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TRIBUTI LOCALI ANALISI DELLE NOVITÀ E
DELLE CRITICITÀ 2017
Bologna-Parma luglio 2017
Pasquale Mirto
PROGRAMMA
IMU/TASI
Le riduzioni per le abitazioni concesse in comodato e per gli immobili locati a canone
concordato;
Le criticità presenti nella normativa vigente: la definizione di abitazione principale (e
fattispecie assimilate),
Evoluzione delle agevolazioni per il settore agricolo nel periodo 2012-2017;
I fabbricati rurali
Il regime di imposizione per i coadiuvanti agricoli e le società agricole
Gli immobili merce
Problematiche in tema di leasing
Le aree fabbricati: questioni controverse
Le esenzioni Imu/Tasi
TARI
Il decreto ministeriale tariffa rifiuti corrispettiva
Questioni controverse in tema di tariffa rifiuti corrispettiva.
La bozza del decreto sulla assimilazione dei rifiuti
Le novità in materia riscossione e di definizione delle liti pendenti
Le novità del Dl n. 196/2016: la soppressione di Equitalia e la riscossione delle entrate
comunali
Le novità del Dl n. 50/2017
Question time e conclusioni
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
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Pubblicità
Protocollo intesa
Anci E.R. – AE
Catasto
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
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Le novità del DL 193/2016
Il Dl 193/2016 reca importanti novità per i tributi comunali
A) La modalità di riscossione delle entrate ordinarie;
B) La soppressione di Equitalia
C) La possibilità di affidare direttamente ad Equitalia sia la
riscossione coattiva, che quella ordinaria (soppresso dal Dl
50/2017, invece, l’accertamento)
…… e l’immancabile proroga del termine di trasmissione delle
comunicazioni di inesigibilità (siamo arrivati per i ruoli del 2000
all’invio delle comunicazione entro il 2033!!)
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
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Dl 193/2016 – Riscossione spontanea
Art. 2-bis. Interventi a tutela del pubblico denaro e generalizzazione dell'ingiunzione di
pagamento ai fini dell'avvio della riscossione coattiva
1. In deroga all'articolo 52 del d.LGS. 446/1997, il versamento spontaneo delle entrate
tributarie dei comuni e degli altri enti locali deve essere effettuato direttamente sul conto
corrente di tesoreria ovvero sui conti correnti postali ad esso intestati, dell'ente
impositore, o mediante il sistema dei versamenti unitari di cui all'articolo 17 del d.LGS.
241/1997, o attraverso gli strumenti di pagamento elettronici resi disponibili dagli enti
impositori.
Restano comunque ferme le disposizioni di cui al comma 12 dell'articolo 13 del DL 201/2011, e
al comma 688 dell'articolo 1 della legge 147/2013, relative al versamento dell'imposta
municipale propria (IMU) e del tributo per i servizi indivisibili (TASI).
Per le entrate diverse da quelle tributarie, il versamento spontaneo deve essere effettuato
esclusivamente sul conto corrente di tesoreria ovvero sui conti correnti postali ad esso
intestati dell'ente impositore o attraverso gli strumenti di pagamento elettronici resi disponibili
dagli enti impositori ovvero, a decorrere dal 1° ottobre 2017, per tutte le entrate riscosse, dal
gestore del relativo servizio che risulti comunque iscritto nell'albo di cui all'articolo 53 del Dlgs
446/1997 e si avvalga di reti di acquisizione del gettito che fanno ricorso a forme di cauzione
collettiva e solidale già riconosciute dall'Amministrazione finanziaria, tali da consentire, in
presenza della citata cauzione, l'acquisizione diretta da parte degli enti locali degli importi
riscossi, non oltre il giorno del pagamento, al netto delle spese anticipate e dell'aggio dovuto
nei confronti del predetto gestore. (in altri termini le riscossioni in tabaccheria)
1-bis. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano ai versamenti effettuati all'Agenzia
delle entrate-Riscossione, di cui all'articolo 1, comma 3
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
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Dl 193/2016 – Riscossione spontanea- Nota IFEL
In sede di prima lettura è sorto subito il problema del riferimento al conto
di tesoreria.
IFEL
Considerando la ratio della norma, si ritiene che essa sia rispettata
anche con versamenti effettuati su conti correnti postali del
Comune. L’esigenza è di carattere operativo in quanto, nei casi di
concessione, il concessionario deve essere in grado di acquisire le
informazioni relative alle riscossione ai fini della gestione dei tributi stessi.
Le esigenze gestionali e l’obbligo di versamento al Comune possono
quindi essere soddisfatte mediante l’apertura di un conto corrente
postale, intestato all’ente impositore, sul quale è garantita una “vista” da
parte del concessionario.
Il problema è stato risolto in sede di conversione del Dl 50/2017 (accolto
emendamento Anci)
Art. 35 - all'articolo 2-bis, comma 1, dopo le parole: “conto corrente di tesoreria
dell'ente impositore”, ovunque ricorrono, sono inserite le seguenti: “ovvero sui
conti correnti postali ad esso intestati”
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
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Dl 193/2016 – Riscossione spontanea- Nota
IFEL
La disposizione è immediatamente applicabile anche per i contratti di
concessione in essere, non rivenendosi alcuna indicazione normativa che
giustifichi la sua applicabilità alla scadenza del contratto. Peraltro, trattandosi
di modifica normativa essa non dovrebbe dar luogo ad alcuna
rinegoziazione del contratto, che comunque presupporrebbe la
dimostrazione da parte del concessionario della sua onerosità. Anzi sotto
questo profilo, in realtà, la modifica normativa comporta maggiori oneri a
carico del Comune, relativi all’apertura dei conti correnti postali.
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
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Dl 193/2016 – Riscossione spontanea- Nota
IFEL
L’art. 2-bis del Dl n. 193 del 2016 va anche raccordato con l’art. 7, comma 2,
lett. gg-septies del Dl n. 70 del 2011, norma questa che impone al
concessionario l’obbligo di apertura di uno o più conti correnti di riscossione,
postali o bancari, intestati al soggetto affidatario e dedicati alla
riscossione delle entrate dell'ente affidante, sui quali devono affluire tutte
le somme riscosse. Tale disposizione deve considerarsi tacitamente
abrogata, per incompatibilità con la norma sopravvenuta, solo con riferimento
alle riscossioni spontanee, mentre sopravvive per quanto riguarda le
riscossioni conseguenti ad atti di accertamento o ingiunzioni di pagamento.
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
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Dl 193/2016 – Riscossione spontanea- Nota
IFEL
Si ritiene, sempre in base alla ratio dell’art. 2-bis del Dl n. 193 del 2016, che
la novità operi solo con riferimento alle entrate, di qualsiasi natura, che sono
comunque destinate ad essere riversate all’ente locale, non operando,
invece, per i casi in cui le entrate pur intestate all’ente locale, sono destinate
ad essere trattenute, per contratto, dal soggetto affidatario. In quest’ipotesi,
rientra, ad esempio, il caso di concessione dell’imposta di pubblicità a
canone fisso annuale, anziché ad aggio.
Va da ultimo precisato che la nuova disposizione non riguarda le società in
house, sulle quali i Comuni esercitano un controllo analogo a quello
esercitato sui propri servizi, e ciò perché i versamenti effettuati a tali società
equivalgono a versamenti effettuati direttamente ai Comuni, e quindi
soddisfano la ratio dell’art. 2-bis del Dl n. 193 del 2016.
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
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Dl 193/2016 – Soppressione Equitalia- Art. 1
A decorrere dal 1° luglio 2017 le società del Gruppo Equitalia sono sciolte
a decorrere da tale data l’esercizio delle funzioni relative alla riscossione nazionale,
è attribuito all'Agenzia delle entrate
Al fine di garantire la continuità e la funzionalità delle attività di riscossione, è
istituito, a far data dal 1° luglio 2017, un ente pubblico economico, denominato
«Agenzia delle entrate-Riscossione», ente strumentale dell'Agenzia delle entrate
sottoposto all'indirizzo e alla vigilanza del Ministro dell'economia e delle finanze
16. I riferimenti contenuti in norme vigenti agli ex concessionari del servizio
nazionale della riscossione e agli agenti della riscossione di cui all'articolo 3 del
decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge
2 dicembre 2005, n. 248, si intendono riferiti, in quanto compatibili, all'agenzia di cui
al comma 3 del presente articolo.
Quindi, per ora cambia solo il nome………
Con DPCM 5 giugno 2017 (GU 150 del 29/6/2017) è stato approvato lo Statuto
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
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Dl 193/2016- Riscossione ruoli
Art. 2. Disposizioni in materia di riscossione locale
2. A decorrere dal 1° luglio 2017, le amministrazioni locali di cui all'articolo 1, comma 3, possono
deliberare di affidare al soggetto preposto alla riscossione nazionale le attività di riscossione,
spontanea e coattiva, delle entrate tributarie o patrimoniali proprie e, fermo restando quanto
previsto dall'articolo 17, commi 3-bis e 3-ter, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, delle
società da esse partecipate
Modifica con DL 50-art.35
«delle amministrazioni locali, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi
dell'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, con esclusione delle società di
riscossione, e, fermo restando quanto previsto dall'articolo 17, commi 3-bis e 3-ter, del decreto
legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, delle società da esse partecipate»
Infatti, l’art. 1, comma 3 del Dl n. 193 del 2016, così come modificato dal Dl n. 50 del 2017,
prevede espressamente che il nuovo soggetto può “anche svolgere le attività di riscossione delle
entrate tributarie o patrimoniali delle amministrazioni locali, come individuate dall'Istituto nazionale
di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, con
esclusione delle società di riscossione, e, fermo restando quanto previsto dall’art. 17, commi 3-bis
e 3-ter, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, delle società da esse partecipate”.
L’art. 1, comma 3 della legge 196 del 2009 del definire le amministrazioni pubbliche effettua
anche un rinvio alle amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2 del D.lgs. n. 165 del 2001.
Quindi l’elenco dei soggetti che può riscuotere con ruolo è molto ampio
effetti: a) fino al 30/06/2017 Equitalia riscuote ex lege mediante la semplice consegna del
ruolo; b) dal 1/7/2017 riscuote solo previa delibera;
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
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«A decorrere dal 1° luglio i Comuni che vorranno continuare ad utilizzare come strumento di
riscossione coattiva anche il ruolo dovranno procedere all’adozione di apposita delibera, che
dovrà essere adottata ai sensi dell’art. 52 del D.lgs. n. 446 del 1997, e pertanto di
competenza consigliare.
Va precisato, che il Comune potrà anche decidere di approvare la suddetta delibera anche
successivamente al 1° luglio, non essendo previsto un termine entro il quale deliberare;
ovviamente, fintato che non sarà approvata la suddetta delibera sarà precluso l’utilizzo del ruolo.
Non occorre adottare alcuna convenzione specifica, perché le condizioni di svolgimento del
servizio di riscossione rimangono regolate, in termini di costo e di rendicontazione, dalle
disposizioni normativi finora applicabili ad Equitalia. Inoltre, va evidenziato che con la delibera in
questione il Comune non si impegna ad affidare in via esclusiva all’Agenzia delle entrate-
Riscossione tutte le proprie entrate, di natura tributaria o patrimoniale, dovendosi ritenere, che
come in passato il Comune possa legittimamente utilizzare alternativamente sia il ruolo che
l’ingiunzione di pagamento di cui al r.d. n. 639 del 1910, in coerenza con le proprie previsioni
regolamentari e con la propria struttura organizzativa.»
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
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Nota Ifel del 14/6/2017
Se il Comune decide di non continuare ad utilizzare il riscuotitore pubblico, i
carichi pendenti saranno comunque riscossi dal nuovo soggetto. Al
riguardo si rammenta che l’art. 1, comma 686 della legge n. 190 del 2014
prevede espressamente che fino alla presentazione delle comunicazioni di
inesigibilità l’Agente della riscossione resta legittimato ad effettuare la riscossione
delle some non pagate, anche relativamente alle quote dei soggetti creditori che
hanno cessato di avvalersi di Equitalia.
Infine, va precisato che l’adozione della delibera in questione non è subordinata
alla circostanza che il regolamento generale delle entrate, o singoli regolamenti
applicativi dei tributi comunali, prevedano espressamente la possibilità di
riscuotere tramite il ruolo di cui al Dpr n. 602 del 1973, stante il fatto che la
competenza a decidere la modalità di riscossione è sempre in capo al Consiglio
Comunale.
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
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Nota Ifel del 14/6/2017
IL CONSIGLIO COMUNALE
Premesso che:
- l’art. 2 del Dl n. 193 del 2016, così come sostituito dall’art. 35 del Dl n. 50 del 2017, dispone al comma 2 che “A
decorrere dal 1° luglio 2017, le amministrazioni locali di cui all'articolo 1, comma 3, possono deliberare di
affidare al soggetto preposto alla riscossione nazionale le attività di riscossione, spontanea e coattiva, delle
entrate tributarie o patrimoniali proprie e, fermo restando quanto previsto dall'articolo 17, commi 3-bis e 3-ter,
del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, delle società da esse partecipate” - dal 1° luglio 2017, l’art. 1 del Dl n. 193 del 2016 prevede lo scioglimento delle società del Gruppo Equitalia e -
l’attribuzione dell’esercizio delle funzioni relative alla riscossione nazionale all’Agenzia delle entrate ed in particolare
all’ente pubblico economico, ente strumentale dell’Agenzia delle entrate, denominato “Agenzia delle entrate-
Riscossione”.
- in base alle disposizioni normative sopra richiamate il Comune a decorrere dal 1° luglio potrà usare per riscuotere
coattivamente il ruolo di cui al Dpr n. 602 del 1973 solo previa adozione della delibera;
- l’art. 52 del D.lgs. n. 446 del 1997 rimette alla potestà regolamentare la decisione circa le modalità di riscossione delle
proprie entrate.
Considerato che: - Il quadro normativo relativo alla riscossione coattiva appare alquanto discontinuo e farraginoso, tant’è che:
- l’art 10 della legge n. 23 del 2014, cosiddetta delega fiscale, aveva previsto, il riordino della disciplina della
riscossione delle entrate degli enti locali, nel rispetto dell’autonomia locale, al fine di assicurare certezza, efficienza ed
efficacia dei poteri di riscossione, rivedendo la normativa vigente e coordinandola in un testo unico di riferimento che
recepisca, attraverso la revisione della disciplina dell'ingiunzione di pagamento prevista dal R.D. n. 639 del 1910, le
procedure e gli istituti previsti per la gestione dei ruoli di cui al DPR n. 602 del 1973, adattandoli alle peculiarità della
riscossione locale;
- il Dl n. 70 del 2011, art. 7, comma 2, lett. gg-ter), aveva inizialmente previsto che a decorrere dal 1° gennaio 2012
Equitalia doveva cessare di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle
entrate tributarie o patrimoniali dei Comuni e delle società da essi partecipate; termine che è stato oggetto di più
proroghe, anche semestrali, e da ultimo con il Dl n. 193 del 2016 è stata fissata la data del 30 giugno 2017, in
coincidenza con la soppressione di Equitalia e l’istituzione del nuovo soggetto Agenzia delle entrate – Riscossione
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
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Schema delibera IFEL
Considerato inoltre che;
il Comune può portare a riscossione coattiva le proprie entrate utilizzando i diversi strumenti che la normativa offre, quali appunto, la
riscossione coattiva tramite ruolo di cui al Dpr. n. 602 del 1973, la riscossione coattiva tramite ingiunzione di pagamento di cui al Rd nl 639
del 1910, ma anche tramite gli ordinari mezzi giudiziari e che nel caso di riscossione tramite ingiunzione di pagamento la riscossione può
essere effettuata direttamente dal Comune o esternamente tramite i concessionari iscritti all’albo di cui all’art. 53 del D.lgs. n. 446 del 1997;
la modalità di riscossione più efficace ed efficiente può anche essere differente a secondo il tipo di entrata e della struttura organizzativa,
anche considerando il personale e le professionalità necessarie per effettuare la riscossione e per vigilare sull’operato degli incaricati esterni
alla riscossione.
Ritenuto per quanto esposto necessario che il Comune abbia la possibilità di utilizzare tutti gli strumenti di riscossione coattiva previsti dalla
normativa.
Visti:
l'art. 52 del D.lgs. n. 446 del 1997 che disciplina la potestà regolamentare in generale.
il regolamento generale delle entrate;
il regolamento disciplinate la riscossione coattiva [se approvato dall’ente];
il regolamento ……[eventualmente menzionare gli altri regolamenti tributari]:
Su proposta della Giunta;
Visto che la presente proposta di deliberazione è stata esaminata in data ..00.2017 dalla Commissione Consiliare …………………………..,
come risulta dal verbale trattenuto agli atti d'Ufficio;
Visto lo schema di proposta predisposto dal Responsabile del Procedimento, Dott. ………………….
Visto l’allegato parere di regolarità tecnica espresso dal Dirigente di Settore, Dott. …………………., ai sensi dell’art. 49, comma 1, del D.lgs.
n. 267 del 2000;
Visto l'allegato parere di regolarità contabile espressa dal Responsabile del Servizio di Ragioneria, dott. …………………., ai sensi dell’art.
49, comma 1, del D.lgs. n. 267 del 2000;
Con voto/i __________________, reso/i per alzata di mano, proclamato/i dal Presidente;
D E L I B E R A
di affidare, a decorrere dal 1° luglio 2017, ai sensi dell’art. 2 del decreto legge n. 193 del 22 ottobre 2016, all’Agenzia delle entrate –
Riscossione, l’attività di riscossione coattiva tramite ruolo di cui al Dpr n. 602 del 1973 delle entrate comunali, sia tributarie che
patrimoniali.
Su proposta del Presidente, con voti favorevoli n.00, contrari n.0, nessuno astenuto, resi per alzata di mano, proclamati dal Presidente
stesso, delibera altresì di dichiarare, ai sensi dell’art. 134, comma 4, del D. Lgs. n. 267 del 18 Agosto 2000, immediatamente eseguibile il
presente atto, considerata la necessità di iscrivere a ruolo diversi crediti comunali (o altra motivazione).
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
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Schema delibera IFEL
Dl 193/2016 – Proroga comunicazioni di
inesigibilità Le quote inesigibili sono i carichi iscritti a ruolo che, nonostante l’attivazione delle procedure cautelari ed esecutive
previste dalla normativa, non risultano incassabili. Equitalia non può cancellare autonomamente queste poste ma è
tenuta a presentare una comunicazione agli enti creditori, dimostrando di aver operato nel rispetto della legge,
ovvero, in altri termini, deve dimostrare che la mancata riscossione non è dipesa da cause ad essa imputabile,
come, ad esempio, la mancata notifica nei termini della cartella.
La normativa (art. 19 del D.lgs. n. 112/1999) prevede l’invio delle comunicazioni di inesigibilità entro il terzo anno
successivo alla consegna del ruolo, ma si tratta di un temine nei fatti mai applicato.
Va ricordato che sul tema delle comunicazioni di inesigibilità il legislatore aveva già apportato delle modifiche
rilevanti, e penalizzanti per gli enti creditori, con la legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190/2014). In particolare,
per quanto riguarda i ruoli consegnati dal 2000 al 2013 era prevista una consegna delle comunicazioni di
inesigibilità annuale a ritroso, a partire dal 2018. Ciò vuol dire che nel 2018 dovevano essere inviate ai Comuni le
comunicazioni relative ai ruoli consegnati nel 2013, nel 2019 le comunicazioni relative ai ruoli 2012, per arrivare al
2031 per le comunicazioni relative al 2000.
Per i ruoli consegnati nel 2014 quindi si rendeva applicabile il regime ordinario, con l’obbligo del concessionario di
inviare le comunicazione nel 2017. Con le modifiche al Dl n.193/2016 i termini per la presentazione delle
comunicazioni si allungano di ulteriori due anni, essendo previsto che «Le comunicazioni di inesigibilità relative a
quote affidate agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2015, anche da soggetti creditori
che hanno cessato o cessano di avvalersi delle società del Gruppo Equitalia Spa, sono presentate, per i ruoli
consegnati negli anni 2014 e 2015, entro il 31 dicembre 2019 e, per quelli consegnati fino al 31 dicembre 2013, per
singole annualità di consegna partendo dalla più recente, entro il 31 dicembre di ciascun anno successivo al
2019».
Con la modifica, quindi, si prorogano i termini per i ruoli 2015 di un anno, per quelli del 2014 di due anni, per
arrivare fino al 2033 in cui saranno presentate le comunicazioni relative ai ruoli 2000, sempre che a quella
data esistano ancora. E comunque, appare veramente irragionevole prevedere per via normativa che il Comune
possa controllare l’operato di Equitalia, e dell’ente che le succederà, dopo 33 anni dalla consegna del ruolo.
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
16
IFEL è intervenuta con nota del 28 giugno 2017, fornendo anche uno schema di regolamento e di delibera consigliare.
L’intervento è estremamente importante perché le modalità di applicazione sono estremamente delicate, per la presenza di termini processuali che incidono sul contenzioso tributario. Tant’è che si è già avuto modo di leggere opinioni contrastanti a quelle espresse da Ifel, basate su una facoltà regolamentare ampia, come se il Comune potesse con proprio regolamento determinare la sospensione dei termini processuali o l’allungamento dei termini di impugnazione, termini che sono peraltro previsti a pena di inammissibilità.
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
17
La definizione delle liti fiscali
L’art. 11 del Dl n. 50 del 2017 reca disposizioni relative alla definizione agevolata
delle controversie tributarie. In sede di conversione in legge è stato introdotto il
seguente comma 1-bis: «Ciascun ente territoriale può stabilire, entro il 31 agosto
2017, con le forme previste dalla legislazione vigente per l'adozione dei propri atti,
l'applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo alle controversie
attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte il medesimo ente».
Si tratta di definizione che completa quella relativa alle cartelle di pagamento ed
alla eventuale definizione delle ingiunzioni di pagamento.
La scelta del Comune dovrà essere operata mediante adozione di una delibera
di Consiglio Comunale, ai sensi dell’art. 52 del D.lgs. n. 446 del 1997, atteso
che con essa il Comune rinuncia alla riscossione delle sanzioni e degli interessi di
mora, per i quali, in via generale, vale il principio dell’indisponibilità, qui derogato
per espressa previsione di legge.
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
18
Nota IFEL
Le controversie definibili sono quelle attribuite alla giurisdizione tributaria “in cui è
parte il medesimo ente”. Rimangono, pertanto, escluse le controversie attinenti al
canone di occupazione del suolo pubblico, la cui giurisdizione è rimessa al giudice
ordinario.
Si deve trattare di controversia non definita con sentenza passata in giudicato,
pendente in qualsiasi grado di giudizio, ivi compresa la Corte di Cassazione.
Sono definibili le controversie il cui ricorso sia stato notificato alla controparte
entro la data di entrata in vigore del decreto (il 24 aprile 2017) e per le quali alla
data della presentazione della domanda di definizione, il cui termine ultimo è fissato al
30 settembre 2017, non sia intervenuta pronuncia definitiva.
La definizione è ammissibile anche in presenza di ricorso notificato all’ente impositore
ma non ancora depositato nella segreteria della Commissione tributaria provinciale,
visto che per gli importi inferiori a 20 mila euro il ricorso produce gli effetti del reclamo
e deve essere depositato nella segreteria della Commissione tributaria entro 120
giorni, decorrenti non dalla data di notifica del ricorso da parte del contribuente ma
dalla data di ricevimento da parte del Comune
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
19
Nota IFEL
In merito all’accennata sospensione dei termini va anche precisato che mentre per
le controversie erariali l’art. 1, comma 9 prevede che per le controversie “definibili”
sono sospesi per sei mesi i termini di impugnazione, anche incidentale delle
pronunce giurisdizionali e di riassunzione che scadono nel periodo 24 aprile – 30
settembre 2017, tale sospensione non opera, almeno in questi termini, per il
Comune. Il periodo di sospensione per le controversie comunali decorrerà dalla
data di esecutività della delibera che approva la definizione agevolata fino al 30
settembre 2017, poiché si ritiene che, in base ai principi generali, il Comune non
possa riaprire termini già scaduti, in assenza di una espressa disposizione legislativa
in tal senso. Pertanto, nel caso in cui il Comune decida di approvare la definizione
agevolata, sarà opportuno anticipare la decisione rispetto alla data del 31 agosto, per
evitare al contribuente, o al Comune stesso, la proposizione di inutili impugnazioni. In
altri termini, se l’atto di appello deve essere notificato, dal Comune o dal
contribuente, entro il prossimo 31 luglio, solo l’adozione della delibera comunale
entro luglio sospenderà i termini per la proposizione dell’appello con riferimento,
sempre, alle controversie definibili.
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
20
Nota IFEL
La disposizione richiede che il Comune sia “parte” del processo. Tale
previsione pone dei dubbi in merito alla definizione delle controversie relative ai
tributi comunali nelle quali però l’ente non assume la veste di parte processuale.
L’ipotesi si verifica allorquando oggetto dell’impugnazione è una cartella di
pagamento, o un’ingiunzione di pagamento, ed il ricorso sia stato esclusivamente
notificato ad Equitalia o al Concessionario iscritto all’albo di cui all’art. 53 del
D.lgs. n. 446 del 1997, incaricato della sola riscossione coattiva,
indipendentemente dal fatto che i motivi di impugnazione attengano ai soli vizi
propri della cartella o dell’ingiunzione, oppure siano stati sollevati motivi attinenti
all’atto di accertamento, salvo che Equitalia o il Concessionario non abbia chiamato
in causa anche l’ente creditore.
Tuttavia, occorre rilevare che mentre nei confronti del Concessionario privato esiste
un rapporto concessorio in base al quale il Concessionario si sostituisce ope legis
al Comune, e ciò porta a ritenere comunque definibili le controversie instaurate
contro tale soggetto anche se l’ente impositore non è stato chiamato in causa ,
altrettanto non può dirsi nei confronti di Equitalia , e pertanto i residuali dubbi
dovrebbero limitarsi solo alle controversie in cui sia parte esclusivamente tale
ultimo soggetto.
3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto 21
Nota IFEL -Il Comune quale “parte” processuale
Il riferimento alla circostanza che parte del processo sia il Comune genera poi ulteriori dubbi.
Infatti, non sono espressamente richiamate le società in house dei Comuni che pur risultano
affidatarie dell’attività di accertamento e riscossione delle entrate comunali, ai sensi dell’art. 52,
comma 5 del D.lgs. n. 446 del 1997, e per le quali non è necessariamente prevista l’iscrizione
all’albo di cui al successivo art. 53. Trattandosi di società sulle quali i Comuni esercitano un
controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, si ritiene che il Comune possa
legittimamente deliberare la definizione agevolata per le controversie tributarie in cui è parte la
propria società in house.
Parimenti, si ritiene che il Comune possa deliberare la definizione agevolata per le controversie
relative alla Tares/Tari che vedono come parte la società di gestione dei rifiuti alla quale il
Comune ha affidato, ai sensi dell’art. 1, comma 691 della legge n. 147 del 2013, la gestione, la
riscossione e l’accertamento della tassa comunale.
Infine, ad identica conclusione si deve pervenire anche nell’ipotesi in cui il Comune abbia affidato
la gestione, riscossione ed accertamento ad un Concessionario iscritto all’albo di cui all’art. 53
del D.lgs. n. 446 del 1997 (ad esempio il concessionario dell’imposta di pubblicità).
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Nota IFEL -Il Comune quale “parte” processuale
Le controversie possono essere definite “a domanda del soggetto che ha proposto l’atto
introduttivo del giudizio” o dal soggetto che vi è subentrato o ne ha la legittimazione.
È evidente poi, che esulano dall’istituto in esame le controversie attinenti ai dinieghi di
rimborso.
Con la definizione il contribuente è tenuto a pagare:
• l’imposta, gli interessi e le spese di notifica indicati nell’atto impugnato;
• gli interessi di ritardata iscrizione a ruolo, oggi fissati al 4 per cento annuo, da calcolarsi fino
al sessantesimo giorno successivo alla notifica dell’atto.
La definizione comporta, quindi, la non debenza:
• delle sanzioni comminate nell’atto originario;
• degli interessi di ritardata iscrizione a ruolo dovuti dal giorno successivo a quello di scadenza
del pagamento, ovvero decorsi i sessanta giorni dalla notifica dell’atto originario, fino alla
data di consegna del ruolo al concessionario;
• degli interessi di mora dovuti a seguito del mancato pagamento della cartella, oggi fissati al
3,50 per cento annuo.
Il comma 2, dell’art. 11 precisa poi che in caso di controversia relativa esclusivamente agli
interessi di mora o alle sanzioni non collegate ai tributi, per la definizione è dovuto il
quaranta per cento degli importi in contestazione. Se la controversia riguarda, invece,
sanzioni collegate al tributo, ma questo sia stato definito in altro modo, allora nessun importo
risulterà dovuto, anche se sarà comunque necessario presentare la domanda di definizione.
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Nota IFEL - Gli effetti della definizione
L’art. 11, comma 7 del Dl n. 50 del 2017 prevede che dagli importi dovuti il contribuente ha diritto a scomputare “quelli già versati”
per effetto delle disposizioni vigenti in materia di riscossione in pendenza di giudizio, nonché “quelli dovuti” per effetto della
definizione agevolata delle cartelle di pagamento, di cui all’art. 6 del Dl n. 193 del 2016, ai quali occorre anche aggiungere “quelli
dovuti” in base alla definizione agevolata delle ingiunzioni di pagamento, se deliberata dal Comune.
Pertanto, nel caso in cui sia stata attivata la riscossione in pendenza di giudizio, occorre tenere conto degli importi corrisposti
dal contribuente, che includono anche le sanzioni, le quali devono essere scomputate dall’importo dovuto in base alla definizione
agevolata, con l’ulteriore precisazione che se l’importo già provvisoriamente pagato, comprensivo di sanzioni, è superiore a quello
dovuto in base alla definizione agevolata della lite, nessun rimborso potrà comunque essere disposto a favore del contribuente.
Il Comune potrebbe comunque non aver attivato alcuna riscossione in pendenza di giudizio, ben potendo riscuotere non
l’accertamento impugnato ma la sentenza definitiva, entro il termine di prescrizione decennale
Ovviamente, il contribuente avrà poca convenienza nell’ipotesi in cui abbia pagato l’avviso impugnato, in quanto, come già
rilevato, l’art. 1, comma 7 del Dl n. 50 del 2017 prevede espressamente che “la definizione non dà comunque luogo alla
restituzione delle somme già versate ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione”.
Se l’ente non ha attivato alcuna riscossione, la definizione comporta un notevole risparmio anche degli interessi, visto che le
controversie ben potrebbero essere pendenti anche da dieci anni, come normalmente avviene in caso di ricorso dinanzi la Corte di
Cassazione, o nell’ipotesi in cui il processo sia stato sospeso per pregiudizialità, ai sensi dell’art. 295 c.p.c. (ed oggi ai sensi
dell’art. 39 del D.lgs. n. 546 del 1992).
L’art. 68 del D.lgs. n. 546 del 1992 prevede che il tributo, gli interessi (e la sanzione, per quanto previsto dall’art. 19, comma 1 del
D.lgs. n. 472 del 1997) devono essere pagati:
a) per i due terzi, dopo la sentenza della commissione tributaria provinciale che respinge il ricorso;
b) per l'ammontare risultante dalla sentenza della commissione tributaria provinciale, e comunque non oltre i due terzi, se la
stessa accoglie parzialmente il ricorso;
c) per il residuo ammontare determinato nella sentenza della commissione tributaria regionale;
c-bis) per l'ammontare dovuto nella pendenza del giudizio di primo grado dopo la sentenza della Corte di cassazione di
annullamento con rinvio e per l'intero importo indicato nell'atto in caso di mancata riassunzione.
Gli importi da versare vanno in ogni caso diminuiti di quanto già corrisposto.
La norma, poi precisa, che se il ricorso viene accolto, il tributo corrisposto in eccedenza rispetto a quanto statuito dalla sentenza
della commissione tributaria provinciale, con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali, deve essere rimborsato d'ufficio entro
novanta giorni dalla notificazione della sentenza.
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Nota IFEL- Somme già versate
L’art. 11, comma 7, del Dl n. 50 del 2017 dispone che “gli effetti della definizione perfezionata
prevalgono su quelli delle eventuali pronunce giurisdizionali non passate in giudicato”. Si è già
detto che la norma contempla espressamente le sorti dei pagamenti effettuati in caso di
attivazione della riscossione in pendenza di giudizio attuata ai sensi dell’art. 68 del D.lgs. n. 546
del 1992. Nulla invece viene espressamente statuito in merito alle sorti delle spese di lite
liquidate con sentenza non definitiva.
Sul punto occorre rammentare che il legislatore in tema di pagamento delle spese di lite ha
previsto un regime del tutto discriminatorio ed irragionevole, posto che il Comune per
riscuotere le spese di lite dovrà aspettare il passaggio in giudicato della sentenza, per quanto
disposto dall’art. 15, comma 2-sexies, del D.lgs. n. 546 del 1992, mentre nel caso in cui le spese
di lite siano liquidate a favore del contribuente, la sentenza è immediatamente esecutiva ed il
Comune, per quanto disposto dall’art. 69 del D.lgs. n. 546 del 1992, dovrà pagare le somme
liquidate a titolo di spese di lite entro novanta giorni dalla notificazione della sentenza.
Si ritiene, al riguardo, in ragione dell’effetto “sostitutivo” della definizione rispetto a quanto
statuito nel dispositivo della sentenza, che in caso di avvenuto pagamento delle spese di lite
da parte dell’ente impositore, il Contribuente sia tenuto a versare, oltre a quanto già
previsto in via ordinaria dall’art. 11, comma 1 del Dl n. 50 del 2017, anche quanto
percepito, in via provvisoria, a titolo di spese di lite, anche considerando che la definizione
agevolata comporta la cessazione della materia del contendere e quindi, trova applicazione l’art.
46, comma 3 del D.lgs. n. 546 del 1992 a mente del quale “nei casi di definizione delle pendenze
tributarie previsti dalla legge le spese del giudizio estinto restano a carico della parte che le ha
anticipate”.
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Nota IFEL- Le spese di lite
Un caso particolare attiene alle spese di lite liquidate nell’ordinanza, non impugnabile, che
ha deciso sull’istanza di sospensione dell’atto impugnato o di sospensione dell’esecutività
provvisoria della sentenza impugnata in appello o dinanzi la Corte di cassazione, ai sensi degli
artt. 47, 52 e 62-bis del D.lgs. n. 546 del 1992.
Sebbene l’ordinanza non sia impugnabile, il Giudice conserva la possibilità di disporre
diversamente con la sentenza che decide il giudizio, la quale assorbe quindi quanto già deciso
nell’ordinanza anche in tema di spese di lite, per le quali però occorre una espressa statuizione,
visto che l’art. 15, comma 2-quater prevede espressamente che l’ordinanza cautelare, per
quanto attiene alle spese “conserva efficacia anche dopo il provvedimento che definisce il
giudizio, salvo diversa statuizione espressa nella sentenza di merito”.
Pertanto, nel caso in cui la sentenza abbia omesso di disporre anche in merito alle spese della
fase cautelare, queste restano dovute anche nell’ipotesi di sentenza favorevole al
contribuente. Naturalmente, il contribuente in sede di appello, anche incidentale, potrà
impugnare la sentenza che ha omesso di pronunciarsi “nuovamente” sulle spese della fase
cautelare. A stretto rigore, però, in caso di impugnazione priva di un motivo attinente alle spese
della fase cautelare, si forma un giudicato interno, che obbliga la parte, anche in sede di
definizione agevolata, al pagamento delle spese di lite, ovviamente a condizione che il giudicato
interno si sia formato entro la data del 24 aprile scorso.
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Nota IFEL- Le spese di lite
Il comma 5 dell’art. 11 del Dl n. 50 del 2017 regola il pagamento delle somme
dovute in base alla definizione.
È previsto il pagamento rateale, ma solo per importi superiori a duemila euro.
Per gli importi superiori a duemila euro è previsto il pagamento in forma rateale
nella seguente misura:
• il 40 per cento dell’importo dovuto deve essere versato entro il 30 settembre
2017;
• il 40 per cento dell’importo dovuto deve essere versato entro il 30 novembre
2017;
• il 20 per cento dell’importo dovuto deve essere versato entro il 30 giugno 2018.
Se la definizione comporta il pagamento di un importo uguale o inferiore a 2000
euro, questo deve essere pagato integralmente entro il 30 settembre 2017.
Occorre anche rilevare che essendo il 30 settembre un sabato, in realtà il
versamento deve essere effettuato entro il lunedì 2 ottobre (*).
(*) L’art. 7, comma 1, lett. h) del Dl n. 70 del 2011 dispone, infatti, che “ i versamenti e gli
adempimenti, anche se solo telematici, previsti da norme riguardanti l’Amministrazione
economico-finanziaria che scadono il sabato o in un giorno festivo sono sempre rinviati al primo
giorno lavorativo successivo”.
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Nota IFEL - Il pagamento delle spese dovute con la definizione
Il comma 5 in commento, con riferimento al versamento degli importi dovuti in base alla
definizione, rinvia alle disposizioni recate dall’art. 8 del D.lgs. n. 218 del 1997, norma
questa che regola i pagamenti in caso di accertamento con adesione, ma anche in caso
di mediazione e conciliazione giudiziale. Il rinvio all’art. 8, comporta anche l’automatica
applicazione dell’art. 15-ter del Dpr. n. 602 del 1973 ed in particolare del comma 2, il
quale prevede che in caso di rateazione, il mancato pagamento di una delle rate diversa
dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva comporta la decadenza
dal beneficio della rateazione e l’iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti, nonché
l’applicazione della sanzione del 45 per cento, da applicarsi sul residuo importo dovuto a
titolo di imposta.
Il comma 5 dell’art. 11 in commento precisa poi che “per ciascuna controversia è
effettuato un separato versamento”. Il successivo comma 6 precisa che occorre
presentare una distinta domanda per “ciascuna controversia autonoma” e che “per
controversia autonoma si intende quella relativa a ciascun atto impugnato”.
Alla luce delle precisazioni normative nel caso in cui il contribuente abbia impugnato più
atti di accertamento con un unico ricorso, benché formalmente la causa pendente sia una
sola, il contribuente dovrà presentare tante domande quanti sono gli atti impugnabili, ma
anche effettuare tanti separati versamenti quanti sono gli atti impugnabili. Ciò comporta
che se il contribuente ha impugnato cumulativamente tre atti di accertamento e l’importo
dovuto in sede di definizione è pari a 2000 euro per ogni atto, il contribuente non potrà
accedere alla rateazione, ma dovrà effettuare tre versamenti di 2000 euro entro il 30
settembre 2017.
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Pasquale Mirto 28
Nota IFEL - Il pagamento delle spese dovute con la definizione
Il comma 5 considera anche l’ipotesi in cui il contribuente abbia manifestato, entro il 21
aprile 2017, la volontà di avvalersi della definizione agevolata delle cartelle di pagamento di
cui all’art. 6 del Dl n. 193 del 2016, precisando che si “può usufruire della definizione
agevolata delle controversie tributarie solo unitamente a quella di cui al predetto articolo 6”.
La portata di tale disposizione non è di immediata chiarezza, visto che le due definizioni
rimangono autonome. In altri termini se v’è coincidenza d’importi, perché l’intero importo
in contenzioso risulta essere iscritto a ruolo, allora la definizione della lite non ha ragione di
operare, posto che già l’art. 6, comma 2 del Dl n. 193 del 2016 prevede l’obbligo per il
contribuente di rinunciare alla lite.
Se invece non v’è coincidenza d’importi - come nel caso di riscossione frazionata in
pendenza di giudizio, con affidamento del carico all’Agente della riscossione - la definizione
della cartella comporta la rinuncia alla lite, ma solo con riferimento appunto all’importo
iscritto a ruolo; conseguentemente il contribuente può ora definire la parte d’imposta non
iscritta a ruolo, e per la quale il contenzioso era destinato a continuare.
Ad avviso dell’AE il contribuente che ha presentato entro il termine di scadenza del 21
aprile scorso la dichiarazione di adesione alla cd. rottamazione delle cartelle ha la facoltà di
avvalersi anche della definizione agevolata delle controversie tributarie, “ma a condizione
tassativa che non può rinunciare alla rottamazione dei carichi”, in quanto la definizione
agevolata delle controversie tributarie completa quella relativa alle cartelle
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Nota IFEL- Rapporto con la definizione delle cartelle
Quindi le due definizioni seguono ognuna le proprie regole, anche in merito alla quantificazione
ed alla scadenza degli importi dovuti, e ciò trova conferma in quanto previsto nel comma 7 che
impone, ai fini del calcolo del dovuto per la definizione delle liti, di sottrarre, oltre a quanto già
corrisposto in pendenza di giudizio anche quanto “dovuto”, anche se non ancora pagato, per la
rottamazione delle cartelle (*).
Ovviamente, se il contribuente non ha presentato la dichiarazione di adesione alla definizione
delle cartelle entro lo scorso 21 aprile, potrà accedere alla definizione della lite, ed ottenere lo
sgravio di quanto iscritto a ruolo e non pagato, anche in considerazione del fatto che il
pagamento degli importi dovuti dovrà avvenire alle scadenze fissate dall’art. 11.
Da ultimo, va evidenziato che a differenza della definizione agevolata delle cartelle di
pagamento, per la definizione della lite non è previsto l’invio di alcuna comunicazione
contenente l’importo da pagare, ma solo la notifica dell’eventuale diniego. L’importo da
corrispondere è quindi in autoliquidazione, e ciò lo si desume dal fatto che la domanda
deve essere presentata entro il 30 settembre 2017 ed entro la medesima data deve essere
effettuato il pagamento dell’intero importo dovuto, se non superiore a 2000 euro, o della
prima rata, se superiore al predetto importo. In altri termini, la definizione agevolata delle
controversie tributarie si perfeziona con il pagamento degli importi dovuti entro il 30
settembre prossimo, fermo restando che in casi di lieve ritardo o lieve inadempimento trovano
comunque applicazione le regole previste dall’art. 15-ter del Dpr. n. 602 del 1973
(*) L’art. 6, comma 3, del Dl n. 193 del 2016, dispone quanto segue: «Entro il 15 giugno 2017, l'agente della riscossione comunica ai
debitori che hanno presentato la dichiarazione di cui al comma 2 l'ammontare complessivo delle somme dovute ai fini della definizione,
nonché quello delle singole rate, e il giorno e il mese di scadenza di ciascuna di esse, attenendosi ai seguenti criteri:
a) per l'anno 2017, la scadenza delle singole rate è fissata nei mesi di luglio, settembre e novembre;
b) per l'anno 2018, la scadenza delle singole rate è fissata nei mesi di aprile e settembre».
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Nota IFEL- Rapporto con la definizione delle cartelle
L’art. 11, comma 8 dispone che le controversie definibili non sono sospese, salvo che il
contribuente faccia apposita richiesta al giudice, dichiarando di volersi avvalere delle
disposizioni relative alla definizione agevolata. In tal caso il processo è sospeso fino al 10
ottobre 2017. Se entro tale data il contribuente avrà depositato copia della domanda di
definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata, il processo resta
sospeso fino al 31 dicembre 2018.
Ovviamente, mentre per le liti riguardanti l’Agenzia delle entrate, la norma autorizza fin da
subito il contribuente a chiedere la sospensione del processo fino al 10 ottobre 2017,
altrettanto non può dirsi per le controversie comunali, per le quali occorrerà aspettare
l’adozione della delibera comunale.
Ciononostante, si ritiene che il contribuente possa legittimamente avanzare al giudice tributario
una richiesta di rinvio dell’udienza a data successiva al 31 agosto 2017, in attesa della
decisione comunale in merito all’approvazione della definizione agevolata delle liti.
Quanto detto, influisce anche sulla previsione del comma 9, il quale dispone che per le
controversie definibili sono sospesi per sei mesi i termini di impugnazione, anche
incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione che scadono dal 24 aprile al
30 settembre 2017. Come già anticipato, per i tributi comunali la sospensione dei termini di
impugnazione vale dalla data di esecutività della delibera comunale fino al 30 settembre 2017,
sicché da questo punto di vista diventa opportuno per il Comune deliberare quanto prima la
definizione, sempre che ci sia la volontà in tal senso.
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
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Nota IFEL – La sospensione dei processi
Il Comune dovrà notificare l’eventuale diniego della definizione entro il 31 luglio
2018 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. Il diniego
è impugnabile entro sessanta giorni dinanzi all'organo giurisdizionale presso il
quale pende la lite, e quindi innanzi la Commissione tributaria provinciale,
regionale o dinnanzi la Corte di Cassazione. Non essendo prevista alcuna deroga
espressa, si ritiene che resta applicabile anche in questo caso la sospensione dei
termini feriali, che va dal 1° agosto fino al 31 agosto, per cui il ricorso avverso il
diniego deve essere notificato dal contribuente entro il 30 ottobre 2018.
Nel caso in cui la definizione della lite sia richiesta in pendenza del termine per
impugnare, la pronuncia giurisdizionale può essere impugnata unitamente al
diniego della definizione entro sessanta giorni dalla notifica di quest'ultimo
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
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Nota IFEL – Il diniego della definizione
Il comma 10 dell’art. 11 del Dl n. 50 del 2017 dispone poi che “il processo si estingue in mancanza di istanza
di trattazione presentata entro il 31 dicembre 2018 dalla parte che ne ha interesse”.
È evidente che l’istanza di trattazione va fatta in tutti i casi in cui vi sia interesse alla prosecuzione del giudizio e
ciò vale anche se c’è stato il diniego e il contribuente non ha ragioni di impugnare lo stesso, ma ovviamente
intende proseguire la controversia. Peraltro, il legislatore ha previsto espressamente che nel caso in cui sia il
contribuente a dover impugnare la sentenza, e questi impugni cumulativamente la sentenza ed il diniego,
l’impugnazione stessa equivale anche a istanza di trattazione.
Il comma 10 precisa che “il processo si estingue in mancanza di istanza di trattazione presentata entro
il 31 dicembre 2018 dalla parte che ne ha interesse”. La precisazione normativa è importante perché si può
verificare l’ipotesi in cui sia il Comune a dover presentare istanza di trattazione.
Sul punto occorre precisare che:
• se si è in presenza di sentenza di Cassazione di rinvio al giudice di secondo grado, trova
applicazione l’art. 63, comma 2 del D.lgs. n. 546 del 1992, il quale dispone che la mancata
riassunzione nei termini comporta l’estinzione “dell’intero processo”, ovvero è come se l’atto
di accertamento originario non fosse stato mai impugnato;
• se si è in presenza di giudizio pendente dinanzi la commissione tributaria regionale, il
processo si estingue nei casi in cui le parti alle quali spetta di proseguire non vi abbiano
provveduto nei termini. La mancata prosecuzione del processo determina il passaggio in
giudicato della sentenza di primo grado (*). Pertanto, nel caso in cui l’appello sia stato
proposto dall’ente locale, spetta a questi depositare istanza di trattazione;
• se si è in presenza di giudizio pendente dinanzi la commissione tributaria provinciale, spetta
al contribuente presentare istanza di trattazione, in difetto l’atto di accertamento esplicherà
pienamente i suoi effetti. (*) Si veda Cassazione, 18 giugno 2014 n. 13808.
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Pasquale Mirto 33
Nota IFEL – L’istanza di fissazione dell’udienza
2017_06_28_IFEL_SchemaDeliberaCC_DEFINIZIONE_LITI_PENDENTI.do
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2017_06_28_IFEL_SchemaRegolamento_DEFINIZIONE_LITI_PENDENTI.d
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3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
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Nota IFEL schemi
L’esenzione dell’abitazione principale
•Confermata anche per il 2017 l’esenzione per le abitazioni principali. Il
comma 14 dell’unico articolo della legge n. 208 del 2015 riscrive il comma
669 della legge n. 147 del 2013, prevedendo che il presupposto impositivo
della Tasi è il possesso o la detenzione, a qualsiasi titolo, di fabbricati e di
aree edificabili, ad eccezione, in ogni caso, dei terreni agricoli e
dell’abitazione principale, escluse quelle di lusso classificate nelle categorie
catastali A/1, A/8 e A/9.
•Dal 2016, quindi, l’abitazione principale non è soggetta né a Tasi né ad Imu,
salvo quelle di lusso, che continuano ad essere soggette ad Imu e per le
quali spetta la detrazione di 200 euro. Le abitazioni di lusso continueranno ad
essere assoggettate anche a Tasi, se già prevista nel 2015.
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 35
L’esenzione dell’abitazione principale
•L’esenzione opera non solo per il possessore ma anche per il detentore. Con una modifica
al comma 639 della legge n. 147 del 2013 è ora previsto che la Tasi è «a carico sia del
possessore che dell'utilizzatore dell'immobile, escluse le unità immobiliari destinate ad
abitazione principale dal possessore nonché dall'utilizzatore e dal suo nucleo familiare, ad
eccezione di quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9».
•L’esenzione per l’abitazione principale del detentore opera in tutti i casi di detenzione,
quindi non solo nel caso di immobili locati ma anche per quelli utilizzati in base ad un
contratto di comodato, o qualsiasi altro titolo.
•Se la Tasi dovuta dal detentore di abitazione principale è stata esentata altrettanto non può
dirsi per la quota a carico del possessore. Con una modifica al comma 681 della legge n.
147 del 2013 è stato previsto che nel caso in cui l'unità immobiliare è detenuta da un
soggetto che la destina ad abitazione principale, escluse quelle di lusso, il possessore versa
la Tasi nella percentuale stabilita dal comune nel regolamento relativo all'anno 2015. Se il
Comune non ha determinato la quota a carico del possessore, è previsto che si applichi la
quota “standard” del 90 per cento dell'ammontare complessivo del tributo dovuto.
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 36
Precisazione dei casi di assimilazione all’abitazione principale
•Il nuovo comma 669 della legge n. 147 del 2013 precisa che per abitazioni
principali si intendono quelle di cui all’art. 13, comma 2 del Dl n. 201 del 2011.
•La precisazione è quanto meno opportuna, perché in realtà l’art. 13, comma
2 non prevede espressamente ipotesi di assimilazione, ma solo ipotesi di
“non applicazione” dell’Imu.
•Che le ipotesi ivi contemplate fossero ipotesi di assimilazione all’abitazione
principale lo si desumeva dal comma 677, che per la Tasi prevedeva la
possibilità per i Comuni di utilizzare una maggiorazione dell’aliquota pari allo
0,8 per mille a condizione che fossero finanziate detrazioni o riduzioni
d’imposta relativamente “alle abitazioni principali e alle unità immobiliari ad
esse equiparate” di cui all’art. 13, comma 2, del Dl n. 201 del 2011.
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 37
Assimilazioni ex lege
•Si ricorda che sono assimilati per legge alle abitazioni principali:
•a) le unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa,
adibite ad abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari;
•b) i fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali come definiti dal decreto
del Ministro delle infrastrutture 22 aprile 2008;
•c) la casa coniugale assegnata al coniuge, a seguito di provvedimento di separazione
legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio;
•d) l’unico immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità
immobiliare, posseduto, e non concesso in locazione, dal personale in servizio
permanente appartenente alle Forze armate e alle Forze di polizia ad ordinamento
militare e da quello dipendente delle Forze di polizia ad ordinamento civile, nonché dal
personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, e dal personale appartenente alla
carriera prefettizia, per il quale non sono richieste le condizioni della dimora abituale e
della residenza anagrafica;
•e) a partire dall'anno 2015, una ed una sola unità immobiliare posseduta dai cittadini
italiani non residenti nel territorio dello Stato e iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti
all'estero (AIRE), già pensionati nei rispettivi Paesi di residenza, a titolo di proprietà o di
usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata o data in comodato d'uso.
•A tali ipotesi di assimilazione il comma 15 della legge di stabilità 2016 aggiunge le unità
immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa destinate a studenti
universitari soci assegnatari, anche in assenza di residenza anagrafica.
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 38
Fabbricati cooperative edilizie e IACP
L' art. 13 , co. 10, prevede che la detrazione di 200 euro per l'abitazione si applica alle unità
immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione
principale dei soci assegnatari, nonché agli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituiti
autonomi delle case popolari.
Dal tenore letterale della norma si evince che a queste unità immobiliari spetti la sola
detrazione e non anche l'aliquota ridotta per l'abitazione principale.
È una vecchia questione che si era riproposta anche nell'ICI, risolta prima dall'assimilazione
ad abitazione principale disposta dalla generalità dei regolamenti comunali e poi dall'art. 1, co.
3, D.L. n. 93/1998, che li aveva esentati dall'ICI, equiparandoli all'abitazione principale.
La normativa è stata modificata con il D.L. n. 16/2012 che ha espressamene previsto che per
tali fattispecie non si applica la riserva della quota d'imposta a favore dello Stato. I comuni, di
fatto, ora possono assimilare questi fabbricati all'abitazione principale, riconoscendo la
medesima aliquota.
Il Ministero delle Finanze ha chiarito che dalla lettura sistematica delle norme emerge con
chiarezza che il legislatore, attraverso la previsione della rinuncia da parte dello Stato alla
propria quota di IMU, ha inteso destinare al comune tutto il gettito del tributo, non più decurtato
della quota statale, e non ridurre dallo 0,76% allo 0,38% l'aliquota di base applicabile agli
immobili in questione (Ministero delle Finanze nota prot. 12507 del 15 giugno 2012 ). La
questione è stata già risolta in tal senso anche dalla giurisprudenza amministrativa (Tar
Pescara, sentenze n. 434/2013 e 443/2013; Tar Liguria, sentenza n. 992/2013).
39 3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto
Le strade si separano
con le modifiche introdotte dal D.L. n. 102/2013 per le cooperative
edilizie a proprietà indivisa è stata prevista un'assimilazione piena
all'abitazione principale, mentre per gli alloggi degli IACP continua a
spettare la sola detrazione per abitazione principale.
L'art. 1, co. 707 , della Legge n. 147/2013 ha riscritto il co. 10 dell'art. 13
del D.L. n. 201/2013, riproponendo peraltro esattamente il testo di cui al
D.L. n. 102/2013 , confermando che dal 1° gennaio 2014 gli alloggi IACP
sono soggetti ad aliquota ordinaria, pur godendo della detrazione per
abitazione principale. Tuttavia il Dipartimento delle finanze, con le FAQ
del 20 gennaio 2014, relative al pagamento della mini-IMU e della
maggiorazione TARES per servizi indivisibili in scadenza il 24 gennaio,
ha precisato che per gli immobili posseduti dagli IACP aventi anche le
caratteristiche di alloggio sociale di cui al D.M. 22 aprile 2008 , a partire
dal 1° gennaio 2014, si applica lo stesso regime dell'abitazione
principale. Nel caso in cui gli alloggi invece non abbiano i requisiti
prescritti per gli alloggi sociali continuerà ad applicarsi la sola detrazione
prevista per l'abitazione principale.
40 3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto
Alloggi sociali
L' art. 2 , co. 4 del D.L. n. 102/2013 , dispone che: "a decorrere dal 1° gennaio
2014 sono equiparati all'abitazione principale i fabbricati di civile abitazione
destinati ad alloggi sociali come definiti dal decreto del Ministro delle infrastrutture
22 aprile 2008 (infrastrutture), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 146 del 24
giugno 2008". L' art. 1 , DM 22 aprile 2008 definisce alloggio sociale "l'unità
immobiliare adibita ad uso residenziale in locazione permanente che svolge
la funzione di interesse generale, nella salvaguardia della coesione sociale,
di ridurre il disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati, che
non sono in grado di accedere alla locazione di alloggi nel libero mercato.
L'alloggio sociale si configura come elemento essenziale del sistema di
edilizia residenziale sociale costituito dall'insieme dei servizi abitativi
finalizzati al soddisfacimento delle esigenze primarie".
L'art. 13, co. 2, così come risultante dalle modifiche apportate dalla Legge n.
147/2013 , riconferma la non debenza dell'IMU a decorrere dal 1° gennaio 2014.
41 3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto
Coniuge separato
L' art. 4 co. 12-quinquies del D.L. 16/2012 ha previsto che ai soli fini dell'applicazione dell'IMU, l'assegnazione della casa coniugale al coniuge disposta a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, si intende in ogni caso effettuata a titolo di diritto di abitazione. Il coniuge non assegnatario, proprietario per intero o per quota, non sarà tenuto al versamento dell'IMU.
42 3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto
Dubbi
la dottrina non appare uniforme in quanto secondo taluni la soggettività
passiva farebbe capo al coniuge assegnatario anche nel caso in cui
l'abitazione non fosse di proprietà dei coniugi, come nel caso di abitazione
di proprietà dei suoceri e occupata a titolo di comodato.
Benché la norma si presti a diverse interpretazioni, per cui sarebbe
necessario un chiarimento per via normativa, si ritiene di interpretarla nel
senso di considerare l'assegnatario dell'abitazione soggetto passivo IMU
solo nella misura in cui l'altro coniuge era soggetto passivo. In altre
parole, si ritiene che la normativa regoli i rapporti IMU solo con riferimento
alle quote di possesso dei coniugi, e non attribuisca, invece, un diritto
reale di abitazione anche nel caso in cui l'abitazione fosse di terzi soggetti e
fosse occupata, ad esempio, in base ad un comodato dei suoceri o in base
ad un contratto di locazione, rispetto al quale il giudice della separazione
dispone il subentro nei confronti del solo coniuge assegnatario
43 3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto
Dubbi…2
Di diverso avviso il Ministero delle Finanze che con ris. min. 5/DF del 28 marzo 2013 ,
ha ritenuto che la locuzione "in ogni caso" dovrebbe prevalere in tutte le ipotesi di
assegnazione della casa coniugale al coniuge disposta dal giudice della separazione,
salvo che il legislatore non abbia disposto diversamente, come nel caso di abitazione
occupata a titolo di locazione, per il quale l' art. 6 della Legge n. 392/1978 prevede che
«nel contratto di locazione succede al conduttore l'altro coniuge, se il diritto di abitare
nella casa familiare sia stato attribuito dal giudice a quest'ultimo». In questa ipotesi,
secondo il Ministero, il legislatore ha previsto direttamente la successione nel contratto
di locazione da parte del coniuge assegnatario, il quale utilizza l'immobile sulla base di
un titolo giuridico diverso da quello del diritto reale di abitazione previsto per l'IMU. Tale
condizione, invece, non si verificherebbe in caso di comodato. Questa conclusione non
appare condivisibile perché anche in caso di abitazione utilizzata in comodato, il giudice
della separazione dispone, ai sensi dell' art. 155-quater Cod. civ. , una successione ex
lege del coniuge assegnatario nell'originario rapporto di comodato (Cass., SS.UU., n.
13603/2004).
44 3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto
Coniugi separati…dal 1/1/2014
Dal 1° gennaio 2014, l'art. 13, co. 2, del D.L. n. 201/2013, prevede la non applicazione dell'IMU "alla casa coniugale assegnata al coniuge, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio".
Rispetto alla previgente formulazione si rileva che l'abitazione assegnata al coniuge sembrerebbe sempre esclusa, anche allorquando questa non sia utilizzata come abitazione principale da parte del coniuge assegnatario. Va specificato che anche con la nuova formulazione l'esclusione dell'IMU deve necessariamente operare con riferimento alle sole quote di possesso degli ex coniugi, mentre l'IMU rimarrà dovuta nel caso in cui l'abitazione sia totalmente o in parte di proprietà di terze persone.
45 3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto
Art. 1. comma 20. Al solo fine di assicurare l'effettività della tutela dei diritti e
il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall'unione civile tra persone
dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le
disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti,
ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti
nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad
ognuna delle parti dell'unione civile tra persone dello stesso sesso. La
disposizione di cui al periodo precedente non si applica alle norme del codice
civile non richiamate espressamente nella presente legge, nonché alle
disposizioni di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184. Resta fermo quanto
previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti.
Il comma 36 si occupa delle coppie di fatto, ma non v’è alcuna equiparazione,
ai fini fiscali, ai coniugi
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
46
Legge Cirinnà à Legge 76/2016 Unioni civili e coppie di fatto
Esteri
Il comune con proprio regolamento poteva assimilare all’abitazione principale anche
quella degli iscritti Airen posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a
condizione che non risulti locata.
Tale possibilità, prevista dall' art. 13, co. 2 del D.L. n. 201/2011 è rimasta in vigore fino
al 2013. L' art. 9-bis del D.L. n. 47/2014, ora prevede, ma a decorrere dal 2015, un
nuovo regime, disponendo che è considerata direttamente adibita ad abitazione
principale una e una sola unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani non residenti
nel territorio dello Stato e iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE), già
pensionati nei rispettivi Paesi di residenza, a titolo di proprietà o usufrutto in Italia, a
condizione che non risulti locata o data in comodato d'uso. La nuova assimilazione,
sebbene più restrittiva, opera ex lege, senza la necessità che venga recepita nel
regolamento comunale. Per quanto riguarda le assimilazioni operate in passato dai
Comuni, queste devono ritenersi inefficaci a seguito della modifica normativa
sopraggiunta che ha abrogato la precedente disposizione fin da subito, senza
prevedere un regime ponte per il 2014. Ciò implica che nel 2014 le abitazioni dei
residenti estero erano da ritenersi tutte assoggettate ad IMU, peraltro con aliquota
ordinaria.
47
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
Chiarimenti ministeriali
Il Ministero delle finanze, con risoluzione n 6/DF del 26 giugno 2015, ha precisato che
l’assimilazione opera anche nei confronti delle pertinenze dell’abitazione, sempre a condizioni
che l’abitazione non sia classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, per le quali
comunque non opera l’assimilazione.
Nella medesima risoluzione il Ministero ha chiarito il requisito del “già pensionati nei rispettivi
Paesi di residenza”. Ad avviso del Ministero la condizione non è rispettata per i titolari di
pensione italiana che sono residenti all’estero e per le pensioni estere erogate da un paese
diverso da quello di residenza. Per quanto attiene alla tipologia di pensione, la norma si
riferisce genericamente al trattamento pensionistico e ciò comporta che si possa
ricomprendere in tale trattamento qualunque tipo di pensione e, quindi, ad esempio, anche
quello di invalidità.
Nel caso in cui il contribuente abbia più immobili in Italia, la scelta di quale di questi è
assimilato all’abitazione principale spetta al contribuente (Risoluzione n. 10/DF del 5
novembre 2015) e conseguentemente non è necessario che l’immobile sia ubicato nello
stesso Comune di iscrizione all’AIRE.
Nella risoluzione n 10/DF si precisa che per quanto riguarda le modalità con cui deve essere
effettuata la scelta da parte del pensionato all’estero dell’immobile da considerare direttamente
adibito ad abitazione principale, questa deve essere effettuata attraverso la presentazione
della dichiarazione di cui al D. M. 30 ottobre 2012 in cui il proprietario dell’alloggio deve anche
barrare il campo 15 relativo alla “Esenzione” e riportare nello spazio dedicato alle
“Annotazioni” la seguente frase: “l’immobile possiede le caratteristiche e i requisiti richiesti dal
comma 2 dell’art. 13 del D. L. n. 201/2011”.
48 3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto
Anziani e disabili in istituto di ricovero
I comuni possono prevedere che ai fini IMU si considera direttamente adibita
ad abitazione principale, con conseguente applicazione dell'aliquota ridotta e
della detrazione, l'unità immobiliare posseduta, a titolo di proprietà o di
usufrutto, da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di
ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che
l'abitazione non risulti locata.
Problema diritto reale di abitazione
49 3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto
Abitazioni in comodato a parenti ante 2016
L' art. 2-bis del D.L. n. 102/2013 , attribuisce ai comuni, limitatamente alla seconda rata
2013, la possibilità di equiparare all'abitazione principale le unità immobiliari e relative
pertinenze, escluse quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/ 8 e A/9, concesse in
comodato dal soggetto passivo dell'imposta a parenti in linea retta entro il primo grado
(padre e figlio) che le utilizzano come abitazione principale. In caso di più unità immobiliari
concesse in comodato dal medesimo soggetto passivo dell'imposta, l'agevolazione di cui
al primo periodo può essere applicata ad una sola unità immobiliare. Ciascun comune
definisce i criteri e le modalità per l'applicazione dell'agevolazione, compreso il limite
dell'indicatore della situazione economica equivalente ISEE) al quale subordinare la
fruizione del beneficio.
La Legge di stabilità per il 2014 ha riformulato la possibilità di assimilare all'abitazione
principale quelle date in comodato, prevedendo che l'assimilazione possa operare «o
limitatamente alla quota di rendita risultante in catasto non eccedente il valore di
euro 500 oppure nel solo caso in cui il comodatario appartenga a un nucleo familiare
con ISEE non superiore a 15.000 euro annui». Si ritiene che le condizioni poste dalla
normativa non siano derogabili con regolamento. Il Comune, può, tuttavia deliberare
un’aliquota agevolata fino ad un minimo di 4,6 per mille, stabilendo le condizioni per
accedere al beneficio.
50 3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto
Comodati 2016
•Dopo un’imbarazzante percorso parlamentare il legislatore interviene sulla
disciplina dei comodati, abrogando, da un lato, la possibilità per i Comuni di
disporre con proprio regolamento l’assimilazione all’abitazione, e, dall’altro lato,
aggiungendo la lettera “0a” (e perché non la lettera c)?) all’art. 13 comma 3 del Dl
n. 201 del 2011, la quale dispone la riduzione del 50% della base imponibile per le
unità immobiliari, fatta eccezione per quelle classificate nelle categorie catastali
A/1, A/8 e A/9, concesse in comodato dal soggetto passivo ai parenti in linea retta
entro il primo grado che le utilizzano come abitazione principale, a condizione che
il contratto sia registrato e che il comodante possieda un solo immobile in Italia e
risieda anagraficamente nonché dimori abitualmente nello stesso comune in cui è
situato l'immobile concesso in comodato.
•La riduzione della base imponibile opera anche nel caso in cui il comodante oltre
all'immobile concesso in comodato possieda nello stesso comune un altro
immobile adibito a propria abitazione principale, a condizione che non sia di lusso.
51 3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto
I comodati
•La riduzione di base imponibile opererà ovviamente anche per la Tasi; il
comodatario non pagherà nulla in quanto trattasi di abitazione principale, mentre il
comodante pagherà la quota a carico del possessore, considerando la base
imponibile ridotta a metà.
•La norma crea non pochi problemi applicativi, soprattutto a causa del generico
riferimento agli “immobili”, categoria questa che in Imu include i fabbricati, i terreni
agricoli e le aree.
•Il termine immobile in Imu ha un significato ben preciso. L’art. 13, comma 2 del Dl
n. 201 del 2011 prevede che il presupposto d’imposta si realizzi con il possesso di
immobili, per la cui definizione si rinvia alla disciplina Ici, dove per immobili si
intendono i fabbricati, i terreni agricoli e le aree fabbricabili.
•Si potrebbe sostenere che il riferimento agli immobili sia atecnico, e che esso
vado riferito alle sole unità immobiliari ad uso abitativo, ma si tratterebbe di
interpretazione estensiva di buon senso, poco adatta però alle norme di
agevolazione che sono soggette ad interpretazione restrittiva e non estensiva.
•Interpretando alla lettera, occorrerebbe escludere dall’agevolazione tutti i
casi in cui il comodante possieda un altro immobile diverso da un
abitazione, come un negozio, un ufficio, un area fabbricabile, un terreno
agricolo.
•Se così è però si possono verificare situazioni a limite della ragionevolezza.
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 52
I comodati
In base ai chiarimenti forniti dal Dipartimento delle finanze a Telefisco 2016,
l’agevolazione spetta se il contribuente possiede (a titolo di proprietà, usufrutto,
superficie, uso o abitazione) al massimo due abitazioni non di lusso, una utilizzata
come propria abitazione principale ed una data in comodato al figlio/padre. A nulla
rileva, pertanto, il possesso di altri fabbricati non abitativi, come un negozio, di
terreni agricoli e di aree fabbricabili. Occorre però precisare che la normativa, nel
prevedere il limite di due abitazioni, non pone limitazioni alla percentuale di
possesso. Pertanto se si possiedono due abitazioni al 50% ed una terza
abitazione allo 0,1%, l’agevolazione non spetta.
La normativa richiede poi che il comodante ed il comodatario abbiano residenza
anagrafica e dimora abituale nello stesso Comune. Pertanto se un contribuente
possiede due abitazioni, una a Milano ed una a Roma, l’agevolazione non spetta.
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 53
Comodati- pertinenze
Per quanto riguarda le pertinenze, occorre considerare che il codice civile prevede che
queste seguono lo stesso regime giuridico del bene principale, se non diversamente
disposto. Per le abitazioni principali, come noto, è diversamente disposto, prevedendo la
norma un vincolo al numero e tipo di pertinenza (un solo C/6, C/2 e C/7). Nel caso dei
comodati, non operando più l’assimilazione all’abitazione principale e non essendo
previsto alcun vincolo, si ritiene che possano accedere alla riduzione della base
imponibile tutte le pertinenze effettivamente concesse in comodato, anche due C/6,
ovviamente a condizione che queste siano indicate nel contratto di comodato.
Il Mef, tuttavia ha fornito con risoluzione del 16/2/2016 una diversa lettura, ritenendo che
permangano i limiti comunque fissati dall’art. 13, comma 2, del Dl n. 201/2011, ovvero nei
limiti di una pertinenza per ciascuna categoria catastale C/2, C/6 e C/7. Tale conclusione
si fonda, ad avviso del Mef, sulla circostanza che il comodatario, per espressa previsione
di legge, deve adibire a propria abitazione principale l’immobile concesso in comodato.
L’interpretazione ministeriale tuttavia non convince, perché comunque non si tratta di
ipotesi di assimilazione all’abitazione principale, come ricordato a proposito del divieto per
i Comuni di continuare a disporre l’assimilazione con regolamento, e non essendo stato
previsto espressamente per legge un numero massimo di pertinenze che possano
accedere alla riduzione del 50% della base imponibile, si deve applicare la norma di
carattere generale stabilita dal codice civile, che prevede lo stesso trattamento giuridico
previsto per il bene principale.
54 3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto
Comodati immobili storici
Per le abitazioni d’interesse storico è già prevista una riduzione del 50% della
base imponibile e tale riduzione si cumula con quella nuova per i comodati.
Pertanto nel caso di abitazione storica concessa in comodato l’imposta sarà
pagata sul 25% della base imponibile.
Risposta Mef Telefisco 2016: Nell’ipotesi di immobile storico o artistico concesso in comodato
le finalità sottese alla concessione dei due benefici non appaiono incompatibili tra loro e, pertanto, il
contribuente versa sul 25% della base imponibile.
Si deve però sottolineare che il cumulo delle due agevolazioni non può realizzarsi se l’immobile
storico o artistico sia accatastato nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9 (castelli, palazzi di eminenti
pregi artistici o storici), poiché la lettera 0A) del comma 3 dell’art. 13 del D. L. n. 201 del 2011 esclude
espressamente la riduzione al 50% della base imponibile per gli immobili classificati nelle anzidette
categorie catastali.
E’ bene anche evidenziare che è ovvio che il cumulo non può operare nel caso di immobile inagibile o
inabitabile dal momento che l’immobile concesso in comodato non può essere adibito a abitazione
presentando le predette caratteristiche.
Vale la pena precisare che le conclusioni appena riportate non si pongono in contrasto con quanto
affermato in un’altra risposta fornita in occasione di Telefisco 2012 in cui si chiedeva se potesse
essere applicato il cumulo della riduzione del 50% in caso di abitazione storica dichiarata inagibile o
inabitabile. Nella risposta a tale quesito è stato escluso il cumulo poiché non appare coerente con la
logica della norma prevedere un’ulteriore agevolazione già insita in quella specificatamente disposta
per questi immobili.
55 3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto
Comodati- fabbricato rurale
Risoluzione 16/2/2016 – Il Mef tratta il caso delle abitazioni rurali ad uso
strumentale, di cui all’art. 9, comma 3-bis el Dl. n. 557/1993, ovvero quelle
destinate ad abitazioni dei dipendenti esercenti attività agricola assunti a tempo
indeterminato o a tempo determinato per un numero di giornate lavorative
superiori a 100. Secondo il Mef, il possesso di detto immobile sebbene abitativo
non preclude l’accesso all’agevolazione, poiché è stato lo stesso Legislatore che,
al verificarsi delle suddette condizioni, lo ha considerato strumentale all’esercizio
dell’agricoltura e non abitativo. Anche questa conclusione non convince
pienamente, perché non si comprende quale sia la differenza tra il fabbricato
abitativo rurale disciplinato dall’art. 9, comma 3, come quello dato in comodato al
soggetto che conduce il terreno, e quello dato in comodato o affitto ai dipendenti
agricoli.
56 3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto
Comodati – Aliquote da utilizzare
•L’aliquota Imu da utilizzare è quella ordinaria, che può arrivare al 10,6 per mille.
•Il Comune, comunque, potrebbe decidere di agevolare con proprie risorse i
comodati, portando l’aliquota al minimo del 4,6 per mille ed azzerando la Tasi,
visto che è fatto divieto nel 2016 di aumentare le aliquote ma non di ridurle.
•Condizione necessaria per accedere all’agevolazione è che il contratto di
comodato sia registrato.
•Ultimo adempimento a carico del comodante è l’obbligo di presentare la
dichiarazione Imu 2016, entro il 30 giugno 2017, a nulla rilevando le precedenti
dichiarazioni o comunicazioni inviate ai Comuni, visto che le condizioni per
l’accesso sono cambiate e la normativa ora prevede espressamente che ai fini
dell’applicazione dell’agevolazione il soggetto passivo deve attestare nella
dichiarazione Imu la sussistenza di tutti i requisiti.
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 57
Comodati - Registrazioni
Il riconoscimento dell’agevolazione è subordinato alla condizione che il
contratto di comodato sia registrato. Occorre distinguere se si è concessa
l’abitazione in comodato con contratto scritto o solo verbale. Nella primo
caso, l’obbligo di registrazione scatta entro 20 giorni, e quindi per poter
beneficiare dell’agevolazione per tutto gennaio, il comodato poteva partire dal
16 gennaio ed essere registrato entro il 5 febbraio, questo perché in Imu si
considera come mese intero quello in cui il possesso si è protratto per
almeno 15 giorni.
58 3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto
Comodato verbale
Con la risposta fornita a Cna si è affrontato il problema del termine entro il quale
registrare il contratto di comodato verbale.
Per i contratti di comodato verbali non c’è in generale alcun obbligo di
registrazione, ma se si vuole accedere all’agevolazione Imu occorre registrarlo.
Per il Mef, essendo un adempimento nuovo, la registrazione può essere fatta
entro il 1° marzo, nel rispetto dello Statuto del Contribuente che impone di non
fissare obblighi tributari prima del sessantesimo giorno dall’entrata in vigore della
norma che li prevede.
Quindi si possono registrare anche contratti stipulati 3 anni prima e la decorrenza
è sempre dal 1° di gennaio 2016.
Poi il Mef cambia ancora idea
59 3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto
Caos registrazione verbale (risposta Mef 8/4/2016 Confedilizia)
60 3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto
Comodati -registrazione
Per avere il beneficio fin dal 1/1/2016 si poteva registrare il comodato entro
il 4/2/2016, ovvero entro 20 giorni dal 15/1/2016 (anzi si potrebbe passare al
16).
Posso registrare tardivamente il comodato?
61 3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto
Termine di regolarizzazione Sanzione ridotte con ravvedimento
importo sanzione ridotta
Ritardo fino a 30 giorni Sanzione pari ad 1/10 di 200 euro
20,00
Ritardo da 31 a 90 giorni Sanzione del 12% (1/10 di 120%) 24,00
Ritardo da 91 giorni ad un anno Sanzione del 15% (1/8 di 120%) 30,00
Ritardo oltre l’anno ma entro 2 anni Sanzione del 17,14% (1/7 del 120%)
34,29
Ritardo oltre 2 anni Sanzione del 20% (1/6 del 120% 40,00
Le agevolazioni per gli affitti concordati
•Doppia agevolazione per gli affitti concordati. Ai fini Imu, il comma 53 della legge n. 208 del
2015 aggiunge all’art. 13 del Dl n. 201 del 2011 il comma 6-bis, a mente del quale “per gli
immobili locati a canone concordato di cui alla legge 9 dicembre 1998, n. 431, l’imposta,
determinata applicando l’aliquota stabilita dal comune ai sensi del comma 6, è ridotta al 75 per
cento”.
•Ai fini Tasi, il comma 54 modifica il comma 678 della legge n. 147 del 2013, prevedendo analoga
riduzione.
•La norma fa riferimento all’aliquota applicata dai Comuni, quindi se è stata deliberata nel 2015
un’aliquota agevolata, la riduzione opererà sull’imposta determinata con la suddetta aliquota.
•Molti enti hanno deliberato riduzioni di aliquote solo con riferimento a determinate ipotesi, come
quella relativa ad immobili locati a canone concordato a soggetti che la utilizzano come
abitazione principale, e ciò in continuità con il passato. In tale ipotesi, i concordati che soddisfano
le condizioni per l’applicazione dell’aliquota agevolata corrisponderanno il 75% dell’imposta
calcolata con tale aliquota, mentre gli alti concordati corrisponderanno il 75% dell’imposta
calcolata con l’aliquota ordinaria.
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 62
Problemi di stima
•Per quanto riguarda la compensazione della minore entrata per i Comuni, va
evidenziato che nella relazione governativa si è stimata una perdita di gettito pari a
81,14 milioni di euro. La stima è stata operata considerando gli immobili indicati in
dichiarazione dei redditi con codice utilizzo “8” . Ciò porta a ritenere che il Governo
abbia enormemente sottostimato la perdita di gettito comunale, in quanto il codice
utilizzo “8” deve essere inserito per l’immobile locato con contratto concordato che
insiste in uno dei Comuni ad alta intensità abitativa, mentre occorre utilizzare il
codice utilizzo “3” per l’immobile locato in regime di libero mercato o “patti in
deroga”, oppure concesso in locazione a canone “concordato” in mancanza dei
requisiti relativi al codice ‘8’. •Le agevolazioni per i Comuni ad alta intensità abitativa si applicano:
• nei comuni di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e
Venezia, nonché nei comuni confinanti con gli stessi;
• negli altri comuni capoluoghi di provincia;
• nei comuni, considerati ad alta tensione abitativa, individuati nella delibera CIPE 30 maggio 1985,
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 143 del 19 giugno 1985, non compresi nei punti precedenti;
• nei comuni di cui alla delibera CIPE 8 aprile 1987, n. 152, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 93
del 22 aprile 1987, non compresi nei punti precedenti;
•nei comuni di cui alla delibera CIPE 13 novembre 2003, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 40 del
18 febbraio 2004, non compresi nei punti precedenti;
•nei comuni della Campania e della Basilicata colpiti dagli eventi tellurici dei primi anni ottanta.
•Il CIPE provvede ogni 24 mesi all’aggiornamento dell’elenco dei comuni ad alta densità abitativa.
3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto 63
Gli imbullonati
•Il comma 21 della legge n. 208 del 2015 detta i nuovi criteri per la
valorizzazione degli impianti nella rendita catastale.
•A decorrere dal 1° gennaio 2016, la determinazione della rendita catastale
degli immobili a destinazione speciale e particolare, censibili nelle categorie
catastali dei gruppi D ed E, è effettuata, tramite stima diretta, tenendo conto
del suolo e delle costruzioni, nonché degli elementi ad essi
strutturalmente connessi che ne accrescono la qualità e l'utilità, nei limiti
dell'ordinario apprezzamento. Sono esclusi dalla stessa stima diretta i
macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico
processo produttivo.
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 64
Gli imbullonati
•Per gli immobili già accatastati il comma 22 prevede che a decorrere dal 1°
gennaio 2016, gli intestatari catastali degli immobili possono presentare atti di
aggiornamento mediante Docfa per la rideterminazione della rendita
catastale degli immobili già censiti.
•Il successivo comma 23 chiarisce che se il Docfa è presentato entro il 15
giugno 2016 la nuova rendita proposta può essere utilizzata per pagare
l’intera Imu 2016. La norma infatti chiarisce che in questo caso le nuove
rendite hanno effetto dal 1° gennaio 2016, “in deroga” all’art. 13, comma 4 del
Dl n. 201 del 2011, ovvero in deroga alla norma che stabilisce che per
determinare la base imponibile Imu occorre far riferimento alle rendite
catastali vigenti al 1° gennaio. Si tratta, quindi, di revisione della rendita e non
di rettifica della stessa, con la conseguenza che per tutti i Docfa presentati
dal 16 giugno 2016 in poi la nuova rendita avrà efficacia dal 1° gennaio
successivo a quello di iscrizione in catasto.
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 65
Gli imbullonati
•Nella relazione illustrativa alla legge di stabilità si richiamano le stime
operate dall’Agenzia delle entrate, in base alle quali il valore degli impianti
valorizzati nelle rendite catastali ha un’incidenza media del 18%
dell’ammontare complessivo delle rendite dei fabbricati di categoria D/1 e
D/7. La riduzione di rendita per tali fabbricati è stimata in circa 766 milioni di
euro, ai quali sono aggiunti ulteriori 95 milioni di euro di riduzioni per le altre
categorie D. Il mancato gettito per i Comuni viene stimato in 155 milioni
annuali.
•Per il 2016 il contributo annuale di 155 milioni è stato ripartito sulla base
delle variazioni di rendita presentate entro il 15 giugno 2016. A tal fine,
l’Agenzia delle entrate ha comunicato al Ministero dell’economia, per ciascun
immobile, la nuova rendita e quella originaria, ed il Ministero dell’economia, di
concerto con l’Interno, ha ristorato per intero la perdita di gettito registrata dai
Comuni.
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 66
Gli imbullonati
“A decorrere dall’anno 2017” il contributo annuo di 155 milioni di euro è
invece ripartito con decreto da emanarsi entro il 30 giugno 2017 sulla base
delle variazioni complessivamente proposte nel corso del 2016, che saranno
comunicate dall’Agenzia delle entrate al Ministero dell’economia entro il 31
marzo 2017.
Quindi, sembra potersi affermare che il contributo annuo sarà ripartito tra i
Comuni esclusivamente sulla base delle modifiche di rendita richieste nel
corso del 2016, restando ininfluenti quelle presentate dal 2017 in poi.
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 67
La circolare AE
L’Agenzia delle entrate con la circolare n. 2 del 1° febbraio 2016 ha chiarito la
sua visione della norma.
Dalla lettura di tale disposizione, si evince che le componenti costituenti
l’unità immobiliare urbana possono essere sostanzialmente distinte, in
funzione della rilevanza nella stima catastale, nelle seguenti quattro
categorie:
1) il suolo;
2) le costruzioni;
3) gli elementi strutturalmente connessi al suolo o alle costruzioni che ne
accrescono la qualità e l’utilità;
4) le componenti impiantistiche, di varia natura, funzionali ad uno specifico
processo produttivo.
68 3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto
La circolare AE
Quanto al “suolo” (punto 1) – componente da includere nella stima catastale – non
emergono particolari problematiche per la sua individuazione, trattandosi essenzialmente
della porzione di terreno su cui ricade l’unità immobiliare, così come rappresentata negli
elaborati grafici catastali, redatti nel rispetto delle disposizioni regolanti la materia. Esso è
rappresentato, di norma, da aree coperte, sedime delle costruzioni costituenti l’unità
immobiliare, e da aree scoperte, accessorie e pertinenziali.
Alla categoria “costruzioni” (punto 2) – anch’esse da includere nella stima catastale –
afferisce qualsiasi opera edile avente i caratteri della solidità, della stabilità, della
consistenza volumetrica, nonché della immobilizzazione al suolo, realizzata mediante
qualunque mezzo di unione, e ciò indipendentemente dal materiale con cui tali opere
sono realizzate.
A titolo esemplificativo, rientrano in tale categoria i fabbricati, le tettoie, i pontili, le gallerie,
le opere di fondazione e di supporto in genere, così come quelle di sbarramento,
approvvigionamento, contenimento e restituzione di materiali solidi, liquidi e gassosi,
quali le dighe e le opere di presa e di scarico delle acque, i canali, i serbatoi, le cisterne e
le vasche, le torri, le ciminiere e i pozzi, che siano posti a monte e a valle dei processi
produttivi svolti all’interno delle unità immobiliari in argomento.
69 3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto
La circolare AE
Il disposto normativo in esame prevede, altresì, l’inclusione nella stima catastale
anche di quegli “elementi strutturalmente connessi al suolo o alle costruzioni che
ne accrescono la qualità e l’utilità” (punto 3).
Trattasi di quelle componenti che, fissate al suolo o alle costruzioni con qualsiasi
mezzo di unione, anche attraverso le sole strutture di sostegno - in particolare
quando le stesse integrano parti mobili - risultano caratterizzate da una utilità
trasversale ed indipendente dal processo produttivo svolto all’interno
dell’unità immobiliare. Le componenti così caratterizzate conferiscono
all’immobile una maggiore fruibilità, apprezzabile da una generalità di utilizzatori e,
come tali, ordinariamente influenti rispetto alla quantificazione del reddito
potenzialmente ritraibile dalla locazione dell’immobile, ossia della relativa rendita
catastale.
Tra tali elementi strutturalmente connessi sono da ricomprendere, ad esempio, gli
impianti elettrici, idrico-sanitari, di areazione, di climatizzazione e
condizionamento, di antincendio, di irrigazione e quelli che, sebbene integranti
elementi mobili, configurino nel loro complesso parti strutturalmente connesse al
suolo o alle costruzioni, quali gli ascensori, i montacarichi, le scale, le rampe e i
tappeti mobili, analogamente ai criteri seguiti nell’ambito degli immobili censiti
nelle categorie dei gruppi ordinari. Del pari, rientrano in tale categoria i pannelli
solari integrati sui tetti e nelle pareti, che non possono essere smontati senza
rendere inutilizzabile la copertura o la parete cui sono connessi.
70 3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto
La circolare AE
Il secondo periodo della disposizione in esame dispone, espressamente, l’esclusione
dalla stima catastale di “macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti,
funzionali allo specifico processo produttivo” (punto 4). Si tratta di quelle
componenti, di natura essenzialmente impiantistica, che assolvono a specifiche
funzioni nell’ambito di un determinato processo produttivo e che non conferiscono
all’immobile una utilità comunque apprezzabile, anche in caso di modifica del
ciclo produttivo svolto al suo interno. Tali componenti sono, pertanto, da escludere
dalla stima, indipendentemente dalla loro rilevanza dimensionale.
Centrali di produzione di energia e stazioni elettriche. Non sono più oggetto di stima le
caldaie, le camere di combustione, le turbine, le pompe, i generatori di vapore a
recupero, gli alternatori, i condensatori, i compressori, le valvole, i silenziatori e i
sistemi di regolazione dei fluidi in genere, i trasformatori e gli impianti di sezionamento,
i catalizzatori e i captatori di polveri, gli aerogeneratori (rotori e navicelle), gli inverter e
i pannelli fotovoltaici, ad eccezione, come detto, di quelli integrati nella struttura e
costituenti copertura o pareti di costruzioni
71 3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto
La circolare AE
Industrie manifatturiere. Sono esclusi dalla stima tutti i macchinari, le attrezzature e gli
impianti costituenti le linee produttive, indipendentemente dalla tipologia considerata. Tra
questi, ad esempio, i sistemi di automazione e propulsione, le pompe, i motori elettrici, i
carriponte e le gru, le apparecchiature mobili e i sistemi robotizzati, le macchine continue,
nonché i macchinari per la miscelazione, la macinazione, la pressatura, la formatura, il taglio,
la tornitura, la laminazione, la tessitura, la cottura e l’essicazione dei prodotti.
Nell’industria siderurgica sono, così, da escludere dalla stima diretta anche gli impianti
costituenti altoforni.
Parimenti, nei siti destinati alla raffinazione dei prodotti petroliferi sono esclusi dalla stima, ad
esempio, i forni di preriscaldamento, le torri di raffinazione atmosferica o sotto vuoto, gli
impianti destinati ai processi di conversione (cracking) o di miglioramento della qualità dei
prodotti della raffinazione (reforming, desolforazione, isomerizzazione, alchilazione, ecc.),
nonché gli impianti per il trattamento dei fumi e delle acque.
Impianti di risalita. Oltre a non considerare le funi, i carrelli, le sospensioni e le cabine – che
fanno specificatamente parte della componente mobile del trasporto – sono, altresì, esclusi
dalla stima i motori che azionano i sistemi di trazione, anche se posti in sede fissa.
Rimangono, conseguentemente, comprese nella stima solamente il suolo e le costruzioni
costituenti le stazioni di valle e di monte, unitamente agli impianti di tipo civile ad esse
strutturalmente connessi.
Parchi divertimento. Sono escluse dalla stima catastale le attrazioni costituite da strutture
che integrano parti mobili. Non così, invece, per le piscine, i cinema, le arene, che si
configurano, per quanto precedentemente detto, come vere e proprie costruzioni e, quindi,
come tali, da includere nella stima catastale.
72 3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto
Immobili merce
Con l' art. 2 del D.L. n. 102/2013 , si dispone l'esclusione della seconda rata per gli immobili
merce e si consolida l'agevolazione attraverso la sostituzione del co. 9-bis dell' art. 13 del D.L.
n. 201/2011 , che ne dispone l'esenzione a decorrere dal 1° gennaio 2014.
Per quanto riguarda l'ambito applicativo si evidenzia che dal punto di vista soggettivo i
destinatari sono le imprese costruttrici, ovvero quelle titolari del permesso di costruire.
Rimangono quindi escluse le imprese immobiliari che gestiscono o compravendono gli
immobili. Gli immobili oggetto di agevolazione sono fabbricati costruiti e destinati alla vendita.
Si deve trattare di fabbricati alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività d'impresa;
tali fabbricati, in qualità di merci, sono contabilizzati in bilancio a costi, ricavi e rimanenze, a
differenza di quelli strumentali che sono iscritti tra le immobilizzazioni. L'agevolazione
riguarda solo i fabbricati costruiti e non quindi l'area fabbricabile, che sarà soggetta
all'aliquota ordinaria. L'agevolazione si renderà applicabile dalla data di ultimazione dei lavori
di costruzione e comunque, se antecedente, dalla data di accatastamento. La norma
presuppone che il fabbricato non debba essere locato, pertanto in caso di fabbricato dato in
comodato il diritto all'agevolazione rimane. Anche nel caso di fabbricato che dopo essere stato
locato torna ad essere libero, si ritiene che l'agevolazione spetti, trattandosi di fabbricato
ancora destinato alla vendita- contrasto interpretativo
73 3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto
Con riferimento ai fabbricati costruiti dalle cooperative edilizie, l’IFEL, con nota del 28 maggio 2015, ha ritenuto
che queste non possono qualificarsi come “impresa costruttrice”. Ad avviso di IFEL, inoltre, gli immobili realizzati
dalla cooperativa edilizia sono destinati non alla vendita, bensì al soddisfacimento delle esigenze abitative dei
soci.
Di segno opposto invece la risoluzione 5 novembre 2015, n. 9/DF. Il Ministero delle Finanze ritiene che le
cooperative edilizie possano essere considerate “imprese costruttrici” e ciò lo si desumerebbe da numerosi
interventi di prassi amministrativa, come la circolare 11 luglio 1996, n. 182/E emanata dall’Agenzia delle Entrate,
la quale, nel “precisare il regime di tassazione cui sono sottoposte le assegnazioni di alloggi a soci da parte di
cooperative edilizie a proprietà divisa”, ha chiarito che “… nella categoria delle imprese costruttrici rientrano a
pieno titolo le cooperative edilizie che costruiscono, anche avvalendosi di imprese appaltatrici, alloggi da
assegnare ai propri soci”. Ad avviso del Ministero i documenti di prassi hanno trovato conferma anche nella
giurisprudenza di legittimità, come Cass., sent. 5 giugno 2014, n. 12675, nella quale si afferma che “ai fini
dell’applicazione del regime di responsabilità previsto dall’art. 1669 Cod. civ., riveste la qualità di costruttore-
venditore la cooperativa edilizia che ha assegnato ai soci prenotatari unità immobiliari di un complesso
condominiale, realizzandosi, in tal caso, un trasferimento della proprietà a titolo oneroso, nonostante
l’equivalenza del corrispettivo al prezzo della costruzione e l’assenza di profitto della cooperativa”.
Il contrasto tra IFEL e Dipartimento delle Finanze alimenterà sicuramente del contenzioso, anche se qui va
evidenziato che la tesi ministeriale si poggia tutta sul ricorso all’analogia di quanto stabilito per altri tributi, e tale
operazione è preclusa nell’applicazione delle norme di agevolazione. Inoltre, nel caso delle cooperative
sembrano del tutto assenti i requisiti oggettivi richiesti dalla norma per l’applicazione dell’esenzione IMU - ovvero
che il fabbricato sia stato costruito da impresa costruttrice e sia di proprietà della stessa e che lo stesso non risulti
locato e sia destinato alla vendita - perché nell’oggetto sociale delle cooperative non c’è la vendita di fabbricati
ma il soddisfacimento dei bisogni abitativi dei soci e trattandosi di norma di esenzione non si può ricorrere
all’analogia equiparando le cooperative edilizie alle imprese di costruzione che hanno come oggetto sociale la
vendita di fabbricati a terzi.
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
74
Immobili merce coop edilizie
Va anche rammentato che l’esenzione soggiace, a pena di decadenza, alla presentazione della
dichiarazione. L’esenzione, infatti era originariamente prevista dall’art. 2 del Dl n. 102 del 2013,
ed il comma 5-bis di tale articolo prevedeva, e prevede tutt’oggi, che l’esenzione è subordinata
alla presentazione a pena di decadenza della dichiarazione Imu.
Trattandosi di adempimento previsto a pena di decadenza non è possibile ravvedere l’omessa
presentazione della dichiarazione, e nel caso di omissione della stessa, pur se esistano le altre
condizioni previste dalla normativa, l’esenzione non può essere riconosciuta.
La circostanza che la dichiarazione sia a pena di decadenza non implica che se non presentata
per un anno non possa essere presentate per gli anni successivi.
Al riguardo occorre ricordare che “a ciascuno degli anni solari corrisponde un autonoma
obbligazione tributaria” (art. 9, comma 2 del D.lgs. n. 23/2011). Pertanto, se il contribuente ha
omesso di presentare la dichiarazione per il 2014 non ha diritto all’esenzione, ma se per gli stessi
immobili, sussistendo ancora la condizione di “beni merce”, è stata presentata dichiarazione Imu
entro il 30 giugno 2016 per l’anno 2015, il contribuente ha diritto a non pagare l’imposta 2015.
Quindi entro il 30 giugno 2017 può essere presentata la dichiarazione 2016 e può essere anche
chiesto il rimborso di quanto pagato in quell’anno.
3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto 75
Obbligo presentazione dichiarazione a pena di decadenza
La normativa prevede l’esenzione a condizione che i fabbricati “non siano in ogni caso
locati”,. Sulla base di tale precisazione qualcuno ritiene che se l’immobile risulta locato
anche per un solo mese, l’esenzione in quell’anno non spetta.
Al riguardo va evidenziato che non risultano prese di posizioni “ufficiali” del Ministero delle
finanze, benché come noto le circolari non siano vincolanti né per il contribuente né per il
Comune impositore. L’unico accenno di parere ministeriale lo si rinviene in una risposta
fornita all’interno dell’iniziativa promessa dal “Il Sole 24Ore” denominata Telefisco 2014,
apparsa sul quotidiano del 3 febbraio 2014, a pagina 19.
D I fabbricati delle imprese costruttrici sono esenti da Imu se destinati alla vendita e non
locati (DL n.102/2013). Si ritiene che l'impresa costruttrice non debba avere per oggetto
esclusivo o principale la costruzione dei fabbricati medesimi. Se un fabbricato viene locato
per una parte del periodo di imposta è esente da Imu per i mesi in cui non risulta locato? E
se viene usato temporaneamente dall'impresa stessa pur essendo destinato alla vendita?
R La norma di esenzione Imu di cui al comma 9-bis dell'articolo 13 del Dl n. 201 del 2011,
prevede espressamente che a decorrere dal 1° gennaio 2014 sono esenti dall'imposta i
fabbricati costruiti e destinati dall'impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga
tale destinazione e non siano in ogni caso locati. Come si evince dal tenore letterale della
norma è escluso ogni caso di locazione e utilizzazione, anche temporanea, da parte
dell'impresa.
3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto 76
Cosa vuol dire non locati?
Sul punto si registra, invero, anche una presa di posizione di Anci Emilia Romagna, che è
intervenuta sul tema in questione con circolare prot. 147 del 19 settembre 2013.
L’Anci rileva al riguardo quanto segue:
La norma presuppone che il fabbricato non debba essere locato, pertanto in caso di
fabbricato dato in comodato il diritto all’agevolazione rimane.
Anche nel caso di fabbricato che dopo essere stato locato torna ad essere libero, si ritiene
che l’agevolazione spetti, trattandosi di fabbricato ancora destinato alla vendita.
In generale, l’agevolazione può essere concessa fintanto che il fabbricato non è locato.
Pertanto, nel caso di locazione iniziata o cessata in corso d’anno, il contribuente dovrà
limitare l’agevolazione ai soli mesi in cui il fabbricato è risultato non locato, considerando
per intero il mese durante il quale la condizione si è protratta per almeno quindici giorni.
Se, ad esempio, il fabbricato cessa di essere locato il 14 dicembre 2013, occorrerà versare
il saldo calcolando l’imposta dovuta per 5 mesi.
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
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Cosa vuol dire non locati?
Si ritiene che la lettura più aderente al dettato della norma sia quella fornita da Anci Emilia Romagna, in quanto la normativa non prevede espressamente che l’esenzione operi a condizione che l’immobile risulti non locato per l’intero anno ed è principio generale dell’Imu (art. 9, comma 2 del D.lgs. n. 23 del 2011) che l’imposta vada liquidita considerando i mesi di possesso, considerando per intero il mese in cui il possesso si è protratto per almeno 15 giorni.
Peraltro, la normativa Imu subordina altre agevolazioni alla condizione che il fabbricato non sia locato, come nel caso degli immobili posseduti dai residenti esteri o dagli anziani che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero (art. 13, comma 2 del Dl n. 201 del 2013) ed anche in questi casi non si è mai dubitato che occorra far riferimento ai mesi duranti i quali si verifica la condizione.
.
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
78
Cosa vuol dire non locati?
Immobili merce e TASI
•Per gli immobili merce il comma 14, lett. c) della legge n. 208 del 2015
modifica il comma 678 della legge n. 147 del 2013 prevedendo che ai fini Tasi
per i fabbricati costruiti e destinati dall'impresa costruttrice alla vendita,
fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati,
l'aliquota è ridotta allo 0,1 per cento, con possibilità per i Comuni di
modificare la suddetta aliquota, in aumento, sino allo 0,25 per cento o, in
diminuzione, fino all'azzeramento.
•Ciò implica che nell’ipotesi in cui il Comune abbia deliberato per il 2015
un’aliquota superiore a 2,5 per mille, questa deve intendersi
automaticamente ridotta alla misura massima consentita dalla legge,
indipendentemente dal fatto che il Comune provveda a modificare al ribasso,
nel 2016, l’aliquota deliberata per l’anno prima.
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 79
Leasing – contenzioso milionario
Per l’Imu, l’art. 9, co. 1 del D.lgs. n. 23/2011 prevede che per “gli immobili, anche da costruire o
in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria, soggetto passivo è il locatario a
decorrere dalla data della stipula e per tutta la durata del contratto”. La norma è identica a quella
dell’Ici, per la quale non si sono mai avuti dubbi sul fatto che la soggettività passiva era
direttamente collegata all’esistenza di un valido contratto di locazione finanziaria.
Nell’Imu il contenzioso è stato innescato dalla circolare di Assilea (Associazione italiana leasing)
del 2 novembre 2012, nella quale si sostiene che in caso di risoluzione anticipata o di mancato
esercizio del diritto di opzione finale (riscatto) del contratto di locazione finanziaria, la società di
leasing dovrà presentare la dichiarazione Imu entro 90 giorni dalla data di riconsegna del bene,
comprovata dal verbale di consegna, così come riportato nel paragrafo 1.4 delle istruzioni
ministeriali alla compilazione della dichiarazione Imu. Ad avviso di Assilea la precisazione riportata
nelle istruzioni ministeriali “riveste particolare importanza in quanto chiarisce inequivocabilmente
che il locatario è soggetto passivo Imu anche nelle particolari situazioni in cui, nonostante sia
intervenuta la risoluzione del contratto oppure il bene non sia stato riscattato a fine locazione, il
bene non sia stato ancora riconsegnato alla società di leasing”.
Di diverso avviso invece l’Ifel, che con la nota del 4 novembre 2013 rileva che la mancata
riconsegna del bene è del tutto ininfluente ai fini della individuazione del soggetto passivo, non
solo in base al chiaro disposto delle norme primarie ma anche in base ai documenti di prassi dello
stesso Ministero dell’economia, come la circolare 3/DF del 2012. Secondo Ifel appare del tutto
incongruo ritenere che il Ministero abbia voluto, in contrasto con la lettera della norma, sostenere
attraverso un passaggio delle istruzioni alla dichiarazione Imu che la soggettività passiva sia
condizionata non dalla risoluzione contrattuale, ma dalla eventuale riconsegna tardiva.
Sul tema controverso è intervenuto anche il Garante del contribuente della regione Emilia
Romagna che con risoluzione 16 gennaio 2014, n. 1972 ha sostanzialmente aderito alla tesi di
Ifel.
80 3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto
Leasing – contenzioso milionario
Con l’introduzione della Tasi, la problematica si è aggrovigliata ancora di più, visto
che l’art. 1, co. 672, della legge n. 147/2013, prevede che in «caso di locazione
finanziaria, la Tasi è dovuta dal locatario a decorrere dalla data della stipulazione e
per tutta la durata del contratto; per durata del contratto di locazione finanziaria
deve intendersi il periodo intercorrente dalla data della stipulazione alla data di
riconsegna del bene al locatore, comprovata dal verbale di consegna».
Attraverso un’interpretazione analogica di tale norma alcune commissioni tributarie
hanno ritenuto che anche per l’Imu la soggettività passiva si trasferisce solo con la
riconsegna del fabbricato. Al riguardo, va tuttavia rilevato che il Mef in una risposta
a Telefisco 2016, riguardante l’applicazione della Tasi con riferimento alle procedure
fallimentari, ha ritenuto che trattandosi di norme di carattere eccezionale non si
ritiene che “in mancanza di un’espressa previsione normativa possa essere
applicato il principio dell’analogia”.
Sul lato contenzioso, mentre inizialmente le Ctp hanno prodotto sentenze
contrastati, le Ctr sembrano, da quello che consta, uniformemente indirizzate ad
accogliere la tesi comunale (Ctr dell’Aquila, sentenza n. 1463/2015 del 22/12/2015;
Ctr di Milano, sentenze n. 1343/2016 del 9/3/2016 e n. 1599/2016 del 17/3/2016).
81 3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto
Leasing – contenzioso milionario
In particolare, nelle sentenze di Milano si rileva che gli elementi costitutivi di
ogni tributo sono stabiliti direttamente nella legge istitutiva, sicché non è
possibile applicare per analogia quanto previsto per la Tasi anche all’Imu.
Inoltre, il fatto costitutivo del prelievo tributario delle due imposte è diverso,
rilevando nella Tasi anche la mera detenzione. Infine, si rileva che sarebbe
incongruo far dipendere la soggettività passiva di un tributo dalla condotta
contrattuale e processuale del locatore e del locatario, che costituiscono
comunque situazioni temporanee ed a conoscenza esclusiva delle parti private,
non idonee a fondare la soggettività passiva di un tributo.
La parola passa ora alla Corte di Cassazione.
82 3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto
Leasing – contenzioso milionario
Leasing – contenzioso milionario
In realtà la disciplina Imu non può subire alcuna interferenza da quanto stabilito ai
fini Tasi e ciò non solo per il divieto di interpretazione per via analogica ma
soprattutto perché esiste un divieto normativo espresso.
L’art. 1, comma 703 della legge n. 147 del 2013 ha, infatti, disposto che
“l’istituzione della Iuc lascia salva la disciplina per l’applicazione dell’Imu”.
Tale norma concretizza uno sbarramento tra la disciplina Imu e le altre imposte
racchiuse nell’acronimo Iuc (Tasi e Tari), sicché la tesi, pur avanzata, che essendo
Tasi ed Imu inclusi nella Iuc siano soggetti alla stessa disciplina, appare del tutto
inconsistente, oltre che illegittima.
Il comma 703 citato, quindi, vieta di applicare norme specifiche previste
espressamente solo per la Tasi anche all’Imu, e questo dovrebbe essere
sufficiente ad abbandonare la tesi di chi addirittura vede la disposizione dettata ai
fini Tasi in merito alla durata del contratto di leasing come norma d’interpretazione
autentica dell’Imu.
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
83
Appare quanto meno singolare la tesi di chi vede nella disciplina Tasi una
norma di interpretazione della disciplina Imu!
Inoltre occorre considerare che i presupposti dell’imposizione sono diversi,
In quanto quello Imu si concretizza con il possesso di immobili, mentre quello
Tasi con il possesso e «la detenzione» a qualsiasi titolo, come per la Tari.
Ed è anche legittimo pretendete il pagamento della Tari e della Tasi da chi
occupa «abusivamente» l’immobile in leasing.
Che si tratta di tributi profondamenti diversi lo si evince dalla finalità della Tasi
che è diretta a dare copertura ai servizi indivisibili del Comune, vincolo così
forte che il Comune in sede di approvazione delle aliquote deve anche
indicare il costo dei servizi indivisibili che saranno coperti con l’entrata tasi.
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
84
Leasing considerazioni
Ricordiamo quali sono gli oggetti da dichiarare a pena di
decadenza-art. 2 dl 102/2013
1) Immobili merce
2)Alloggi sociali
3)Alloggi cooperative edilizie a proprietà indivisa adibite ad
abp dei soci
4)Esenzione immobili per ricerca scientifica
5)Immobili forze armate
Art. 2 , 5-bis. Ai fini dell'applicazione dei benefici di cui al presente articolo, il
soggetto passivo presenta, a pena di decadenza entro il termine ordinario
per la presentazione delle dichiarazioni di variazione relative all'imposta
municipale propria, apposita dichiarazione, utilizzando il modello ministeriale
predisposto per la presentazione delle suddette dichiarazioni, con la quale
attesta il possesso dei requisiti e indica gli identificativi catastali degli
immobili ai quali il beneficio si applica. Con decreto del Ministero
dell'economia e delle finanze sono apportate al predetto modello le
modifiche eventualmente necessarie per l'applicazione del presente comma
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
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Fabbricati rurali
La normativa IMU ha attratto ad imposizione i fabbricati rurali strumentali
per il solo anno 2012.
Poiché il presupposto dell'IMU è il possesso di immobili di cui all' art. 2
della normativa ICI, il legislatore ha abrogato, a decorrere dal 1° gennaio
2012, l' art. 23 , co. 1-bis, D.L. n. 207/2008 , il quale disponeva, con
norma di interpretazione autentica, che "non si considerano fabbricati le
unità immobiliari, anche iscritte o iscrivibili nel catasto fabbricati" per le
quali ricorrono i requisiti di ruralità ( art. 9 , D.L. 30 dicembre 1993, n.
557 ).
3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto 86
Fabbricati rurali ed Imu
In generale la normativa IMU prevede un regime agevolativo, sotto forma di aliquota
massima pari al 2 per mille, riducibile dal comune fino all'1 per mille, solo con
riferimento ai fabbricati rurali strumentali, così come definiti dall' art. 9 , co. 3-bis, D.L.
n. 557/1993 . Per le abitazioni rurali, definite dall' art. 9 , co. 3, D.L. n. 557/1993 , non
sono previste agevolazioni, per cui, se il fabbricato rurale è anche abitazione
principale del possessore sconterà l'aliquota ridotta prevista per l'abitazione
principale, diversamente, come nel caso di abitazione data in affitto unitamente al
terreno, sconterà l'aliquota ordinaria.
L' art. 2 , co. 5-ter, D.L. n. 102/2013 dispone, con norma di interpretazione
autentica, che le domande di variazione catastale presentate ai sensi dell' art. 7
, co. 2-bis, D.L. n. 70/2011 , con l'inserimento dell'annotazione circa la sussistenza
dei requisiti di ruralità negli atti catastali, producono gli effetti previsti per il
riconoscimento del requisito di ruralità di cui all' art. 9 del D.L. n. 557/1993 a
decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda.
L' art. 1 del D.L. n. 102/2013 ha disposto per i fabbricati rurali la soppressione della
prima rata IMU dovuta per il 2013.
L' art. 1 del D.L. n. 133/2013 ha disposto limitatamente ai fabbricati rurali strumentali,
esclusi quindi quelli abitativi, la soppressione del saldo.
Dal 1° gennaio 2014 i fabbricati rurali strumentali sono esclusi dall'imposizione,
mentre rimangono assoggettati, in base all'aliquota ordinaria, i fabbricati rurali
abitativi, salvo che non siano abitazione principale del possessore.
3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto 87
Art. 9, comma 8 del D.lgs. N. 23/2011
Sono altresì esenti i fabbricati rurali ad uso strumentale di cui
all'articolo 9, comma 3-bis, del decreto-legge 30 dicembre 1993,
n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio
1994, n. 133, ubicati nei comuni classificati montani o
parzialmente montani di cui all'elenco dei comuni italiani
predisposto dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT). (43);
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
88
Fabbricati rurali montani
Acconto 2013
Arti 1 del Dl n. 102/2013- Per l'anno 2013 non è dovuta la prima rata dell‘Imu relativa
agli immobili di cui all’art. 1, co. 1 del Dl n. 54/2013, norma questa che prevedeva tra
l’altro la sospensione del versamento per terreni agricoli e fabbricati rurali di cui all’art.
13, commi 4, 5 e 8 del Dl n. 201/2013
Il co. 4, si riferisce alla determinazione del valore di tutti i fabbricati (indica i moltiplicatori)
Il co. 5, si riferisce alla determinazione del valore dei terreni
Il co. 8, si riferisce all’aliquota per i fabbricati strumentali
Tuttavia la RT quantifica gli effetti finanziari negativi derivanti dall'abolizione della prima rata
IMU per le categorie di immobili indicate, utilizzando i dati di gettito riferiti all'esercizio 2012.
Si tratterebbe di un importo complessivo pari a 2.396,2 mln, suddivisi come illustra la tabella
che segue.
3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto 89
Le nuove norme sull’esenzione dei terreni agricoli
Con i commi 10 e 13 LS 2016 viene completamente ridisciplinata la tassazione dei
terreni agricoli ai fini IMU. In particolare dal 2016 sono esonerati i terreni agricoli:
1. posseduti e condotti da coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali
di cui all’art. 1 del D. Lgs. n. 99 del 2004, iscritti nella previdenza agricola (CD e
IAP), indipendentemente dalla loro ubicazione;
2. ubicati nelle isole minori, già contemplati nell’art. 1, comma 1, lett. a-bis), del D. L.
n. 4 del 2015; al riguardo occorre considerare l’integrazione prevista dal comma
238 della legge di stabilità (Isola del lago d’Iseo);
3. a immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e
inusucapibile, già esenti in virtù dell’art. 1/4 DL 4/2015.
Le modifiche apportate all’art. 13 del D.L. 201/2011 devono essere lette in
combinato disposto con l’esenzione dall’IMU per i terreni agricoli e con il ripristino
del criterio contenuto nella circolare n. 9/1993. Inoltre vengono eliminate le
disposizioni che riservano ai CD e agli IAP un particolare trattamento di favore nella
determinazione dell’IMU, vale a dire il moltiplicatore ridotto e la cosiddetta
franchigia (riduzioni a scaglioni).
Ricordiamo che i terreni agricoli sono fuori dal campo di imposizione della TASI.
3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto 90
Terreni agricoli anno 2012/13
2012 – Moltiplicatori 110 e 135
2013 - regime di esonero non omogeneo tra acconto e
saldo.
In acconto tutti «esclusi» dal pagamento (Se ne è fatto
carico lo Stato)
A saldo, «esclusi» solo quelli posseduti e condotti dai
coltivatori diretti e dagli IAP, iscritti alla previdenza agricola
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
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I terreni nel 2014
RIDUZIONE MOLTIPLICATORE: si allarga la forbice tra i terreni agricoli dei coltivatori diretti e degli IAP (il cui moltiplicatore scende a 75 dal 2014) e tutti gli altri terreni, il cui moltiplicatore resta a 135
IMU terreni agricoli montani: è prevista l’adozione di un nuovo DM che individui i comuni ricadenti in aree montane o di collina, ai quali applicare l’esonero già a partire dal 2014 (art. 22/2° D.L. 66/2014, conv. L. 89/2014); maggiore gettito annuo non inferiore a 350 milioni
IMU terreni agricoli gravati da usi civici: introdotta l’esenzione dall'IMU per i terreni a immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile che, in base al predetto decreto, non ricadono in zone montane o di collina (L. 89/2014 art. 22/2°); si tratta di circa 2.000 proprietà collettive, con superfici ad uso agricolo indivise di circa 600.000 ettari, dei quali circa 502.000 ettari in territori di montagna; un Dm Interno stabilirà le modalità per la compensazione del minor gettito in favore dei Comuni nei quali ricadono i terreni a proprietà collettiva (non situati nelle zone montane e di collina) esentati.
I Comuni hanno caricato l’elenco dei terreni su una piattaforma informatica messa a disposizione sul Portale del Federalismo Fiscale
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
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I terreni nel 2014
DM 28/11/2014 (pubblicato in GU il 6/12/2014)
Introduce il criterio dell’altitudine della sede municipale (non del terreno): esenzione
sopra i 601 mt. e nella fascia 281-600 mt. solo se posseduti e condotti da CD e IAP
Criterio irrazionale impugnazione del DM al TAR Lazio (10 ricorsi)
Tar del Lazio, con decreto presidenziale n. 6651/2014 sospende l’efficacia del D.M.
28.11.2014 eccependo l’irragionevolezza dell’imposizione in quanto non legata
all’effettiva natura e posizione del bene, ravvisando diverse violazioni procedurali a
danno degli enti locali e dei contribuenti
il D.L. 4/2015 rivede le regole applicabili e rinvia il pagamento al 10/2/2015,
prevedendo una clausola di salvaguardia che permette al contribuente di non
corrispondere l’Imu 2014 anche se il proprio terreno è soggetto ad imposizione in
base ai nuovi criteri in vigore dal 2015.
Nel frattempo il termine del 16/12/2014 per il pagamento dell’IMU 2014 è stato
rinviato al 26/1/2015 (DL 185/2014, LS 2015)
Non applicabili sanzioni ed interessi nel caso di versamento effettuato entro il
31/3/2015 ( DL 4/2015)
3-12 luglio
2017 -
Pasquale
Mirto
93
I terreni nel 2014
DL 4/2015 (L. 34/2015): esenti
i terreni agricoli, nonché per quelli non coltivati, ubicati nei Comuni classificati come
totalmente montani, indicati nell’elenco dei Comuni italiani predisposto
dall’ISTAT (forma di esenzione oggettiva);
i terreni agricoli, nonché per quelli non coltivati, posseduti e condotti da CD e IAP,
iscritti nella previdenza agricola, ubicati nei Comuni classificati come parzialmente
montani, indicati nell’elenco predisposto dall’ISTAT;
i terreni agricoli, nonché per quelli non coltivati, ubicati nei Comuni delle isole minori
(forma di esenzione oggettiva).
i terreni ad “immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva
indivisibile ed inusucapibile”, a prescindere dalla loro ubicazione.
Per i terreni concessi in comodato o in affitto a CD e IAP, l’esonero dall’IMU
scatta solo se il soggetto che concede i terreni in affitto o in comodato a CD o IAP,
iscritti alla previdenza agricola, è anch’esso un CD o IAP, iscritto alla previdenza
agricola (MEF ris. n. 2/DF del 3/2/2015)
Detrazione di 200 euro per terreni agricoli ubicati nei Comuni di cui all’Allegato 0A,
posseduti e condotti da CD e IAP (terreni di “collina svantaggiata” - Comuni in
precedenza esenti, in quanto inclusi nella C.M. n. 9/E/1993 e che, nella
classificazione ISTAT risultano totalmente assoggettati all’IMU in quanto né
montani, né parzialmente montani)
3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto 94
I terreni nel 2014/2015
Dubbi applicativi sulla detrazione di 200 euro
IFEL nota del 20.5.2015: detrazione “fissa” di 200 euro, prescindendo sia dal
numero dei terreni posseduti sia dalle quote di possesso (in tal senso si esprime
anche ANCI Emilia Romagna con nota del 10/6/2015)
MEF Faq 28/5/2015: la detrazione di 200 euro si suddivide sulla base dei principi
della circolare 3/DF del 2012, tenendo conto del valore dei terreni posseduti nei vari
comuni, del periodo dell’anno durante il quale sussistono le condizioni prescritte e
delle quote di possesso
La tesi ministeriale risolve solo casi semplici ma non chiarisce quale detrazione
applicare se lo stesso soggetto è proprietario di alcuni terreni e comproprietario di
altri con quote di possesso differenti.
IMU terreni agricoli prima rata 2015: per i terreni non esenti si applicano le regole
ordinarie (base imponibile a scaglioni) e il versamento va effettuato entro il 30
ottobre 2015 (art. 8 c. 13-bis DL 78/15 - L. 125/15)
TAR Lazio con due sentenze non definitive del 3/8/2015 chiede all’Istat e ad altri
uffici centrali di chiarire con quali modalità è stata redatta la classificazione dei
comuni al quale rinvia il DL 4/2015 (elenco suscettibile di essere modificato
periodicamente, avente natura provvedimentale)
TAR Lazio udienza di merito fissata al 4/11/2015 rimessione alla Corte
Costituzionale (ord. 14156 del 16/12/2015)
3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto 95
I terreni agricoli nel 2016
abrogati i commi da 1 a 9-bis dell’art. 1 del D.L. 4/2015 ( al vaglio della Consulta);
ai fini dell’esonero si applicano i criteri individuati dalla circolare n. 9/1993 (si torna alle origini!);
sono altresì esenti: 1) i terreni posseduti e condotti da CD e IAP,
indipendentemente dalla loro ubicazione; 2) i terreni ubicati nelle isole minori; 3) i terreni a immutabile destinazione agro-silvo-
pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile
3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto 96
I terreni agricoli nel 2016
Iap e Cd (coefficiente 75): tutti i terreni posseduti sono esenti,
indipendentemente dalla loro ubicazione
Altri soggetti (coefficiente 135): continuano a pagare l’Imu ad eccezione dei
terreni montani (indicati nella circolare 9/93) o ubicati nelle isole minori
ovvero a proprietà collettiva
Problema per le società, che non sono iscritte alla previdenza agricola (giurisprudenza di merito ritiene che le agevolazioni siano limitate alle persone fisiche: CTP Modena n. 165/2016, n. 271/2016)
Risposte MEF Telefisco 2016: sono valide per il 2016 le istruzioni emanate con la circolare n. 3/DF/2012 società di persone
Per quanto concerne, poi, la conferma della validità dei criteri contenuti nella circolare 3/DF del 2012 in materia di agevolazioni per i terreni agricoli, ai fini dell’individuazione dei terreni esenti da imposta, facendo riferimento esclusivamente all’esempio riportato nel quesito che riguarda i terreni posseduti da un coltivatore diretto e affittati a una società semplice di cui il proprietario è socio, si conferma che tale interpretazione rimane valida per il 2016 ai suddetti fini. Non è però escluso che sulla base della nuova normativa possano essere aggiunte ulteriori istruzioni.
MEF nota n. 20535 del 23/5/2016: familiari coadiuvanti del coltivatore diretto + società agricole + persone fisiche Cd/Iap soci di società (terreno affittato o in comodato) tutte fattispecie esenti
3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto 97
Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 – Coadiuvanti
Agricoli
Ad avviso del Dipartimento delle finanze il coadiuvante dell’impresa
agricola esercita direttamente attività agricola ed è iscritto negli elenchi
previdenziali come coltivatore diretto. Da ciò se ne ricava la sussistenza
del requisito soggettivo dell’essere “coltivatore diretto”.
Inoltre, siccome il coadiuvante risulta normalmente anche
proprietario/comproprietario dei terreni coltivati dall’impresa agricola, di
cui è titolare un altro componente del nucleo famigliare, risulta rispettato
anche il requisito oggettivo del “possesso e conduzione” di terreni
agricoli.
Ad avviso di Anci E.R. invece non sussistono entrambe le condizioni
3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto 98
Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 – Coadiuvanti
Agricoli La normativa Imu, norma eccezionale e di stretta interpretazione, prevede
agevolazioni non per tutti coloro che a vario titolo esercitano attività agricola, ma
solo per una determinata sottocategoria di essi, ovvero per quei soggetti che
“possiedono e conducono direttamente” un terreno agricolo e che siano
“coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali” di cui all’art. 1 del D.lgs. n.
99 del 2004, a condizione che siano iscritti alla previdenza agricola.
È evidente che il coadiuvante agricolo non accede alle agevolazioni Imu perché
molto banalmente non è un coltivatore diretto. Né l’iscrizione negli appositi
elenchi previdenziali di cui all’art. 11 della legge n. 9 del 1963 autorizza
un’applicazione analogica delle agevolazioni previste dalla disciplina Imu in
favore dei coltivatori diretti. Detta disciplina, prevedendo delle agevolazioni, e
dal 2016 delle esenzioni, detta una deroga al principio della capacità
contributiva ed è pertanto norma eccezionale insuscettibile di interpretazione
analogica, per il divieto contenuto nell’art. 14 delle cosiddette Preleggi.
3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto 99
Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 – Coadiuvanti
Agricoli Il coadiuvante agricolo non è un imprenditore agricolo ai sensi dell’art. 2135 c.c.,
sicché non ha rilievo alcuno che lo stesso svolga attività agricola.
la normativa Ici (ma anche quella Imu) non può essere interpretata estensivamente fino a
ricomprendere fattispecie di attività agricola che non siano imprenditoriali.
L’errore in cui sembra incorso il Ministero è quello di aver ritenuto che basti la semplice
iscrizione negli appositi elenchi previdenziali di cui all’art. 11 della legge n. 9 del 1963 a
garantire il possesso della qualifica di “coltivatore diretto” previsto dalla normativa Ici/Imu.
Così ragionando però si dovrebbe pervenire alla conclusione che qualsiasi soggetto
iscritto a tali elenchi possa potenzialmente accedere alle agevolazioni fiscali. Il ché
ovviamente non è.
L’art. 11 della legge n. 9 del 1963 prevede che «A cura degli Uffici provinciali del Servizio
per i contributi agricoli unificati sono compilati ... gli elenchi comunali relativi all'anno
precedente dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni, nonché degli appartenenti ai rispettivi
nuclei familiari che siano soggetti all'obbligo dell'assicurazione per l'invalidità e la
vecchiaia a norma della presente legge e della L. 26 ottobre 1957, n. 1047, e all'obbligo
dell'assicurazione di malattia a mente della L. 22 novembre 1954, n. 1136». Gli elenchi,
pertanto, comprendono oltre ai coltivatori diretti anche soggetti che tali non sono, e che
ben possono vantare l’iscrizione all’elenco previdenziale, ma non accedere ai benefici
fiscali previsti dalla normativa Ici/Imu.
In conclusione, quindi, il coadiuvante agricolo difetta del requisito soggettivo, perché
anche se iscritto negli elenchi previdenziali, e come tale paga gli stessi contributi dovuti
dai coltivatori diretti (al pari dei coloni e mezzadri), non può qualificarsi come coltivatore
diretto e quindi come titolare di un’impresa agricola
3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto 100
Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 – Coadiuvanti
Agricoli Anche il requisito oggettivo è del tutto assente. Sul punto il Ministero
ammette una sorta di conduzione “mediata” dall’appartenere al nucleo
famigliare del soggetto titolare dell’impresa agricola. Anche in questo
caso, si opera un’inammissibile interpretazione estensiva della norma.
La normativa Ici/Imu riserva le agevolazioni per i terreni agricoli
posseduti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli professionali di
cui all’art. 1 del D.lgs. n. 99/2001, iscritti nella previdenza agricola,
purché dai medesimi condotti. Possesso e conduzione diretta sono due
differenti requisiti che devono entrambi essere soddisfatti e nel caso del
coadiuvante manca la conduzione diretta, visto che i terreni sono dati in
comodato/affitto al titolare dell’impresa agricola e ciò è sufficiente ad
escludere la sussistenza dei requisiti previsti dalla normativa.
Conclusivamente, ad avviso di Anci E.R. i terreni agricoli posseduti dal
coadiuvante agricolo non accedono mai alle agevolazioni previste dalla
normativa Ici/Imu, difettando sia del requisito soggettivo che di quello
oggettivo.
3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto 101
La Corte di Cassazione nell’ordinanza 12 maggio 2017, n. 11979
ha ritenuto non applicabile la finzione giuridica, in base alla quale
l’area fabbricabile si considera come terreno agricolo se
posseduta e condotta da un coltivatore diretto, in quanto “la
contribuente, iscritta negli elenchi dei coltivatori diretti e
proprietaria del fondo, non lo conduce direttamente per averlo
concesso in locazione al figlio”, rimanendo, altresì irrilevante la
qualifica di coadiuvante nell’impresa che conduce il fondo.
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
102
Corte di Cassazione ordinanza 12 maggio 2017, n. 11979 (ed altre coeve)
Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 – Le società agricole
Il Dipartimento delle finanze ha confermato quanto già ritenuto nella circolare n. 3 del 2012,
con riferimento alle società agricole. Anche in questo caso si effettua un’interpretazione
estensiva, non aderente alla lettera della norma.
Anci opera preliminarmente una ricognizione normativa.
È vero che nella disciplina Ici, l’art. 58 del D.lgs. n. 446 del 1997 prevede espressamente
che le agevolazioni previste dall’art. 9 del D.lgs. n. 504 del 1992 siano riservate ai
coltivatori diretti ed imprenditori agricoli persone fisiche iscritti alla previdenza agricola,
ma tale precisazione si è resa necessaria perché l’art. 9 del D.lgs. n. 504 del 1992 faceva
riferimento ai “terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli che
esplicano la loro attività a titolo principale, purché dai medesimi condotti”, senza null’altro
specificare. Dall’incrocio dei due articoli, ne è risultato pacifico, anche per la
giurisprudenza di legittimità (), che solo le persone fisiche potevano accedere alle
agevolazioni previste per i coltivatori diretti ed imprenditori agricoli professionali.
La normativa Imu nel riscrivere le agevolazioni, a ben vedere, lo ha fatto
“sistematizzando” quanto già previsto nella disciplina Ici da due norme di legge (l’art. 9 del
D.lgs. n. 504 del 1992 e l’art. 58 del D.lgs. n. 446 del 1997), perché il risultato finale è
sempre lo stesso non essendo le società soggetti “iscritti alla previdenza agricola”.
3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto 103
Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 – Le società agricole
In tema di Imu, l’art. 13 del Dl n. 201 del 2011 prevede, fino al 31
dicembre 2015:
al comma 5, l’utilizzo del moltiplicatore pari a 75 anziché di quello
ordinario di 135 per i terreni agricoli posseduti e condotti dai coltivatori
diretti ed imprenditori agricoli professionali “iscritti nella previdenza
agricola”;
al comma 8-bis, una serie di riduzioni d’imposta sempre riservate ai
coltivatori ed imprenditori “iscritti nella previdenza agricola”.
Dal 2016, l’art. 1, comma 13 della legge n. 208 del 2015 prevede
l’esenzione per i terreni agricoli posseduti e condotti da coltivatori diretti e
dagli imprenditori agricoli professionali “iscritti nella previdenza agricola”.
È poi di palmare evidenza che il requisito dell’iscrizione nella previdenza
agricola deve essere in capo al soggetto passivo Imu. Nel caso di società
tale condizione non si verifica mai, né il requisito dell’iscrizione alla
previdenza agricola può essere surrogato dal fatto che uno o più soci
della società siano tenuti ad essere iscritti alla previdenza agricola.
In altri termini, le condizioni richieste per accedere alle agevolazioni sono
le medesime previste per l’Ici, perché anche nell’Imu le agevolazioni sono
riservate alle sole persone fisiche, le sole che, appunto, possono
soddisfare il requisito “dell’essere iscritto alla previdenza agricola”.
3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto 104
Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 – Le società di persone
Il Dipartimento delle finanze considera anche il caso di coltivatori diretti, singolarmente iscritti alla
previdenza agricola, che costituiscono una società di persone alla quale concedono in affitto o
comodato il terreno, che però continuano a lavorare direttamente, in qualità di soci. Secondo il
Ministero, in tale ipotesi continuano ad applicarsi le agevolazioni previste per i coltivatori diretti e ciò in
virtù di quanto previsto dall’art. 9 del D.lgs. n. 228 del 2001, il quale dispone che «ai soci delle società
di persone esercenti attività agricole, in possesso della qualifica di coltivatore diretto o di imprenditore
agricolo a titolo principale, continuano ad essere riconosciuti e si applicano i diritti e le agevolazioni
tributarie e creditizie stabiliti dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso delle
predette qualifiche».
Anche in questo caso Anci ritiene che le agevolazioni non spettino perché la società agricola non è
iscritta alla previdenza agricola, qualsiasi sia la sua forma societaria.
Peraltro, nel caso ipotizzato dal Ministero, non è soddisfatto neanche il requisito del “posseduto e
condotto” in capo al soggetto passivo d’imposta, in quanto i terreni sono sì posseduti da un coltivatore
diretto, ma sono condotti da un terzo soggetto, la società di persone. Ai fini Ici/Imu i due soggetti (soci
e società) devono essere mantenuti distinti, come lo sono anche a livello di fisco erariale, visto che
nella dichiarazione dei redditi il reddito agrario è dichiarato dalla società, mentre i soci dichiarano un
“reddito da partecipazione” alla società di persone.
3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto 105
Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 – Le società di persone
Né a diversa conclusione si perviene leggendo quanto previsto nell’art. 9 del D.lgs. n. 228
del 2001.
Intanto, anche volendo ritenere applicabile tale norma, mancherebbe comunque una delle
condizioni ritenute necessarie dalla normativa Ici/Imu, ovvero la diretta conduzione da
parte di una persona fisica, e questo sia nel caso in cui i terreni siano rimasti in proprietà
dei soci sia nel caso in cui siano conferiti alla società.
Nel primo caso, infatti, non si concretizzerebbe la condizione del “posseduto e condotto”
dal soggetto passivo Ici/Imu coltivatore diretto o imprenditore agricolo a titolo principale,
visto che il terreno è posseduto dal socio (soggetto passivo) e condotto da un terzo
soggetto (società).
Nel secondo caso, di conferimento dei terreni, il soggetto passivo sarebbe la società, che
in quanto tale sarebbe comunque esclusa dalle agevolazioni, in quanto non iscritta alla
previdenza agricola.
Peraltro, volendo accedere ad un’interpretazione estensiva, si permetterebbe una facile
elusione Ici/Imu. Le agevolazioni in questioni sono soggettive e non oggettive, e vanno
riconosciute in ragione della quota di possesso, diversamente si agevolerebbe soggetti
per l’attività svolta da altri. Diversamente ragionando, sarebbe sufficiente che più soggetti
costituiscano una società, pur presentando i requisiti solo un socio. L’intento elusivo
potrebbe essere poi ancor più evidente nel caso in cui il socio imprenditore agricolo
partecipasse al capitale sociale in misura irrisoria, visto che il D.lgs. n. 99 del 2004 non
pone vincoli in tal senso. Se poi la «società» possiede un’area fabbricabile, allora i
benefici ottenibili sono veramente tanti.
3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto 106
Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 – Le società di persone
Inoltre, secondo Anci, la normativa Imu si pone come norma speciale rispetto al
D.lgs. n. 228 del 2001 e quindi non può essere derogata da questo. Peraltro, l’art. 9
fa riferimento alle agevolazioni stabilite dalla “normativa vigente”, e nel 2001 l’Imu
non era stata ancora istituita. Né si potrebbe ritenere che l’art. 9 sia una sorta di
cambiale in bianco, utilizzabile in eterno per qualsiasi tributo. Al contrario, si deve
ritenere che quanto previsto dall’art. 9 del D.lgs. n. 228 del 2001 non comporti
nessuna deroga al regime Imu, non solo perché la prima è norma di carattere
generale e la seconda è norma di carattere speciale, ma anche perché ben si può
ritenere che la normativa Imu, essendo di pari grado, abbia tacitamente abrogato la
disposizione recata dal D.lgs. n. 228 del 2001 (1). (1) Peraltro, esiste già un precedente per certi versi identico. Il Ministero delle finanze con risoluzione 13
giugno 2007 n. 2 aveva ritenuto che gli immobili posseduti dall’Accademia Nazionale dei Lincei fossero
esenti da Ici in virtù di quanto previsto dal D.lgs. Lgt. n. 359 del 1944, norma questa che disponeva
l’esenzione da ogni imposta o tassa generale o locale presente o futura. Ad avviso del Ministero,
non essendoci alcuna disposizione Ici derogatrice esplicitamente di quanto previsto nell'art. 3 del D.lgs.
Lgt. n. 359 del 1944, gli immobili posseduti dall’Accademia dovevano in ogni caso ritenersi esenti. Di
diverso avviso però la Corte di Cassazione che nella sentenza n. 4888/2013 ha ritenuto quanto segue:
«Il 504/1992, con riguardo alla disciplina del tributo in esame ed in seno ad essa al sistema delle
esenzioni, in quanto dotato della stessa forza di legge del provvedimento con il quale era stata
anteriormente riconosciuta l'esenzione personale in discorso, e pertanto senza che la discrezionalità
legislativa, esercitata nei limiti della ragionevolezza, subisca vincoli, è dunque in grado di abrogare
tacitamente la legge anteriore, per incompatibilità, in relazione all'imposta comunale sugli immobili».
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Pasquale Mirto 107
La sentenza impugnata ha totalmente obliterato la valutazione delle menzionate sopravvenienze normative,
onde verificare se le modifiche intervenute abbiano inciso sul requisito soggettivo per la fruizione
dell'agevolazione di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 9 , da parte di chi eserciti direttamente l'attività agricola sul
fondo, citando a sostegno del convincimento espresso un precedente di questa Corte (Cass. n. 14145/2009),
non pertinente non solo perchè riferito a fattispecie in cui il beneficio era richiesto da società di capitali, ma
soprattutto perchè reso in controversia relativa ad annualità d'imposta anteriore alle modifiche normative
apportate con i citati D.Lgs. n. 228 del 2001 e D.Lgs. n. 99 del 2004 .
La stessa giurisprudenza di questa Corte, pur non occupandosi ex professo della questione, tenuto conto delle
fattispecie in relazione alle quali era stata chiamata a pronunciarsi, ha evidenziato la necessità della verifica
dell'incidenza delle succitate disposizioni ai fini del godimento dell'agevolazione ICI di cui al combinato disposto
del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b) e art. 9, da parte di chi svolga l'attività di imprenditore
agricolo professionale, se del caso in forma societaria, purchè in possesso dei requisiti prescritti (cfr. Cass. sez.
6-5, ord. 27 giugno 2014, n. 14738; Cass. sez. 5, 11 marzo 2010, n. 5931).
Consegue anche la manifesta fondatezza del secondo motivo di ricorso, con il quale, per quanto qui rileva, la
ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 99 del 2004, come modificato dal D.Lgs. n. 101
del 2005, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la decisione impugnata ha osservato,
come concorrente ratio decidendi, che l'unico socio dell'Agricola C. S.n.c. iscritto quale coltivatore diretto ricava i
due terzi circa del proprio reddito da fabbricati, circostanza viceversa ininfluente in relazione al disposto succitato
del D.Lgs. n. 99 del 2004, art. 1 e successive modifiche.
Il ricorso va dunque accolto per manifesta fondatezza, con conseguente rinvio per nuovo esame alla CTR
dell'Umbria in diversa composizione, che valuterà se agli atti la contribuente abbia fornito prova idonea quanto
alla sussistenza del requisito soggettivo per fruire dell'agevolazione, non essendo a ciò di per sè ostativo lo
svolgimento dell'attività agricola da parte di imprenditore agricolo professionale nella forma di società di persone
- purchè sussistano i succitati requisiti di cui al D.Lgs. n. 99 del 2004,art. 1 e successive modifiche.
Ma il requisito dell’iscrizione alla previdenza agricola???????
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Cass. civ. Sez. VI - 5, Ord., 10-01-2017, n. 375
Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 -Terreni in comproprietà
Terreni posseduti da diversi soggetti, uno solo dei quali con la qualifica di
coltivatore diretto o imprenditore agricolo. La problematica, oltre ad aver dato
luogo ad un significativo contenzioso, generato da alcune, poco condivisibili,
pronunce della Corte di Cassazione, ha un significativo impatto economico, non
solo nel caso di comproprietà di un’area fabbricabile, ma anche, a decorrere dal
2016, per il riconoscimento dell’esenzione prevista per i terreni agricoli posseduti e
condotti dai coltivatori professionali.
Il Dipartimento delle finanze ha ritenuto, nella circolare n. 3 del 2012, che le
agevolazioni previste per gli esercenti l’attività agricola si applicano a tutti i
comproprietari dei terreni, inclusi quindi quelli che non svolgono alcuna attività
agricola. Il Ministero trova conforto alla propria tesi con quanto argomentato
dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 15566/2010, che con riferimento ad
un area fabbricabile ha ritenuto che «ricorrendo tali presupposti, il terreno
soggiace all'imposta in relazione al suo valore catastale, dovendosi prescindere
dalla sua obiettiva potenzialità edilizia. La considerazione, in questi casi,
dell'area come terreno agricolo ha quindi carattere oggettivo e, come tale, si
estende a ciascuno dei contitolari dei diritti dominicali. Ciò in quanto la
persistenza della destinazione del fondo a scopo agricolo integra una situazione
incompatibile con la possibilità del suo sfruttamento edilizio e tale
incompatibilità, avendo carattere oggettivo, vale sia per il comproprietario
coltivatore diretto che per gli altri comunisti»
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Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 -Terreni in comproprietà
Le argomentazioni utilizzate dalla Corte di Cassazione non appaiono convincenti, in
quanto non sembrano tener conto di una lettura sistematica della disciplina di riferimento,
oltre ad essere ancorate a motivazioni fragili, visto che la Corte sembra ritenere che se su
un’area è esercitata attività agricola allora questa non può essere considerata
fabbricabile. Inoltre, sembra ipotizzarsi l’esistenza di una sorta di obbligazione unitaria per
il medesimo oggetto imponibile, come se nell’Ici/Imu non fosse “normale” che lo stesso
oggetto imponibile sia soggetto a modalità d’imposizione diverse, che dipendono dall’uso
che ogni singolo comproprietario fa della propria quota.
Al contrario, tanto nell’Ici come nell’Imu, sono frequenti le ipotesi in cui i comproprietari del
medesimo oggetto imponibile siano chiamati a corrispondere l’imposta in modo diverso.
Si pensi all’ipotesi di un fabbricato posseduto da due soggetti ed utilizzato come
abitazione principale solo da uno. Per il medesimo oggetto imponibile il comproprietario
che lo utilizza come propria abitazione principale sarà esentato da Imu e da Tasi, mentre
l’altro comproprietario sarà assoggettato ordinariamente. Si pensi, a decorrere dal 2016,
al caso di marito e moglie comproprietari di un’abitazione data in comodato al padre del
marito. Per il marito si renderà applicabile, sussistendo tutte le altre condizioni previste
dalla legge, la riduzione del 50 per cento della base imponibile, mentre per la moglie no,
eppure si tratta dello stesso oggetto imponibile.
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Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 -Terreni in comproprietà
Non si comprende quale sia la differenza tra questi casi e quello dell’area fabbricabile
posseduta da più soggetti ma condotta da un solo comproprietario coltivatore, anche
perché, come si è visto supra, le agevolazioni Ici/Imu sono rivolte esclusivamente ad
una ristretta categoria di soggetti esercenti l’attività agricola. In realtà, le agevolazioni
in questione sono tutte soggettive e non oggettive. Diversamente, si concederebbe
un’agevolazione, peraltro di notevole impatto economico in caso di aree fabbricabili, a
soggetti (i non coltivatori) per un’attività posta in essere da un altro soggetto (il
coltivatore). Al contrario, si ritiene che la ratio della norma sia quella di agevolare solo
una determinata categoria di soggetti, ovvero i coltivatori professionali che possiedono
(nei limiti della loro quota di possesso) e conducono i terreni agricoli. Diversamente,
occorrerebbe riconoscere le agevolazioni anche per i terreni dati in affitto ai coltivatori
professionali, perché anche in questo caso vi sarebbe una destinazione ad attività
agricola che (per usare le parole della Corte) determina “una situazione incompatibile
con la possibilità dello sfruttamento edilizio dell'area, avente carattere oggettivo”.
Inoltre, facendo assurgere a principio generale quanto sostenuto dalla Cassazione si
autorizzerebbero facili elusioni della normativa. Sarebbe sufficiente che qualsiasi
titolare di un’area fabbricabile, in attesa di concretizzare la capacità edificatoria,
conceda in usufrutto anche per pochi anni, lo 0,01% dell’area ad un coltivatore
diretto. Anche in questo caso vi sarebbe una situazione di comproprietà con un
coltivatore diretto e l’area fabbricabile sarebbe da assoggettare per intero, seguendo
la tesi dei giudici di legittimità, come terreno agricolo. Il ché è all’evidenza
irragionevole ed ingiustificabile
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Cassazione sentenze n. 13391 e n. 13392 del 30 giugno 2016 La Corte di Cassazione interviene sul tema delle aree fabbricabili in comproprietà tra
coltivatori diretti e soggetti che non esercitano l’attività agricola, ritenendo che
l’agevolazione spetti solo al coltivatore diretto ed a condizione che questi ricavi
dall’attività agricola la parte prevalente del proprio reddito.
Le sentenze della Cassazione vanno però oltre, riconoscendo, in generale, che le
agevolazioni spettano solo al coltivatore diretto che ricava dall’attività agricola la
maggior parte del proprio reddito. Non sarebbe, quindi, sufficiente il possesso della
qualifica di coltivatore diretto e l’iscrizione alla previdenza agricola. Tale conclusione è
supportata da un precedente specifico della Corte Costituzionale (ordinanza n. 336
del 2003) che nello scrutinare la legittimità costituzionale dell’art. 58 del D.lgs. n.
446/1997, che non riconosceva alcuna agevolazione per il pensionato agricolo, ha
ritenuto legittimo non riconoscere l’agevolazione a chi non trae “dal lavoro agricolo la
loro esclusiva fonte di reddito”. Principio questo che era stato già recepito anche da
Cassazione n. 12565/2010
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Cassazione sentenze n. 13391 e n. 13392 del 30 giugno 2016 Queste sentenze hanno delle potenzialità enormi
perché permettono di intercettare fenomeni evasi/elusivi frequenti:
a) Pensionato agricolo che continua ad essere iscritto;
b) Iscritto CD per il quale l’attività agricola non è quella prevalente o comunque non rappresenta la fonte prevalente di reddito
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La Corte di Cassazione, con sentenza n. 14135 del 7 giugno 2017, conferma che non spettano le
agevolazioni Ici/Imu ai soggetti che non ritraggono dall’attività agricola la parte prevalente del
proprio reddito.
Si sta quindi consolidando l’orientamento inizialmente tracciato dalla Corte Costituzionale con l’ordinanza
n. 336 del 2003, e poi fatto proprio dalla Cassazione con le sentenze n. 12565/2010 e n. 9601/2012, ed
ulteriormente confermato l’anno scorso con le sentenze n. 13391 e n. 13392 del 30 giugno 2016.
Nella sentenza in commento la Corte rileva che la finzione giuridica prevista dall’art. 2 del D.lgs. n.
504/1992, applicabile anche all’Imu, in base alla quale non si considerano edificabili i terreni posseduti e
condotti da coltivatori diretti ed imprenditori agricoli professionali, richiede l’iscrizione alla previdenza
agricola, il possesso e la conduzione diretta del terreno. A questi occorre aggiungere anche il
“carattere principale di tali attività rispetto ad altre fonti di reddito”.
Secondo la Cassazione “La ratio della disposizione agevolativa è quello di incentivare la coltivazione
della terra e di alleggerire del carico tributario quei soggetti che ritraggono dal lavoro della terra la loro
esclusiva fonte di reddito, così come richiamato dalla ordinanza della Corte Costituzionale n. 87/2005 (in
termini anche ordinanza Corte Cost. n. 336/2003)”. In queste ordinanze la Corte Costituzionale ha
rilevato che "la giustificazione dell'agevolazione fiscale di cui si tratta risiede evidentemente in un intento
di incentivazione dell'attività agricola, connesso alla finalità di razionale sfruttamento del suolo cui fa
riferimento l'art. 44 della Costituzione, e in relazione alla suddetta ratio incentivante non appare
manifestamente irragionevole che da tale beneficio siano esclusi coloro che - nel fatto di godere di
trattamenti pensionistici all'evidenza non traggono dal lavoro agricolo la loro esclusiva fonte di reddito".
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Nessuna agevolazione pensionato agricolo
Sulla base di questi principi la Cassazione ha negato l’agevolazione Ici al soggetto pensionato,
indipendentemente che questi, per libera scelta, continui a versare i contributi volontari in
costanza di trattamento pensionistico.
Se la sentenza è chiara e confermativa di quanto già statuito in passato, oltre che condivisibile, la
stessa si incastra poco nel quadro giurisprudenziale di legittimità che si è occupato della
medesima agevolazione.
In particolare, ci si riferisce a quelle sentenze di Cassazione che hanno ritenuto estendibile al
comproprietario non coltivatore le medesime agevolazione spettanti al comproprietario che
possiede tutti i requisiti prescritti. Infatti, se da un lato le sentenze nn. 13391 e 13392 del 2016
autorizzavano a non estendere le agevolazioni, dall’altro lato la medesima Cassazione aveva
ritenuto, con la sentenza n. 15566/2010, che la persistenza della destinazione del fondo ad attività
agricola fosse incompatibile con lo sfruttamento edilizio. Motivazione, all’evidenza molto fragile,
perché nell’Ici e nell’Imu è normale che lo stesso oggetto imponibile sia imponibile per un
comproprietario ed esente per un altro (come nel caso dell’abitazione principale utilizzata come
tale solo da un comproprietario). Ed inoltre, l’utilizzo agricolo non si realizza anche per il terreno
dato in affitto a coltivatore?
Peraltro, appare irragionevole – e da qui il quadro confuso delineato finora dalla
Cassazione – concedere l’agevolazione al comproprietario che non conduce direttamente il
fondo, ma negarla in caso di comproprietario coadiuvante agricolo (Cass. nn.12422 e 12423
del 2017) o di comproprietario pensionato agricolo. Anche per il comproprietario non
coltivatore deve vale lo stesso principio enunciato nella sentenza in commento, perché solo in
questo modo si valorizza la capacità contributiva derivante dal possesso di un’area fabbricabile.
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Nessuna agevolazione pensionato agricolo
Le aree pertinenziali
Sulle aree pertinenziali si registrano ultimamente diverse pronunce. Vi sono alcune
sentenze che sembrano discostarsi dai principi di diritto enunciati in passato (Cass
1391/2016) ed altre che sembrano confermarle.
Di recente la Corte (Cass. n. 6139/2016) sembra aver fatto il punto, confermando
l’orientamento in base al quale l’area fabbricabile pertinenziale è soggetta
autonomamente ad imposta se risulta accatastata in modo autonomo al Catasto
terreni, indipendentemente dal fatto che sia utilizzata a giardino, e ciò perché solo
l’accatastamento unitario all’abitazione assicura che il valore dell’area sia incluso nella
rendita del fabbricato. Inoltre, la Cassazione ha ripetutamente detto che l’area
pertinenziale deve essere oggetto di esplicita dichiarazione da parte del contribuente
(peraltro, non emendabile in sede contenziosa).
Per quanto riguarda la giurisprudenza di merito più recente si veda la CTR dell’Emilia
Romagna, sentenza n. 1844/12/2016 del 4 luglio 2016, in linea con la più recente
giurisprudenza di legittimità.
La giurisprudenza di legittimità è comunque abbastata fumosa e non omogenea, in
quanto:
Cassazione 18470 del 21/9/2016 afferma che l’area pertinenziale è quella
così di fatto utilizzato, indipendentemente dall’intervenuto accatastamento
unitario ed indipendentemente dalla dichiarazione
Cass 9790 del 19.04.2017 – ritorna sulla necessità della preventiva
dichiarazione
Cass 713 del 13.01.2017 – si occupa dell’area fabbricabile pertinenziale di
un opificio abbondonato, ritenendola soggetta
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Area a verde pubblico attrezzato La Corte di Cassazione, con la sentenza 23 novembre 2016, n. 23814, prende finalmente atto dell’esistenza
di un contrasto, anche se la questione non viene rimessa alle sezioni unite.
•Oggetto del contendere era un’area destinata a zona F- verde pubblico attrezzato e ad avviso del
contribuente le aree sulle quali si possono edificare attrezzature e impianti di interesse pubblico non sono
assoggettabili ad Ici. Di diverso avviso la Corte, secondo la quale la nozione di edificabilità utilizzata dal
legislatore Ici “non si identifica e non si esaurisce in quella di edilizia abitativa”.
•Secondo la Corte va “motivatamente disatteso” il diverso orientamento espresso da Cass. n. 25672/2008 e
n. 5992/2015 (e diverse altre), secondo il quale le aree sottoposte dal piano regolatore generale a un vincolo
di destinazione che preclude ai privati tutte quelle trasformazioni del suolo che sono riconducibili alla nozione
tecnica di edificazione, non possono essere qualificate come fabbricabili, ai sensi della normativa Ici. Queste
pronunce, infatti, non tengono conto che la normativa Ici prevedendo che un terreno è qualificabile
fiscalmente edificatorio sia quanto l’edificabilità risulti dagli strumenti generale o attuativi (edificabilità legale),
sia quanto esistano possibilità effettive di edificazione (edificabilità di fatto) delinea una nozione di area
edificabile che valorizza la mera potenzialità edificatoria. L’edificabilità, pertanto non può essere esclusa dalla
previsione urbanistica di vincoli, “giacché tali limiti, incidendo sulle facoltà dominicali connesse alla possibilità
di trasformazione urbanistico edilizia del suolo medesimo, ne presuppongono la vocazione edificatoria”, fermo
restando che la presenza di suddetti limiti incidono sulla concreta valutazione del valore, e quindi sulla base
imponibile Ici.
•In altri termini, si ritiene che la normativa Ici laddove considera imponibile “l’area utilizzabile a scopo
edificatorio” valorizzi tutte le forme di edificazione, sia quelle direttamente realizzabili dal privato,
come l’edilizia residenziale, sia quelle di carattere pubblico.
•Quello che rileva, quindi, è la mera previsione dell’esistenza, seppur minima, di un indice di edificabilità.
•Conseguentemente, un’area a verde pubblico, destinata alla costruzione di un parco, senza alcuna
previsione di edificabilità, neanche di interesse pubblico, è area con vincolo d’inedificabilità assoluta che va
sottratta al regime di imposizione delle aree fabbricabili, mentre la presenza di un indice di edificabilità, e
quindi la possibilità di edificare, comporta l’assoggettamento come area fabbricabile, seppur con
valorizzazione della base imponibile che tenga adeguatamente conto dei vincoli di edificazione.
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Edificabilità di fatto e costruzioni in zona agricola
•La Corte di Cassazione, con sentenza n. 23026 dell’11 novembre, ha affrontato il
problema della natura dei terreni, che pur non qualificati come edificabili dallo strumento
urbanistico, consentono comunque un intervento edilizio. La sentenza, invero, riguarda,
l’imposta di registro, ma è direttamente applicabile all’Ici ed all’Imu, non solo per
l’espresso richiamo alle imposte comunali presente nella stessa, ma anche perché la
definizione di area fabbricabile è la stessa sia ai fini dei tributi locali che di quelli erariali,
giusta la previsione di cui all’art. 36 del Dl n. 223/2006.
•Secondo la Cassazione ai fini dell’imposizione occorre considerare che l’area
fabbricabile costituisce un genere articolato nelle due specie dell’area edificabile di
diritto, ovvero quella così qualificata dalla strumento urbanistico comunale, e dell’area
edificabile di fatto, “vale a dire del terreno che, pur non essendo urbanisticamente
qualificato, può nondimeno avere una vocazione edificatoria di fatto in quanto sia
potenzialmente edificatorio anche al di fuori di una previsione programmatica”.
•Secondo la Corte, poi, l’edificabilità di fatto è rilevante giuridicamente in quanto è presa
in considerazione sia dalla normativa Ici sia dai criteri di determinazione dell’indennità di
espropriazione.
•Si tratta di precisazioni che permettono di risolvere alcun problemi applicativi Ici/Imu
che si verificano nel caso di edificazione in zona agricola, e che possono riguardare
tanto i fabbricati rurali tanto i fabbricati collabenti, accatastati in categoria F/2.
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Edificabilità di fatto e costruzioni in zona agricola
•Per quanto riguarda i fabbricati rurali in corso di costruzione esiste già
giurisprudenza di merito che ha ritenuto soggetta ad imposizione l’area
necessaria all’edificazione (CTR Emilia Romagna, sentenza n. 130/07/2006). In
questo caso, l’assoggettamento può essere ancorato sia alla nozione di
edificabilità di fatto sia, e comunque, alla normativa specifica Ici/Imu che
comunque attrae espressamente ad imposizione l’area sulla quale c’è
comunque un intervento edilizio, anche in deroga alle previsioni dello strumento
urbanistico comunale (art. 5, comma 6, D.lgs. n. 504/1992).
•Analoghe considerazioni devono essere fatte per i fabbricati collabenti, ovvero
quei fabbricati pericolanti o diroccati, non utilizzabili, improduttivi di reddito e per
questo accatastati in categoria F/2, senza rendita catastale.
•In realtà, tali fabbricati sono assoggettabili ad Ici/Imu come area fabbricabile,
nella misura in cui lo strumento urbanistico comunale ne prevede il loro
recupero, di norma nel limite della cubatura esistente.
•L’assoggettamento come area fabbricabile, anche se collocati in zona
agricola, deriva dal fatto che lo strumento urbanistico ne prevede il loro
recupero, si tratta quindi di edificabilità di diritto. Ma, anche volendo
ritenere determinante la loro collocazione in zona agricola, in base ai
principi di diritto enunciati da Cassazione n. 23026/2016, si deve
confermare il loro assoggettamento in quanto area fabbricabile di fatto.
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Pasquale Mirto 119
La motivazione degli atti di accertamento sulle aree: Cass 564/2017
•Al riguardo, inoltre, questa Corte ha già avuto modo di affermare (Cass. 5, civ. n. 25153 in data
08/11/2013) che, in tema di accertamento tributario, la motivazione di un avviso di rettifica e di
liquidazione ha la funzione di delimitare l'ambito delle ragioni adducibili dall'ufficio nell'eventuale
successiva fase contenziosa, consentendo al contribuente l'esercizio del diritto di difesa.
•Ne consegue che, fermo restando l'onere della prova gravante sull'Amministrazione, è
sufficiente che la motivazione contenga l'enunciazione dei criteri astratti, in base ai quali è
stato determinato il maggior valore, senza necessità di esplicitare gli elementi di fatto utilizzati
per l'applicazione di essi, in quanto il contribuente, conosciuto il criterio di valutazione adottato,
è già in condizione di contestare e documentare l'infondatezza della pretesa erariale, senza
poter invocare la violazione, ai sensi del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 52, comma 2 bis, del
dovere di allegazione delle informazioni date dal contribuente, ove il contenuto essenziale degli
atti sia stato riprodotto sull'avviso di accertamento (in senso non difforme v. del resto anche
Cass. Sez. 5, n. 7231 del 12/05/2003, richiamata dalle stesse ricorrenti, secondo cui, in tema di
imposta di registro e di INVIM, l'obbligo di motivazione dell'avviso di accertamento di maggior
valore mira a delimitare l'ambito delle ragioni adducibili dall'Ufficio nell'eventuale successiva
fase contenziosa ed a consentire al contribuente l'esercizio del diritto di difesa. Al
conseguimento di tali finalità è necessario e sufficiente, pertanto, che l'avviso enunci il criterio
astratto in base al quale è stato rilevato il maggior valore, con le specificazioni che si rendano in
concreto necessarie per il raggiungimento di detti obiettivi, essendo riservato alla eventuale
sede contenziosa l'onere dell'Ufficio di provare nel contraddittorio con il contribuente gli elementi
di fatto giustificativi della propria pretesa nel quadro del parametro prescelto e la facoltà del
contribuente di dimostrare l'infondatezza della stessa anche in base a criteri non utilizzati per
l'accertamento. Conforme tra le altre Cass. n. 12774 del 2001).
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«In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), ai fini della determinazione del valore
imponibile è indispensabile che la misura del valore venale in comune commercio sia
ricavata in base ai parametri vincolanti previsti dall'art. 5, comma 5, del d.lgs. 31
dicembre 1992, n. 504, che, per le aree fabbricabili, devono avere riguardo alla zona
territoriale di ubicazione, all'indice di edificabilità, alla destinazione d'uso consentita, agli
oneri per gli eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, ai
prezzi medi rilevati sul mercato della vendita di aree aventi analoghe caratteristiche;
pertanto, poiché tali criteri normativamente determinati devono considerarsi
tassativi, il giudice di merito, investito della questione del valore attribuito ad un'area
fabbricabile, non può esimersi dal verificarne la corrispondenza, tenuto conto dell'anno di
imposizione, ai predetti parametri, con una valutazione incensurabile in sede di
legittimità, qualora congruamente motivata» (Cass. n. 14385 del 2010), senza che
assuma alcun rilievo il prezzo indicato nella compravendita, il quale non rientra tra
i parametri di cui all'art. 5 citato» (Cass. n. 7297 del 2012) ed essendo ben possibile
che il prezzo di aggiudicazione in sede di asta sconti ribassi correlati alla
necessità di vendere, così da non costituire base sufficiente per esprimere
l'effettivo valore del bene che ne costituisce oggetto
;
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Cass. 12273 del 17/5/2017 – valore venale area
fabbricabile-Irrilevante prezzo asta
«Appare quindi evidente che venga invocata l'applicazione di una norma
sopravvenuta rispetto alle variazioni della natura agricola del terreno,
occorrendo ritenere che la disposizione introdotta nel 2002 concerna le sole
variazioni intervenute in epoca successiva.
Ma a tale considerazione va poi aggiunta quella ancor più dirimente,
rappresentata dal fatto che secondo la giurisprudenza di questa Corte
(cfr. Cass. n. 15558/2009) la violazione dell'art. 31, comma 20, della legge
27 dicembre 2002, n. 289, non essendone specificamente sanzionata
l'inosservanza, non determina la nullità ove non risulti in concreto
pregiudicata la difesa del contribuente»
Circolare 3/2012 aveva ritenuto legittima la disapplicazione delle sanzioni
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Cass 12308 del 17.05.2017 - Sulla mancata comunicazione di
intervenuta edificabilità e sul suo effetto
Immobile accatastato in F/3
D. Possiedo un immobile accatastato in F/3, senza rendita. Ritengo che non sia
dovuta l’Imu né come fabbricato, non essendoci una rendita, né come area
fabbricabile, per quanto letto in alcune sentenze. È corretto?
R. Al quesito formulato dal lettore ha risposto di recente la Corte di Cassazione,
con sentenza 11 maggio 2017, n. 11694. In tale sentenza la Corte ha enunciato
questo principio di diritto: «in tema di imposta comunale sugli immobili,
l'accatastamento di un nuovo fabbricato nella categoria fittizia delle unità in
corso di costruzione non è presupposto sufficiente per l'assoggettamento ad
imposta del fabbricato stesso, salva la tassazione dell'area edificatoria e la
verifica sulla pertinenza del classamento».
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Il fabbricato accatastato in F/3
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 14410 del 9 giugno 2017, interviene per la prima volta sulle modalità di assoggettamento ad Ici/Imu
delle cave, ritenendo che queste siano da assoggettare come area fabbricabile.
La decisione è di rilevante interesse, anche perché sulle modalità di assoggettamento delle cave si era già espressa l’ex Agenzia del territorio,
ritenendo che queste siano da considerare come un fabbricato.
Ma partiamo dal caso scrutinato dai giudici di Piazza Cavour. Il Comune impositore aveva accertato la cava alla stregua di un’area fabbricabile,
considerato che questa era inserita come tale nell’ambito degli strumenti urbanistici comunali, i quali prevedevano un pur minimo indice di
edificabilità, anche se limitato all’edificazione di costruzioni strumentali all’attività estrattiva.
Ad avviso del contribuente, invece, l’area in questione non andava qualificata né come terreno agricolo né come area fabbricabile, ed era
quindi da ritenersi esclusa dal campo di applicazione dell’Ici. In subordine, comunque, veniva chiesta la determinazione della base imponibile
considerando il reddito dominicale del terreno.
La Corte, partendo dalla considerazione che l’attività estrattiva è attività industriale e non agricola, ha escluso la possibilità di valorizzarla come
terreno agricolo ed ha, invece, valorizzato la suscettibilità edificatoria, seppur, come detto, limitata alla realizzazione di fabbricati strumentali.
Occorre però rilevare che in molte realtà territoriali le cave risultano invece accatastate in categoria D/1, anche se avverso gli accatastamenti,
di norma sollecitati dai Comuni attraverso il ricorso alla procedura di cui al comma 336 della legge n. 311/2004, pendono ancora oggi diversi
ricorsi.
L’Agenzia del territorio è intervenuta sull’argomento con la nota prot. 75779 del 4 novembre 2008. L’Agenzia parte, anch’essa, dalla
considerazione che l’attività estrattiva è attività industriale, così come anche ritenuto dalla Corte Costituzionale nell’ordinanza n. 285/2000. Poi
precisa che la circostanza che l’art. 18, del R.D. 8 ottobre 1931, n. 1572, esclude dalla stima fondiaria «le miniere, le cave, le saline ed i laghi e
stagni da pesca, con la superficie stabilmente occupata per la relativa industria, e le tonnare», comporta che le cave non debbano essere
iscritte al catasto terreni, ma al catasto fabbricati. E l’obbligo di accatastamento deriva dall’art. 2 del D.M. n. 28/1998, il quale precisa che l'unità
immobiliare è costituita da una porzione di fabbricato, o da un fabbricato, o da un insieme di fabbricati ovvero da “un'area”, che, nello stato in
cui si trova e secondo l'uso locale, presenta potenzialità di autonomia funzionale e reddituale. Ed è evidente che la cava rappresenta un’area
dotata di autonomia funzionale e reddituale.
Volendo coniugare le due soluzioni illustrate, si può ritenere che dall’adozione degli strumenti urbanistici che
individuano la zona del territorio destinata ad attività estrattiva, l’area deve essere attratta ad imposizione come area
fabbricabile, mentre dalla data di attivazione della cava, questa deve essere assoggettata come fabbricato. Infatti, occorre
anche ricordarsi che è ormai pacifico nella giurisprudenza di legittimità che il dato catastale è dato vincolante tanto per il Comune
tanto per il contribuente (Cassazione, sez. un., sentenza n. 18565/2009).
Ovviamente se il contribuente non ha presentato alcun Docfa e l’Agenzia delle entrate non è intervenuta d’ufficio con
l’accatastamento, il Comune sarà legittimato ad attrarre ad imposizione la cava in attività come area fabbricabile
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
124
Le cave pagano IMU come area fabbricabile
ENTI NON COMMERCIALI
•Art. 91-bis DL 1/2012: integra la lett. i) dell’art. 7 d.lgs. 504/92 prevedendo lo svolgimento delle attività “con modalità non commerciali“; abrogato il comma 2-bis dell’art. 7 del DL 203/2005 che disponeva l’applicabilità dell’esenzione “a prescindere dalla natura eventualmente commerciale dell’attività” e “che non abbiano esclusivamente natura commerciale” (art. 39 L. 248/06) •Viene introdotto il caso di utilizzo promiscuo dell’immobile con l’individuazione della quota commerciale (la sola sottoposta ad imposizione): 1) iscrizione in catasto della parte commerciale (qualora la stessa presenti autonomia funzionale e reddituale); si applicano le disposizioni del d.l. 262/06: c.d. spezzatino catastale; 2) nei casi in cui non è possibile applicare il d.l. 262/06, l’esenzione dall’IMU si applica, sempre a partire dal 1° gennaio 2013, in proporzione all’utilizzazione non commerciale dell’immobile (tre parametri: superficie, numero frequentatori, tempo), come da dichiarazione del contribuente ( rinvio a decreto del MEF)
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 125
Dm 200/2012
•Il D.M. n. 200/2013 definisce i criteri generali e di settore per poter accedere all'esenzione di cui alla
lett. i) dell' art. 7 del D.Lgs. n. 504/1992 . A distanza di vent'anni dall'entrata in vigore della normativa ICI
vengono fornite le definizioni dei soggetti e delle attività meritevoli di esenzione:
•- enti non commerciali: gli enti pubblici e privati diversi dalle società di cui all' art. 73 , co. 1, lett. c),
del TUIR , che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale;
•- oggetto esclusivo o principale: per oggetto esclusivo si intende quello determinato in base alla
legge, all'atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata
autenticata o registrata; per oggetto principale si intende l'attività essenziale per realizzare direttamente
gli scopi primari indicati dalla legge, dall'atto costitutivo o dallo statuto; in mancanza dell'atto costitutivo
o dello statuto nelle predette forme, l'oggetto principale dell'ente stesso è determinato in base all'attività
effettivamente esercitata nel territorio dello Stato
•- attività assistenziali: attività riconducibili a quelle di cui all' art. 128 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112
, relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti ed a pagamento, o di prestazioni
economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona
umana incontra nel corso della sua vita, escluse soltanto quelle assicurate dal sistema previdenziale e
da quello sanitario, nonché quelle assicurate in sede di amministrazione della giustizia;
•- attività previdenziali: attività strettamente funzionali e inerenti all'erogazione di prestazioni
previdenziali e assistenziali obbligatorie;
•
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 126
Dm 200
•- attività sanitarie: attività dirette ad assicurare i livelli essenziali di assistenza definiti dal Decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri 29 novembre 2001 ;
•- attività didattiche: attività dirette all'istruzione e alla formazione ai sensi della Legge 28 marzo 2003, n. 53 ;
•- attività ricettive: attività che prevedono l'accessibilità limitata ai destinatari propri delle attività istituzionali e la
discontinuità nell'apertura nonché, relativamente alla ricettività sociale, quelle dirette a garantire l'esigenza di
sistemazioni abitative anche temporanee per bisogni speciali, ovvero svolte nei confronti di persone svantaggiate in
ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari, escluse in ogni caso le attività svolte in strutture
alberghiere e paralberghiere di cui all' art. 9 del D.Lgs. 23 maggio 2011, n. 79 ;
•- attività culturali: attività rivolte a formare e diffondere espressioni della cultura e dell'arte;
•- attività ricreative: attività dirette all'animazione del tempo libero;
•- attività sportive: attività rientranti nelle discipline riconosciute dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) svolte
dalle associazioni sportive e dalle relative sezioni non aventi scopo di lucro, affiliate alle federazioni sportive nazionali o
agli enti nazionali di promozione sportiva riconosciuti ai sensi dell' art. 90 della Legge 27 dicembre 2002, n. 289 ;
•- attività di cui all' art. 16 , lett. a), della Legge 20 maggio 1985, n. 222 : attività dirette all'esercizio del culto e alla
cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all'educazione cristiana
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 127
Requisiti generali per lo svolgimento con modalità non
commerciali delle attività istituzionali
• 1. Le attivita' istituzionali sono svolte con modalita' non commerciali quando l'atto
costitutivo o lo statuto dell'ente non commerciale prevedono:
• a) il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili e avanzi di gestione nonche'
fondi, riserve o capitale durante la vita dell'ente, in favore di amministratori, soci,
partecipanti, lavoratori o collaboratori, a meno che la destinazione o la
distribuzione non siano imposte per legge, ovvero siano effettuate a favore di enti che
per legge, statuto o regolamento, fanno parte della medesima e unitaria struttura e
svolgono la stessa attivita' ovvero altre attivita' istituzionali direttamente e
specificamente previste dalla normativa vigente;
• b) l'obbligo di reinvestire gli eventuali utili e avanzi di gestione esclusivamente
per lo sviluppo delle attivita' funzionali al perseguimento dello scopo istituzionale di
solidarieta' sociale;
• c) l'obbligo di devolvere il patrimonio dell'ente non commerciale in caso di suo
scioglimento per qualunque causa, ad altro ente non commerciale che svolga
un'analoga attivita' istituzionale, salvo diversa destinazione imposta dalla legge.
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 128
Requisiti specifici
•- lo svolgimento di attività assistenziali e attività sanitarie si ritiene effettuato con
modalità non commerciali quando le stesse:
•a) sono accreditate e contrattualizzate o convenzionate con lo Stato, le regioni e
gli enti locali e sono svolte, in ciascun ambito territoriale e secondo la normativa ivi
vigente, in maniera complementare o integrativa rispetto al servizio pubblico, e prestano
a favore dell'utenza, alle condizioni previste dal diritto dell'Unione Europea e nazionale,
servizi sanitari e assistenziali gratuiti, salvo eventuali importi di partecipazione alla spesa
previsti dall'ordinamento per la copertura del servizio universale;
•b) se non accreditate e contrattualizzate o convenzionate con lo Stato, le regioni e
gli enti locali, sono svolte a titolo gratuito ovvero dietro versamento di corrispettivi di
importo simbolico e, comunque, non superiore alla metà dei corrispettivi medi
previsti per analoghe attività svolte con modalità concorrenziali nello stesso
ambito territoriale, tenuto anche conto dell'assenza di relazione con il costo effettivo del
servizio;
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 129
Requisiti specifici
•- lo svolgimento di attività didattiche si ritiene effettuato con modalità non commerciali se:
•a) l'attività è paritaria rispetto a quella statale e la scuola adotta un regolamento che garantisce la non discriminazione in fase di accettazione degli alunni;
• b) sono comunque osservati gli obblighi di accoglienza di alunni portatori di handicap, di applicazione della contrattazione collettiva al personale docente e non docente, di adeguatezza delle strutture agli standard previsti, di pubblicità del bilancio;
•c) l'attività è svolta a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e tali da coprire solamente una frazione del costo effettivo del servizio, tenuto anche conto dell'assenza di relazione con lo stesso;
3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto 130
Requisiti specifici
•- lo svolgimento di attività ricettive si ritiene effettuato con modalità non commerciali se le
stesse sono svolte a titolo gratuito ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo
simbolico e, comunque, non superiore alla metà dei corrispettivi medi previsti per
analoghe attività svolte con modalità concorrenziali nello stesso ambito territoriale,
tenuto anche conto dell'assenza di relazione con il costo effettivo del servizio;
•- lo svolgimento di attività culturali e attività ricreative si ritiene effettuato con modalità non
commerciali se le stesse sono svolte a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di un
corrispettivo simbolico e, comunque, non superiore alla metà dei corrispettivi medi previsti per
analoghe attività svolte con modalità concorrenziali nello stesso ambito territoriale, tenuto
anche conto dell'assenza di relazione con il costo effettivo del servizio.
•
•- lo svolgimento di attività sportive si ritiene effettuato con modalità non commerciali se le
medesime attività sono svolte a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di un corrispettivo
simbolico e, comunque, non superiore alla metà dei corrispettivi medi previsti per analoghe
attività svolte con modalità concorrenziali nello stesso ambito territoriale, tenuto anche conto
dell'assenza di relazione con il costo effettivo del servizio.
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 131
Utilizzo misto •Il rapporto proporzionale tra superficie esente e superficie soggetta ad IMU, da dichiarare con
apposita dichiarazione ancora non approvata, è determinato con riferimento allo spazio, al numero
dei soggetti nei confronti dei quali vengono svolte le attività con modalità commerciali ovvero non
commerciali e al tempo impiegato, secondo i seguenti criteri:
•- per le unità immobiliari destinate ad un'utilizzazione mista, la proporzione tra superficie esente e
superficie assoggettata è prioritariamente determinata in base alla superficie destinata allo
svolgimento delle attività diverse da quelle previste dall' art. 7 , co. 1, lett. i), del D.Lgs. n. 504/1992 ,
e delle attività di cui alla citata lett. i), svolte con modalità commerciali, rapportata alla superficie totale
dell'immobile
•- per le unità immobiliari che sono indistintamente oggetto di un'utilizzazione mista, la proporzione è
determinata in base al numero dei soggetti nei confronti dei quali le attività sono svolte con
modalità commerciali, rapportato al numero complessivo dei soggetti nei confronti dei quali è svolta
l'attività
•- nel caso in cui l'utilizzazione mista è effettuata limitatamente a specifici periodi dell'anno, la
proporzione è determinata in base ai giorni durante i quali l'immobile è utilizzato per lo svolgimento
delle attività diverse da quelle previste dall' art. 7 , c. 1, lett. i), del D.Lgs. n. 504/1992 , ovvero delle
attività di cui alla citata lett. i) svolte con modalità commerciali.
•Le percentuali determinate in base ai rapporti che risultano dall'applicazione dei criteri sopra
descritti, indicate per ciascun immobile nella dichiarazione da presentare, si applicano alla rendita
catastale dell'immobile in modo da ottenere la base imponibile da utilizzare ai fini della
determinazione dell'IMU dovuta.
•Con D.M. 26 giugno 2014 è stato approvato il modello di dichiarazione dell'IMU e della TASI per gli
enti non commerciali, con le relative istruzioni.
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 132
ENTI NON COMMERCIALI - DICHIARAZIONE
DICHIARAZIONE: decreto approvato il 26/6/2014 (in G.U. il 4/7/2014)
Unica dichiarazione per IMU e TASI
Termine di presentazione “a regime”: 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui il possesso ha avuto inizio o sono intervenute variazioni rilevanti ai fini dell’imposta
La dichiarazione relativa agli anni 2012 e 2013 deve essere presentata entro il 30 settembre 2014
Istruzioni alla compilazione della dichiarazione: è una mega circolare, che conferma precedente posizioni del MEF (come la 4/2013 sugli immobili in comodato e la 3/2013 sulla natura ordinatoria del termine per adeguare l’atto costituito ai nuovi requisiti del Dm 200/2012) non condivisibili
Sono previsti criteri allo stesso tempo più blandi e più rigidi rispetto alle indicazioni della Commissione Europea e al Dm 200/2012, come per le attività didattiche (“costo medio per studente”) e per le attività ricettive (costrette a pagare l’IMU anche se praticano tariffe bassissime)
Appare evidente l’obiettivo di rafforzarne il valore normativo, trattandosi di indicazioni contenute in un decreto, ma così si corre il rischio di violare le prescrizioni fornite dalla UE.
Difficoltà di controllo da parte dei comuni, per via di parametri piuttosto aleatori e per il rinvio dei termini di adeguamento degli statuti ai requisiti generali previsti dal Dm 200/2012
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 133
IMU: ENTI NON COMMERCIALI
ERRORI DI CALCOLO nella determinazione della percentuale di imponibilità per la parte utilizzata con modalità non commerciali
Se una sala di un centro di aggregazione viene utilizzata per attività commerciali per il 40% dello spazio, per il 40% del tempo e dal 40% dei frequentatori, la percentuale di imponibilità è del 120% (il quadro B del modello di dichiarazione prevede la somma dei tre valori anziché il prodotto cioè il 6,4%)
Nelle istruzioni non si considera l’ipotesi in cui il fabbricato venga utilizzato contemporaneamente per più attività, per esempio con un ostello (attività ricettiva) e un bar (attività ricreativa)
DM 4/8/2014: modalità di trasmissione telematica (contiene le specifiche tecniche necessarie per l’invio); composto da 3 soli articoli, conferma il criterio della somma (e non del prodotto) dei tre parametri, con possibile percentuale di imponibilità “superiore al 100%” (!): in tal caso l’immobile va dichiarato nel quadro A (totalmente imponibile)
DM 23/9/2014: proroga il termine di presentazione della dichiarazione al 1° dicembre 2014, per via delle difficoltà di utilizzo del canale Entratel
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 134
IMU-TASI - SCUOLE PARITARIE
Scuole paritarie: Cass. 14225-14226 del 8/7/2015 – pagano l’Ici le scuole gestite da istituti ecclesiastici; ne è
seguita una polemica (Cei, sottosegr. Mef, pres. Cass., ministro Econ.) chiarimento definitivo entro settembre
2015 (che non c’è più stato); le sentenze riguardano l’Ici ma possono riflettersi sull’applicazione dell’Imu
Sentenza che in linea con la giurisprudenza di legittimità consolidata, ritengono che il la richiesta di pagamento di
una retta equivalga allo svolgimento di un’attività commerciale.
•Il criterio del costo medio per alunno del Miur, è un’invenzione ministeriale che esula dallo svolgimento a titolo
gratuito previsto dal Dm 200 e apertamente contrario alle indicazioni fornite dalla Commissione E. (l'attività è
svolta a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e tali da coprire
solamente una frazione del costo effettivo del servizio, tenuto anche conto dell'assenza di relazione con lo
stesso)- Agganciare le tariffe al costo medio creare «una relazione» che da sola viola la norma.
•Comunque per le scuole ecclesiastiche esiste il problema della previsione che un regolamento deve prevedere la
devoluzione del patrimonio ad altri enti aventi la stessa finalità. Si tratta di un requisito generale di settore senza il
quale l’attività comunque non può essere considerata commerciale.
•Sembra che nessuna parrocchia abbia adottato tale regolamento, per problemi con il diritto canonico
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 135
Comodati tra ENC – un po’ di storia
Cassazione n. 25508/2015 ha ritenuto che a “certe condizioni” può
essere riconosciuta l’esenzione ICI/IMU per gli immobili posseduti da
un ente non commerciale e dati in comodato ad altro ente non
commerciale, aderendo così (parzialmente) ad una circolare del MEF
Problema nasce proprio da un’ordinanza della Cassazione con la
quale è stata sottoposta la questione alla Corte Costituzionale, la quale
ha risposto agli interrogativi del giudice di legittimità con le ordinanze
n. 429 del 2006 e n. 19 del 2007
In sintesi, secondo la Corte costituzionale l'art. 7 richiede, come già
ripetutamente sostenuto dalla Corte di cassazione, l'identità soggettiva
tra il possessore (ovvero il soggetto passivo Ici) e l'utilizzatore; l'art. 59
non modifica tale condizione ma dà solo la possibilità ai comuni di
restringere l'esenzione, con apposita norma regolamentare, ai soli
fabbricati, escludendo i terreni agricoli e le aree fabbricabili.
La questione andrà inevitabilmente rimessa alle Sezioni Unite.
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 136
Comodati tra ENC – un po’ di storia
•ICI – art. 59, comma 1, lett. c) del D.Lgs. n. 446/1997 a mente del quale i
Comuni con proprio regolamento potevano «stabilire che l’esenzione di cui
all’articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.
504 concernente gli immobili utilizzati da enti non commerciali, si applica
soltanto ai fabbricati ed a condizione che gli stessi, oltre che utilizzati,
siano anche posseduti dall'ente non commerciale utilizzatore».
•La piana lettura di questa norma ha portato tutti a ritenere che in assenza di
esercizio della potestà regolamentare l’esenzione fosse applicabile agli
immobili posseduti da soggetti passivi, anche diversi dagli enti non
commerciali, ed utilizzati da un ente non commerciale per lo svolgimento di una
delle attività ritenute meritevoli di tutela, e ciò indipendentemente dal titolo,
gratuito od oneroso, in base al quale avveniva l’utilizzo.
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 137
Comodati tra ENC – un po’ di storia
Cassazione - ordinanza n.11428/2005
Secondo la Corte l’art. 59 è incostituzionale per violazione degli artt. 3, 23,
53, 76 e 77 della Costituzione. In particolare, si ritiene che la sopravvenuta
disposizione di cui all’art. 59 impone una irragionevole rilettura dell’art. 7
costringendo ad esonerare taluni soggetti prescindendo dalla capacità
contributiva ed avendo riguardo a requisiti soggettivi ed oggettivi posseduti
da terzi, ed assegnando, inoltre, in violazione dell’art. 23 della Costituzione,
agli enti locali il potere di stabilire con norme regolamentari presupposti
impositivi e casi di esenzione. È in contrasto, ancora secondo la Corte, con il
principio di ragionevolezza e coerenza, una disposizione che «ammettendo
la possibilità di estendere l’esonero dall’Ici a chi, pur realizzando un reddito
da locazione del bene, pur non essendo incluso tra i soggetti espressamente
indicati dall’art. 87 del TUIR citato e pur non espletando direttamente una
delle attività ritenute meritorie, possa egualmente fruire dell’esonero
mediante l’escamotage della concessione del relativo uso ad altri soggetti
che siano in possesso sia, del requisito soggettivo (ente pubblico e privato
non commerciale) sia, pure, di quello oggettivo (espletamento di una delle
attività indicate nell’art. 7)».
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 138
Comodati tra ENC – un po’ di storia •La Corte costituzionale - ordinanze n. 429 del 2006 e n. 19 del 2007.
•Il giudice delle leggi fornisce un'interpretazione del tutto innovativa dell'art. 59 del D.Lgs n. 446/1997,
completamente difforme da quella fino ad allora seguita dalla generalità dei comuni impositori e
parzialmente difforme da quella fornita dalla stessa Corte di Cassazione; si è praticamente riscritta la
norma.
•La Corte costituzionale ha precisato che l'art. 59, comma 1, lettera c), è norma che « non è finalizzata
né a risolvere un obiettivo dubbio ermeneutico né ad introdurre retroattivamente una nuova disciplina
dell'esenzione prevista dall'art. 7, comma 1, lettera i), del d.lgs. n. 504 del 1992; che il citato art. 59,
comma 1, lettera c), ha il solo scopo di attribuire ai comuni, in deroga a quanto previsto all'art. 7,
comma 1, lettera i), del D.Lgs n. 504/1992, la facoltà di escludere gli enti non commerciali che
possiedono terreni agricoli e aree fabbricabili dal novero dei soggetti esenti - e, perciò, di
applicare l'Ici anche nei loro confronti -, ferma restando l'esenzione per i fabbricati
posseduti dai medesimi enti non commerciali e da essi direttamente utilizzati per lo
svolgimento delle attività di cui all'art. 7; che, pertanto, l'art. 59, comma 1, lettera c), del D.Lgs
n. 446/1997, prevedendo che l'esenzione dall'Ici spetta per i fabbricati a condizione che gli stessi, oltre
che utilizzati, siano anche posseduti dall'ente non commerciale utilizzatore, attribuisce all'art. 7, comma
1, lettera i), del D.Lgs n. 504/1992 lo stesso significato riconosciutogli dalle pronunce della Corte di
cassazione richiamate nell'ordinanza di rimessione e quindi, sotto questo aspetto, non innova la
disciplina dei requisiti soggettivi dell'esenzione».
•In altre parole, secondo la Corte costituzionale l'art. 7 richiede, come già ripetutamente sostenuto dalla
Corte di cassazione, l'identità soggettiva tra il possessore (ovvero il soggetto passivo Ici) e l'utilizzatore;
l'art. 59 non modifica tale condizione ma dà solo la possibilità ai comuni di restringere l'esenzione, con
apposita norma regolamentare, ai soli fabbricati, escludendo i terreni agricoli e le aree fabbricabili.
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 139
Comodati tra ENC – un po’ di storia
•Con l’entrata in vigore dell’Imu, e la conseguente non applicabilità dell’art. 59, è
venuta meno la possibilità per i Comuni di limitare l’esenzione ai soli fabbricati.
Nell’Imu, quindi, l’esenzione opera sia per i fabbricati che per i terreni agricoli e le aree
fabbricabili, a condizione che vi sia identità soggettiva tra possessore ed utilizzatore,
ed ovviamente a condizione che l’utilizzo effettivo rientri nell’ambito delle attività
individuate dal legislatore.
•Tanto basterebbe a ritenere chiusa la questione interpretativa, ma Cassazione e
Dipartimento delle finanze hanno rimesso in discussione la lettura costituzionale
ritenendo che l’esenzione possa operare anche nell’ipotesi di mancata coincidenza tra
soggetto possessore e soggetto utilizzatore, se entrambi sono enti non commerciali e
se l’utilizzo avviene in base ad un contratto di comodato.
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 140
TARI
LS 2016: DEROGHE AL METODO NORMALIZZATO PER IL BIENNIO 2016-17
Il comma 27 proroga per gli anni 2016 e 2017 la modalità di commisurazione della TARI da parte
dei comuni sulla base di un criterio medio-ordinario (ovvero in base alle quantità e qualità medie
ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte)
e non sull’effettiva quantità di rifiuti prodotti (c.d. metodo normalizzato, nel rispetto del principio “chi
inquina paga”, sancito dall’articolo 14 della direttiva 2008/98/CE).
Sarà quindi possibile utilizzare per un altro biennio (2016-2017) i coefficienti del D.P.R. 158/1999
con una flessibilità del +/- 50% (scendere al di sotto dei minimi o superare i massimi), potendo
peraltro non considerare i coefficienti di cui alle tabelle 1a e 1b (parte fissa utenze domestiche). Di
fatto si potrebbe arrivare ad una Tari ibrida, con tariffe utenze domestiche senza il numero dei
componenti (modello Tarsu) e tariffa utenza non domestica con criteri simili alla Tarsu, visto che
non è più necessario individuare coefficienti alternativi al D.P.R. 158/1999, potendo utilizzare quelli
del metodo normalizzato rimaneggiandoli notevolmente in aumento o in ribasso del 50%.
RINVIO DEI FABBISOGNI STANDARD AL 2018
E’ inoltre differito al 2018 (in luogo del 2016) il termine a decorrere dal quale il comune deve
avvalersi, nella determinazione dei costi del servizio, anche delle risultanze dei fabbisogni
standard. A tal fine sono modificati i commi 652 e 653 della legge di stabilità per il 2014 (articolo 1
della legge n. 147 del 2013).
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
141
TARI
LE NOVITÀ DEL COLLEGATO AMBIENTALE (L. 221/2015)
Agevolazioni per attività di prevenzione nella produzione di rifiuti
Il collegato ambientale amplia la platea delle disposizioni agevolative previste dalla disciplina TARI,
aggiungendo altre fattispecie. La prima, invero piuttosto generica, è prevista dall’art. 36 della legge n.
221/2015.
e-bis) attività di prevenzione nella produzione di rifiuti, commisurando le riduzioni tariffarie alla quantità di rifiuti
non prodotti (c. 659 LS 2014) (ESEMPIO- «Brutti ma buoni»
Riduzioni in caso di compostaggio dei rifiuti
Un’altra fattispecie agevolativa prevista dal collegato ambientale riguarda la riduzione tariffaria in caso di
compostaggio dei rifiuti, contenuta negli artt. 37 e 38.
TARI corrispettiva: DM attuativo
Il nuovo comma 667 prevede due novità: 1) la definizione dei criteri per l’attuazione della TARI corrispettiva è
ora demandato a un decreto invece che a un regolamento: non è una differenza di poco conto, considerato
che non sarà più necessario acquisire il parere del Consiglio di Stato (procedura senz’altro più veloce ma al
tempo stesso sfornita del “filtro” di legittimità); 2) il termine per l’adozione del DM viene differito dal giugno
2014 ad una data certamente successiva (“entro un anno”).
3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto 142
TARI PUNTUALE
SOGGETTO LEGITTIMATO ALL’APPROVAZIONE DELLE TARIFFE
ANCI EMILIA ROMAGNA nota 29/4/2016
Spetta al Comune approvare sia il regolamento di istituzione della tariffa puntuale sia
le tariffe di riferimento
Non è invece possibile approvare tariffe d’ambito o di bacino sovracomunali
Anche il piano finanziario deve essere approvato dal singolo ente, anche per
dimostrare che le entrate ricavabili dalle tariffe garantiscono la copertura integrale
dei costi di riferimento
Peraltro, anche in presenza di un medesimo modello organizzativo per un bacino di
più Comuni, come la raccolta porta a porta e la misurazione puntuale, difficilmente si
potrà arrivare all’approvazione autonoma di identiche tariffe, in quanto le
configurazioni territoriali, quali la distanza delle frazioni o l’ampiezza del centro
storico, portano inevitabilmente alla formazione di costi differenziati per singolo
Comune
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
143
Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 22 maggio il decreto del Ministero
dell’Ambiente che stabilisce i criteri di misurazione dei rifiuti che autorizzano i
Comuni ad applicare la Tari puntuale.
L’emanazione del decreto era prevista dall’art. 1, comma 667 della legge n.
147/2013, che demandava al Ministero dell’Ambiente l’individuazione dei
criteri per la realizzazione da parte dei Comuni di sistemi di misurazione
puntuale della quantità dei rifiuti conferiti al servizio pubblico, ma anche, in
alternativa, dei correttivi ai criteri di ripartizione del costo del servizio
finalizzati ad attuare un modello tariffario calibrato sul servizio reso agli utenti.
Sistema molto semplificato
Stabilisce i criteri per l’attribuzione della sola parte variabile della tariffa
Ammette il prelievo anche sulla base del «servizio reso» anche se non
utilizzato (esempio svuotamenti minimi obbligatori)
In generale rende meno labile il rapporto sinallagmatico
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Tari puntuale- Approvato il DM
La Corte di Giustizia Europea di recente, con la sentenza 30 marzo 2017, C-
335/16 ha ribadito (si veda anche la sentenza 16 luglio 2009, C-254/08) che non
esiste alcuna normativa che imponga agli Stati membri un metodo preciso per il
finanziamento del costo del servizio di smaltimento, sicché questo potrà essere
effettuato “indifferentemente, mediante una tassa, un contributo o qualsiasi altra
modalità”. E non è neanche necessario misurare puntualmente la quantità,
essendo sufficiente anche il criterio del volume, ed è anche possibile attribuire
all’utente l’addebito di un contributo a copertura dei costi di investimenti, purché
non vi sia sproporzione tra quanto richiesto ed i volumi di rifiuti conferiti,
sproporzione che deve essere verificata, ad esempio, considerando il tipo di
immobili occupati, la loro superficie e la loro destinazione.
Quindi, il principio comunitario in questione può essere attuato anche mediante
una tassa e quindi mediante la Tari tributo.
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
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Principio comunitario «chi inquina paga»
Altro problema di carattere generale, e sul quale è urgente un chiarimento normativo, è la
portata del comma 668 della legge 147, laddove è previsto che “la tariffa corrispettiva è
applicata e riscossa dal soggetto affidatario del servizio”. Nelle varie esperienze si registrano
Comuni che incassano e fatturano direttamente la Tari corrispettiva, mentre in altri casi è
fatturata direttamente dal gestore, con la (non piccola) conseguenza che in un caso i costi
e le entrate sono iscritte nel bilancio comunale, mentre nell’altro caso non risultano
iscritti né i costi né le entrate.
Queste ultime considerazioni pongono poi un’ulteriore problema in merito al nuovo
contenzioso sull’Iva applicata alla Tari. Se la giurisprudenza dovesse confermare la stessa
risposta data per la Tia, anche la Tari corrispettiva andrà qualificata come un tributo e
quindi dovrà “tornare” ad avere una sua collocazione nel bilancio comunale.
Per quanto riguarda gli esiti del nuovo contenzioso, anche se è presto fare previsioni, pare
che i principi stabiliti dalla Corte Costituzionale nella sentenza 24 luglio 2009, n. 238, per
qualificare un entrata come un tributo, quali la mancanza di un rapporto sinallagmatico e
la doverosità della prestazione imposta, si prestano bene ad essere replicati anche per la
Tari.
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Nodo IVA
TARI
LE SUPERFICI PRODUTTIVE DI RIFIUTI SPECIALI: IL NUOVO CRITERIO DELLA “PREVALENZA”
649. Nella determinazione della superficie assoggettabile alla TARI non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali, al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i relativi produttori, a condizione che ne dimostrino l'avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente. (omissis)
In ordine alle superfici produttive di rifiuti speciali, non assimilati agli urbani, il comma 649 chiarisce che non sono assoggettabili alla Tari le aree dove tali rifiuti si formano “in via continuativa e prevalente”.
In particolare il requisito della prevalenza, diversamente dal “di regola” presente nella Tares-Tarsu, sembrerebbe aprire le porte all’esonero anche in caso di aree con produzione mista di rifiuti speciali e urbani
Tuttavia, si ritiene che l’esonero riguardi solo quelle superfici per le quali il contribuente è in grado di dimostrare l’esclusiva o prevalente produzione di rifiuti speciali non assimilati agli urbani
Per le superfici a produzione promiscua, il c. 649 va infatti raccordato con il c. 682, che rimette al regolamento comunale l’individuazione di percentuali di abbattimento forfetario delle superfici; tali percentuali di riduzione non potranno essere superiori al 50%, poiché in tal caso ci sarebbe una prevalenza di produzione di rifiuti speciali cui dovrebbe conseguire la completa detassazione
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TARI
LE SUPERFICI PRODUTTIVE DI RIFIUTI SPECIALI: L’ONERE DI DIMOSTRARE L’AVVENUTO TRATTAMENTO
649. Nella determinazione della superficie assoggettabile alla TARI non si
tiene conto di quella parte di essa ove si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali, al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i relativi produttori, a condizione che ne dimostrino l'avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente. (omissis)
Il comma 649 subordina l’esonero dalla TARI all’onere posto in capo al contribuente di dimostrare l’avvenuto trattamento dei rifiuti speciali in conformità alla legislazione vigente
Obbligo di dichiarazione dei rifiuti speciali, con modalità e tempistica da specificare con regolamento comunale
Bozza regolamento: “A tal fine, a pena di decadenza, il soggetto passivo dovrà presentare al Comune copia dei formulari di identificazione dei rifiuti entro il 20 gennaio dell’anno successivo a quello di riferimento. In difetto, l’intera superficie sarà assoggettata alla tassa per l’intero anno solare”.
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TARI
LE SUPERFICI PRODUTTIVE DI RIFIUTI ASSIMILATI AVVIATI AL
RICICLO: RIPRISTINO DELLA RIDUZIONE
649. (omissis) Per i produttori di rifiuti speciali assimilati agli urbani, nella
determinazione della TARI, il comune disciplina con proprio
regolamento riduzioni della quota variabile del tributo proporzionali alle
quantità di rifiuti speciali assimilati che il produttore dimostra di aver
avviato al riciclo, direttamente o tramite soggetti autorizzati. Con il
medesimo regolamento il comune individua le aree di produzione di
rifiuti speciali non assimilabili e i magazzini di materie prime e di
merci funzionalmente ed esclusivamente collegati all'esercizio di
dette attività produttive, ai quali si estende il divieto di
assimilazione. Al conferimento al servizio pubblico di raccolta dei rifiuti
urbani di rifiuti speciali non assimilati, in assenza di convenzione con il
comune o con l'ente gestore del servizio, si applicano le sanzioni di cui
all'articolo 256, comma 1, del decreto legislativo 2 aprile 2006, n. 152.
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
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TARI
SUPERFICI CON RIFIUTI ASSIMILATI AVVIATI AL RICICLO RIDUZIONE
Prima questione (riduzione per i rifiuti speciali assimilati avviati al “riciclo”)
Si restringe il campo di azione del beneficio, posto che il riciclo è un tipo di recupero finalizzato a realizzare prodotti finiti materiali, quindi viene escluso il recupero per generare energia o combustibili
Attenzione: qualora il contribuente si limiti ad effettuare un contratto di smaltimento con altra ditta diversa dal Comune, ciò non vuol dire che il rifiuto sia stato avviato al recupero
Come tradurre il precetto legislativo in disposizione regolamentare? 1) riduzione fissa del 35% della quota variabile, purché il quantitativo
dei rifiuti avviati al riciclo sia almeno il 50% della produzione annua presunta calcolata come prodotto tra il coefficiente KD della categoria tariffaria di appartenenza e la superficie assoggettata al tributo (Anci Emilia Romagna nota del 27/6/2014)
2) riduzione a scaglioni; 20% se riciclo del 30-40%; 30% se riciclo del 41-60%; 40% se riciclo maggiore del 60%
3) riduzione proporzionale ai rifiuti avviati al riciclo su quelli potenzialmente producibili: % riduzione = rifiuti avviati al riciclo / (Kd x mq.)
Riduzione da applicare a consuntivo, di regola mediante compensazione alla prima scadenza utile: è possibile subordinare la riduzione ad una comunicazione annuale, da presentare entro un termine stabilito
La mancata regolamentazione comunale non preclude il diritto del contribuente al riconoscimento della riduzione, la quale potrà anche essere determinata dal giudice tributario (Cass. 13/3/2015 n. 5047)
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TARI
LE SUPERFICI PRODUTTIVE DI RIFIUTI ASSIMILATI AVVIATI AL RICICLO: I MAGAZZINI DI MATERIE PRIME E DI MERCI
Seconda questione magazzini da esonerare
Deve trattarsi di “magazzini di materie prime e di merci funzionalmente ed esclusivamente collegati all'esercizio di attività produttive”
Primo orientamento
il termine “merci” va riferito al materiale necessario (cioè utilizzato o destinato) al ciclo produttivo e non ai prodotti finiti; ad esempio, in un impresa di ceramica non saranno oggetto di tassazione le aree dei magazzini in cui sono stoccati sia le materie prime (argilla) sia le merci (vernici) necessarie alla produzione del prodotto finito dell’azienda;
sono invece tassabili i magazzini di prodotti finiti e di semilavorati, perché il loro impiego non determina la produzione di rifiuti speciali non assimilabili;
Si veda lo schema di regolamento TARI proposto da Anci Emilia Romagna (circolare del 27/6/2014)
Secondo orientamento
Merci utilizzate e/o derivanti dal processo produttivo (quindi sono esonerati anche i depositi di prodotti finiti)
Restano esclusi dalla detassazione quelli destinati anche solo parzialmente al deposito di prodotti o merci non derivanti dal processo produttivo svolto nelle aree di produzione a cui gli stessi sono collegati o destinati alla commercializzazione o alla successiva trasformazione in altro processo produttivo che non comporti la produzione esclusiva di rifiuti non assimilati da parte della medesima attività (bozza regolamento ANUTEL).
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Criteri di assimilazione
• Nel regolamento per l’applicazione della Tari il comune deve disciplinare i criteri di
assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani. In merito all’assimilazione questa
dovrà essere disposta per qualità e quantità, così come costantemente richiesto
dalla giurisprudenza di legittimità.
• Le sostanze assimilabili sono quelle elencate al punto 1.1.1 della Delibera del
Comitato Interministeriale 27 luglio 1984, che tuttora disciplina la materia delle
assimilazioni. Al riguardo occorre precisare che l’assimilazione può operare solo
attraverso una delibera comunale, così come espressamente previsto dall’art. 198
del d.lgs. n. 152 del 2006, che al comma 2, lett. g), attribuisce alla competenza
comunale «l'assimilazione, per qualità e quantità, dei rifiuti speciali non
pericolosi ai rifiuti urbani, secondo i criteri di cui all'articolo 195, comma 2, lettera
e), ferme restando le definizioni di cui all'articolo 184, comma 2, lettere c) e d)».
• La mancata emanazione del decreto del Ministero dell’ambiente, che avrebbe
dovuto individuare i criteri qualitativi e quali-quantitativi, previsto dall’art. 195,
comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006, fa si che l’unica disciplina a cui oggi è
possibile far riferimento sia appunto la deliberazione interministeriale del 27 luglio
1984, emessa in attuazione dell’art. 5 del d.p.r. n. 915 del 1982.
• Problema assimilazioni disposte in regime Tia dall’Ato provinciale
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Forse entro l’estate arriverà il tanto atteso decreto ministeriale che detta le regole in base
alle quali i Comuni possono disporre l’assimilazione dei rifiuti speciali a quelli urbani.
La sollecitazione arriva dal Tar Lazio, che con sentenza 4611 del 13 aprile 2017 ha “messo
in mora” il Ministero, concedendo 120 giorni per emanare il il decreto previsto dall’art. 195,
comma 2, lett. e) del D.lgs. n. 152/2006 (si veda il Quotidiano degli enti locali e della Pa del
28 aprile 2017). La normativa primaria rimette alla competenza statale la “determinazione
dei criteri qualitativi e quali-quantitativi per l’assimilazione, ai fini della raccolta e dello
smaltimento, dei rifiuti speciali e dei rifiuti urbani”. Nelle more dell’emanazione del decreto,
le regole da seguire sono ancora quelle fissate dalla delibera del Comitato interministeriale
27 luglio 1984 e le sostanze assimilabili sono quelle elencate al punto 1.1.1 di tale delibera.
Per giurisprudenza di legittimità costante (tra le tante, Cassazione n. 18021/2013), poi, nel
disporre l’assimilazione i Comuni sono tenuti anche ad individuare le quantità. Solo con la
previsione di criteri sia qualitativi che quantitativi esiste l’obbligo di conferimento dei rifiuti
assimilati al pubblico servizio, e conseguentemente l’obbligo di corrispondere la Tari.
Un discorso a parte deve essere fatto, invece, per i rifiuti delle strutture sanitarie pubbliche
per le quali opera un’assimilazione ex lege, ai sensi dell’art. 2, lett. g), del Dpr. n. 254/2003.
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Schema DM Assimilazione
Schema DM ASSIMILAZIONI - osservazioni PM.docx
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Schema DM assimilazioni
I rifiuti ospedalieri
• Un discorso a parte deve essere fatto per i rifiuti
delle strutture sanitarie pubbliche per le quali opera
un’assimilazione ex lege, ai sensi dell’art. 2, lett. g),
del d.p.r. n. 254 del 2003. La disposizione assimila ai
rifiuti urbani i seguenti rifiuti prodotti da strutture
sanitarie pubbliche e private: • i rifiuti derivanti dalla preparazione dei pasti provenienti dalle cucine delle strutture sanitarie;
• i rifiuti derivanti dall'attività di ristorazione e i residui dei pasti provenienti dai reparti di degenza delle
strutture sanitarie, esclusi quelli che provengono da pazienti affetti da malattie infettive per i quali sia ravvisata
clinicamente, dal medico che li ha in cura, una patologia trasmissibile attraverso tali residui;
• vetro, carta, cartone, plastica, metalli, imballaggi in genere, materiali ingombranti da conferire negli ordinari
circuiti di raccolta differenziata, nonché altri rifiuti non pericolosi che per qualità e per quantità siano assimilati
agli urbani;
• la spazzatura;
• indumenti e lenzuola monouso e quelli di cui il detentore intende disfarsi;
• i rifiuti provenienti da attività di giardinaggio effettuata nell'àmbito delle strutture sanitarie;
• i gessi ortopedici e le bende, gli assorbenti igienici anche contaminati da sangue esclusi quelli dei degenti
infettivi, i pannolini pediatrici e i pannoloni, i contenitori e le sacche utilizzate per le urine
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
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Forse entro l’estate arriverà il tanto atteso decreto ministeriale che detta le
regole in base alle quali i Comuni possono disporre l’assimilazione dei rifiuti
speciali a quelli urbani.
La sollecitazione arriva dal Tar Lazio, che con sentenza 4611 del 13 aprile
2017 ha “messo in mora” il Ministero, concedendo 120 giorni per emanare il il
decreto previsto dall’art. 195, comma 2, lett. e) del D.lgs. n. 152/2006
Bozza DM:
- Riscrive l’elenco dei rifiuti assimilabili
- Precisa che la detassazione si applica anche ai magazzini di prodotti finiti
- Vieta l’assimilazione per attività produttive con superfici superiori a 250
mq nei comuni fino a 10.000 abitanti, e 500 mq nei comuni con più di
10.000 abitanti
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Caos in arrivo!
Definizione imballaggi
• Art. 218 del D.lgs. N. 152/2006
• a) imballaggio: il prodotto, composto di materiali di qualsiasi natura, adibito a
contenere determinate merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, a proteggerle, a
consentire la loro manipolazione e la loro consegna dal produttore al consumatore
o all'utilizzatore, ad assicurare la loro presentazione, nonché gli articoli a perdere
usati allo stesso scopo;
• b) imballaggio per la vendita o imballaggio primario: imballaggio concepito in
modo da costituire, nel punto di vendita, un'unità di vendita per l'utente finale o per il
consumatore;
• c) imballaggio multiplo o imballaggio secondario: imballaggio concepito in modo
da costituire, nel punto di vendita, il raggruppamento di un certo numero di unità di
vendita, indipendentemente dal fatto che sia venduto come tale all'utente finale o al
consumatore, o che serva soltanto a facilitare il rifornimento degli scaffali nel punto
di vendita. Esso può essere rimosso dal prodotto senza alterarne le caratteristiche;
• d) imballaggio per il trasporto o imballaggio terziario: imballaggio concepito in
modo da facilitare la manipolazione ed il trasporto di merci, dalle materie prime ai
prodotti finiti, di un certo numero di unità di vendita oppure di imballaggi multipli per
evitare la loro manipolazione ed i danni connessi al trasporto, esclusi i container per
i trasporti stradali, ferroviari marittimi ed aerei;
• ;
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Assimilazione imballaggi
Art. 221 del 152/2006
4. Ai fini di cui al comma 3 gli utilizzatori sono tenuti a consegnare gli
imballaggi usati secondari e terziari e i rifiuti di imballaggio secondari e
terziari in un luogo di raccolta organizzato dai produttori e con gli stessi
concordato. Gli utilizzatori possono tuttavia conferire al servizio pubblico i
suddetti imballaggi e rifiuti di imballaggio nei limiti derivanti dai criteri
determinati ai sensi dell'articolo 195, comma 2, lettera e) (ovvero nei limiti
dell’assimilazione disposta dal comune)
Dalla disposizione riportata se ne potrebbe ricavare la conclusione che anche
gli imballaggi terziari possano essere assimilati, tuttavia
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
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Criteri di assimilazione
• ART. 226 (Divieti)
• 1. È vietato lo smaltimento in discarica degli imballaggi e dei contenitori
recuperati, ad eccezione degli scarti derivanti dalle operazioni di
selezione, riciclo e recupero dei rifiuti di imballaggio.
• 2. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 221, comma 4, è vietato
immettere nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani
imballaggi terziari di qualsiasi natura. Eventuali imballaggi secondari
non restituiti all'utilizzatore dal commerciante al dettaglio possono essere
conferiti al servizio pubblico solo in raccolta differenziata, ove la stessa sia
stata attivata nei limiti previsti dall'articolo 221, comma 4.
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
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Criteri di assimilazione
Quindi:
A) imballaggi secondari assimilabili solo se attiva la raccolta differenziata;
B) Imballaggi terziari non assimilabili.
Tali conclusioni trovano conferma, seppur con riferimento all’analoga
disciplina contenuta nel decreto Ronchi, nella giurisprudenza della Corte di
Cassazione (sentenze n. 5377/2012 e 11500/2012)
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Gli imballaggi terziari
Se non è conferibile al servizio pubblico l'imballaggio terziario nel suo insieme
(mentre lo sarebbero certamente i singoli materiali di cui è composto), allora
è necessario che il contribuente dimostri compiutamente di averlo
avviato al recupero (parimenti) nel suo insieme (cioè nella sua totalità) e
senza averne alterato la composizione.
La norma di divieto di conferimento di imballaggi in discarica (art. 226,
comma 1, TUA) presenta la distinzione tra imballaggio vero e proprio (non
conferibile) e scarto di imballaggio (conferibile): “È vietato lo smaltimento in
discarica degli imballaggi e dei contenitori recuperati, ad eccezione degli
scarti derivanti dalle operazioni di selezione, riciclo e recupero dei rifiuti di
imballaggio”.
161 3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto
Gli imballaggi terziari
Tale distinzione è tra l'altro stata recentemente sancita proprio dalla Suprema Corte che con la
sentenza Cass. pen. Sez. III, Sent., 5 dicembre 2013, n. 48737 ha chiaramente distinto tra
“imballaggio terziario” e “rifiuto di imballaggio”: “La definizione di "imballaggio" è fornita
dall'art. 218, comma 1, lett. a). Si intende dunque per imballaggio: "il prodotto, composto di
materiali di qualsiasi natura, adibito a contenere determinate merci, dalle materie prime ai
prodotti finiti, a proteggerle, a consentire la loro manipolazione e la loro consegna dai
produttore ai consumatore o all'utilizzatore, ad assicurare la loro presentazione, nonchè gli
articoli a perdere usati allo stesso scopo".
La successiva lett. f) della medesima disposizione definisce come "rifiuto da imballaggio";
"ogni imballaggio o materiale di imballaggio, rientrante nella definizione di rifiuto di cui all'art.
183, comma 1, lett. a), esclusi i residui della produzione", mentre la lett. g) qualifica "gestione
dei rifiuti da imballaggio": "le attività di gestione di cui all'art. 183, comma 1, lett. d)".
Vi è pertanto una sostanziale differenza tra gli imballaggi ed i
rifiuti di imballaggio, avendo i primi una specifica finalità,
venuta meno la quale e sussistendo le condizioni di cui al
D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 183, comma 1, lett. a), quando,
cioè, il detentore se ne disfi o abbia l'intenzione o l'obbligo
di disfarsene, rientrano a tutti gli effetti nel novero dei rifiuti
oggetto delle attività di gestione descritte nel medesimo art.
183
162 3-12 luglio 2017 -
Pasquale Mirto
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 14414 del 9 giugno 2017, interviene sul tema dell’assoggettamento a tassa rifiuti dei
magazzini ove si producono rifiuti da imballaggi terziari.
La sentenza appare significativa perché, ponendosi sul solco di altra consolidata giurisprudenza di legittimità, conferma
l’assoggettamento dei magazzini che invece, almeno nelle intenzioni del Ministero dell’ambiente, non saranno in futuro più
soggetti ad alcun prelievo.
La sentenza in commento, affronta il delicato tema degli imballaggi, precisando che gli imballaggi si distinguono in primari
(quelli costituiti da "un'unità di vendita per l'utente finale o per il consumatore"), secondari o multipli (quelli costituiti dal
"raggruppamento di un certo numero di unità di vendita") e terziari (quelli concepiti "in modo da facilitare la manipolazione ed
il trasporto di un certo numero di unità di vendita oppure di imballaggi multipli"). La normativa (ora art. 226 del D.lgs. n.
152/2016) dispone il divieto di immettere nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani gli imballaggi terziari di qualsiasi
natura, mentre gli imballaggi secondari sono assimilabili solo se è attiva la raccolta differenziata. Inoltre, occorre tener conto
che lo stesso art. 226 presenta la distinzione tra imballaggio vero e proprio e gli scarti derivanti dalle operazione di selezione,
riciclo e recupero dei rifiuti di imballaggio, che sono conferibili al pubblico servizio.
Nel caso scrutinato dalla Corte era pacifico che il contribuente, un azienda di logistica, aveva prodotto rifiuti da imballaggi
terziari ed aveva provveduto in proprio allo smaltimento degli stessi, ma ciò “non comporta, però, che tali categorie di
rifiuti (imballaggi terziari) siano, di per sé esenti da Tarsu”, dovendosi applicare la disciplina prevista per i rifiuti
speciali, che prevede la detassazione solo per la parte di superficie ove si formano in via prevalente e continuativa i
rifiuti speciali. In altri termini, la società “in quanto produttrice di rifiuti speciali non assimilabili (imballaggi terziari ), avrebbe
potuto solo beneficiare di una riduzione parametrata alla intera superficie su cui l’attività veniva svolta”, tenuto conto che
comunque nell'area venivano prodotti anche rifiuti urbani, riduzione da quantificare, poi, sulla base delle specifiche
disposizioni contenute nel regolamento comunale.
Inoltre, secondo la Cassazione pur operando in tema di tassa rifiuti il principio secondo il quale l’onere della prova dei fatti
costituenti la fonte dell’obbligazione tributaria spetta al Comune, per quanto attiene alla “quantificazione” della tassa è posto
a carico del contribuente l’obbligo di presentazione della dichiarazione al fine di ottenere l’esclusione di alcune aree
della superficie tassabile, “ponendosi tale esclusione come eccezione alla regola generale secondo cui al
pagamento del tributo sono astrattamente tenuti tutti coloro che occupano o detengono immobili nel territorio
comunale”.
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
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Cass 14414/2017 su magazzini ed imballaggi terziari
3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
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3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto
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Grazie per l’attenzione
Pasquale Mirto [email protected]
I materiali saranno disponibili su: www.fondazioneifel.it/formazione
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