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PSICOLOGIA e scuola / 37 Problem solving Un programma per l’insegnamento delle abilità di risoluzione dei problemi STRUMENTI Donatella Tamburri (Università di Udine) flight or fight . Vediamo di cosa si tratta de- clinando tali comportamenti in ambito scola- stico (Garnett, 2005): 1. flight (fuga): in primo luogo, è possibile fug- gire da un problema, ignorandone completa- mente l’esistenza. Si tratta di una soluzione spesso praticata dagli allievi con maggiori difficoltà relazionali o d’apprendimento, che ad esempio cercano di sfuggire all’interroga- zione in classe assen- tandosi da scuola ri- petutamente. Purtrop- po, in questi casi il problema tende inva- riabilmente ad acuirsi, fino a raggiungere livelli di tale criticità da ren- dere molto difficile la sua soluzione; 2. fight (attacco): la seconda possibilità consiste nel ricorso a comportamenti aggressivi di tipo fisico o verbale, nel tentativo di eliminare la fonte percepita del problema. Ad esempio, l’allievo con difficoltà d’integrazione nel grup- po classe potrebbe aggredire un compagno ri- tenuto responsabile del suo isolamento; op- pure, un bambino che lamenta problematiche di lettura potrebbe rivolgere la sua aggressi- vità verbale nei confronti dell’insegnante, giu- dicata eccessivamente rigida. Come è facilmente intuibile, in entrambi i casi le situazioni problematiche non vengono L La realtà scolastica at- tuale pone gli allievi di fronte a numerose sfi- de all’adattamento e a potenziali conflittuali- tà, in maniera molto più marcata di quanto avvenisse in passato. Si pensi solamente alla necessità di interagire con compagni di clas- se portatori di diffe- renti codici culturali e linguistici; oppure al compito di integrare di- versi canali comunicativi implicati nella di- dattica multimediale; o, infine, alla capacità di generalizzare gli apprendimenti scolastici ai contesti di vita quotidiana. In tutte queste condizioni, si palesano spesso delle difficoltà da parte di alcuni allievi a gestire costruttiva- mente le situazioni problematiche (Bloom- quist, 1996). LE VIE D’USCITA DA UN PROBLEMA Di fronte ad un problema, ricorriamo spesso a tentativi di soluzione assolutamente infrut- tuosi o addirittura controproducenti, riassun- ti nell’espressione di derivazione etologica Un limitato repertorio di abilità di problem solving determina una serie di ripercussioni negative sia sul piano degli apprendimenti che su quello dell’interazione sociale. Il presente curricolo ha come obiettivo quello di trasmettere una serie di abilità per affrontare costruttivamente i problemi

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Problem solvingUn programma per l’insegnamentodelle abilità di risoluzione dei problemi

STRUMENTI

Donatella Tamburri (Università di Udine) “flight or fight”. Vediamo di cosa si tratta de-clinando tali comportamenti in ambito scola-stico (Garnett, 2005):1. flight (fuga): in primo luogo, è possibile fug-gire da un problema, ignorandone completa-

mente l’esistenza. Sitratta di una soluzionespesso praticata dagliallievi con maggioridifficoltà relazionali od’apprendimento, chead esempio cercano disfuggire all’interroga-zione in classe assen-tandosi da scuola ri-petutamente. Purtrop-po, in questi casi ilproblema tende inva-riabilmente ad acuirsi,

fino a raggiungere livelli di tale criticità da ren-dere molto difficile la sua soluzione;2. fight (attacco): la seconda possibilità consistenel ricorso a comportamenti aggressivi ditipo fisico o verbale, nel tentativo di eliminarela fonte percepita del problema. Ad esempio,l’allievo con difficoltà d’integrazione nel grup-po classe potrebbe aggredire un compagno ri-tenuto responsabile del suo isolamento; op-pure, un bambino che lamenta problematichedi lettura potrebbe rivolgere la sua aggressi-vità verbale nei confronti dell’insegnante, giu-dicata eccessivamente rigida.Come è facilmente intuibile, in entrambi icasi le situazioni problematiche non vengono

LLa realtà scolastica at-tuale pone gli allievi difronte a numerose sfi-de all’adattamento e apotenziali conflittuali-tà, in maniera moltopiù marcata di quantoavvenisse in passato.Si pensi solamente allanecessità di interagirecon compagni di clas-se portatori di diffe-renti codici culturali elinguistici; oppure al compito di integrare di-versi canali comunicativi implicati nella di-dattica multimediale; o, infine, alla capacità digeneralizzare gli apprendimenti scolastici aicontesti di vita quotidiana. In tutte questecondizioni, si palesano spesso delle difficoltàda parte di alcuni allievi a gestire costruttiva-mente le situazioni problematiche (Bloom-quist, 1996).

LE VIE D’USCITA DA UN PROBLEMADi fronte ad un problema, ricorriamo spessoa tentativi di soluzione assolutamente infrut-tuosi o addirittura controproducenti, riassun-ti nell’espressione di derivazione etologica

Un limitato repertorio di abilitàdi problem solving determina

una serie di ripercussioni negativesia sul piano degli apprendimenti

che su quellodell’interazione sociale.

Il presente curricolo ha comeobiettivo quello di trasmettereuna serie di abilità per affrontarecostruttivamente i problemi

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STRUMENTI

risolte inmaniera costruttiva, ma persistono, siaggravano e generalmente coinvolgono anchealtri settori della vita quotidiana del bambino,dando luogo a circoli viziosi molto pericolosi.Ad esempio, l’incapacità dell’allievo di affron-tare adeguatamente i problemi scolastici e lasua tendenza ad esprimerli attraverso com-portamenti aggressivi diretti contro terzi, po-trebbero nel medio e lungo periodo provoca-re una serie di problematiche anche a livello di-sciplinare. Queste ultime, a loro volta, finireb-bero con il retroagire sulle difficoltà didattiche,in un’escalation sempre più coinvolgente.Possiamo allora chiederci il motivo per cui mol-ti allievi (ma in realtà anche numerosi adulti) ri-corrano a strategie di risoluzione dei proble-mi del tutto disfunzionali. La risposta implicadue aspetti fondamentali: da un lato, le abilitàcosiddette di “problem solving” non sono in-nate, ma devono essere attentamente appresee soprattutto esercitate nel tempo, al fine di af-finarle e renderle pienamente efficaci (Fabio ePellegatta, 2005); dall’altro lato, i comportamentidi “attacco o fuga” sono spessomessi in atto daallievi con ridotta autostima, che pertanto si ri-tengono inefficaci nell’approccio costruttivo aiproblemi (Bloomquist, 1996).

I LIMITI DEGLI ALLIEVI A RISCHIOQuali sono le difficoltà manifestate più fre-quentemente dai bambini in età della scuoladell’obbligo, che li rendono deboli nell’ap-proccio efficace alle situazioni problematiche,configurandoli pertanto come soggetti “a ri-schio”? In maniera schematica, possiamo evi-denziare quattro principali tipologie di allieviin difficoltà (Dawson e Guare, 2004):• allievi con ridotte abilità di decision making:si tratta generalmente di bambini che incon-trano ostacoli nei passaggi strettamente co-gnitivi del problem solving, come ad esempiol’individuazione corretta di obiettivi realistici,

la valutazione delle alternative di risposta,ecc. In questi casi, spesso vengono compiutedelle scelte impulsive, senza un’adeguata ana-lisi dei costi e dei benefici di ciascuna alterna-tiva di soluzione e, soprattutto, delle risorse ne-cessarie per implementarla;• allievi con carenti abilità sociali: in questocaso, la difficoltà principale risiede nella ca-pacità di negoziazione in presenza di proble-mi che riguardano più bambini. Il risultato ditale deficit consiste spesso in tentativi di solu-zione non condivisi, ma imposti aggressiva-mente agli altri;• allievi con difficoltà nell’assunzione delle re-sponsabilità: la scelta di un’alternativa di so-luzione rispetto alle altre comporta ovvia-mente dei rischi sulla possibile inefficacia del-la stessa. Di conseguenza, un’adeguata abilitàdi problem solving implica la capacità di as-sumersi la responsabilità delle scelte effettua-te e delle possibili conseguenze, positive o ne-gative. Purtroppo, alcuni bambini sono carentiproprio in tale dimensione, non riuscendo aprospettarsi gli effetti futuri del proprio com-portamento, ovvero non sopportando i livellidi ansia connessi;• allievi con ridotta autostima: negli ultimi annisembra registrarsi un incremento nel numerodi allievi che presentano inadeguati livelli di au-tostima, la cui conseguenza principale consi-ste in una vera e propria inerzia operativa, concomportamenti di fuga di fronte ai problemi.

UN CURRICOLO PER IL PROBLEMSOLVING: ASPETTI PRELIMINARIPer ovviare a queste difficoltà, nelle pagine se-guenti viene presentato un curricolo per l’in-segnamento delle abilità di soluzione dei pro-blemi, articolato in una serie di sessioni che ri-percorrono gli step fondamentali di un algo-ritmo del problem solving. Affinché un inter-vento educativo di questo tipo risulti efficace,

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Problem solving

sono necessarie alcuneraccomandazioni ditipo metodologico:1. l’educazione al pro-blem solving dovrebbeessere precoce, ini-ziando fin dall’epocadella scuola primaria;

2. l’insegnamento di queste abilità dovrebbeavvenire in piccoli gruppi, in modo tale che ibambini fin dall’inizio possano esercitarsi nelconfrontare opinioni differenti, sviluppandouna maggiore flessibilità cognitiva e delleadeguate competenze di negoziazione;3. infine, il curricolo dovrebbe essere integratonella normale programmazione didattica, pren-dendo spunto da diverse materie scolasticheper far esercitare i bambini nella soluzione deiproblemi. In caso contrario, il rischio è che ilbambino apprenda delle abilità in situazioni ar-tificiali e non riesca successivamente a gene-ralizzarle nei normali ambienti di vita quoti-diana.

Chiarite le condizioni preliminari, analizziamoadesso gli obiettivi di questo curricolo.

1. Come si può chiaramente notare dalloschema riportato in basso, il curricolo perse-gue tre obiettivi. Il primo consiste nel tra-smettere all’allievo delle abilità per analizzarele situazioni problematiche in tutti gli aspetti:ad esempio, gli elementi costitutivi del pro-blema, i fattori che possono ostacolarne la so-luzione ovvero possono aggravarlo, ecc. Mol-to spesso l’incapacità nel risolvere un proble-ma deriva proprio dalla carente fase di anali-si, per cui le strategie adottate finiscono conl’approcciare un aspetto secondario ed irrile-vante della situazione problematica.2. Il secondo obiettivo è finalizzato a fornire aibambini delle metodologie razionali per pro-durre molteplici alternative di soluzione e sce-gliere, tra di esse, quella che presenta la mag-giore probabilità di risolvere il problema. Inspecifico, compiere delle scelte “positive” si-gnifica adottare quei comportamenti che ci av-vicinano agli obiettivi desiderati, consideratetuttavia le risorse a nostra disposizione.3. Infine, il terzo obiettivo comporta unamag-giore responsabilizzazione del bambino neiconfronti delle scelte da compiere e dei com-portamenti attuati: si tratta spesso della di-mensione considerata dagli insegnanti piùdeficitaria negli allievi, che risultano poco abi-tuati a considerare gli effetti che le proprie azio-ni hanno sull’ambiente.Questi tre obiettivi implicano ovviamente deiprerequisiti in diversi repertori di abilità co-gnitive, emozionali, sociali, ecc. Ad esempio,l’analisi iniziale di un problema presuppone:• un adeguato livello di autostima, che permettaall’allievo di riconoscere le difficoltà incontra-te nella soluzione di un compito;• alcune abilità sociali, tramite le quali con-frontare il proprio comportamento con quel-lo di altri allievi, che possono aver già risoltola stessa situazione problematica;• alcune competenze cognitive, come quelle

È importanteiniziare

precocemente,fin dalla scuolaprimaria,

l’educazione alproblem solving

GLI OBIETTIVI DEL CURRICOLOPER L’EDUCAZIONE AL PROBLEM SOLVING

1.ANALIZZARE IN MANIERA RAZIONALE

I PROBLEMI

2.COMPIERE DELLE SCELTE POSITIVE

ED EFFICACI

3.ASSUMERSI LA RESPONSABILITÀ

DELLE AZIONI

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STRUMENTI

coinvolte nella comprensione dei rapporti dicausa-effetto.Di conseguenza, il curricolo si presenta con unapproccio globale allo sviluppo del bambino,non limitato solamente ad una specifica di-mensione.

STRUTTURA E FASI DEL CURRICOLOIl curricolo per l’educazione al problem solvingsi articola in 4 lezioni e in una serie di attivitàda svolgere in un periodo di 3-4 settimane.

In base all’età e al livello di abilità d’ingressomostrato dai bambini, sarà possibile dedicareunamaggiore quantità di tempo a ciascuna del-le quattro fasi.

LEZIONE 1. INTRODUZIONEAL CONCETTO DI “PROBLEMA”Obiettivo:gli allievi saranno in grado di definire

e di identificare la pre-senza di un problema.Il primo passo di unapproccio razionale alproblem solving consi-ste nell’individuare cor-rettamente il proble-ma. Sembra parados-

sale, eppure capita spesso che l’allievo nean-che si accorga dell’esistenza di una situazionecritica. Pertanto, le seguenti attività di questaprima lezione risultano fondamentali.

ATTIVITÀ 1.1. DISCUSSIONE DI GRUPPOSULLA DEFINIZIONE DI PROBLEMAFase A. L’insegnante presenta alcune si-tuazioni problematiche tratte dalla cronacadei giornali oppure dalla letteratura, chie-dendo agli allievi di individuare quali ele-menti rendono quelle situazioni dei proble-mi. L’attenzione in specifico dovrà essere po-sta su due elementi caratterizzanti:1. il fatto che un problema per essere taledeve essere risolvibile. In caso contrario, sitratta di un dato di fatto avverso che deve es-sere accettato come tale, senza sprecareinutilmente tempo ed energie in vani tenta-tivi di soluzione. A tal proposito, l’inse-gnante può discutere la differenza tra unenigma con soluzione e uno senza;2. il fatto che un problema richiede delle so-luzioni che la persona ancora non padro-neggia. In altre parole, quelli che comune-mente vengono chiamati “problemi di ma-tematica” non avrebbero le caratteristiche diun problema in quanto la loro soluzione di-pende dall’applicazione di procedure espli-citamente insegnate all’allievo e da que-st’ultimo padroneggiate (almeno lo si spera).Viceversa una situazione problematica è talequando non è risolvibile con procedure giàpossedute dal soggetto, ma richiede uno sfor-zo creativo per individuare strade nuove. An-che in questo caso l’insegnante potrà pre-sentare agli allievi alcuni esempi delle due si-tuazioni.Fase B. La fase iniziale di discussione do-vrebbe durare circa 30 minuti. Successiva-mente, l’insegnante chiederà agli allievi diriunirsi in piccoli gruppi e di trovare altre si-tuazioni problematiche derivanti dalla pro-pria esperienza, oppure viste in televisioneo lette su qualche libro. Dopo che ciascungruppo avrà individuato 2-3 nuovi problemi,l’intera classe si riunisce e li discute insieme.

Il primo passoper risolverei problemiconsiste

nell’accorgersidella loroesistenza

STRUTTURALezione 1. INTRODUZIONE AL CONCETTO

DI “PROBLEMA”Lezione 2. IL BRAINSTORMING

DELLE SOLUZIONILezione 3. L’ABILITÀ DI DECISION MAKINGLezione 4. L’ANALISI COMPLESSA

DI UN PROBLEMA

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Problem solving

ATTIVITÀ 1.2. DISCUSSIONE DI GRUPPOSULLE CAUSE DI UN PROBLEMAFase A. La prima lezione richiede anche unariflessione su ciò che determina un problema.Ovviamente, ogni situazione specifica avrà del-le cause peculiari; in linea generale, tuttavia,è possibile riflettere su tre elementi principali:1. talvolta il problema è causato dalla discre-panza tra le abilità possedute dal soggetto egli obiettivi che persegue (ad esempio, ilbambino vorrebbe giocare con i compagni acalcio, ma è carente delle abilità comunicati-ve e sociali necessarie per interagire effica-cemente con i coetanei);2. in altri casi, il problema deriva dal fatto chele persone hanno una differente prospettiva(ad esempio, due bambini chiamati a svolge-re una ricerca in comune presentano una di-versa interpretazione delle consegne dell’in-segnante);3. infine, il problema può essere ricondotto alfatto che le persone coinvolte hanno obietti-vi diversi (come capita quando, durante la ri-creazione, i bambini si pongono differentiobiettivi di svago e divertimento).Sempre attraverso la proposta di situazionitratte dalla letteratura o dalla vita reale, l’in-segnante guiderà gli allievi a riconoscerequale di questi tre fattori causali ha determi-nato il problema analizzato.

Fase B. Gli allievi si dividono in coppie e pro-vano ad analizzare alcune situazioni proble-matiche, facendosi guidare dalla scheda 1. Inquesto modo, si esercitano nel comprende-re come la stessa situazione possa divenireproblematica nel momento in cui viene in-terpretata in modi diversi dalle persone,oppure quando vengono perseguiti obietti-vi differenti. Dopo aver compilato la scheda,le coppie si riuniscono in gruppo e, sotto laguida dell’insegnante, vengono discusse tut-te le situazioni. L’adulto dovrà aiutare gli al-lievi a focalizzare l’attenzione sul fatto che lesituazioni maggiormente problematiche sonoquelle caratterizzate dalla più forte discre-panza di percezioni o di obiettivi che si pon-gono i due protagonisti dell’evento. Inoltre,l’insegnante potrà anche evidenziare il fattoche gli allievi che ricordano in maniera piùincompleta o distorta gli eventi descrittisono quelli che sperimentano le situazioni piùcritiche.

LEZIONE 2. IL BRAINSTORMINGDELLE SOLUZIONIObiettivo: gli allievi saranno in grado di ela-borare in maniera creativa una serie di solu-zioni per un problema.Il secondo passo consiste nell’elaborare dellepossibili soluzioni ad un problema. In questa

Allievo 1. Nome

Percezione

L’allievo 1 descrive ciò che ricorda della situazione

presentata dall’insegnante.

Obiettivo

L’allievo 1 individua l’obiettivo che vorrebbe raggiun-

gere in quella situazione.

Allievo 2. Nome

Percezione

L’allievo 2 descrive ciò che ricorda della situazione

presentata dall’insegnante.

Obiettivo

L’allievo 2 individua l’obiettivo che vorrebbe raggiun-

gere in quella situazione.

L’insegnante descrive una breve situazione problematica, come, ad esempio, un conflitto tra due ragazzi.

SCHEDA 1

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STRUMENTI

fase, è fondamentale far esercitare gli allievi nel-le loro abilità creative.

ATTIVITÀ 2.1. ELABORAZIONE INDIVIDUALELa prima attività prevede un compito di tipo in-dividuale: l’insegnante presenterà alla classe unasituazione problematica, tratta ad esempio daigiornali o dalla letteratura; quindi chiederà adogni allievo di scrivere su un foglietto tre pos-sibili soluzioni al problema. Tutti i foglietti ver-ranno quindi raccolti e discussi in gruppo. Af-finché questa attività fornisca dei risultati po-sitivi, è necessario sollecitare gli allievi a scri-vere tutto ciò che viene loro inmente, senza pre-occuparsi se si tratta di un’idea originale o ef-ficace. Solo in questo modo i processi creativipotranno svolgersi in maniera adeguata.

ATTIVITÀ 2.2. ROLE PLAYINGE BRAINSTORMINGLa classe viene suddivisa in gruppi di 4-5 allievi.Ad ogni gruppo viene consegnato un carton-cino sul quale è descritta una breve situazioneproblematica. Quindi, gli allievi vengono invi-tati a simulare la situazione, assegnandosi i se-guenti ruoli: due bambini assumono il ruolo deiprotagonisti della vicenda, mentre gli altri trefungono da osservatori. Dopo aver rappre-sentato gli eventi, i bambini devono pensare allepossibili soluzioni del problema, che vengonosuccessivamente simulate per verificarne le con-seguenze: hanno risolto il problema oppure no?A questo punto, l’insegnante consegna uncartoncino con un’altra situazione problemati-ca, invitando gli allievi a scambiarsi i ruoli du-rante il role playing. Dopo che ciascun gruppoha simulato tre situazioni, la classe si riunisceper la discussione finale: l’insegnante dovrà evi-denziare come un’attività di brainstorming digruppo si riveli in genere più produttiva diquando proviamo a risolvere i problemi indi-vidualmente.

LEZIONE 3. L’ABILITÀ DI DECISIONMAKINGObiettivo: gli allievi saranno in grado di com-piere delle scelte razionali tra le soluzioni al-ternative.Una terza componente del processo di risolu-zione di un problema consiste nella capacità di

decision making, ossiadi scegliere la soluzioneche presenta le più ele-vate probabilità di suc-cesso. La soluzione idea-le dovrebbe avere duecaratteristiche: da unlato basarsi sulle priori-

tà individuali; dall’altro, essere realistica, ossiaperseguibile in base alle risorse disponibili.

ATTIVITÀ 3.1. RIFLESSIONE INDIVIDUALELa lezione 3 inizia con un’attività individuale:ad ogni allievo viene chiesto di scrivere su unfoglietto le tre più importanti decisioni che hadovuto prendere nel corso delle ultime setti-mane. Quindi, tutti i foglietti vengono raccol-ti e l’insegnante guida la classe a riflettere suquali sono le decisioni più comuni, quelle piùdifficili, ecc.

ATTIVITÀ 3.2. LAVORO DI GRUPPO SULLERISORSE NECESSARIE E DISPONIBILILa seconda attività ha come obiettivo quello direndere gli allievi consapevoli delle risorse ne-cessarie per implementare una specifica solu-zione ad un problema. Infatti, intraprendere uncorso d’azione, senza avere le risorse adegua-te, rischia di portare al fallimento. Per svolge-re l’attività, gli allievi vengono suddivisi in grup-pi di quattro. L’insegnante consegna ad ognigruppo un cartoncino sul quale è descritta unasituazione problematica, nonché le soluzioni chesi potrebbero adottare. Imembri del gruppo de-vono discutere le risorse necessarie permetterein pratica la soluzione prospettata; inoltre, de-

La fase didecision makingdeve basarsisulle prioritàindividuali

e sulle risorsedisponibili

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Problem solving

vono specificare quali risorse sono da essi pos-sedute. L’attività può essere guidata utilizzan-do un prospetto riepilogativo (scheda 2). Allafine ciascun gruppo dovrà scegliere la soluzionepiù adeguata. Nella discussione finale, i grup-pi confronteranno le rispettive decisioni.

LEZIONE 4. L’ANALISI COMPLESSADI UN PROBLEMAObiettivo: gli allievi saranno in grado di ana-lizzare un problema complesso in tutte le suecomponenti.L’ultima lezione prevede l’utilizzo delle abilità ap-prese nei passi precedenti al fine di analizzaree affrontare un problema complesso.

ATTIVITÀ 4.1. ANALISI DI GRUPPODI UN ARTICOLO DI GIORNALELa classe viene suddivisa in gruppi di 4-5 allie-vi. L’insegnante consegna ad ogni gruppo un ar-ticolo di giornale in cui si affronta una partico-lare situazione problematica e chiede ai bam-bini di analizzare il problema avvalendosi di unaserie di domande-guida (si veda scheda 3).È fondamentale che, soprattutto all’inizio, gli al-lievi vengano guidati dall’insegnante. In parti-colare, i bambini potrebbero incontrare alcu-ne difficoltà nell’esplicitare il punto 4; i problemi,infatti, vengono concepiti solamente in termi-ni negativi, mentre è importante riconoscerneanche le implicazioni positive: ad esempio,

Soluzione n. 1:...........................................................................................................................................................................Quali persone è necessario coinvolgere per applicare questa soluzione?...........................................................................................................................................................................Quali altre risorse servono per applicare questa soluzione?...........................................................................................................................................................................Quanto tempo serve per applicare questa soluzione?...........................................................................................................................................................................

Soluzione n. 2:...........................................................................................................................................................................Quali persone è necessario coinvolgere per applicare questa soluzione?...........................................................................................................................................................................Quali altre risorse servono per applicare questa soluzione?...........................................................................................................................................................................Quanto tempo serve per applicare questa soluzione?...........................................................................................................................................................................

Soluzione n. 3:...........................................................................................................................................................................Quali persone è necessario coinvolgere per applicare questa soluzione?...........................................................................................................................................................................Quali altre risorse servono per applicare questa soluzione?...........................................................................................................................................................................Quanto tempo serve per applicare questa soluzione?...........................................................................................................................................................................

SCHEDA 2

PROBLEMA.............................................................................................................................................................................

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STRUMENTI

permettono di chiarire dei rapporti conflittua-li, oppure consentono di migliorare le proprieabilità, ecc. In altre parole, l’obiettivo è quellodi modellare nei bambini un approccio positi-vo e costruttivo ai problemi; in caso contrario,il rischio è che simanifestino solamente reazioniinadeguate di fuga di fronte alle situazioni po-tenzialmente conflittuali.

ATTIVITÀ 4.2. I SETTE PASSIDEL PROBLEM SOLVINGL’ultima attività prevista nel curricolo consi-ste nell’analisi completa di un problema, im-piegando il classico algoritmo di soluzione deiproblemi. In primo luogo, l’insegnante discutebrevemente con tutta la classe i sette passifondamentali del problem solving, richia-mando alcuni concetti ed alcune abilità svi-luppate nel corso delle lezioni precedenti. Inparticolare, per ogni passo dovrebbero esseresottolineati i seguenti aspetti:1. identificazione del problema: nonostanteappaia paradossale, spesso le persone non siaccorgono neanche dell’esistenza di un pro-blema. Ciò dipende dal fatto che vi è una ri-dotta consapevolezza dei propri obiettivi e,

quindi, uno scarso riconoscimento degliostacoli che possono frapporsi al loro rag-giungimento. Ad esempio, un litigio con uncompagno può costituire un problema nellamisura in cui l’obiettivo dell’allievo fossequello di stabilire un rapporto di amicizia;2. analisi del problema: il secondo passo pre-vede l’analisi approfondita del problema, alfine di individuare quali sono i fattori che locausano e a quale livello si collocano. Adesempio, molti allievi ansiosi, pur ben pre-parati, ottengono dei voti deludenti alle in-terrogazioni. Alcuni di loro interpretano que-sti risultati come carente preparazione, au-mentando così la quantità di studio: ma inquesto modo innalzano ulteriormente i pro-pri livelli di ansia, con conseguenze ancor piùnegative per il rendimento a scuola. Questi al-lievi dovrebbero invece riconoscere che lacausa dei risultati scadenti alle interrogazio-ni deve essere rintracciata nella propria atti-vazione emozionale, che pertanto dovrannoimparare a controllare e modulare;3. individuazione degli obiettivi: al fine di ri-solvere un problema, gli allievi devono abi-tuarsi a fissare degli obiettivi di migliora-

1. Qual è il problema?.............................................................................………………………………………….

2. Quali sono le possibili cause del problema? .......................................………………………………………… .

3. Quali sono gli effetti negativi prodotti dal problema?.........................………………………………………….

4. Quali sono gli effetti positivi prodotti dal problema?..........................………………………………………….

5. Quali eventi potrebbero peggiorare il problema?...............................………………………………………….

6. Quali eventi potrebbero migliorare il problema? ................................………………………………………….

7. Se non si prova a risolverlo, il problema peggiorerà, rimarrà stabile o si risolverà da solo? .........................

...........................................................................................................................................................................

SCHEDA 3

TITOLO DELL’ARTICOLO DI GIORNALE.............................................................................................................................................................................

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Problem solving

mento. Ad esempio, se il problema consistein un rapporto conflittuale con un compagno,potremo scegliere come obiettivo quello diraggiungere una relazione di amicizia, ovve-ro semplicemente un rapporto di collabora-zione nei compiti scolastici. Evidentemente,il primo obiettivo è più ambizioso e più im-pegnativo. In tal modo, gli allievi potenzianouna capacità prospettica fondamentale inmolti contesti di vita quotidiana;4. produzione di alternative di soluzione: l’ef-ficacia di questo passo dipende dalla capaci-tà degli allievi di sospendere momentanea-mente qualsiasi giudizio critico, promuo-vendo d’altro lato le proprie abilità creative.Anche in questo caso, l’insegnante dovrà evi-denziare come alcune idee che appaiono ini-zialmente assurde possano in realtà rivelar-si delle soluzioni efficaci;5. scelta della soluzione migliore: questa fasedi decision making deve basarsi su due pro-cessi. Da un lato, verificare ogni soluzioneprodotta in base ad un’analisi dei costi e deibenefici; dall’altro, immaginare i possibili con-trattempi nell’applicazione di ciascuna solu-zione. Solamente in questo modo gli allievi

potranno evitare di assumere decisioni inef-ficaci, basate spesso su ragionamenti fallaci;6. applicazione della soluzione: l’insegnan-te dovrà ribadire come il successo di una so-luzione dipenda dalla capacità di applicarecorrettamente tutti i passi della stessa;7. verifica dei risultati: infine, l’ultimo passoconsiste nell’analizzare i risultati dell’interoprocesso. Paradossalmente, si tratta di uno deipassi più trascurati: viceversa, l’insegnante do-vrà sollecitare gli allievi a verificare attentamentese i risultati ottenuti corrispondono agli obiet-tivi prefissati e, in caso positivo, a memorizza-re la soluzione adottata come una strategia pereventuali problemi futuri.Dopo la discussione, la classe viene suddivisa ingruppi di 4-5 allievi. Ad ogni gruppo viene as-segnata una situazione problematica, che dovràessere analizzata in base alla scheda 4.

CONCLUSIONIL’apprendimento delle abilità di problem sol-ving dipende sostanzialmente dalla possibilitàdi esercitare le stesse in numerosi contesti di vitascolastica ed extrascolastica. Pertanto, il curri-colo presentato non deve essere assunto come

SCHEDA 4 ALGORITMO DEL PROBLEM SOLVING

1. IDENTIFICAZIONEDEL PROBLEMA

…………..........………………

2. ANALISIDEL PROBLEMA

…………..........………………

5. SCELTA DELLA SOLUZIONEMIGLIORE

…………..........………………

4. PRODUZIONE DIALTERNATIVE DI SOLUZIONE…………..........………………

3. INDIVIDUAZIONEDEGLI OBIETTIVI

…………..........………………

6. APPLICAZIONEDELLA SOLUZIONE

…………..........………………

7. VERIFICA DEI RISULTATI…………..........……………..........………………………………………………..........……………………………

Page 10: Problem solving - 5 Circolo Didattico Statale di Giugliano in … ·  · 2016-07-067.Senonsiprovaarisolverlo,ilproblemapeggiorerà,rimarràstabileosirisolveràdasolo? ..... ... Il

PSICOLOGIA e scuola / 46

STRUMENTI

un pacchetto standard da applicare in manie-ra rigida, ma deve piuttosto essere considera-to un programma “aperto”, nel quale sia pos-sibile apportaremodifiche ed integrazioni, chepermettano all’allievo di sfruttare ogni occa-sione fornita dalle attività didattiche per speri-mentare le abilità previste.

• Autoefficacia: viene talvolta usata comesinonimo di autostima. Tuttavia, in manierapiù precisa indica la convinzione del soggettodi poter attuare i comportamenti necessaria raggiungere i risultati desiderati.Questa dimensione, fondamentale ai finidel successo in ambito scolastico e lavorativo,è stata studiata in maniera approfondita dallopsicologo americano Albert Bandura ed è ilrisultato soprattutto delle prime esperienzeindividuali.• Brainstorming: letteralmente “tempesta dicervelli”, indica un procedimento di gruppo voltoa produrre in maniera creativa il maggior numeropossibile di idee.• Decision making: indica il processo tramitecui vengono compiute delle decisioni,in base ad un’analisi razionale dei costie dei benefici di ciascuna alternativa.• Flight or fight: espressione che derivadagli studi etologici, e indica i tipicicomportamenti animali di fronte alle situazioniavvertite come minacciose: la fuga (dal termineinglese flight ossia “volo”) o l’attacco (dalcorrispettivo inglese fight ossia “combattimento”).Si tratta di reazioni mediate spesso dalle strutturepiù antiche del sistema nervoso centralee collegate alla sfera emozionale.

LE PAROLE DELLA PSICOLOGIA

Psicologia dello sviluppo e scuola primaria. Dalla conoscenza all’azione(nuova edizione)di Silvia Bonino e Antonella ReffieunaGiunti, Firenze (2007)

L’insegnamento di abilità specifiche, come il problem solving, si devecollocare all’interno di un percorso di sviluppo del bambino.Il libro di Bonino e Reffieuna fornisce una fotografia approfondita delletraiettorie evolutive nella scuola primaria.

PER APPROFONDIRE

INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHEIl problem solving rappresenta un campo d’abilità da lungotempo sviluppato in ambito aziendale. Di seguito, vengonopresentati alcuni testi significativi che permettono di decli-nare l’educazione al problem solving in ambito scolastico.

• Baldi P.L. (1999), Educare al ragionamento, Erickson, Trento.• Bandura A. (1997), Autoefficacia: teoria e applicazioni, Erickson,Trento.• Bloomquist M.L. (1996), Skills training for children with beha-vior disorders, Guilford, New York.• Bonino S., Reffieuna A. (2007), Psicologia dello sviluppo e scuo-la primaria. Dalla conoscenza all’azione (nuova edizione), Giunti, Fi-renze.• Dawson P., Guare R. (2004), Executive skills in children and ado-lescents, Guilford, New York.• Fabio R.A., Pellegatta B. (2005), Attività di potenziamento co-gnitivo, Erickson, Trento.• Garnett S. (2005), Using brainpower in the classroom, Routled-ge, New York.• Meazzini P. (2000), L’insegnante di qualità, Giunti, Firenze.• Sands D., Doll B. (2005), Pianificare obiettivi e prendere decisioni,Vannini, Brescia.