405
Letteratura italiana Einaudi Ragionamento e Dialogo di Pietro Aretino

Pietro Aretino

Embed Size (px)

DESCRIPTION

erotismo

Citation preview

  • Letteratura italiana Einaudi

    Ragionamentoe Dialogo

    di Pietro Aretino

  • Edizione di riferimento:a cura di Giorgio Brberi Squarotti,Rizzoli, Milano 1988

    Letteratura italiana Einaudi

  • iiiLetteratura italiana Einaudi

    Ragionamento della Nanna e della Antonia 1Pietro Aretino al suo monicchio 2[Giornata prima] 5[Giornata seconda] 54[Giornata terza] 105

    Dialogo 162Al gentile e onorato messer Bernardo Valdaura 163[Giornata prima] 166[Giornata seconda] 243[Giornata terza] 319

    Sommario

  • 1Letteratura italiana Einaudi

    RAGIONAMENTO DELLA NANNA E DELLA ANTONIA

    FATTO IN ROMA SOTTO UNA FICAIA

    COMPOSTO DAL DIVINO ARETINO

    PER SUO CAPRICCIO

    A CORREZIONE DEI TRE STATI DELLE DONNE

  • Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    PIETRO ARETINO AL SUO MONICCHIO.

    Salve mona! Salve, dico, poich la Fortuna ancoranelle bestie tien mano, e per ti tolse di donde nascesti,dandoti a me che, per essermi accorto che sei un granmaestro sotto la forma di gatto, s come era Pitagora unfilosofo sotto la forma di gallo,ti intitol le fatiche, anzilo spasso, di XVIII mattine: non come a mamone, noncome a scimia, n come a babuino, ma come a gran mae-stro. Perch se io non avessi saputo dal segreto della na-tura che tu fussi un gran maestro, ti arei intitolato il dia-logo della Nanna e della Antonia come ad animale; chanco i Romani, dopo lo aver punito con pena capitalecolui che uccise il corvo che non avea altra vert che sa-lutare Cesare, non solo il fecero portare in su la bara daduo etiopi col pifero inanzi, ma nominaro il luogo dovefu sepolto Ridiculo: s che con la pazzia di molti saviantichi si poteva iscusare quella di uno stolto moderno.Ma che sia il vero che tu sia un gran maestro, comince-remo a dirti che hai imagine di uomo, e sei chi tu sei, edessi han nome di gran maestri, e sono chi sono; tu con latua ingordigia ogni cosa trangugi, ed essi con la loro di-vorano s, che la gola non si trova pi tra i sette peccatimortali; tu fino a uno ago rubi,ed essi fino al sangue fu-rano, riguardando il luogo dove fanno i furti come lo ri-guardi tu; essi sono liberali nella maniera che diranno isuditi loro a chi gliene dimanda, e tu sei cortese comeponno giurare quelli che si arrischiano a toglierti qua-lunque cosa tu ti tenga fra le unghie; tu sei s lussuriosoche ti corrompi fin con te istesso, ed essi usano sanzapunto di vergogna con le medesime carni; la tua presun-zione avanza quella degli sfacciati, e la loro quella degliaffamati; tu sei sempre pieno di lordezza, ed essi semprecarchi di unguenti; il tuo volubile aggirare non trova mailuogo, e il loro cervello stabile come un torno; i tuoischerzi sono il giuoco del popolo, e le lor pazzie il riso

    2Letteratura italiana Einaudi

  • del mondo; tu sei fastidioso, ed essi importuni; tu temiognuno e fai temere ciascuno, ed essi a tutti fanno paurae di tutti hanno paura; i tuoi vizi sono incomperabili, e iloro inestimabili; tu fai strano viso a ciascuno che non tiporta il cibo, ed essi non mirano con dritto occhio senon gli apportatori dei loro piaceri; essi non danno curaa vituperio che si gli dica, n tu a villania che ti si faccia.N mi lascio perci uscir di mente che, s come i granmaestri hanno cera di scimie, cos le scimie hanno ceradi gran maestri. E avvertite, satrapi, che fra i gran mae-stri simili al Bagattino (che cos si chiama il mio gatto)non si intende il re di Francia: perch ci fa divini a chia-marsi come noi, e fa umani gli di mentre non si lasciadire iddio. Ma per tornare a te, Bagattino, dico che se tunon fussi sanza gusto come sono i gran maestri, farei unpoco di scusa del licenzioso parlare della opera chemando fuora alla ombra tua (che li giover come giova-no quelle dei gran maestri a quelle che tuttod si gli inti-tolano indegnamente), con allegare la Priapea di Virgilioe ci che in materia lasciva scrisse Ovidio, Giovinale eMarziale; ma per esser tu dotto come i gran maestri, nondir altro, aspettando in premio del mio farti immortaleun morso dove ti avverr di darmelo: ch anche i granmaestri pagano di cotal moneta gli autori delle laude chesi gli attribuiscono, non per altra cagione che per inten-dersi della scienza come te ne intendi tu. Avrei detto chehanno la anima alla similitudine della tua se fosse statoonesto a dirlo; ma dico bene che i gran maestri asconde-no i difetti loro con i libri che si gli fanno, come asconditu le tue bruttezze con la veste che ti ho fatto.

    Ora, altissimo Bagattino (che cos si dice ai gran mae-stri degni di cotal dignit come tu), piglia le mie carte esquarciale: che ancora i gran maestri non pure squarcia-no le cose che si gli indrizzano, ma se ne forbiscono po-co meno chio non te lo dissi, a laude e gloria delle co-glione Muse che, per correr dietro a panni alzati ai gran

    Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    3Letteratura italiana Einaudi

  • Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    maestri, sono da essi apprezzate come le apprezzi tu,che vorresti forse, per il dire che far la Nanna delle mo-niche, che io fussi tenuto della buccia della tua mali-gnit. La Nanna una cicala, e dice ci che le viene allabocca; e alle suore sta bene ogni male, da che si fannovedere dal vulgo peggio che le femine del popolo; eavendo gi empito ogni cosa di Antecristi, con la puzzadella lor corruzione non lasciano spirare i fiori della ver-ginit delle spose e ancille di Dio che ci sono: che, men-tre le mentovo, mi sento tutto confortare da quel non soche di sacro e di santo che passa nellanima s tosto chesi arriva dove stanno, s come passa dentro al naso lasoavit delle rose subito che si giugne dove sono; n sicuri di udir gli angeli chi le ode cantare quei santi ufficico quali raffrenano lira di Dio, movendolo a perdonar-ci le nostre colpe. S che la Nanna non parla delle osser-vatrici della castit giurata, come ella istessa nel ragiona-mento suo dir alla Antonia, ma parla di quelle il cuilezzo il zibetto del demonio. E certamente come nonardirei di adorare, n di ubidire, n di lodare altro che ilcristianissimo re Francesco, n di cantare altro che ilmagno Antonio da Leva, n di lodare altro duca chequel di Fiorenza, n di predicare altro cardinale chequel de Medici,n di servire altro marchese che quel delVasto,`n di osservare altro prencipe che quel di Saler-no, n di ragionar daltro conte che di MassimianoStampa, cos non arei avuto ardire di pensare, non chedi scrivere, quello che delle moniche ho posto in carta,se non credessi che la fiamma della mia penna di fuocodovesse purgare le macchie disoneste che la lascivia loroha fatte nella vita desse: che dovendo essere nel moni-stero come i gigli negli orti, si sono lordate di modo nelfango del mondo, che se ne schifa lo abisso, non che ilCielo. Onde spero che il mio dire sia quel ferro crudel-mente pietoso col quale il buon medico taglia il membroinfermo perch gli altri rimanghino sani.

    4Letteratura italiana Einaudi

  • ANTONIA E NANNA.GIORNATA PRIMA

    ANTONIA. Che hai tu Nanna? Prti che cotesto tuo vi-so imbriacato ne pensieri si convenga a una che go-verna il mondo?

    NANNA. Il mondo, ah?ANTONIA. Il mondo, s. Lascia star pensierosa a me

    che, dal mal francioso in fuora, non trovo cane che miabbai; e son povera e superba, e quando io dicessighiott non peccherei in spirito santo.

    NANNA. Antonia mia, ci son dei guai per tutti, e ce neson tanti dove tu ti credi che ci sieno delle allegrezze,ce ne sono tanti che ti parria strano; e credilo a me,credilo a me, che questo un mondaccio.

    ANTONIA. Tu dici il vero chegli un mondaccio perme, ma non per te che godi fino del latte della gallina; per le piazze, e per losterie, e per tutto non si odealtro che Nanna qua e Nanna l; e sempre la casa tua piena come luovo, ch tutta Roma ti fa i[n]tornoquella moresca che si suole veder far dagli Ongari algiubileo.

    NANNA. Egli cos; pure io non son contenta, e mi pa-re esser una sposa che, per una certa sua onest, anco-ra che ella abbia molte vivande inanzi e una gran fa-me, e bench sia in capo di tavola, non ardiscemangiare; e certo certo, sorella, il core non dove po-trebbe essere; basta.

    ANTONIA. Tu sospiri?NANNA. Pazienza.ANTONIA. Tu sospiri a torto: guarda che Domenedio

    non ti faccia sospirare a ragione.NANNA. Come non vuoi tu che io sospiri? Ritrovando-

    mi Pippa mia figliuola di sedici anni e volendone pi-gliar partito, chi mi dice Flla suora, che, oltre che

    Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    5Letteratura italiana Einaudi

  • Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    risparagnerai le tre parti della dote, aggiungerai unasanta al calendario; altri dice Dlle marito, che adogni modo tu sei s ricca, che non ti accorgerai che tiscemi nulla; alcuno mi conforta a farla cortigiana diprimo volo, con dire Il mondo guasto; e quandofosse bene acconcio, facendola cortigiana, di subito lafai una signora; e con quello che tu hai, e con ci cheella si guadagner, tosto diventer una reina: di sorteche io son fuora di me. S che puoi pur vedere che an-co per la Nanna ci sono dei guai.

    ANTONIA. Questi son guai, ad una come sei tu, pi dol-ci che non un poco di rognuzza a chi la sera intornoal foco, mandato gi le calze, ha piacere di grattarsi:guai sono il veder montare il grano, i tormenti sono ilveder carestia nel vino, la crudelit la pigion dellacasa, la morte il pigliare il legno due e tre volte lan-no e non isbollarsi, non isgommarsi e non isdogliarsimai. E mi maraviglio di te che sopra s minima cosahai pur fatto un pensiero.

    NANNA. Perch te ne maravigli tu?ANTONIA. Perch sendo tu nata e allevata in Roma, a

    chiusi occhi doveresti sbrigarti dai dubbi che tu haidella Pippa. Dimmi, non sei tu stata monica?

    NANNA. S.ANTONIA. Non hai tu avuto marto?NANNA, Hollo avuto.ANTONIA. Non fosti tu cortigiana?NANNA. Fui e sono.ANTONIA. Adunque, dei tre stati non ti basta lanimo

    di scegliere il migliore?NANNA. Madonna no.ANTONIA. Perch no?NANNA. Perch le moniche, le maritate e le puttane og-

    gid vivono con una altra vita che non vivevano gi.ANTONIA. Ah! ah! Ah! La vita visse sempre a una fog-

    gia: sempre le persone mangiaro, sempre bevvero,

    6Letteratura italiana Einaudi

  • sempre dormiro, sempre vegghiaro, sempre andaro,sempre stettero; e sempre pisciaro le donne per il fes-so. E arei caro che tu mi contassi qualche cosa del vi-vere che faceano le suore, le maritate e le cortigianedel tuo tempo: e io ti giuro, per le sette chiese che iomi sono avotita di fare la quaresima che viene, di ri-solverti in quattro parole di quello che tu debbi faredella tua Pippa. Ora tu, che per esser una dottoressasei ci che tu sei, prima mi dirai perch il farla suora tifa star fantastica.

    NANNA. Io son contenta.ANTONIA. Dimmelo, io te ne prego: a ogni modo oggi

    la Madalena nostra avvocata che non si fa niente; equando ben si lavorasse, io ho pane e vino e carne in-salata per tre d.

    NANNA. S?ANTONIA. S.NANNA. Ora io ti conter oggi la vita delle moniche,

    dimane quella delle maritate, e laltro quella delle me-retrici. Siedimi allato: acconciati adagio

    ANTONIA. Io sto benissimo. Di su.NANNA. Mi vien voglia di bestemmiare lanima di

    monsignor nol-vo-dire, che mi cav di corpo questofastidio di figliupla.

    ANTONIA. Non ti scandolezzareNANNA. Antonia mia, le moniche, le maritate e le put-

    tane sono come una via croce, che tosto che giungi aessa, stai buona pezza pensando dove tu abbi a porreil piede; a avviene spesso che l demonio ti strascinanella pi triista, come strascin la benedetta anima dimio padre quel d cho mi fece suora pur contra la vo-lont di mia madre santa memoria, la quale tu dovestiper avventura conoscere (oh, ella fu che donna).

    ANTONIA. La conobbi quasi in sogno: e so, perch iolho udito dire, che facea miracoli dietro a Banchi; e

    Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    7Letteratura italiana Einaudi

  • Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    ho inteso che tuo padre, che fu compagno del bargel-lo, la spos per innamoramento.

    NANNA. Non mi ricordar pi il mio cordoglio, che Ro-ma non fu pi Roma da che rest vedova di cos fattacoppia. E per tornare a casa, il primo giorno di mag-gio mona Marietta (che cos chiamossi mia madre,bench per vezzi le fosse detto la Tina) e ser Barbie-raccio (che cotal nome fu quello di mio padre),aven-do ragunato tutto il parentado, e zii e avi e cugini ecugine e nepoti e fratelli, con una mandra damici edamiche, mi menaro alla chiesa del monistero vestitatutta di seta, cinta di ambracane, con una scuffiadoro sopra la quale era la corona della virginit tessu-ta di fiori di rose e di viole, con i guanti profumati,con le pianelle di velluto; e se ben mi ricordo, dellaPagnina, che entr poco fa nelle Convertite, erano leperle che io portai al collo e le robbe che avea indos-so.

    ANTONIA. Non potevano essere daltri.NANNA. E ornata proprio proprio come una donna no-

    vella, entrai in chiesa, nella quale erano millantamiliapersone che, voltatisi tutti verso di me tosto che io ap-parsi, chi dicea Che bella sposa ar messer Domene-dio; chi dicea Che peccato a far monica cos bellafiglia; altri mi benediva, altri mi bevea con gli occhi,altri diceva La dar il buon anno a qualche frate:ma io non pensava malizie sopra tali parole; e udiicerti sospiri molto ardenti, e ben conobbi al suonoche uscivano dal core di un mio amante che mentre sidicevano gli uffici sempre pianse.

    ANTONIA. Che, tu avevi degli amanti inanzi che ti fa-dessi monica?

    NANNA. Qualche sciocca non gli avrebbe auti: ma san-za libidine. Ora io fui posta a sedere in cima allaltredonne; e stata alquanto, cominci la messa cantando:e io fui acconcia inginocchioni in mezzo a mia madre

    8Letteratura italiana Einaudi

  • Tina e alla mia zia Ciampolina; e un cherico cant insugli organi una laldetta; e dopo la messa, benedetti imiei panni monachili che erano in su laltare, il preteche avea detto la pstola, e quello che avea detto ilvangelo, mi levaro suso e fecero ripormi inginocchio-ni in su la predella dellaltar grande: allora quello chedisse la messa mi dette lacqua santa, e cantato con glialtri sacerdoti il Te deum laudamus con forse cento ra-gioni di salmi, mi spogliaro le mondanit e vestirodello abito spirituale; e la gente, calcando lun laltro,faceva un romore che si assimigliava a quello ch inSan Pietro e in Santo Ianni quando alcuna, o per paz-zia, o per disperazione, o per malizia, si fa murare co-me feci una volta io.

    ANTONIA. S, s, mi ti par vedere con quella turba in-torno.

    NANNA. Finite le cerimone e datomi lincenso con ilbenedicamus e con lo oremus e con lo alleluia, si apruna porta che fece il medesimo stridore che fanno lecassette delle limosine; allora fui rizzata in piedi e me-nata alluscio dove da venti suore con la badessa miaspettavano; e tosto che la vidi, le feci una bella rive-renza; ed ella, basciatami nella fronte, disse non soche parole a mio padre e a mia madre e a miei paren-ti, che tutti piangevano dirottamente; e a un tratto ri-serrato la porta, udii uno oim che fece risentireognuno.

    ANTONIA. E donde usc lo oim?NANNA. Da un mio amante poveretto, che dellaltro d

    si fece frate dei zoccoli o romito dal sacco, salvo il ve-ro.

    ANTONIA. Meschino.NANNA. Ora nel serrar della porta, che fu s ratto che

    non mi lasci dire pure a dio al sangue mio, credet-ti certo di entrare viva viva in una sepoltura, e mi pen-sava di vedere donne morte nelle discipline e ne di-

    Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    9Letteratura italiana Einaudi

  • Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    giuni; e non pi dei parenti, ma di me stessa piangeva.E andando con gli occhi fissi in terra e con il core vl-to a quello che avea a essere del fatto mio, giunsi nelrefettorio dove una schiera di suore mi corsero ad ab-bracciare; e dandomi della sorella per il capo, mi fece-ro alzare il viso alquanto: e visto alcuni volti freschi,lucidi e coloriti, tutta mi rincorai; e riguardandole conpi sicu[r]t, dicea meco: Certamente i diavoli nondebbeno esser brutti come si dipingono. E stando inquesto, eccoti uno stuolo di frati e di preti, e alcunosecolare mescolato con essi, i pi bei giovani, i piforbiti e i pi lieti che mai vedessi: e pigliando permano ciascuno la sua amica, pareano angeli che gui-dassero i balli celestiali.

    ANTONIA. Non por bocca nel CieloNANNA. Pareano innamorti che scherzasseno con le lor

    ninfe.ANTONIA. Cotesta pi lecita comperazione.Sguita.NANNA. E pigliatele per mano, gli davano i pi dolci

    basciozzi del mondo, e faceano a gara nel dargli pimelati.

    ANTONIA. E chi gli dava con pi zucchero, secondo ilgiudizio tuo?

    NANNA. I frati, sanza dubbio.ANTONIA. Per che ragione?NANNA. Per le ragioni che allega la leggenda della Put-

    tana errante di Vinegia.ANTONIA. E poi?NANNA. E poi ciascuno si puose a sedere ad una delle

    pi dilicate tavole che mi paresse mai vedere: nel pionorato luogo stava madonna la badessa tenendo aman sinistra messer labate; e dopo la badessa era latesoriera, e appresso di lei il baccelliere; allo incontrasedea la sacrestana, e allato a essa il maestro dei novi-zi; e seguiva di mano in mano una suora, un frate e unsecolare, e giuso a piedi non so quanti cherici e al-

    10Letteratura italiana Einaudi

  • trettanti fratini; e io fui posta fra il predicatore e ilconfessore del monistero.E cos vennero le vivande, edi sorte che il papa (mi farai dire) non ne mangi maitali. Nel primo assalto le ciance fur poste da canto, dimaniera che parea che il Silenzuiscritto dove i pa-dri hanno la piatanza si fosse insignorito delle bocchedognuno: anzi delle lingue, ch le bocche facevano ilmedesimo mormorio che fanno quelle dei vermi dellaseta finiti di crescere quando, indugiato il cibo, divo-rano le frondi di quelli arbori sotto lombra dei qualisi solea trastullare quel poveretto di Piramo e quellapoverina di Tisbe, che Dio gli accompagni di l comegli accompagn di qua.

    ANTONIA. Delle frondi del moro bianco vuoi dir tu.NANNA. Ah! ah! ah!ANTONIA. A che fine cotesto tuo ridere?NANNA. Rido dun frate poltrone, Dio mel perdoni,

    che mentre macinava con due macine, e che avea legote gonfiate come colui che suona la tromba, pose labocca a un fiasco e lo tracann tutto.

    ANTONIA. Domine affogaloNANNA. E cominciandosi a saziare, cominciaro a cica-

    lare: e mi parea essere, a mezzo del desinare, come nelmezzo del mercato di Navona, che si ode in qua e inl il romore del comperare che fa questo e quello conquello e con questo giudeo; e sendo gi sazi, andavan-si scegliendo le punte delle ali delle galline e alcunecreste e qualche capo, e porgendolo luno a laltra elaltra a luno, simigliavano rondini che imbeccasseroi rondinini. E non ti potrei contare le risa e voci che siudivano nel donare di un culo di cappone, n sarebbepossibile a poter dire le dispute che sopra di ci si fa-ceano.

    ANTONIA. Che poltroneria.NANNA. Mi veniva voglia di recere quando vedea ma-

    Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    11Letteratura italiana Einaudi

  • Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    sticare un boccone da una suora, e porgelo con lapropria bocca allamico suo.

    ANTONIA. Gaglioffe.NANNA. Ora, sendo il piacere del mangiare converso in

    quel fastidio che si converte altrui di subito che hafatto quella cosa, contrafecero i Tedeschi con il brin-disi; e pigliando il generale un gran bicchiere di cor-so,invitando a fare il simile alla badessa, lo mand gicom un sacramento falso. E gi gli occhi di ciascunorilucevano per il troppo bere come le bambole deglispecchi; poi velati dal vino come dal fiato un diaman-te, si sarieno chiusi, talch la turba, cadendo sonnac-chiosa sopra le vivande, ara fatto della tavola letto, senon era un bel fanciullo che vi sopragiunse: egli aveaun paniere in mano coperto duno il pi bianco e ilpi sottile panno di lino che mi paia anco aver vedu-to: che neve? che brina? che latte? egli avanzava dibianchezza la luna in quintadecima,or v.

    ANTONIA. Che fece del paniere? e che cera dentro?NANNA. Piano un poco; il fanciullo, con una reverenza

    alla spagnuola annapolitanata, dise: Buon pro alleSignorie vostre; e poi soggiunse: Un servidore diquesta bella brigata vi manda dei frutti del paradsoterrestre; e scoperto il dono, lo pose su la tavola: edeccoti uno scoppio di risa che parve un tuono, anziscoppi la compagnia nel riso nel modo che scoppianel pianto la famigliuola che ha visto serrar gli occhial padre per sempre.

    ANTONIA. Buone e naturali fai le simiglianze.NANNA. Appena i frutti paradisi fur visti, che le mani

    di queste e di quelli, che gi cominciavano a ragionarecon le cosce, con le poppe, con le guance, con le pivee co pivi di ognuno con quella destrezza che ragiona-no quelle de mariuoli con le tasche dei balocchi chesi lasciano imbolare le borse, si avventaro ai detti frut-

    12Letteratura italiana Einaudi

  • ti nella guisa che si avventa la gente alle candele che sigittano giuso dalla loggia il d della Ceraiuola.

    ANTONIA. Che frutti furo quelli? che cose? Dillo.NANNA. Erano di quei frutti di vetro che si fanno a

    Murano di Vinegia alla similitudine del K, salvo chehanno duo sonagli che ne sarebbe orrevole ogni grancembalo.

    ANTONIA. Ah! ah! ah! Io tho per il becco, io tafferro.NANNA. Ed era beata, non pure avventurata, quella a

    cui veniva preso il pi grosso e il pi largo; n si riten-ne niuna di non basciare il suo, dicendo: Questi ab-bassano la tentazione della carne.

    ANTONIA. Che l diavolo ne spenga la sementa.NANNA. Io che facea lonesta-da-campi, dando alcune

    occhiate ai frutti, parea una gatta astuta che con gliocchi guarda la fante e con la zampa tenta di grapparela carne che ella per trascuraggine ha lasciato sola; ese non che la compagna la quale mi sedea allato,avendone tolti due, me ne diede uno, per non parereuna ignocca averei preso il mio. E per abbreviare, ri-dendo e cianciando la badessa si rizz in piedi, e cosfece ciascuno: e la benedicite che ella disse alla tavolafu in volgare.

    ANTONIA. Lasciamo ir le benediciti. Levate dalla tavo-la, dove andaste?

    NANNA. Ora io tel dir. Noi andammo in una cameraterrena, ampia, fresca e tutta dipinta.

    ANTONIA. Che dipinture cerano? La penitenza dellaquaresima, o che?

    NANNA. Che penitenza: le dipinture erano tali cheavrieno intertenuto a mirarle gli ipocriti. La cameraavea quattro facce: nella prima era la vita di santa Na-fissa, e ivi di dodici anni si vedea la buona fanciulla,tutta piena di carit, dispensare la sua dote a sbirri, abarri, a piovani, a staffieri e a ogni sorte di degne per-sone; e mancatole la robba, tutta pietosa, tutta umile,

    Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    13Letteratura italiana Einaudi

  • Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    si siede verbigrazia in mezzo di ponte Sisto sanzapompa alcuna, eccetto la seggiola, la stola e il cagno-letto, e un foglio di carta increspato in cima ad unacanna fessa con la quale parea che si facesse vento eche si riparasse dalle mosche.

    ANTONIA. A che effetto stava ella in seggiola?NANNA. Ci stava per fare lopre del rivestire gli ignudi;

    ella, cos giovanetta come io ti ho detto, si stava se-dendo, e con il viso in alto e la bocca aperta, direstiella canta quella canzone che dice:

    Che fa lo mio amore, che non viene?.Ella era anco dipinta in piedi, e volta a uno che pervergogna non ardiva di richiederla delle cose sue, tut-ta gioconda, tutta umana, gli giva incontra; e menato-lo nella tomba dove consolava gli afflitti, prima gli le-vava la veste di dosso, e poi, snodatogli le calze eritrovato il tortorino gli faceva tanta festa che, entratoin superbia, con la furia che uno stallone rotta la ca-vezza si avventa alla cavalla, le entrava fra le gambe:ma ella, non le parendo esser degna di vederlo in visoe forse (come dicea il predicatore che spianava la suavita a noi altre) non le bastando lanimo di vederlo srosso, s fumante e s collerico, gli volgea le spalle ma-gnificamente.

    ANTONIA. Siale appresentato alla anima.NANNA. O non gli rappresentato, essendo santa?ANTONIA. Tu dici la verit.NANNA. Chi ti potria narrare il tutto? Ivi era dipinto il

    popolo dIsraelle che ella graziosamente alberg content sempre amore dei. E ci si vedea dipinto alcu-no che, dopo lavere assaggiato ci che ci , si partivada lei con un pugno di denari i quali laltrui discrezio-ne le dava per forza: che intervenia a chi la lavoravacome interviene a uno che alloggia in casa di qualcheprodigo uomo che non solo lo accoglie, lo pasce e lo

    14Letteratura italiana Einaudi

  • riveste, ma gli d ancora il modo di poter finire ilviaggio suo.

    ANTONIA. O benedetta e intemerata madonna santaNafissa, ispirami a seguitare le tue santissime pedate.

    NANNA. In conchiusione, ci che ella fece mai e dietroe dinanzi alla porta e alluscio, ivi al naturale: e finoal fine suo c dipinto; e nella sepoltura sono ritrattitutti i Taliani che ella ripose in questo mondo per ri-trovarselo nello altro; e non di tante ragioni erbe inuna insalata di maggio quante son variet di chiavi nelsuo sepolcro.

    ANTONIA. Io voglio vedere un d queste dipinture aognimodo.

    NANNA. Nella seconda c la istoria di Masetto daLampolecchio: e ti giuro per lanima mia che paionovive quelle due suore che lo menaro nella capannamentre il gaglioffone, fingendo dormire, facea veladella camiscia nellalzare della antenna carnefice.

    ANTONIA. Ah! ah! ah!NANNA. Non si potea tenere dalle risa niuno mirando

    le altre due che, accorte della galantaria delle compa-gne, prendono partito non di dirlo alla badessa, ma dientrare in lega con esse; e stupiva ciascuno contem-plando Masetto che, parlando con i cenni, parea nonvoler consentire. Alla fine ci fermammo tutti a vederela savia ministra delle moniche arrecarsi alle cose one-ste e convitare a cenare e a dormir seco il valente uo-mo: che, per non si scorticare, parlando una notte, fe-ce correre tutto il paese al miracolo, onde il monisterone fu canonizzato per santo.

    ANTONIA. Ah! Ah! ah!NANNA. Nella terza ci erano (se ben mi ricordo) ritrat-

    te tutte le suore che fur mai di quello ordine, con i lo-ro amanti appresso e i figliuoli nati di esse, con i nomidi ciascuno e di ciascuna.

    ANTONIA. Bella memoria.

    Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    15Letteratura italiana Einaudi

  • Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    NANNA. Nellultimo quadro ci erano dipinti tutti i mo-di e tutte le vie che si pu chiavare e farsi chiavare; esono obligate le moniche, prima che le si mettino incampo con gli amici loro, di provare di stare negli attivivi che stanno le dipinte: e questo si fa per non rima-nere poi goffe nel letto, come rimangono alcune chesi piantano l in quattro sanza odore e senza sapore,che chi ne gusta ne ha quel piacere che si ha di unaminestra di fave sanza olio e sanza sale.

    ANTONIA. Adunque bisogna una maestra che insegni lascrima?

    NANNA. C bene la maestra che mostra a chi non sacome si deve stare, caso che la lussuria stimoli luomos che sopra una cassa, su per una scala, in una sede,in una tavola, o nello spazzo voglia cavalcarle; e quel-la medesima pacienza che ci ha chi ammaestra un ca-ne, un pappagallo, uno stornello e una gazzuola, hacolei che insegna le attitudini alle buone moniche: e ilgiocar di mano con le bagattelle meno difficile a im-parare che non lo accarezzare lo uccello s che anco-ra che non voglia si rizzi in piedi.

    ANTONIA. Certo?NANNA. Certissimo. Ora, venuto a noia la dipintura e il

    ragionare e lo scherzare, come sparisce la strada di-nanzi ai barberi che corrono il palio o, per dir meglio,la vacca dinanzi a coloro che sono confinati a mangia-re in tinello, o vero le lasagne dinanzi alla fame conta-dina, sparvero le moniche, i frati, i preti e i secolari,non lasciando perci i cherichetti n i fratini, n me-no lapportatore dei cotali di vetro. Solamente il bac-celliere rimase meco: che sendo sola, quasi tremandorestai muta; ed egli dicendomi Suora Cristina (checos fui rebattezzata tosto che ebbi lo abito indosso),a me tocca menarvi alla cella vostra, nella quale sisalva lanima nei trionfi del corpo, io volea pur staresu le continenze: onde tutta ritrosetta in contegno,

    16Letteratura italiana Einaudi

  • non rispondea nulla; ed egli presami per quella manocon cui io teneva il salsiccione di vetro, appena loscampai che non gisse in terra, onde non potei conte-nermi di non ghignare: talch l padre santo prese ani-mo di basciarmi; e io che era nata di madre di miseri-cordia, e non di pietra, stetti ferma mirandolo conocchio volpino.

    ANTONIA. Saviamente.NANNA. E cos mi lasciava guidare da lui come lo orbo

    dalla cagnola. Che pi? Egli mi condusse in una ca-meretta posta nel mezzo di tutte le camere: le qualierano divise da un ordine di semplici mattoni; e cosmale incalcinate le commessure del muro, che ognipoco docchio che si dava ai fessi, si potea vedere ciche si operava dentro gli alberghetti di ciascuna.Giunta ivi, il baccalaro appunto apriva la bocca perdirmi (credo io) che le mie bellezze avanzavano quelledelle fate, e con quello anima mia, cor mio, san-gue caro, dolce vita e lo avanzo della filostroccolache gli va appresso, per acconciarmi sul letto comepi gli piaceva, quando eccoti un tic toc tac che il bac-celliere, e qualunche nel monistero lud, spaventnon altrimenti che al subito aprire duna porta spa-venta una moltitudine di topi ragunati intorno a unmonte de noci: che intrigati nella paura, non si re-mentano dove abbino lasciato il buco; cos i compa-gnoni, cercando ascondersi, urtandosi insieme, resta-vano smarriti nel volersi appiattare dal safruganio:ch il safruganio del vescovo protettore del monisteroera quello che con il tic tac toc ci spavent come spa-venta le rane poste in un greppo, a testa alta fra ler-ba, una voce o il gittare dun sasso, al suon del qualesi tuffano nel rio quasi tutte in un tempo; e poco me-no che, mentre passava per il dormitorio, non entrnella camera della badessa che col generale riformavail vespro allo ufficiuolo delle suore sue: e dice la celle-

    Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    17Letteratura italiana Einaudi

  • Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    raia che alz la mano per percuoterla e ogni cosa, epoi se ne scord per esse[r]segli inginocchiata a piediuna monichetta dotta come lAncroia e Drusiana diBuovo dAntona in canto figurato.

    ANTONIA. Oh che bella festa segli entrava dentro! ah!ah!ah!

    NANNA. Ma la ventura ci prese il d per i capegli: que-sto dico perch, tosto che si pose a sedere il suffraga-nio...

    ANTONIA. Ora tu hai detto bene.NANNA. ...eccoti un canonico, cio il primo cerio, che

    gli port la novella che il vescovo era poco lontano.Onde levatosi suso, ratto and al Vescovado per met-tersi in ordine a girgli incontra, comandandoci primaa farne allegrezza con le campane: e cos, tratto il pie-de fuor delluscio, a poco a poco ritorn ciascuno abomba; solo il baccelliere fu costretto andare in nomedella badessa a basciar la mano a sua Signoria reve-rendissima. E nel comparire allinnamorate loro, simi-gliavano storni ritornati allo olivo donde gli avea cac-ciati allora allora quello oh, oh, oh del villano che sisente beccare il core beccandosigli una oliva.

    ANTONIA. Io sto aspettare che tu venga ai fatti, comeaspettano i bambini la balia che gli ponga la poppa inbocca; e mi pare lo indugio pi aspro che non il sa-bato santo a chi monda le uova avendo fatta la quare-sima.

    NANNA. Veniamo al quia. Sendo io rimasa sola, e aven-do gi posto amore al baccelliere non mi parendo le-cito di volere contrafare alla usanza del monistero,pensava alle cose udite e vedute in cinque o sei oreche era stata ivi; e tenendo in mano quel pestello divetro, lo presi a vagheggiare come vagheggia chi nonlha pi veduta la lucertola cos terribile ch appicca-ta nella chiesa del Popolo: e mi meravigliava dessopi che non faccio di quelle spine bestiali del pesce

    18Letteratura italiana Einaudi

  • che rimase in secco a Corneto; e non potea ritrar me-co per che conto le suore lo tenessero caro. E in cota-le dibattimento di pensiere, io odo fioccare alcune ri-sa s spensierate che arebbono rallegrato un morto; etuttavia rinforzando il suono desse, deliberai vedereonde il riso nasceva: e levatami in piedi, accostolorecchia ad una fessura; e perch nelloscuro si vedemeglio con un occhio che con dui, chiuso il mancino,e fisando il dritto nel foro che era fra mattone e mat-tone, veggio ah! ah! ah!

    ANTONIA. Che vedesti? Dimmelo, di grazia.NANNA. Vidi in una cella quattro suore, il generale e

    tre fratini di latte e di sangue, i quali spogliaro il reve-rendo padre della tonica rivestendolo dun saio di ra-so, ricoprendogli la chierica duno scuffion doro so-pra del quale posero una berretta di velluto tuttapiena di puntali di cristallo, ornata dun pennoncellobianco; e cintagli la spada al lato, il beato generale,parlando per ti e per mi, si diede a passeggiare insul passo grave di Bortolameo Coglioni. Intanto lemoniche cavatosi le gonne e i fratini le toniche, esse simisero gli abiti dei fratini, cio tre di loro, ed essiquelli delle moniche: laltra, postasi intorno la togadel generale, sedendo pontificalmente contrafacea ilpadre dando le leggi ai conventi.

    ANTONIA. Che bella tresca.NANNA. Ora si far bella.ANTONIA. Perch?NANNA. Perch la reverenda Paternit chiam i tre fra-

    tini e, appoggiato su la spalla a uno cresciuto inanzi aid tenero e lungo, dagli altri si fece cavar del nido ilpasserotto che stava chioccio chioccio; onde il piscaltrito e il pi attrattivo lo tolse in su la palma, e li-sciandogli la schiena come si liscia la coda alla gattache ronfiando comincia a soffiare di sorte che non sipuote pi tenere al segno, il passerotto lev la cresta

    Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    19Letteratura italiana Einaudi

  • Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    di maniera che il valente generale, poste le unghie adosso alla monica pi graziosa e pi fanciulla, recato-le i panni in capo, le fece appoggiare la fronte nellacassa del letto: e aprendole con le mani soavemente lecarte del messale culabriense, tutto astratto contem-plava il sesso, il cui volto non era per magrezza fittonellossa, n per grassezza sospinto in fuore, ma conla via del mezzo tremolante e ritondetto, lucea comefaria un avorio che avesse lo spirito; e quelle fossetti-ne che si veggiono nel mento e nelle guance delledonne belle, si scorgeano nelle sue chiappettine (par-lando alla fiorentina); e la morbidezza sua avria vintoquella dun topo di molino nato, creato e visso nellafarina; ed erano s lisce tutte le membra della suora,che la mano che si le ponea nelle reni sdrucciolava aun tratto sino alle gambe con pi fretta che nonsdrucciola un piede sopra il ghiaccio; e tanto ardiva diapparire pelo niuno in lei, quanto ardisce nello uovo.

    ANTONIA. Adunque il padre generale consum il gior-no in contemplazioni, ah?

    NANNA. Nol consum miga: che posto il suo pennellonello scudellino del colore, umiliatolo prima con losputo,lo facea torcere nella guisa che si torceno ledonne per le doglie del parto o per il mal della madre.E perch il chiodo stesse pi fermo nel forame, ac-cenn dietrovia al suo erba-da-buoi,che rovesciatolile brache fino alle calcagna, mise il cristeo alla sua Ri-verenza visibilium; la quale tenea fissi gli occhi agli al-tri dui giovanastri che, acconce due suore a buon mo-do e con agio nel letto, gli pestavano la salsa nelmortaio, facendo disperare la loro sorellina: che peresser alquanto loschetta e di carnagion nera, refutatada tutti, avendo empito il vetriolo bernardo di acquascaldata per lavar le mani al messere, recatasi sopraun coscino in terra, appuntando le piante dei piedi almuro della camera, pontando contra lo smisurato pa-

    20Letteratura italiana Einaudi

  • storale, se lo avea riposto nel corpo come si ripongo-no le spade nelle guaine. Io allodore del piacer lorostruggendomi pi che non si distruggono i pegni perle usure, fregava la monina con la mano nel modo chedi gennaio fregano il culo per i tetti i gatti.

    ANTONIA. Ah! Ah! ah! Che fine ebbe il giuoco?NANNA. Menatosi e dimenatosi mezza ora, disse il ge-

    nerale: Facciamo tutti ad unotta; e tu, pinchellonmio, basciami; cos tu, colomba mia; e tenendo unamano nella scatola dellangeletta, e con laltra facendofesta alle mele dellangelone, basciando ora lui ora lei,facea quel viso arcigno che a Belvedere fa quella figu-ra di marmo ai serpi che lassassinano in mezzo deisuoi figli. Alla fine le suore del letto, e i giovincelli, e ilgenerale, e colei alla quale egli era sopra, colui il qua-le gli era dietro, con quella dalla pestinaca muranese,saccordaro di fare ad una voce come saccordano icantori o vero i fabbri martellando: e cos, attentoognuno al compire, si udiva un ahi, ahi, un ab-bracciami, un voltamiti, la lingua dolce, dm-mela, ttela, spinge forte, aspetta chio fac-cio, oim fa, stringemi, aitami; e chi consommessa voce e chi con alta smiagolagdo, pareanoquelli dalla sol, fa, mi, rene; e faceano uno stralunaredocchi, un alitare, un menare, un dibattere, che lebanche, le casse, la lettiera, gli scanni e le scodelle sene risentivano come le case per i terremoti.

    ANTONIA. Fuoco!NANNA. Eccoti poi otto sospiri ad un tratto, usciti dal

    fegato, dal polmone, dal core e daallanima del reve-rendo e cetera, dalle suore e dai fraticelli, che fernoun vento s grande che avrieno spenti otto torchi; esospirando caddero per la stanchezza come gli im-briachi per il vino. E cos io che era quasi incordataper il disconcio del mirare, mi ritirai destramente; epostami a sedere, diedi uno sguardo al cotale di vetro.

    Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    21Letteratura italiana Einaudi

  • Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    ANTONIA. Salda un poco: come pu stare degli otto so-spiri?

    NANNA. Tu sei troppo punteruola; ascolta pure.ANTONIA. Di.NANNA. Mirando il cotal di vetro mi sentii tutta com-

    movere, bench ci che io vidi ara commosso lermodi Camaldoli; e mirandolo caddi in tentazione...

    ANTONIA. E libra nos a malo.NANNA. ...e non potendo pi sofferire la volont della

    carne che mi pungea la natura bestialmente, nonavendo acqua calda come la suora che mi avvert diquello che io avea a fare de frutti cristallini, sendofatta accorta dalla necessit, pisciai nel manico dellavanga.

    ANTONIA. Come?NANNA. Per un bucolino fatto in esso perch si possa

    empire dacqua tepida. E che ti vado allungando latrama? Io mi alzai la tonica galantemente, e posato ilpomo dello stocco sulla cassa, e rivolta la punta des-so nel corpo, cominciai pian piano a macerarmi lo sti-molo: il pizzicore era grande e la testa del cefalo gros-sa, onde sentiva passione e dolcezza; nientedimeno ladolcezza avanzava la passione, e a poco a poco lo spi-rito entrava nellampolla, e cos sudata sudata, por-tandomi da paladina, lo spinsi inver me di sorte chepoco manc che nol perdei in me stessa; e in quellosuo entrare credetti morire duna morte pi dolce chela vita beata. E tenuto un pezzo il becco in molle, sen-tomi tutta insaponata: onde lo cavo fuora, e nel cavar-lo restai con quel cociore che rimane in uno rognosopoi che si leva le unghie dalle cosce; e guardatolo untratto, lo veggio tutto sangue: allora s che fui per gri-dar confessione!

    ANTONIA. Perch, Nanna?NANNA. Perch, ah? Mi credetti esser ferita a morte: io

    mi metto la mano alla becchina, e immollandola la ti-

    22Letteratura italiana Einaudi

  • ro a me; e vedendola con un guanto da vescovo para-to, mi reco a piangere: e con le mani in quei corti ca-pegli che, tagliandomi lo avanzo, colui che mi vest inchiesa mi avea lasciati, cominciai il lamento di Rodi.

    ANTONIA. Di quello di Rorna, dove ora siamo.NANNA. Di Roma, per dire a tuo modo. E oltra che io

    avea paura di morire vedendo il sangue, temea ancorade la badessa.

    ANTONIA. A che proposito?NANNA. A proposito che ella, spiando la cagione del

    sangue,e inteso il vero, non mi avesse posta in prigio-ne legata come una ribalda; e quando bene non miavesse dato altra penitenza che il raccontare alle altrela novella del mio sangue, ti parea che non avessi dapiangere?

    ANTONIA. Non, perch?NANNA. Perch no?ANTONIA. Perch accusando tu la suora che tu avevi

    vista giocare a che egli dentro il vetro, averesti spe-dito gratis.

    NANNA. S, quando la suora si fosse insanguinata comeio. Egli certo che Nanna era a pessimi partiti. Estando cos, odo percuotere la cella mia: onde sciuga-timi ben ben gli occhi, mi levo suso e rispondo gratiaplena; e in questo apro e veggio che son chiamata acena; e io che non da suora novella, ma da saccoman-na avea pettinato la mattina, e perduto lappetito peril timor del sangue, dissi che volea star sobria per lasera; e riserrata la porta con la scopa, mi rimasi pen-sando con la mano alla cotalina. E vedendo pur cheella si stagnava, mi ravvivai un pochetto; e per trapas-sar lozio, ritorno al fesso che vidi tralucere per il lu-me che per la venuta della notte le suore accesero; emirando di nuovo, veggio nudo ciascuno: e certo, se ilgenerale e le moniche con i fraticelli fossero stati vec-chi, gli assimiglierei ad Adamo e ad Eva con le altre

    Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    23Letteratura italiana Einaudi

  • Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    animucce del limbo. Ma lasciamo le comparazioni al-le sibille. Il generale fece montare quella erba-da-buoi, cio il teneron lungone, in una tavoletta quadrasu la quale mangiavano le quattro cristianelle di Ante-cristo; e invece di tromba tenendo un bastone nellafoggia che i trombetti tengono il loro istrumento,band la giostra; e dopo il tara tantara, disse: Ilgran soldano di Babilonia fa noto a tutti i valenti gio-stranti che or ora compariscano in campo con le lancein resta; e a quello che pi ne rompe si dar un tondosenza pelo, del quale goder tutta notte, et amen.

    ANTONIA. Bel bandimento: il suo maestro gliene do-vette far la minuta. Or via, Nanna.

    NANNA. Eccoti i giostranti in ordine; e avendo fatto in-guintana del sedere di quella lusca negretta che dianzimangi vetro a tutto pasto, fu tratto la sorte, e tocc ilprimo aringo al trombetta: che facendo sonare il com-pagno mentre si movea, spronando se stesso con ledita, incart la lancia sua fino al calce nel targonedellamica; e perch il colpo valea per tre, fu molto lo-dato.

    ANTONIA. Ah! ah! ah!NANNA. Mosse dopo lui il generale tratto per poliza; e

    con la lancia in resta correndo, emp lanello di coluiche lavea empito alla suora; e cos stando, fissi come itermini fra dui campi, tocc il terzo aringo a una mo-nica: e non avendo lancia di abeto, ne tolse una di ve-tro, e di primo scontro la cacci dietro al generale,appiattandosi per buon rispetto le ventose nel pet-tig[n]one.

    ANTONIA. Tanto se ne ebbe.NANNA. Ora vien via il fratoncello secondo, pur tcco-

    gli per sorte, e ficc la freccia nel berzaglio alla bellaprima; e laltra monica, contrafacendo la sozia con lalancia da le due pallotte, invest nello utriusque delgiovanetto, che sguizz come una anguilla nel riceve-

    24Letteratura italiana Einaudi

  • re il colpo. Venne lultima e lultimo: e ci fu molto daridere, perch sepell il berlingozzo che era tocco lamattina a pranzo ne lanello della compagna; ed egli,rimaso dietro a tutti, piant dietro a lei il lanciotto: dimodo che pareano una spedonata di anime dannate,le quali volesse porre al fuoco Satanasso per il carna-sciale di Lucifero.

    ANTONIA. Ah! ah! ah! che festa!NANNA. Quella luschetta era una suora tutta sollazze-

    vole, e mentre ognuno spingeva e menava, dicea lepi dolci buffonarie del mondo; e io udendo ci risitanto forte che fui udita: e sendo udita mi ritrassi in-dietro; e garrendo non so chi, dopo un certo spazio ditempo ritornando alla vedetta, la trovai coperta da unlenzuolo: e non potei vedere il fine della giostra, n achi si diede il pregio.

    ANTONIA. Tu mi manchi nel pi bello.NANNA. Io manco a te perch fu mancato a me. E mi

    spiacque al possibile di non poter veder fare il semealle fave e alle castagne. Or per dirti, mentre io eraadirata con le mie risa che mi aveano tolto il luogo al-la predica, odo di nuovo...

    ANTONIA. Che odisti? di tosto.NANNA. Tre camere potea vedere per li fessi che erano

    nella mia...ANTONIA. Ben erano i muri tutti sfessi: io ne disgrazio i

    vagli.NANNA. Io mi credo che desseno poca cura di riserr-

    gli, e mi stimo che avesseno piacere luna dellaltra.Come si sia, odo un ansciare, un sospirare, un rugniree un raspare che parea che venisse da dieci personeche se dolessero in sogno; e stando attenta odo (alloincontro della parte che mi dividea donde si giostra-va) parlar alla muta; e io con locchio ai fessi: per iquali scorgo a gambe alte due sorelline grassettine,frescoline, con quattro coscette bianche e tonde che

    Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    25Letteratura italiana Einaudi

  • Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    pareano di latte rappreso si erano tremolanti; e cia-scuna tenendo in mano la sua carota di vetro, comin-ci luna: Che pazzia questa a credere che lappeti-to nostro si sazi per via di questi imbratti che nonhanno n bascio, n lingua, n mani con le quali citocchino i tasti; e quando bene le avessero, se noi pro-viamo dolcezza co dipinti, che faremmo noi co vivi?Noi ci potremmo ben chiamare meschine se consu-massimo la nostra gioventudine co vetri. Sai tu, so-rella, rispondea laltra, io ti consiglio che te ne ven-ga meco; E dove vai tu? disse ella; Io sul far deld mi voglio sfratare e girmene con un giovane a Na-poli, il quale ha un compagno suo fratel giurato chesarebbe il caso tuo: s che usciamo di questa spelonca,di questa sepoltura, e godiamo della nostra etade co-me debbeno godere le femine .E poca diceria biso-gn allamica, che era di poca levata; e nello accettarelo invito, avvent insieme con essa contra il muro i ce-dri di vetro, ricoprendo il romore che fecero nellospezzarsi con gridare Gatti! Gatti!, fingendo cheavessero rotte guastade e ci che cera. E lanciate delletto, prima fecero fardello delle miglior robbe, e poiuscr fuor di camera; e io mi rimasi. Quando eccoti unsuon di palme, un oim, trista a me, un graffiar divolto, un squarciar di capegli e di panni molto stra-nio; e a fede di leale mia pari, che mi credetti che fos-se appiccato il fuoco nel campanile; onde miso loc-chio alle fessure dei mattoni, veggio che la Paternitdi mona badessa che fa le lamentazioni di Geremiaapostolo.

    ANTONIA. Come la badessa?NANNA. La divota madre delle moniche e la protettrice

    del monistero.ANTONIA. Che aveva ella?NANNA. Per quello che posso considerare, era stata as-

    sassinata dal confessore.

    26Letteratura italiana Einaudi

  • ANTONIA. A che modo?NANNA. Egli, in sul pi bel dello spasso, le avea cavato

    lo stoppino della botte e lo volea porre nel vaso del zi-betto; e la poveretta, tutta in sapore, tutta in lussuria,tutta in sugo, inginocchiata ai suoi piedi, lo scongiu-rava per le stimmate, per i dolori, per le sette allegrez-ze, per il pater noster di san Giuliano, per i salmi peni-tenziali, per i tre magi, per la stella e per santasantorum: n pot mai ottenere che il nerone, il caino,il giuda le ripiantasse il porro nellorticello; anzi, conun viso di Marforio, tutto velenoso, la sforz con i fat-ti e con le bravarie a voltarsi in l; e fattole porre la te-sta in una stufetta, soffiando come un aspido sordo,con la schiuma alla bocca come lorco, le ficc il pian-tone nel fosso ristorativo.

    ANTONIA. Poltronaccio.NANNA. E si pigliava un piacere da mille forche nel ca-

    vare e mettere, ridendo a quel non so che che udivaallo entrare e allo uscire del piuolo, simigliante a quellof tof e taf che fanno i piedi dei peregrini quando tro-vano la via di creta viscosa che spesso gli ruba le scar-pe.

    ANTONIA. Che sia squartato.NANNA. La sconsolata, col capo nella stufa, parea lo

    spirto dun sodomito in bocca del demonio. Alla fineil padre, spirato dalle sue orazioni, le fece trarre il ca-po fuora; e sanza schiavare, il fratacchione la port sula verga fino a un trespido; al quale appoggiata lamartorella, cominci a dimenarsi con tanta galantaria,che quello che tocca i tasti al gravicembalo non ne satanto; e come ella fosse disnodata, tutta si volgea in-dietro volendosi bere i labbri e mangiare la lingua delconfessore, tenendo fuora tuttavia la sua che non erapunto differente da quella duna vacca; e presagli lamano con gli orli della valigia, lo facea torcere comegliene avesse presa con le tanaglie.

    Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    27Letteratura italiana Einaudi

  • Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    ANTONIA. Io rinasco, io trasecolo!NANNA. E intertenendo la piena che volea dare il passo

    alla macina, il santo uomo comp il lavoro; e forbito ilcordone con un fazzoletto profumato, e la buonadonna nettato il dolcemele, dopo un nonnulla si ab-bracciaro insieme; e il frate ghiottone le dicea: Pare-vati onesto, la mia fagiana, la mia pavona, la mia co-lomba, anima delle anime, core dei cori, vita dellevite, che il tuo Narciso, il tuo Ganimede, il tuo angelonon potesse disporre per una volta dei tuoi quarti didietro?; ed ella rispondeva: Parevati giusto, il miopapero, il mio cigno, il mio falcone, consolazione del-le consolazioni, piacere dei piaceri, speranza dellesperanze, che la tua ninfa, la tua ancilla, la tua come-dia per una fiata non dovesse riporre il tuo naturalenella sua natura?; e avventandosigli con un morso glilasci i segni neri dei denti nei labbri, facendogli cac-ciare uno strido crudele.

    ANTONIA. Che piacere.NANNA. Dopo questo la prudente badessa gli grapp

    la reliquia: e porgendole la bocca, la basciava soave-mente; poi imbertonata di essa, la masticava e la mor-deva come un cagnuolinola gamba o la mano, per laqual cosa si gode del suo mordere che fa piangere ri-dendo: cos il ribaldone frate, al pungere dei morsi dimadonna, tutto festevole dicea ahi! Ahi!

    ANTONIA. Potea pur levargliene un pezzo co denti, laminchiona.

    NANNA. Mentre la buona limosina della badessa scher-zava col suo idolo, la porta della sua camera toccapianamente: onde restaro sopra di s tutti e dui; estando ascoltare, odono sufolare con un suono fiocofioco, e allora si avvisaro che quello era il creato delconfessore, che venne dentro per che gli fu aperto disubito; e perch sapea quanto pesava la lor lana, nonsi guastaro niente: anzi, la traditora badessa, lasciato il

    28Letteratura italiana Einaudi

  • franguello del padre e preso per le ali il calderino delfigliuolo, distruggendosi di fregare larchetto del fan-ciullo su per la sua lira, disse: Amor mio, fammi digrazia una grazia; e il frataccio le dice: Son conten-to, che vuoi tu?; Io voglio disse ella, grattugiarequesto formaggio con la mia grattuga: con questo,che tu metta larpione nel timpano del tuo figliuolospirituale; e se il piacere ti piacer, daremo le mosse aicavalli; se no, proveremo tanti modi, che un ne sar anostro modo. E intanto avendo la mano di fra Galas-so calate le vele dello schivo del garzonetto, che avve-dutasene madama, postasi a sedere, spalancata la gab-bia e misoci dentro il lusignolo, si tir a dosso il fasciocon gran contentezza dognuno: e ti so dire che stettea crepacuore co s gran mappamondo in su la pancia,che la gualc come gualcata dalla gualchiera unapezza di panno. In ultimo ella scaric le some, ed essiil balestro; e finito il giuoco, non ti potrei dire il vinoche tracannaro e le confezioni che divoraro.

    ANTONIA. Come ti potevi tu raffrenare nel desideriodello uomo, vedendo tante chiavi?

    NANNA. Io venni in succhio fortemente a questo assal-to badessale, e avendo pure in mano il pugnale vetri-gno...

    ANTONIA. Io credo che lo tenevi fiutandolo spesso, co-me si fiuta un garofano.

    NANNA. Ah! ah! ah! Dico che sendo in frega per lebattaglie che io vedea, votai la tampella della orinafredda, ed empitola di nuovo, mi ci posi suso a sede-re:e misa la fava nel baccello, me la avrei spinto nelcoliseo per provare ogni cosa, perch non si pu sa-pere a che modo ella abbia andare per noi.

    ANTONIA. Tu facesti bene, cio aresti fatto bene.NANNA. E cos calcandomi sopra la sua schiena, mi

    sentiva tutta confortare la sporta dinanzi, bont delfrugatoio che mi bruniva il secchio; e standomi fra

    Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    29Letteratura italiana Einaudi

  • Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    due, contendea meco il s e il no circa il ricever tuttolargomento o vero una parte: e credo che avrei lascia-to ire il cane nel covile se non fosse che udendo chie-dere licenza dal confessore, rivestito col suo all[i]evo,alla ben contenta badessa, corsi a vedere le cacariesue nel pa[r]tirsi. Ella facea la bambina, e vezzeggian-do dicea: Quando ritornerete? O Dio, a chi voglio iobene? chi adoro io?; e il padre giurava per le letaniee per lo avvento che ritorneria la sera seguente: e ilfanciullo, che ancora si ristringava le calze, con tuttala lingua in bocca le disse addio. E udi che il confes-sore al partir cominci quel pecora campi che nel ve-spro.

    ANTONIA. Che, il cialtrone fingeva di dire compieta,eh?

    NANNA. Tu lo hai indovinato. E appena part l. Sopra-detto che, per il calpestio che udi, intesi che i gio-stranti ancora avean finito la giornata e ritornavano acasa con la vettoria, facendo stallare i cavalli di manie-ra che mi parea la prima pioggia dagosto.

    ANTONIA. Il sangue!NANNA. Odi, odi questa. Le due che aveano imballato

    le cose loro, erano ritornate in camera: e la cagione,secondo che brontolando diceano, era per aver trova-to chiuso a chiave luscio dietro per commissione del-la badessa, alla quale diedero pi maledizioni che nonaranno i cattivi nel d del giudicio. Ma elle non anda-ro indarno, perch nello scendere della scala viderosonnacchiare il mulattiere che duo d inanzi avea toltoil monistero; e fattoci disegno sopra, disse luna a lal-tra: Tu anderai a destarlo con dire che ti porti unabracciata di legne in cocina; ed egli stimandoti la cuo-ca, ver via; e tu mostrandogli questa camera, gli diraiPortale l: come il brigante dentro, lascialo pureintertenere alla tua fratellina; e per non aver dato co-

    30Letteratura italiana Einaudi

  • s fatto avviso n a muta n a sorda, tosto fu ubbidita.In questo scopro un altro agguato.

    ANTONIA. Che scopristi?NANNA. Scoprii, allato alla stanza delle predette, una

    camerina imbossolata alla cortigiana, molto leggiadra,nella quale erano due suore divine: e aveano apparec-chato un tavolino in su le grazie e postovi suso una to-vaglia che parea di damasco bianco, e sapea pi dispigo che di zibetto gli animali che lo fanno; e accon-ciatovi tovaglini, piatti, coltelli e forchette per tre per-sone s pulitamente che non te lo potrei dire, e trattofuora dun panieretto molte variet di fiori, givano ri-camando con gran diligenza la tavola. Una delle suoreavea nel mezzo dessa composto un festoncello tuttodi frondi di lauro, e spartoci dove meglio campeggia-vano alcune rose bianche e vermiglie; e di fioranciodipinte le fasce che legavano il festone, le quali per lospazio della tavola si distendevano; e dentro del festo-ne co fiori di borrana scritto il nome del vicario delvescovo, che con il suo monsignore era venuto il dproprio: e per lui pi che per la sua mitera si fecero lescampanate che mi tolsero delle orecchie, con il lorodon din don, mille cose belle da raccontare. Dico chepel vicario si apparecchiavano le nozze, e ci seppi dapoi. Ora laltra monica avea in ogni quadro della ta-vola ritratto una cosa bella: nel primo fece il nodo diSalomone di viole mammole; nel secondo il laberintodi fiori di sambuco; nel terzo un core di rose incarna-te trapassato da un dardo che era del gambo dun ga-rofano, e la sua boccia lo servia per ferro: che, mezzaaperta, parea tinta nel sangue del core; e sopra desso,di fiori di bugalossa avea ritratti i suoi occhi lividi peril piangere, e le lagrime che versavano erano di queibottoncini di aranci spuntati pur allora per le cimedei rami loro; nellultimo avea fatto due mani di gel-somini congiunte insieme, con un fides di viole gialle.

    Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    31Letteratura italiana Einaudi

  • Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    Dopo questo una si diede a lavare alcuni bicchiericon le foglie del fico, e gli forb s bene che pareanotrasformati di cristallo in ariento; intanto la compa-gna, gittato sopra una panchettina la tovaglietta dirensa, pose con pari ordine i bicchieri su lo scannoavendoci nel mezzo dessi acconcio una guastadettapiena dacqua nanfa, simile a un pero, dalla qualependea un pannetto di lino sottile che ella serbava perasciugar le mani, come dalle tempie dei vescovi pen-dono le bande delle mitere. A pi dello scanno stavaun vaso di rame che ci si potea specchiare dentro sben lo avea polito larena, laceto e la mano: egli, col-mo dacqua fresca, tenea in seno dui orcioletti di ve-tro schietto che pareano non tenere vino vermiglio ebianco, ma robini e iacinti stillati. E finito di accon-ciare il tutto, questa trasse de un cofano il pane cheparea bambagia rappresa, e lo porse a quella, la qualelo mise al luogo suo; e cos si riposaro alquanto.

    ANTONIA. Veramente la diligenza usata nello imbellet-tare il tavolino non volea essere opra se non di suore,le quali gettano il tempo dietro al tempo.

    NANNA. Stando a sedere, ecco che scroccano le tre ore,onde disse la pi galluta: Il vicario pi lungo che lamessa di Natale; rispose laltra: Non maraviglia ilsuo indugiare, perch il vescovo, che domane vuolcresimare, lo debbe avere miso a qualche faccenda; efavellando di mille fanfalughe acci che laspettarenon gli rincrescesse, passando lora a fatto e a fine, agara tutte due dissero di lui quello che dice maestroPasquino dei preti: e gaglioffo e porco e poltrone erail nome dal d delle feste; e una di loro corse al fuocodove bollivano dui capponi che per le gotti non po-teano pi muoversi, ai quali facea la guardia uno spe-done piegato nel mezzo per il peso dun pavone alle-vato da esse: e gli avrebbe tratti per la finestra se lacompagna non glielo vetava.E in cotal loro scompi-

    32Letteratura italiana Einaudi

  • glio, il mulattiere che dovea scaricar le legne nella ca-mera di quella che alla sua sorella danimo avea datoil buon consiglio, fall la porta che gli mostr colei chegli pose il fascio in su le spalle; ed entrato dove eraaspettato il messere, ivi lo asino lasci ir gi le legne:che udendo, le due compagne si cacciaro le unghienel viso e tutte si laceraro.

    ANTONIA. Che dissero quelle dal piantone?NANNA. Che avresti detto tu?ANTONIA. Arei presa la ventura per il ciuffetto.NANNA. Cos ferno esse: che, rallegrate per la non

    aspettata ventura del mulattiere co me si rallegrano icolombi per lesca, gli fecero unaccoglienza da re; estangata la porta perch il volpone non iscappassedella trappola, sel misero a sedere in mezzo forbendo-lo con un sciugatoio di bucato. Il mulattiere era dunventi anni o circa, sbarbato, paffuto, con la fronte co-me il fondo duno staio, con duo lombi badiali, gran-done, biancone, un certo caca-pensieri, un cotaleguarda-fcste, troppo buono per il proposito loro. Eglifacea le pi scimoni t e risa del mondo quando si videalloggiare intorno ai capponi e al pavone: e trangugia-va boconi smisurati, e bevea da mietitore. Ed esse chemille anni gli parea di scardassare il pelo con il batta-glio suo, dileggiavano le vivande nella foggia che ledileggia un che non ha fame: e se non che la pi in-gorda, perduta la pacienza come la perde un che si faromito, si gli avvent al pifero come il nibbio al polci-no, il mulattiere facea un pasto da vetturale. Egli nonfu s tosto tocco, che spinse fuora un pezzo di gian-nettone che togliea il vanto a quel di Bivilacqua: eparve quel trombone che ritira fuora colui che lo suo-na in Castello; e mentre questa tenea il bacchettone inmano, quella scans la tavoletta; onde la sua sozia, re-catosi il bambolino fra le gambe si lasci tutta sulflauto dee mulattiere che sedea; e spingendo con

    Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    33Letteratura italiana Einaudi

  • Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    quella discrezione che si spinge lun laltro sul Pontedata la benedizione, cadde la sede, il mulattiere ed el-la: e tomaro come una scimia; e schiavatosi il catenac-cio dalla porta, laltra suora, che biasciava come unamula vecchia, perch il bambolino che non avea nullain testa non infreddasse, lo incappell con il verbigra-zia: talch la compagna dischiodata venne in tantacollera, che la prese per la gola, onde vomit quel po-co che avea mangiato; ed ella rivolta a lei, sanza curar-si dicompire altrimenti il camino, se ne diero pi che ibeati Paoli.

    ANTONIA. Ah! ah! Ah!NANNA. Appunto il mestolonee si levava suso per par-

    tir la zuffa, quando ecco che io mi sento appoggiare lemani su la spalla e dir piano piano: Buona notte, ani-metta mia; io tutta mi scossi per la paura, e tanto pinebbi, quanto pi attendendo al fatto darme delleinfoiate (io lo dir pure!), non pensavo ad altro; e nelsentirmi por le mani a dosso mi rivolsi e diss: Oim,chi questo?; e nello aprir la bocca per gridareacorruomo, veggio il baccelliere che mi lasci pergire incontra al vescovo: e mi riebb tutta. Pure glidissi: Padre, io non son di quelle che vi credete, fate-vi in cost, io non voglio, ors mo, io grider; primami lascerai segar le vene, Dio me ne guardi; nol farmai, non mai, io dico di no; vi dovereste aggricciare:bella cosa, ben si saper bene; ed egli a me: Comepu essere che in un carobino, in un trono e in un sa-rafino alberghi crudelt? Io vi son servo, io vi adoroperch voi sola ste il mio altare, il mio vespro, la miacompieta e la mia messa; e quando sia che vi piacciache io muoia, ecco il coltello: trapassatemi il petto, evedrete nel mio core il vostro soave nome scritto a let-tere doro. E cos dicendomi volea pormi in manoun bellissimo coltello col manico dariento indorato,col ferro lavorato fino al mezzo alla damaschina. io

    34Letteratura italiana Einaudi

  • non lo volsi mai trre, e sanza rispondere tenea il visofitto in terra; onde egli con quelle esclamazioni che sicantano al passio mi ruppe tanto il capo, che mi la-scia[i] vincere.

    ANTONIA. Peggio fanno quelli che si lasciano condurrea uccidere e avelenare gli uomini: e festi una opra pipia che non il monte della piet; e ogni donna dabene dovria pigliare lo essempio da te. Segue pure.

    NANNA. E lasciatami vincere dal suo proemio fratino,nel quale dcea maggior bugie che non dicono glioriuoli stemperati, egli mi entr a dosso con un lauda-mus te che parea che egli avesse a benedir le palme: econ i suoi canti mi incant s, che ce lo lasciai ireMa che volevi tu che io facessi, Antonia?

    ANTONIA. Non altro, Nanna.NANNA. dico dinanzi; e crederesti una cosa?ANTONIA. Che?NANNA. Egli mi parse meno aspro quello di carne che

    quello di vetro.ANTONIA. Gran segreto!NANNA. S, per questa croce!ANTONIA. Che bisogna giurare, se io tel credo e

    st[r]acredo?NANNA. Io pisciai sanza pisciare...ANTONIA. Ah! ah! ah!NANNA. una certa pania bianca che parea bava di lu-

    mache. Ora egli me lo fece tre volte, con riverenzaparlando: due alla antica e una alla moderna; e questausanza, abbila trovata chi vuole, non mi piace punto:meff no, che ella non mi piace.

    ANTONIA. Tu hai il torto.NANNA. Stiamo freschi se io ho il torto; e chi la trov

    ebbe dello svogliato: n potea girci gusto veruno senon quello... tu me lo farai dire.

    ANTONIA. Nol mentovare invano, perch un boccone

    Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    35Letteratura italiana Einaudi

  • Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    che se ne fa alla grappa pi che delle lamprede; unavivanda da gran maestri.

    NANNA. Abbinsela. Ora al proposito nostro: poi che ilbaccelliere mi ebbe piantato due volte lo stendardonella rocca e una nel rivellino, mi dimand se io aveacenato; e io che al fiato mi avvidi che egli era pasciutocome loche dei Giudei, gli risposi di s: onde egli misi rec in grembo, e con un braccio mi cingeva il colloe con la mano dello altro mi festeggiava ora le gote eora le poppe, mescolando le carezze con basci sapori-ti al possibile; di modo che fra me stessa ringraziavalora e il punto del mio farmi suora, giudicando il ve-ro paradiso quello delle suore. E cos stando, venneun gricciolo al baccelliere, e si deliber di menarmi aprocessione per il monestero, dicendo: Dormiremopoi il giorno; e io che avea visto tanti miracoli inquattro camere, mi parea cento anni di vederne deglialtri per le altre. Egli si cav le scarpe e io le pianelle;e tenendomi egli per mano, gli giva dietro ponendo ilpiede in terra come avessi a porlo sopra luova.

    ANTONIA. Ritorna indietro.NANNA. Perch?ANTONIA. Perch ti sei dimenticata di quelle due rima-

    se in secco per lo errore del mulattiere.NANNA. Io certamente ho dato le cervella al cimatore.

    Le meschine, le sfortunate, sfogaro la rabbia suso lepalle dei capofuochi: e infilzatesi in esse, ci scambiet-tavano sopra come i rei nei pali turcheschi; e se nonche quella che fin il ballo prima soccorse la compa-gnetta sua, la palla le saria uscita per bocca.

    ANTONIA. O questa s che grande, ah! ah! ah!NANNA. Io me ne andava dietro al drudo cheta come

    un olio; ed ecco che vediamo la celletta della cuocamezza chiusa dalla smemorata; e dandogli una oc-chiata, la vedemmo scherzare in cagnesco con un pe-regrino che chiedendole (mi stimo io) la carit per gi-

    36Letteratura italiana Einaudi

  • re a San lacopo di Galizia, lo avea raccolto dentro: ela schiavina sua si stava sopra la cassa ripiegata; e ilbordone, sul quale era una tavoletta col miracolo, ap-poggiato al muro; e la tasca piena di tozzi dava da tra-stullarsi a una gatta alla quale gli amanti giolivi, occu-pati, non davano cura; n al barlotto, cadutosottosopra, che tuttavia versava il vino. Noi non de-gnammo perdere il tempo in cos lordo amorazzo: maarrivati alle fessure della camera di madonna celleraia,che, mancatole la speranza del venir del suo piovano,si condusse in tanto furore che, acconcio un fune aduna travetta, salita suso un trespolo e adattatosi il ca-pestro al collo, si arrischiava di dar col piede nel so-stegno, e gi apriva la bocca per dire al piovano Io tiperdono, quando egli, giunto alluscio e sospintolo,entr dentro e visto la sua vita al termine detto, lan-ciatosi a lei e ricoltola nelle braccia, disse: Che coseson queste? Adunque io da voi, cor mio, sono tenutoun mancatore di fede? e dove la divinit della pru-denza vostra? dove ella?. A quelle dolci parole ellarilev la testa come si rilievano gli stramortiti nellospruzzargli lacqua fredda nel viso,e risentissi propriocome si risentono i membri assiderati al calor del fuo-co; e il piovano, gittato la corda e l trespolo, la posenel letto; ed ella, datogli un bascio, lentamente gli di-ce: Le orazioni mie sono state essaudite; e voglio chemi fate porre di cera dinanzi alla imagine di san Gimi-gnano, con lettere che dicano raccomandossi e fu li-berata; e ci detto, allo uncino delle sue forche im-picc il pietoso piovano: che, stucco al primoboccone della capra, dimand il capretto.

    ANTONIA. Io te lo ho voluto dire, ed emmisi scordato:parla alla libera, e d cu, ca, po e fo, che non sa-rai intesa se non dalla Sapienza Capranica con cotestotuo cordone nello anello, guglia nel coliseo,porro nello orto, chiavistello ne luscio, chiave

    Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    37Letteratura italiana Einaudi

  • Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    nella serratura, pestello nel mortaio, rossignuolonel nido, piantone nel fosso, sgonfiatoio nellaanimella, stocco nella guaina; e cos il piuolo,il pastorale, la pastinaca, la monina, la cota-le, il cotale, le mele, le carte del messale,quel fatto, il verbigrazia, quella cosa, quellafaccenda, quella novella, il manico, la freccia,la carota, la radice e la merda che ti sia non vodire in gola, poi che vuoi andare su le punte dei zoc-coli; ora d s al s e no al no: se non, tientelo.

    NANNA. Non sai tu che lonest bella in chiasso?ANTONIA. Di a tuo modo, e non ti corruccerai.NANNA. Dico che, ottenuto il capretto, e fittoci dentro

    il coltello proprio da cotal carne, godea come un paz-zo del vederlo entrare e uscire; e nel cavare e nel met-tere avea quel sollazzo che ha un fante di ficcare esficcare le pugna nella pasta. Insomma il piovano Ar-lotto, facendo prova della schiena del suo papavero,ci port suso di peso la serpolina fino al letto; e calan-do il suggello nella cera a pi potere, si fece da un ca-po del letto, rotolando, fino al piede, poi fino al capo;e di nuovo ritornando in suso e in giuso, una volta ve-niva la suora a premere la faccenda del piovano, e unavolta il piovano a premere la faccenda della suora; ecos, tu a me e io a te, ruotolaro tanto, che venne lapiena: e allagato il piano delle lenzuola, caddero unoin qua e laltro in l, sospirando come i mantici aban-donati da chi gli alza, che soffiando sarrestano. Noinon ci potemmo tenere di ridere quando, schiavata laserratura, il venerabil prete ne fece segno con una sorrevole correggia (salvo il tuo naso) che rimbombper tutto il monestero: e se non che ci serravamo labocca con la mano luno a laltro, saremmo stati sco-perti.

    ANTONIA. Ah! ah! ah! E chi non avrebbe sma[s]cella-to?

    38Letteratura italiana Einaudi

  • NANNA. E partitici a tentoni dalla ciancia che facea lecose sue da dovero, vedemmo la maestra delle novizieche traeva di sotto il letto un facchino pi sporco chenon un monte di cenci; e gli dicea: Vieni fuora ilmio Ettor troiano, il mio Orlando dal quartiere; ecco-mi tua servitrice, e perdonami del disagio che nelloasconderti ti ho dato: egli mi fu forza a farlo. E il ma-nigoldone, alzando gli stracci suoi, le respondea colcenno del membro; ed ella, non avendo torcimannoche le spianasse le sue cifere, le diede a interpretrarealla sua fantasia: e il zoticone, cacciatole il ronconenella siepe, le fe veder mille lucciole; e la pigliava conle zanne di lupo nelle labbra con tanta piacevolezzache le facea venir gi le lagrime a quattro a quattro;onde noi, per non vedere la fragola in bocca allo orso,gimmo altrove.

    ANTONIA. Dove giste?NANNA. A un fesso che ci mostr una suora che parea

    la madre della disciplina, la zia della bibbia e la suoce-ra del testamento vecchio, appena che io soffersi diguatarla: ella avea in capo da venti capelli simili aquelli di una spelatoia, tutti lendinosi, e forse centocrespe nella fronte; le sue ciglia folte e canute, gli oc-chi che gocciavano una certa cosa gialla.

    ANTONIA. Tu hai una acuta vista, se insino ai lendiniscorgi di lontano.

    NANNA. Attendi a me. Ella avea bavosa e moccicosa labocca e il naso, e pareano le sue mascelle un pettinedosso da pidocchiosi con duo denti; i labbri secchi eil mento aguzzo come il capo dun genovese: il qualeavea per sua grazia alcuni peli che spuntavano fuora aguisa di quei duna leona, ma pungenti (mi penso io)come spine; le poppe pareano borse duomo sanzagranelli, che nel petto le stavano attaccate con duecordelle; il corpo (misericordia), tutto scropuloso, ri-tirato in dentro e con il bilico in fuora. Vero che ella

    Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    39Letteratura italiana Einaudi

  • Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    avea intorno al pisciatoio una ghirlanda di foglie dicavoli che parea che fossero stati un mese nella testa aun tignoso

    ANTONIA. Ancora santo Nofrio portava un cerchio dataverna intorno alla sua vergogna.

    NANNA. Tanto meglio. Le cosce erano fuscelli ricopertidi carta pecorina, e le ginocchia le tremavano s, chestava tuttavia per cadere; e mentre ti imagini gli stin-chi suoi e le braccia e i piedi, ti dico che le unghie del-le sue mani erano lunghe come quella che avea il Rof-fiano nel dito picciolo, la quale portava per nimicizia,ma piene di mestura. Ora ella, chinata in terra, con uncarbone facea stelle, lune, quadri, tondi, lettere e mil-le altre cantafavole; e ci facendo chiamava i demoniper certi nomi che i diavoli non gli terrebero a mente;poi, aggirandosi tre volte intorno alle catarattole di-pinte, si volgea al cielo tuttavia borbottando seco;poi, tolta una figurina di cera nuova nella quale eranofitti cento aghi (e se tu hai mai visto la mandragola, tuvedi la figura) e postola tanto allato al fuoco che lopotea sentire,e volgendola come si volgono gli ortola-ni e i beccafichi perch cuochino e non si abbruscino,dicea queste parole:

    Fuoco, mio fuoco, struggequel crudel che mi fugge;

    e voltandola con pi furia che non si d il pane allospedale, soggiungea:

    Il mio gran pizzicoremova il mio dio damore;

    e cominciando la imagine a scaldarsi forte, dicea conil viso fitto nello spazzo:

    Fa, demonia, mia gioia,chei venga o che si muoia.

    Al fin di questi versetti, eccoti uno che le batte la por-ta alitando come uno che co piedi abbia (sendo statogiunto a far danno in cocina) risparagnato un monte

    40Letteratura italiana Einaudi

  • di bastonate alle sue spalle: onde ella, riposti tosto to-sto glincantesimi, gli aperse.

    ANTONIA. Cos ignuda?NANNA. Cos ignuda; e il poveruomo, sforzato dalla

    negromanzia come la fame dalla carestia, le gitt lebraccia al collo; e basciandola non men saporitamen-te che se ella fosse stata la Rosa e lArcolana, davaquelle lode alla belt sua che danno quelli che fanno isonetti alle Lorenzine; e la maladetta fantasima, dime-nandosi tutta e gongolando, gli dicea: Son questecarni da dormirsi sole?

    ANTONIA. Ohib!NANNA. Non ti guaster pi lo stomaco con la vecchia

    trentina, che non so altro di lei perch non ne volli ve-dere altro: e quando lo affatturato secolare giovane diprima barba la calc suso uno scabello, feci la gatta diMasino, che serrava gli occhi per non pigliare i topi.Ora al rimanente. Dopo la vecchia pervenimmo allasarta, che era ai ferri col sarto suo maestro: e scoper-tolo tutto ignudo, gli basciava la bocca, le mammelle,il battitoio e il tamburo, come bascia la balia al suo fi-gliuolo di latte il visetto, il bocchino, le manine, il cor-picello, il pinchino e l culetto, che pare che se lo vo-glia succiare nel modo che egli sugge a lei le poppe.Certo volevamo acconciar locchiolino alle scommes-sure per veder tagliare dal sarto i lembi della tonicadella sarta, ma udivamo un grido, e dopo il grido unostrido, e appresso dello strido uno oim, e finitoloim, uno o Dio che ci percosse tutto il core. Eavviatici ratti donde uscivano le voci che ricoprivanoil calpestio dei nostri passi, vedemmo una che aveamezza una creatura fuora della canova: che poi col ca-po inanzi la pisci a fatto al suono di molte peta pro-fumate. E visto che era maschio, chiamaro il padredesso, don guardiano, che venne accompagnato dadue suore di mezza et: alla venuta del quale si comi-

    Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    41Letteratura italiana Einaudi

  • Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    niciaro a squinternare allegrezze signorili. Dicea ilguardiano: Poich qui, in questo desco, carta, pen-na e inchiostro, io vo fare la sua nativit; e disegnatoun milione di punti, tirando certe righe infra essi, di-cendo non so che della casa di Venere e di Marte, sivolse a quella brigata e disse: Sappiate, sorelle, chemio figliuolo naturale, carnale e spirituale sar unMessia, uno Antecristo o Melchisedech; e volendovedere la buca di donde egli era apparso, tirandomi ilmio baccelliere per i panni, gli feci cenno che mi spia-ceva vedere altri sanguinacci che quelli del porco spa-rato.

    ANTONIA. Va fatti suora, va.NANNA. Ora odi questa. Sei giorni inanzi a me, dai

    suoi fratelli era stata misa dove io fui posta una non-vo-dir donzella, e una robba-che-dio-tel-dica; e pergelosia duno dei primi della terra innamorato dessa(secondo che mi fu detto), la badessa la tenea in unacamera sola; e la notte, riserratala, ne portava seco lachiave. E il giovane amante, accortosi che una finestraserrata della camera sua rispondea nello orto, aggrap-pandosi su per il muro di quella finestra come un pic-chio, al meglio che potea dava da beccare alla papera;e a punto in questa notte che io ti conto venne a lei: eacconciatosi alla ferrata, abeverava il bracco alla tazzache si gli sporgeva in fuore, tenendo per le bracciaintrecciate con i ferri traditori. E venendo il mle sulfiadone, la dolcitudine gli torn pi amara che non una medecina.

    ANTONIA. A che modo?NANNA. Lo sventurato venne in tanto sfinimento in sul

    f-che-io-fo, che, abbandonate le braccia, cadde dalbalcone sopra un tetto, e del tetto in un pollaio, e delpollaio in terra, di maniera che si ruppe una coscia.

    ANTONIA. Oh le avesse rotte tutte due la strega bades-

    42Letteratura italiana Einaudi

  • sa, poich volea che ella osservasse castit in bordel-lo!

    NANNA. Ella lo facea per paura dei fratelli che aveanogiurato di abbrusciarla con tutto il monestero uden-done biasimo. E per tornare a dirti, il giovane che eb-be il lavorar dei cani, misse a romore tutto il mondo: ecorsero ciascuna per le finestrette alzando le impen-nate, scorgendo per il lume della luna il ruinato e fra-cassato meschino. Fecero scovare duo seculari del let-to con le posticce mogli loro, e mandatogli nellorto,lo ricolsero su le braccia e lo portaro di fuora: e ti sodire che ci fu che dir per la terra di cotal caso. Dopoquesto scandolo, ritornandoci in cella per paura che ild non ci giungesse a spiare i fatti daltri, udimmo unfrate buonissimo brigante, bisuntone, che contavauna fola a non so quante suore e preti e secolari cheaveano giocato a dadi e a carte tutta notte: finito disbevazzare, erano entrati a chiacchiarare, scongiuran-do il frate che dicesse una novella; ed egli, dicendoIo vi vo contare una istoria che cominci in riso efin in pianto per un cagnaccio stallone, impetrudienza e cominci: Dui d fa, passando per piazza,mi fermai a vedere una cagnoletta in frega che aveadue dozzine di cagnoletti tratti allo odore della fregnasua, tutta enfiata e s rossa, che parea di corallo cheardesse: e tuttavia fiutandola or questo e ora quello,cotal gioco avea ragunati una gran frotta di fanciulli avedere ora salir suso questo e dar due menatine, e orquesto altro e darne due altre. Io a tale spasso faceaviso proprio fratesco, ed ecco che comparisce un caneda pagliaio, che parea il luogotenente delle beccariedi tutto il mondo: e afferratone uno, lo trasse in terrarabbiosamente; e lasciatolo, ne prese un altro, n glirimasse a dosso il cuoio intero; in questo, chi fugge diqua e chi di l; e il cagnone, fatto arco della schiena,arricciando il pelo come il porco le setole, con occhi

    Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    43Letteratura italiana Einaudi

  • Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    guerci, digrignendo i denti, rignendo con la schiumaalla bocca, guardava la cagnola male arrivata; e fiuta-tole un tratto la bella bellina, le diede due spinte chela fecero abbaiare da cagna grande: ma sguizzatagli disotto, si diede a correre. E i cagnoletti, che stavano al-la vedetta, le trottr dietro; il cagnaccio, in collera, laseguitava: e cos la cagna, veduta la fessura duna por-ta chiusa, di subito ci salt dentro e i cagnuoli seco. Ilcane poltrone si rimase fuoruscito, imper che egliera cotanto sconcio che non capiva dove gir gli altri;onde rimaso di fuora, mordeva la porta, zappava interra, urlava che parea un leone che avesse la febbre.E stato cos gran pezzo, sbuca fuora un dei poverini: eil can traditore, ciuffatolo, gli stacc tutta una orec-chia; e apparendo il secondo, gli fece peggio, e di ma-no in mano gli castig tutti nello uscire; e gli fece di-sgombrare il paese come sgombrano i villani per lavenuta dei soldati. Alla fine la sposa venne fuora, edegli presola nella gola, le ficc le zanne nella canna estrozzolla, mandandone i fanciulli, con il popolo rac-colto alla festa canina, i gridi al cielo...; onde noi,non ci curando di vedere n di udire pi altro, entratiin camera nostra e caminato un miglio per il letto, ciadormentammo.

    ANTONIA. Perdonimi il Centonovelle: egli si pu anda-re a riporre.

    NANNA. Questo non dico io; ma voglio che egli confes-si almeno che le mie son cose vive, e le sue dipinte.Ma non ti ho io da dire?

    ANTONIA. Che?NANNA. Levatami a nona, sendosi non so come partito

    a buona otta il gallo della mia parrocchia, e andandoa desinare, non potea contener i ghigni vedendo quel-le che erano la notte gite in carnafau: e domesticata inpochi d con tutte, fui chiarita che s come i vidi altri,altri vide me: cio in tresca col baccelliere. E disnato

    44Letteratura italiana Einaudi

  • che avemmo, sal in pergamo un fra luteriano cheavea una voce da far guardie, e s penetrativa e tonan-te, che si sara udita da Campidoglio a Testaccio; e fe-ce una essortazione alle suore, di cos fatta manierache ara convertito la stella Diana.

    ANTONIA. Che cose diceva egli?NANNA. Egli diceva che non era cosa pi in odio alla

    natura che vedere perdere il tempo alla gente, perche ella ce lo ha dato perch lo spendiamo in consola-zione dessa; e che gode del vedere le sue creaturecrescere e multiplicare, e sopra ogni altra cosa si ralle-gra quando scorge una donna che, giunta nella vec-chiezza, pu dir Mondo, fatti con Dio; e che oltrele altre, la natura tiene per gioie care le monicelle lequali fanno i zuccherini allo dio Cupido: onde i piace-ri che ci dona son pi dolci che mille che ne dia allemondane; affermando ad alta voce che i figliuoli chenascono di frate e di suora sono parenti dei Disitte edel Verbumcaro. Ed entrato poi nello amore fino del-le mosche e delle formiche, era forte riscaldato nel vo-lere che fosse di bocca della verit tutto quello cheusciva della sua. Non ascoltato s attentamente uncanta-in-panca dagli scioperati, come ascoltavano lebuone massaie il cicalone; e data la benedizione conuno di quelli, tu mi intendi, di vetro lungo tre spanne,scese giuso; e infrescandosi facea del vino quello chefanno i cavalli della acqua, divorando le confezionicon la ingordigia che divora un asinaccio i sermenti; egli fu donato pi cose che non dona il parentado a chicanta la messa novella, o vero una madre alla figliache va a marito; e partitosi, chi si diede a fare una ba-gattella e chi unaltra. E io, tornata in camera, non steimolto che odo percuotermi la porta; onde apro, edecco a me il fanciullo del baccelliere che con uno in-chino cortigiano mi porge una cosa inguluppata e unalettera piegata nel modo che sono quelle penne con

    Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    45Letteratura italiana Einaudi

  • Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    tre cantoni, o spicchi che si gli debba dire, che stannoin cima alle frecce. La soprascritta dicea..., io non sose mi ricorder delle parole...; aspetta, s, s, cos dice-vano:

    Queste mie poche e semplici parole,sciutte c miei sospir, scritte col pianto,sien date in paradiso in man del Sole.

    ANTONIA. O buono!NANNA. Dentro ci era una diceria lunga lunga; e co-

    minciava da quei capegli che mi fur tagliati in chiesa,dicendo che gli avea ricolti e fattosene un laccio intor-no al collo; e che la mia fronte era pi serena che ilcielo, assimigliandomi le ciglia a quel legno nero diche si fanno i pettini; e che le mie guance faceanoaschio al latte e al cremisi; a una filza di perle mi ag-guagli i denti, e le labbra a fiori delle melagrane; fa-cendo un gran proemio su le mie mani: e fino le un-ghie lod; e che la mia voce era simile al canto delgloria in eccelsis; e venendo al petto, disse mirabilia, eche tenea duo pomi candidi come la neve calda. Allafine si lasci sdrucciolare alla fonte, dicendo avercibevuto indegnamente, e che ella stillava manuscristi emanna, e che di seta erano i peluzzi suoi. Del rovesciodella medaglia tacque, scusandosi che bisogneria cherinascesse il Burchiello a dirne una minima particella;e venne a finirla col rendermi grazie per infinita seculadella liberalit che io gli avea fatto del mio tesoro, egiurando che verria tosto a me; e con uno addio co-ricino mio, si sottoscrisse a punto cos:

    Quel[lo]che nel bel petto vostro vive,spinto da troppo amor, questa vi scrive.

    ANTONIA. E chi non si ara alzato i panni a s bella can-zona?

    NANNA. Letta la novella, ripiego la carta e, prima cheio me la ponga in seno, la bascio; e tratta la cosa delloinvoglio, veggio che egli uno ufficiuolo molto vago

    46Letteratura italiana Einaudi

  • che lo amico mi manda, cio lo ufficiuolo che io cre-dea che mi mandasse: egli era coperto di velluto ver-de, che significava amore, con i suoi nastri di seta. Elo piglio sorridendo e di fuora lo vagheggio, tuttaviabasciandolo e lodandolo per il pi bello che avessemai visto. E licenciato il messo con dirgli che in vecemia basciasse il suo maestro, rimasa sola apro il libric-ciuolo per leggere la magnificat: e apertolo, veggiolopieno di dipinture che si trastullano nella foggia chefanno le savie moniche; e scoppiai in tanto riso nel ve-dere una che, spingendo le sue cose fuora di una cestasanza fondo, per una fune si calava su la fava di unosterminato baccello, che ci corse una sorella che pidi alcuna altra si era domesticata meco; e dicendomiChe significano coteste tua risa?, sanza corda le di-co il tutto; e mostratole il libretto, ce ne demmo insie-me uno spasso che ci mise in tanta voglia di provare imodi dipinti, che ci fu forza a consigliarcene col ma-nico di vetro: il quale acconciossi fra le cosce la miacompagnetta s bene, che parea il cotale di uno uomodrizzato inverso la sua tentazione; onde io gittatami lcome una di quelle di ponte Santa Maria, le pongo legambe in su le spalle; ed ella ficcandomelo ora a buonmodo e ora a tristo, mi fece far tosto quello che ioavea a fare; e arrecatasi ella alla foggia che mi recai io,le fu renduto da me migliaccio per torta.

    ANTONIA. Sai tu, Nanna, quello che interviene a meudendoti ragionare?

    NANNA. No.ANTONIA. Quello che interviene a uno che odora una

    medicina: che sanza prenderla altrimenti, va due e trevolte del corpo.

    NANNA. Ah! ah! ah!ANTONIA. Dico che mi paiono tanto veri i tuoi ragiona-

    menti, che mi hai fatto pisciare sanza che io abbia gu-stato n tartufo n cardo.

    Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    47Letteratura italiana Einaudi

  • Pietro Aretino - Ragionamento e Dialogo

    NANNA. Tu mi riprendi del parlare a fette, e poi usi an-che tu la favella di chi narra le novelluzze alle bambi-ne dicendo: Io ho una mia cosa che bianca comeuna oca: oca non , or dimmi ci chella .

    ANTONIA. Io favello per compiacerti, perci uso leoscurit.

    NANNA. Ti ringrazio. Ora seguiamo la antifana. Dopogli scherzi che ci facemmo luna a laltra, ci venne vo-glia di farci vedere alla grata e alla ruota: dove nonpotemmo aver luogo, perch tutte erano corse ivi co-me corrono le lucertole al sole; e la chiesa parea SanPiero e San Paolo il d della stazzone, e fino a monacie a soldati si dava udienza; e se me lo vuoi crederecredimelo, io vidi Iacob ebreo che con una gran se-curt cianciava con la badessa.

    ANTONIA. Il mondo corrotto.NANNA. Io lo dir, escane che vuole: ci vidi anco uno

    di quei Turchi disgraziati che si lasci dare nella ra-gna in Ungaria.

    ANTONIA. Egli dovea esser fatto cristiano.NANNA. Basta che vi lo vidi, n ti saprei dire se col bat-

    tesimo o sanza. Ma sono stata una bestia a prometter-ti di raccontare in un d la vita delle suore, perci cheelle in una ora fanno cose che non si narrerebero inuno anno. Il sole si mette in ordine per tramontare,onde io abbreviando far conto di essere uno che hafretta di cavalcare: che, bench abbia appitito grande,appena assaggia quattro bocconi bevendo un tratto, evia al suo camino.

    ANTONIA. Lasciami dire un poco. Tu mi dicesti daprincipio che il mondo non pi quello chegli era altuo tempo: io pensava che tu mi avessi a contare dellesuore di allora di quelle cose che sono in sul libro deisanti Padri.

    NANNA. Ho errato io, se ti ho detto cotesto: io volli

    48Letteratura italiana Einaudi

  • forse dire che non son pi come erano al tempo anti-co.

    ANTONIA. Err adunque la lingua, non il core.NANNA. Sia come vuole, io ora non lho in mente: at-

    tendiamo a questo, che importa pi. Dico che tentan-domi il demonio, mi lasciai porre il basto da un frateche era venuto da Studio, guardandomi per dal bac-celliere: e come la fortuna volse, egli mi menava spes-so a cena fuora del monestero, non sapendo che iofossi maritata al baccelliere. E fra le altre, venne perme una sera dopo le avemarie allo improviso e disse:Cara la mia putta, fammi grazia di venir meco inquesto punto, che ti vo menare in un luogo che ave-rai grandissimo piacere: e udirai non pure musicheangeliche, ma recitare una comedietta molto gentileIo che avea il capo pieno di grilli, sanza indugiarmi mispoglio, aitandomi lui; e trattimi i panni sacrati, mivesto i profumati, cio i panni da garzone, i quali mifece