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Raccontare il gioco scout testimonianze scritte dagli anni ottanta dell’Agesci Quaderni del Centro Documentazione Agesci Introduzione Nota del curatore Franco La Ferla Ornella Fulvio Ottavio Losana Agnese Cini Tassinario Giancarlo Lombardi Claudia Conti Maurizio Millo Alessandro Alacevich Cristina De Luca Lele Rossi Anna Contardi Roberto Lorenzini Federico Colombo Giulia e Romano Forleo Antonio Albites Coen Annamaria Mezzaroma Gualtiero Zanolini Tavola rotonda Profili dei testimoni Centro Documentazione Agesci Raccontare il gioco scout 2

Raccontare il gioco scout 2

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Una ulteriore raccolta di testimonianze dello Scautismo cattolico italiano attraverso il racconto di persone significative che hanno fatto la vita dell'Associazione.

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Raccontareil gioco

scouttestimonianze scritte dagli

anni ottanta dell’Agesci

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Introduzione • Nota del curatore • Franco La Ferla• Ornella Fulvio • Ottavio Losana • Agnese CiniTassinario • Giancarlo Lombardi • Claudia Conti •

Maurizio Millo • Alessandro Alacevich • Cristina DeLuca • Lele Rossi • Anna Contardi • Roberto Lorenzini• Federico Colombo • Giulia e Romano Forleo •

Antonio Albites Coen • Annamaria Mezzaroma •

Gualtiero Zanolini • Tavola rotonda • Profili deitestimoni

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Raccontare il gioco scout • Con questo libro,curato da Vincenzo Schirripa, il Centro documen-tazione prosegue la sua attività volta a conserva-re, diffondere e valorizzare la memoria associati-va. Memoria che non è costituita solo da docu-menti ma anche da persone significative per lastoria associativa che raccontano la loro espe-rienza scout, come sono venuti in contatto con loscautismo e quali tracce indelebili esso ha lascia-to nella loro vita.I personaggi e gli anni qui presi in considerazio-ne sono quelli immediatamente seguenti la fusio-ne fra Asci e Agi e la nascita dell’Agesci. In tuttigli interventi si respira l’entusiasmo di queglianni, la convinzione e quindi la capacità dicostruire qualcosa di nuovo sia pur nella fedeltàprofonda ai valori dello scautismo.

€ 11,00

ISBN 978-88-8054-893-5

Centro Documentazione Agesci

Raccontare il gioco scout

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ISBN 978-88-8054-893-5

Incaricata del Comitato editoriale @ Laura Galimberti • Acura di @ Vincenzo Schirripa • segreteria CentroDocumentazione @ Maria Cristina Bertini • Progetto grafico@ Giovanna Mathis • Impaginazione Luigi Marchitelli •

Fiordaliso soc. coop. @ Corso Vittorio Emanuele II, 337,00186 Roma, www.fiordaliso.it • Finito di stampare @

dicembre 2011

Centro Documentazione Agesci @ Piazza Pasquale Paoli 18, 00186Roma • telefono 06 68166203 • fax 06 68166236 • www.agesci.org/cen-trodocumentazione/home • e-mail: [email protected]

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a cura di Vincenzo Schirripa

Raccontare il gioco scouttestimonianze scritte dagli anni ottanta dell’Agesci

Quaderni del Centro Documentazione Agesci

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Indice

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Introduzione

Nota del curatore

Per i ricordi più seri non c’è qui lo spazioPulirono le scarpe di tutta la famigliaUn quintale di pane occupa una stanzaLo stile non è acquaCon Baden in canotto sul RodanoAlla Gervasutti non prendevano ragazzeIl sapore del saleUna scuola di responsabilitàUn cammino che si apreOltre il volontariato, per un servizio adultoMi regalarono Il libro dei capiCi si accapigliava sulla coeducazione e la politicaIl quadro come intellettuale moraleSiamo capi a disposizione per narrare la nostra storiaDall’Asci all’Agesci, vent’anni dopoSono una innamorata dello scautismoEsploratori dell’invisibile

«L’esperienza si compie quando viene narrata»Tavola rotonda con Duccio Demetrio, Sergio Gatti, Paolo Jedlowski,Saretta Marotta, Anna Perale, Giuseppe Tognon

Profili dei testimoni

Michele Pandolfelli

Vincenzo Schirripa

Franco La FerlaOrnella FulvioOttavio LosanaAgnese Cini TassinarioGiancarlo LombardiClaudia ContiMaurizio MilloAlessandro AlacevichCristina De LucaLele RossiAnna ContardiRoberto LorenziniFederico ColomboGiulia e Romano ForleoAntonio Albites CoenAnnamaria MezzaromaGualtiero Zanolini

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Introduzione

C on questo libro, curato da Vincenzo Schirripa, il Centro documentazioneprosegue la sua attività volta a conservare, diffondere e valorizzare la

memoria associativa. Memoria che non è costituita solo da documenti maanche da persone significative per la storia associativa che raccontano la loroesperienza scout, come sono venuti in contatto con lo scautismo e quali trac-ce indelebili esso ha lasciato nella loro vita.

I personaggi e gli anni qui presi in considerazione sono quelli immediata-mente seguenti la fusione fra Asci e Agi e la nascita dell’Agesci. In tutti gliinterventi si respira l’entusiasmo di quegli anni, la convinzione e quindi lacapacità di costruire qualcosa di nuovo sia pur nella fedeltà profonda ai valo-ri dello scautismo. Mi auguro che questo entusiasmo, questa freschezza evoglia di costruire possa contagiare nel profondo il lettore e l’Associazione.

È comune al volume precedente, che sempre con il titolo Raccontare il giocoscout raccoglieva le trascrizioni di ventidue testimonianze orali, il dato delleesperienze significative che lo scautismo ha offerto, da bambini o ragazzi,agli autori degli interventi: episodi forti di vita all’aperto, incontro con adul-ti significativi, avventure, imprese, giochi affascinanti. È comune altresì il

Introduzione

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riconoscimento dell’apporto rilevante che lo scautismo ha impresso alla vitafamiliare, professionale, sociale e politica degli intervistati per il tramite del-l’educazione del carattere, dello spirito di avventura e del saper lavorare disquadra.

Anche in questo caso mi auguro che il lettore scout ne venga contagiato,riflettendo sull’importanza della qualità dell’esca per i ragazzi: attività impe-gnative, entusiasmanti ed evocative che lascino il segno dell’edu ca zionescout nella preparazione agli impegni della vita adulta.

Il volume si completa con una tavola rotonda sul rapporto fra esperienza enarrazione, tradizione e mondo simbolico nello scautismo: «L’esperienza sicompie quando viene narrata». Abbiamo pensato di concludere la raccoltadelle testimonianze chiedendo ad alcuni esperti una riflessione sulla narra-zione, strumento di cui già intuiva le potenzialità Baden-Powell quando haimpostato Scouting for Boys in forma di “chiacchierate” con i ragazzi. Latavola rotonda ci offre così una lettura a più voci, talora esterne ai nostriabituali orizzonti, e ci arricchisce di conferme e suggerimenti su un temamolto rilevante per gli educatori. Anche la più recente riflessione associati-va ha toccato il tema della narrazione come strumento peculiare e fondamen-tale dello scautismo, del lupettismo, del roverismo: riscopriamone, ancheattraverso questa raccolta, tutte le incredibili possibilità. La narrazione,infatti, non è solo comunicazione di un’esperienza ma è una consegna divalori e messaggi con intenzionalità educativa, mai del tutto unidirezionale;raccontare, prendersi cura delle forme e dei contenuti, dei tempi e dei luo-ghi, delle relazioni che questa pratica intesse e delle condizioni che la ren-dono feconda, ci consente di coltivare ricche risorse di esperienza e memo-ria in una forma accessibile per i ragazzi, e non solo per loro.

Michele PandolfelliIncaricato nazionale alla Documentazione

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Nota del curatore

Q uesto libro segue e in qualche modo completa il precedente Raccontareil gioco scout. Ventidue testimonianze dall’archivio orale dell’Agesci. La

raccolta di interviste che diede corpo a quel volume aveva lasciato in dote alCentro documentazione alcune storie di vita scout, se così possiamo chiamar-le, che per vari motivi erano state trasmesse per iscritto tramite GiovannaPongiglione e Michele Pandolfelli. Si trattava di materiali densi e preziosi chetuttavia non potevano essere inclusi in quella raccolta di testimonianze resea viva voce: era questa, infatti, la caratteristica del volume precedente. Ma apartire da quelle abbiamo pensato di lanciare lo sguardo un po’ più in là, oltrela vicenda dell’Agi e dell’Asci e della loro unificazione, per raccogliere un po’di voci sugli anni ottanta dell’Agesci: sulla fase, cioè, che comincia ovvia-mente un po’ prima del 1980 e nella quale sedimentano i fermenti che hannoanimato la fase fondativa dell’Associazione, se ne stabilizzano le struttureorganizzative, se ne mette a punto la proposta metodologica sulla scorta diuna entusiasmante stagione di confronto e di lavoro comune.

Valgono per queste testimonianze le avvertenze di cui al volume preceden-te, e fra queste in particolare una: in questo libro è possibile mettere a con-fronto letture e punti di vista di alcune guide e alcuni scout che hanno par-

Nota del curatore

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tecipato a questa stagione dai vertici delle strutture associative, mentre sonomeno presenti i livelli non apicali e le periferie dell’Agesci. Occorre tenerneconto, cogliendo a un tempo l’importanza di questi contributi e l’opportuni-tà di aggiungere a queste altre voci.

Poco ho da aggiungere, se non che questo progetto ha camminato sulleintuizioni, sulla determinazione e sull’impegno di Maria Cristina Bertini: colo-ro che sono stati intervistati potranno testimoniare anche questo. MichelePandolfelli ha già presentato la tavola rotonda conclusiva: mi limito ad augu-rarvi di leggerla con la stessa curiosità con cui l’abbiamo vista nascere eprendere forma; e grazie ancora a tutti.

Vincenzo Schirripa

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Testimonianze•Per i ricordi più seri non c’è qui lo spazio

Per i ricordi più seri non c’è qui lo spazioCostruire una capanna con i materiali trovati sul posto, sistemar-si per la notte con la squadriglia completamente isolata dalreparto, sentire i rumori del bosco che generano anche timore,intravvedere le stelle negli inevitabili buchi della copertura…beh, questa è una cosa che non si dimentica più.

Franco La Ferla

Sono entrato negli scout per il motivo più abituale: i miei genitori lavorava-no, e trovarono nell’oratorio salesiano vicino casa un luogo protetto dove pote-vo giocare e crescere. Ne erano molto contenti, tanto da farsi coinvolgereanche loro nei legami che univano i genitori a sostegno del gruppo scout. Comeavviene poi quasi sempre, venuto il momento di fare il capo e di dedicare moltotempo ed entusiasmo a farlo, i miei genitori si prodigarono in buoni consiglisul pensare di più a me stesso, agli studi universitari da completare, al lavoroda intraprendere, alla nuova famiglia che intanto si era allargata.

Fra i miei ricordi più belli il primo è la costruzione di una capanna alcampo estivo, con il pernottamento della mia squadriglia sotto un cielo stel-lato che non ho più dimenticato. Costruire tane era già stata un’arte abitua-le nelle cacce di branco, ma costruire una capanna con i materiali trovati sulposto, sistemarsi per la notte con la squadriglia completamente isolata dalreparto, sentire i rumori del bosco che generano anche timore, intravvederele stelle negli inevitabili buchi della copertura… beh, questa è tutt’altra cosae non la si dimentica più. La si ripete da rover quando, in modo più sbriga-tivo, si sceglie in montagna un posto riparato fra le rocce: si ritrovano lestesse stelle e ci si accorge che si sta rivivendo la notte della capanna.

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Il secondo ricordo è l’impresa in bicicletta da Torino a Oslo nel 1958, pochimesi prima di compiere sedici anni. “Impresa” nel Torino XXIV era un termi-ne usato con parsimonia: solo ogni due anni, quando si montava in biciclet-ta per visitare i paesi europei e, più tardi, anche la Turchia e il Marocco.

L’impresa di Oslo fu particolarmente significativa. Intanto per il numerodi par tecipanti, cinquanta suddivisi in due file distaccate per non avere nécre are problemi di traffico: oggi ce ne vorrebbero non meno di sei, di file di -stac cate… Il contorno del viaggio fu entusiasmante: le iniziative per racco -gliere soldi e comperare cinquanta biciclette nuove fiammanti e ben attrez -zate; gli allenamenti, non tanto per pedalare quanto per imparare ad an da rein fila, trasferendo con le braccia segnali convenuti dal primo all’ulti mo dellacolonna: svolta a destra o a sinistra, rallentare, stop eccetera (su una stra dapoco battuta provammo anche a viaggiare sulla sinistra, come avrem modovuto poi circolare in Svezia); i contatti con la municipalità di To rino per isaluti da portare a quella di Oslo. Poi le iniziative al ritorno per raccontarecon scritti, immagini, spettacoli il vissuto di quel mese di lu glio. Il viaggiofu appunto una impresa: a dispetto della minuziosa prepara zione non man-carono gli imprevisti – aver sbagliato giorno per il pranzo pre visto con i trecalciatori svedesi, Gren, Nordahl e Liedholm, che aveva no giocato in Italia –e le sorprese: due lauti pranzi presso gli ambasciatori italiani in Danimarca eNorvegia. Dal riferimento costante ai pranzi si ca pisce che questi sono i mieiricordi di allora in un’impresa a regime di ci bi assai misurati, anzi, decisa-mente scarsi!

Per ricordi più seri non c’è qui lo spazio.Questi due primi episodi sono legati soprattutto alla fortuna e al privile-

gio di aver avuto capi come Luciano Ferraris, Mario Dal Canton, Lullo Losanae assistenti ecclesiastici come don Dusan Stefani. Per ognuno di loro servo-no più pagine, e occorrerà scriverle.

Il terzo ricordo è la route nazionale di branca Rover/Scolte alla Mandria(Venaria, Torino) nel 1975, la prima all’indomani della nascita dell’Agesci.Impressionante trovarci in cinquemila ed entusiasmante essere uniti dalloslogan «Costruiamo il nostro tempo»: nella società, nella Chiesa, nell’As -sociazione. Si definirono in quell’occasione delle modalità di incon tro che si10

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sarebbero poi ripetute: forte preparazione nei clan a casa; cam pi mobili inter-gruppo con scambio di pensieri ed esperienze; campo fis so per ascoltare/par-tecipare a varie occasioni di approfondimento, spesso guidate da persone digrande rilievo provenienti da ambiti extra as so cia ti vi, veglie e altro ancora.Carlo Guarnieri ha scritto che «la route è stato uno dei momenti più alti incui il roverismo/scoltismo si è riconosciuto anche come un movimento di gio-vani che si vuole qualificare per la sua maturità e per la qualità del suo mes-saggio, in un momento in cui il clima sociale del nostro paese era caratteriz-zato da una diffusa insicurezza, dall’emergere del fenomeno della violenzapolitica e dalla crisi economica». Per me fu poi anche l’occasione di svilup-pare un maggiore senso associativo, grazie all’incontro con persone signifi-cative come Giancarlo Lombardi. E poi ebbi la soddisfazione di coinvolgerepiù persone nella veglia Una nuova Torre di Babele, che voleva far rifletteresul significato che può avere un incontro di tante esperienze e suggerire unmetodo per coglierne gli aspetti importanti e per stare in guardia dalla faci-le esaltazione favorita dal numero.

La prima cosa viva e utile che devo allo scautismo è il rispetto dei primidue articoli della Legge scout, porre il proprio onore nel meritare fiducia edessere leali: regole che mi hanno aiutato e spronato molto nel rapporto congli altri, anche nella mia vita professionale. La seconda è il piacere di lavo-rare in gruppo, cavando il buono che c’è in ognuno di noi. La terza è l’impor-tanza dell’esempio personale e dunque la necessità di tener conto del benema anche del male che possiamo fare con persone che guardano a noi consimpatia e attenzione. La quarta è la curiosità di spingersi un po’ oltre ildovuto: nelle cose da fare, in quello che si è già visto, che si sa, in quelloche non ci compete ma ci interessa. La quinta è il viaggiare leggeri e dun-que la ricchezza della sobrietà e della semplicità. La sesta è la concretezza,il fatto che mentre stiamo ancora parlando già cerchiamo di intravvedereanche il “da farsi”.

Tutto quello che posso aver dato all’Associazione deriva dal fatto che mi èsta to chiesto, direttamente o indirettamente. Non ricordo una sola azioneche sia derivata da un mio propormi: mi sono quasi sempre limitato ad accet -tare, non sempre con entusiasmo, quanto mi veniva chiesto per servizio. Miè sempre mancata la convinzione di essere io la persona giusta per qual cosa. 11

Testimonianze•Per i ricordi più seri non c’è qui lo spazio

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Sono stato fortunato, perché una certa mia predisposizione al l’o zio mi avreb-be fatto perdere le innumerevoli cose belle che lo scautismo mi ha permessodi vivere e avrebbe limitato la conoscenza di me stesso e la mia crescita.

In branca Rover/Scolte, prima a livello regionale e poi nazionale, credo diaver portato qualche elemento di concretezza che era più proprio delle bran-che precedenti, consolidando la cultura di strumenti metodologici come lastrada, la veglia, le tematiche ambientali, l’espressione, lo scouting in gene-rale. Ricordo la stesura del primo regolamento metodologico, formidabileesperienza di raccolta di pensieri e ricerche di tutta la branca e poi di sinte-si scritta di tutto ciò. Ricordo l’approfondimento della tematica del servizioextra associativo, che aiutò a connotare la branca come età educativa e nonpiù solo come fucina di capi. Ricordo i Cantieri del nostro tempo che mirava-no a fornire competenze anche tecniche per costruirlo davvero, il nostrotempo.

Del mio servizio con la pattuglia nazionale Ambiente ricordo il salto cultura-le cui tutti venimmo forzati. Spinti da persone come don Tonino Moroni edEnver Bardulla, comprendemmo per la prima volta la differenza fra educazio-ne e pedagogia e ci sforzammo di rileggere il metodo dello scautismo in chia-ve di educazione ambientale. Curammo la sostenibilità di eventi come ilcampo nazionale esploratori/guide del 1983 e la route nazionale rover/scol-te del 1986. Il lavoro fu lungo, serio e appassionante, con risultati però nonduraturi. Si era riflettuto a fondo sui tre orientamenti dell’educazioneambientale: quello sull’ambiente, dove prevale l’educa zio ne alla conoscenzae quanto poi ne consegue; quello attraverso l’ambiente, vi sto come ambitoprivilegiato per crescere, ma senza necessariamente co noscerlo a fondo ointeragirvi fortemente; quello per l’ambiente, votato principalmente a inter-venire in tema di protezione e sviluppo sostenibile. Pur nella necessaria inte-grazione fra le tre possibilità, la nostra scelta era per la seconda: ma forsenon si è stati capaci di essere incisivi nel proporre, anche se gli strumentifurono elaborati sul campo e pure divulgati. Resta così il dubbio forte che inuno scautismo vissuto necessariamente come esperienza sporadica e di con-seguenza sempre più intellettualizzata, e forse scolasticizzata, la natura e lavita all’aperto non riescano più a essere “ambiente come fattore di educazio-ne”, ma si riducano a semplice sfondo o spazio fisico del tutto ininfluente12

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sullo svolgimento delle attività. Dove si può addirittura arrivare a fare delleattività all’aperto che meglio si sarebbero svolte al chiuso, evitando di tra-sportare con sé un vasto armamentario di attrezzature elettriche ingombran-ti. Bardulla conclude che, dopo lo sforzo di passare “dalla natura all’ambien-te” che si è cercato di fare in Agesci, si tratterebbe oggi di compiere il per-corso inverso: cioè riscoprire la natura, affinché essa possa essere davverovissuta come ambiente e come ambiente educativo. In altri termini, si trat-terebbe di riequilibrare l’accento posto rispettivamente sull’educazione su-at -tra ver so-in favore dell’am biente, nella consapevolezza che integrare la di -mensione naturalistico-ambientale nel grande gioco dello scautismo in mo dosufficientemente “naturale” riesce oggi di gran lunga più difficile di quan tonon lo fosse in passato.

Dal mio servizio nel Comitato europeo dello scautismo ricavo invece un sensodi insuccesso; feci solo due dei tre anni richiesti, in quanto mi sentivo fuoriluogo. Per la prima volta di tutte quelle in cui avevo risposto «eccomi», capiiche avevano chiesto alla persona sbagliata.

Il servizio come Capo scout: anche qui mi sono sentito molto spesso al disotto delle attese. L’impegno che si chiede a questa figura associativa èmolto variegato e la fortuna/scappatoia è poi quella che si è comunque indue, Capo guida e Capo scout, per cui la vicinanza di Ornella Fulvio è stataassociativamente preziosa. Io soccombevo spesso però, sia nel cercare di ri -solvere le liti associative come ultimo grado di giudizio nei casi di conflit to,sia nel presiedere il Consiglio generale. Il resto del servizio mi ha sal vato, manon così tanto dal rispondere «eccomi» a un secondo mandato.

Per tutto il resto invece non so valutare. Seguo sempre con affetto tuttol’o pe rare dell’Agesci, cercando anche di contribuire un poco attraverso leco lonne della rivista «R.S. Servire». Ma non sono capace di collegare l’al lo -ra con l’oggi. Mi sembra solo che le difficoltà del fare educazione sianomolto aumentate rispetto a ieri; e la mia stima per quanti si buttano inquesta avventura è sconfinata. Dunque, grazie.

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Maria Ornella Fulvio è nata a Como il 30 gennaio 1944. È entratanell’Agi nel maggio del 1957 per un atto di volontà propria, forzandola mano ai genitori poco propensi: allora era quasi impensabile cheuna ragazza andasse in giro da sola. Era stata appassionata dalle tra-smissioni dei coniugi [Riccardo] Varvelli [e Maria Ludovica Lombardi],che parlavano e mostravano in tv lo scautismo, tanto da imporsi allapropria famiglia. Ha fatto la Promessa il 23 dicembre dello stessoanno e percorso tutto il cammino scout fino alla Partenza. Dopo ilcampo di formazione, ha fatto la capo cerchio. Quel campo fu unaesperienza molto bella, ancora viva nei suoi ricordi, anche perché inquella occasione ha conosciuto quella che ancora oggi è la sua piùgrande amica!

Fare scautismo era ancora una avventura ulteriore per le donne: muo-versi in uniforme ricordava le Piccole italiane del fascismo, sollecita-14

Raccontare il gioco scout

Pulirono le scarpe di tutta la famigliaAl primo campo da guida, nella notte, le urla e le minacce di gio-vani “scherzosi” indussero la capo reparto a portarci tutte nei pres-si di un casolare abitato da una famiglia dove il padre, fucile da cac-cia alla mano, minacciò urlando i disturbatori, che fuggirono; ilgiorno dopo alcune ragazze, tra cui Ornella, pulirono le scarpe ditutta la famiglia come segno di gratitudine!

Ornella Fulvio

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Testimonianze•Pulirono le scarpe di tutta la famiglia

va i giovanotti a fare delle avances! Al primo campo da guida, nellanotte, le urla e le minacce di giovani “scherzosi” indussero la caporeparto a portarci tutte nei pressi di un casolare abitato da unafamiglia dove il padre, fucile da caccia alla mano, minacciò urlan-do i disturbatori, che fuggirono; il giorno dopo alcune ragazze, tracui Ornella, pulirono le scarpe di tutta la famiglia come segno digratitudine!

Alla route di fuoco sulle Apuane, mentre si avvicinavano ad una cava,furono salvate da un giovane che, correndo loro incontro a propriorischio, le fece mettere al riparo appena in tempo da una mina chesarebbe scoppiata pochi secondi dopo.

Per problemi di salute ha lasciato l’Associazione per qualche annoed è rientrata nel 1971 come segretaria regionale dell’Agi toscana. Siè iscritta a Padova al corso di laurea in Psicologia, appena aperto, maha abitato a Rovigo, dove ha fatto Raksha in branco per l’Asci, par-tecipando alla formazione capi provinciale, e la capo ceppo per l’Agi,seguendo la vicenda dell’unificazione. Nel 1975, rientrata in Toscanadopo la laurea, è stata capo del cerchio misto del Lucca 1. Chiamatain regione a candidarsi per la branca Coccinelle, a cavallo tra gli annisettanta e ottanta è stata eletta al Comitato centrale: incaricata allabranca per sei anni, ha lavorato all’organizzazione ed al nuovo asset-to dell’Agesci e al nuovo regolamento metodologico, in particolareapprofondendo tutte le fondamentali tematiche tipiche della educa-zione scout in età lupetti/coccinelle.

Nella seconda metà degli anni ottanta è stata responsabile naziona-le alla formazione capi, anche qui collaborando alla stesura del rego-lamento e alla riorganizzazione dei contenuti e delle modalità deicampi di formazione ai vari livelli.

Successivamente è stata responsabile regionale ed infine Capoguida insieme a Franco La Ferla. Si era già candidata allo stesso ser-vizio, ma le era stato imputato come fatto negativo di essere candi-data al Consiglio comunale della sua città. La delusione fu moltoforte, in quanto la candidatura le era sembrata coerente con il Patto

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associativo, come scelta di servizio alla co munità. Ma non avendopossibilità di parola – era solo invitata al Consiglio generale ed ilCapo scout non ritenne di autorizzarla – non le fu possibile esprimer-si. Per giunta nelle elezioni comunali della settimana successiva nonraggiunse un numero sufficiente di voti. Tuttavia quell’episodio, lenumerose votazioni, gli interventi appassionati a favore e contromisero chiaramente in luce che era necessaria una riflessione di tuttal’Associazione sul tema: venne chiamata a far parte di un gruppo dilavoro che elaborò un documento, poi approvato dal Consiglio gene-rale, con indicazioni chiare in merito ai rapporti con l’impegno inpolitica.

Di tutti questi anni rimane vivo l’impegno, la fatica ma anche la sod-disfazione di costruire insieme, con la massima partecipazione ditutti, con la convinzione che posizioni opposte che abbiano intentocostruttivo, per quanto faticose da gestire, sono un contributo allacrescita di tutti. Che i rapporti personali e diretti sono spesso lamiglior soluzione.

E un ricordo molto vivo rimane il momento della approvazione delregolamento L/C, preparato da un lungo e attento lavoro di coinvol-gimento della base e delle regioni, con un’ottima gestione da partedegli incaricati della commissione del Consiglio generale, che richie-se tuttavia una intera notte di votazioni e discussioni: il solo momen-to di intervallo fu l’annuncio dell’alba, che ci portò tutti fuori dal ten-done a gustare lo spettacolo ma anche la soddisfazione di aver quasiportato a termine il compito, che si concluse infatti poco dopo: ave-vamo il regolamento della branca Lupetti e Coccinelle!

Rientrata in comunità capi ha fatto la maestra dei novizi, la capoclan/fuoco e la capo gruppo. Nel frattempo ha continuato a fare lacapo campo negli eventi nazionali di formazione fino al 2000.

Ed anche qui ci sono immagini cariche di emozioni: la più ango-sciosa riguarda il giorno in cui uno degli allievi, Emilio, è “finito fuoridella cartina”: si trattava di un trasferimento in hike partendo la seraprima, durante la messa, da una località per arrivare all’Eremo di16

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Testimonianze•Pulirono le scarpe di tutta la famiglia

Camaldoli, in realtà pochi chilometri! È arrivato con un ritardo diquattro ore, bagnato come un pulcino perché pioveva a dirotto. Erastata conclusa la cerimonia di accoglienza, la narrazione rituale del-l’esperienza e lo staff stava ragionando come e dove andarlo a cerca-re. Così il pranzo che seguiva è diventato una grande festa!

Ornella è attualmente censita nella comunità capi del gruppo LuccaPonte 1, dove svolge servizi e incontri occasionali anche a livello dizona. È membro della comunità Foulards blancs e continua a far ser-vizio a Lourdes. Psicologa presso l’Azienda sanitaria, ha sempre impo-stato il suo lavoro non solo nell’aiutare le persone, ma nel trasmette-re loro valori e significati, nel cercare di far arrivare anche a loro laconvinzione che si è felici nella misura in cui si aiuta gli altri adesserlo, in cui si sa cogliere il bello in ogni piccola cosa. Nel trasmet-tere una visione spirituale della vita.

Oggi è convinta profondamente che tutto quello che è, come per-sona, è filtrato attraverso lo scautismo e le esperienze vissute nelloscautismo.

La vita associativa dei quadri, le sembra, si è complicata ed inqualche modo distanziata dalla base e dal lavoro quotidiano dei capi:vorrebbe che lo spirito di coinvolgimento e di attenzione e parteci-pazione del tempo avventuroso dei primi passi dell’Agesci tornasse afar sentire anche il capo più giovane coinvolto e responsabile dellavita di tutta l’Associazione.