che corrispondono ai differenti colori. A seconda dello spessore di soluzione attraversata i raggi vengono deviati in modo diverso: questo spiega la differenza del colore di partenza. Ho accennato che le misure dell'angolo di rotazione del piano di polarizzazione vengono ampiamente usate per determinare la concentrazione delle soluzioni e verificarne la purezza e per studi astronomici, in quanto nello spazio esistono sorgenti non termiche che trasmettono radiazioni polarizzate.

RISULTATI Gli studenti hanno partecipato attivamente alla lezione, dimostrando un vivo interesse non soltanto per gli esperimenti, ma anche per le spiegazioni teoriche. Guidati da una profonda curiosità, hanno preso appunti e hanno accettato senza lamentele il compito di rimettere in ordine quanto annotato componendo una breve relazione da consegnare il giorno successivo. Sono rimasta molto colpita dalla ricchezza degli elaborati che mi sono stati consegnati: quasi tutti gli alunni hanno riportato non solo la parte teorica, ma anche i disegni di quanto osservato negli esperimenti eseguiti con la relativa spiegazione. Non sono mancate imprecisioni ed alcuni errori veri e propri, probabilmente causa non solo di incomprensione, ma anche di una limitata capacità di esprimersi in un linguaggio scientifico. Allego alcune delle relazioni corrette. Ho osservato i ragazzini stimolati dal desiderio di scoprire e dalla possibilità di dare una spiegazione scientifica a fenomeni che osservano praticamente ogni giorno (ad esempio lo specchiarsi), desiderosi di imparare cose nuove. Ho chiesto agli alunni di scrivere, alla fine della relazione, le loro impressioni sulla lezione; riporto alcuni commenti: “Questi esperimenti sulla luce mi hanno fatto imparare cose che non avrei mai potuto notare. Pur essendo una cosa complessa mi ha interessato molto e mi ha affascinato davvero tanto!!!” “Gli esperimenti sono stati molto belli e interessanti” “A me sono piaciuti molto questi esperimenti perché rappresentavano tutti i riflessi della luce” La difficoltà maggiore nella costruzione di questa unità didattica è stata nel rinunciare a praticamente ogni tipo di prerequisito scientifico. Tuttavia, con semplici concetti geometrici sono riuscita a far apprendere fenomeni osservabili nella vita di tutti i giorni e credo che questo sia uno degli aspetti fondamentali dell’insegnamento della fisica, la vera “essenza” della materia e l’unico modo per renderne interessante e stimolante lo studio.

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Nel seguito riporto alcuni passi e i relativi disegni riprodotti dagli alunni, mettendo in evidenza le mie impressioni. Il concetto di lunghezza d’onda e il legame con i colori è stato appreso dalla maggior parte degli studenti, che hanno riprodotto sulle relazioni il disegno che ho fatto alla lavagna con i gessetti colorati: “A seconda della lunghezza d’onda percepiamo colori diversi”

In alcuni casi, tuttavia, il disegno è stato riprodotto in modo errato, non è stata evidenziata la differente lunghezza d’onda: “La luce si muove attraverso onde: la lunghezza d’onda”

L’sperimento sulla riflessione ha suscitato molto interesse. Dalle relazioni non sono emersi problemi nella comprensione della legge sulla riflessione: “Negli specchi che sono lastre di vetro la luce quando li tocca rimbalza nella direzione opposta”

Per quanto riguarda la spiegazione “scientifica, invece, alcuni alunni non hanno riprodotto correttamente la schematizzazione proposta alla lavagna, ma credo che la difficoltà sia derivata soprattutto da problemi grafici più che da comprensione del concetto, come si può osservare nel caso seguente: “Il nostro occhio vede l’immagine virtuale ossia non vede l’angolo perché guarda solo dritto e quindi prolunga il raggio” Ecco invece uno dei disegni corretti:

“Un tipo di rappresentazione della

riflessione

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Per quanto riguarda il fenomeno della rifrazione, molto interessante la figura che segue, in quanto dimostra che l’alunno ha riprodotto effettivamente ciò che ha visto. Per effettuare l’esperimento in classe ho portato un cucchiaino e uno stecco da spiedino: il primo è apparso effettivamente spezzato, mentre per lo stecco, forse perché troppo sottile, non è stato così evidente il fenomeno. “Se si immerge in un bicchiere di acqua un cucchiaino ci sembra che l’oggetto si sia spezzato nel punto in cui è stato immerso. Comunque il cucchiaino non è retto, quando la luce passa attraverso sostanze trasparenti come l’aria e l’acqua, cambia direzione e sposta l’immagine! È il fenomeno della rifrazione”

Il fenomeno della scomposizione della luce attraverso un prisma non è stato chiaro per tutti. “La luce bianca è la somma di tutti i colori: luce scomposta = colori”

Le prossime immagini si trovano nella relazione di un’alunna che al momento della spiegazione della formazione dell’arcobaleno ha osservato che le è capitato molte volte di vedere l’arcobaleno negli spruzzi sottili dell’acqua quando la mamma annaffia i fiori. “Come si forma l’arcobaleno? L’arcobaleno si forma quando le gocce d’acqua vengono riflesse dal sole.

Ma c’è un altro modo per formarsi sempre con gli stessi “ingredienti”:

Con lo spruzzo aperto della canna per annaffiare.”

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Passando alla polarizzazione, mi sono sembrati significativi i seguenti disegni, che dimostrano la comprensione della struttura delle lamine polarizzanti:

“La lastra è composta da raggi paralleli. Se noi sovrapponiamo le due lastre e mettiamo un temperino non si vede nulla”

In ultimo la spiegazione abbastanza “curiosa” dell’esperimento sul potere rotatorio dello zucchero di canna liquido. “ESPERIMENTO Con questo esperimento siamo riusciti a formare i colori. Prendiamo un contenitore con i lati uguali a due a due: mettere dentro lo zucchero di canna sciolto (perché per fare questo esperimento ci vuole tanto glucosio), due specie di foglietti neri trasparenti divisi in quadretti minuscoli minuscoli…e una torcia”

Dopo aver preso gli oggetti bisogna posizionare la torcia esattamente al centro della vasca ma un po’ distante. Dopo prendere i due cartoncini e tenere il primo fermo davanti alla vaschetta e il secondo dietro la vaschetta muovendolo. Se avete fatto correttamente vi dovrebbero venire diversi colori.

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