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POLITICA E ISTITUZIONI DELLE ORGANIZZAZIONI
INTERNAZIONALI
Dispensa
Anno Accademico 2007 / 2008
Prof. Fabio Marazzi
INDICE Introduzione …………………………………………………………………………………………..
1. Cenni storici ………………………………………………………………………………………
2. Carattere e struttura delle organizzazioni internazionali ……………………………………
3. Disciplina e classificazione ………………………………………………………………………
4. Caratteristiche delle organizzazioni non governative internazionali (ONG) ………………
5. Ruolo, funzioni, efficacia delle organizzazioni internazionali ……………………………………
6. Multilateralismo e società internazionale …………………………………………………………
7. Organizzazioni intergovernative ………………………………………………………………….
7.1 Società Delle Nazioni ed ONU …………………………………………………………
7.2 World Trade Organization (WTO) …………………………………………………………
7.3 Unione Europea …………………………………………………………………………..
8. ONG e Globalizzazione ………………………………………………………………………
9. Prospettive ……………………………………………………………………………………………
10. Organizzazione non governative…………………………………………………………………
10.1 Croce Rossa e Mezzaluna Rossa……………………………………………………..
10.2 Greenpeace…………………………………………………………………………..
10.3 Unesco………………………………………………………………………………….
10.4 W.W.F…………………………………………………………………………………
10.5 Amnesty International………………………………………………………………
INTRODUZIONE A partire dalla metà del XIX secolo, e ancor più dagli inizi del XX secolo, si nota a livello di rapporti
internazionali, un improvviso proliferare,perlopiù sul continente europeo, di contatti tra singoli
individui dei vari stati.
A cosa questo fenomeno fosse dovuto, non è ben chiaro; alcuni come Stosic ed ancor prima
Potter, in “An introduction to the Study of International Organizations”, sostengono che ciò avvenne
per reazione dei singoli cittadini all’isolamento degli Stati, i cui unici contatti, quando si
verificavano, erano di carattere strettamente politico (1).
Altri, tra cui risalta la figura di J.J. Lador-Lederer (2), ricollegano la nascita di questi primi
movimenti organizzativi privati, più che ad un fenomeno di reazione ad un eccessivo isolamento,
ad un sentimento di ribellione verso uno Stato, qual’era quello del XIX secolo che, proclamatosi
sovrano assoluto e svincolatosi da qualsiasi superiore autorità, non riconosceva al singolo un
diritto di azione in campo internazionale.
Probabilmente, entrambe le tesi possono essere sufficienti a spiegare, da un punto di vista
strettamente storico, la nascita, di associazioni private, ma, a mio parere, ancor prima di cercare
motivazioni di tal tipo, ritengo importante porre in risalto l’aspetto sociologico del fenomeno.
La tendenza dell’individuo ad associarsi con i suoi simili, rappresenta una costante di tutta
l’evoluzione del genere umano: inizialmente ci si associava secondo un vincolo di sangue, poi di
genti e poi di interessi.
Le associazioni private del XIX secolo, sorte nell’ambito di un sistema istituzionalizzato ed
organizzato, qual’era lo Stato democratico e “moderno”, nato dalle ceneri della Rivoluzione
Francese, sono anch’esse fondamentalmente l’espressione del bisogno di individualità, che trova
modo di palesarsi all’interno di una più grande organizzazione, lo Stato appunto, senza
necessariamente doversi porre né in antitesi né in alternativa a questo, ma costituendo piuttosto il
necessario complemento alla vita sociale del cittadino, il quale non più semplice suddito, diviene
soggetto di libertà.
Affermerei perciò, che le ONG sono l’espressione e lo strumento dell’individualità del singolo
d’ogni epoca, che nel XIX secolo, all’interno della struttura del “nuovo” Stato, manifesta
liberamente, in modo ormai organizzato, le proprie aspirazioni ed i propri ideali.
Da qui la nascita delle Organizzazioni Non Governative come formule di concretizzazione dei diritti
individuali e come intermediarie tra le aspirazioni soprannazionali dei singoli, ostacolate dallo Stato
sovrano e gli altri soggetti internazionali.
Certo, qualunque sia la tesi che si voglia accogliere, vi è l’evidenza di un improvviso sviluppo, a
partire dal XIX secolo, di Organizzazioni Non Governative, le quali con il tempo non hanno cessato
di aumentare quantitativamente fino a diventare, oggi, uno degli elementi più importanti nelle
relazioni internazionali ed a trovare legittimazione nella Carta delle Nazioni Unite. In tal modo si
può essere d’accordo con Stosic quando afferma che “l’on peut dire que le XIXème siècle état le
siècle de l’associationisme (3)“.
Questo loro successo, dovuto principalmente ad una struttura organizzativa ed amministrativa
molto più agile e perciò facilmente adattabile di quella delle Organizzazioni Governative o di altri
organismi internazionali pubblici, il loro modo d’agire senza vincoli burocratici eccessivi ed ancor
più la piena libertà d’espressione, sono tutti fattori che concorrono a renderle strumenti più efficaci,
attraverso i quali i singoli possono esercitare pressioni, talvolta notevoli, sull’operato degli Stati,
spingendoli sia a modificare situazioni pregiudizievoli dei diritti dell’individuo, sia ad adattare o
adottare adeguati regolamenti e comportamenti, in sintonia con il rapido mutare della congiuntura
internazionale a qualunque livello politico, economico o sociale.
Qualche breve cenno ora sulla nascita dell’espressione “ONG”.
Il termine, divenuto d’uso comune dopo la Seconda Guerra Mondiale, ha sostituito l’espressione
“Associazioni Internazionali Private” o in inglese, “Private International Organizations” ed ha
assunto ufficialità a seguito della inserzione nella Carta delle Nazioni Unite all’art. 71.
A tale proposito bisogna anche ricordare che a tutt’oggi esso non è universalmente accettato; ad
esempio Geroges Langord (4) ritiene incorretta questa definizione allorché si parli di associazioni a
composizione mista mezza pubblica e mezza privata.
Ma a prescindere da questioni puramente terminologiche, và ricordato che è stato proprio con l’art.
71 della Carta delle N.U. che ha ricevuto ufficialità l’abbreviazione ONG, già in precedenza
utilizzata dalla Union des Associations Internationales (UAI) ed oggi universalmente riconosciuta,
così come risulta anche dalla lettura della “European convention on the recognition of the legal
personality of international non-govermental organizations”, redatta a Strasburgo il 24 Aprile 1986.
Note
(1) Potter, Pittman “An introduction to the study of international organization” Appleton-
Century-Crofts Inc., 5th edition New York 1948, pag. 33.
(2) Lador/Lederer “International non governmental organizations and Economic entities”
Leyden, 1963, pag. 27.
(3) Stosic “Les org non gouv. et les N.U. » Droz, Geneve, 1964, pag. 11.
(4) Langord Georges « L’evolution du role des organisations international non
gouvernamentales » in Associations internationales 1955, n. 8, pag. 508
1. CENNI STORICI Nell’analizzare la genesi e lo sviluppo delle ONG, ciò che subito risulta evidente è che esse
appaiono sulla scena internazionale non prima del secolo scorso, che tali associazioni private
internazionali sorgono per la maggior parte in territori ove il protestantesimo ha forti radici, che
infine vi sono fattori storici quali la guerra o le esposizioni internazionali che potrebbero avere
avuto notevole influenza sulla loro improvvisa ed enorme crescita.
Qui si cercherà di fare una breve esposizione di tutti questi elementi, in modo da poter collocare un
fenomeno tanto importante, qual è quello delle ONG, in un corretto contesto storico.
Iniziamo con il cercare di cogliere le motivazioni che spinsero i singoli, in un determinato momento
del secolo scorso, a riunirsi in gruppi organizzati.
L’afflusso di nuove ricchezze, dovuto al progresso tecnico e alla scoperta di enormi e nuove
quantità di energia, nel XVIII e XIX secolo, causò un grosso sviluppo delle relazioni internazionali,
soprattutto a partire dal 1815, attraverso la forma delle associazioni private.
Si potrebbe affermare che la prima apparizione di ONG risalga ad un periodo precedente a questa
data, anche se fu proprio nel 1815 che si tenne a Ginevra il “Congresso di Scienze Fisiche e
Naturali”, primo simposio internazionale organizzato da soggetti non governativi di cui si abbiano
informazioni precise; secondo la UAI (1), ad esempio, la più antica ONG potrebbe essere stata la
“Roscrucian Order”, che ebbe origine in Egitto attorno al 1500; Stosic (2) ricorda poi le riunioni di
filosofi e saggi nel Medio Evo ed il Congresso Medico che si svolse a Roma dal 10 Marzo 1681
all’8 Giugno 1682, ma di tutti questi primi fenomeni associativi organizzati a livello internazionale,
non vi sono dati certi.
Fu nel XIX secolo invece che nacquero le prime ONG.
Infatti poiché gli Stati non riuscivano a seguire il ritmo di sviluppo che la civilizzazione industriale
stava imponendo, furono sostituiti in questo compito di adattamento ai “nuovi tempi”, dall’iniziativa
privata e dal capitalismo, sui quali quella si fondava, che esigendo forme di coordinamento agili,
veloci e non burocratizzate, favorirono la nascita delle prime associazioni internazionali.
Esse inizialmente si moltiplicarono sul piano dell’azione economica, ciò proprio per l’esigenza di
espansione commerciale propria di quell’epoca, nella quale un gran numero di società di
commercio assunsero carattere internazionale grazie all’ampiezza dei propri traffici.
Si è parlato fin qui di questo improvviso sorgere di ONG e si è cercato di dare una ragione
ravvisandola nella nascita del capitalismo “moderno” borghese, ma allorché si esaminino i luoghi
ove tali contatti si svilupparono, si nota che essi si trovano perlopiù in paesi protestanti. Secondo
Stosic (3) questo sarebbe dovuto alla ricerca di un elemento soprannazionale comune da parte
degli Stati protestanti, i quali, assimilando i principi della Riforma si erano allontanati dall’unico
elemento che li teneva uniti: la fede in un'unica chiesa che si trasformò allora nella necessità di
instaurare comuni relazioni internazionali in settori come la scienza, la legislazione, la cultura.
Certo, sia che si condivida tale tesi, o meno, e personalmente mi sembra valida dato il facile
riscontro che può avere nei fatti,le prime ONG sorsero in paesi protestanti: ad esempio la British
and Foreign Anti-Slavery Society a Londra nel 1823 o la “World’s Evangelical Alliance” in
Inghilterra nel 1846 o il “Comitè International de la Croix Rouge” fondato a Ginevra nel 1863.
Altro fattore la cui influenza è importante nello studio della genesi delle ONG, è la guerra.
In coincidenza di ogni conflitto, a partire dal 1870, si nota come l’attività delle ONG si riduca
notevolmente e come talvolta sia proprio durante questi momenti di crisi che alcune ONG
scompaiono, ma ancor più come, proprio per reazione alle atrocità dei conflitti, siano sorte le più
importanti associazioni private: all’indomani della guerra del 1870-71 sorge L’Institut del Droit
International, in Belgio e contemporaneamente nasce a Londra l’International Law Association,
anche se l’esempio più significativo a favore di questo rapporto causa-effetto tra genesi delle ONG
ed eventi bellici, è dato dalla fondazione nel 1863 del Comitato Internazionale della Croce Rossa
per iniziativa di Henry Dunant, dopo che costui era rimasto profondamente colpito dalle atroci
sofferenze dei soldati feriti nella battaglia di Solferino.
Dunant, ottenuto l’appoggio della “Geneva Society for the protection of Public Interests”,
organismo privato, e dopo essersi presentato al “International Statistic Congress” di Berlino del
1863, riuscì a persuadere i Governi ad interessarsi ai suoi progetti ed a trasformarli in regolamenti,
a riprova anche di quanto possa essere fondamentale l’iniziativa privata.
Per venire a tempi a noi più vicini, va detto che il momento più difficile per la vita e la
sopravvivenza della ONG fu durante la Seconda Guerra Mondiale; infatti, se negli anni
immediatamente precedenti allo scoppio del conflitto si può notare come nei paesi dominati
dall’ideologia fascista, dove si trovavano molte delle maggiori ONG, queste venissero lasciate
libere di svolgere i propri compiti solo se in linea con l’ideologia del regime, in particolar modo in
Germania, con il deflagrare del conflitto, si rileva una quasi completa inattività ufficiale di esse,
sebbene la lotta anti-fascista clandestina abbia trovato aiuti proprio in alcune ONG.
L’ultimo fattore storico che resta da esaminare è stato rilevato ed analizzato da Stosic (4) nel suo
lavoro sulle ONG; la coincidenza tra le grandi esposizioni internazionali e la nascita delle ONG.
Se tale fenomeno sia una coincidenza o meno è difficile dire. E’ vero che, ad esempio, l’istituto
internazionale delle Casse di Risparmio, nacque in seguito a determinate esigenze manifestate dai
conferenzieri durante il primo Congresso Mondiale del Risparmio, tenuto a Milano nel 1924, ma è
altresì vero che affermare categoricamente, così come fa lo Stosic, che vi è un evidente ed
inscindibile rapporto causa-effetto tra congressi od esposizioni e nascita di associazioni non
governative, è forse eccessivo.
Direi che le aspirazioni di cambiamento, non soddisfatte dai rispettivi governi, espresse dai privati,
che dovevano far fronte ad improvvisi e profondi mutamenti dettati dall’avvento della Rivoluzione
Industriale, da una conseguente espansione dei mercati e dalla diffusione di nuove idee, possono
essere elementi più che sufficienti a spiegare un’improvvisa proliferazione, nel secolo scorso, di
ONG in tutta Europa, senza dover giustificare il fenomeno adducendo una improbabile
concomitanza causale tra congressi e sorgere di associazioni private.
Mi sembrerebbe più corretto, da un punto di vista storico, affermare che nei congressi, non tanto
prendevano corpo all’improvviso le esigenze individuali, ma quanto sostenere che essi erano le
sedi, di maggior risonanza, nelle quali tali necessità, da tempo presenti, altro non ricevevano che il
sigillo dell’ufficialità, essendo così più una conseguenza che non la causa della nascita delle ONG.
Certo, analizzando il grafico che Stosic (5) riporta si nota che in concomitanza con la prima delle
grandi esposizioni internazionali, quella di Parigi del 1867, furono istituite quattro ONG , e, dato
ancor più significativo, si tennero tredici congressi internazionali.
Lo stesso elevato numero di congressi e di nuove ONG lo si rileva in coincidenza della
Esposizione di Filadelfia del 1876, di Parigi del 1878, 1889 e 1900 e così fino a quella di Bruxelles
del 1910, ma il dato non mi sembra vada interpretato così come fa Stosic.
Comunque a partire dalla fine della Prima Guerra Mondiale tale fenomeno è meno evidente,
poiché con la creazione della Società delle Nazioni e ancora delle Nazioni Unite, le relazioni
internazionali e con esse le ONG trovarono luoghi appositamente deputati allo sviluppo dei contatti
e delle relazioni internazionali.
Anche se va detto che la carta della Società delle Nazioni non conteneva alcun riferimento
esplicito ad ONG o ad associazioni private, mentre con la nascita delle Nazioni Unite è stata
definitivamente ufficializzata l’importanza dell’operato dei privati, riconoscendo alle associazioni
attraverso le quali essi esprimono le proprie idee, lo status consultivo presso il Consiglio
Economico e Sociale.
Infatti l’art. 71 della Carta recita:
“Le Conseil économique et social peut prendre toutes dispositions utiles pour consulter les
organisations non gouvernamentales qui s’occupent de questions relevant de sa compétence. Ces
dispostions peuvent s’appliquer à des organisations internationales et, s’il y à des organisations
nationales après consultation de Membre intéressé de l’Organisation »
In forza di tale previsione esplicita le ONG hanno avuto un notevole sviluppo negli ultimi quaranta
anni grazie allo statuto cosnultivo loro riconosciuto anche presso organizzazioni specializzate o
presso organizzazioni intergovernative non facenti parte delle Nazioni Unite, come il Consiglio
d’Europa che nel 1986 ha redatto un apposita convenzione disciplinante lo status delle ONG (6)
A conclusione di questa breve analisi della genesi storica delle ONG, ciò che si può rilevare è
innanzitutto la crescente importanza, quantitativa e qualitativa, che esse hanno assunto con il
passare del tempo, dalla prima associazione privata del 1815 fino al riconoscimento ufficiale da
parte delle Nazioni Unite e del Consiglio d’Europa e la notevole influenza che hanno avuto ed
hanno, sulla vita di tutta la società internazionale.
In particolar modo è evidente come la loro presenza sia divenuta sempre più necessaria dal
momento in cui è stato loro riconosciuto lo status consultivo presso vari organismi ufficiali.
Ed è qui che è maggiore il contributo che esse possono dare, in quanto non solo più vicine ed
attente ai problemi della gente e libere da vincoli burocratici, ma anche perché assemblee di
eminenti esperte spinti ad aderire ad una o all’altra associazione solo quando la propria volontà ed
i propri ideali siano coincidenti con quelli dell’organizzazione.
Note
(1) Annuaire des Organisations internationales, UAI, Brussells 1974, pag. 585.
(2) Stosic, op. Cit., pp 9-10
(3) Stosic, op. Cit., pp 24-25
(4) Stosic, op. Cit., pag. 27
(5) Stosic, op. Cit., pp. 28-29
(6) Conv. Europea in Appendice
2. CARATTERE E STRUTTURA DELLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI Innanzitutto va detto cosa s’intenda per Organizzazione Internazionale Non-Governativa e a
questo proposito sembra che la definizione migliore sia quella data da Benvenuti, nell’enciclopedia
del diritto(1), allorché afferma che “con l’espressione organizzazioni internazionali non-governative
si vuole indicare quella vita associativa e di collaborazione che può sorgere tra individui o entità
che sono subordinati alla potestà di differenti Stati, vita associativa che non ha regole di
funzionamento indipendenti, ma che concretamente dovrà modellarsi secondo le forme giuridiche
previste o permesse dai diritti degli Stati nell’ambito dei quali nasce o è destinata a svolgersi.
In questa definizione è racchiuso non solo un chiaro concetto di ONG, tale da permettere
facilmente una distinzione tra queste associazioni “private” e le cosiddette Organizzazioni
Internazionali Governative (OIG), ma che da essa scaturisce anche gran parte della problematica
che le ONG pongono, allorché si inizi a studiarne il funzionamento pratico nell’ambito delle
relazioni internazionali, cioè la questione della loro personalità giuridica, dell’ordinamento dal quale
dipendono e ricevono formale riconoscimento e della scelta della struttura organizzativa che
possono darsi, la quale non è vincolante, proprio perché esse sono libere da qualsiasi regola
prestabilita di funzionamento.
Vorrei premettere che allorché si parla di ONG e se ne dà una definizione quale quella di
Benvenuti, sopra riportata, vengono alla mente organizzazioni trans-nazionali quali il Rotare o la
Massoneria o movimenti politici come l’Internazionale Socialista, l’Internazionale Democristiana o
qualsiasi altro gruppo ideologico di portata internazionale e che tenga periodiche riunioni.
Su queste organizzazioni, che secondo me rientrano nella categoria delle ONG, anche
esaminandole alla luce dei requisiti richiesti dall’UAI, dei quali poi si parlerà, non esiste
concomitanza di pareri e perciò non se ne parlerà oltre, anche se ritengo, e vorrei ribadirlo ancora
una volta, che esse siano ONG, non fosse altro che per quella caratteristica tipica e
universalmente riconosciuta, che è l’assenza di qualsiasi scopo di lucro. Mentre, e qui i pareri sono
unanimi, le multinazionali, proprio perché orientate a creare profitti, non sono ONG.
L’esame della vita delle ONG inizia dalla struttura.
Non ne esiste una uguale per tutte le organizzazioni, se non altro per i differenti fini che esse
perseguono o più ancora per l’influenza che ogni ordinamento statale interno ha su di esse,
tuttavia nei sistemi di organizzazione delle ONG regnano certe regole d’esperienza comune ed
inoltre la loro natura associativa le porta ad essere simili nei modi di svolgere la propria attività.
Emerge in primo luogo che vi sono basilarmente tre organi deputati alla regolamentazione della
vita dell’associazione: un organo rappresentativo, con poteri più ampi, un organo rappresentativo
più ristretto con funzioni esecutive ed infine un organo burocratico, solitamente denominato
“segretariato” con compiti burocratici.
Tali organi sono generalmente: l’Assemblea Generale, il Consiglio d’Amministrazione, il Comitato
Esecutivo, il Presidente, il Segretario Generale e talora un Tesoriere.
L’Assemblea Generale è l’organo supremo della ONG, con i poteri più ampi tra cui quello di
modificare lo statuto, definire le linee di attività dell’organizzazione, statuire la composizione e la
competenza di tutti gli altri organi che ad essa renderanno conto del proprio operato e proclamare
l’estinzione dell’organizzazione.
L’Assemblea può essere composta o da tutti i membri della organizzazione o da membri scelti a
rotazione, di solito mediante elezione e si riunisce ad intervalli regolari, a meno che non vi sia
urgenza di sessioni straordinarie.
Vi è poi il Consiglio d’Amministrazione, un corpo assai vasto e rappresentativo che comprende
rappresentanti eletti dall’Assemblea tra le nazioni componenti la ONG; ad esso spettano
solitamente la nomina dei membri del Comitato Esecutivo e delle commissioni tecniche, la
fissazione delle date di riunione dell’Assemblea, l’approvazione dell’ammissione di nuovi membri e
la ratificazione del bilancio annuale.
Terzo organo è il Comitato esecutivo che nelle piccole ONG assume le veci anche del Consiglio
d’Amministrazione, pur essendo i membri del Comitato di gran lunga meno numerosi di quelli del
Consiglio.
Esso è nominato o dall’Assemblea o dal Consiglio, e nelle ONG dove il Tesoriere non costituisce
organo autonomo, esso è ricompreso nel Comitato, di cui fa parte anche il Vice-Presidente.
I poteri del Comitato sono generalmente abbastanza limitati e si esplicano nell’adottare decisioni in
materie urgenti, verificare l’esatta applicazione delle decisioni del Consiglio e nel controllare
l’attività del Segretariato.
Il Presidente, eletto dall’Assemblea per i propri meriti e le proprie qualità, è colui che rappresenta
l’organizzazione e nel caso delle ONG “en l’air” di cui si parlerà più avanti, è attraverso la sua
persona che si determina talvolta ove si situi la sede dell’organizzazione.
Talora, come nel caso dell’Istituto Internazionale delle Casse di Risparmio (2), egli è anche
Presidente del Consiglio d’Amministrazione e del Comitato Esecutivo; ha comunque generalmente
poteri di supervisione su tutta l’attività dell’ente; la carica è predeterminata nello Statuto ed è
solitamente di durata pari all’intervallo tra due Assemblee generali ed egli può quasi sempre
essere rieletto.
Infine vi è il Segretario, la cui funzione non è meno importante di quella del Consiglio e per il quale
le qualità personali sono tanto importanti quanto per il Presidente: egli dirige l’attività quotidiana
dell’organizzazione, esegue le delibere dell’Assemblea, del Consiglio e del Comitato e prepara i
rapporti periodici o annuali.
Va detto, per dare un quadro completo della struttura tipica delle ONG, che talora vi è anche il
Bureau: organo esecutivo assai ristretto composto da un presidente, un vice-presidente ed un
segretario generale, che svolge compiti di routine quotidiana.
3. DISCIPLINA E CLASSIFICAZIONE Caratteristica principale di qualsiasi ONG è quella di vivere ed operare, a differenza delle
Organizzazioni Internazionali Inter-Governative, sotto l’impero del diritto interno dello Stato nel
quale abbia la propria sede ed essere perciò considerata formalmente una semplice associazione
di diritto interno anche se i frequenti contatti con ordinamenti giuridici statali diversi da quello di
appartenenza, la rendono sostanzialmente un’associazione di livello internazionale.
Il fatto di essere perciò legate a quello che Benvenuti (1) definisce “il guscio della sovranità statale”
crea il problema della scelta della legge applicabile al vincolo associativo ed agli atti posti in essere
dalla ONG nell’esercizio dei propri compiti.
Per quanto riguarda la legislazione italiana, con riguardo alla regolamentazione del contenuto degli
statuti delle ONG, alla loro attività e alla responsabilità degli amministratori, bisogna far riferimento
all’art. 17 (1) disp. Prel. Ove si richiama, come legge regolatrice, quella dello Stato che ne abbia
riconosciuta la nazionalità.
Talora però può capitare che l’organizzazione sia stata riconosciuta in più Stati; dovrà allora
preferirsi lo Stato con il quale esistono i legami più forti, ad esempio ove abbia la sede principale
l’organizzazione stessa.
Può anche capitare però che nessuno Stato abbia riconosciuto la nazionalità alla ONG; in questo
caso si applicherà il criterio sussidiario dello Stato presso il quale la ONG ha la propria sede;
questo sempre per quanto riguarda il sistema di diritto internazionale privato italiano, così come
risulta dall’esame congiunto degli artt. 29 disp. Prel. (2) e 46 C.C. (3).
Vanno poi ricordate quelle che vengono definite ONG “en l’air”, cioè quelle organizzazioni che di
propria scelta rifiutano qualsiasi vincolo con ogni Stato, così da poter mantenere la propria
autonomia ed indipendenza; un esempio di tal tipo è l’Istitut de Droit International” per il quale l’art.
11 dello Statuto espressamente prevede che la sede coincida con il domicilio del segretario
generale: in via di massima esistono principalmente tre tipi di ONG “en l’air”:
a) quelle che cambiano sede con il mutare del presidente;
b) quelle che adottano un principio di rotazione periodica della sede;
c) quelle che hanno sedi disseminate in vari paesi.
Si vede perciò che il problema della natura giuridica delle ONG è abbastanza complesso: esse
dipendono perlopiù dal paese temporaneamente o permanentemente ospitante anche nelle
modalità di regolamentazione della vita dell’organizzazione.
La maggior parte degli autori, sin dagli anni ’50, sono stati d’accordo nel prospettare
essenzialmente due tipi di soluzioni: o una modificazione delle legislazioni nazionali in tema di
regolamentazione delle associazioni, o la redazione di una convenzione internazionale che
assicuri degli standard minimi in base ai quali definire, riconoscere e regolare giuridicamente una
ONG.
Adottando la prima delle due soluzioni, l’obbiettivo dovrebbe essere quello di ottenere, da parte
degli Stati, maggiori facilità nel riconoscimento della personalità giuridica delle ONG costituite
all’estero: il problema non è certo semplice poiché vi sono ONG in ogni angolo della Terra e
soggette ad ordinamenti giuridici di diversa ispirazione.
Ma quand’anche si giungesse ad una prospettiva di accordo, rimarrebbe la questione della
delimitazione di compiti tra organizzazioni internazionali private ed organi dello Stato dove la ONG
è stata riconosciuta.
Ricomparirebbe allora la discrezionalità delle singole legislazioni che cercherebbero di non cedere
troppe delle proprie esclusive competenze ai privati.
Per il momento perciò, la scelta per una ONG è tra lo stabilire la propria sede in un determinato
Stato e da questo ottenere il riconoscimento adeguandosi alla particolare legislazione in esso
vigente, o, così come fanno le ONG “en l’air”, restare indipendenti senza alcun rischio d’essere
sottomesse ad alcun ordinamento statale.
Sembrerebbe che la situazione di queste ultime sia molto meno favorevole di quelle che potremmo
definire “permanenti” non solo per l’assenza di qualsiasi riconoscimento giuridico e per l’aspetto
patrimoniale (4), ma anche per le indubbie scomodità che comporta un continuo mutare di sede e
luoghi di riunioni.
E’ altresì vero che le ONG stabilitesi in un determinato Paese, con il fatto stesso di porsi all’interno
dell’ordinamento giuridico dello Stato ospite, perdono parte della loro autonomia e del loro
carattere internazionale.
Il problema comunque è oggi meno drammatico di quanto possa sembrare poiché, proprio
l’accresciuta importanza delle ONG in questi ultimi quaranta anni, ha creato condizioni tali da
impedire in ogni paese, ad eccezione di quelle del blocco comunista, che esse siano soggette
esclusivamente alla volontà dello Stato ospitante.
Agli inizi del 900 parve che una soluzione potesse essere trovata mediante l’utilizzazione dello
strumento della convenzione.
In quegli anni infatti, furono elaborate varie convenzioni internazionali, ritenendo che questa fosse
la via più adatta a porre le basi di una legislazione uniforme, di cui potesse esserne garantita
l’esatta applicazione ed osservanza.
Vanno ricordati qui soprattutto i primi due congressi che si occuparono di proporre una definizione
dello status giuridico delle ONG e ancor prima di fornire criteri validi in base ai quali poter
classificare come tale una organizzazione internazionale: il congresso delle Associazioni
internazionali di Bruxelles, nel 1910 e quello di Mons del 1913, i cui risultati furono deludenti.
Ma ancor prima di decidere quale carattere giuridico dare ad un ONG, e la controversia, abbiamo
visto è ancora aperta, si pone il problema di stabilire in base a quali criteri definire e riconoscere
come ONG una qualsiasi associazione privata.
Come vedremo i criteri proposti sono molti e diversi: Alcuni, come quelli elaborati da Speeckaert e
in parte anche quelli di Stosic, sono di scarsa utilità e fanno riferimento al tipo di attività svolta
dall’organizzazione; altri, tra cui quelli proposti dall’UAI ed elaborati successivamente dal Consiglio
economico e Sociale delle Nazioni Unite, parzialmente ripresi anche dal Consiglio d’Europa, sono
abbastanza validi, pur se soggetti, come qualsiasi criterio di classificazione, a divenire con il tempo
sempre più indefiniti: utilizzabili perciò in via analogica, od obsoleti se applicati restrittivamente e
rigidamente.
Accennare brevemente, come qui sarà necessario fare, ai criteri di classificazione in varie
categorie delle ONG che operano a livello internazionale, non è affatto semplice, in primo luogo
per l’elevato numero e la diversità dei compiti di tali organismi: a riprova di ciò è sufficiente
esaminare l’annuario dell’UAI ove si possono trovare migliaia di ONG classificate sotto le più
diverse voci corrispondenti al campo di attività in cui operano (ad esempio vi sono ONG tessili,
chimiche, farmaceutiche, legislative fino a giungere perfino alla ONG internazionale dei cuochi).
Il fatto poi, che non sia stato ancora formulato un criterio universalmente valido di classificazione in
relazione all’attività svolta, pur essendo state molte le proposte da parte dei più autorevoli studiosi,
rende ancora più arduo stabilire quale sia il metodo da usarsi e limita l’indagine ad una sommaria
esposizione delle teorie fino ad oggi avanzate.
Una delle prime è stata quella elaborata da G.P. Speeckaert (5) in “L’Avenir des Organisations
internationales non Gouvernamentales”.
L’autore, basandosi sul criterio degli “objets generaux d’activitè”, ha classificato le ONG in sei
gruppi a seconda che perseguano uno scopo:
1) ideologico
2) scientifico
3) di miglioramento sociale, economico o tecnico
4) di organizzazione
5) di interesse professionale
6) di relazioni tra i popoli.
Questo criterio, a mio avviso, sembra abbastanza generico innanzitutto perché prescinde dal
contesto legislativo particolare dello Stato nel quale ogni ONG, con sede permanente, è posta, poi
perché le sei categorie sono generiche e non idonee ad una chiara sistematica di tipo funzionale.
Per rimediare alla mancanza di metodo, Stosic (6) ha proposto di raggruppare le ONG in tre
categorie fondamentali:
1) quelle che svolgono attività ideologica o missionaria;
2) quelle che difendono interessi materiali o professionali dei differenti gruppi.
3) Quelle che hanno come scopo la promozione di attività e la cooperazione scientifica,
tecnica o professionale.
Anche questo criterio non può essere accolto acriticamente poiché, ad esempio, come ben rileva
l’autore a riprova della fallibilità della propria proposta, che pure ha una applicazione pratica meno
problematica di quella di Speeckaert, esistono ONG che esercitano tutte e tre le funzioni, come
l’Associazione Medica Mondiale.
Lador-Lederer (7) invece, senza voler apparentemente proporre alcun criterio, ha dedicato buona
parte della sua opera principalmente a cinque categorie di ONG che esamineremo brevemente
(sembrano infatti così generiche da ricomprendere in sé ogni tipo di ING).
L’autore inizia con una analisi delle “Legislative NGO’S” e della attività che esse svolgono,
distinguendo a seconda che esercitino attività consultiva ed eventualmente siano anche attive
nelle procedure che portano alla formazione di testi normativi internazionali, o che invece non
abbiano alcuna funzione consultiva.
Con riguardo alla prima categoria va ricordata innanzitutto la Carta delle Nazioni Unite ed in
particolare l’art. 71 (8) dove si fa esplicito riferimento alle ONG con status consultivo, inoltre la
risoluzione 1296 (XLIV) del 23 maggio 1968 che regolamenta le relazioni tra ONG e Consiglio
Economico e Sociale, la quale ha suddiviso le prime in tre ordini: quelle che sono interessate alla
maggior parte delle attività svolte dal Consiglio; quelle che sono interessate solo a materie
specifiche; ed infine quelle comprese in un apposita lista (Roster) alle quali può essere
occasionalmente riconosciuto lo status consultivo da parte del Segretario Generale.
Per quanto riguarda l’importanza che determinate ONG possono avere nella promozione e
formazione di testi legislativi, tra le più attive in questo campo spicca la Croce Rossa, ispiratrice
della codificazione del diritto bellico moderno e della necessità di una considerazione umanitaria
della guerra: la IATA (International Airline Transport Association) che attraverso il Traffic
Conference Machiner, suo organo, determina le tariffe aeree, l’Interpol e l’Istituto di Diritto
Internazionale.
Lador esamina poi quelle che chiama “Scatterei Communities and State –preparing NGO’S” ossia
quelle ONG che hanno come proprio scopo la costruzione o la rifondazione di uno Stato:
situazione che si verifica in particolar modo allorché vi sia una lotta per il potere tra un regime che
tema per la propria integrità territoriale e gruppi di pressione esterni che si ritengano legittimati a
conseguire la liberazione della Nazione per stabilirvi il proprio dominio.
Terza categoria è quella delle “Ideological NGO’S”, che a differenza delle precedenti, non hanno
natura rivoluzionaria ma si propongono di raggiungere i propri obiettivi mediante una pacifica
convivenza con gli Stati in cui operano.
Esse sono associazioni di persone con un medesimo ideale e spesso nascono su base nazionale
per poi trovare consenso al di fuori dei propri confini.
Le più vecchie ONG di questo tipo sono quelle a carattere religioso e quelle aventi finalità politiche,
come l’Internazionale Socialista, o negli anni Trenta, il movimento fascista: ONG non prese in
considerazione da Stosic.
Vi sono poi le ONG di carattere economico, sorte come conseguenza dei rapporti commerciali,
instaurati nel secolo scorso, tra le Nazioni colonialiste ed evolutesi fino a dar luogo alla nascita di
associazioni private tendenti prima a proteggere e poi a regolamentare gli scambi internazionali,
sia che si trattasse di flussi di merci o di denaro, dando vita, in questo ultimo caso, alle ONG
bancaria.
Come si è potuto dunque vedere, non vi sono criteri certi di classificazione in relazione allo scopo
dell’organizzazione e lo stesso Consiglio d’Europa, affrontando il problema della definizione di
ONG non ne ha formulati.
Probabilmente il procedimento adottato dalla UAI che si avvicina più a quello funzionale di Stosic
che ad ogni altro, sembra essere per il momento il migliore almeno fin a che un organismo come
l’Istituto di Diritto Internazionale non offrirà criteri di classificazione scientifica.
Va detto però che l’UAI, nella elaborazione dei propri criteri, non ha fatto alcun riferimento al tipo di
attività svolta dalle ONG, ma ha preso in considerazione le caratteristiche strutturali che ha ritenuto
essere proprie ed esclusive di ogni ING stessa.
I parametri, recepiti dal Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite, che nel 1950, con la
Risoluzione 288 (X) del 27 febbraio ha formalmente stabilito la distinzione tra organizzazioni inter-
governative e ONG, sono:
(a) Scopi
Gli scopi dell’organizzazione devono presentare un carattere veramente internazionale con
l’intenzione di svolgere attività in almeno tre nazioni. Di conseguenza società come l’International
Action Committee for Safeguarding the Nubiam Monuments o la Anglo-Swedish Society sono
escluse: Ugualmente lo sono società rivolte unicamente alla commemorazione di persone
scomparse, anche se queste abbiano dato grossi contributi alla comunità internazionale.
(b) Membri
Vi deve essere partecipazione individuale o collettiva con pieno diritto di voto da parte di almeno
tre nazioni. L’organizzazione deve essere accessibile a qualsiasi individuo od entità le cui
competenze rientrino nell’area di attività di essa. Di conseguenza sono esclusi gruppi chiusi,
sebbene la situazione possa divenire ambigua quando un solo membro per Stato sia ammesso,
poiché in tal modo si preclude l’ammissione all’organizzazione ad altri gruppi qualificati in quel
paese.
Il potere di voto deve essere tale da non permettere a nessun gruppo nazionale di controllare
l’organizzazione.
Le organizzazioni nazionali che accettino stranieri come propri membri sono escluse così come
ordini religiosi o comunità governate su base gerarchica e movimenti sociali non ufficiali.
(c) Struttura
L’atto costitutivo deve prevedere una struttura organica ufficiale che attribuisce ai propri membri il
diritto di eleggerne periodicamente l’organo di governo e i dirigenti dell’organizzazione. Vi deve
essere una sede permanente e le attività dell’organizzazione devono possedere carattere di
continuità. Di conseguenza, contrariamente ai comitati permanenti che stabiliscono un
collegamento tra più riunioni successive, i comitati ad hoc e i comitati organizzatori di riunioni
uniche non sono contemplati.
(d) Dirigenti
Il fatto che in un determinato periodo i dirigenti abbiano la medesima nazionalità non comporta
necessariamente l’esclusione della organizzazione, ma in questo caso deve esservi rotazione ad
intervalli determinati tra i diversi Stati membri, sia per quanto concerne la scelta della sede che per
l’elezione dei dirigenti.
(e) Finanze
Contributi sostanziali al bilancio devono provenire da almeno tre nazioni. Ciò comporta l’esclusione
di molte unioni e società “internazionali” che operano in Nord America su finanziamenti quasi del
tutto provenienti dagli Stati Uniti. Non vi deve essere scopo di lucro né tentativo di ottenere profitti
da distribuire ai membri. Ciò non esclude organizzazioni che esistono per aiutare i propri membri
ad ottenere più profitti o migliorare la propria situazione economica (es: trade unions o trade
associations); ma si escludono le imprese che svolgono affari internazionali, le società di
investimento o cartelli. La distinzione tra una associazione di commercio (trade association) e un
cartello è spesso non chiara, nella pratica le relazioni esterne della società sono usate come
criterio distintivo.
(f) Relazioni con altre organizzazioni
Le entità organicamente collegate con altra organizzazione non sono necessariamente escluse,
ma deve essere evidente che esse conducano vita indipendente ed eleggano i propri dirigenti. Non
sono perciò stati considerati gli organi interni o sussidiari i cui membri siano nominati da uno degli
organi strutturali di un’organizzazione e che a questa facciano capo.
(g) Attività
Deve esservi prova evidente che l’organizzazione eserciti effettivamente un’attività. Le
organizzazioni che sembrano essere state inattive per oltre cinque anni sono catalogate come
“scomparse” o “dormant”.
(h) Altri criteri
La scelta delle organizzazioni catalogate non è stata determinata né da criteri di ampiezza né di
importanza, né si è guardato al numero dei membri, al grado di attività o alla potenza finanziaria.
Nessuna organizzazione è stata esclusa per ragioni politiche o ideologiche né sono stati
considerati i campi di interesse o di attività.
La localizzazione geografica delle sedi e la terminologia usata nella denominazione
dell’organizzazione (come “commitee”, “council”….) sono state ugualmente irrilevanti.
La definizione ed il riconoscimento affinché un’associazione possa dirsi una ONG, risulta
abbastanza agevolata utilizzando questi criteri, molti dei quali si ritrovano anche esaminando il
testo redatto a Strasburgo nel 1986, della “Convenzione Europea sulle ONG” (9), ove si
definiscono come tali (art. 1) quelle associazioni, fondazioni o istituzioni private che:
a) abbiano uno scopo non di lucro, di utilità internazionale;
b) siano state create con un atto “importante” di legge interna di una “Parte”;
c) esercitino la loro attività effettiva in almeno due Stati;
d) abbiano la loro sede statutaria nel territorio di un “Parte” e la loro sede amministrativa sul
territorio di questa “Parte” o di un’altra “Parte”.
Come si vede, l’unica e minima differenza nel dare una definizione dei caratteri essenziali di una
ONG, è riferita al numero di Stati necessari e sufficienti per aversi vera attività internazionale: per
l’UAI almeno due Stati, per la Convenzione di Strasburgo almeno tre, mentre tutti gli altri caratteri
tipici sono simili in entrambi i progetti.
4. CARATTERISTICHE DELLE ORGANIZZAZIONI NON GOVERNATIVE INTERNAZIONALI (ONG)
Ai sensi dell’art.1 della Convenzione Europea n. 124 firmata il 24/04/1986, le condizioni affinché
“un’associazione, fondazione o altra istituzione privata” possa essere considerata
un’organizzazione non governativa sono le seguenti:
Avere scopo non lucrativo d’utilità internazionale;
Essere stata creata con un atto di diritto interno di uno Stato;
Esercitare la propria attività in almeno due Stati.
La Risoluzione 1296 del 1968 dell’ECOSOC (Economic and Social Concil dell’ONU) definisce a
sua volta l’ONG come “un’organizzazione internazionale che non è stata creata attraverso accordi
intergovernativi, compresa un’organizzazione che accetta dei membri designati dalle autorità
governative, a condizione che i membri appartenenti a questa categoria non ostacolino la libertà
d’espressione dell’organizzazione”. La successiva Risoluzione 31 del 1996 modifica leggermente
la definizione, precisando che una ONG non deve essere stata istituita da un’entità né
intergovernativa, né governativa.
Secondo il progetto di Convenzione dell’Istituto di Diritto Internazionale, presentato alla sessione di
Bath nel 1950, le organizzazioni non governative sono “gruppi di persone o di collettività,
liberamente creati dall’iniziativa privata, che esercitano, senza spirito di lucro, un’attività
internazionale di interesse generale, al di fuori di ogni preoccupazione di ordine esclusivamente
nazionale”.
Dai documenti sopra considerati si evincono alcuni elementi che accomunano e caratterizzano gli
enti che stiamo cercando di definire.
Innanzitutto si tratta di associazioni, dunque di soggetti costituiti da più persone (fisiche e/o
giuridiche), dotati di personalità giuridica e di un apparato istituzionale stabile e permanente.
Stabilità e permanenza sono elementi necessari del concetto di organizzazione, dato che, senza
tali elementi non sarebbe possibile identificare un ente a sé stante e distinto dalle persone che ne
fanno parte e che sia un centro autonomo di imputazione giuridica. Nella Risoluzione
dell’ECOSOC si richiede, oltre, appunto, alla presenza di una sede permanente e di una struttura
burocratica, anche che lo statuto sia adottato secondo criteri democratici e che la politica
dell’organizzazione sia stabilita da un organo rappresentativo nei confronti del quale è
responsabile un organo esecutivo. Nella struttura tipica delle ONG non sono, dunque, presenti
elementi gerarchici. In genere i poteri direttivi spettano all’organo plenario, il quale determina lo
statuto e la politica dell’associazione. Ad esso si aggiunge normalmente un organo esecutivo
permanente, un organo burocratico ed eventuali organi ausiliari.
Possiamo notare dunque una somiglianza strutturale tra le ONG e le organizzazioni
intergovernative, ma bisogna precisare che la struttura complessa sopra descritta non è un
requisito necessario e di fatto molte ONG hanno un apparato burocratico molto più limitato. Del
resto la snellezza burocratica è una delle caratteristiche principali delle ONG ed una delle cause
dell’efficacia della loro azione.
Bisogna anche notare che le dimensioni delle ONG possono variare considerevolmente, in quanto
esistono ONG composte da poche persone, così come ONG con una membership estremamente
vasta, nell’ordine di migliaia di individui.
Il secondo elemento discriminante è che, a differenza delle organizzazioni intergovernative, le
ONG non sono create con trattati internazionali, dunque con atti di diritto internazionale, bensì con
atti di diritto interno.
Il loro status giuridico è determinato ai sensi del diritto dello Stato in cui sorgono. Esse non sono
quindi soggetti di diritto internazionale, ma sono solo soggetti di un particolare ordinamento
giuridico nazionale. Questo comporta che il loro status può variare fortemente da Stato a Stato, e
di fatto così avviene generalmente, rafforzando ancor più la loro varietà e contrastando a livello
logico, ma soprattutto a livello pratico, con il carattere materialmente internazionale delle attività da
esse svolte e dando frequentemente luogo a problemi di diritto internazionale privato.
Ciò peraltro corrisponde alla natura delle ONG, le quali sono espressione della capacità di
autorganizzazione della società civile, manifestazione tra le più effettive di democrazia
partecipativa. In quanto tali, queste organizzazioni si caratterizzano per il fatto di essere
indipendenti dai governi e svincolate dal controllo delle autorità pubbliche. Le ONG si distinguono,
pertanto, sia dalle organizzazioni intergovernative, i cui membri sono gli Stati, sia dalle
organizzazioni di tipo “misto”, alle quali partecipano
organismi pubblici e gruppi privati.
L’indipendenza e l’autonomia dai governi sono da più parti considerate fra le cause principali della
loro crescente importanza sulla scena internazionale e dell’efficacia delle loro iniziative. Del resto
le stesse ONG ne sono gelose custodi, ritenendole le discriminanti della loro identità e lo
strumento per raggiungere in modo più diretto ed efficace i loro obiettivi. Indipendenza e
autonomia non vogliono, però, significare totale separazione dalle istituzioni statali e dalle politiche
governative: spesso le ONG, infatti, realizzano attività congiunte con i governi e ricevono da essi
una parte, anche importante, delle loro risorse. Tali contributi, in forma di sovvenzione o di
cofinanziamento, devono sempre essere dichiarati e soprattutto limitati, proprio a garanzia della
loro indipendenza.
D’altra parte la natura di enti di diritto privato non limita la rilevanza delle ONG all’ambito nazionale.
Bisogna, infatti, notare come spesso le ONG, a dispetto del loro carattere privatistico e nazionale,
siano nondimeno oggetto di norme internazionali, ma soprattutto come esse siano, de facto,
sempre più protagoniste della cooperazione internazionale a fianco degli Stati e delle
organizzazioni internazionali. Del resto, cooperazione non governativa, governativa ed
intergovernativa non si svolgono solo parallelamente, ma tendono sempre più ad intrecciarsi ed a
confondersi.
Il carattere internazionale è, dunque, un elemento anch’esso fondamentale nella definizione di
organizzazione non governativa. Se da un lato il carattere nazionale delle ONG è un dato formale,
valutabile sulla base del diritto nazionale, l’internazionalità delle ONG è invece un requisito
sostanziale, da valutare con riferimento alla vita effettiva ed al funzionamento di fatto
dell’organizzazione. Esso riguarda sia la struttura dell’associazione, come membership, sia,
soprattutto, il suo campo di attività ed i suoi scopi, i quali devono avere rilevanza.
Le Risoluzioni dell’ECOSOC richiedono esplicitamente che l’organizzazione sia “rappresentativa”
dei gruppi sociali che svolgono attività nel suo settore di competenza, esprimendone l’opinione a
livello internazionale. Tale rappresentatività viene specificata in base ad un criterio geografico,
come rappresentanza di un numero rilevante di paesi (per prassi almeno tre) appartenenti alle
diverse regioni del mondo. L’internazionalità della membership comporta anche l’internazionalità
del finanziamento, dato che esso di norma deriva per la maggior parte da quote associative, e
della struttura, in quanto si richiede che gli organi direttivi siano composti senza discriminazioni
geografiche o nazionali. Sulla base delle citate Risoluzioni e delle altre fonti di diritto internazionale
analoghe, la dottrina individua i quattro requisiti di internazionalità richiesti: scopo, composizione,
campo di attività, struttura. Essi devono non solo sussistere, ma anche concorrere insieme. Altra
caratteristica fondamentale è l’assenza di scopo lucrativo nelle attività svolte dalle ONG. Ciò
significa non che i loro membri debbano essere tutti volontari o che le loro attività non debbano
produrre alcun profitto, bensì che tali attività devono essere volte non a beneficio, economico o
comunque materiale, dei membri dell’associazione, bensì a vantaggio di terzi e che devono avere
carattere volontario e gratuito. Se un profitto esiste, esso non viene, quindi, ridistribuito tra i
membri, bensì viene destinato esclusivamente al perseguimento degli scopi statutari, consistenti
nell’erogazione di servizi a favore di terzi, al fine di accrescere le capacità di intervento
dell’associazione.
Questa caratteristica fa rientrare le ONG nel più vasto insieme del cosiddetto “terzo settore”, anche
detto settore del No Profit o del Volontariato. Tale settore comprende, infatti, le organizzazioni
caratterizzate da natura giuridica privata, divieto di distribuzione degli utili ed erogazione dei servizi
a favore dell’intera collettività e non dei soli membri.
Per quanto concerne il finanziamento, le ONG possono ricorrere a varie fonti quali donazioni,
sovvenzioni, cofinanziamenti, collette, vendita di beni e di servizi. Esse sono, dunque, in parte
dipendenti dai donatori pubblici (Stati e organizzazioni internazionali) e privati, ma proprio la
diversità delle fonti di finanziamento è condizione indispensabile per preservare l’identità propria
della ONG e garantirne l’indipendenza finanziaria, presupposto per l’indipendenza effettiva. Come
già evidenziato, è importante, nonché espressamente richiesto dalle norme internazionali che le
riguardano, che le ONG ricevano solo limitati e dichiarati aiuti pubblici.
I legami tra ONG e poteri pubblici non si limitano del resto al finanziamento, bensì si estendono
all’ambito propriamente operativo. Spesso le ONG lavorano in partenariato con il governo
nazionale dello Stato in cui hanno la sede o in cui svolgono la propria attività. Tale relazione può
assumere varie forme giuridiche e può essere più o meno formale, ma è un fenomeno sempre più
diffuso. Anche fra le ONG e le organizzazioni intergovernative ci sono legami intensi. Numerose
ONG godono di status consultivo presso le organizzazioni internazionali più importanti, quali le
Nazioni Unite e le loro Agenzie specializzate, il Consiglio d’Europa e l’Unione Europea, e
collaborano con loro per il perseguimento delle proprie finalità e per la realizzazione delle proprie
attività.
5. RUOLO, FUNZIONI, EFFICACIA DELLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI
Al fine di valutare l’efficacia delle organizzazioni internazionali è indispensabile definire i caratteri
dell’ambiente in cui operano ed il ruolo delle organizzazioni internazionali nello svolgere i compiti
loro affidati.
L’ambiente di attuazione delle organizzazioni internazionali, ossia, l’ambito internazionale può
essere concepito secondo una prospettiva stato-centrica, per la quale la politica internazionale è
assimilabile ad un network e le organizzazioni internazionali sarebbero alcuni fili di questa rete,
svolgendo, pertanto, una funzione del tutto passiva, oppure, secondo un sistema di unità
interagenti che si influenzano reciprocamente e il cui funzionamento è connesso alla necessità di
trasformare le richieste dei soggetti giuridici in decisioni, e la cui efficacia è valutata in base alla
capacità di offrire risposte adeguate e soddisfacenti a tale richieste, attribuendo in tal modo un
ruolo complesso e dinamico alle organizzazioni internazionali.
Nell’ambito della politica internazionale sono prevalsi tre modi principali di concepire il ruolo svolto
dalle organizzazioni internazionali. In primo luogo le organizzazioni internazionali possono essere
concepite come uno strumento a disposizione degli Stati. Questa prima concezione deriva dalla
prospettiva stato-centrica ed è l’interpretazione più classica e riduttiva del ruolo delle
organizzazioni internazionali che si limiterebbero ad essere un mezzo costituito per fini egoistici dei
singoli Stati godendo, pertanto, di limitata autonomia.
La seconda concezione del ruolo delle organizzazioni internazionali è quella che le vede come
“arena”, ossia un luogo ove i singoli paesi hanno modo di incontrarsi e ove l’attività diplomatica ha
modo di svolgersi in un contesto favorevole. Tale interpretazione tuttavia, ancora una volta
attribuisce un ruolo passivo alle organizzazioni internazionali che contrasta con il fatto che tali
organizzazioni agiscono sempre più come sistemi politici capaci di influenzare attraverso il loro
stesso funzionamento la condotta degli stati. Le organizzazione internazionali agiscono ed
incoraggiano la riarticolazione degli interessi da parte degli Stati membri, promovendo la
percezione della indivisibilità dei valori fondamentali (ad esempio la sicurezza collettiva).
La terza e ultima interpretazione è quella che vede le organizzazioni internazionali come veri e
propri attori nella politica internazionale. Da ciò deriva il riconoscimento di un rilevante grado di
autonomia delle organizzazioni internazionali rispetto alla volontà dei soggetti che hanno dato loro
vita, nonché la capacità di influenzare il corso delle cose andando al di là della volontà dei propri
membri: teoria non certo comune ma che sembra trovare riscontro pratico, ad esempio
relativamente alle operazioni di peace keeping, compito che i fondatori delle Nazioni Unite non
avevano esplicitamente attribuito all’organizzazione ma che si è rinforzato e assunto importanza
(basti pensare alle decine di missioni di peace keeping che hanno influenzato gli sviluppi della
politica internazionale e l’attività politica degli stati) al fine di favorire l’esercizio della diplomazia
preventiva.
Quest’ultima concezione attribuisce un ruolo attivo alle organizzazioni internazionali che incidono
sulla politica internazionale inducendo la comunità internazionale ad attivarsi per affrontare
determinati problemi ed influenzando la politica degli stati membri che vengono spinti ad affrontare
temi che, altrimenti, non verrebbero neppure presi in considerazione (ad esempio: conferenza di
Stoccolma sull’ambiente (1972) che ha portato alla nascita delle United Nations environment
program; i vincoli imposti dall’Unione Europea con i Trattati di Maastricht ed Amsterdam).
È comunque opportuno rammentare che le organizzazioni internazionali possono essere
contestualmente concepite come strumenti, arene e attori. Questa è la teoria di Archer1, che
suggerisce che le Nazioni Unite possano essere concepite come strumento nelle mani degli USA
sino agli anni 50 per poi diventare attore della politica internazionale con il Segretario Generale
Hammarskjold (1953-1961) e poi arena negli anni 60.
Funzioni Le organizzazioni internazionali sono create allo scopo di offrire strumenti che favoriscono la
cooperazione e che oltre ad uno spazio fisico, metta a disposizione un apparato amministrativo
destinato a tradurre le decisioni in azioni e che, di conseguenza permetta la apertura di molteplici
canali di comunicazione tra i membri utili ad esplorare nuove opportunità di cooperazione ed
evitare che si creino tensioni tra di loro.
In realtà le organizzazioni internazionali agevolano la cooperazione in vari modi, poiché spesso
gestiscono semplici problemi di coordinamento ma più sovente debbono aiutare i paesi membri a
risolvere veri e propri problemi di collaborazione in funzione della produzione di beni pubblici –
ambiente, sicurezza, salute - che, lasciati alla nazionalità egoistica dei singoli attori non
raggiungerebbero il livello minimo necessario.
La cooperazione per produrre beni pubblici è piuttosto complessa, poiché non è sufficiente metterli
a disposizione di tutti, è anche necessario che qualcuno vigili sul rispetto delle norme, al fine di
garantire che i singoli stati facciano la loro parte.
È utile ricordare che le organizzazioni internazionali aiutano a ridurre i costi di transazioni
rendendo più probabile e solida la cooperazione poiché sono in grado di offrire informazioni sui
problemi esistenti, ma anche sulle possibile soluzioni e possono controllare il comportamento dei
propri membri e valutare l’applicazione di sanzioni laddove questi siano inadempimenti ai propri
obblighi.
Le organizzazioni internazionali, inoltre, svolgono funzione di garanzia del rispetto delle norme
internazionali a partire da quelle fondamentali come garantire l’integrità territoriale
l’autodeterminazione, la tutela dei diritti umani e contribuiscono all’evoluzione del tessuto
normativo favoriscono la stabilizzazione dei diritti di proprietà (ad esempio conferenza per
codificazione diritto del mare). E comunque aiutano a proteggere dalle turbolenze che attraversano
l’ambiente internazionale (ad esempio dibattito sulla sicurezza in Europa in ambito OSCE o
cooperazione per il Baltico)
1 Archer, C. 1992, International Organizations, London, Routledge.
Le organizzazioni internazionali possono perciò costituire uno strumento attraverso il quale le
domande vengono poste, una arena nelle quali diverse domande specifiche vengono discusse, ed
attori che formulano domande proprie, assumendo un ruolo attivo e dinamico.
Le organizzazioni non governative, in particolare, non solo aggregano ed organizzano su scala
internazionale le domande che provengono dalle società nelle quali operano, ma svolgono un
ruolo attivo suscitando domande nuove e richiamando l’attenzione delle opinioni pubbliche su
questioni di rilievo
L’efficacia delle organizzazioni non governative è legata a quattro dimensioni:
1) rappresentatività;
2) autorità morale
3) competenza
4) capacità di mobilitazione
L’incisività di una organizzazione non governativa è legata al numero di individui e gruppi che
rappresentano ed a come si organizza per rappresentarli ed il relativo grado di identificazione degli
associati con i fini dell’organizzazione stessa nonché alla sua estensione geografica, alla sua
indipendenza ed imparzialità ed infine alla capacità di raccogliere e diffondere le informazioni, alla
disponibilità di risorse per sviluppare e svolgere i compiti istituzionali, all’efficacia della sua
leadership, alla sua competenza tecnica e quindi alla possibilità di accedere alla funzione
consultiva presso le organizzazioni governative di riferimento.
Il processo di conversione delle domande in scelte politiche è spesso ospitato dalle organizzazioni
internazionali ma spesso anche stimolato da queste attraverso varie modalità quali la
convocazione di grandi conferenze internazionali (ad esempio Conferenza Rio dell’ambiente
(1992) – Agenda 21)
La conversione delle domande in scelte politiche non avviene mai attraverso un procedimento
meccanico; è un processo complesso che la comunità politica svolge facendo continuo riferimento
alle norme ed ai valori che informano la società.
Le organizzazioni internazionali svolgono qui una duplice funzione: da una parte contribuiscono a
definire, affermare e veicolare la nozione ed i valori fondamentali (ad esempio definendo il
comportamento legittimo) e nuovi valori e dall’altra costituiscono un’importante fonte di
socializzazione degli attori a queste norme e valori. In certi casi, promuovono valori solo per il fatto
di personificarli: è il caso della pace per l’ONU, dei diritti civili e politici per l’Amnesty International,
della tutela dell’ambiente per il Greenpeace
Un esempio interessante di nuovo valore è il concetto di “patrimonio comune del genere umano”
(elaborato per i giacimenti minerali in fondo al mare) il quale è noto in seno all’ONU ed è legato ad
una ben precisa interpretazione della giustizia sociale internazionale a discapito della minoranza
più ricca della comunità internazionale e tale concetto è stato poi applicato al patrimonio artistico
mondiale di eccezionale valore.
Le organizzazione internazionale svolgono anche un funzione collegata alla socializzazione degli
stati membri alle “regole del gioco”. Una volta le nuove norme sono lanciate come “messaggi” alla
comunità internazionale, è necessario che gli Stati vengano socializzati alle medesime, in modo da
farli valori e principi propri.
Le organizzazioni governative, in particolare possono svolgere la funzione di luoghi di
socializzazione del apprendimento ove gli attori politici imparano ed insegnano agli altri quali sono
le loro interpretazioni delle situazioni e le loro concezioni normative. Un esempio interessante è
l’attività svolta dalla Unesco, tra il 1955 ed il 1975, di socializzazione di molti Stati alla promozione
e coordinamento delle attività di ricerca scientifica e tecnologica arrivando a credere che gli Stati
moderni abbiano una responsabilità nella ricerca.
Nell’ambito di tale funzione “educatrice” le organizzazioni governative internazionali possono
insegnare agli Stati norme che li spingono a rielaborare la propria identità e gli interessi, ovvero a
reintegrare, con nuovi canali la stessa statualità.
6. MULTILATERALISMO E SOCIETÀ INTERNAZIONALE
Il numero delle organizzazioni internazionali, la varietà delle funzioni che svolgono l’ampiezza degli
interessi e l’intensità dell’impegno che le contraddistinguono spiegano perché sia difficile oggi
comprendere gli sviluppi della politica internazionale senza tener conto delle organizzazioni
internazionali.
E vero che mentre le organizzazioni non governative continuano a crescere (da 176 nel 1909 ad
oltre 6 mila nel 1997), le organizzazione governative classiche, dal 1983, mostrano una tendenza
inversa.
Negli anni 80, la ragione di tale diminuzione è stata la mortalità delle organizzazione governative
africane ed arabe.
La mortalità delle organizzazioni intergovernative negli anni 80 non è l’unico elemento significativo.
Attualmente la tendenza è che la maggioranza delle organizzazioni non sia più creata dagli Stati
ma da altre organizzazioni. Soltanto la FAO ha dato vita a più di 25 organizzazioni. Inoltre si tende
ad intensificare la cooperazione su questioni più specifiche e tecniche.
Il fatto che le organizzazioni internazionali si specializzino e nascano all’interno delle
organizzazioni stesse comporta diverse conseguenze. La più rilevante è che gli Stati più potenti
sono meno in grado di influenzare la nascita ed il funzionamento di queste organizzazioni e,
pertanto, tendono a dare più voce anche alle organizzazioni non governative.
Per esaminare come le organizzazioni internazionali si muovono nel panorama politico
internazionale è necessario collegare le organizzazioni internazionali tra loro attraverso la trama
della politica internazionale e ragionare sul fenomeno delle organizzazioni internazionali. Occorre,
quindi, guardare al concetto di “ambiente istituzionale” costituito dal complesso delle relazioni delle
regole e dei sistemi di credenze che emergono nel più generale contesto sociale.
Invero, anche le organizzazioni internazionali sono annidate in un ambiente istituzionale. Ogni
organizzazione internazionale oltre altre all’ambiente generale è circondata da un ambiente più
ristretto, rappresentato dal regime cui è collegata ovvero dai principi, norme, regole e procedure
decisionali che informano ciascuna di queste più specifiche istituzione internazionali, oltre che dai
rapporti intrecciati all’interno dei rispettivi spazi politici.
La società internazionale è complessa e multilaterale. E ciò che contraddistingue il multilateralismo
è che il coordinamento delle politiche avviene sulla base di principi di condotta generali; ciascuno
Stato è tenuto a rispettare soltanto le regole che valgono per tutti, non esistono regole che si
applichino solo ad alcuni e non ad altri.
L’istituzione, in quest’ottica, ha due corollari. Da un lato si ottiene la costruzione sociale
dell’indivisibilità di problemi e soluzioni (ad esempio: la pace collettiva/ indivisibile) ed dall’altro si
favoriscono forme di “reciprocità diffusa”.
Tali principi di condotta generali implicano compensazioni dilazionate nel tempo e complessive
invece che soluzioni immediate e specifiche.
Dopo la seconda guerra mondiale la discontinuità che si realizza consiste proprio nella definitiva
legittimazione ed istituzionalizzazione del multilateralismo. Il multilateralismo del XX secolo
influenza la forma delle organizzazioni internazionali ed il loro rendimento. Essendo basate su
principi generali, le organizzazioni internazionali che incorporano il principio del multilateralismo
sono più elastiche di quelle che rispecchiano interessi particolari ed esigenze legate a situazioni
specifiche. Ciò influisce a sua volta sulle modalità di governare del sistema internazionale.
Incorporando il principio della reciprocità diffusa, esse contribuiscono a collegare fra loro aree
tematiche diverse ed incoraggiano l’elaborazione di orizzonti temporali più ampi, mobilizzano le
aspettative degli attori circa la reciproca volontà di cooperare.
Un sistema di autogoverno della comunità internazionale fondato sul bilateralismo non avrebbe
potuto assorbire facilmente gli sviluppi dell’ottantanove.
Multilateralismo è una delle istituzioni fondamentali della società internazionale contemporanea.
La ragione per cui il multilateralismo si sia affermato nel novecento è probabilmente collegata al
fatto che solo in tale periodo i principali attori della scena internazionale hanno consapevolmente
accettato di rinunciare, almeno in parte a sfruttare le proprie rendite a disposizione (grazie a
relazioni bilaterali) allo scopo di infondere all’ordine internazionale contenuti valoriali il più possibile
prossimi a quelli che informavano i rispetti agli ordini interni. Il Multilateralismo ha anche portato
all’evoluzione della civiltà giuridica verso la codificazione di norme generali ed astratte.
Se il secolo XX è stato il secolo del multilateralismo, il secolo XXI potrebbe essere il secolo della
governance democratica.
Società delle Nazioni Uno degli esempi più significativi di esperimento del multilateralismo è la Società delle Nazioni.
Tale progetto è nato nel tentativo di superare il puro bilanciamento delle forze come unica garanzia
di sopravvivenza degli Stati, nonché di superare i limiti del metodo diplomatico classico, attraverso
l’istituzione di una vera e propria organizzazione fisicamente costituita e permanente (principio
indivisionalità della pace).
Inoltre, tale organizzazione si basava su un sistema di garanzie reciproche fra tutti i membri
(organizzazione universale e democratica), sulla pacifica soluzione delle controversie e
sull’idea/Principio che la guerra in quanto tale fosse una questione di interesse universale
indipendentemente dalla sua localizzazione ed anche un crimine contro la comunità mondiale.
Con la Società delle Nazioni nasce la concezione moderna del funzionariato internazionale che
diventerà patrimonio comune di tutte le successive organizzazioni internazionali.
Nonostante il sistema delle Società delle Nazioni sia fallito in ragione della sua intrinseca passività
ed inerzia, il palesarsi dei suoi limiti ha coinciso con il consolidamento dell’idea che le
organizzazioni internazionali siano uno strumento indispensabile alla vita di relazione fra gli Stati,
perché le organizzazioni internazionali:
a) formulano, attraverso le proprie multiforme attività, nuove e più specifiche regole di condotta per
gli Stati;
b) coordinano la cooperazione in ambito economico e sociale (ad esempio ILO).
Questa attività indusse la Società delle Nazioni ad introdurre una rivoluzionaria novità: l’assistenza
tecnica su scala internazionale. La cooperazione funzionale doveva essere sviluppata al di la delle
opere che richiedevano un semplice coordinamento tecnico. Ed attraverso tutto ciò, per la prima
volta vengono coinvolti singoli individui ed enti privati, portando direttamente i cittadini sulla scena
internazionale.
Oggi il coinvolgimento diretto degli individui è veicolato sempre più attraverso le organizzazioni non
governative, le quali rappresentano una sfera amplissima di interessi, contribuendo al “policy-
moving” internazionale. Esiste una sostanziale differenza tra le attuali modalità transnazionali della
partecipazione ed una globale che presuppone il superamento dei vincoli di lealtà nazionale a
favore di una nuova interpretazione, cosmopolita della cittadinanza e che presuppone il radicarsi di
un senso di “comunità terrestre” (Marin??????????????) con considerevole ridimensionamento
del ruolo dello stato e delle sue prerogative
Il declino/fine dello Stato è oggetto della letteratura sulla globalizzazione. La globalizzazione è il
fenomeno di crescita progressiva delle relazioni e degli scambi a livello mondiale in diversi ambiti,
in ragione del progresso tecnologico in tema di trasporti, comunicazione e informazione. La
globalizzazione implica la conversione economia mercato di nuove ………….. liberalizzazione
commercio internazionale
Tecnologie, trasporto e comunicazione
La gestione a livello globale dei problemi si scontra col principio della sovranità degli Stati e tale
circostanza è attualmente il paradosso dell’organizzazioni internazionali.
7. ORGANIZZAZIONI INTERGOVERNATIVE
7.1 Società Delle Nazioni ed ONU
Per comprendere appieno i motivi che stanno alla base della nascita dell’ONU occorre risalire alla
nascita di un altro organismo internazionale, la Società delle Nazioni. Essa nacque ufficialmente il
28 aprile 1919 a Versailles, quasi come conseguenza del Trattato di pace successivo alla Prima
Guerra Mondiale.
Lo scopo di tale organismo, alla luce di quanto era successo durante il conflitto, era proprio quello
di creare una struttura che potesse ergersi ad organo sopranazionale e dirimere i futuri conflitti tra
le varie nazioni, contribuendo così, in maniera determinante al mantenimento della pace nel
mondo compiendo anche un controllo sugli armamenti e favorendo la loro riduzione.
Uno dei promotori principali fu il presidente americano Wilson, già professore di scienze politiche
all’Università di Princeton, il quale, ancora durante il conflitto, aveva elaborato i famosi 14 Punti
Fondamentali (tra cui il mantenimento della pace e sicurezza nel mondo e anche il principio
dell’autodeterminazione dei popoli), che avrebbero dovuto costituire la base della futura
organizzazione.
Una delle ragioni per cui si giunse alla creazione di un tale organismo, fu anche determinata dalle
dimensioni che la Prima Guerra Mondiale aveva assunto, coinvolgendo praticamente tutte le
nazioni del mondo e tutti i continenti; inoltre, per la prima volta, anche le popolazioni civili erano
state coinvolte in maniera massiccia nel conflitto, subendo privazioni e sacrifici che mai prima di
allora avevano subito.
Senza dubbio la creazione di una simile entità, rappresentava una vera e propria rivoluzione, nel
panorama politico mondiale e negli equilibri che sino ad allora avevano regolato i rapporti
diplomatici tra le varie potenze.
Alcuni dei Punti Fondamentali enunciati da Wilson inoltre, configgevano con le politiche estere
delle grandi potenze, come, ad esempio, Gran Bretagna e Francia. Infatti, a fronte del principio di
autodeterminazione dei popoli, secondo il quale ogni popolo aveva il diritto di scegliersi
liberamente il tipo di governo, vi erano gli enormi imperi coloniali dove questi paesi esercitavano
qualsiasi diritto sulle popolazioni indigene e sfruttavano le risorse del territorio senza sviluppare le
economie locali.
Non mancarono i dubbi in merito alle funzioni che la Società delle Nazioni avrebbe esercitato,
come la nascita della stessa venne accompagnata da molto scetticismo sulle sue reali funzioni. Si
ricorda a questo proposito, l’articolo apparso sul Corriere della Sera del 05.01.1918, a firma del
futuro Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi, dove si parlava appunto delle funzioni che una
tale struttura avrebbe dovuto assumere, per poter adempiere perfettamente al compito che le
veniva demandato.
La prima assemblea della Società della Nazioni si tenne a Ginevra il 15 novembre 1920,alla quale
parteciparono circa 42 nazioni, anche se fu vietata la partecipazione alle potenze sconfitte. Il primo
presidente fu Paul Hymans ed il primo segretario l’inglese Sir James Eric Drummond.
Il Documento su cui poggiava la Società delle Nazioni era composta da 22 articoli, inerenti, oltre
alle norme per il funzionamento e l’organizzazione della struttura, anche la
riduzione degli armamenti, il mantenimento della pace tra gli stati membri e la risoluzione pacifica
delle controversie; il principio dell’autodeterminazione dei popoli venne recepito ma non
ovviamente, applicato.
Sulla base di questo Documento vennero poi siglati dei trattati, quali:
- il trattato sui mandati (1922);
- il trattato contro la schiavitù (1926);
- il trattato tra Francia e Polonia (1925)
Per quanto attiene alla sua struttura, la Società delle Nazioni era composta da:
- Assemblea Generale dove sedevano tutti gli stati membri e dove ciascun stato aveva diritto
ad un voto;
- Consiglio, formato da 5 membri permanenti, le potenze vincitrici della Prima Guerra
Mondiale, ossia la Gran Bretagna, la Francia, gli USA, l’Italia ed il Giappone, dove ogni
membro aveva un voto
- Segretariato Generale
- Corte di giustizia internazionale
Vi era poi il Sistema di Amministrazione dei territori coloniali, con riferimento ai territori che erano
stati delle potenze sconfitte (ad esempio per le colonie tedesche dell’Africa), dove veniva dato un
mandato ad uno stato per l’amministrazione di tali territori, che di fatto entravano a far parte dei
possedimenti coloniali di tali stati, anche se in teoria il mandato doveva essere a tempo
determinato e per sviluppare una forma di autogoverno nel territorio stesso.
Da parte di alcuni storici si ritiene che la Società delle Nazioni sia stato un vero e proprio
fallimento, tuttavia, ad un’analisi più approfondita, probabilmente, la nascita dell’ONU è stata
determinata anche dal fatto che si era già avuta l’esperienza della Società delle Nazioni.
Molti possono essere indicati come i motivi del fallimento di tale organismo: ad esempio il fatto che
non disponesse di proprie forze armate, la qual cosa non facilitava certo l’adozione di decisioni
vincolanti e la verifica che le stesse venissero rispettate.
Uno dei problemi principali comunque, era dato proprio dal fatto che le decisioni dovevano essere
adottate all’unanimità, il che causava un ostacolo a qualsiasi forma di provvedimento.
Inoltre, molti paesi si erano ritirati da tale organismo e non si sentivano più obbligati a seguire le
risoluzioni che venivano adottate; gli Usa ad esempio, già dal 1919 non avevano approvato
l’adesione alla Società delle Nazioni, seguendo la corrente isolazionista che già durante il primo
conflitto si era venuta a creare. Anche il Giappone scelse di uscire dalla stessa società nel 1932 a
seguito della guerra di aggressione con la Cina, ma anche la Germania uscì dalla Società delle
Nazioni nel 1933.
Sul versante della concreta attività di soluzione delle controversie, vi furono alcuni episodi positivi
come nel 1921 nel dirimere la questione tra la Finlandia e la Svezia a proposito delle isole Aland
nel Mar Baltico e nel 1925 nel risolvere pacificamente la guerra che era scoppiata tra la Grecia e la
Bulgaria.
A questi però seguirono altrettanti insuccessi che minarono la credibilità della Società delle
Nazioni; il più eclatante fu da collegarsi all’invasione dell’Etiopia da parte dell’Italia fascista, nel
1935. L’Etiopia si rivolse alla Società delle Nazioni che emanò alcune sanzioni e livello
economico; in sostanza si trattava di un vero e proprio embargo economico nei confronti dell’Italia,
quale stato aggressore, riguardo a materie prime indispensabili per poter proseguire la guerra.
Le sanzioni però produssero un effetto alquanto limitato, nonostante la propaganda fascista le
presentò all’opinione pubblica italiana come alquanto dannose per la nostra economia e come un
tentativo da parte delle nazioni più ricche, in primo luogo la Francia e la Gran Bretagna, per
impedire all’Italia di avere il proprio impero coloniale.
L’effetto fu limitato proprio per il fatto che molte nazioni, che non facevano più parte della Società
delle Nazioni, come ad esempio USA e Germania, non si sentivano vincolate a tale provvedimento
e quindi continuavano a rifornire l’Italia delle materie prime necessarie al proseguimento della
guerra.
L’Italia venne poi espulsa dalle Società delle Nazioni, quale stato aggressore che non aveva
rispettato il Patto su cui la stessa Società si fondava.
Durante la Seconda Guerra Mondiale si iniziò a parlare nuovamente della possibile creazione di un
organismo sopranazionale capace di dirimere le controversie tra le nazioni e mantenere la pace
nel mondo.
Il 14 agosto1941 tra gli USA e la Gran Bretagna, si stilò la Carta atlantica nella quale si fissavano 8
punti tra cui anche la questione dell’autogoverno dei popoli e del mantenimento della pace nel
futuro.
Il 1 gennaio 1942, con la Dichiarazione di Washington, firmata tra 26 nazioni in guerra con i paesi
dell’Asse, si iniziò a parlare di Nazione Unite. Come simbolo si adottò la stella a 5 punte quale
figura di riconoscimento tra i paesi impegnati nel conflitto.
Il 1 maggio 1942 durante l’incontro tra Molotov e Roosvelt, anche l’Unione sovietica diede il proprio
assenso a creare tale organismo.
Il 30 ottobre 1943 si riprese tale argomento nella Dichiarazione di Mosca.
Nel maggio del 1944 venne elaborato il progetto per la creazione dei membri permanenti
Tra l’agosto e l’ottobre del 1944 si elaborò il vero progetto della Carta dell’ONU
Nel Febbraio 1945 a Yalta, durante l’incontro tra Churchill, Roosevelt e Stalin, venne riconfermata
questa intenzione.
Tra l’aprile ed il giugno del 1945 con la Conferenza di San Francisco, cui parteciparono circa 50
stati (ma non le nazioni che avevano combattuto con la Germania nazista), viene sottoscritta
ufficialmente la Carta delle Nazioni Unite che di fatto crea l’ONU.
Il 10 gennaio 1946 entra ufficialmente in vigore la Carta di San Francisco e quindi nasce l’ONU.
18 aprile 1946 viene sciolta ufficialmente la Società delle Nazioni.
La Carta di San Francisco è il documento con il quale si costituisce l’Organizzazione delle Nazioni
Unite; viene considerato sia come un trattato-istituzione, che come un trattato-costituzione. In esso
sono previste non solo le funzioni e gli scopi di tale organizzazione, ma anche le norme di
funzionamento e di organizzazione.
Detto documento viene considerato quale una lex specialis rispetto ad altre norme anche di livello
internazionale che regolano i rapporti tra due o più stati. I principi enunciati nella Carta sono di
carattere universale, cioè considerati vincolanti per tutti gli stati membri; alcuni principi però, nel
tempo hanno subito alcune critiche. Ad esempio il principio di uguaglianza è oggi visto in maniera
differente rispetto al 1946, in quanto se è senza dubbio vero che ogni stato membro ha gli stessi
diritti e gode della stessa considerazione rispetto ad un altro, si è guardato criticamente al ruolo dei
membri permanenti del Consiglio di Sicurezza od anche al fatto che oggi alcuni paesi, definiti
emergenti, come ad esempio India o Brasile, forse dovrebbero avere un peso differente rispetto a
nazioni come Tonga o la Liberia.
Il trattato è stato sottoscritto da tutti gli stati che sono entrati a far parte dell’ONU. L’Italia è entrata
nel 1955 poiché le sue precedenti domande avevano sempre incontrato l’opposizione dell’Unione
Sovietica che agiva in tal modo per tutelare altri stati che gli altri membri del Consiglio di Sicurezza
non volevano entrassero a far parte delle Nazioni unite in quanto del blocco comunista.
La Carta dell’ONU vieta l’uso della forza e viene bandita la guerra di aggressione. A questo scopo
è utile richiamare la nostra Costituzione poiché anche in essa abbiamo il ripudio da parte dell’Italia
di utilizzare la guerra quale metodo per risolvere le dispute con altre nazioni.
La stessa Carta dell’ONU quindi, pone una limitazione alla sovranità dei paesi membri, nel senso
che devono accettare determinate decisioni dell’ONU, anche a discapito dell’esercizio totale della
propria sovranità, per il bene della collettività. Ancora una volta si deve richiamare la nostra
Costituzione, che autorizza la limitazione della sovranità nazionale, soltanto laddove ciò sia
necessario per mantenere la pace tra le nazioni.
Esiste comunque il principio del “dominio riservato”, secondo il quale l’ONU non può intromettersi
nelle questioni interne di un singolo stato membro in quanto si tratterebbe di materie in cui non è
competente; occorre però distinguere quando una questione interna sia effettivamente tale, ossia
quando uno stato, finga di risolvere una sua questione interna ed invece tenti di eliminare un
gruppo etnico presente nel suo territorio o cerchi con la forza di imporre ad una minoranza
tradizioni, lingua,costumi e religione diverse. In questo caso l’ONU dovrebbe intervenire a tutela
delle minoranze minacciate, anche se il confine per determinare quando non si sia in presenza di
una pura questione interna o invece di una questione inerente etnie diverse è molto labile.
La carta delle Nazioni Unite può venire modificata attraverso:
- Emendamento, ossia un atto complesso per il quale occorre una delibera dell’Assemblea
Generale ma è richiesta una maggioranza qualificata (2/3 dei presenti) inclusi comunque i 5
membri permanenti del Consiglio di Sicurezza. In genere l’emendamento è richiesto per la
modifica di un singolo articolo o la sua integrazione;
- Revisione: consisterebbe in una rivisitazione di alcuni articoli della Carta, spesso inerenti
determinati principi che vengono rimessi in discussione; si ha attraverso una conferenza generale
che deve essere convocata dietro richiesta di almeno 2/3 dei membri dell’Assemblea ed il voto
favorevole di almeno 9 membri del Consiglio di Sicurezza, anche se non è necessario il voto
favorevole di tutti i membri permanenti. Adozione della revisione vi deve essere sempre con una
maggioranza qualificata, ossia con la ratifica di almeno i 2/3 dei membri dell’Assemblea compresi
però i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza.
Vi sono però anche state delle modifiche definite “de facto”, cioè acquisite con il tempo e la pratica
e che hanno determinato una differente modalità di procedere da parte degli organi dell’ONU in
materie anche importanti, senza che vi sia stata una modifica di alcuni articoli della Carta. Può
essere il caso delle operazioni definite di “peace keeping” o dell’utilizzo delle forze armate dei
singoli stati membri come forza armata dell’ONU (caschi blu).
Accanto agli stati originari o fondatori dell’ONU, esiste una procedura di ammissione che parte da
una richiesta dello stato interessato, dall’esame della stessa da parte del Consiglio di Sicurezza
che poi propone all’Assemblea l’ammissione dello stato richiedente. L’ammissione si avrà anche in
tal caso con una maggioranza qualificata, ossia con il voto di 2/3 dei membri presenti.
Gli stati sono rappresentati da persone fisiche sino ad un massimo di cinque per ogni singolo stato.
Coloro che devono rappresentare uno stato determinato, come nel caso degli ambasciatori,
devono presentare le credenziali che verranno vagliate dall’apposito Comitato delle credenziali.
Non ci sono dei criteri specifici a questo riguardo, ma ci potrebbe essere il rifiuto delle credenziali,
anche se questa è una sanzione indiretta per determinati comportamenti tenuti dallo stato
richiedente. Nel passato ciò è accaduto con il Sud Africa per la sua politica razzista.
Vi può essere la sospensione di un paese membro, totale, collegata al fatto che non vengono più
garantiti determinati diritti fondamentali, oppure parziale, in genere nel caso di mancato
versamento del contributo.
La perdita della qualità di membro delle Nazioni Unite vi sarà per:
- Espulsione, dovuta a determinati motivi legati alla politica sia interna che estera perseguita dallo
stato;
- Recesso, volontaria da parte dello stato membro;
- Estinzione dello Stato, anche se occorre distinguere se la stessa si è avuta per motivi pacifici
oppure a seguito di atti ostili quali un’occupazione militare, ma allora in tal caso non è detto che
l’estinzione dello stato sia stata riconosciuta dalla collettività (Es. occupazione del Kuwait da parte
dell’Iraq).
Vi sono poi alcune nazioni che hanno uno status particolare di osservatore: partecipano alle
discussioni ma non hanno diritto di voto (Svizzera e Santa Sede) o la Palestina che può votare ma
solo in questioni strettamente collegate alla sua esistenza.
La sede dell’ONU e il suo personale godono dell’immunità diplomatica alla stessa stregua di tutte
le rappresentanze diplomatiche.
Per quanto attiene alla sua struttura, l’ONU risente di quanto era già stato concepito in seno alla
Società delle Nazioni.
L’Assemblea Generale è formata da tutti gli stati membri, ciascuno avente diritto ad un voto; le
votazioni avvengono o a maggioranza semplice o a maggioranza qualificata (in genere costituita
dai 2/3 dei presenti). Spesso però è la stessa assemblea che decide se una questione debba
essere votata con maggioranza semplice o qualificata.
Esistono delle sessioni ordinarie che si tengono una volta all’anno a partire da settembre, ma
anche delle sessioni speciali, convocate entro 15 gg dal Segretario su richiesta del Consiglio di
Sicurezza o di uno stato membro; di emergenza, convocate entro 24 ore dal Segretario su
richiesta del Consiglio di Sicurezza con il voto di almeno 9 stati membri.
Vi sono poi degli organi interni quali il Presidente dell’Assemblea, eletto per acclamazione, il quale
ha il compito di dirigere i lavori dell’Assemblea e di condurre il dibattito, coadiuvato da 21 vice-
presidenti; vi sono poi degli organi sussidiari alla stessa Assemblea quali le 6 commissioni (come
ad esempio il Comitato delle credenziali), ciascuna competente nelle materie definite.
L’Assemblea ha una funzione di studio e di informazione, di indirizzo ed operativa; dette funzioni si
esplicano attraverso degli atti particolari quali:
- Raccomandazioni: si tratta di atti dell’Assemblea definiti anche quali “deliberazioni” o
“risoluzioni”. Sono prive di forza vincolante, ossia sono delle manifestazioni di desiderio che
invitano ma non obbligano. Si parla di un dovere dei destinatari delle medesime di
conformarsi, per quanto possibile alle stesse.
- Dichiarazioni di principio: sono atti di particolare solennità, inquadrati nelle soft law; si
dicono anche de lege ferenda e riguardano spesso la modifica di diritto internazionale
consuetudinario o patrizio.
- Decisioni vincolanti: si hanno in materia di contributi
Il Consiglio di Sicurezza è composto da un totale di 15 membri di cui 5 permanenti (Francia, Gran
Bretagna, Cina, Russia e USA) e10 non permanenti, eletti dall’Assemblea con maggioranza dei
2/3, per due anni e non rieleggibili.
I membri permanenti godono del “potere di veto”, ossia possono opporsi alla formazione di
determinati atti del Consiglio stesso e poiché per molte decisioni è prevista l’unanimità dei membri
permanenti, tale veto può bloccare l’attività del Consiglio e l’eventuale condanna o l’adozione di un
determinato provvedimento, nei confronti di quello stato determinato.
Il Consiglio ha la responsabilità per il mantenimento della pace e della sicurezza nel mondo. Nel
caso delle controversie vi è l’obbligo del deferimento al Consiglio, ma non per quelle che vengono
definite situazioni particolari per le quali vi è la facoltà ma non l’obbligo.
Il Consiglio di Sicurezza gode di un ampio potere d’inchiesta allo scopo di acquisire tutti gli
elementi utili per comprendere appieno una determinata situazione; tale potere lo si esercita in
maniera differente, con l’invio di una commissione formata da rappresentanti degli stati membri o
dello stesso Segretario Generale.
Lo stesso Consiglio è competente nel qualificare una determinata situazione come minaccia alla
pace o violazione della pace o vero e proprio atto di aggressione. Nel caso della minaccia alla
pace, recentemente si è considerata anche la situazione umanitaria ed economica di uno stato.
Allo scopo di far cessare una situazione di questo tipo, il Consiglio può adottare delle misure
provvisorie, volte proprio ad impedire l’aggravarsi di una determinata situazione; la loro
caratteristica è data proprio dalla temporaneità delle stesse. Nel caso però che la situazione non
migliori, il Consiglio può adottare delle misure coercitive che possono non implicare l’uso della
forza ma sanzioni di carattere economico, collegate al settore militare. Per verificare il rispetto di
quanto disposto, il Consiglio può anche consentire l’uso della forza con contingenti militari degli
stati membri.
Il Segretariato Generale è un ufficio complesso e permanente con al vertice il Segretario generale;
questi viene nominato dall’Assemblea dietro proposta del Consiglio di Sicurezza. Per essere
proposto dal Consiglio di Sicurezza, deve avere la fiducia di tutti i membri permanenti. Non si dice
nulla in merito alle qualifiche o requisiti che la persona deve avere per ricoprire tale carica e la
durata viene in genere determinata dallo stesso Consiglio di Sicurezza, così come nulla si dice in
merito alla possibilità di essere rieletto o alla proroga. Una volta eletto, il Segretario ha l’obbligo di
imparzialità ed indipendenza rispetto agli interessi nazionali del paese di cui è cittadino.
Il Segretario Generale è il più alto funzionario amministrativo, ma ha anche un ruolo politico;
rappresenta l’ONU nei rapporti con altre organizzazioni internazionali e con gli stati e può
concludere i trattati
La Corte internazionale di giustizia con sede all’Aja venne creata nel 1945 sull’esempio della Corte
permanente, collegata alla Società delle Nazioni. Si compone di 15 giudici che durano in carica per
9 anni e sono rieleggibili. Essi devono rappresentare i principali sistemi giuridici esistenti. La
designazione avviene ad opera dei singoli stati e votazione da parte sia del Consiglio che
dell’Assemblea.
La Corte elegge un Presidente, un Vice-presidente ed un cancelliere che durano in carica per tre
anni ma sono rieleggibili. Vi sono poi le sezioni o camere quali:
- di tre giudici per particolari controversie;
- ad hoc con un numero di giudici deciso dalla stessa corte;
- proc. Sommaria su richiesta delle parti
Solo gli Stati possono essere parti, ma non le organizzazioni internazionali.
Le sentenze possiedono i limiti della cosa giudicata e sono obbligatorie per le parti; in caso la parte
non ottemperi si può ricorrere al Consiglio di Sicurezza. La Corte può anche esprimere dei pareri
ma solo su determina
Vi sono poi degli organi collegati all’ONU con determinati compiti in materie specifiche come la
FAO, UNESCO, WTO, UNICEF ed il Consiglio Economico e Sociale.
7.2 World Trade Organization (WTO)
Il World Trade Organization (Organizzazione Mondiale del Commercio) è stato istituito con
l"Accordo di Marrakech" del 15 aprile 1994 firmato alla conclusione dell'Uruguay Round, i negoziati
che tra il 1986 e il 1994 hanno impegnato i paesi aderenti al GATT, ed ha sede a Ginevra
(Svizzera).
Sebbene il WTO sia nato di recente, ossia nel 1 gennaio 1995, tale organizzazione
intergovernativa ha, in realtà assunto il ruolo precedentemente detenuto dal GATT (General
Agreement on Tariffs and Trade - Accordo Generale sulle Tariffe ed il Commercio)
relativamente alla regolamentazione del commercio mondiale.
È opportuno perciò fare alcuni accenni ai contenuti del suddetto accordo. Il GATT è un accordo
internazionale, firmato il 30 ottobre 1947 a Ginevra (Svizzera) da 23 paesi, che si stabiliva le basi
per un sistema multilaterale di relazioni commerciali con l’obiettivo di favorire la liberalizzazione del
commercio internazionale. Inizialmente Il GATT era stato adottato al fine di sfociare nella
creazione dell’International Trade Organization (ITO), un’organizzazione internazionale
permanente che doveva regolare il commercio mondiale.
L’istituzione dell’ITO è stata impedita dagli Stati Uniti, probabilmente timorosi delle potenzialità
intervenzionistiche di tale organizzazione. La mancata istituzione dell'ITO, ha fatto si che il GATT,
pur privo di istituzioni permanenti, passasse ad operare anche come organizzazione. Pertanto,
GATT significa sia l’accordo firmato dai 23 stati membri nel 1947, sia la “organizzazione” (non
riconosciuta in ambito internazionale) che gestiva l’esecuzione di tale accordo.
Dal 1947 fino al 1994, tutte le decisioni e regole adottate al fine di regolare il commercio
internazionale sono state discusse nell’ambito del GATT. Il WTO ha, quindi, recepito gli accordi e
le convenzioni adottati dal GATT.
L’obiettivo principale del WTO è l'abolizione o riduzione delle barriere tariffarie al commercio
internazionale; l’ambito di competenza del WTO è più steso di quello del GATT e comprende non
solo i beni commerciali, ma anche i servizi e le proprietà intellettuali.
È opportuno sottolineare che il WTO non si occupa solo ed esclusivamente della liberalizzazione
del commercio: in certe circostanze il WTO sostiene il mantenimento delle barriere del commercio
al fine di proteggere i consumatori e altre posizioni deboli.
a) Principi
Il principio principale sul quale si basa il WTO è quello della non discriminazione tra gli stati
membri. Da tale principio ne discende la regola della "nazione più favorita" (most favourite nation),
la quale deve essere garantita ed applicata da tutti i membri del WTO verso gli altri membri
dell'organizzazione. In pratica, tale principio impone che i vantaggi, favori, privilegi o immunità,
concessi da uno stato membro ad un altro devono essere stesi a tutti gli altri stati membri.
Nell’ambito del principio del principio di non discriminazione, vige anche la regola del trattamento
indistinto tra prodotti esteri e locali, vale a dire i prodotti nazionali e quelli arrivati dall’estero dopo
entrati nel paese di destinazione commerciale, dovrebbero essere trattati allo stesso modo senza
alcuna differenziazione.
Tra i principi del WTO sono, inoltre da annoverare quello della liberalizzazione del commercio
internazionale (che in realtà è anche l’obiettivo dell’organizzazione stessa), quello della stabilità e
prevedibilità dei mercati, la promozione della concorrenza e il supporto dello sviluppo.
b) Funzioni dell'OMC Relativamente alle funzioni del WTO l'Articolo III dell'Accordo di Marrakech stabilisce quanto
segue:
1. L'OMC favorisce l'attuazione, l'amministrazione e il funzionamento del presente accordo e
degli accordi commerciali multilaterali, ne persegue gli obiettivi e funge da quadro per
l'attuazione, l'amministrazione e il funzionamento degli accordi commerciali plurilaterali.
2. L'OMC fornisce un contesto nel cui ambito si possono svolgere negoziati tra i suoi membri
per quanto riguarda le loro relazioni commerciali multilaterali nei settori contemplati dagli
accordi riportati in allegato al presente accordo. L'OMC può inoltre fungere da ambito per
ulteriori negoziati tra i suoi membri per quanto riguarda le loro relazioni commerciali
multilaterali e da contesto per l'applicazione dei risultati di tali negoziati, secondo le
modalità eventualmente decise da una Conferenza dei ministri.
3. L'OMC amministra l'intesa sulle norme e sulle procedure che disciplinano la risoluzione
delle controversie [...]
Inoltre:
4. Al fine di rendere più coerente la determinazione delle politiche economiche a livello globale,
l'OMC coopera, se del caso, con il Fondo Monetario Internazionale e con la Banca mondiale e con
le agenzie ad essa affiliate.
Pertanto, le tre funzioni principali del WTO sono quelle di seguito indicate:
• è un forum negoziale per la discussione sulla normativa del commercio internazionale
(nuova ed esistente);
• è un insieme di regole e norme che disciplinano il commercio internazionale al fine di
liberalizzare gli scambi in ambito globale;
• è un organismo per la risoluzione delle dispute internazionali sul commercio.
c) Accordi sui prodotti, servizi e proprietà intellettuale I principali accordi firmati nell’ambito dell’Uruguay Round dai paesi membri del GATT, i quali sono
stati pienamente recepiti dal WTO sono i seguenti:
• GATT (General Agreement on Tariffs and Trade): Accordo generale sulle tariffe doganali
ed il commercio
• GATS (General Agreement on Trade in Service): Accordo generale sul commercio dei
servizi
• TRIPS (Trade-Related Aspects of Intellectual Property Rights): Aspetti commerciali dei
diritti di proprietà intellettuale
I predetti accordi regolano, pertanto, lo scambio commerciale e le tariffe applicabile relativamente
a prodotti, servizi e proprietà intellettuale (brevetti, marchi, copyright ed invenzioni industriali).
Nell’ambito dei negoziati svoltesi dai paesi contraenti del GATT sono stati, altresì ratificati altri
accordi aventi ad oggetto specifici settori. In particolare, relativamente ai prodotti sono stati adottati
diversi impegni vincolanti riguardo le tariffe doganali delle merci, e limitazione di prezzi e quote di
importazione per i prodotti agricoli, mentre relativamente ai servizi, gli obblighi assunti riguardano
soprattutto un elenco di servizi per i quali i paesi dichiarano di non applicare il principio di non
discriminazione della "nazione più favorita" (lista di eccezioni).
d) Negoziazione delle normative sul commercio internazionale Diversamente da quanto generalmente accade nelle organizzazioni internazionali (che adottano le
proprie decisioni sulla base dei voti della maggioranza) le decisioni prese in ambito WTO sono
solitamente prese secondo il meccanismo del consenso. Questo sistema non prevede l'unanimità
delle decisioni, ma prevede la possibilità per i paesi membro di obiettare l’adozione di una
decisione qualora la consideri inaccettabile può obiettarvi. Ne deriva che le votazioni sono
utilizzate esclusivamente come meccanismo sussidiario oppure nei casi specificamente indicati
dall'Accordo di Marrakesh.
Tale meccanismo comporta il vantaggio di incoraggiano gli Stati membri a proporre ed adottare
decisioni che siano le più largamente condivisibili e condivise; per contro gli svantaggi di tale
sistema sono invece l'allungamento dei tempi necessari e nel numero dei round negoziali
necessari a raggiungere il consenso per l'adozione delle decisioni nonché, talvolta, nell'utilizzo di
un linguaggio ambiguo nella stesura dei punti controversi nelle decisioni, da cui deriva una difficile
interpretazione dei testi in questione.
e) Risoluzione delle controversie internazionali Come accade ad altre organizzazioni internazionali, il WTO non possiede un effettivo e
significativo potere per imporre le proprie decisioni nelle controversie tra i paesi membri. In caso di
mancata conformità da parte di un paese membro alle decisioni del WTO, questo, può, tuttavia
autorizzare l’uso di "misure ritorsive" da parte del paese che ha “vinto” la controversia. Ciò
nonostante, manca la possibilità di adottare ulteriori azioni ritorsive; in pratica, spesso i paesi più
potenti sono meno “sensibili” a e tendono ad ignorare i reclami avanzati dai paesi economicamente
più deboli, dato che questi ultimi difficilmente saranno in grado di attuare misure effettivamente
“ritorsive” nei confronti di un paese di economia fortemente più solida.
f) Stati membri Con l’adesione del Tonga, lo scorso luglio 2007, gli Stati membri dell'organizzazione sono 151. Nel
1995 il WTO aveva 76 Stati membri, ossia tutti i paesi contraenti del GATT.
Alcuni paesi, pur non essendo membri assumono il ruolo di osservatori. Entro 5 anni contati dal
momento in cui uno Stato diventa osservatore, devono iniziare le negoziazioni ai fini dell’adesione
di tale stato al WTO. Eccezione a tale regola e la Santa Sede.
Tali negoziazioni possono avere un iter più o meno lungo. Il negoziato di adesione più breve è
stato quello del Kirghizistan, durato due anni e dieci mesi. Il più lungo è stato invece quello della
Repubblica Popolare Cinese, durato 15 anni e 5 mesi.
g) Paesi in via di Sviluppo La complessità del diritto del WTO costituisce sovente una sfida per i paesi in via di sviluppo e, in
particolar modo, per i paesi in assoluto meno sviluppati i quali non hanno in genere le risorse per
acquisire l'expertise in materia.
Questa carenza è particolarmente sentita al momento di gestire eventuali dispute sulla corretta
applicazione degli accordi WTO. Proprio per ovviare a questo problema alcuni stati hanno creato,
nel 2001, un'organizzazione internazionale specifica, il Centro consultivo sul diritto dell'OMC.
Il Centro Consultivo sul diritto dell'Organizzazione mondiale del commercio (o ACWL, acronimo
inglese di Advisory Centre on WTO Law) è un'organizzazione internazionale creata nel 2001 per
fornire consulenza legale, ai paesi in via di sviluppo ed ai paesi detti con economia in transizione,
in materia di diritto del WTO. Di particolare rilevanza è l'assistenza data da tale organizzazione ai
paesi beneficiari in caso di dispute sollevate nell'ambito del meccanismo di risoluzione delle
controversie in seno alla OMC.
Nell’intento di favorire i paesi in via di sviluppo o sottosviluppati il WTO tende ad adottare alcune
misure di tutela che consistono:
Nella concessione di un periodo di tempo più lungo per implementare le misure necessarie
al fine di adempiere agli impegni assunti nell’ambito del WTO;
Nell’incentivare e promuovere nuove opportunità commerciali per tali paesi;
Nella richiesta, agli altri paesi membri, di adozione di misure di salvaguardia a favore dei
paesi più deboli;
In altre misure che in qualche modo possano essere utili ad incentivare lo sviluppo di
questi paesi.
h) Organizzazione del WTO La struttura organizzativa del WTO è stabilita nell’Articolo IV dell'Accordo di Marrakesh ed è
composta da:
a) Conferenza dei Ministri (della quale ne fanno parti i rappresentanti di tutti gli stati membri del
WTO) che si riunisce almeno una volta ogni due anni e svolge le funzioni del WTO, essendo,
pertanto, autorizzata ad adottare decisioni in relazione a tutti le materie di competenza del WTO.
b) Consiglio Generale, del quale ne fanno parti rappresentanti di tutti gli stati membri, e che
esercita le funzioni della Conferenza dei Ministri negli intervalli tra le sue riunioni. Il Consiglio
Generale assume, altresì le vesti di organo di conciliazione ai fini della risoluzione delle
controversie nelle materie di competenza del WTO, nonché le vesti da organo di esame delle
politiche commerciali.
c) tre Consigli che coordinano l’applicazione e controllano il funzionamento dei tre accordi
principali e che operano sotto l'indirizzo del Consiglio Generale, ai quali possono partecipare
rappresentanti di tutti gli stati membri del WTO e che sono:
Consiglio per gli scambi di merci, relativo al GATT;
Consiglio per gli scambi di servizi, relativo al GATS; e
Consiglio per gli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio, relativo al TRIPS
d) sono altresì previsti una serie di comitati specifici, che svolgono determinate funzioni attribuite
dall’Accordo di Marrakesh e da altri accordi commerciali, nonché dallo stesso Consiglio Generale.
A titolo illustrativo si possono citare il "comitato commercio e sviluppo", il "comitato restrizioni per
motivi di bilancia dei pagamenti" ed il "comitato bilancio, finanze e amministrazione"
e) Segretariato, che è l’organo tecnico esecutivo del WTO diretto dal Direttore Generale.
Il Direttore Generale del WTO Le decisioni politiche sono prese dai rappresentanti degli stati membri del WTO nell’ambito della
Conferenza ministeriale e del Consiglio Generale del WTO, mentre al Direttore Generale, invece
spetta la supervisione delle funzioni amministrative dell'organizzazione stessa.
Il Direttore Generale del WTO detiene il più importante ufficio permanente. Il ruolo svolto da tale
figura è, tuttavia, molto condizionato dal carattere del soggetto che lo svolge e, talvolta, possono
acquisire un ruolo molto proattivo nel funzionamento del WTO. In pratica, il Direttore Generale, può
adottare alcune tattiche utili ad aiutare gli stati membri ad adottare un accordo, tra questi si
possono elencare: a) la diplomazia informale; b) l'utilizzo dei media et c) la proposizione di un
progetto di accordo; d) la fissazione di termini per la conclusione di accordi.
Attualmente il Direttore Generale del WTO è il francese Pascal Lamy che ha preso il posto del
tailandese Supachai Panitchpakdi il 1 settembre 2005.
i) Rapporto tra WTO e UE L’articolo 113 del Il trattato di Roma di Maastricht (successivamente modificato dal trattato di
Maastricht) attribuisce all'Unione Europea una competenza esclusiva in materia di politica
commerciale:
"1. La politica commerciale comune è fondata su principi uniformi, specialmente per quanto
concerne le modificazioni tariffarie, la conclusione di accordi tariffari e commerciali, l'uniformazione
delle misure di liberalizzazione, la politica di esportazione, nonché le misure di difesa commerciale,
tra cui quelle da adottarsi in casi di dumping e di sovvenzioni.
[...]
3. Qualora si debbano negoziare accordi con uno o più Stati o organizzazioni internazionali, la
Commissione presenta raccomandazioni al Consiglio, che l'autorizza ad aprire i negoziati
necessari.
Tali negoziati sono condotti dalla Commissione [...]".
Di conseguenza, l'Unione Europea ha sempre partecipato, per successione nei diritti e negli
obblighi dei propri stati membri, ai negoziati del GATT prima e del WTO poi.
7.3 Unione Europea L’UE non è ascrivibile alle categorie concettuali degli Stati e delle organizzazioni internazionali.
Essa presenta una serie di elementi(soggettività,organizzazione,formazione)che ne attestano
l’autonomia rispetto agli altri ordinamenti giuridici nazionali.
L’ Unione europea infatti non ambisce a sostituirsi ad essi, ma li assorbe.
La cittadinanza europea presuppone quella nazionale senza superarla.
L’unione non si sostituisce agli Stati se non in ambiti limitati Ordina diversamente il potere,instaura
un governo a più arene Non è l’argano parlamentare ad avere una posizione di preminenza,ma
l’insieme di quelli che governano:
il Consiglio europeo,il Consiglio dei ministri,la Commissione europea.
Le istituzioni europee hanno ottenuto risultati preclusi agli Stati,senza mutuarne i principi di
organizzazione e di azione.
Solitamente le finalità dell’integrazione sono considerate in rapporto all’economia. Ordinate
secondo una scala di intensità crescente,consistono nella previsione di clausole commerciali
preferenziali.
Solo nell’UE vi è un mercato unico ,al quale si aggiungono unione economica e monetaria, con la
conseguente rinuncia degli Stati di batter moneta e alla sovranità di bilancio.
Nell’UE sogliono distinguersi gli organi primari,qualificati come istituzioni, da quelli secondari come
l’assemblea elettiva e la Banca centrale.
Gli ordinamenti regionali hanno un ampia estensione geografica,nascono geneticamente da un
Trattato stipulato fra Stati.
La qualità di soggetto spetta solo agli Stati hanno stipulato l’accordo istitutivo o vi hanno aderito in
seguito.
L’appartenenza all’ordinamento è frutto della volontaria adesione dei soggetti che ne fanno
parte:giuridicamente non vi è alcun vincolo di natura coercitiva imposto ai vari gruppi che decidono
di associarsi.
La cittadinanza è un requisito per l’esercizio di diritti e per l’assolvimento di doveri:va ben oltre il
riconoscimento reciproco da parte degli Stati membri .Tuttavia è uno status di secondo grado,nel
senso che l’Unione non ha la potestà di disciplinare con proprie norme acquisizione e la perdita
della cittadinanza.
La storia dell’UE non è lineare e progressiva Essa è formata da pause, parziali regressi, conflitti,
ma le caratteristiche dominanti sono :
- comuni interessi economici
- affinità di ordine storico, culturale,politico
- rispetto dei diritti fondamentali (rule of law)
- dovere di assicurarne il rispetto
- essere dotata di uffici propri,giuridicamente autonomi,raccordati con gli uffici pubblici
nazionali
- avere un organo parlamentare eletto direttamente dai cittadini,al quale si aggiunge una sorta
di collegamento ai parlamentari nazionali
Rilevante è anche la legittimazione processuale dei privati :l’idea stessa che un individuo in quanto
tale sia autorizzato ad adire un tribunale internazionale è quasi rivoluzionario.
L’ UE è dotata di giudici che hanno una giurisdizione generale ed esclusiva ,dotata di forza
esecutiva all’interno dei sistemi processuali degli Stati membri.
Per concludere L’UE incide su tutti gli aspetti della vita quotidiana,sui rapporti interprivati,oltre che
su quelli che concorrono tra i privati e i pubblici poteri.
a) Breve Cronologia Ragionata
Nel 1986 è stato approvato l’Atto Unico Europeo e creato il mercato unico.
Gli Stati dell’Europa centro orientale iniziano a presentare le richieste di adesione fra il 1990 e il
1996, con l’apertura degli accordi di associazione e con la fissazione a Copenaghen nel giugno del
1993 dei criteri per l’adesione.
Nel 1992 il Trattato di Maastricht individua la necessità di una conferenza intergovernativa per
approfondire i temi dell’Europa allargata.
A questa conferenza faranno seguito:
-il Trattato di Amsterdam 1997
-il Trattato di Nizza 2001
Nel 1993 a seguito del Trattato di Maastricht è nata l’Unione Economica e Monetaria.
b) Criteri per l’ingresso
Il vertice di Copenaghen diede priorità a:
1) Condizioni politiche - stabilità istituzionale,garanzia di democrazia,legalità,rispetto dei diritti
umani
2) Condizioni economiche – un’ economia di mercato funzionante
3) Capacità istituzionale - avere una democrazia sostanziale e un economia funzionante
4) Contesto generale di compatibilità - l’allargamento non poteva avvenire verso realtà statuali
5) Criterio di adesione - adozione dell’Acquis Comunantaire, cioe’ l’insieme delle regole e dei fini
della Comunità/Unione Europea.
c) Il Parlamento Europeo
Eletto la prima volta a suffragio universale diretto nel 1979,il Parlamento europeo è composto da
732 deputati europei.
Con l’ingresso nel 2007 di Bulgaria e Romania, il numero è destinato ad aumentare fino a un totale
massimo di 786 deputati.
Le elezioni si tengono ogni 5 anni e si svolgono contemporaneamente in tutti gli Stati membri.
Le sedute plenarie si svolgono a Strasburgo,mentre le riunioni delle commissioni e dei gruppi
politici generalmente a Bruxelles.Nel Lussemburgo hanno sede gli uffici del Segretariato Generale.
A partire dal 1993 è stato istituito l’elettorato attivo e passivo per l’elezione
dell’Europarlamentari,che rappresenta uno dei diritti della cittadinanza europea.
d) Organizzazione
L’organizzazione e il funzionamento interno sono disciplinati in base ai Trattati istitutivi e al
regolamento interno, che viene adottato dal Parlamento stesso a maggioranza dei membri che lo
compongono. Il regolamento determina anche le modalità con cui gli atti adottati dal Parlamento
verranno pubblicati e resi noti all’esterno.
Il Parlamento designa tra i propri membri un Presidente ed un ufficio di Presidenza.
Il Presidente viene eletto a maggioranza assoluta e rimane in carica per due anni e mezzo. Egli
dirige le attività del Parlamento e presiede le sedute plenarie. nonché le riunioni dell’ Ufficio di
Presidenza e delle Conferenza dei Presidenti.
L’Ufficio di Presidenza è composto dal Presidente,da 14 vice presidenti nonché da 5 questori
.Resta in carica due anni e mezzo.
Il Parlamento europeo si riunisce e delibera in sedute aperta al pubblico. I deputati si riuniscono
una settimana al mese in sessione plenaria a Strasburgo;in questa sede il Parlamento esamina la
legislazione proposta,vota gli emendamenti e prende decisioni sul testo complessivo.
Per le altre due settimane i deputati si riuniscono all’interno delle commissioni parlamentari, e si
occupano di preparare i lavori per la sessione plenaria. L’ultima settimana del mese è dedicata alla
riunioni dei gruppi politici.
e) I gruppi politici
I gruppi politici sono sette:
-PPE-DE Gruppo del partito popolare europeo
-PSE Gruppo socialista al Parlamento Europeo
-ALDE Gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei liberali per l’Europa
-Vert/ALE Gruppo verde/Alleanza liberale europea
-GUE/NGL Gruppo confederale della sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica
-IND/DEM Gruppo Indipendenza/Democrazia
UEN Gruppo Unione per l’Europa delle Nazioni
f) Funzioni e poteri
Il Parlamento Europeo esercita 3 poteri fondamentali:
1) il potere legislativo
Se l’iniziativa legislativa rimane una prerogativa della Commissione Europea,il Parlamento
europeo può chiedere alla Commissione di presentare adeguate proposte per le quali reputi
necessaria l’elaborazione di un atto di Comunità.
Insomma il Parlamento esercita la funziona legislativa congiuntamente al Consiglio, partecipando
alle procedure di adozione degli atti comunitari
(PROCEDURA DI CODECISIONE)
2) il potere di bilancio
Al Parlamento spetta l’ultima parola sulla maggior parte delle spese,mentre il Consiglio decide in
via definitiva sulle spese agricole. Il Parlamento ha tuttavia il potere di respingere il bilancio nel suo
insieme,e in questo caso la procedura bi bilancio deve ricominciare da capo.
3) il potere di controllo democratico
Al parlamento compete infine il potere di controllo democratico sull’intero attività comunitaria.
La Commissione presenta annualmente al Parlamento una relazione generale sull’attività della
Comunità che viene discussa in seduta pubblica, e verte non solo sulle attività svolte nell’anno
procedente ma anche sulle linee progettuali per l’anno in corso.
Lo strumento di controllo più pregnante rimane quello della censura, che il Parlamento può
adottare nei confronti della Commissione relativamente all’operato di quest’ultima.
Per la censura è necessaria la maggioranza assoluta dei deputati e i 2/3 dei voti espressi :produce
come effetto immediato quello delle dimissioni in blocco della Commissione.
g) Il Consiglio dell’unione Europea
E’ noto anche come Consiglio dei ministri europei ed ha sede a Bruxelles; è composto dai ministri
degli Stati membri. Insieme al Parlamento europeo costituisce il ramo legislativo dell’Unione.
Composizione del Consiglio
La presidenza del Consiglio è assunta a rotazione da uno Stato membro ogni sei mesi, secondo
un ordine fisso. Attualmente le formazioni sono nove:
-economia e finanza
-cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni
-occupazione,politica sociale. salute e consumatori
-competitività
-trasporti,telecomunicazioni ed energia
-agricoltura e pesca
-ambiente
-istruzione. gioventù e cultura
Funzioni
Il Consiglio dell’Unione svolge le seguenti funzioni:
1) adotta le leggi solitamente congiuntamente al Consiglio europeo
2) coordina le politiche generali congiuntamente con gli Stati membri
3) definisce la politica estera e di sicurezza comune della UE
4) conclude accordi internazionali tra la UE e uno o più Stati o organizzazioni internazionali.
Funzionamento del Consiglio
Il Consiglio “Affari generali”assicura la coerenza dei lavori delle varie formazioni del
Consiglio:prepara infatti le riunioni e ne assicura il seguito. Un Comitato dei rappresentanti
permanenti (COREPER) dei governi degli Stati membri è responsabile della preparazione dei
lavori del Consiglio.
Gli atti del Consiglio possono assumere la forma di regolamenti,direttive e decisioni.
Attualmente le decisioni vengono adottate a maggioranza semplice,qualificata o all’unanimità,e in
caso di maggioranza mediante l’attribuzione dei voti stabiliti dal Trattato di Nizza.
h) Regolamenti
Il regolamento è un atto vincolante a portata generale. Tutti gli elementi che lo compongono sono
direttamente applicabili e devono essere rigorosamente osservati dagli Stati membri:sono
obbligatori in ogni suo elemento (obbligatorietà integrale),senza deroghe o modifiche di sorta.
Devono essere motivati ,firmati dal Presidente del Parlamento europeo e dal Presidente del
Consiglio dell’UE.
I regolamenti vengono pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale della Comunità europea, ed entrano in
vigore dopo un periodo di vacatio legis di venti giorni.
i) Direttive
Si rivolgono esclusivamente agli Stati membri e li vincolano al raggiungimento di uno specifico
risultato. Nella prassi comunitaria risulta sempre più frequente l’uso di direttive dettagliate,che
lasciano allo Stato membro un ben ristretto margine di discrezionalità traducendosi un forme
anomale di regolamento.
j) Decisioni
Sono atti obbligatori a portata individuale ovvero vincolano in modo diretto i soli destinatari da esse
designati siano questi soggetti privati o Stati membri. Le decisioni emanate ai privati vengono
prese dalla Commissione in materia di concorrenza,mentre il Consiglio provvede a emanare
decisioni indirizzate esclusivamente agli Stati.
l) Commissione Europea
La Commissione Europea è il centro del processo di decisione politica dell’Unione Europea.
È formata da 27 commissari ,inoltre altre 15000 persone che lavorano per essa.
Compiti della Commissione
- Ha l’iniziativa legislativa
- Fa rispettare le direttive europee e l’integrità del mercato unico
- Sostiene ,gestisce e sviluppa le politiche dell’agricoltura e dello sviluppo regionale
- Organizza programmi di ricerca e di sviluppo tecnologico
I commissari Europei Essi sono tenuti ad un assoluta indipendenza nei confronti dei governi nazionali e ad agire
esclusivamente nell’interesse dell’Unione Europea.
Il Presidente è nominato dai Capi di Stato e di Governo riuniti in sede di Consiglio europeo previa
consultazione del Parlamento europeo. Gli altri membri della Commissione sono nominati da 15
governi degli Stati membri, in consultazione con il nuovo Presidente.
I suoi lavori La Commissione si riunisce una volta alla settimana, per svolgere i suoi lavori che possono essere
l’adozione di proposte, la messa a punto di documenti politici e l’esame della situazione nei
principali settori interessati dalle politiche europee.
Responsabilità democratica
La legittimità democratica della Commissione è sempre più rafforzata dal rigoroso e crescente
controllo a cui il Presidente e i suoi colleghi sono sottoposti da parte del Parlamento.
La Commissione prima di entrare in carica ,deve ricevere il voto di investitura del Parlamento
Europeo.I membri del Parlamento possono essere costretti alle dimissioni collettive nel caso in cui
il Parlamento approvi una mozione di censura nei confronti della Commissione.
Organizzazione
Il funzionamento di questo organo è regolato dai Trattati istitutivi,dal regolamento interno e dal
Presidente.
Al vertice della struttura organizzativa si trova dunque il Presidente coadiuvato da uno o due
vicepresidenti.
L’apparato amministrativo è suddiviso in 23 direzioni generali e in vari servizi e uffici (giuridico,
statistici, ecc)
Direzioni generali della Commissione europea:
Direzione generale Affari economici e finanziari
Direzione generale Agricoltura
Direzione generale Ambiente
Direzione generale Concorrenza
Direzione generale Energia e Trasporti
Direzione generale Fiscalità e Unione doganale
Direzione generale Giustizia e affari interni
Direzione generale Imprese
Direzione generale Istruzione e cultura
Direzione generale Mercato interno
Direzione generale Occupazione e affari sociali
Direzione generale Pesca
Direzione generale Politica regionale
Direzione generale Ricerca
Direzione generale Salute e tutela dei consumatori
Direzione generale Società dell’informazione
Centro Comune di Ricerca
Direzione generale Relazioni esterne
Direzione generale Allargamento
Direzione generale Sviluppo
ECHO-Ufficio per gli aiuti umanitari
Europe Aid-Ufficio di Cooperazione
Direzione generale Commercio
Potere di iniziativa legislativa
La Commissione è l’organo principale a cui i Trattati hanno delegato il potere di iniziativa
legislativa. Una volta che la Commissione ha formalmente presentato una proposta al Consiglio e
al Parlamento l’iter legislativo dipende in buona misura da una cooperazione efficace tra le tre
istituzioni
Le sue principali funzioni principali
- Potere di iniziativa legislativa
- Custode dei trattati
- Gestione ed esecuzione delle politiche della Unione europea e delle relazione commerciali ed
internazionali
La Commissione non ha il diritto esclusivo di iniziativa nei due settori della cooperazione
intergovernativa contemplati con il trattato sull’ Unione europea: la politica estera e di sicurezza
comune ,e la cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni.
Custode dei trattati
La Commissione vigila sulla corretta applicazione della legislazione comunitaria da parte degli Stati
membri ; in caso di inadempienza degli obblighi derivanti dai trattati,viene avviata una procedura
di infrazione che può condurli a subire il giudizio della Corte di giustizia
La Commissione ha il poter di prendere provvedimenti nei confronti di individui, imprese e
organizzazioni per la violazione di norme comunitarie fermo restando il diritto di appello alla Corte
di giustiza.
Le pratiche legali di fissazione dei prezzi e gli accordi illeciti , sono stati oggetto della sua
attenzione e sanzionati con ammende molto elevate.
Essa vigila inoltre sulle sovvenzioni pubbliche alle imprese.
Amministra il bilancio annuale dell’Unione europea.
m) La Corte di Giustizia
Si compone di un giudice per ogni Stato membro dell’UE e otto avvocati generali. Sono nominati di
comune accordo dai governi degli Stati membri e restano in carica per sei anni rinnovabili.
I giudici della Corte designano tra loro il Presidente della Corte con un mandato di tre anni. La
Corte può riunirsi in sessione plenaria ,in gran seziona(13 giudici)o in sezione composta da cinque
a tre giudici. La Corte si riunisce in sessione plenaria in casi eccezionali previsti dai Trattati .
Competenze e poteri
I suoi poteri sono applicati in diverse forme.
Ricorso per inadempimento
La Corte controlla il rispetto da parte degli Stati membri degli obblighi sanciti dal diritto comunitario
.
Il ricorso alla Corte di giustizia è proceduto da un procedimento preliminare ( procedura di
infrazione ) avviato dalla Commissione ,nel corso del quale lo Stato membro ha la possibilità di
rispondere alle accuse . Se la Corte accerta l’inadempimento, lo Stato è tenuto a porvi fine
immediatamente .
Qualora lo Stato non ottemperi alla sentenza della Corte ,la Commissione può avviare una nuova
procedura di infrazione di fronte alla Corte di giustizia, che se accerta l’inadempimento condanna
lo Stato al pagamento di un ammenda .
Ricorso per annullamento
Il ricorrente chiede alla Corte l’annullamento di un atto legislativo:il ricorso può essere fatto da uno
Stato membro o da un privato se l’atto lo riguarda direttamente.
La Corte segue grosso modo le procedure dei tribunali nazionali.
8. ONG E GLOBALIZZAZIONE
Oggi il settore delle ONG rappresenta l’ottava economia a livello mondiale, con un valore di oltre 1
milione di dollari l’anno.
Dà valore a circa 19 milioni di persone, senza contare i volontari.
Le ONG spendono all’incirca 15 miliardi di dollari l’anno per lo sviluppo, quanto investe la Banca
Mondiale, ma mentre le ONG sono un fenomeno in rapida crescita dagli anni ’80 i movimenti
sindacali sono in declino.
Il collegamento tra ONG e sindacati è molto profondo: è stato l’attivismo della società civile,
capeggiata dai sindacati che ha preparato la strada per lo sviluppo delle ONG dopo la Seconda
Guerra Mondiale; molte di queste nacquero dai sindacati. I due mondi hanno collaborato a dar vita
a potenti coalizioni (quali global call to action against povertà) ed hanno condotto campagne
insieme, contro il libero commercio e molte grandi società (es. Wol-Mart)
Può essere una combinazione vincente, come ha dimostrato la lotta contro l’apartheid dieci anni fa
o come dimostra la battaglia contro la privatizzazione dell’acqua oggi.
Di fatto il termine “social movement unionism” è stato coniato al fine di riflettere questo ampio
approccio collaborativi che ha cambiato la faccia di molti paesi in via di sviluppo, più di recente in
Georgia ed Ucraina e prima in gran parte dell’America Latina.
Le ONG hanno spesso agito quali procuratrici per i sindacati, nelle nazioni ove i movimenti a difesa
dei lavoratori sono repressi. Codici di condotta e responsabilità societarie sono spesso vinti
attraverso azioni comuni di pressione e lo staff delle ONG tende ad essere membro attivo nella vita
sindacale, quanto gli appartenenti al sindacato nella vita delle ONG.
Ogni anno le ONG ed i sindacati si scambiano grosse somme di denaro a supporto dei reciproci
progetti.
Alcuni Paesi (quali Irlanda e Sud Africa) sono andati persino oltre ed hanno incluso nelle loro
politiche le ONG.
Le Nazioni Unite hanno dato alle ONG un’arena internazionale nella quale poter operare insieme
alle rappresentanze dei lavoratori.
Si tratta di un’opportunità storica per i sindacati e le ONG.
La questione è più complessa.
Il movimento delle ONG è un insieme complesso di alleanze e rivalità; carità e business,
radicalismo e conservatorismo.
I finanziamenti arrivano da più fonti e vengono distribuiti in ogni direzione concepibile.
La definizione della banca Mondiale di ONG è sufficientemente ampia da includere Public Services
International, quale una delle più vecchie ONG così come include molte espressioni di fede.
La definizione data dalla WTO è pure ampia, così da includere gruppi di lobby industriale, quali
l’Associazione dei Banchieri Svizzeri e la Camera di Commercio Internazionale.
Più si guarda da vicino, più si è propensi a chiedersi se l’espressione “organizzazione non
governativa” abbia un qualche significato.
Il termine ONG diventa di uso corrente alla fine della Seconda Guerra Mondiale, allorché le nazioni
Unite cercarono di differenziare tra agenzie specializzate inter-governative ed organizzazioni
private, ma le origini del movimento sono più antiche.
La prima ONG internazionale è stata probabilmente la Società contro la schiavitù” costituita nel
1839; il movimento contro la schiavitù, che raggiunse il suo apice alla fine del XVIII secolo, è stato
il catalizzatore di molte organizzazioni che seguirono.
Alcune delle prime ONG nacquero dai conflitti bellici, inclusa la Croce Rossa nel 1864 dopo la
Seconda Guerra d’Indipendenza Italiana; Save the children dopo la Prima Guerra Mondiale e
Oxfam e Care dopo la Seconda Guerra Mondiale.
Ad oggi la più grande ONG è la “Bill and Melinda Gates Foundation”, con un patrimonio di circa 30
miliardi di dollari.
Alcune ONG sono molto abili nel gestire il proprio profilo mediatico, altre lottano nell’anonimato.
Alcune, come Amnesty International sono basate sul presupposto dell’associazionismo, rifiutando
aiuti economici dai governi e dai partiti politici.
Altre sono organizzazioni capaci di produrre enormi profitti che esistono solo per creare azioni di
lobby a nome di interessi puramente economici e di guadagno.
Sempre più le ONG sono legate ai governi attraverso accordi di finanziamento e contratti di
servizio.
Nel 2001 Care International ha ricevuto quasi il 70% dei suoi 420 milioni di dollari di budget, da
contributi governativi. Un indagine del 1998 ha dimostrato che un quarto delle entrate di Oxfam
arrivano dal governo britannico dalla UE.
World vision negli USA ha raccolto 55 milioni di dollari in valore di beni dal governo statunitense.
Nello stesso anno Medecin sans Frontieres ha ricevuto il 46% delle sue entrate da fondi
governativi.
Uno studio sulle entrate delle ONG dichiara che: “le entrate per servizi sono incrementate del 52%
ed i ricavi del settore pubblico del 40%”; nello stesso periodo le entrate filantropiche sono cresciute
solo del 6%.
Forse l’unica cosa che si può sostenere sulle ONG è che rappresentino l’espressione più visibile
della società civile alla globalizzazione.
Da un punto di vista storico il movimento sindacale è nato più o meno nello stesso periodo, in
risposta alla rivoluzione industriale; ma l’evoluzione dei sindacati ha avuto un percorso diverso.
Dopo 175 anni il movimento si è sviluppato nella più importante forza democratica mondiale.
Dai livelli più bassi in molti settori in più nazioni, su fino alle federazioni nazionali ed ad una serie di
federazioni regionali e globali sino alla ICFTU (International Confederation of Free Trade Unions)
cge può legittimamente vantarsi di rappresentare 155 milioni di persone.
Ci può essere una vasta area di interessi comuni tra i due movimenti, ma l’industrializzazione e la
globalizzazione sono due rivoluzioni molto differenti. Le rispettive forme nelle quali si sono evoluti
(e le differenze culturali scaturite) spesso portano a difficoltà e tensioni come ha detto
recentemente un leader sindacale: “Il movimento delle ONG può rappresentare una grande forza
di cambiamento a tratti”.
Paradossalmente, questa mancanza di una sola voce può spiegare la incredibile crescita delle
ONG a partire dagli anni’80.
Allorché la Banca Mondiale ed il FMI imposero tagli nei servizi pubblici, le ONG furono
incoraggiate a riempire questi vuoti. Furono considerate il canale privilegiato per erogare servizi
invece dello stato.
La Banca Mondiale non solo incoraggia i propri membri a lavorare con le ONG sui progetti di
sviluppo, ma investe anche direttamente in progetti delle ONG.
E’ stato rilevato che dal 1973 al 1980, le ONG erano state coinvolte in circa 15 progetti della Banca
Mondiale all’anno. Dal 1990 questo numero è salito a 89, ossia il 40% di tutti i nuovi progetti
approvati.
Ma c’è una logica particolare dietro tutto ciò: sembra servire più uno scopo ideologico che
economico: Non c’è prova che dimostri che i servizi erogati dalle ONG siano più economici di quelli
pubblici.
Di fatto negli USA, ove le ONG hanno un ruolo particolarmente rilevante nel prestare servizi
nell’ambito di contratti governativi, sono diventate oggetto di profonde critiche proprio perché la
loro presenza aumenta i costi di erogazione dei servizi e crea problemi di burocrazia aggiuntiva.
Ciò è chiaro: non c’è una semplice formula per spiegare o sviluppare le relazioni tra sindacati e
ONG. Molti sono alleati naturali, altri lavorano in aree complementari, ma molti sono concorrenti.
C’è un certo consenso sulla circostanza che le ONG hanno rappresentato molto negli anni ’90 ma
non c’è consenso sul perché ciò sia avvenuto.
Non c’è una sola singola motivazione, ma una molteplicità di fattori tra loro interconnessi. Alcuni
ritengono che tra questi fattori vadano ricompresi la fine della guerra fredda, la riduzione dello stato
assistenziale, l’eredità del pensiero politico reganiano e thatcheriano nelle relazioni internazionali,
l’aumentato ruolo delle istituzioni internazionali a cominciare dalle Nazioni Unite nell’ambito della
governance globale,le grandi idee quali quelle di Robert Putnam sul capitale sociale, che hanno
portato alla resurrezione del pensiero di Tocqueville ed al successo di movimenti sociali quali
Solidarnost .
Il risultato è stata un’incredibile crescita di risorse disponibili per le ONG.
Oltre ad essere divenute le portatrici privilegiate di aiuti, queste organizzazioni si supponeva
avrebbero promosso la democrazia (ed allo stesso tempo erano ritenute indici di salute della
democrazia), che sarebbero intervenute in situazioni di emergenza, a supporto di cambi di regime,
al fine di promuovere l’integrazione sociale di genti e comunità emarginate.
Alcuni numeri sono significativi: per es. oltre il 90% dei finanziamenti a scopo umanitario della UE
negli anni ’70 veniva canalizzato attraverso i governi e nessuno tramite le ONG.
Trenta anni dopo, i giovani contano per il 6%, mentre le ONG per il 37%.
Secondo dati forniti dalla OECD, il 13% di tutta l’assistenza allo sviluppo che ammonta a oltre 8.3
miliardi di dollari, nel 1992, è stata canalizzata attraverso le ONG (nel 1970 era lo 0,2%)
Dopo lungo tempo, gli indicatori sembrano anche far apparire un processo di aggregazione.
Il responsabile dell’amministrazione di USAID ha sostenuto che, con riferimento a particolari
situazioni di emergenza e sostegno, 10 ONG europee e 10 USA spendano il 75% di tutti i fondi
pubblici che vanno per emergenze complesse.
Gli studenti parlano delle “big 8”, intendendo le otto più grosse ONG umanitarie che operano quasi
in oligopolio.
Con il crescere del numero delle ONG, si è assistito ad una crescita del loro potere. La loro
capacità di influenzare le relazioni internazionali è diventata presto chiara.
L’ex Segretario delle Nazioni Unite Boutros Ghali ha detto una volta che le ONG sono una
“componente indispensabile della legittimazione” delle Nazioni Unite. Kofi Annan ha definito le
ONG “la coscienza dell’umanità”.
Una serie di rivoluzioni “colorate” negli ultimi anni, nelle quali le ONG hanno svolto un ruolo
preminente nelle proteste civili di massa, ha messo in luce il lavoro democratico di queste
organizzazioni della società civile.
Molti governi hanno risposto con misure legislative restrittive con lo scopo di evitare che le ONG
potessero avere un ruolo attivo nei processi di sviluppo della democrazia.
Ma ad ogni azione corrisponde una reazione. La popolarità senza precedenti ed il fatto di
rappresentare la società civile hanno cominciato ad essere messe in discussione sul presupposto
di mancanza di legittimazione, di serietà e di trasparenza.
Per troppo a lungo sono state paragonate a realtà di affari o industrie. I Governi hanno iniziato a
dire che le ONG non hanno un mandato democratico, che non sono espressione di elezioni.
Molti critici delle organizzazioni sociali civili dicono che non devono rendere conto a nessuno se
non a chi dona loro denaro. Ad oggi le ONG sono sotto attento esame.
Il dibattito si fa difficile ed avrà un impatto sulla loro ragione di esistere e sull’influenza che le ONG
hanno avuto sino ad ora; quanto meno ciò diminuirà i finanziamenti alle ONG.
Così come da poche, le ONG sono diventate molte e potenti, all’improvviso potrebbero non
rappresentare più un fenomeno globale.
Oggi le ONG si stanno mobilitando per difendere il loro operato ragionando su qualche forma di
auto-regolamentazione, cercando di creare degli standards di buona condotta ed essenzialmente
cercando di riformarsi.
Alcuni dei donatori stanno immaginando strade alternative chiedendosi se non sia meglio tornare a
finanziare aiuti attraverso i canali governativi o attraverso le grandi organizzazioni multilaterali.
Anche così comunque, le ONG sono tuttora ben posizionate per fare cose che nessun altro
potrebbe efficacemente fare.
Vediamo alcuni esempi.
Di recente una ONG che lotta per i diritti di persone disabili, si è impegnata in un’attività di
promozione a livello nazionale in Macedonia ed ha raccolto quasi 20.000 firme. Lo scopo è di far
approvare la Parlamento una legge che protegga i diritti dei disabili. Chi altro avrebbe potuto farlo
? Il Governo ?
In un altro esempio, sempre dalla Macedonia, un paio di anni fa alcuni gruppi ambientalisti hanno
lottato contro il Governo del Montenegro, in Tribunale, per il progetto di costruire una centrale di
energia nella valle del fiume Tara, magnifica area naturale. Ed hanno vinto.
In Albania il movimento giovanile MJAFT ha avuto un importantissimo ruolo nel combattere la
corruzione a livello governativo.
E lo stesso valga per migliaia di gruppi sconosciuti che prestano servizi tutti i giorni in comunità
povere, nei ghetti, negli slums ed altre parti ove il sistema governativo non arriva.
Fanno si che i bambini Rom vengano istruiti, combattono l’analfabetismo femminile, formano
giovani disoccupati e così via.
Globalizzazione Oggi la globalizzazione è messa in discussione ovunque nel mondo. Vi è insoddisfazione per ciò
che rappresenta e forse giustamente.
La globalizzazione può essere una forza portatrice di buoni risultati; la globalizzazione delle idee di
democrazie e di come vada interpretata l’idea di società civile hanno cambiato il modo in cui la
gente pensa, mentre i movimenti politici globali hanno spinto i governi a ridurre i debiti dei paesi in
via di sviluppo ed a negoziare un trattato contro le mine anti-uomo.
La globalizzazione ha aiutato centinaia di milioni di persone a poter raggiungere migliori standards
di qualità di vita, al di la di quanto gli stessi popoli, o molti economisti, pensassero fosse possibile
solo poco tempo addietro.
La globalizzazione dell’economia ha beneficiato nozioni che ne hanno tratto beneficio andando alla
ricerca di nuovi mercati ove esportare i propri prodotti ed attirando investimenti esteri.
Pur così le nazioni che ne hanno beneficiato maggiormente sono quelle che hanno preso in mano
il proprio destino e riconosciuto il ruolo che il governo può avere nel processo di sviluppo più che
fare solo affidamento sulla nozione di un mercato che sia in grado di auto-regolamentarsi
risolvendo i propri problemi.
Ma per milioni di persone la globalizzazione non ha funzionato. Molti hanno visto, anzi peggiorare
la propria condizione assistendo alla distruzione dei posti di lavoro e andando incontro ad
esistenze meno sicure.
Si sono scoperti meno forti di fronte a forze al di la del loro controllo. Hanno visto le loro
democrazie minacciate, le loro culture erose.
Se la globalizzazione continua ad essere portata avanti come si è fatto nel passato, se non si
impara dai propri errori la globalizzazione non solo non riuscirà a promuovere lo sviluppo ma
continuerà a creare povertà ed instabilità. Senza una riforma, il di scontento che sta montando
contro la globalizzazione continuerà a crescere.
Se gli interessi finanziari hanno dominato il modo di pensare al FMI (Fondo Monetario
Internazionale) gli interessi commerciali hanno avuto un ruolo ugualmente dominante presso il
WTO.
Così come il FMI da poca rilevanza alle richieste dei poveri – ci sono miliardi a disposizione per
prestiti alle banche, ma non ci sono fondi per gli aiuti alimentari per coloro che sono stati esclusi
dal mondo del lavoro, quali risultato dei programmi del FMI – il WTO mette il commercio sopra ogni
altra considerazione.
Gli ambientalisti che cercano di proibire l’importazione di beni prodotti usando tecnologie che
danneggiano l’ambiente . con la distruzione di specie in via di estinzione, o elettricità prodotta da
generatori che inquinano l’aria – si sentono dire che non possono comportarsi in questo modo, si
tratta di interferenze sul libero mercato.
Mentre le istituzioni sembrano perseguire soprattutto interessi commerciali e finanziari, non
riescono a vedere se non tutto questo e credono sinceramente che l’agenda che perseguono sia
nell’interesse generale.
A dispetto dell’evidenza del contrario, molti ministri del commercio e delle finanze, ed anche alcuni
leader politici ritengono che ognuno alla fine trarrà beneficio dalla liberalizzazione del commercio e
del mercato dei capitali.
Molti ritengono e credono in tutto ciò così fortemente che spingono le nazioni ad accettare queste
riforme con ogni mezzo, anche se si tratta di riforme impopolari.
La grande sfida non sta però solo nel cambiare il modo di pensare ed agire delle istituzioni:
preoccuparsi dell’ambiente, assicurarsi che i poveri possano esprimere la loro opinione quando si
adottano provvedimenti che li riguardano, promuovere la democrazia ed un commercio equo, sono
tutte azioni necessari se si vogliono raggiungere i potenziali benefici della globalizzazione.
Il problema è che le istituzioni devono tener conto e riflettere le aspettative di coloro verso i quali
sono responsabili.
Il tipico banchiere centrale inizia la giornata lavorativa preoccupandosi delle statistiche
sull’inflazione, non di quelle sulla povertà; il ministro del commercio si preoccupa dei numeri
dell’export, non degli indici di inquinamento.
Non possiamo tornare indietro nel percorso di globalizzazione, la questione è come possiamo
…………………………
E se deve funzionare, le istituzioni globali devono aiutare a definire nuove regole.
Il modo di agire di coloro che operano nelle istituzioni deve cambiare e chi opera nelle istituzioni
deve rendere conto direttamente a coloro che rappresenta.
La questione dei diritti di voto e chi possa sedersi al tavolo – anche con limitazione del diritto di
voto – conta. Determina il potere definire le voci di chi sono espresse.
Il FMI non si preoccupa solo di questioni tecniche e di accordi tecnici tra banchieri, le azioni del
FMI impattano sulle vite ed i modi di vivere di miliardi di persone nel mondo in via di sviluppo; ciò
nonostante queste persone non hanno diritto di parola.
La governance a livello del WTO è più complessa. Così come il FMI è l’arena ove vengono
ascoltati i ministri delle finanze, presso il WTO, vi sono i ministri del commercio.
Nessuna sorpresa che allora si presti poca attenzione alle questioni ambientali. Mentre gli accordi
di voto fanno si che presso il FMI i paesi ricchi dominino, presso il WTO ogni paesi esprime un
singolo voto e le decisioni sono perlopiù consensuali. Ma in pratica, negli anni passati, US, Europa
e Giappone hanno dominato.
Il cambiamento più importante richiesto per far si che la globalizzazione funzioni nel modo in cui
dovrebbe, riguarda la governance.
Al di là di una modifica delle regole di governance, il modo più rilevante per assicurarsi che le
istituzioni internazionali siano più reattive alle istanze dei poveri, ai bisogni dell’ambiente, alle più
ampie preoccupazioni politiche e sociali è aumentare la trasparenza e l’apertura verso l’esterno.
Oggi diamo per scontato l’importanza del ruolo che una stampa libera ed informata ha nel
“sorvegliare” i comportamenti dei nostri governi eletti democraticamente.
La trasparenza è ancora più importante in organizzazioni quali il FMI, la Banca Mondiale e il WTO,
poiché i loro leaders non sono eletti direttamente.
Sebbene siano istituzioni pubbliche, non devono rendere conto direttamente al pubblico. E mentre
ciò dovrebbe comportare che queste istituzioni siano ancora più aperte, esse incede sono ancora
meno trasparenti.
Non è facile cambiare il modo di fare, le burocrazie, come le persone, possono assumere cattive
abitudini e cambiare può essere difficile.
Ma le istituzioni internazionali devono fare anche cambiamenti che sembrano impossibili per
potere svolgere quel ruolo che devono anche per far si che la globalizzazione possa funzionare e
funzionare non solo per i paesi industrializzati ma anche per le nazioni povere ed in via di sviluppo.
Il mondo sviluppato ha bisogno di fare la propria parte per riformare le istituzioni internazionali che
governano la globalizzazione.
Noi abbiamo creato queste istituzioni e dobbiamo ora aggiustarle. Se saremo capaci di rispondere
alle giuste preoccupazioni di coloro che hanno espresso insoddisfazione verso la globalizzazione,
se faremo si che la globalizzazione sia vista come qualcosa di positivo per i miliardi di persone che
non la vedono così, se la globalizzazione assumerà un volto umano, allora la globalizzazione avrà
vinto.
9. PROSPETTIVE
A conclusione di questa analisi sulla figura delle ONG, resta da esaminare quali siano le
prospettive future di sviluppo di questi soggetti che operano a livello internazionale.
Quando si è parlato dell’evoluzione storica delle ONG, si è visto che, le vere e proprie relazioni
internazionali inter-statali sono sorte più come una conseguenza (o forse anche per timore) dello
sviluppi improvviso ed imponente dei rapporti tra privati nel corso del XIX secolo.
Tutto ciò dimostra quanto l’individuo, con la propria attività, sia parte inscindibile ed attiva delle
relazioni internazionali: a testimonianza dell’importanza della sua iniziativa si sono portati alcuni
esempi il più significativo dei quali è senza dubbio dato da Henry Dunant, fondatore della Croce
Rossa.
La questione fondamentale, oggi, sta nel chiedersi se gli individui possano ancora incidere così
significativamente sulle relazioni internazionali e sulla vita degli Stati.
Certo, il successo dell’opera di Dunant è stato reso possibile grazie alla minore complessità delle
relazioni tra gli Stati del suo tempo, mentre oggi ad un singolo sarebbe più difficile influenzare la
condotta del governo ed ancora meno quello di uno Stato estero.
Tuttavia un’equivalente opera di pressione, può essere quella condotta da privati uniti tra loro;gli
esempi sono ancora una volta la Croce Rossa, in quanto ONG, Amnesty International, la “Società
Antischiavista”, l’Istituto di Diritto Internazionale e, negli anni della guerra del Vietnam, il cosiddetto
“Tribunale Russell”2, senza menzionare l’opera svolta dalle principali ONG presso il Consiglio
Economico e Sociale delle N.U.
Perciò, nonostante il crescente processo che prende avvio a partire dalla Pace di Westfalia del
1648, con la nascita del moderno Stato sovrano, di appropriazione e regolamentazione da parte
dello Stato di tutte le attività una volta esclusivamente private, l’individuo unitosi ad altri in gruppi
organizzati, può ancora svolgere all’interno del diritto internazionale, un compito attivo che diventa
fondamentale in momenti di crisi e di emergenza.
Risulta del resto quasi impossibile pensare al singolo cittadino senza un’organizzazione ove possa
manifestare e cercare di concretizzare i propri ideali, poiché il risultato sarebbe pessimo: egli
2 Il Tribunale Russell Nacque durante la guerra del Vietnam nella quale gli Stati Uniti furono impegnati dal 1964 al 1973. Quando divenne chiaro che la guerra stava assumendo aspetti contrari ai principi di umanità un gruppo di intellettuali guidati dal filosofo Russell decise di creare un “tribunale” internazionale per giudicare il comportamento degli Stati Uniti.
dipenderebbe esclusivamente dal diritto internazionale elaborato dai Governi e non avrebbe
alcuna ragione di sperare in un futuro che desse maggior sicurezza di quella offerta dallo Stato o
dalla comunità internazionale statale.
Il problema maggiore, la cui soluzione sembra ancora abbastanza lontana, è quello della ricerca di
un equilibrio tra le attività delle ONG e gli interessi dei governi.
Si è visto quanto questi due elementi siano d’ostacolo alla predisposizione di legislazioni uniformi
che regolino lo status di residenti delle ONG, ma qui il conflitto è ancor più profondo ed è politico:
si tratterebbe di una rinuncia degli Stati a determinati compiti che essi ritengono invece di propria
esclusiva competenza. Ad esempio: in campo bancario e finanziario, gli Stati tendono a
monopolizzare il controllo e la regolamentazione dei flussi di moneta in nome di non meglio definiti
superiori interessi collettivi, mentre i privati, a loro volta, ritenendo di avere maggiore competenza,
vorrebbero assumere la gestione di tali attività.
Lador…… a conclusione del suo lavoro sulle ONG afferma che le ONG stesse sono gruppi di
pressione più che una categoria di associazioni democratiche, con caratteristiche che, se non sono
rivoluzionare, sono senza dubbio riformiste nel senso più estremo del termine, dato che
sorgerebbero e troverebbero ragione di vita nel reclamare quel tipo di società che gli Stati
sarebbero incapaci di promuovere proprio perché, per definizione, gelosi custodi dello “status quo”.
Sembra che una interpretazione che voglia far apparire le ONG come strumenti di pressione dei
singoli contro uno Stato incapace di qualsiasi cambiamento sia abbastanza eccessiva; è vero che
vi sono state e vi sono ONG che nascono ed hanno ragione di esistere nel malcontento dei singoli,
ma è necessario mettere in luce quale sia l’importanza delle ONG come strumenti di
armonizzazione e mediazione delle opinioni e delle idee.
Innanzitutto tra i singoli componenti di esse e ancor più tra queste e la comunità internazionale
statale: prerogativa che nessun Stato sarà in grado di togliere loro, proprio perché fondate
sull’adesione libera e volontaria dei singoli.
A questo proposito è sufficiente portare ad esempio l’importanza dell’opera consultiva svolta da
molte ONG presso il Consiglio Economico e Sociale delle N.U. o presso il Consiglio d’Europa,
opera che certo non ha alcun carattere rivoluzionario.
Ed è in questo campo che le ONG andranno via via assumendo sempre maggiore importanza,
forse Lador guardando gli albori della vita delle ONG ha potuto correttamente scorgere nel
malcontento dei singoli il catalizzatore del fenomeno associativo, ma col tempo questo fattore è
andato scemando a favore dell’attività collaborativi e di consulenza con gli Stati: opera che le
ONG, proprio perché libere non solo nella struttura, ma anche nell’accettazione dei propri membri,
sanno svolgere nel migliore dei modi.
A loro favore depone inoltre anche la maggior competenza e la più approfondita conoscenza dei
problemi: da quelli inerenti ai flussi bancari a quelli di diritti umani che esse possiedono in virtù
della loro specifica ed esclusiva attività.
10. ESEMPI DI ORGANIZZAZIONI NON GOVERNATIVE CROCE ROSSA E MEZZALUNA ROSSA
Il Movimento della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa Internazionale, costituisce la più grande
organizzazione umanitaria del mondo.
Henry Dunant (Ginevra 08.05.1828 – Heiden 30.10.1910) viene considerato il fondatore della
Croce Rossa. La sua opera la si può ricondurre alla battaglia di Solferino del 24.06.1859,
durante la Seconda Guerra d’Indipendenza Italiana, che vide schierati gli esercito franco-
piemontese ed austriaco ed ebbe come risultato circa 40.000 caduti e feriti.
Egli arrivò sul campo di battaglia al termine del combattimento e si trovò di fronte al terribile
scenario di migliaia di feriti di ambo le parti abbandonati con quasi nessuna cura. Dunant iniziò
ad organizzare i primi soccorsi, anche acquistando con propri denari, i primi medicinali. Il
principio della sua azione era quello di prestare soccorso ai soldati di entrambi gli schieramenti,
senza alcuna distinzione.
Tale esperienza lo segnò profondamente e rientrato in Svizzera nel 1862, pubblicò un libro dal
titolo “Souvenir de Solferino” dove descrisse quanto era accaduto. Nello stesso anno, insieme
ad altri quattro cittadini svizzeri, Gustave Moynier, un giurista, Henry Dufour, un generale e
Louis Appia e Theodore Maunoir, due medici, creò il Comitato ginevrino di soccorso dei militari
feriti, chiamato anche “Comitato dei cinque”, antenato del Comitato Internazionale della Croce
Rossa.
Il 26 ottobre 1863 , lo stesso Dunant, organizzò a Ginevra una Conferenza internazionale con
l’adesione di 18 rappresentanti di 14 nazioni che il 29 ottobre dello stesso anno
sottoscriveranno la Prima Carta Fondamentale definendo le funzioni ed i mezzi dei Comitati di
Soccorso. Nacque così il Movimento Internazionale della Croce Rossa.
Nel 1864 scoppiò la guerra tra la Danimarca e la Prussia e questo fu il primo banco di prova
per le società nazionali di soccorso che intervennero in aiuto dei feriti.
L’8 agosto del 1864 il Governo Elvetico organizzò una conferenza diplomatica alla quale
parteciparono i rappresentanti di 12 nazioni che si concluse con la ratifica della prima
convenzione di Ginevra per il miglioramento della sorte dei feriti in campagna.
Nel 1919 un dirigente della Croce Rossa Statunitense, Henry P. Davidson, propose per la
prima volta l’impiego delle risorse e delle strutture delle varie società nazionali della Croce
Rossa anche in tempo di pace.
Il Movimento Internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa rappresenta oggi una
forza di circa 120 milioni di persone, dedite all’assistenza ai feriti e malati; il Movimento nacque
nel 1928 a seguito della XIII Conferenza Internazionale dell’Aja.
Questo Movimento opera sulla base di sette principi fondamentali, adottati dalla XX
Conferenza Internazionale della Croce Rossa svoltasi a Vienna nel 1965, che costituiscono lo
spirito e l’etica della stessa Croce Rossa. Essi sono:
1) UMANITA’
“Nata dalla preoccupazione di recare soccorso senza alcuna discriminazione ai feriti nei campi
di battaglia, la Croce Rossa, sotto il suo aspetto internazionale e nazionale, si sforza di
prevenire e di alleviare in ogni circostanza la sofferenza degli uomini. Essa tende a proteggere
la vita e la salute e a far rispettare la persona umana, favorisce la comprensione reciproca,
l’amicizia ed una pace duratura fra tutti i popoli”.
Non è solo il soccorso il suo obiettivo primario, ma anche la prevenzione alla sofferenza ed è
per questo che gli operatori si preoccupano di diffondere l’educazione alla salute e la
conoscenza dei principi fondamentali del Diritto Umanitario Internazionale.
2) NEUTRALITA’
“Al fine di conservare la fiducia di tutti, si astiene dal prendere parte alle ostilità e, in ogni
tempo, alle controversie di ordine politico, razziale, religioso e filosofico”.
Essa quindi pone la propria struttura al servizio della collettività, senza appoggiare o favorire gli
interessi di una parte; ciò gli permette di ottenere la fiducia di tutti.
3) IMPARZIALITA’
“La Croce Rossa non fa alcuna distinzione di nazionalità, di razza, di religione, di condizione
sociale ed appartenenza politica. Si adopera solamente per soccorrere gli individui secondo le
loro sofferenze dando la precedenza agli interventi più urgenti”.
Si dà pari dignità ad ogni uomo
4) INDIPENDENZA
“La Croce Rossa è indipendente. Le Società nazionali, ausiliarie dei poteri pubblici nella loro
attività umanitaria e sottomesse alle leggi che reggono i loro rispettivi paesi, devono però
conservare un’autonomia che permetta di agire sempre secondo i principi della Croce Rossa”
La Croce Rossa deve mantenere la propria autonomia da ingerenze politiche, pur avendo
sovvenzioni da parte dello stato cui appartiene.
5) VOLONTARIATO
“La Croce Rossa è un’istituzione di soccorso volontaria e disinteressata”
Vi sono infatti coloro che aderiscono spontaneamente al Movimento e prestano la loro opera
gratuitamente, ma anche coloro che vengono regolarmente retribuiti e sono dei dipendenti
della Croce Rossa.
6) UNITA’
“In uno stesso paese può esistere una ed una sola Società di Croce Rossa. Deve essere
aperta a tutti ed estendere la sua azione umanitaria a tutto il territorio”
Importante è la diffusione capillare della Croce Rossa su tutto il territorio; il principio di unità è
rivolto a tutti coloro che operano all’interno del movimento.
7) UNIVERSALITA’
“La Croce Rossa è un’istituzione universale in seno alla quale tutte le Società hanno uguali
diritti ed il dovere di aiutarsi reciprocamente”
Necessaria quindi una visione globale dei bisogni.
I Membri del Movimento sono:
A) Il Comitato Internazionale della Croce Rossa: viene finanziato dai contributi delle Società
nazionali e può lanciare particolari appelli agli stati a fronte di particolari avvenimenti. E’
depositario dei principi fondamentali del Movimento ed è delegato al riconoscimento delle
Società Nazionali nuove o al controllo delle modifiche apportate nei singoli statuti. Tra i suoi
compiti vi è quello di lavorare al perfezionamento del Diritto Internazionale Umanitario ed
alla comprensione e diffusione delle Convenzioni di Ginevra. Nei conflitti esercita una
funzione di intermediario tra le vittime dei medesimi e quindi fornisce assistenza alle vittime
e può accertare le condizioni dei prigionieri di guerra, trasmettendo notizie ai familiari ed
organizzando i soccorsi per le popolazioni civili.
B) La Federazione Internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa: è
un’associazione privata internazionale non governativa. Suoi organi sono l’assemblea, il
consiglio esecutivo, il tesoriere, la Commissione permanente di ripartizione delle quote e
delle finanze. Essa agisce quale organo di coordinamento tra le società nazionali per
portare soccorso con tutti i mezzi alle vittime di catastrofi ed favorendo la creazione di
nuove società nazionali.
C) Società nazionali come ad esempio la Croce Rossa Italiana (ved. più avanti).
Gli Organi del Movimento Internazionale della Croce Rossa sono:
A) La Conferenza Internazionale: è l’organo supremo che riunisce tutte le delegazioni delle
società nazionali, del Comitato Internazionale e delle Federazione Internazionale. Si
riunisce ogni quattro anni e assicura il coordinamento e l’unità degli sforzi di tutto il
Movimento. Le sue decisioni vincolano gli organi della Croce Rossa in merito
all’interpretazione e revisione degli statuti e per le controversie che possono sorgere tra gli
stati firmatari
B) Il Consiglio dei Delegati: istituito nel 1884 durante la III Conferenza di Ginevra per
assicurare l’organizzazione delle Conferenze e regolare i problemi di procedura.
C) Commissione Permanente: l’organo preposto alla preparazione della Conferenza
Internazionale e per assicurare il coordinamento degli sforzi del Comitato Internazionale.
L’emblema viene utilizzato per garantire neutralità e protezione al personale ed alle strutture
atte alla cura dei feriti e malati anche delle forze armate e come previsto dalla Convenzione di
Ginevra l’emblema può essere utilizzato solo per questo.
In Italia l’uso del simbolo della Croce rossa è concesso alla 6 componenti che formano la
Croce Rossa Italiana.
Il nome e l’emblema venne stabilito con la Convenzione di Ginevra del 1864 ed
indipendentemente dalla natura religiosa venne adottato in omaggio alla Svizzera, che aveva
organizzato la convenzione, invertendo i colori della bandiera nazionale elvetica.
Nel 1876, l’allora Impero Ottomano, dichiarò che tale emblema contrastava con le convinzioni
religiose delle sue truppe e quindi venne adottato come simbolo la Mezzaluna Rossa in campo
bianco. Tale emblema venne poi adottato da altri paesi musulmani.
Nel 1923 la Persia (oggi Iran), adottò l’emblema del leone e sole rosso su fondo bianco, ma
con la proclamazione della repubblica Islamica nel 1980, dopo la caduta dello Scià, venne
ripristinata la Mezzaluna Rossa, anche se l’emblema con il leone ed il sole era stato
riconosciuto.
Anche Israele avanzò la richiesta di riconoscimento della Stella di David rossa in campo
bianco, sostenendo che se erano stati riconosciuti la croce e la mezzaluna doveva esserlo
anche la stella quale simbolo della religione ebraica. Tale simbolo non è però stato
riconosciuto a livello internazionale proprio per il fatto che spesso si è ribadito che l’utilizzo
dell’emblema della croce o della mezzaluna non riguarda convinzioni religiose.
Il Movimento ha sviluppato un nuovo simbolo, il cristallo rosso in campo bianco che dovrebbe
superare le varie problematiche, poiché all’interno del cristallo si potrà collocare il simbolo del
paese; l’8 dicembre del 2005 è stato votato come il nuovo simbolo ufficiale della Croce E
Mezzaluna Rossa.
Le quattro Convenzioni di Ginevra più i due protocolli aggiuntivi forniscono la base per le leggi
fondamentali del Diritto internazionale Umanitario; in particolare riguardano:
I conv. “Per il miglioramento delle condizioni dei militari feriti o malati in campagna”
II conv. “Per il miglioramento delle condizioni dei militari feriti, malati o naufraghi in mare”
III conv. “Per il miglioramento delle condizioni dei prigionieri di guerra”
IV conv. “Per la protezione dei civili in tempo di guerra”
La Croce Rossa italiana è oggi un Ente di diritto pubblico con prerogative di carattere
internazionale, con lo scopo di assistenza sanitaria e sociale sia in tempo di guerra che in
pace. E’ posta sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica e sottoposta alla vigilanza
dello Stato e sotto il controllo del Ministero della Difesa e della Sanità.
Il primo “Comitato dell’Associazione Italiana per il Soccorso ai feriti ed ai malati in guerra”, si
costituisce a Milano ad opera del Comitato Medico Milanese, il 15 giugno del 1864, sotto la
presidenza del Dott. Cesare Castiglioni. Sempre nello stesso anno, in dicembre, si approva il
regolamento del Comitato di Milano che sarà il primo Comitato Italiano della futura Croce
Rossa Italiana.
Già nella guerra con l’Austria del 1866, vennero inviate al seguito delle truppe, le prime quattro
squadre.
Solo nel 1882 l’associazione viene inserita nella Raccolta Ufficiale delle Leggi e Decreti del
Regno d’Italia; l’Associazione viene eretta in Corpo Morale; nel 1884 con il Regio Decreto n.
1243 del 7 febbraio viene riconosciuta formalmente ed assoggettata ai Ministeri della Guerra e
della Marina, distinguendola così dalle opere pie e congregazioni religiose.
Il Regio Decreto del 10.08.1928 n. 2034 provvede ad assicurarne il funzionamento;
successivamente con Regio Decreto del 21.01.1929 n. 11 e Decreto Reale del 01.04.1930
viene approvato lo Statuto, con il quale si riconosce la funzione della Croce Rossa Italiana ad
operare non solo in caso di conflitto, ma anche in tempo di pace per la prevenzione delle
malattie e il soccorso in caso di calamità naturali.
Nel 1947 con decreto legislativo vengono integrati i compiti della CRI, anche con la
preparazione del personale ausiliario.
Con la Legge del 20.03.1975 n. 70 la CRI viene classificata come Ente di assistenza generica
ed assoggettata alla disciplina degli enti parastatali. L’organizzazione della CRI subisce poi
delle modifiche con il trasferimento alle regioni delle competenze in ambito sanitario.
Da ultimo, con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 06.05.2005 n. 97 si
approva il nuovo Statuto della CRI definendola appunto quale ente di diritto pubblico dotato di
personalità giuridica. Nello stesso statuto vengono definiti i suoi compiti ed i rapporti con gli altri
organi dello Stato.
GREENPEACE Greenpeace viene definita come un’organizzazione non violenta che utilizza azioni dirette per
denunciare in maniera creativa i problemi ambientali e promuovere delle soluzioni. Può oggi
contare su circa tre milioni di sostenitori in tutto il mondo ed è indipendente da qualsiasi partito
politico.
Come data di fondazione dell’associazione, viene considerato il 15 settembre 1975, quando
Jim Bohlen, Irving Stowe e Paul Cote noleggiano un peschereggio, il “Phyllis Cormack” e
salpano verso il Pacifico Settentrionale, verso Amchitka, dove gli Stati Uniti stavano eseguendo
dei test nucleari. La Guardia Costiera sequestra l’imbarcazione ed arresta le persone a bordo,
ma la presenza della nave in quelle acque fa si che il test venga rinviato;la bomba viene fatta
esplodere il 6 novembre ma l’eco di quanto è successo si è diffuso nel mondo e da allora tale
località non verrà più utilizzata per i test nucleari.
L’anno dopo l’associazione rivolge la sua attenzione verso l’arcipelago di Muroroa, dove la
Francia sta eseguendo dei test nucleari. Con un imbarcazione partita dalla Nuova Zelanda, i
membri di Greenpeace riescono a ritardare i test, finchè una nave francese sperona
l’imbarcazione di Greenpeace che è così costretta a farsi rimorchiare proprio a Muroroa per le
riparazioni. I filmati presi fanno però il giro del mondo e la Francia nel 1974 annuncia la fine dei
test atmosferici
Nel 1975 Greenpeace lancia la sua campagna più famosa in difesa delle balene che rischiano
l’estinzione per la caccia indiscriminata. L’idea è quella di affrontare le baleniere sul posto e
tramite gommoni di porsi tra le balene e le baleniere per impedire il lancio di arpioni; le foto
degli arpioni che sfiorano i gommoni degli attivisti di Greenpeace fanno il giro del mondo e
contribuiranno a far si che si decida una moratoria nella caccia alle balene.
Greenpeace continua a crescere sempre più impegnata nelle sue campagne a difesa della
flora e della fauna; nel 1985 viene affondata una sua nave, la Raimbow Warrior mentre è in
porto in Nuova Zelanda; nell’esplosione rimane ucciso un fotografo che si trovava sulla barca.
Dell’azione, da più parti viene data la responsabilità ai servizi segreti francesi, ma l’inchiesta
ufficiale non attribuisce responsabilità dirette al Governo di Parigi, anche se due mesi dopo il
sabotaggio si dimette il ministro della difesa francese.
Da allora l’associazione ha sempre utilizzato delle navi per le proprie attività , basando la
propria azione su delle manifestazioni dirette non violente, manifestando appunto nei luoghi
direttamente interessati da quell’evento in particolare; Greepeace si basa sempre su una
ricerca scientifica molto particolareggiata, proprio al fine di ottenere delle prove inconfutabili di
quanto sta accadendo. Per il fatto di non accettare finanziamenti da enti governativi, riesce a
mantenere una certa indipendenza ed autonomia.
Oggi esistono uffici nazionali nei singoli paesi, tra cui l’Italia e vi è poi una sede ad Amsterdam
con carattere internazionale. L’associazione italiana di Greenpeace ha un proprio statuto che
stabilisce l’organizzazione interna dell’associazione.
Molte sono state le campagne promosse dall’associazione in varie direzioni, quali:
- campagna energia e clima
- campagna mare
- campagna foreste
- campagna OGM
- campagna inquinamento.
10.3 UNESCO É un’agenzia delle Nazioni Unite fondata nel 1945. Esso è stato proposto per contribuire alla pace,alla sicurezza,attraverso la scienza,la cultura e il rispetto della giustizia,delle regole di legge,e dei diritti umani. L’Unesco è composto da 193 Stati membri, ha sede a Parigi, ed ha varie filiali nel mondo intero. I progetti sponsorizzati dall’Unesco includono: -promozione di diversità culturali -accordi internazionali di cooperazione per la sicurezza delle culture mondiali e per preservare i diritti umani -programmi internazionali scientifici -programmi di tecniche e training per insegnanti
Struttura L’Unesco è formato da: -Conferenza Generale È una riunione di Stati membri ,in cui ognuno ha un voto. Viene svolto un meeting ogni due anni ,per definire le linee di programma dell’organizzazione. -Executive Board In essi vi sono 58 membri eletti dalla Conferenza Generale,che prepara la sessione di quest’ultima. Anche il CRE rientra in questa fascia(di cui si parlerà in seguito). -Segretariato È formato dal Direttore Generale più il suo staff.
Attività L’ Unesco svolge varie attività tra cui: -Educazione Crea opportunità di educazione per tutti i popoli. Per questo ha creato l’IIEP(International Institute for Educational Planning). Utilizza anche rapporti, come il Rapporto sulla Violenza del 1989, in cui rifiuta la teoria che gli esseri umani sono predisposti alla violenza. Il diritto all’educazione è uno dei diritti fondamentali proclamati dalla Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo(art.26). Una delle principali missioni dell’Organizzazione è promuovere l’educazione come diritto fondamentale dell’uomo. -Progetti di rilevanza culturale e scientifica (L’uomo e la biosfera; le risorse idriche attraverso programmi internazionali idrologi …) -Incoraggia il libero flusso di idee attraverso immagini e parole (Programma di sviluppo delle Comunicazioni;programma di promozione delle diversità culturali) -Promuove eventi (Decade internazionale della promozione di una cultura di pace e non violenza) Insomma è un laboratorio internazionale di idee che forgiano accordi universali basati su principi etici. Principi fondamentali dell’Unesco I principi fondamentali adottati dall’Unesco sono: 1) Principio di non discriminazione 2) Trattamento di uguaglianza e pari opportunità 3) Acceso universale all’educazione 4) Principio di solidarietà Breve cronologia ragionata Prima della seconda guerra mondiale,la funzione dell’educazione era riservata a insegnare,trasmettere valori che cambiavano poco da generazione a generazione in società relativamente stabili. -Nel 1942 ci fu una Conferenza dei ministri dell’ educazione a Londra,un organo che conseguentemente diede vita all’Unesco. -Nel 1946 ci fu l’adozione della Costituzione dell’Unesco. -Nel 1959 fu adottata la dichiarazione dei diritti del bambino nel novembre 1959 -Nel 1960 ci fu la Convenzione contro la discriminazione nell’Educazione adottata dalla Conferenza generala dell’Unesco,14 dicembre 1960. -Nel 1965 ci fu una convenzione internazionale per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale,adottata dalla Assemblea Generale. -Nel 1974 nacquero le Raccomandazioni sull’educazione per la cooperazione internazionale,la pace e l’educazione relativa ai diritti umani e alle libertà fondamentali adottata dalla Conferenza Generale dell’Unesco,Parigi 19 Novembre 1974. -Nel 1978 fu fatta la Carta internazionale dell’Educazione Fisica e dello Sport,adottata dalla Conferenza Generale dell’Unesco,21 Novembre 1978. -Nel 1979 ci fu la Conferenza sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro la donna .adottata dalla Assemblea Generale delle NU, New York 18 Dicembre 1979. -Nel 1989 ci fu la Convenzione sulla educazione tecnica adottata dalla Conferenza Generale dell’Unesco, Parigi 10 Novembre 1989. -Nel 1990 ci fu la Dichiarazione sull’apprendimento degli adulti, Amburgo 18 luglio 1997. -Nel 2000 ci fu il Forum sull’educazione mondiale per tutti , meeting adottato dalla Conferenza mondiale sull’educazione,Dakar 2000. Strumenti adottati dall’Unesco Gli strumenti adottati dall’Unesco sono: -Conferenze -Raccomandazioni
-Piani di lavoro Essi vengono adottati dall’Unesco e dalle NU per provvedere a una normativa sul diritto all’educazione Funzione di controllo Il CRE(Committee on Convenctions and Raccomendations in Education)esamina rapporti periodici che gli Stati membri dell’Unesco le devono inviare relativamente all’educazione,alle istituzioni scientifiche e culturali,insomma a tutto ciò che è stato fatto a riguardo. Si tratta di un organo sussidiario dell’Unesco. Responsabilità degli Stati al rispetto delle regole La responsabilità degli Stati al rispetto delle regole è patrocinato dalla Conferenza mondiale sull’educazione per tutti(1990);poi nel 2000 dal Forum sull’Educazione mondiale a Dakar. Relazioni tra gli Stati membri Il settore delle relazioni esterne e delle cooperazioni(ERC)e il dipartimento Africa(AFR),mantengono la relazioni con gli Stati membri. Attraverso l’ AFR si mantengono le relazioni con gli Stati africani, invece l’ERC è responsabile delle relazioni con gli Stati membri. Le relazioni con gli Stati membri sono assicurate dal Direttore e dagli uffici nazionali dell’Unesco. Molti Stati membri hanno costituito delegazioni permanenti dell’Unesco, guidate da ambasciatori.Inoltre molti degli Stati membri hanno formato una Commissione nazionale per l’Unesco, che è un organo di cooperazione per l’Unesco. Altri Stati hanno nominato dei ministri responsabili a mantenere i rapporti con l’Unesco. 10.4 W.W.F.
È la più grande organizzazione mondiale per la conservazione della natura Sta per World Wild Fund, acronimo modificato inWorld Wide Fund For Nature. Fu fondato l’11 settembre 1961 in Svizzera(Principe Bernardo d’Olanda,Principe Filippo d’Edimburgo,Ser Peter Scott che disegno’ il logo originale….). Ha uffici in 60 paesi,la sede è a Glaad(Svizzera).La missione del WWF è di bloccare la distruzione dell’ambiente naturale del pianeta, e contribuire alla costruzione di un pianeta in cui l’uomo possa vivere in armonia con la natura. Per cui si batte per: -conservare la biodiversità del pianeta -assicurare che l’uso di risorse naturali sia sostenibile -promuovere misure per la riduzione dell’inquinamento e degli sprechi di risorse L’approccio del WWF è focalizzato su sei temi prioritari di interesse globale: -le foreste -gli oceani -le coste -l’acqua -le specie in pericolo -pericoli legati a agenti chimici tossici e al cambiamento del clima. Gestisce 1200 progetti di conservazione all’anno in tutto il mondo che coinvolgono la popolazione locale. Inoltre il WWF per raggiungere il suo scopo non trascura il ruolo delle imprese;giunge anche a stipulare accordi di partnership con quelle che si impegnano,secondo un protocollo concordato,a ridurre il proprio impatto. COLLEGIO DEI PROBIVIRI Composizione e nomina
Il Collegio dei Probiviri é previsto all’art. 24 dello Statuto dell’Associazione Italiana per il WWF ed è composto da tre membri effettivi e due supplenti. Almeno un componente del Collegio deve avere competenze professionali in campo giuridico. I componenti non possono ricoprire contemporaneamente altre cariche associative. I membri del Collegio dei Probiviri vengono eletti dall'Assemblea Nazionale e durano in carica tre anni. In occasione della riunione di insediamento e con modalità autonomamente definite, i membri effettivi del Collegio eleggono al proprio interno un Presidente che può rimanere in carica per l’intero mandato o per una frazione di esso, in accordo con gli altri membri effettivi. A discrezione del Presidente i due membri supplenti possono essere invitati alle riunioni, cui assistono senza diritto di voto; essi debbono invece essere convocati in sostituzione dei membri effettivi in caso di dimissioni o decadenza dalla carica degli stessi o di loro indisponibilità a svolgere le funzioni per un periodo superiore a tre mesi. Inoltre, in caso di dimissioni o decadenza il membro del Collegio dimissionario o decaduto deve essere reintegrato con apposita elezione nella prima Assemblea Nazionale utile. L’operato del Collegio non è sindacabile da parte di altri Organi Istituzionali dell’Associazione. I membri del Collegio decadono anticipatamente dal mandato solo in caso di volontaria cessazione della qualità di Socio o di dimissioni dal Collegio stesso, che vanno comunicate in forma scritta agli altri membri, al Presidente e al segretario Generale dell’Associazione. Competenze Il Collegio esamina i casi disciplinari interni all’Associazione che gli vengono deferiti dai Soci e dagli organi istituzionali e Sociali e decide sugli stessi. Il Collegio inoltre ha competenza nelle controversie inerenti l’applicazione ed interpretazione di Statuto e Regolamenti, nonché nei conflitti interni all’Associazione; in questi casi il Collegio, fermo restando quanto di sua specifica competenza rispetto ai casi disciplinari,esamina i casi che gli sono deferiti rinviandoli agli Organi Istituzionali competenti o formulando un parere motivato per il Consiglio Nazionale o per i Consigli regionali di riferimento. Il Consiglio Nazionale può richiedere al Collegio dei Probiviri di esprimere parere su altre materie inerenti il funzionamento dell’Associazione. Funzionamento Il Collegio si riunisce su convocazione del suo Presidente quando lo stesso o altro membro del Collegio lo ritenga opportuno, ovvero quando ne sia richiesto dal Presidente dell’Associazione o dal Segretario Generale. Per l’insediamento del Collegio il Presidente dell’Associazione provvede alla prima convocazione accertandosi in quella occasione della disponibilità degli eletti a ricoprire l’incarico e ad intervenire. Le convocazioni ordinarie devono pervenire per lettera raccomandata, telegramma, o fax almeno dieci giorni prima della data fissata per la riunione; in caso di particolare urgenza il termine può essere abbreviato avendo la segreteria verificato preventivamente la disponibilità dei membri del Collegio a partecipare alla riunione. Le riunioni non sono pubbliche ed i membri del Collegio sono tenuti a mettere in atto tutti i comportamenti necessari a garantire la necessaria riservatezza in merito ai dati e alle notizie raccolte, anche in osservanza delle normative vigenti sulla tutela dei dati personali. Le riunioni sono valide con la presenza di almeno due membri effettivi e un supplente o dei tre membri effettivi, e sono presiedute dal Presidente del Collegio o, in caso di sua assenza, dal membro più anziano di età. Il Presidente cura che venga redatto e sottoscritto il verbale delle riunioni, che va trasmesso in copia per opportuna documentazione al Comitato Direttivo e al Segretario Generale. I componenti del Collegio, in quanto Organo Istituzionale dell’Associazione, prestano la loro opera a titolo gratuito salvo il rimborso delle spese vive sostenute per l’espletamento dell’incarico. Per ciascuno dei singoli casi deferiti al Collegio dai Soci e dagli organi istituzionali e Sociali, oppure ritenuti dallo stesso Collegio meritevoli di esame, il Presidente nomina un relatore. Il relatore ha il compito di raccogliere la documentazione specifica, curare la necessaria istruttoria e redigere la relazione con la proposta di decisione sul caso, sia che si tratti di
rinvio agli Organi Istituzionali competenti che di parere motivato al Consiglio Nazionale, o di provvedimento disciplinare. I casi vengono esaminati nell’ordine in cui sono posti all’esame del Collegio, come registrati su apposito protocollo della corrispondenza; fatta salva la necessità, accertata con propria autonoma decisione e verbalizzata dal Presidente del Collegio, di anticipare la discussione di questioni di particolare rilevanza e urgenza per l’Associazione. Qualora il Collegio sia chiamato a pronunziarsi su questioni disciplinari debbono essere convocati per essere sentiti il Socio o i Soci interessati. Il Collegio può altresì autonomamente decidere di convocare e consultare persone informate sulle questioni da esaminare e acquisire la documentazione ritenuta necessaria. I provvedimenti disciplinari devono essere emessi entro novanta giorni dall’avvio dell’istruttoria con la nomina del relatore. Tutti i provvedimenti sono emessi per iscritto e devono essere motivati adeguatamente; devono essere comunicati ai Soci interessati e trasmessi al Consiglio Nazionale, al Segretario Generale ed al Consiglio della Sezione regionale di riferimento. Le deliberazioni sono valide con il voto unanime dei partecipanti alla riunione Provvedimenti disciplinari I provvedimenti disciplinari che il Collegio dei Probiviri può adottare sono i seguenti: ammonimento, censura, sospensione dalla carica associativa, esclusione dall’Associazione; l’esclusione dall’Associazione viene proposta dal Collegio dei Probiviri all'Assemblea Nazionale, cui spetta la decisione. L’ammonimento viene adottato nei confronti di Soci che abbiano commesso lievi mancanze nell’applicazione dello Statuto e dei Regolamenti dell’Associazione, od abbiano contravvenuto a direttive degli Organi Istituzionali legittimamente emanate, senza che ciò abbia leso il prestigio della stessa ovvero arrecato danno patrimoniali o di immagine al WWF. La censura viene adottata nei confronti di Soci che abbiano commesso gravi mancanze nell’applicazione dello Statuto e dei Regolamenti dell’Associazione, od abbiano contravvenuto deliberatamente a direttive degli Organi Istituzionali legittimamente emanate, o abbiano tenuto comportamenti contrari all’etica del WWF ed ai principi ispiratori dell’Associazione; viene adottata inoltre nel caso in cui le discussioni interne all’Associazione siano scadute ad atti ingiuriosi o abbiano coinvolto Organi Istituzionali e parti dell’Associazione estranei alla questione di cui si discute, od anche nel caso in cui le discussioni interne al WWF siano state deliberatamente portate all’attenzione dei mezzi di comunicazione. Al provvedimento di censura si aggiunge di norma la richiesta di dimissioni dalle eventuali cariche interne dell’Associazione. La sospensione della carica associativa viene adottata per le stesse violazioni previste per la censura, qualora le mancanze siano ripetute o aggravate da comportamenti violenti; ed in tutti i casi, anche di mancanze di lieve entità, per i quali esista il rischio di danni patrimoniali e di immagine per l’Associazione dalla permanenza del Socio nell’ambito delle attività del WWF. La sospensione comporta la contestuale decadenza dalle eventuali cariche interne all’Associazione. La sospensione dalla carica associativa ha una durata massima di dodici mesi; al termine di questo periodo il Socio deve essere reintegrato in tutte le funzioni salvo la sua sospensione fino alla prima Assemblea Nazionale utile nel caso in cui il Collegio intenda proporre il provvedimento di esclusione. In questo caso la proposta deve essere deliberata entro la scadenza del periodo di sospensione. L’esclusione dall’Associazione viene proposta all’Assemblea dal Collegio dei Probiviri in tutti i casi in cui le violazioni delle norme di convivenza interne all’Associazione sopra richiamate abbiano assunto caratteristiche di particolare gravità, e quando il Socio abbia arrecato pregiudizio all’immagine dell’Associazione, o l’abbia danneggiata intenzionalmente con i suoi comportamenti; può essere proposta immediatamente o durante una sospensione dalla carica associativa. Il Collegio ha la più ampia autonomia nell’applicazione delle sanzioni, con l’obbligo di motivazione. Custodia degli atti e dei documenti, funzioni di segreteria Gli originali delle decisioni e dei documenti inerenti le attività del Collegio sono custoditi presso la sede dell’Associazione, ed il Segretario Generale ne assicura la riservatezza in osservanza delle normative sulla tutela dei dati personali.
Per l’assolvimento dei propri compiti il Collegio dei Probiviri si avvale del supporto organizzativo dello staff del WWF Italia disposto dal Segretario Generale dell’Associazione
10.5 Amnesty International Amnesty International è un'organizzazione non governativa a livello internazionale impegnata
nella difesa dei diritti umani. Il simbolo di Amnesty International è una candela nel filo spinato.
L’organizzazione è stata fondata dall’avvocato inglese Peter Benenson che, sembrerebbe aver
seguito il suggerimento di un suo amico, impegnato come lui in un’organizzazione comunista, di
fondare una nuova organizzazione che doveva occuparsi di promuovere campagne richiedendo
l’amnistia dei prigionieri in Spagna (nel periodo della guerra civile spagnola). Benenson ha evitato
potenziali critiche del movimento comunista raccontando la storia dei due studenti portoghesi che
sono stati condannati per aver brindato alla libertà. La campagna è stata avviata nel maggio del
1961 e nel mese di luglio è stato deciso che il manifesto avrebbe assunto la forma di un
organizzazione permanente. Inizialmente il movimento era conosciuto come “Appeal for Amnesty
1961” e solo nel settembre 1962 è stato adottato l’attuale denominazione “Amnesty International”.
L’organizzazione ha ricevuto, nel 1977 il Premio Nobel per la pace e nel 1978 il Premio delle
Nazioni Unite per i diritti umani.
La visione di Amnesty International è quella di un mondo in cui ad ogni persona sono riconosciuti
tutti i diritti umani sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e da altri atti sulla
protezione internazionale dei diritti umani.
La missione di Amnesty International è, pertanto, quella di promuovere, in maniera indipendente e
imparziale, il rispetto dei diritti umani sanciti nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo e
quello di prevenirne gravi abusi dei diritti all'integrità fisica e mentale, alla libertà di coscienza e di
espressione e alla libertà dalla discriminazione, nell'ambito della propria opera di promozione di
tutti i diritti umani.
Al fine di garantire la propria indipendenza ed imparzialità Amnesty International non accetta fondi
provenienti da governi od enti governativi, oppure da organizzazioni intergovernative.
Aree di attività
Le principali aree di attività di Amnesty International riguardano i diritti delle donne, il diritto dei
bambini, la fine della tortura e della pena di morte, i diritti dei rifugiati e i diritti dei prigionieri di
coscienza. Alcuni degli obiettivi dell’organizzazione sono l’abolizione della pena di morte e delle
esecuzioni extragiudiziali, assicurare condizioni dignitose ai prigionieri, assicurare un processo
giusto ai prigionieri politici, assicurare l’educazione libera dei bambini a livello globale, combattere
il reclutamento ed uso dei bambini soldati, liberare i prigionieri di coscienza, promuovere diritti
economici, sociali e culturali per comunità emarginate, proteggere i difensori dei diritti umani,
promuovere la tolleranza religiosa, combattere l’uso della tortura, e garantire i diritti degli immigrati
dei rifugiati politici.
Metodi
Amnesty International persegue i propri obiettivi utilizzando diverse tecniche per informare e
mobilitare l’opinione pubblica. Uno dei punti di forza dell’organizzazione consiste nella
pubblicazione di dossier dettagliati ed imparziali.
Le campagne per mobilitare l’opinione pubblica possono essere svolte relativamente ad un singolo
individuo, ad un paese, o per tematica. Una campagna su un paese o su un tema coinvolge a tutti
i livelli il movimento e prevede l'utilizzo delle più diverse tecniche per la sensibilizzazione
dell'opinione pubblica e la pressione verso i governi violatori: invio di appelli, contatti con le
ambasciate, organizzazione di eventi pubblici, attività di lobby presso i governi e le organizzazioni
internazionali. I singoli individui possono partecipare sottoscrivendo gli appelli mondiali.
Le azioni urgenti sono utilizzate quando è fondamentale agire immediatamente. Quando il
Segretariato ha notizia di imminenti violazioni dei diritti umani lancia un'azione urgente. Nelle
successive 48 ore gli aderenti alla rete che ricevono i casi si attivano inviando fax, telegrammi e
messaggi di posta elettronica.
Gli action files sono dossier d’azione assegnati direttamente dal Segretariato Internazionale ai
Gruppi locali. L'obiettivo è quello di far rilasciare un prigioniero di coscienza, di scoprire le
circostanze inerenti a "sparizioni" o esecuzioni extragiudiziali, di promuovere l'introduzione in un
determinato paese di una salvaguardia legale o l'abrogazione di leggi, della tortura, della pena di
morte.
Un’altra modalità di azione utilizzata da Amnesty è quella della crisi, che viene attivata quando in
un paese si verifica un aggravamento delle violazioni dei diritti umani a causa di guerre, conflitti
interni, catastrofi ambientali o altre situazioni di emergenza. Il meccanismo della "crisis-response"
consiste in tante attività fortemente concentrate per fermare gli abusi sui civili e per contribuire a
porre i diritti umani al centro di ogni azione della comunità internazionale.
Parte del lavoro di Amnesty consiste anche nel fare richieste e pressione sui governi, rendere
pubbliche le loro violazioni e inviare raccomandazioni sul rispetto dei diritti umani, con una delicata
attività di rapporti con le istituzioni. Amnesty chiede alle istituzioni di proporre e sostenere disegni
di legge volti a promuovere e a difendere i diritti umani, affinché i diritti umani ne costituiscano il
parametro di valutazione ineludibile.
Altro aspetto fondamentale dell’impegno di Amnesty è quello dell’educazione ai diritti umani.
Struttura
Amnesty International è un organizzazione fatta sopratutto di volontari che donano un po' del loro
tempo e delle loro risorse personali ed, in particolare, donano il loro lavoro, la loro energia e
creatività al fine del conseguimento dello scopo dell’organizzazione. Solo un gruppo ridotto di
professionisti viene pagato per svolgere le proprie mansioni.
A livello globale, il Segretariato Internazionale, con sede a Londra, si occupa di coordinare le
attività delle Sezioni nazionali, di svolgere ricerche ed elaborare rapporti, nonché diffondere i
documenti su cui si basa l’azione dell’organizzazione stessa. Il Segretario Generale di Amnesty è
responsabile della conduzione quotidiana degli affari generali del movimento ed è primo portavoce
di Amnesty in tutto il mondo. L’attuale Segretaria Generale di Amnesty International è Irene Khan,
cittadina del Bangladesh.
Nei paesi in cui Amnesty International ha una presenza di rilievo i suoi membri si organizzano
come sezioni le quali organizzano le attività di base dell’organizzazione e partecipano alle
campagne su singoli paesi o regioni o su temi che il Segretariato Internazionale ritiene in quel
momento necessarie.
Le reti di azione regionale sono invece reti di Gruppi Amnesty appartenenti a diverse Sezioni
nazionali che si occupano di una particolare regione del mondo. La base di Amnesty International
è rappresentato dal gruppo locale i quali ricevono indicazioni riguardo le azioni da compiere sia
dai coordinamenti nazionali sia dal segretariato internazionale. I gruppi Amnesty svolgono inoltre
l’attività di raccolta fondi, ricerca e addestramento dei nuovi soci, diffusione degli appelli allo
svolgimento delle campagne e collaborazione con gli enti locali,
La Sezione Italiana di Amnesty è stata costituita nel 1975, sotto la forma di associazione, con sede
a Roma, ed attualmente conta oltre 80.000 soci. La Sezione Italiana ha adottato uno Statuto che
può essere rivisto nell’ambito dell’Assemblea Generale annuale (alla quale posso partecipare tutti i
soci).
Alcune delle attività della sezione nazionale sono: la gestione dell'archivio soci, l’organizzazione
delle campagne, i rapporti con la stampa, le iniziative nazionali di raccolta fondi, la produzione di
materiale promozionale, le attività editoriali dell’associazione. Il lavoro sui vari paesi viene
organizzato da strutture di volontari specializzati su determinate aree geografiche o temi.
A livello regionale operano le Circoscrizioni che hanno il compito di raccordare l'attività dei Gruppi
locali con le linee strategiche d'azione formulate dal Comitato Direttivo e dal Consiglio delle
Circoscrizioni.