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Lorenzo Peretti Principi di progettazione delle strade urbane Gli Specchi

Principi di progettazione delle strade urbane · CONSIDERAZIONI SULLE PAVIMENTAZIONI 6.1 Considerazioni generali sulle pavimentazioni bituminose. 179-194 la pavimentazione come struttura

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Lorenzo Peretti

Principi di progettazione delle strade urbane

Gli Specchi

Lorenzo Peretti, Principi di progettazione delle strade urbane2015 Edizioni del FaroGruppo Editoriale Tangram SrlVia Verdi, 9/A – 38122 Trentowww.edizionidelfaro.it – [email protected]

Prima edizione: novembre 2015

Gli Specchi – Collana di Selfpublishing – NIC 12

ISBN 978-88-6537-429-0

Con questa collana diamo spazio a quelle voci letterarie che desiderano pubblicare autonomamente il proprio lavoro senza vincoli e con massima libertà espressiva. Ogni aspetto della pubblicazione viene curato dall'autore che ne è artefice esclusivo.

Fino ad un recente passato e, in molti casi anche al presente, le strade venivano

usualmente “disegnate”, ma non “progettate”.

La progettazione era rivolta agli aspetti esecutivi, venivano cioè sviluppati gli

aspetti grafici, computazionali, di gestione dell’appalto, ecc…; mancava

normalmente, però, la verifica sulla funzionalità dell’opera.

Esemplificando, nella risoluzione di una intersezione, la scelta tra uno svincolo a

livelli diversi, una rotatoria, o un impianto semaforico risultava spesso una scelta

predefinita dal committente o dal progettista, senza verificare con un modello di

calcolo le conseguenze delle scelte progettuali.

Non a caso gli interventi attuali consistono prevalentemente nella risoluzione di

aspetti trascurati anche nel recente passato (costruzione rotatorie, ecc…).

Fortunatamente negli ultimi anni la normativa sui lavori pubblici è diventata

sempre più pressante sulla necessità della comparazione di soluzioni alternative, e

quindi sulla necessità di un approccio razionale.

Contemporaneamente, si sta diffondendo la conoscenza dei necessari

aspetti teorici, prima patrimonio di pochi esperti di settore.

Si sta quindi prendendo coscienza del fatto che il funzionamento della

strada nei confronti dei veicoli e degli altri utenti (pedoni, ciclisti) è

l’obbiettivo preordinato ad ogni altro aspetto. Con lo sviluppo del progetto

è poi necessario affrontare anche aspetti di dettaglio, anche questi, in vero,

frequentemente trascurati.

II

Questo breve scritto cerca di fornire, ove possibile, alcuni strumenti di

semplice utilizzo per affrontare i diversi problemi teorici che riguardano la

costruzione delle strade nel suo complesso, e dove ciò non sia possibile, di

evidenziare le variabili e le incertezze che governano il problema.

Vuol essere quindi semplicemente un supporto di rapida consultazione per

coloro che si trovano ad operare nel settore delle strade senza specifica

formazione specialistica.

Il testo non tratta invece gli aspetti esecutivi per i quali si rimanda ad altre

pubblicazioni.

Lorenzo Peretti (1)

A Laura, Paolo e Luca, che mi hanno incoraggiato a pubblicare questo testo.

(1) ingegnere presso l’Ufficio tecnico della Città di Torino.

III

INDICE

VIABILITA’ 1.1 Sagome carichi e ingombri dei veicoli pag. 1÷12 Sagoma limite; massa limite e carichi stradali; gli spazi di manovra; esempi di manovre critiche. 1.2 La regolamentazione dei flussi veicolari: pag. 13 traffico equivalente. 1.2.1 Intersezioni semaforizzate pag. 14÷23 equazione di continuità del flusso interrotto; tempo di verde efficace, perditempo; espressioni della capacità della corsia semaforizzata; ripartizione del tempo di verde efficace; riflessioni sulla capacità di accumulo; esempio di progettazione del piano segnali; considerazioni cinematiche per la determinazione del tempo di giallo e di tutto-rosso; diminuzione dell’efficienza per fermate di bus. 1.2.2. Rotatorie pag. 24÷30 metodo Giude Suisse des giratories; m. SETRA; m. SETUR, m. di Kimber; m. di Brilon, m. di Tanner; riflessioni sulla percorribilità delle rotatorie a file parallele. 1.3 Riferimenti normativi: pag. 31-46 “Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle strade” d.m. 05/11/01: ambito di applicazione, definizioni, composizione della carreggiata, norme integrative per sottopassi e sovrappassi, norme integrative per gallerie, pendenza trasversale, longitudinale, geodetica, distanza visibilità e raccordi verticali (trattazione geometrica); raccordi orizzontali (trattazione cinematica); clotoide (trattazione geometrica); determinazione del parametro della clotoide. “Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle intersezioni stradali” d.m. 19/04/06: incroci: geometria, distanze di visibilità; rotatorie: definizioni;, n° corsie e dimensioni; visibilità; controllo della deviazione delle traiettorie; riflessioni sulla percorribilità delle mini-rotatorie. 1.4 Considerazioni sulla previsione dei flussi: pag. 46-56 Il “costo” del viaggio; il tempo dipendente dalla lunghezza del percorso; la perdita di tempo alle intersezioni semaforizzate (formulazione teorica e correzione di Webster, metodo di Doherty); la perdita di tempo nelle rotatorie (metodo Cetur); sovrasaturazione; matrice origine – destinazione; risoluzione della rete; considerazioni sull’utilizzo del modello per il sistema urbano continuo.

IV

ILLUMINOTECNICA STRADALE

2.1 Le grandezze illuminotecniche: pag. 57÷64 visibilità delle onde elettromagnetiche e sensibilità dell’occhio umano; flusso luminoso; intensità luminosa; illuminamento; esempio applicativo; luminanza; legge di Lambert; rapporto di uniformità.

2.2 Riferimenti normativi: pag. 65 indicazione delle norme cogenti con riferimenti all’illuminazione stradale.

SMALTIMENTO DELLE ACQUE DI PIOGGIA

3.1 La curva di possibilità climatica – principi generali pag. 67÷68 elaborazione dei dati di pioggia; curva a due parametri; valori medi nazionali; errori della curva a due parametri nel tratto iniziale; curve a tre parametri;

3.2 Il tempo di ritorno pag. 69 suggerimenti della letteratura tecnica

3.3 Esempio di curva di possibilità climatica locale pag. 69-70 comparazione della curva di Horler a tre parametri per zona alpina e curva del PAI a due parametri per Torino.

3.4 Afflusso della pioggia in fognatura pag. 71-72 ritardo dell’afflusso; coefficiente di afflusso (formula di Fantoni); osservazioni sul valore operativo del coefficiente di afflusso.

3.5 Modelli di deflusso pag. 72-82 Regime vario del problema e dipendenza dalla curva di possibilità climatica; metodo della corrivazione; determinazione del tempo di corrivazione per fognature; metodo dell’invaso, modello dei serbatoi lineari (m. Nash)

3.6 Dimensionamento di piccole tubazioni pag. 82-83 indicazione tabellare delle massime superfici in funzione del diametro di piccole tubazioni.

3.7 Disposizione delle caditoie pag. 83-87 Altezza della lama d’acqua sul piano inclinato; portata delle caditoie a griglia e a bocca di lupo; riflessioni su obbiettivi di corretta progettazione in funzione del battente d’acqua.

3.8 Distanza pozzetti pag. 87-88 Distanza tra i pozzetti quale obbiettivo finalizzato alla manutenzione.

3.9 Esempio di calcolo pag. 88-91

3.10 Considerazioni finali pag. 91-92

V

STATICA DI TUBI INTERRATI 4.1 Premessa: pag. 93-94 comportamento ei tubi rigidi e deformabili 4.2 Carico del terreno di riempimento pag. 94-100 Teoria di Marston; parametri geotecnici del terreno di riempimento; indice di rigidità dei tubi; i di concentrazione delle pressioni sui tubi rigidi secondo Voellmy; limite massimo teorico delle pressioni sui tubi. 4.3 Carico del terreno in galleria pag. 100-107 Metodo di Terzaghi per i sostegni provvisori; sollecitazioni sulla sezione circolare; modello di Shultze & Duddeck; modello semplificato di Vrijling; considerazioni sulla determinazione dei moduli elastico ed edometrico “operativi” e variabilità delle indicazioni di letteratura tecnica. 4.4 Carichi antropici pag. 108-112 formulazioni della teoria dell’elasticità per impronta di carico rettangolare, circolare, carico uniforme; quota del carico totale gravante sulla tubazione; presenza della pavimentazione; coefficiente dinamico. 4.5 Esempio di calcolo pag. 112-113 confronto di sollecitazioni su una tubazione in terreno con o senza pavimentazione. 4.6 La resistenza delle tubazioni pag. 114-117 confronto tra le prove di resistenza; sollecitazioni su sezione circolare per carico concentrato e reazione diametralmente opposta; il load factor per le diverse condizioni di posa; leggi di comportamento a fatica del cls. LA SPINTA DELLE TERRE 5.1 Premessa pag. 119-120 dovute attenzioni nella scelta dei parametri geotecnici. 5.2 Ipotesi di comportamento del terreno pag. 121-122 legge costitutiva sforzi deformazioni rigido – plastica; criterio di rottura di Coulumb; principio degli sforzi efficaci di Terzaghi. 5.3 Stabilità dei pendii pag. 122 5.3.1 Considerazioni generali sulle incognite del problema di stabilità pag. 122-126 indeterminatezza del problema e necessità di assumere ipotesi di calcolo che differenziano i vari metodi. 5.3.2 Metodo del cerchio d’attrito pag. 127-129

VI

5.3.3 Equilibrio del concio pag. 130-133

5.3.4 Metodo di Bishop pag. 133-135

5.3.5 Metodo di Jambu rigoroso pag. 135-136

5.3.6 Ricerca della superficie di potenziale scorrimento pag. 136-138

5.4 Opere di sostegno pag. 138-139

5.4.1 Equilibrio limite globale pag. 139-142 schema generale e determinazione della massima spinta sotto le ipotesi di Rankine

5.4.2 Coefficienti di spinta secondo le ipotesi di Rankine pag. 143-147 coefficienti di spinta attiva e passiva: equivalenza delle diverse formulazioni trigonometriche della letteratura; determinazione dell’inclinazione della superficie di massima spinta attiva e minima spinta passiva; coefficienti di Caquit e Kerisel per superficie di scivolamento inclinata; abaco di Navfac.

5.4.3 Teoria di Rankine pag. 148-152 Coefficienti di spinta ricavati con il criterio di rottura di Mohr

5.5 Paratie isostatiche pag. 152

5.5.1 Paratie vincolate in testa pag. 152-155

5.5.2 Paratie a mensola pag. 155-157

5.6 Paratie iperstatiche pag. 157 necessità di adottare un modello di pressioni di contatto dipendenti dagli spostamenti; mobilitazione della stinta attiva e della spinta passiva.

5.6.1 Modello di trave su letto di molle pag. 158-161 determinazione delle equazioni per risolvere il modello discreto.

5.6.2 Comportamento elasto-plastico delle molle pag. 161-167 determinazione delle forze di plasticizzazione delle molle; risoluzione iterativa del modello; rigidezza della molla secondo il modello Jamiolkowski & Pasqualini; riferimenti di letteratura tecnica per i parametri geotecnici utilizzati dalla formulazione J. & P.

5.6.3 Paratie di pali pag. 167

5.6.4 Tiranti pag. 167-178 l’utilizzo dei tiranti; determinazione della resistenza limite; cedimenti dei tiranti: curve di trasferimento; modello di Chin, correzioni di Duncan & Chan, modello di Fahey;

VII

determinazione dei parametri della curva di trasferimento tramite le formulazioni di Randolph & Wroth; descrizione del procedimento iterativa; esempio applicativo. CONSIDERAZIONI SULLE PAVIMENTAZIONI 6.1 Considerazioni generali sulle pavimentazioni bituminose. 179-194 la pavimentazione come struttura da calcolare; effetto della viscosità sugli effetti dinamici; modulo elastico dei conglomerati bituminosi in dipendenza della frequenza di carico e della temperatura; differenza tra temperatura dell’aria e temperatura della pavimentazione; comportamento non elastico dei materiali stradali in genere; conseguenti difficoltà di previsione dello stato tensionale e deformativo nella pavimentazione; prestazioni richieste alla strada e difetti della pavimentazione; fattori che le governano: traffico, ambientali diversi, esecutivi; riflessioni sulla componente traffico nell’ambito urbano. 6.2 Un modello di calcolo 195-196 Esposizione del metodo sperimentale AASHTO

VIII

VIABILITA’

1.1 Sagome, carichi e ingombri dei veicoli

Sagoma limite

Le sagoma limite dei veicoli è indicata all’art. 61 del Codice della Strada

che prevede:

- larghezza massima: 2,55 m escluse le sporgenze dovute agli specchi

retrovisori purché mobili;

tale larghezza è elevata a 2,6 m per i veicoli con cassone frigorifero;

- altezza massima: 4,0 m; i bus che circolano su percorsi prestabiliti (quindi

soggetti ad autorizzazione ai sensi dell’art. 5 del DPR 753/80) possono

avere altezza di 4,3m;

- lunghezza massima:

a) 12 m per i veicoli isolati (monocassa);

b) 16,5 m per autosnodati ed autoarticolati; gli autosnodati che circolano su

percorsi prestabiliti (quindi soggetti ad autorizzazione ai sensi dell’art. 5

del DPR 753/80) possono avere lunghezza massima di 18,0 m;

c) 18,75 m per autotreni

Per quanto non riportato dal Codice della Strada, a seguito di

sperimentazione conclusa nel 2001 con bus monocassa più lunghi di 12 m,

in deroga a quanto previsto all’art. 61 del Codice della Strada, con

Circolare DTTSIS 18.11.2003 n. 4346-MOT2/B, sono stati autorizzati a

circolare bus monocassa di lunghezza di 13,5 m se a due assi e di

lunghezza 15,00 m se a tre assi.

2

Massa limite e carichi stradali

L’articolo 62 Codice della Strada riporta, per i commi di interesse:

2. (,…), per i rimorchi (…), la massa complessiva a pieno carico non può

eccedere (…) 26 t se a tre o più assi.

3. (…), la massa complessiva a pieno carico del veicolo isolato non può

eccedere 18 t se si tratta di veicoli a due assi (…); 26 t e 32 t,

rispettivamente, se si tratta di veicoli a tre o a quattro o più assi quando

l'asse motore è munito di pneumatici accoppiati (…).

4. Nel rispetto delle condizioni prescritte nei commi 2, 3 e 6, la massa

complessiva di un autotreno a tre assi non può superare 24 t, quella di un

autoarticolato o di un autosnodato a tre assi non può superare 30 t, quella

di un autotreno, di un autoarticolato o di un autosnodato non può superare

40 t se a quattro assi e 44 t se a cinque o più assi.

5. Qualunque sia il tipo di veicolo, la massa gravante sull'asse più caricato

non deve eccedere 12 t.

6. In corrispondenza di due assi contigui la somma delle masse non deve

superare 12 t se la distanza assiale è inferiore a 1 m; nel caso in cui la

distanza assiale sia pari o superiore a 1 m ed inferiore a 1,3 m, il limite

non può superare 16 t; nel caso in cui la distanza sia pari o superiore a

1,3 m ed inferiore a 2 m, tale limite non può eccedere 20 t.

L’art. 10 tratta inoltre dei carichi eccezionali, che però, in quanto tali,

devono essere autorizzati dall’Ente proprietario; sono di particolare

interesse il comma 7 lett. a) sotto riportato

7. I veicoli di cui all'art. 54, comma 1, lettera n), classificati mezzi d'opera

e che eccedono i limiti di massa stabiliti nell'articolo 62, non sono soggetti

ad autorizzazione alla circolazione a condizione che:

3

a) non superino i limiti di massa indicati nel comma 8 e comunque i limiti

dimensionali dell'art. 61;

e il comma 8

8. La massa massima complessiva a pieno carico dei mezzi d'opera, purché

l'asse più caricato non superi le 13 t, non può eccedere:

a) veicoli a motore isolati:

1. due assi: 20 t;

2. tre assi: 33 t;

3. quattro o più assi, con due assi anteriori direzionali: 40 t;

b) complessi di veicoli:

1. quattro assi: 44 t;

2. cinque o più assi: 56 t;

3. cinque o più assi, per il trasporto di calcestruzzo in betoniera: 54 t.

Si rileva che i carichi stradali previsti dalla Normativa Tecnica delle

Costruzioni, non hanno alcuna attinenza con i carichi massimi pervisti dal

il codice della strada per i mezzi (non eccezionali) che possono circolare su

strada e risultano estremamente più elevati rispetto a quest’ultimi.

In sintesi, i carichi stradali sono stati normati nel tempo dai seguenti

provvedimenti:

• Normale n. 8 del 15.09.1933: per i ponti che dovevano reggere i carichi

militari si indicava lo schema II di carico, corrispondente al peso dell’obice

305/17 di 92 t comprensivo di carrello e motrice;

• Normale n. 6018 del 09.06.45: dopo la guerra veniva abolito lo schema

di carico militare; veniva solo previsto lo schema di carichi civili

consistente in una colonna indefinita di autocarri da 12 t, e più

4

precisamente assi da 8 t e 4 t alternati ed equidistanti di 3 m; prevedeva

inoltre il transito di un rullo compressore di 18t.

• Circolare n. 384 del 14.02.62: definiva tre schemi di possibili carichi

militari; i ponti venivano classificati di:

- 1a categoria: destinati al transito di carichi civili e militari;

- 2a categoria: destinati al transito di soli carichi civili (da adottarsi per

strade locali e vicinali); per tali ponti veniva confermato lo schema di

carico dato da una o più colonne di autocarri di peso di 12 t (come norma

del ‘45) e folla compatta sui marciapiedi;

trattore

5.5t 7.0t 7.0t 14.0t 14.0 14.0

rimorchio

3,5 3,87 1,34 3,31 4,2 1,02 3,5

treno indefinito di carichi militari da 61,5 t (schema n. 4)

1,88

trattore rimorchio

5.33t 5.33t5.33t 5.33t5.33t 5.33t

4.00 0.860.610.86 0.61 0.86 4.00

2,53

treno indefinito di carichi militari da 32 t (schema n. 5)

rimorchiotrattore

1,88

carico militare isolato da 74.5t (schema n. 6)

1,024,23,311,343,87

rimorchio

18.0t18.0t19.0t7.0t7.0t5.5t

trattore

Schema dei carichi militari della Circolare del 1962

fig. 1.1

La normativa del ’62 è stata l’ultima normativa per la quale si evidenziasse

il significato fisico dello schema di carico.

• D.M. n. 308 del 02.08.80: con tale normativa è venuto a mancare il

riferimento a carichi reali presente fino alla normativa precedente, che sono

stati sostituiti con carichi formali.

5

Tale normativa ha previsto 3 tipologie di ponti delle quali le prime due

sono per ponti veicolari, la terza è riferita a ponti esclusivamente pedonali,

per i quali l’accesso ai veicoli deve essere materialmente impedito; tale

indicazione si ritroverà in tutta la normativa seguente.

• D.M. 04/05/90; Ordinanza PCM 3274/03; D.M. 14/09/05; D.M.

14/02/08…: la normativa del ’90 ha introdotto un carico principale

“tandem” da 60 t; tale carico è stato conservato da tutte le successive

normative con alcune variazioni, ad esempio la previsione o meno di un

incremento dinamico, la suddivisione in 3 o 2 assi, la previsione o meno di

un simultaneo carico ripartito…; l’impronta di tale carico è comunque

molto limitata (attualmente sono previste 4 impronte 0,4mx0,4m inscritte

nel rettangolo 2,4mx1,6m), tanto che, ai fini pratici, non differisce

sensibilmente da un carico concentrato.

Gli schemi di carico prescritti sono da considerarsi una riserva di capacità

portante nei confronti dei carichi eccezionali, in quanto i mezzi che

possono circolare senza preventiva autorizzazione hanno carichi molto

inferiori a quelli di calcolo.

Si pensi, infatti, che mentre lo schema di carico attuale per ponti di seconda

categoria (si tratta quindi di prestazioni minime per la percorribilità

veicolare del ponte) prevede 48 t distribuiti su due assi distanti 1,2 oltre il

carico ripartito di 0,72 t/m2, il Codice della Strada prevede che due assi con

tale distanza assiale non possano avere un carico complessivo superiore a

16 t.

6

Si pone inoltre il dubbio se i carichi stradali debbano essere previsti per

ogni struttura percorribile da veicoli, anche non rientrante nella comune

accezione di “ponte”; infatti, quando il D.M. dell’80 già prevedeva per i

ponti di 2a categoria uno schema di carico costituito da un asse da 7 t e due

assi vicini (posti a 1,38m) da 12 t, con carico totale quindi di 31 t, il D.M.

246 del 16/05/87 (attualmente in vigore) ha previsto ai fini dell’accesso dei

mezzi dei VV.F. negli edifici, in modo meno ristrettivo, la resistenza al

carico di 20 t (8t +12t con passo di 4 m).

Si segnala, inoltre, che i carichi previsti dagli schemi di carico delle attuali

NTC corrispondono ad una posizione probabilistica associata ad un tempo

di ritorno indicativamente di 1000 anni che potrebbe essere anche superata

adottando un approccio deterministico, pensato secondo la massima

presenza possibile di veicoli omologati, come di seguito evidenziato.

Si esamina all’uopo, la configurazione di mezzi incolonnati a distanza

ravvicinata (fermi) su tutte le corsie, che generano le massime

sollecitazioni. Coerentemente alle indicazioni della vecchia normativa che

faceva riferimento a carichi reali, si assume che la distanza tra gli assi di

due mezzi in coda sia di 3 m.

La tipologia i mezzi che crea il carico ripartito equivalente maggiore è

costituita dai mezzi d’opera.

Si considerano:

- mezzi a 4 assi: Q = 40 t L = 3,0m+5,2m = 8,2m q = 4,9 t/m

- mezzi a 5 assi: Q = 56 t L = 3,0m+7,2m = 10,2m q = 5,5 t/m

7

fig. 1.2

La condizione più gravosa si verifica quindi con q = 5,5 t/m

Presa in considerazione, ad esempio, la sezione stradale indicata in figura

fig. 1.3

lo schema di carico previsto dalle NTC risulta:

0,8*9KN/mq2.5KN/mq

2*0,8*300 KN2*200 KN

2*100 KN

3,5

3

3,55,23,52,63

21 3 4 5 6

2,67

schema di carichi per ponte di 2a categoria

fig. 1.4

8

Confrontando il momento massimo dovuto ai carichi sopra indicati sulla

trave più sollecitata, calcolata con una schematizzazione alla “Courbon”,

con quello dovuto a colonne affiancate di mezzi d’opera si ottiene che i

carichi previsti dalla normativa sono cautelativi rispetto ad un approccio

deterministico solo al di sotto di determinate luci; in particolare, con

riferimento alla sezione considerata:

- per ponti di 1a categoria: L≤30m

- per ponti di 2a categoria: L≤24m

In conclusione, la differenza tra ponti di I e II categoria sta quindi nella

sola riserva di capacità portante e da tale distinzione non deriva alcuna

limitazione al peso dei veicoli che possono circolare.

Si deve anzi ricordare che l’accesso ai ponti di III categoria di carichi

diversi da quelli di progetto deve essere materialmente impedito

Quanto sopra implica che non è possibile disporre alcun divieto di transito

per limite di massa per ragioni di capacità portante del ponte.

Infatti, nel caso che il ponte non sia in grado di sopportare i carichi di

II categoria (si ricorda, smisurati rispetto ai carichi reali) il transito ai

veicoli deve essere materialmente impedito.

9

Gli spazi di manovra

Gli spazi necessari per le svolte sono ricavati dalle indicazioni del

Regolamento del Codice della Strada DPR 495/92 che, all’art. 217, recita

“Ogni veicolo a motore, o complesso di veicoli compreso il relativo carico,

deve potersi inscrivere in una corona circolare (fascia d`ingombro) di

raggio esterno 12,50 m e raggio interno 5,30 m.”

Risultando la larghezza massima del veicolo l = 2,55m, si ricava

immediatamente la posizione dell’asse posteriore del veicolo

convenzionale più ingombrante, sul cui protendimento è collocato

necessariamente il centro di istantanea rotazione (in quanto direzione

perpendicolare alla velocità istantanea).

2.5 m

r=5.3m

d=9.8m

R=12.5m

centro di istantanea rotazione fig. 1.5

d = [(12,5m)2 – (5,3m+2,55m)2]1/2 = 9,75m

al variare del raggio R si ricava

r = [R2 – (9,75m)2]1/2 – 2,55m

e conseguentemente la dimensione della corona nel quale è inscritta la

manovra (R-r).

Al variare di r si ricava quindi l’allargamento in curva R – r – l; si riporta

di seguito il calcolo sopra definito al variare del raggio di curvatura ed il

10

confronto con l’espressione dell’allargamento in curva ∆ = 45/R (R in [m])

previsto al punto 5.2.7 del D.M. 6792 del 05/11/01.

R r R-r-l 45/R 12,5 5,3 4,7 3,6 13,0 6,1 4,4 3,5 13,5 6,8 4,1 3,3 14,0 7,5 3,9 3,2 14,5 8,2 3,7 3,1 15,0 8,9 3,6 3,0 20,0 14,9 2,5 2,3 25,0 20,5 2,0 1,8 30,0 25,8 1,6 1,5 40,0 36,2 1,2 1,1 50,0 46,5 1,0 0,9 60,0 56,7 0,8 0,8 70,0 66,8 0,6 0,6 80,0 76,9 0,6 0,6 90,0 86,9 0,5 0,5 100 97,0 0,5 0,5

tab. 1.1

Il dimensionamento degli spazi di manovra deve tenere conto dei necessari

franchi; per quanto tali franchi non vengano definiti, risulta un utile

riferimento il D.M. 246 del 16/05/87 che al punto 2.2.0 prevede, ai fini

dell’accesso dei mezzi dei VV.F. negli edifici, le seguenti dimensioni

minime:

- larghezza: 3,5 m

- altezza: 4,0 m

- raggio di svolta: 13,0 m

si evince che tale enunciato considera un franco (da ambo i lati del veicolo)

di 0,5 m sia sulla larghezza in rettilineo (0,5m+2,5m+0,5m =3,5m), sia in

curva (raggio esterno: 12,5m+0,5m=13m).

A seguito di tale constatazione si rileverebbe l’opportunità, per quanto non

espressamente indicata, di mantenere per qualsiasi manovra un franco di

0,5 m da entrambi i lati.

11

Si consideri, inoltre, che la traiettoria seguita dai veicoli necessita di una

curva di transizione tra un rettifilo e una curva a raggio costante, in quanto

è necessario un certo tempo per ruotare il volante dalla posizione diritta

alla posizione di massima curvatura; il raccordo tra rettifilo e curva a

raggio costante risulterebbe teoricamente possibile solo nei seguenti casi:

a) sistemi a guida vincolata; il passaggio dal rettifilo alla curva a raggio

finito avviene però con un urto;

b) se il veicolo si ferma sul punto di tangenza, gira le ruote nella posizione

finale e quindi riparte per percorrere la curva; tale traiettoria è

rappresentativa unicamente di manovre a ridottissima velocità.

Si deve tenere inoltre conto del fatto che il manovratore non ha possibilità

di cercare la traiettoria ideale con più tentativi.

Nonostante le sopra indicate considerazioni evidenzino che la possibilità di

manovra sia più condizionata rispetto a quanto prevedibile disegnando il

raccordo rettifilo – curva a raggio costante, si deve tenere conto del fatto

che i mezzi usuali hanno migliori prestazioni rispetto alle prescrizioni di

cui all’art. 217 del Regolamento del C.S.; per quanto sia opportuno provare

la possibilità di eseguire le manovre prima di eseguire le opere, la verifica

di inscrizione in curva eseguita con la geometria semplificata sopra citata

risulta normalmente poi confermata dalle prove con i mezzi, se eseguite a

bassa velocità e adottati opportuni franchi.

12

Esempi di manovre critiche

Il controllo preventivo delle traiettorie dei mezzi pesanti risulta necessario

per i punti singolari e principalmente:

- svolta a destra (più penalizzata della svolta a sinistra) nelle intersezioni,

verificando che il mezzo non occupi la semicarreggiata in senso opposto o

non chiuda spazi sul fianco destro;

zona di conflitto

zona di conflitto

fig. 1.6

- transito nelle rotatorie (con particolare riferimento alla traiettoria in

uscita)

zona di conflitto

assenza di sufficiente franco