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Problem Solving Idee e proposte a.tifi

Problem Solving Idee e proposte a.tifi. La piantina della curiosità La curiosità di quei bambini mi commuove. Mi chiedo dove è finita la curiosità dei

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Problem Solving

Idee e proposte

a.tifi

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La piantina della curiosità

• “La curiosità di quei bambini mi commuove. Mi chiedo dove è finita la curiosità dei miei alunni di liceo ormai diventati bravi ragazzi, educati.., ma non più curiosi. Penso che andrebbe ridefinito il concetto di “buona condotta” e che bisognerebbe far di tutto per conservare il più a lungo possibile negli adulti la curiosità dei bambini.”

Da Bruno Jannamorelli: Strumenti di calcolo aritmetico ingenui … ma ingegnosi, ed. Qualevita

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Alcuni spunti: 1. Glasersfeld

• L. Cardellini: che qualità sono importanti e quanto l'entusiasmo nell'istruzione?

• E. von Glasersfeld: L'entusiasmo per la disciplina che viene insegnata è importante, ma le qualità principali che un insegnante deve avere sono la pazienza, l'immaginazione e la prontezza a credere che gli studenti possano pensare, e fare in modo che gli studenti lo sappiano.

Fonte: Intervista di Liberato Cardellini a Ernst von Grasersfeld:http://www.iwn.it/download.asp?a=5,43743312358856E+20&c=a12n03&file=cardellini.pdf su I&S anno XII n.3

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GlasersfeldTeoria costruttivista dell’istruzione:

1.Se assumiamo che lo studente deve costruire la propria conoscenza consideriamo che non è una “lavagna pulita”, in quanto possiede conoscenze e misconoscenze;

2.Qualunque risposta dia uno studente a una domanda o a un problema ha per lui, in quella circostanza, un senso;

3.Se un insegnante desidera modificare i concetti o le strutture concettuali di uno studente, cerca di dar forma a una propria personale idea di studente;

4.Domandare allo studente di chiarire come sia giunto a formulare una risposta lo induce a scoprire qualcosa sul suo modo di pensare

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Segue Teoria costruttivista dell’istruzione di Glasersfeld

5. Se si desidera motivare lo studente ad affrontare questioni che non lo sembrano interessare, bisogna creare situazioni in cui possa sperimentare il piacere di risolvere un problema;

6. Un ragionamento corretto è molto più importante di una risposta corretta;

7. Per comprendere e apprezzare le idee di uno studente bisogna avere una mente molto flessibile;

8. Un insegnante “costruttivista” non può mai giustificare ciò che insegna affermando “che è la verità”.

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Glasersfeld, conclusioni

• Insomma, si può spingere lo studente a costruirsi “conoscenza” lasciandolo di fronte al problema, aiutandolo solo se richiesto e limitandosi a indirizzarlo senza coercizione. Infatti, non c’è un grado profondo di comprensione (la “consapevolezza operativa”) senza riflessione, e la riflessione è un’attività che gli studenti devono compiere autonomamente, partendo sempre da qualche forma di esperienza sensomotoria, che della riflessione non è comunque la causa. Sono, queste, considerazioni che per molti costituiscono ormai luoghi pedagogici comuni e la cui accettazione – come riconosce lo stesso von Glasersfeld – non implica necessariamente l’adesione all’epistemologia costruttivista.

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Spunti: 2. Jonassen

• Non si apprende leggendo o ascoltando, ma facendo, impegnando cioè, le persone in attività che obbligano chi apprende a pensare, ad utilizzare ed allenare le sue proprie abilità e risorse cognitive.

• Non si impara dalla tecnologia come non si impara dall’insegnante. Si impara attraverso il pensiero: pensando a cosa si sta facendo o alle cose in cui si crede…pensando al processo che il pensiero svolge. Il pensiero media l’apprendimento. L’apprendimento è il risultato del pensiero.

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David Jonassen 2

• Uno dei principali problemi che vedo è la produzione di quella che potremmo chiamare “conoscenza inerte”, una “conoscenza” che è presente nelle menti delle persone, ma che non viene usata quando si tratta di usarla per risolvere problemi del mondo reale e non solo scolastico.

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David Jonassen 3

• La consuetudine scolastica genera conoscenze valide solo in contesti scolastici: qui, infatti, si favorisce lo sviluppo di conoscenza con modalità astratte (pensando, illusoriamente, che l’astrattezza del contesto in cui sono sviluppate favorisca poi le applicazioni), si valutano gli apprendimenti con esercizi scolastici, si semplificano i concetti, perché altrimenti “non sono appresi”, non si considerano le conoscenze già possedute dall’individuo, che invece sono presenti, agiscono e spesso prevalgono.

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David Jonassen 4

• Dobbiamo sviluppare sistematicamente lo sviluppo di apprendimenti significativi. Il risultato dell’apprendimento significativo è prodotto dalla risoluzione di problemi. Questo perché nella vita e nel lavoro di tutti i giorni, le persone risolvono, costantemente problemi, i quali danno uno scopo all’apprendimento: senza un’intenzione per apprendere è difficile che si verifichi un apprendimento significativo. La conoscenza costruita in un contesto è maggiormente significativa, integrata, meglio ritenuta e più trasferibile.

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David Jonassen 5

• Anche quando abbiamo svolto attività formative basate su problemi con i bambini delle elementari, abbiamo trovato grande adesione. Tutti venivano a scuola anche con la febbre, pur di non perdere il passo. Avevano un problema da risolvere. Avevano una ragione per apprendere e non sentivano la scuola come un obbligo.

Da: Conversazione con David Jonassen; G. Marconato e P. Litturi, Sistemi & Impresa N.9 2005

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Chat: Eterogenesi dei fini

• Domanda: stiamo finalmente per dotarci di un laboratorio. Mi potresti suggerire delle esperienze da fare?

• Risposta: prima spiegami, perché vorreste fare delle esperienze??

• … perché credo che fare qualche esperimento sia utile per rendere la materia più coinvolgente.

“Lo scopo principale di questo discorso è di dimostrare che in Brasile non si insegna scienza”, da: Sta scherzando Mr. Feynman?, pagg.209-216

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La mezza mela mancante• Nel sistema educativo italiano l'insegnamento

della metodologia scientifica non trova applicazione sistematica, intenzionale e prolungata in nessun curriculum formativo. Eppure il Quadro di Riferimento P.I.S.A. per la Literacy Scientifica (2006) assegna il peso dovuto alla scienza in quanto metodo: “:.

.. ciò che occorre è un certo grado di conoscenza della scienza in quanto metodo, cioè in quanto processo che produce conoscenza e che propone spiegazioni sulla natura." E, più avanti: "... comprensione degli aspetti distintivi della scienza intesa come forma di sapere e di indagine...", e "... comprensione dei processi attraverso i quali gli scienziati ricavano i propri dati e propongono le proprie spiegazioni...la natura congetturale delle ipotesi scientifiche, la disposizione a rivedere sempre in modo critico i risultati..."

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Esperti di insegnamento o scienze? • “… se non sono avvezzo come insegnante e come

persona a pormi delle domande e a tentare di rispondervi non riuscirò a mia volta a guidare il discente sulla stessa via. Se non posseggo una robusta e sistematica formazione sperimentale non riuscirò ad apprezzare il senso, le difficoltà, le trappole connesse con la raccolta, la ponderazione, la valutazione dell’affidabilità del dato, né a progettare una sequenza razionale di verifica sperimentale delle ipotesi. Occorre vivere la ricerca scientifica o almeno averne fatto esperienza per superare l’inevitabile iato tra le enunciazioni di intenti dei documenti che attingono alla filosofia della scienza e la concretizzazione pratica quotidiana, anche di tipo didattico …”

Teresa Andena: “Insegnare con i concetti le scienze”, pag. 26 Angeli, 2007

COME USCIRNE?

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Alex H. Johnstone come insegnare il problem solving -1

• Suddividere il problema separatamente in problemi più piccoli. • Considerare il problema da diversi punti di vista. Questo viene

facilitato lavorando in gruppo e condividendo idee, non importa quanto strane. Tra tutte ci sarà una buona idea.

• Se possibile, rappresentare le parole del problema in un diagramma o in un disegno. Questo è molto importante per pensatori visuali, e molto utile per risolvere problemi strutturali.

• Lavorare all'indietro se nessun metodo dai dati al risultato è disponibile.

• Quando si è risolto il problema ragionarci di nuovo per rinforzare il metodo "nuovo" che è stato "inventato". In questo modo si sarà aggiunto un nuovo schema al proprio repertorio di know–how

http://wwwcsi.unian.it/educa/problemsolving/aj_ps2it.html

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• L'insegnante può facilitare questi processi insegnando in un modo che favorisce la formazione di nuovi collegamenti nella mente dello studente. In un'area come la chimica bio-inorganica, gli studenti si lagnano perché le lezioni contengono chimica fisica, chimica organica ed inorganica. Vale la pena di sottolineare che Dio non ha mai fatto queste divisioni!! La più grande barriera per diventare abili nel PS è l'apprendimento per comparti: l'apprendimento nel quale ogni nuova idea è chiusa a chiave in una scatola di un singolo contesto e diviene inaccessibile eccetto che in quel contesto.

Alex H. Johnstone come insegnare il problem solving - 2

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• Non credo che sia possibile insegnare l'intuizione, poiché ciascun individuo ha una differente conoscenza immagazzinata, collegata in una maniera peculiare; ma, dal modo in cui insegniamo, da ciò che ci aspettiamo e da quello che richiediamo ai nostri studenti, possiamo incoraggiarli ad esplorare estesamente quanto è depositato nella loro memoria, per cercare collegamenti e sentieri nuovi attraverso le loro menti

Alex H. Johnstone come insegnare il problem solving - 3

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Alex H. Johnstone8 maniere per pensare al PS

Tipo Dati Metodo Scopo/Risultato

1 Completi Conosciuto Definito

2 Completi Sconosciuto Definito

3 Incompleti Conosciuto Definito

4 Incompleti Sconosciuto Definito

5 Completi Conosciuto Non definito

6 Completi Sconosciuto Non definito

7 Incompleti Familiare Non definito

8 Incompleti Sconosciuto Non definitohttp://wwwcsi.unian.it/educa/problemsolving/ahj_due.html

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Ciò che manca è il problem solving

• Cura contro il verbalismo, facendo anche da freno alla gran quantità di contenuti che in genere si vorrebbe insegnare

• Favorisce l’instaurazione di un ambiente educativo costruttivista, le interazioni positive con i pari, il docente e le fonti

• Introduce nell’educazione un elemento mancante: l’invenzione

• Ha un effetto livellante…

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Effetto livellante del P.S.

PROBLEM SOLVING

Studentedocente

Studente

EROGAZIONE DI CONTENUTI

DOCENTE

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Quali doti per il problem solving?

1. “Assumere” il problema: I care – make sense of it2. Considerare gli errori dei passi avanti o punti di

partenza3. Distanziarsi dal problema: avere tempo e libertà per

tornare sul problema a distanza di tempo4. Considerarsi un solutore di problemi5. Saper usare risorse (sapendo che le risorse si attivano

quando si verificano le condizioni precedenti, e non semplicemente perché si hanno delle conoscenze)

Quando si affrontano problemi autentici (in situazioni per le quali non si ha esperienza diretta) in genere si attraversano soluzioni fallimentari e ingannevoli, che chi ha esperienza escluderebbe a priori. Solo chi non ha l’esperienza, paradossalmente, si trova di fronte a una autentica situazione di problem solving, realmente sfidante, dalla quale potrà uscire solo con ipotesi creative (almeno dal suo punto di vista).

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Titolo dell’anidride acetica1. Normale titolazione dell’acidità: scopriamo che gli equivalenti non cambiano con la trasformazione

dell’anidride in acido acetico. Se titolassimo una bottiglia nuova e una tutta idrolizzata non troveremmo nessuna differenza di acidità totale. Cerchiamo un modo per evitare di usare l’acqua che nella titolazione idrolizza l’anidride...

2. … titolazione con NaOH in acetone. Ci rendiamo conto che l’OH¯ forma un equivalente di acetato e uno di acido acetico, il quale a sua volta consumerà altra base. Allora dobbiamo lavorare su una proprietà che sia esclusiva dell’anidride e non posseduta dall’acido acetico: il potere acilante…

3. …facciamo reagire l’aa con il fenolo, in eccesso, che non è acetilato dall’acido acetico. L’anidride si trasforma in un solo equivalente di acido acetico e in un estere non acido. Titolando una stessa aliquota non reagita si avrebbero due equivalenti di acido da ogni mol di AAn. La differenza tra gli equivalenti nelle due titolazioni ci dà metà degli equivalenti di acido che erano presenti nella sola anidride (in quanto l’altra metà è scomparsa formando l’estere) e questi corrispondono alle moli di anidride. Ma ci sono due nuovi problemi: a) anche il fenolo in eccesso consuma NaOH e b) la reazione potrebbe non avvenire senza un catalizzatore acido.

4. i nuovi problemi si risolvono aggiungendo il quantitativo necessario di acido fosforico all’anidride acetica prima di dividerla nella porzione della reazione e in quella della titolazione diretta. Inoltre invece di titolare direttamente con NaOH si aggiunge un eccesso di bicarbonato di sodio 1M e poi si retrotitola, dopo ebollizione, l’eccesso di bicarbonato con HCl 1 M. La differenza tra gli equivalenti di acido prima e dopo la reazione fornirà il numero di moli dell’anidride nel campione.

5. Tutta la procedura si potrebbe semplificare sostituendo il fenolo con un alcol (es. isopropanolo), acetilabile all’ebollizione anche facendo a meno dell’acido minerale. In parallelo una prova di controllo con acido acetico puro. La titolazione avverrebbe direttamente con NaOH 1 M.

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Ghiaccio secco I• Abbiamo una bombola di anidride carbonica compressa.

Come si fa a fare il ghiaccio secco? In base ad esperienze precedenti sarebbe dovuta bastare la semplice espansione in aria, contro uno straccio. Anche insistendo molto non si aveva che un leggero raffreddamento, assolutamente insufficiente a ottenere una “neve” di CO2. Durante le ripetute prove notiamo che a un terzo dell’altezza, dalla base della bombola, si forma uno spesso strato di brina, con un limite netto, al di sopra del quale il raffreddamento era inesistente. Forse a livello inconscio, abbiamo attribuito il fenomeno al livello a cui arrivava il liquido, ma non abbiamo dato alcun peso a questo indizio, che sarebbe poi risultato fondamentale alla risoluzione del problema.

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Ghiaccio secco II

• Forse è necessario fare uscire la CO2 da un piccolo foro e farla espandere in una camera chiusa, prima di lasciarla uscire. Ricordo di aver visto qualcosa del genere all’università. I nostri meccanici costruiscono la camera di espansione d’acciaio con ghiera e ugello avvitabile direttamente alla bombola. Ma anche stavolta non accade nulla, indipendentemente da quanto si sviti la ghiera per mantenere la camera di espansione a pressione bassa. Intuiamo che stiamo sbagliando qualcosa di fondamentale, ma non sappiamo che cosa.

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Ghiaccio secco III

• Durante le vacanze di Natale, rinunciato oramai a ottenere lo scopo, mi metto a cercare in internet apparecchietti per fare ghiaccio secco. Sembrano abbastanza semplici, ma costano troppo, non si riesce a capire cosa abbiano di particolare. Ricordo che dagli estintori ad anidride carbonica esce una neve di ghiaccio secco, ma perché? Ci saranno pressioni particolarmente elevate? No…!

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Ghiaccio secco IV• Grazie alla curiosità sull’estintore scopro

che al suo interno c’è un tubo che pesca nel liquido, ed è questo che, spruzzato fuori dalla pressione del gas, si raffredda per evaporazione e solidifica.

• Era ovvio! Oltre all’effetto Joule-Thompson, il raffreddamento poteva (doveva) essere causato dall’evaporazione del liquido. Ma non potevamo smontare la nostra bombola!

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Ghiaccio secco V

• Come fare allora per far uscire la CO2 liquida?

• La soluzione mi si è presentata, come spesso accade, mentre non pensavo al problema, ed era come l’uovo di Colombo: capovolgere la bombola.

• Solo dopo tornato a scuola avrei potuto provare. Ma delusione, la bombola era finita a furia di provare. Ma oramai eravamo certi che “doveva” funzionare, sicché abbiamo acquistato un’altra ricarica e abbiamo realizzato il primo cilindro di 5x5 di ghiaccio secco.

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Che cosa hanno in comune queste due esperienze di P.S.?

• La soluzione si avvicina per approssimazioni successive, con correzioni di errori che in linea di principio dovrebbero essere evitati.

• Le conoscenze che vengono, alla fine, mobilitate, sono di livello base, comuni ad esperti e non: chi non sa che un liquido si raffredda quando evapora?

• Senza dare la dovuta rilevanza alle conoscenze teoriche, a ciò che non si vede e non si tocca, ai modelli teorici, checché ne dicano i “pratici”, non si risolvono i problemi.

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E se il P.S. non si risolve?

• La funzione educativa del PS non è legata alla sua risoluzione, ma al fatto che si attivino curiosità, immaginazione, e inventiva, si sperimentano ipotesi, si progetta, si mobilitano conoscenze, si comincia a “credere” in maniera diversa nella propria capacità di generare idee e nelle proprie conoscenze, che ne escono comunque rafforzate.

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Passare da una scuola in cui il docente è l’addestratore dei propri studenti ad

una in cui ogni studente è l’addestratore della propria immaginazione • I verbi del Problem Solving

Riconoscere il contesto, analizzare il problema, definire il problema e i risultati parziali e finali, esplorare, immaginare, scegliere, ipotizzare, provare, applicare principi noti, diagrammare, accorgersi di un errore, ricercare, ipotizzare, inventare, adattare, cambiare percorso, fallire, fiutare, verificare l’adeguatezza, diventare consapevoli delle innovazioni strategiche, comprenderne il valore, i limiti, la validità

• I verbi dell’addestramentoIniziare, riprendere, applicare procedure note, proseguire, ripetere, ripercorrere, ricontrollare, completare, sbagliare, correggere, rifare da solo, rifare insieme, confondersi, orientarsi, dimenticarsi, ricordarsi.