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La rassegna delle principali sentenze in materia di diritto tributario, societario, penale, fallimentare e del lavoro. 01 2016 / RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA

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La rassegna delle principali sentenze in materia di diritto tributario, societario, penale, fallimentare e del lavoro.

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/ RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA

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La Rassegna di giurisprudenza n. 1/2016 riporta le principali sentenze di interesse in materia di diritto tributario, societa-rio, penale, fallimentare e del lavoro depositate nel corso del mese di dicembre 2015

© EUTEKNE

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01/ Fisco

05/ Penale

02/ Società, obbligazioni e contratti

03/ Attività finanziarie

04/ Procedure concorsuali

06/ Lavoro

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INDICE

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01 / FISCO

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Accertamento e controlliTermini per i controlli - Proroga dei termini - Violazioni commesse dal socio di società di persone - Raddoppio dei termini per violazioni penali

È fondato il ragionamento del giudice di me-

rito, secondo cui il raddoppio dei termini per

violazioni penali non può operare, in automa-

tico, nei confronti del socio di società di per-

sone, in quanto esso, specie se di minoranza,

ben può essere estraneo all’amministrazione.

Considerata, poi, la natura personale della re-

sponsabilità penale, “era a ritenersi infondata

ed apodittica ogni affermazione sottesa a river-

sare in capo alla stessa [n.d.a la socia] eventua-

li responsabilità penali degli amministratori”.

I giudici di Cassazione evidenziano che sarebbe

stato necessario dimostrare il concreto opera-

re gestionale del socio.

Cass. 30.12.2015 n. 26068

Sanzioni amministrativeDefinizione agevolata - Definizione parziale - Ammissibilità

Cass. 30.12.2015 n. 26061, a quanto risulta per

la prima volta, afferma, in maniera implicita,

che il contribuente può fruire della definizio-

ne al terzo della sanzione irrogata anche con

riferimento ad una sola parte delle sanzioni.

Quindi, la definizione in oggetto, che consente

il ricorso limitatamente all’imposta, non deve

necessariamente riguardare tutte le sanzioni

contestate nell’avviso di accertamento.

La soluzione illustrata era stata accolta anche

da alcuna giurisprudenza di merito (C.T. Prov.

Milano 18.6.2014 n. 5902/26/14).

Cass. 30.12.2015 n. 26061

IVAOperazioni imponibili - Compagnie aeree - Recupero dell’IVA sui biglietti emessi non utilizzati dai passeggeri (c.d. “no show”) - Esclusione

La Corte di Giustizia UE, con sentenza del

23.12.2015, cause riunite C-250/14 e C-289/14,

Air France - KLM e Hop!-Brit Air SAS, ha negato

alle compagnie aeree la possibilità di recupe-

rare l’IVA percepita sul prezzo di vendita dei bi-

glietti emessi e non goduti dagli acquirenti (c.d.

“no show”). La decisione della Corte si fonda sul

principio che una prestazione di servizi è tale

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quando effettuata a titolo oneroso e ciò avviene

solo qualora tra fornitore e committente inter-

corra un rapporto giuridico nell’ambito del qua-

le vi sia uno scambio di reciproche prestazioni

(e il compenso ricevuto dal fornitore costituisca

il controvalore del servizio reso).

Nel caso in esame, quindi, la somma pagata

dall’acquirente che non ha preso parte al volo

non può qualificarsi come indennizzo. Difatti, la

controprestazione relativa alla somma versata

all’atto dell’acquisto del biglietto è costituita dal

diritto di usufruire dell’esecuzione del contratto

di trasporto, indipendentemente dal fatto che il

passeggero si sia avvalso di tale diritto.

Corte di Giustizia UE 23.12.2015 cause riunite C-250/14 e C-289/14

Processo tributarioProcedimento dinanzi alla C.T. Provinciale - Spese processuali - Condanna alle spese - Condanna ad una somma equitativamente determinata - Responsabilità di Equitalia

L’Agente della riscossione è processualmente

responsabile come qualsiasi altra parte pro-

cessuale, non avendo nessuna rilevanza il fatto

che esso, tecnicamente, agisce come manda-

tario, per riscuotere un credito facente capo

all’ente impositore.

A conforto di ciò, basta rammentare che, se

ritiene, Equitalia può chiamare in causa l’ente

creditore interessato, al fine di evitare di ri-

spondere della lite.

Opera quindi, pure nei suoi confronti, l’art. 96

co. 3 c.p.c., secondo cui il giudice può condan-

nare la parte soccombente al versamento di

una somma equitativamente determinata.

Cass. 22.12.2015 n. 25852

Accertamento e controlliAccordo fra Stati per la trasmissione dei dati bancari dei correntisti - Contrasto con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo - Esclusione

La Corte europea dei diritti dell’uomo, nella sen-

tenza 22.12.2015, ha ritenuto possibile la stipula

di un accordo tra due Stati, che impone agli istitu-

ti bancari la trasmissione dei dati dei correntisti

a uno dei due Paesi. Infatti, tale accordo è confor-

me alla Convenzione europea dei diritti dell’uo-

mo. Più precisamente, secondo la Corte europea,

pur rientrando i dati bancari tra i dati personali,

risulta comunque legittima un’ingerenza previ-

sta dalla legge, finalizzata alla tutela di un setto-

re strategico per l’economia del Paese.

Corte europea dei diritti dell’uomo 22.12.2015

ICIImmobili degli enti ecclesiastici concessi in comodato - Esenzione ICI

La Corte di Cassazione, con la sentenza

18.12.2015 n. 25508, è tornata sulla questione

dell’esenzione ICI per gli immobili degli enti

ecclesiastici.

Nel caso di specie è stato deciso che gode del

beneficio fiscale di cui all’art. 7 co. 1 lett. i) del

DLgs. 504/92 l’immobile di proprietà di una

Fondazione di Culto, concesso in comodato

d’uso gratuito ad una ONLUS, per perseguire le

finalità di promozione, educazione e assisten-

za in favore di studenti universitari. Secondo i

giudici, la condizione necessaria perché spet-

ti l’esenzione della “utilizzazione diretta del

bene da parte dell’ente possessore” varrebbe

soltanto nelle ipotesi di “locazione” del bene ad

altro ente, o di “concessione di beni demaniali”.

Nel caso di specie, inoltre, tra i due enti (co-

modante e comodatario) esiste un rapporto

di stretta strumentalità nella realizzazione

dei loro compiti istituzionali, motivo per cui

secondo la Corte si configurerebbe una fat-

tispecie simile a quella considerata nella ris.

Min. Economia e Finanze 4.3.2013 n. 4/DF, in

cui l’Amministrazione finanziaria ha ritenuto

che l’esenzione di cui alla citata lett. i) spet-

tasse nell’ipotesi in cui l’immobile è concesso

in comodato a un altro ente non commerciale

appartenente alla stessa struttura dell’ente

concedente per lo svolgimento di un’attività

meritevole prevista dalla norma agevolativa.

Cass. 18.12.2015 n. 25508

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Imposte indiretteImposte ipotecaria e catastale - Atto di dotazione del trust - Imponibilità - Misura fissa

La Corte di Cassazione, nella sentenza

18.12.2015 n. 25478, ha illustrato il trattamen-

to impositivo dell’atto di istituzione di trust

operato prima dell’entrata in vigore del DL

262/2006, ovvero prima della “reistituzione”

delle imposte sulle successioni e donazioni.

Secondo la Corte, in particolare, l’atto istituti-

vo di trust andava assoggettato all’imposta di

registro nella misura fissa. Nella motivazione

della sentenza si legge, infatti, che non era

corretto applicare l’imposta di registro pro-

porzionale del 3%, a norma dell’art. 9 della

Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/86, atteso

che all’atto di istituzione di trust mancherebbe

il “contenuto patrimoniale” richiesto dall’art. 9

citato, non trattandosi di un atto oneroso. In-

fine, la Corte esclude anche la debenza delle

imposte ipotecaria e catastale proporzionali

al momento dell’istituzione, atteso che non si

può ritenere che il trust sia “immediatamente

produttivo di effetti traslativi”: solo il trasferi-

mento finale di beni al beneficiario può essere

assoggettato all’imposizione sui trasferimenti.

Cass. 18.12.2015 n. 25480

Accertamento e controlliRedditometro - Aumento di capitale sociale - Sottoscrizione - Rilevanza

Ai fini dell’accertamento sintetico basato

sull’incremento della spesa patrimoniale, non

ha, di per sé, valore la sottoscrizione di un au-

mento di capitale sociale, in quanto ciò non ne-

cessariamente comporta un esborso di denaro.

Infatti, l’aumento può attuarsi anche mediante

conferimento di servizi, assunzione di obbli-

ghi, come ad esempio l’accollo dei debiti della

società conferitaria verso terzi.

Se si tratta del caso da ultimo accennato,

come già rilevato in termini generali (cfr. Cass.

10.9.2014 n. 19030), non rileva il solo dato re-

lativo all’accollo, ma l’effettiva estinzione del

debito accollato.

È dunque onere dell’Agenzia delle Entrate di-

mostrare che, nel caso di specie, l’aumento di

capitale sociale ha causato un esborso mone-

tario.

Cass. 18.12.2015 n. 25473

Processo tributarioProcedimento dinanzi alla C.T. Provinciale - Fase istruttoria - Poteri del giudice - Poteri istruttori ex art. 7 del DLgs. 546/92 - Limiti all’utilizzo

I poteri del giudice tributario, specie a segui-

to del DL 203/2005, che ha espunto dall’art. 7

del DLgs. 546/92 l’ordine di esibizione di do-

cumenti, non possono sopperire alle carenze

probatorie delle parti.

Pertanto, va dichiarato nullo l’atto “succes-

sivo” emesso in assenza di notifica di quello

“presupposto”, anche quando la prova della

notifica di quest’ultimo sia stata depositata

dalla parte a seguito di ordine giudiziale.

Trattasi, nella specie, di utilizzo illegittimo dei

poteri attribuiti al giudice dall’art. 7 del DLgs.

546/92.

Cass. 18.12.2015 n. 25465

Agevolazioni prima casaLungaggini per lo sfratto dell’inquilino - Decadenza dell’agevolazione - Esclusione

La Corte di Cassazione, nell’ordinanza

17.12.2015 n. 25437, chiarisce che può con-

figurare un’ipotesi di “forza maggiore”, idonea

ad impedire il perfezionarsi della decadenza

dall’agevolazione “prima casa”, il fatto che la

procedura di sfratto per morosità intentata nei

confronti dell’inquilino occupante l’immobile

acquistato si prolunghi oltre i tempi ordinari.

In particolare, nel caso di specie, l’acquirente

di un immobile, dopo aver goduto dell’age-

volazione prima casa per l’acquisto, non tra-

sferiva la residenza in esso nei 18 mesi suc-

cessivi all’atto. Tuttavia, egli sosteneva che la

decadenza non si fosse verificata in quanto il

trasferimento era stato impedito dal prolun-

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garsi della procedura di sfratto intentata nei

confronti dell’inquilino che abitava l’immo-

bile. Infatti, nel caso di specie, i termini dello

sfratto dovevano scadere prima del termine di

18 mesi ma, a causa degli ostacoli frapposti

dall’inquilino, la procedura si era prolungata

per 10 mesi oltre quelli “ordinari”. In questo

caso, secondo la Corte di Cassazione, non si

può escludere la forza maggiore, atteso che la

situazione verificatasi risulta effettivamente

imprevedibile, non imputabile ed inevitabile

dal contribuente.

Cass. 17.12.2015 n. 25437

RiscossioneFermo dei beni mobili registrati - Giurisdizione - Fermo derivante da pretese rientranti in differenti giurisdizioni - Legittimità costituzionale - Manifesta inammissibilità

Corte Cost. 17.12.2015 n. 269 ha dichiarato

manifestamente inammissibile la questione

di legittimità costituzionale, tra gli altri, degli

artt. 2 e 19 del DLgs. 546/92, relativamente

alla giurisdizione in tema di ricorso contro il

preavviso di fermo dei beni mobili registrati.

Sulla questione, dunque, i giudici costituziona-

li non si sono pronunciati, per motivi di ordine

processuale. Rimane così aperto il problema

derivante dal fatto che, se mediante l’atto

esattivo (cartella di pagamento, intimazione

ad adempiere, preavviso di fermo ...) vengono

richieste entrate di diversa natura, il debitore

può dover essere costretto a presentare an-

che quattro ricorsi dinanzi a quattro giudici di-

versi, magari appartenenti a più giurisdizioni.

L’ipotesi classica è la cartella di pagamento

ove vengono esatti sia tributi che contributi

INPS (per i tributi c’è la giurisdizione tributa-

ria con ricorso da notificare entro i 60 giorni

ex art. 21 del DLgs. 546/92, per i contributi, di

contro, sussiste la giurisdizione ordinaria con

ricorso da notificare entro 40 giorni ex art. 24

del DLgs. 46/99).

Corte Cost. 17.12.2015 n. 269

IVAPresupposto oggettivo - Differenze tra aliquote IVA ordinarie applicate dagli Stati membri - Realizzazione di un’operazione che determina l’applicazione di un’aliquota IVA minore

Secondo quanto stabilito dalla Corte di Giu-

stizia UE, con sentenza del 17.12.2015 rela-

tiva alla causa C-419/14, la realizzazione di

un’operazione che determini l’applicazione di

un’aliquota IVA minore derivante dal differen-

te livello di tassazione esistente in due Stati

membri della UE non è di per se un vantag-

gio fiscale che possa far scattare un abuso

contrario ai principi del tributo. La nozione di

“luogo della prestazione di servizi” contenuta

nella direttiva 2006/112/CE, agli effetti dell’I-

VA, ha un carattere obiettivo e, dunque, come

evidenzia la Corte Ue, si applica indipendente-

mente dagli scopi e dai risultati delle opera-

zioni, senza che l’Amministrazione tributaria

sia obbligata a indagare sulla volontà del sog-

getto passivo. Per cui, considerato che le dif-

ferenze tra le aliquote IVA ordinarie applicate

dagli Stati membri derivano dall’assenza di

armonizzazione completa attuata dalla diret-

tiva 2006/112/CE, la Corte ritiene che il fatto

che un contratto di licenza per la concessio-

ne di un know-how concluso con una società

con sede inferiore rispetto a quella dello Stato

membro in cui ha sede la società titolare della

licenza non può, in mancanza di altri elementi,

essere considerato come una pratica abusiva

alla luce del diritto comunitario di libera pre-

stazione di servizi.

Corte di Giustizia UE 17.12.2015 causa C-419/14

Imposte diretteControlled foreign company legislation - Costruzione di puro artificio - Libertà di stabilimento e stipula di convenzioni contro la doppia imposizione

La Corte di Cassazione, richiamando la Cor-

te di Giustizia Europea 12.9.2006 causa

C-196/04, individua le seguenti condizioni

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al cui ricorrere la normativa CFC può essere

considerata compatibile con i principi comu-

nitari: da un lato, il fatto che la controllata

non risulti “realmente impiantata nello Stato

di stabilimento”, né ivi “eserciti attività eco-

nomiche effettive”, dall’altro l’accertamento

che si tratti di “costruzioni di puro artificio

destinate ad eludere l’imposta nazionale nor-

malmente dovuta”. Tale impostazione risulta

sovrapponibile a quella adottata dall’art. 167

co. 5 del TUIR.

Inoltre, nel ritenere infondata la dedotta viola-

zione delle norme contenute nella Convezione

contro le doppie imposizioni stipulata tra Italia

e Cipro, la Corte ha sancito la possibilità, per

lo Stato della fonte (nel caso di interesse, l’Ita-

lia), di tassare i proventi diretti a un residen-

te cipriota nella misura in cui, diversamente

operando, si avrebbe una distorsione delle

norme “distributive” convenzionali, relative

all’esercizio del potere impositivo degli Stati,

e si consentirebbe una forma di pianificazio-

ne fiscale “aggressiva” oltre che lesiva della

libera concorrenza tra gli operatori economici.

L’obiettivo perseguito da uno Stato mediante

la stipula della Convezione – prosegue la Cas-

sazione – ovvero quello di eliminare la doppia

imposizione, non può essere spinto al punto

tale da consentire un abuso della Convenzione

stessa che realizzerebbe un fenomeno di dop-

pia non imposizione.

Cass. 16.12.2015 n. 25281

Imposte sulle successioni e donazioniBase imponibile - Quote di partecipazione in società di capitali - Determinazione del valore - Valore di bilancio - Mutamenti sopravvenuti

La Corte di Cassazione, nella sentenza

11.12.2015 n. 25007, ha affermato che la base

imponibile dell’imposta sulle successioni, in

relazione al trasferimento mortis causa delle

quote di partecipazione in una spa, deve es-

sere determinata con riferimento al valore

di esse come desunto dall’ultimo bilancio re-

golarmente approvato, a nulla rilevando che,

dopo il trasferimento, fossero state assunte

alcune delibere di distribuzione di dividendo,

poi confluite in un bilancio infrannuale non re-

golarmente approvato. Infatti, da un lato, né le

delibere di distribuzione di utili, né il bilancio

infrannuale possono essere assimilate ad un

“bilancio approvato”, come richiesto, invece,

dall’art. 16 co. 1 lett. b) del DLgs. 346/90; d’al-

tro canto, secondo la Corte, le delibere sud-

dette non costituiscono “mutamenti sopravve-

nuti” da tenere in considerazione ai fini della

determinazione del valore delle quote.

Cass. 11.12.2015 n. 25007

Imposte di registroInterpretazione degli atti - Termine triennale di decadenza - Decorrenza

In caso di riqualificazione degli atti ex art. 20

del TUR, il termine triennale di decadenza en-

tro cui va notificato l’avviso di liquidazione de-

corre dalla registrazione dell’ultimo atto della

fattispecie complessa.

Cass. 11.12.2015 n. 25001

Agevolazioni prima casaAcquisto di immobile contiguo alla “prima casa” - Mancata riunificazione - Forza maggiore

L’acquisto separato di un secondo immobile

da accorpare all’abitazione già acquistata con

l’agevolazione prima casa può, a sua volta, go-

dere del beneficio, purché i due immobili siano

oggetto di “riunificazione per intercomunica-

zione fisica”.

Ove l’accorpamento tra i due immobili, in con-

creto, non venga realizzato, si configura la

decadenza dal beneficio e l’Amministrazione

finanziaria è legittimata ad accertare le mag-

giori imposte di registro, ipotecaria e catasta-

le, a meno che il mancato accorpamento non

sia da imputare ad una causa di “forza mag-

giore”, da valutare in concreto.

Nel caso di specie, il contribuente affermava

che la riunificazione non si fosse realizzata a

causa di un impedimento di “forza maggiore”,

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costituito dal ritardo nella ristrutturazione

dell’immobile, causato da “impedimenti frap-

posti dalla Soprintendenza ai beni ambientali

ed architettonici”, atteso che gli immobili era-

no vincolati e siti nel centro storico.

La Corte di Cassazione, in relazione alla ve-

rifica della sussistenza di un’ipotesi di “for-

za maggiore”, cassa le affermazioni della

Commissione tributaria che aveva escluso la

“forza maggiore” sulla base della considera-

zione di “massima” secondo cui la possibilità

di complicanze e di imprevisti, nell’ambito del-

la ristrutturazione di immobili storici ben po-

trebbe essere prevista “da chi opera nel cam-

po dalle ristrutturazione di immobili vincolati”,

senza aver neppure dimostrato che in concre-

to il contribuente operasse in tale settore.

In particolare, secondo la Corte di Cassazione,

la verifica della causa di “forza maggiore” va

operata in concreto e non basandosi su “certez-

ze private di incerta origine”: il giudice avrebbe,

dunque, dovute verificare se, in concreto, nel

caso di specie, il ritardo fosse “prevedibile” e,

pertanto, rinvia la causa ad altro giudice.

Cass. 10.12.2015 n. 24963

RiscossioneRimborsi d’imposta - Presentazione dell’istanza - Imposta ipotecaria e catastale dovute in misura fissa sul trasferimento dell’immobile strumentale in costruzione - Rimborso dell’imposta pagata in misura proporzionale - Termine di tre anni - Decorrenza

Il diritto al rimborso delle imposte ipotecaria e

catastale, relative all’acquisto di un immobile

strumentale in costruzione, erroneamente ver-

sate dal contribuente in misura proporzionale,

decorre dal giorno del pagamento del tributo.

In particolare, i giudici precisano che il ter-

mine dei tre anni (indicato all’art. 77 del DPR

131/86 e all’art. 17 co. 5 del DLgs. n. 347/90)

per il rimborso decorre dal giorno del paga-

mento o dal giorno in cui è sorto il diritto alla

restituzione e non dal giorno in cui è pubblica-

ta la circolare con cui l’Amministrazione finan-

ziaria chiarisce e specifica quanto contenuto

nella normativa stessa (ossia che, alle cessio-

ni di immobili strumentali non ultimati, devo-

no applicarsi le imposte di registro, ipotecaria

e catastale, in misura fissa).

Cass. 10.12.2015 n. 24956

Accertamento e controlliVerifica fiscale - Contraddittorio preventivo - Obbligo generalizzato - Tributi “armonizzati” e non “armonizzati”

Non esiste, nell’ordinamento tributario na-

zionale, un principio generale, nemmeno de-

rivante dai precetti costituzionali, che impone

all’Amministrazione finanziaria un obbligo ge-

neralizzato circa l’instaurazione del preventi-

vo contraddittorio con il contribuente.

Quindi, in linea generale, nelle c.d. “indagini a

tavolino”, è legittima la notifica dell’avviso di

accertamento o di altro atto impositivo senza

la necessità che, in un momento antecedente, il

contribuente sia convocato presso gli uffici o sia

stato formato il verbale ex art. 24 della L. 4/29.

Tuttavia, rimane la necessità del verbale ex

art. 24 della L. 4/29 e del rispetto dei sessanta

giorni ex art. 12 co. 7 della L. 212/2000 ove la

verifica si svolga presso i locali dove è eserci-

tata l’attività del contribuente.

Il discorso è diverso nei tributi armonizzati

(come ad esempio l’IVA), in cui il diritto al pre-

ventivo confronto discende in via diretta dal

diritto comunitario.

Nella menzionata fattispecie, dunque, l’Am-

ministrazione finanziaria, prima di emettere

l’atto impositivo, deve confrontarsi con il con-

tribuente, ma l’omissione di ciò non sempre

causa la nullità dell’atto.

L’invalidazione, infatti, opera solo quando, come

affermato nella sentenza Kamino (Corte di Giu-

stizia 3.7.2014 causa C-129/13 e C-130/13), sia

dimostrato che, se il contraddittorio fosse stato

instaurato, il procedimento avrebbe avuto un

esito diverso.

Quest’ultimo requisito va però contestualizzato,

per evitare che si concretizzi in un nulla di fatto.

Il contribuente, in giudizio, deve addurre le ra-

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gioni che avrebbe potuto far valere nel contrad-

dittorio, “e che l’opposizione di dette ragioni

(valutate con riferimento al momento del man-

cato contraddittorio), si riveli non puramente

pretestuosa”.

Cass. SS.UU. 9.12.2015 n. 24823

IVAOperazioni esenti - Attività di gestione dei fondi comuni di investimento immobiliare

La Corte di Giustizia UE, con sentenza del

9.12.2015, relativa alla causa C-595/13, ha

stabilito che anche la società che raccoglie ca-

pitali per l’acquisto, la detenzione, la gestione

e la rivendita di beni immobili, per conseguirne

un profitto, distribuito agli investitori sotto for-

ma di dividendi, rientra nella nozione di “fondi

comuni d’investimento”, se soggetta a vigilanza

statale. Per la gestione dei “fondi comuni d’in-

vestimento” si applica il regime di esenzione

IVA di cui all’art. 135, par. 1, lett. g) della diret-

tiva 2006/112/CE. La Corte stabilisce, tuttavia,

che la nozione di “gestione”, ai fini del regime

di esenzione, non può applicarsi anche all’ef-

fettiva amministrazione dei beni immobili, la

quale va al di là delle diverse attività connesse

all’investimento collettivo dei capitali raccolti.

Corte di Giustizia UE 9.12.2015 causa C-595/13

Accertamento e controlliAccertamento presuntivo - Presunzione di distribuzione utili extracontabili nelle società di capitali - Giudicato formatosi nei confronti della società - Riflesso nei confronti del socio

Negli accertamenti basati sulla presunzione di

distribuzione dei maggiori utili extrabilancio,

la rettifica eseguita nei confronti del socio è

una necessaria conseguenza di quella sociale.

Pertanto, ove i processi instaurati dalla socie-

tà e dai soci pendano in gradi diversi e, quindi,

non siano stati riuniti, il giudicato di accogli-

mento del ricorso proposto dalla società ha un

automatico effetto nei confronti del socio.

Quindi, esso, anche in Cassazione, può far va-

lere la sopravvenienza del giudicato esterno,

nella misura in cui l’accertamento della sen-

tenza cui si invoca l’autorità del giudicato ab-

bia esaminato nel merito la questione, ed ab-

bia escluso la fondatezza dell’accertamento.

Cass. 4.12.2015 n. 24793

IRAPAutonoma organizzazione - Prestazioni di agenzia - Irrilevanza

La Corte di Cassazione, con la sentenza

4.12.2015 n. 24788, ha affermato che, al fine

di desumere l’esistenza di un’autonoma orga-

nizzazione, non è sufficiente la circostanza di

avvalersi di un agente e/o, per contratto, di una

società organizzatrice di spettacoli, dovendo-

si estendere l’accertamento alla natura, ossia

alla struttura e alla funzione, dei due rapporti

giuridici. Pertanto, a nulla rileva che un attore

spenda, per la sua attività professionale, più di

quanto possa ragionevolmente ritenersi, dal

momento che il denaro opera in sé come fat-

tore di scambio monetario e non come fattore

produttivo specifico.

Cass. 4.12.2015 n. 24788

IVARimborso annuale - Spese sostenute su beni di terzi - Terreno in comodato - Costruzione di complesso turistico - Rimborso IVA - Esclusione

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 24779

del 4.12.2015, ha chiarito che l’IVA assolta sul-

le spese sostenute sui beni di terzi non può

essere chiesta a rimborso, essendo neces-

sario non solo che il bene sia destinato all’e-

sercizio dell’attività di impresa, ma anche che

ne sia stata acquistata la proprietà o un altro

diritto reale di godimento. Secondo la Cas-

sazione il disposto dell’art. 30 co. 2 del DPR

633/72, facendo riferimento ai soli beni am-

mortizzabili per l’accesso al rimborso annuale

del credito IVA, impone che i beni in questio-

ne costituiscano immobilizzazioni materiali o

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immateriali. Per cui, non può ritenersi spet-

tante il rimborso avente ad oggetto l’imposta

assolta per ristrutturare beni di terzi, posto

che i suddetti beni non rientrano tra i cespiti

ammortizzabili che legittimano l’esercizio del

diritto di rimborso.

Cass. 4.12.2015 n. 24779

IRAPDeterminazione della base imponibile - Esercenti attività d’impresa - Cessione di calciatori - Imponibilità - Inapplicabilità delle sanzioni per obiettiva incertezza normativa

Con la sentenza 2.12.2015 n. 24588, la Cor-

te di Cassazione conferma l’imponibilità, ai

fini IRAP, delle plusvalenze derivanti dalla

cessione di calciatori e di diritti di compar-

tecipazione da parte delle società sportive

professionistiche. Viene altresì riconosciuta,

sulla questione oggetto di pronuncia, la sussi-

stenza delle condizioni di obiettiva incertezza

normativa. In particolare, i giudici di legitti-

mità respingono il ricorso dell’Agenzia delle

Entrate contro la sentenza della Commissio-

ne Tributaria Regionale che ha considerato

non dovute le sanzioni a fronte dell’omessa

dichiarazione delle suddette plusvalenze

(e minusvalenze). Nel caso di specie, infatti,

proprio a fronte dei citati contrasti giurispru-

denziali, la Cassazione ritiene sussistente

l’esimente dell’obiettiva incertezza norma-

tiva, almeno fino all’emanazione del parere

del Consiglio di Stato n. 5285 dell’11.12.2012

(che si è pronunciato per la rilevanza di tali

elementi reddituali).

Cass. 2.12.2015 n. 24588

Accertamento e controlliAccertamento presuntivo - Presunzione di distribuzione utili extracontabili nelle società di capitali - Processi del socio e della società pendenti - Sospensione del processo del socio

Negli accertamenti basati sulla presunzione

di distribuzione degli utili extracontabili, l’ac-

certamento del socio è una necessaria conse-

guenza di quello emesso in capo alla società.

Pertanto, ove possibile, il processo instaurato

dal socio deve essere sospeso ai sensi dell’art.

295 c.p.c. in attesa che diventi definitivo l’ac-

certamento notificato alla società, espressio-

ne di un processo pregiudiziale.

Cass. 2.12.2015 n. 24572

Accertamento e controlliPoteri degli Uffici - Rifiuto di esibizione dei documenti - Elemento soggettivo - Necessità del dolo

Il c.d. “rifiuto di esibizione” dei documenti op-

posto dal contribuente nella fase amministra-

tiva comporta l’inutilizzabilità dei medesimi

solo se connotato da dolo, e non da semplice

colpa.

Non ha, dunque, alcun effetto preclusivo la di-

chiarazione del contribuente di non possedere

il documento richiesto, se dipende da forza

maggiore, caso fortuito oppure colpa, “quale ad

esempio la negligenza e imperizia nella custo-

dia e conservazione”.

Sono pertanto confermati i principi affermati

nella sentenza delle Sezioni Unite 25.2.2000

n. 45, nonostante, almeno in apparenza, pos-

sa rinvenirsi, negli anni successivi al 2000, un

orientamento difforme.

Cass. 2.12.2015 n. 24503

Accertamento e controlliAvviso di accertamento - Sottoscrizione - Mancata esibizione della delega - Conseguenze

Ai sensi dell’art. 42 del DPR 600/73, l’avviso

di accertamento è nullo se non sottoscritto

dal capo dell’ufficio oppure da un soggetto da

questi delegato, a condizione che sia apparte-

nente alla carriera direttiva.

Ciò opera anche per l’IVA, stante il rinvio alle

disposizioni in tema di imposte sui redditi di

cui all’art. 56 del DPR 633/72.

L’orientamento secondo il quale l’atto è legit-

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timo a prescindere da ogni questione riferi-

bile alla sottoscrizione nella misura in cui sia

provata la sua riconducibilità all’Agenzia delle

Entrate vale solo per diversi atti impositivi (ad

esempio, cartella di pagamento, diniego di con-

dono, avviso di mora), ove, nel sistema norma-

tivo di riferimento, non è presente una norma di

tenore analogo all’art. 42 del DPR 600/73.

Cass. 2.12.2015 n. 24492

IVAObblighi dei contribuenti - Fattura omessa/irregolare ad opera del cedente - Omessa regolarizzazione del cessionario

L’obbligo di regolarizzazione del cessionario/

committente ex art. 6 co. 8 del DLgs. 471/97

non comporta che questi, ricevuta la fattura

dal cedente/prestatore, sia tenuto a sindacare

le valutazioni giuridiche da esso effettuate.

Infatti, non essendo il soggetto passivo d’im-

posta, il cessionario/committente è tenuto a

censurare solo la regolarità formale della fat-

tura, mentre ciò “non esige invece il controllo

sostanziale della corretta qualificazione fisca-

le dell’operazione”.

Nel caso di specie, i giudici hanno ritenuto che

non rientra nell’obbligo di regolarizzazione la

mancata applicazione dell’IVA ad opera del ce-

dente/prestatore.

C.T. Prov. Reggio Emilia 2.12.2015 n. 486/3/15

IVARimborso annuale - Esecuzione del rimborso - Tardiva presentazione della garanzia patrimoniale - Maturazione degli interessi

Secondo quanto deciso da C.T. Prov. Milano, con

sentenza n. 9553/25/15 del 26.11.2015, matu-

rano gli interessi sul credito IVA richiesto a rim-

borso ai sensi dell’art. 38-bis del DPR 633/72

anche nel caso in cui la fideiussione sia presen-

tata con ritardo. In sostanza, gli interessi matu-

rano anche per il periodo che intercorre tra la

data della richiesta della fideiussione e quella

sua effettiva presentazione. La decisione dei

giudici milanesi si fonda sul principio che la fi-

deiussione sul credito a rimborso “costituisce

una garanzia per l’erogazione del rimborso già

liquidato, ma non ha funzione di accertamen-

to della fondatezza del diritto al rimborso” già

riconosciuto dall’Ufficio, che ha provveduto a

comunicare l’esito positivo dell’erogazione del

rimborso al termine della fase istruttoria.

L’interpretazione dei giudici è suffragata dal

dato letterale dell’art. 38-bis co. 1 del DPR

633/72 che prevede la sospensione degli in-

teressi “per il periodo intercorrente tra la data

di richiesta di documenti e la data della loro

consegna”, con riferimento alla suddetta fase

istruttoria della procedura di rimborso, tesa

alla verifica della esistenza del credito e della

spettanza del rimborso.

C.T. Prov. Milano 26.11.2015 n. 9553/25/15

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02 / SOCIETÀ, OBBLIGAZIONI E CONTRATTI

Beni immaterialiRegistrazione di marchio comunitario di prodotto - Capacità distintiva del marchio - Utilizzo del nome di un fiore - Ammissibilità

Il Tribunale UE, con sentenza del 16.12.2015

(relativa alle cause riunite T-381/13 e T-

382/13), ha statuito il diritto di una società

di registrare un marchio comunitario di un

prodotto che fa riferimento ad una determi-

nata “forma” (nel caso di specie, il nome di

un fiore). Secondo i giudici, infatti, l’utilizzo di

un termine che fa riferimento ad un ogget-

to di conoscenza comune non fa perdere la

forza distintiva del prodotto registrato con

quel marchio. Più precisamente, i giudici,

soffermandosi sull’art. 7 del Regolamento n.

207/2009, in base al quale sono esclusi dalla

registrazione i marchi composti da segni o

indicazioni, volti ad individuare determinate

categorie di oggetti, hanno affermato che il

fatto che i consumatori conoscano la forma

a cui si riferisce il marchio comunitario del

prodotto registrato, non comporta che gli

stessi debbano ritenere necessariamente

che i prodotti oggetto di tali domande avran-

no tale forma.

Trib. UE 16.12.2015 cause riunite T-381/13 e T-382/13

Società in nome collettivoAmministrazione - Azioni di responsabilità contro gli amministratori - Termini di prescrizione - Sospensione fino alla cessazione della carica ex art. 2941 n. 7 c.c. - Inapplicabilità - Illegittimità costituzionale

La Corte Costituzionale, nella sentenza

11.12.2015 n. 262, ha stabilito che è costituzio-

nalmente illegittimo, per contrasto con l’art. 3

Cost., l’art. 2941 n. 7 c.c. nella parte in cui non

prevede che la prescrizione quinquennale sia

sospesa tra la snc ed i suoi amministratori, fin-

ché sono in carica, per le azioni di responsabi-

lità contro di essi. Ed, infatti, anche dopo Corte

Cost. n. 322/98 – che ha dichiarato l’illegittimità

della norma in questione nella parte in cui non

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prevede che la prescrizione rimanga sospesa

tra la “sas” ed i suoi amministratori, finché

sono in carica, per le azioni di responsabilità

contro di essi – per le azioni di responsabilità

intraprese dalle snc contro gli amministratori

non opera la sospensione della prescrizione,

sancita per le persone giuridiche e per le sas.

Ed, allora, il contrasto con il principio di egua-

glianza appare stridente. Ciò, in particolare, tra

snc e sas; dal momento che quest’ultima è as-

soggettata alle disposizioni della snc nei limiti

di compatibilità con il tipo sociale (art. 2315

c.c.). Seppure accomunate da una disciplina

omogenea nei tratti salienti, tali società differi-

scono nel regime di sospensione della prescri-

zione delle azioni di responsabilità, realizzan-

dosi una disparità di trattamento priva di una

plausibile giustificazione, al pari di quanto ac-

cade tra snc e persone giuridiche. Peraltro, le

motivazioni che hanno condotto ad estendere

alle sas la sospensione della prescrizione vi-

gente per le persone giuridiche “prescindono”

dalla peculiare composizione delle sas e dalla

distinzione tra accomandanti e accomandatari

che ne condiziona alcune specificità di discipli-

na. Esse, in quanto dotate di valenza generale,

si raccordano alla ratio della causa di sospen-

sione della prescrizione e sono riferibili anche

alle snc. La causa di sospensione in discussio-

ne si correla al rapporto gestorio e si atteggia

in termini unitari con riguardo alle esigenze di

tutela della società. Durante la permanenza in

carica degli amministratori è più difficile per la

società acquisire compiuta conoscenza degli

illeciti da essi commessi e determinarsi verso

azioni di responsabilità, e la contrapposizione

di interessi tra società e amministratori – che

ostacola un’azione efficace e tempestiva della

società – non ha alcuna attinenza con la perso-

nalità giuridica.

Corte Cost. 11.12.2015 n. 262

Procedura civileNotificazioni - Consegna all’ufficiale giudiziario per la notifica - Interruzione della prescrizione

Con la sentenza n. 24822 del 9.12.2015, la

Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, ha statui-

to che la prescrizione del diritto esercitato con

l’atto processuale è interrotta con la consegna

dell’atto all’ufficiale giudiziario.

La questione riguarda il principio della diversa

decorrenza degli effetti della notificazione per

il notificante e il notificato. Più precisamente,

secondo i giudici anche per gli atti processuali

vale il principio della certezza giuridica, tute-

lata, attraverso l’applicazione della tecnica del

bilanciamento, con la consegna dell’atto all’uf-

ficiale giudiziario. Infatti, la pronuncia mette in

evidenza la necessità di allocare il vantaggio

sulla parte incolpevole (notificante).

Cass. SS.UU. 9.12.2015 n. 24822

SuccessioniErede legittimario - Lesione della quota di legittima - Reintegrazione della quota di legittima e qualità di erede pro quota

Con la sentenza n. 24755 del 4.12.2015 la Cas-

sazione ha riconosciuto all’erede legittimario,

che, vedendo lesa la sua quota di legittima,

agisce in riduzione delle disposizioni testa-

mentarie, il diritto di ottenere dal giudice una

sentenza che definisca l’entità della quota che

gli spetta sulla massa ereditaria. Più precisa-

mente, il giudice, nell’accogliere la domanda

di riduzione, deve indicare i beni ereditari e

la quota di partecipazione del legittimario sui

beni stessi e non limitarsi a liquidare in dena-

ro il controvalore della quota di eredità.

Cass. 4.12.2015 n. 24755

Persone e famigliaAccordi patrimoniali in sede di separazione - Mancanza di omologa giudiziale

La Cassazione con sentenza n. 24621 del

3.12.2015 ha statuito la validità dell’accordo

a contenuto patrimoniale stipulato tra coniugi,

non destinato a essere omologato dal giudice

e finalizzato, di fatto, a transigere il giudizio di

separazione coniugale. In particolare, i giudici,

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discostandosi dall’orientamento tradizionale

(che considerava nulli, per illiceità della cau-

sa, i patti stipulati prima del matrimonio o in

sede di separazione, in quanto ritenuti avere

a oggetto materie non negoziabili senza l’in-

tervento del giudice, quali lo status di coniuge

e l’assegno di divorzio), ritengono che possa

escludersi che “l’interesse della famiglia” sia

superiore e trascendente rispetto a quello dei

singoli componenti, per cui si deve ritenere

ammissibile un’ampia autonomia negoziale

(seppur adottando talune cautele laddove sia

necessario tutelare i diritti dei minori e, in ge-

nere, i diritti dei soggetti più deboli).

Cass. 3.12.2015 n. 24621

Espropri e risarcimentiPermute di terreni - Attuazione di progetti di interesse generale - Indennizzo

Il TAR Puglia, con la sentenza 3.12.2015 n.

1590, ha esaminato un caso di esproprio rela-

tivo a un consorzio.

Nel caso di specie, il titolare di un lotto era

stato espropriato ricevendo come indenniz-

zo un’area, in permuta. Il Comune, infatti, su

richiesta di altri proprietari consorziati che

intendevano realizzare un ampio piano urba-

nistico, aveva fatto applicazione dell’art. 27

della L. 166/2001 che consente alla maggio-

ranza assoluta dei proprietari di espropriare

aree dei consorziati in disaccordo, ricorrendo

a permute per gli indennizzi. A seguito del

ricorso dell’espropriato, il TAR, con interpre-

tazione restrittiva, ha ritenuto la norma sulle

permute applicabile solo nel caso di piani di

riabilitazione urbana, ovvero solo ove si ten-

da alla riqualificazione di immobili ed attrez-

zature, al miglioramento dell’accessibilità e

mobilità urbana, riordinando reti di trasporto

e infrastrutture. Negli altri casi, invece, chi è

espropriato ha diritto a ricevere un corrispet-

tivo in denaro.

TAR Puglia 3.12.2015 n. 1590

Società a responsabilità limitataCircolazione delle quote - Clausola di prelazione - Violazione - Conseguenze

La Corte di Cassazione, nella sentenza

2.12.2015 n. 24559, ha ribadito che la viola-

zione della clausola statutaria di prelazione

ha “efficacia reale” e, pertanto, è opponibile

rispetto al terzo acquirente in caso di cessione

della quota effettuata in violazione della clau-

sola stessa, nel senso che il cessionario non

entra a far parte della compagine sociale. La

clausola in questione, tuttavia, non attribuisce

alcun diritto di riscattare la partecipazione nei

confronti dell’acquirente, riconoscendo solo

quello al risarcimento dei danni eventualmen-

te prodotti. Non sussiste, peraltro, un danno

“in re ipsa” in caso di violazione della clausola

statutaria attributiva di un diritto di prelazio-

ne, poiché la stessa assolve ad una funzione

organizzativa per un interesse sociale e non

del singolo socio. Di conseguenza, grava su

quest’ultimo l’onere di allegare e dimostrare

un suo specifico interesse all’acquisto della

partecipazione societaria rimasto pregiudi-

cato dalla condotta violativa, potendo solo in

tal caso giustificarsi l’eventuale liquidazione

equitativa del danno, ex art. 1226 c.c., in ra-

gione dell’impossibilità o notevole difficoltà

di una precisa quantificazione (cfr. Cass. n.

12370/2014).

Cass. 2.12.2015 n. 24559

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03 / ATTIVITÀ FINANZIARIE

AntiriciclaggioFattispecie di riciclaggio - Elementi distintivi rispetto al reato di ricettazione

Il delitto di riciclaggio (art. 648-bis c.p.) si di-

stingue da quello di ricettazione (art. 648 c.p.)

non con riferimento ai reati presupposto, ma

in base agli elementi strutturali, quali l’ele-

mento soggettivo – che implica il dolo speci-

fico dello scopo di lucro nella ricettazione e il

dolo generico nel delitto di riciclaggio – e l’ele-

mento materiale, con particolare riguardo alla

idoneità ad ostacolare l’identificazione della

provenienza del bene, quale indice caratteri-

stico delle condotte di cui all’art. 648-bis c.p.

Cass. 7.12.2015 n. 48316

AntiriciclaggioFattispecie di riciclaggio - Accertamento della provenienza delittuosa - Condotte idonee a renderlo solo difficoltoso - Confisca di prevenzione

Integra il delitto di riciclaggio il compimento di

operazioni volte non solo ad impedire in modo

definitivo, ma anche a rendere difficile l’accer-

tamento della provenienza delittuosa del de-

naro, dei beni o delle altre utilità, attraverso un

qualsiasi espediente che consista nell’aggirare

la libera e normale esecuzione dell’attività po-

sta in essere. E ciò appare da configurare nel

caso, corrispondente a quello di specie, in cui la

condotta consista nella ricezione di somme di

provenienza illecita su conti correnti personali

e nella successiva effettuazione di operazioni

bancarie comportanti ripetuti passaggi di dena-

ro di importo corrispondente su conti di diverse

società, oggettivamente finalizzate alla scher-

matura dell’origine delle disponibilità (cfr. Cass.

n. 3397/2013, che ha ravvisato riciclaggio an-

che con riferimento a fattispecie concernenti la

effettuazione di versamenti di denaro di illecita

provenienza in favore di varie società controlla-

te dall’imputato, attraverso il temporaneo utiliz-

zo di “conti di sponda” su cui affluiva in modo da

non conservare traccia delle operazioni, man-

cando gli elementi identificativi della provenien-

za delle somme confluite nelle società, sia della

destinazione di quelle dalle stesse defluite).

In relazione alla confiscabilità del denaro ex

art. 12-sexies del DL 306/92, inoltre, occorre

considerare che, alla accertata sproporzione

tra guadagni (desumibili dal reddito dichiarato

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ai fini delle imposte) e patrimonio, scatta una

presunzione “iuris tantum” di illecita accumu-

lazione patrimoniale che può essere superata

dall’interessato sulla base di specifiche e veri-

ficate allegazioni dalle quali si possa desumere

la legittima provenienza del bene sequestrato

in quanto acquistato con proventi proporzionati

alla propria capacità reddituale lecita e, quindi,

anche attingendo al patrimonio legittimamente

accumulato (cfr. Cass. n. 29554/2015).

A fronte di ciò, è corretto reputare generica e non

rilevante la documentazione che, seppure utile

a dimostrare l’attività professionale all’estero

del titolare dei beni, non ne dimostri la prove-

nienza lecita. Che il soggetto fosse produttivo

di reddito all’estero e non tenuto a presentare

denuncia dei redditi in Italia, in quanto iscritto

all’AIRE, è un “non fatto” inidoneo a superare la

presunzione di illecita accumulazione dovuta

alla carenza di specifiche giustificazioni circa la

provenienza lecita del patrimonio. La giustifica-

zione credibile attiene alla positiva liceità della

provenienza e non si risolve nella prova nega-

tiva della non provenienza dal reato per cui vi

è stata condanna. La sproporzione, quindi, va

calcolata avendo come punto di riferimento per

il primo parametro il reddito netto (o l’attività

economica) ossia la capacità reddituale.

Cass. 7.12.2015 n. 48288

Intermediari finanziariDerivati - Commissioni implicite - Indebito

Con sentenza n. 23717 del 25.11.2015, il Tri-

bunale di Roma ha confermato la natura in-

debita delle c.d. “commissioni implicite” in un

contratto derivato IRS del tipo Collar. Infatti,

secondo il Tribunale, tali commissioni:

• non sono previste dall’ordinamento;

• non sono contenute in clausole contrattuali;

• sono escluse dall’art. 23 co. 2 del TUF (che

stabilisce la nullità della pattuizione di rinvio

agli usi per la determinazione del corrispet-

tivo, dei costi e degli oneri dovuti dai clienti

alle banche).

Trib. Roma 25.11.2015 n. 23717

Intermediari finanziariNegoziazione in derivati con la clientela retail - Restituzione dell’indebito

La Corte d’Appello di Milano, nella sentenza

11.11.2015 n. 4303, illustra le principali te-

matiche sottese alla negoziazione in derivati

con la clientela retail. Tra l’altro, si afferma

che:

• non ha valore l’autodichiarazione di operato-

re qualificato resa dal rappresentante di un

Comune, ai sensi dell’art. 31 dell’ormai su-

perato Regolamento intermediari di Consob,

vigente all’epoca dei fatti. L’autodichiarazio-

ne costituisce soltanto una presunzione, che

può essere vinta dalla prova positiva della

insussistenza dei requisiti cumulativamen-

te richiesti dal Regolamento e dalla prova

della conoscenza, ovvero della conoscibilità

in concreto della loro mancanza da parte

dell’intermediario;

• se anche l’autodichiarazione fosse stata va-

lida, non per questo sarebbero venuti meno

gli obblighi a cui l’art. 21 del TUF tiene vinco-

lato l’intermediario nei confronti di qualsiasi

cliente. Essi consistono nel “dovere indero-

gabile di agire in qualità di cooperatore del

cliente e nel suo esclusivo e miglior interes-

se”. Tali obblighi sono richiesti a maggior ra-

gione nel caso di contratti OTC, cioè conclusi

al di fuori dei mercati regolamentati, dove

l’intermediario si trova in spiccato conflitto di

interessi con la clientela, poiché contempo-

raneamente esso struttura geneticamente e

propone il derivato;

• essendo i derivati contratti aleatori, gli ele-

menti dell’alea e gli scenari ad essa conse-

guenti costituiscono la causa del contratto.

È ovvio che, per loro natura, i derivati non

incorporano la certezza di un determinato

risultato a scadenza, né l’alea deve essere

perfettamente bilanciata tra le parti. Nondi-

meno, rileva in maniera essenziale, costitu-

tiva, la circostanza che l’alea sia conosciuta

ex ante dalle parti con i suoi scenari proba-

bilistici.

App. Milano 11.11.2015 n. 4303

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04 / PROCEDURE CONCORSUALI

FallimentoChiusura della procedura di fallimento - Effetti

La Corte di Cassazione, con la sentenza

14.12.2015 n. 25135, ha stabilito che:

• non possono essere chiamati in causa gli

organi della procedura dal momento in cui

viene chiuso il fallimento; gli organi stes-

si non possono neanche assumere prov-

vedimenti o compiere atti (art. 120 del RD

267/42);

• qualunque provvedimento eventualmente

emesso dal tribunale fallimentare dopo la

chiusura del fallimento va considerato giuri-

dicamente inesistente per assoluta carenza

di potere.

Cass. 14.12.2015 n. 25135

FallimentoAzioni di responsabilità nei confronti degli amministratori - Esercizio da parte del curatore - Caratteristiche - Decorrenza dei termini di prescrizione

L’azione di responsabilità nei confronti

dell’amministratore di società di capitali eser-

citata dal curatore fallimentare ex art. 146 del

RD 267/42 compendia in sé le azioni di re-

sponsabilità della società (art. 2393 c.c.) e dei

creditori sociali (art. 2394 c.c.) ed è diretta alla

reintegrazione del patrimonio della società

fallita, visto unitariamente come garanzia dei

soci e dei creditori sociali.

Essa, pur avendo contenuto inscindibile,

offre al titolare la possibilità di scegliere

quale in concreto esercitare e formulare

istanze risarcitorie tanto con riferimento

ai presupposti della responsabilità contrat-

tuale verso la società, quanto a quelli del-

la responsabilità extracontrattuale verso i

creditori sociali. Tale scelta non è di poco

conto, dal momento che tra le due azioni

sussistono notevoli divergenze, non solo

per quanto riguarda la decorrenza del ter-

mine di prescrizione, ma anche in relazione

al diverso atteggiarsi dell’onere della prova

e all’ammontare dei danni risarcibili (Cass.

n. 15955/2012). Tuttavia, la scelta rappre-

senta evidentemente una facoltà, ben po-

tendo il curatore scegliere di esercitare

entrambe le azioni (anzi, come precisato

da Cass. n. 10378/2012, laddove il curatore

non abbia specificato il titolo sottostante,

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deve presumersi che abbia inteso esercita-

re congiuntamente entrambe le azioni).

Ai fini della decorrenza del termine quin-

quennale di prescrizione dell’azione dei cre-

ditori sociali occorre avere riguardo non al

momento in cui essi abbiano avuto effettiva

conoscenza dell’insufficienza patrimoniale,

ma al momento, che può essere posteriore o

anteriore al fallimento, in cui essi siano stati

in grado di venire a conoscenza della situa-

zione di grave e definitivo squilibrio patrimo-

niale della società (cfr. Cass. n. 9619/2009).

L’onerosità della prova a carico del curatore

ha indotto la giurisprudenza a introdurre una

presunzione relativa (iuris tantum) di coinci-

denza del “dies a quo” con la dichiarazione di

fallimento. Salva la prova contraria, a carico

dell’amministratore, della diversa data ante-

riore di insorgenza dello stato di incapienza

patrimoniale (Cass. n. 13378/2014). Tale pro-

va, se è vero che può desumersi anche dal

bilancio d’esercizio (Cass. n. 20476/2008),

deve comunque avere ad oggetto fatti sin-

tomatici di assoluta evidenza, nell’ambito di

una valutazione che è riservata al giudice di

merito ed è insindacabile in sede di legittimi-

tà se non per vizi motivazionali che la renda-

no del tutto illogica o lacunosa.

Cass. 4.12.2015 n. 24715

Concordato preventivoDichiarazione di inammissibilità della proposta concordataria - Contenuto e limiti del sindacato del giudice

Il Tribunale di Savona, con la pronuncia del

24.11.2015, nel dichiarare l’inammissibilità

della proposta concordataria, ha ribadito al-

cuni principi già affermati da precedenti giu-

risprudenziali ed ha affermato, fra l’altro, che

spetta ai creditori il sindacato sulla convenien-

za economica; il giudice, però, ha comunque

il controllo sulla legittimità della procedura e

sulla legalità della proposta. Il giudice, cioè,

esamina l’esistenza/fattibilità della causa del

negozio, quale possibilità della sua effettiva

realizzazione in senso logico e giuridico.

Trib. Savona 24.11.2015

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05 / PENALE

Principi generaliTenuità del fatto - Non punibilità - Prescrizione - Abuso edilizio

Nei reati permanenti (come la contravven-

zione edilizia di cui all’art. 44 lett. b) del DPR.

380/2001) è preclusa, quando la permanenza

non sia cessata, l’applicazione della causa di

non punibilità per la particolare tenuità del

fatto di cui all’art. 131-bis c.p.

Non si può considerare tenue un’offesa all’in-

teresse penalmente tutelato che continua a

protrarsi nel tempo; mentre l’eliminazione

dell’opera abusiva può, sussistendo gli altri

requisiti, consentire la non punibilità.

Nel giudizio di rinvio per una nuova valutazio-

ne della particolare tenuità del fatto non può

essere dichiarato prescritto il reato quando la

causa estintiva sia sopravvenuta alla senten-

za di annullamento parziale.

Cass. 22.12.2015 n. 50215

Penale tributarioOmesso versamento IVA - Mancanza di liquidità - Forza maggiore - Soggetto che subentra dopo la presentazione della dichiarazione e prima della scadenza dei termini di versamento

L’inadempimento dell’obbligazione tributaria

può essere attribuito a forza maggiore solo

quando derivi da fatti non imputabili all’im-

prenditore, che non sia stato in grado di porvi

rimedio per cause estranee alla sua volontà o

che sfuggono al suo dominio finalistico.

È, quindi, irrilevante la c.d. “crisi di liquidità”

del debitore alla scadenza del termine fissato

per legge per operare il versamento, avendo

l’obbligo, il debitore, per un verso, di accanto-

nare le risorse necessarie per il soddisfaci-

mento dell’obbligo tributario prioritario e, per

altro, verso, di adottare tutte le iniziative per

provvedere alla corresponsione del tributo.

Il soggetto che subentri ad altri nella carica

di liquidatore di una società di capitali dopo la

presentazione della dichiarazione IVA e prima

della scadenza del versamento, senza com-

piere il previo controllo di natura puramente

contabile sugli ultimi adempimenti fiscali, ri-

sponde del reato di cui all’art. 10-ter del DLgs.

74/2000 quantomeno a titolo di dolo eventuale.

Cass. 22.12.2015 n. 50209

Penale tributarioDichiarazione infedele - Responsabilità penale del socio amministratore - Estensione agli altri soci a cui compete l’attività gestoria

Con riferimento al delitto di dichiarazione in-

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fedele (art. 4 del DLgs. 74/2000), pur non trat-

tandosi di reato proprio (in quanto realizzabile

da chiunque), il soggetto attivo del reato è co-

lui che inserisce all’interno della dichiarazio-

ne fiscale per l’anno di riferimento elementi

passivi fittizi o comunque dati che rendono

quella dichiarazione infedele.

Non è, però, escluso che altri soggetti diversi

dal materiale sottoscrittore della dichiarazio-

ne possano concorrere nel reato, come per

esempio accade nella ipotesi in cui la dichia-

razione infedele venga materialmente com-

pilata dal consulente fiscale su incarico del

contribuente.

La sottoscrizione da parte di un socio ammini-

stratore di una società in nome collettivo non

esonera, dunque, automaticamente gli altri

soci amministratori dalle responsabilità fi-

scali, occorrendo invece accertare in concreto

se gli altri soci svolgano attività gestionali in

quella specifica materia e quale sia l’apporto

concorsuale penalmente rilevante nella ge-

stione della materia fiscale da parte dell’altro

(o altri) socio.

Cass. 22.12.2015 n. 50201

Responsabilità parapenale delle persone giuridicheCostituzione nel processo - Rappresentante legale - Conflitto di interessi - Annullamento senza rinvio

Il legale rappresentante di una società, inda-

gato o imputato nel medesimo procedimento

avverso l’ente, non è legittimato ad esprime-

re la volontà di quest’ultimo né a nominare

il difensore di fiducia per lo stesso, ai sen-

si di quanto previsto dall’art. 39 del DLgs.

231/2001.

Nel caso in cui si riscontri la sussistenza di un

tale conflitto di interessi, deve dichiararsi la

nullità assoluta di tutti i gradi di giudizio; nulli-

tà che può estendersi fino a travolgere l’udien-

za preliminare e il decreto che ha disposto il

rinvio a giudizio dell’ente.

Cass. 21.12.2015 n. 50102

Penale tributarioReati tributari del rappresentante legale - Profitto del reato - Sequestro e confisca del denaro presente sul conto corrente della società

Nei confronti di una persona giuridica, per

reati tributari commessi dal legale rappre-

sentante della stessa, è possibile operare il

sequestro preventivo finalizzato alla confi-

sca; sequestro da intendere operato non già

per equivalente bensì in via diretta; e, dunque,

legittimo, laddove avente ad oggetto beni che,

come le somme di denaro, rappresentano beni

fungibili.

Qualora il prezzo o il profitto derivante dal re-

ato sia costituito da denaro, la confisca delle

somme di cui il soggetto abbia comunque la

disponibilità deve essere sempre qualificata

come confisca diretta, ed in tal caso, tenuto

conto appunto della particolare natura del

bene, non occorre la prova del nesso di deri-

vazione diretta tra la somma materialmente

oggetto della confisca ed il reato.

E se è ben vero che, specie ove si tratti di re-

ati tributari – il cui profitto consistente nel

mancato pagamento di imposta è certamente

caratterizzato non già da un accrescimento

del patrimonio bensì da una non diminuzio-

ne dello stesso – la mancata individuazione,

naturalisticamente non possibile, del profitto

direttamente derivato dal reato potrebbe, sot-

to tale profilo, comportare che la confisca sia

in realtà più propriamente considerabile come

una confisca per equivalente, una diversa con-

clusione, nel senso della natura diretta della

confisca, si impone, a monte, in ragione ap-

punto della natura fungibile dei bene appreso.

Cass. 17.12.2015 n. 49673

Penale tributarioSequestro anche per equivalente del profitto del reato - Rateizzazione del debito - Pagamento delle prime rate - Procedura per ottenere la riduzione

Non può attribuirsi rilievo, in sede di riesame

del provvedimento di sequestro finalizzato

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alla confisca per equivalente, all’accordo per

la rateizzazione e ai conseguenti pagamenti

parziali effettuati dall’indagato (cfr. Cass. n.

10826/2013, secondo la quale tali pagamen-

ti possono, al più, essere posti a fondamento

di una richiesta di revoca parziale ai sensi

dell’art. 321 co. 3 c.p.p., potendo configurarsi

come quei fatti sopravvenuti idonei a far man-

care le condizioni di applicabilità del seque-

stro, sotto il profilo della non corrispondenza

fra la somma sequestrata e il profitto effetti-

vamente conseguito. In sede di riesame, inve-

ce, può essere data rilevanza alle sole condi-

zioni di applicabilità originarie della misura,

con la conseguenza che la corrispondenza fra

il quantum sequestrato e il profitto deve esse-

re valutata con riferimento al profitto inizial-

mente conseguito dall’indagato e, di regola,

corrispondente all’entità dell’imposta evasa).

Cass. 17.12.2015 n. 49666

Penale fallimentareBancarotta fraudolenta per distrazione - Concorso del sindaco - Presupposti

In relazione al concorso del sindaco nel rea-

to di bancarotta fraudolenta per distrazione

dell’amministratore, occorre considerare che

le regole ed i principi utilizzabili nell’ambito

della responsabilità contrattuale non possono

essere automaticamente trasferiti nel cam-

po della responsabilità penale. In tale ultimo

contesto, in particolare, occorre che il sindaco

abbia dato un contributo giuridicamente rile-

vante, sotto l’aspetto causale, alla verificazio-

ne dell’evento e che abbia avuto la coscienza

e la volontà di quel contributo, anche se solo a

livello di dolo eventuale (a parte i casi in cui è

richiesto l’elemento soggettivo del dolo spe-

cifico).

Vale a dire che, in campo penale, non basta

imputare e provare comportamenti di negli-

genza o imperizia, anche gravi, del sindaco,

ma occorre la prova, anche indiziaria, del fatto

che la sua condotta abbia determinato o favo-

rito, consapevolmente, la commissione di fatti

di bancarotta da parte dell’amministratore. Si

deve, inoltre, considerare, da un lato, che non

è necessaria la prova di un preventivo accor-

do tra amministratore e sindaco, e, dall’altro,

che l’inerzia di quest’ultimo, quale sinonimo

di omissione, come può essere frutto di mera

negligenza, può anche essere animata dal

dolo, in tutte le sue possibili graduazioni, ed

essa, al pari dell’azione, costituisce una mo-

dalità esecutiva di un reato.

È reputata, quindi, corretta la decisione di me-

rito nella parte in cui apprezza l’inerzia dell’im-

putato rispetto alla situazione complessiva e

non con riguardo a singole operazioni distrat-

tive. Ciò che gli viene addebitato, cioè, non è il

previo concerto con l’amministratore, ma l’i-

nerzia (pluriennale), consapevole e voluta, qua-

le “condizione” degli eventi conseguiti a quelle

condotte. Atteggiamento che non può non avere

avuto, come effetto, il rafforzamento del propo-

sito criminoso dell’amministratore, rassicurato

dalla certezza che non sarebbero state solleva-

te questioni dal controllore dinanzi ai soggetti

legittimati a reagire (gli altri soci, i creditori o il

Pubblico Ministero). Il tutto integrando una for-

ma di compartecipazione nel reato rilevante ex

art. 110 c.p.

Cass. 16.12.2015 n. 49628

Penale fallimentareBancarotta fraudolenta patrimoniale - Reato di pericolo - Conseguenze

La condotta sanzionata dall’art. 216 del RD

267/42 – e, per le società, dal successivo art.

223 co. 1 – non è quella di avere cagionato

lo stato di insolvenza o di avere provocato

il fallimento, bensì – assai prima – quella di

depauperamento dell’impresa, consistente

nell’averne destinato le risorse ad impieghi

estranei all’attività dell’impresa medesima.

La rappresentazione e la volontà dell’agente

debbono perciò inerire alla “deminutio patri-

monii” (semmai, occorre la consapevolezza

che quell’impoverimento dipenda da iniziati-

ve non giustificabili con il fisiologico esercizio

dell’attività imprenditoriale).

Tanto basta per giungere all’affermazione del

rilievo penale della condotta, per sanzionare

la quale è sì necessario il successivo fallimen-

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to, ma non già che questo sia oggetto di rap-

presentazione e volontà – sia pure in termini

di semplice accettazione del rischio di una sua

verificazione – da parte dell’autore.

È del resto innegabile che ci si trovi dinanzi

ad una fattispecie disegnata come reato di

pericolo. Anzi, la bancarotta fraudolenta patri-

moniale è, più propriamente, reato di perico-

lo concreto, dove la concretezza del pericolo

assume una sua dimensione effettiva soltanto

nel momento in cui interviene la dichiarazione

di fallimento, condizione peraltro neppure in-

dispensabile per l’esercizio dell’azione penale

o per l’adozione di provvedimenti “de liberta-

te”, ai sensi del combinato disposto degli artt.

7 e 238 del RD 267/42.

Ecco spiegato perché rimane esente da pena

il soggetto che impoverisca una società di ri-

sorse enormi, quando questa può comunque

continuare a disporne di ben più rilevanti, ido-

nee a fornire garanzia per le possibili pretese

creditorie: in quel caso, a differenza dell’ipote-

si dell’imprenditore che si renda responsabile

di una distrazione modesta (ma a fronte di un

patrimonio suscettibile di risentirne significa-

tivamente), il pericolo di un pregiudizio per i

creditori non avrà assunto la concretezza ri-

chiesta dal dato normativo.

In sostanza, e in definitiva, l’imprenditore deve

considerarsi sempre tenuto ad evitare l’as-

sunzione di condotte tali da esporre a possi-

bile pregiudizio le ragioni dei creditori, non nel

senso di doversi astenere da comportamenti

che abbiano in sé margini di potenziale per-

dita economica, ma da quelli che comportino

diminuzione patrimoniale senza trovare giu-

stificazione nella fisiologica gestione dell’im-

presa.

Cass. 16.12.2015 n. 49622

Penale tributarioDichiarazione fraudolenta - Documenti falsi - Momento consumativo - Tentativo - Mera registrazione in contabilità - Irrilevanza

La fattispecie di dichiarazione fraudolenta

mediante utilizzo di fatture o altri documen-

ti per operazioni inesistenti (art. 2 del DLgs.

74/2000) si consuma con la presentazione

della dichiarazione nella quale sono effetti-

vamente inseriti o esposti elementi contabili

fittizi, senza che abbiano rilievo le condotte

prodromiche dell’agente, ivi comprese l’acqui-

sizione e la registrazione nelle scritture con-

tabili di fatture o documenti falsi o artificiosi

(cfr., tra le altre, Cass. n. 32348/2015 e Cass.

n. 52752/2014).

L’opzione legislativa trova ulteriore conferma

nel disposto dell’art. 6 del DLgs. 74/2000, che

esclude, per il reato in esame, la configurabi-

lità del tentativo.

Deve, quindi, essere annullata la sentenza di

condanna per tale fattispecie che si “accon-

tenti” del dato neutro della registrazione del-

le fatture nelle scritture contabili, senza dare

conto per nulla dell’avvenuta indicazione delle

stesse in dichiarazione.

Cass. 16.12.2015 n. 49570

Reati comuniTruffa - Fatto tipico - Comportamento patrimonialmente rilevante - Nozione di artifici e raggiri - Danno

Il fatto tipico del delitto di truffa è costituito

dalla induzione in errore, mediante artifici

e raggiri, e dalla conseguente causazione di

un duplice evento materiale rappresentato

dall’ingiusto profitto e dall’altrui danno.

Vi è poi un ulteriore elemento tacito: il com-

portamento patrimonialmente rilevante che,

sebbene non richiesto espressamente, è de-

sumibile agevolmente dal fatto che l’errore, in

quanto semplice stato psicologico, non può, di

per sé, produrre alcun danno e vantaggio pa-

trimoniale se non è seguito da un comporta-

mento materiale e patrimonialmente rilevan-

te del “deceptus”.

Per artifizio si intende comunemente una si-

mulazione di circostanze inesistenti o una dis-

simulazione di circostanze esistenti che ge-

nera una trasfigurazione della realtà esterna,

camuffandola. I raggiri consistono, invece, in

qualunque “avvolgimento subdolo dell’altrui

psiche” con parole od argomentazioni.

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La condotta fraudolenta deve avere deter-

minato l’errore. La norma richiede un vero e

proprio nesso di causalità. Considerato che la

norma non richiede il requisito della attitudine

del mezzo ad ingannare o sorprendere la altrui

buona fede non è richiesta una particolare ido-

neità del mezzo medesimo. Basta che in con-

creto il mezzo usato abbia cagionato l’inganno.

È perciò irrilevante che l’ignoranza o la legge-

rezza dell’ingannato abbiano agevolato l’errore.

Il danno, elemento costitutivo del reato di

truffa, può risolversi sia nel danno emergen-

te per la perdita di un bene patrimoniale e sia

nel lucro cessante per il mancato acquisto di

una utilità economica. Nella consapevolezza

che con riguardo al concetto di patrimonio

esistono due concezioni – quella giuridica, se-

condo la quale è essenziale l’aspetto giuridico

formale del rapporto tra il soggetto ed i suoi

beni ed il danno può realizzarsi nel momen-

to in cui si è costituito un rapporto giuridico

svantaggioso per il soggetto passivo, e quel-

la economica che intende il patrimonio come

complesso dei beni economici di un soggetto,

attribuendo rilievo all’aspetto materiale, al

valore economico apprezzato o sulla base di

criteri oggettivi ed astratti o sulla base di cri-

teri personali e concreti, con la conseguenza

che il danno consiste nell’effettiva diminu-

zione del patrimonio – non può che rilevarsi

che è indubbio che la truffa sussiste quando

si verifica un danno, cioè quando viene violato

l’equilibrio patrimoniale del soggetto passivo,

che subisce un’effettiva perdita economica.

Cass. 9.12.2015 n. 48630

Penale tributarioOmesso versamento di ritenute certificate - Riforma diritto penale tributario - Innalzamento soglia di punibilità - Retroattività - Non punibilità

A seguito delle modifiche apportate dal DLgs.

158/2015, la soglia di punibilità prevista in re-

lazione all’art. 10-bis del DLgs. 74/2000 è di

euro 150.000 (antecedentemente al 22.10.2015

era di euro 50.000).

Tale modifica legislativa trova applicazione,

in ordine ai procedimenti pendenti, a norma

dell’art. 2 c.p.

Nel caso in cui la contestazione delle ritenute

omesse si riferisca ad una somma inferiore

alla nuova soglia, va pertanto emessa imme-

diata declaratoria di non punibilità per insus-

sistenza del fatto, ai sensi dell’art. 129 co. 1

c.p.p.

Cass. 4.12.2015 n. 48228

Penale tributarioIndebita compensazione - Crediti non spettanti - Nozione - Crediti utilizzati in eccedenza rispetto ai limiti legali - Rilevanza

La nozione di crediti “non spettanti”, contenu-

ta nella fattispecie di indebita compensazione,

comprende anche il caso di utilizzo di un credi-

to certamente esistente ma non utilizzabile per

la parte eccedente il limite stabilito dalla legge.

La soluzione che colloca tra i crediti non spet-

tanti (in senso oggettivo) sia quelli che, for-

matisi in riferimento ad un determinato anno,

possono essere utilizzati solo nell’anno suc-

cessivo, che quelli derivanti da una compen-

sazione oltre i limiti di legge, è infatti reputata

corretta sotto il profilo astratto perché:

• il concetto di non spettanza include, dal pun-

to di vista logico, tutto ciò che non spetta, ov-

viamente dal punto di vista tributario;

• il legislatore tributario, pur differenziando

tra condotte fraudolente o meno, continua a

riferire il concetto di non spettanza anche a

crediti che abbiano attinenza al rapporto tri-

butario tra contribuente ed Amministrazione

finanziaria.

Nel medesimo senso si veda anche Cass. n.

36393/2015, dove si è sottolineato come il cre-

dito ultra limite, seppure certo e determinato,

per la parte “eccedente” non è ancora “esigibi-

le”. Per essere tale occorre attendere la liqui-

dazione della pratica di rimborso o il periodo

d’imposta successivo (cfr. anche, seppure con

indicazioni più generiche, Cass. n. 3367/2015).

Cass. 4.12.2015 n. 48211

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Reati specialiTrasferimento fraudolento di valori - Natura - Pluralità di atti - Momento consumativo

Quando l’attribuzione fittizia di una società si

articola in una serie di condotte culminate con

il rilascio di una procura generale, da parte

dell’amministratore unico della società ad un

dipendente della stessa, è a quest’ultima atti-

vità che occorre guardare per l’individuazione

del momento consumativo della fattispecie

di trasferimento fraudolento di valori, di cui

all’art. 12-quinquies del DL 306/92.

Ed infatti, quando la condotta di attribuzione fit-

tizia della società si articola in una serie di atti

che culminano nel conferimento di una procura

generale, il reato viene ad assumere la natura

di fattispecie a condotta plurima o frazionata,

in ordine alla quale la serie concatenata di atti

trasformativi realizza un’azione unitaria che si

esaurisce e si qualifica, sul piano dell’individua-

zione del relativo momento consumativo, con il

raggiungimento dell’assetto stabile e definitivo

della nuova apparenza della compagine sociale.

E detto momento di stabile e definitivo assetto

di nuova apparenza è individuabile nella data

del conferimento della procura generale, a

nulla rilevando, ai fini dell’individuazione del

momento consumativo del reato, le precedenti

date in cui la società era stata costituita e l’im-

putato era stato assunto nella stessa (come

invece prospettato nel ricorso, al fine di invo-

care l’intervenuta prescrizione).

Cass. 1.12.2015 n. 47452

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Licenziamento individualeSuperamento del periodo di comporto - Errore del datore di lavoro

La Corte di Cassazione, con la sentenza

29.12.2015 n. 26005, ha stabilito che, ai fini

del licenziamento, è irrilevante l’incolpevole

ignoranza del datore di lavoro circa l’effettivo

superamento del periodo di comporto.

Nel caso di specie, un dipendente era stato li-

cenziato dopo 185 giorni di assenza effettuati

per un infortunio sul lavoro, ove parte dell’as-

senza del dipendente era stata imputata ad in-

fortunio e una parte riferita a malattia. La disci-

plina contrattuale collettiva del settore terziario

prevedeva la conservazione del posto di lavoro

per due diversi e distinti periodi di tempo.

Cass. 29.12.2015 n. 26005

Licenziamento individualeLicenziamento a fronte di una discriminazione basata sul sesso - Risarcimento del danno - Modalità

Con la sentenza del 17.12.2015 (C-407/14), la

Corte di Giustizia dell’Unione europea (in linea

con la direttiva UE 2006/54) ha statuito che il

danno subito da una lavoratrice licenziata per

una discriminazione basata sul sesso deve

essere risarcito in modo integrale. In partico-

lare, la Corte UE ha affermato che:

• i cambiamenti introdotti dalla direttiva

2006/54, recepita in Italia con il DLgs. n.

5/2010, rispetto alla precedente normativa,

puntano proprio ad assicurare una maggiore

efficacia punitiva e a determinare un effetto

dissuasivo reale nei confronti del datore di

lavoro;

• gli Stati non sono obbligati a prevedere nel

proprio ordinamento i danni punitivi, ma nei

casi di violazione del principio di parità tra

uomo e donna in cui si realizza un licenzia-

mento discriminatorio, gli ordinamenti na-

zionali devono prevedere la riassunzione

del soggetto discriminato o un risarcimento

monetario del danno.

Corte di Giustizia UE 17.12.2015 causa C-407/14

PrevidenzaContributi di lavoro dipendente - Termini di prescrizione dei contributi versati

Con riguardo alla disciplina introdotta dall’art.

3, co. 9 della L. 8.8.95 n. 335, che riduce a cin-

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que anni, a decorrere dal 1.1.96, il termine di

prescrizione per le contribuzioni di previden-

za e assistenza sociale obbligatoria, salvi i

casi di denuncia del lavoratore e dei suoi su-

perstiti, ai fini dell’applicazione del termine di

prescrizione ordinaria decennale è sufficiente

che il lavoratore abbia presentato una pro-

pria denuncia all’INPS, relativa all’omissione

contributiva del datore di lavoro, non essendo

necessario che, ai fini del più lungo termine di

prescrizione, la denuncia abbia un contenuto

specifico e tecnicamente precisato.

Cass. 10.12.2015 n. 24946

Licenziamento individualeProcedimento disciplinare nei confronti di un dipendente - Modalità di contestazione dell’addebito

La Corte di Cassazione interviene in tema di

procedimento disciplinare nei confronti di un

dipendente di un datore di lavoro privato, riba-

dendo che la regola desumibile dall’art. 7 del-

la L. 20.5.1970 n. 300, secondo cui l’addebito

deve essere contestato immediatamente, va

intesa in un’accezione relativa, ossia tenendo

conto delle ragioni oggettive che possono ri-

tardare la percezione o il definitivo accerta-

mento e valutazione dei fatti contestati – “da

effettuarsi in modo ponderato e responsabi-

le anche nell’interesse del lavoratore a non

vedersi colpito da incolpazioni avventate”

– soprattutto quando il comportamento del

lavoratore consista in una serie di fatti che,

convergendo a comporre un’unica condotta,

esigono una valutazione unitaria, sicché l’in-

timazione del licenziamento può seguire l’ulti-

mo di questi fatti, anche ad una certa distanza

temporale da quelli precedenti. In altri termi-

ni, il principio della immediatezza della conte-

stazione disciplinare può considerarsi violato

soltanto quando il datore di lavoro prolunghi le

indagini in assenza di una obbiettiva ragione,

pur essendo in possesso di tutti gli elementi

per una compiuta valutazione del comporta-

mento del dipendente e così non consenta al

lavoratore di esercitare il proprio diritto ad

una pronta ed effettiva difesa, ma non quando

la mancata immediatezza della contestazione

sia giustificata da ragioni obiettive che impe-

discono una piena valutazione della condotta

del dipendente e quindi una ponderata e re-

sponsabile contestazione degli addebiti, che

risponde anche nell’interesse del lavoratore a

non vedersi colpito da incolpazioni avventate.

Cass. 10.12.2015 n. 24941

Lavoro subordinatoDiritti e doveri del lavoratore - Sciopero - Assenza collettiva dal lavoro per malattia - Verifica dell’attendibilità del certificato medico

La Cassazione, con la pronuncia 7.12.2015

n. 48328, ha affermato che l’assenza collettiva

dal lavoro per malattia non esclude la confi-

gurabilità di fattispecie di reato, ancorché le

assenze siano giustificate da certificazioni

mediche. L’esistenza del fondato sospetto

che le assenze per malattia celino un’azione

di protesta attuata con metodi illeciti rende

necessario lo svolgimento del processo pe-

nale, nel corso del quale saranno svolti tutti

gli accertamenti necessari a valutare l’atten-

dibilità delle fonti di prova (segnatamente, la

veridicità delle certificazioni mediche).Il caso

specifico verteva sull’assenza per malattia dei

dipendenti di un’azienda di trasporti, i quali

erano stati accusati di truffa e interruzione di

pubblico servizio per essersi assentati tutti in-

sieme in due giorni consecutivi.

Cass. 7.12.2015 n. 48328

Lavoro subordinatoDiritti e doveri del lavoratore - Modalità di esecuzione dello sciopero - Casi di illegittimità

L’astensione dal lavoro per sciopero è da rite-

nersi illegittima laddove i tempi e le modalità

di esecuzione siano rimessi totalmente alla

discrezione dei singoli lavoratori interessati,

senza alcuna predeterminazione. In tale situa-

zione, precisa la Corte di Cassazione, può venir

compromessa la capacità produttiva e organiz-

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zativa dell’azienda, dal momento che il datore

di lavoro non è nelle condizioni di organizzarsi

per porre rimedio alle improvvise mancanze di

personale. Nel caso in esame, viene pertanto

cassata la sentenza d’appello che, decidendo

a favore delle rappresentanze sindacali, aveva

ritenuto che le predette modalità di attuazione

di un’astensione dal lavoro, indetta presso la

sede di un’azienda della grande distribuzione,

la riconducessero alla tipologia del cosiddetto

sciopero “a singhiozzo” o “a scacchiera”, ca-

ratterizzata da interruzioni o sospensioni del

lavoro parziali o temporanee.

Con riferimento al caso di specie, i giudici di le-

gittimità osservano che attraverso l’attuazione

di uno sciopero le cui modalità di esecuzione

erano rimesse totalmente ai singoli lavoratori

interessati, senza una loro predeterminazio-

ne, il datore di lavoro era seriamente espo-

sto ai pregiudizi derivanti dall’impossibilità di

prevenire i rischi sulla produttività aziendale

con riferimento ai singoli reparti ove di volta

in volta sarebbe stata attuata – anche all’im-

provviso – l’astensione dei lavoratori, con l’i-

nevitabile insorgere di pericoli di vario genere,

quali, ad esempio, la sottrazione della merce o

il suo mancato pagamento o l’assenza di con-

trollo delle condizioni di igiene e di sicurezza

sul lavoro all’interno dei vari reparti, anche

in considerazione della presenza di pubblico.

In definitiva, per i giudici di legittimità, quelle

particolari modalità di attuazione della pro-

clamata astensione dal lavoro sono da rite-

nersi illegittime in quanto esorbitano dai limiti

del diritto di sciopero, ne snaturano la forma e

le finalità tipicamente collettive e pongono in

serio pericolo la produttività e l’organizzazio-

ne gestionale dell’azienda.

Cass. 3.12.2015 n. 24653