1
CORRIERE DELLA SERA Sabato 12 agosto 1961 PICCOLI UOMINI E GRANDI COSE Uno studioso inglese, che vi- plice riflessa sulla sua faccia ve ormai distaccato in solitudine tra libri, alberi e fiori — uno dei miei vecchi amici di più acuto e sarcastico ingegno — mi scrive con qualche ritardo dal- l'Inghilterra le sue impressioni, scintillanti di umorismo, sui trionfi di Gagàrin in Inghilter- ra. A lui sembra che i suoi connazionali in quell'occasione avesser perduto la testa e fosse- ro entrati tutti insieme, autorità comprese, in uno di quegli stati di esaltamento collettivo, che svela uno dei caratteri che me- rita più attento esame: l'inge- nuità (che nella recente storia ha pure avuto le sue lezioni). « Già ci è capitato di andare in- contro alla bufera perfettamen- te composti e sorridenti, con la elegante ombrella chiusa nella sua fodera. Quando suona la diana di guerra siamo degli eroi: ma nella vigilia siamo dei fan- ciulli._ », Poichè l'argomento mi inte- ressa, gli risposi una lunghissima lettera (ciò che raramente mi avviene) in cui gli dicevo con piena sincerità come in me. re- calcitrante alla retorica delle magnifiche sorti e progressive del genere umano, si era riper- cosso ed era andato maturando- si il grandissimo evento storico del primo volo intorno alla ter- ra dell'astronauta russo. Il mio primo istinto interpre- tativo era stato — glielo scri- vo — quello rispondente alla mia natura di scrittore: tentar di scoprire il dramma segreto, interiore degli uomini che era- no stati i protagonisti dell'even- to stupefacente che solo può es- sere paragonato, anche per le sue ripercussioni nella storia del- l'umanità, alla navigazione di Colombo oltre i termini del mondo antico. E anche a me, come all'uomo della strada. Gagàrin aveva su- scitato un moto di spontanea simpatia: così fresco di giovi- nezza e ridente, coi chiarissimi occhi azzurri, con la sanità che gli viene da gente contadina, di spiriti intatti. Un uomo senza antenati illustri, la cui genealo- gia si perde nella notte dei tem- pi, per successione dì lavoratori pazienti, curvi sulla terra, nu- triti dalla terra. Per questo, for- se, quando la terra la vedrà dagli spazi, nel volo favoloso, gli sgorgherà dal petto quel- l' esclamazione che è poesia schietta: « Mamma mia, com'è bella! ». E il grido di scoperta si ripercuoterà in noi come un verso stupendo, se pensiamo ' al- la sua piccola vera madre, col suo ruvido scialletto intorno al collo, che stava accudendo alle faccenduole dell'isba, mentre. senza saperlo, la sua esistenza grigia era già travolta nel tur- bine del Mito. Questa semplicità mi piace e mi convince perchè è vera. E mi commuove perchè, per esser schietto, i miei sentimenti con gli anni son diventati severi, e godo di pensare che come primo cosmonauta sia stato lanciato dal globo terrestre un uomo di co- stumi sani e di vita familiare pulita. Un buon figliuolo di ven- tisei anni, che ama i suoi vec- chi e una moglie tutta sua, e due bambine che ridono e pian- gono e strillano. E nella picco- la casa c'è calore di affetti e un buon odore di pan fresco. Ma mentre il moto primo di simpatia verso Gagàrin fu schiet- to in me, come quello del po- polo di Londra e delle folle che ancor sta attraversando nel mondo, la riflessione critica ha avuto tempo di insinuarmi il dubbio che questo « ragazzo », che incanta per la sua semplici- tà, sia già diventato il consape- vole strumento di un terribile inganno. Che questa specie di innocente arcangelo, annunziato- re della scoperta di un mondo nuovo dove la carne umana non ha più peso, sia già stato riaf- ferrato nell' ingranaggio della macchina gigantesca di una po- litica cupa e sorda che ci soffo- ca tutti. Forse egli non è ormai che una maschera. Dallo spazio senza confini egli è ripiombato tra i piccoli uomini e i loro torbidi disegni di impero; ha ri- toccato questo fango intriso di sangue e che ha ancora sete di sangue e il suo destino è ormai segnato: servire il giuoco impe- netrabile di Kruscev. Piccolo o grande uomo questo? Lo dirà la storia. Per ora ricordo solo ciò che un eminente uomo politi- co, che a suo tempo fu in con- tatto coi dirigenti sovietici, mi disse alcuni anni or sono: « Sta- lin ci sgomentava; era un tiran- no della razza dei sanguinari... Eppure a noi, suoi decisi avver- sari, dava una impressione di reale grandezza. Kruscev non gli arriva alla spalla, ma si crede più grande e agita una fiaccola con cui potrebbe dar fuoco al mondo ». Il personaggio — ormai scom- parso dalla scena — che più ci interessa in questo primo atto del dramma astronautico, dal punto di vista umano, è la piccola ma- dre che non fa più rumore sul- le piazze e ha messo nel casset- tone l'abito della festa e non parla più perchè non sa cosa dire e nemmeno sorride. Il rom- bo di umanità plaudente, che per breve l'ha portata in alto, in alto nell'apoteosi del figlio, ha schiantato la sua umile vita elementare, come la bufera sra- dica un alberello gracile sulla , sua rotta, Questo non l'invento. Mi è parso di scoprirlo nei pochi istanti in cui l'ho veduta coi miei occhi nella televisione alla grande parata di Mosca. I suoi occhi erano smarriti nel vuoto. Pareva cercassero qual- cosa che non trovavano più. Cercavano forse invano' il suo cielo: quello che per lei era abitato dai Santi delle vecchie icone, dagli angeli, dagli arcan- geli, dai cherubini con le loro ali aperte sugli sfondi d'oro; il (..telo di Betlemme, azzurro e %lir°, verso cui si volgono gli 0,-chi in pianto e le preghiere degli uomini. Perchè le avevano detto cose che non capiva (e pareva che Kruscev, carezzandole paterna- mente la spalla, la rasSicurasse). Le avevano lasciato intendere (e qui era forse il nodo della tragedia della sua anima sem- stupita e spenta) che suo figlio aveva veduto coi propri occhi il cielo nero. Questa la grande scoperta riportata sulla terra dal volo di esplorazione dello spazio: il cielo era vuoto e buio. Non era, a dire il vero, una scoperta inattesa nel mondo della scienza. Circa trent'anni fa in una conversazione in casa di Alessandro Casati, cui pren- deva parte Benedetto Croce, qualcuno -- non ricordo preci- samente chi — disse, tra la no- stra sorpresa, che ormai era sta- to accertato dai maggiori astro- nomi che a non grande altezza oltre la nostra sfera la luce si spegneva e si entrava nella più completa oscurità. Ma per Kruscev la constata- zione di Gagàrin aveva assunto il significato di un messaggio di ateismo agli uomini. Infatti una poesia recitata in quei gior- ni alla televisione russa in ono- re del grande astronauta met- teva sulle sue labbra il pensiero del dittatore sovietico: « Mi lan- cio fuor della terra — per il bene della terra — e il mio solo dio è l'uomo ». Era la sfida millenaria che lo Spirito che nega lancia al Dio vivente e invisibile di cui non è mai riuscito a soffocare nella coscienza umana la voce segreta. che, come ad Abramo, ripete: «Io sono l'Iddio Onnipotente - cammina alla mia presenza e sii perfetto ». E pertanto il grosso- lano Mefistofele d'oggi, che in fatto di ideologie non ripete che luoghi comuni, alza allegramen- te il pugno chiuso contro il cielo della vecchia fede, in nome di uno scientismo ateo messo al servizio dei suoi disegni di rivo- luzione cosmica: portare su pia- no astrale il gigantesco conflitto delle potenze terrestri, conqui- stare basi su altri pianeti — la luna — per ridiscendere sul no- stro globo di argilla, con la vit- toria delle nuove armi in pugno e chiamarla pace. si r§:l Che gli sia possibile raggiun- gere questa meta è cosa che può passar nel cervello per scherzo; ma il mio amico inglese, che ha il terrore di quei colossali dise- gni di dominazione dei dittatori contemporanei, che hanno scon- quassato la nostra civiltà, trova che non è il caso di sorriderne e si irrita con la leggerezza di una opinione pubblica, che non ha imparato nulla dalla storia. E se la prende anche, sia pur col dovuto rispetto, con la Re- gina, che invita alla sua tavola. alla sua destra, non il simpatico eroe, che passerà alla leggenda, ma l'esponente di una politica di conquista con la violenza e con l'astuzia; un Gagàrin che nulla ha più a che fare con la poesia e a cui l'ambasciatore so- vietico ha certo fatto dare le- zioni di comportamento per se- dere alla destra della sovrana, a Buckingham Palace (niente coltello per mangiare il pesce). Su questo punto io ho una diversa mia convinzione, favo- revole allo spirito di liberalità inglese in fatto di ospitalità e di rispetto dell'opinione pubblica nelle sue manifestazioni, sia pur bizzarre. E', a guardarci bene, una politica di saggezza, che pro- cede da una lunga serie di espe- rienze, ma è soprattutto un me- todo di ridimensionamento (brut- ta parola) degli uomini. Basta a volte toccarli, vederli, per avere un senso immediato della loro piccolezza in rapporto alla realtà del mondo in cui viviamo e dei grandi avvenimenti della nostra epoca. Un Gagàrin tenuto lon- tano, isolato nelle profondità inaccessibili della Russia — un invisibile eroe dello spazio "— può diventare oggetto di un cul- to poetico come un semidio; ma quello che attraversa le vie delle capitali in piedi sull'automobile, ripetendo lo stesso gesto di sa- luto e con lo stesso sorriso (an- ch'esso ormai studiato allo spec- chio) finisce per annoiare. Egli si è messo al livello di tutti e tutti sono pronti a applaudire idoli nuovi, Così per quanto riguarda Kru- scev. Ma di grande rimane la sfida dello scientismo e del mondo meccanico contro il mondo spi- rituale della personalità umana, contro la civiltà nostra, che com- prende l'immenso travaglio di millenni del pensiero, delle co- scienze e delle fedi di Socrate, di Platone, dei Profeti d'Israele, di San Paolo e di Sant'Agostino, di Dante e di Michelangelo, di Galileo e di Pascal, fino a Tol- stoi e a Dostojewski e che, dal suo fuoco centrale, ben può dirsi cristiana, contro il mondo verso cui hanno confluito le regali cor- renti della libertà, della santità e del martirio, al quale appar- teniamo per l',intime fibre della nostra vita di piccoli uomini con- tesi tra terra e cielo, e che te- miamo il buio e il deserto che può portarci la pura scienza. « Ma qui la morta poesia ri- surga » canta per noi la voce di Dante. Tommaso Gallarati Scotti

PICCOLI UOMINI E GRANDI COSEmedia.regesta.com/dm_0/INTESA/Digital-Library/allegati/ods-ISP/201… · elementare, come la bufera sra-dica un alberello gracile sulla , sua rotta, Questo

  • Upload
    others

  • View
    10

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: PICCOLI UOMINI E GRANDI COSEmedia.regesta.com/dm_0/INTESA/Digital-Library/allegati/ods-ISP/201… · elementare, come la bufera sra-dica un alberello gracile sulla , sua rotta, Questo

CORRIERE DELLA SERA

Sabato 12 agosto 1961

PICCOLI UOMINI E GRANDI COSE

Uno studioso inglese, che vi- plice riflessa sulla sua faccia ve ormai distaccato in solitudine tra libri, alberi e fiori — uno dei miei vecchi amici di più acuto e sarcastico ingegno — mi scrive con qualche ritardo dal- l'Inghilterra le sue impressioni, scintillanti di umorismo, sui trionfi di Gagàrin in Inghilter- ra. A lui sembra che i suoi connazionali in quell'occasione avesser perduto la testa e fosse- ro entrati tutti insieme, autorità comprese, in uno di quegli stati di esaltamento collettivo, che svela uno dei caratteri che me-rita più attento esame: l'inge-nuità (che nella recente storia ha pure avuto le sue lezioni). « Già ci è capitato di andare in-contro alla bufera perfettamen-te composti e sorridenti, con la elegante ombrella chiusa nella sua fodera. Quando suona la diana di guerra siamo degli eroi: ma nella vigilia siamo dei fan-ciulli._ »,

Poichè l'argomento mi inte-ressa, gli risposi una lunghissima lettera (ciò che raramente mi avviene) in cui gli dicevo con piena sincerità come in me. re-calcitrante alla retorica delle magnifiche sorti e progressive del genere umano, si era riper-cosso ed era andato maturando-si il grandissimo evento storico del primo volo intorno alla ter-ra dell'astronauta russo.

Il mio primo istinto interpre-tativo era stato — glielo scri-vo — quello rispondente alla mia natura di scrittore: tentar di scoprire il dramma segreto, interiore degli uomini che era-no stati i protagonisti dell'even-to stupefacente che solo può es-sere paragonato, anche per le sue ripercussioni nella storia del-l'umanità, alla navigazione di Colombo oltre i termini del mondo antico.

E anche a me, come all'uomo della strada. Gagàrin aveva su-scitato un moto di spontanea simpatia: così fresco di giovi-nezza e ridente, coi chiarissimi occhi azzurri, con la sanità che gli viene da gente contadina, di spiriti intatti. Un uomo senza antenati illustri, la cui genealo-gia si perde nella notte dei tem-pi, per successione dì lavoratori pazienti, curvi sulla terra, nu-triti dalla terra. Per questo, for-se, quando la terra la vedrà dagli spazi, nel volo favoloso, gli sgorgherà dal petto quel-l' esclamazione che è poesia schietta: « Mamma mia, com'è bella! ». E il grido di scoperta si ripercuoterà in noi come un verso stupendo, se pensiamo ' al-la sua piccola vera madre, col suo ruvido scialletto intorno al collo, che stava accudendo alle faccenduole dell'isba, mentre. senza saperlo, la sua esistenza grigia era già travolta nel tur-bine del Mito.

Questa semplicità mi piace e mi convince perchè è vera. E mi commuove perchè, per esser schietto, i miei sentimenti con gli anni son diventati severi, e godo di pensare che come primo cosmonauta sia stato lanciato dal globo terrestre un uomo di co-stumi sani e di vita familiare pulita. Un buon figliuolo di ven-tisei anni, che ama i suoi vec-chi e una moglie tutta sua, e due bambine che ridono e pian-gono e strillano. E nella picco-la casa c'è calore di affetti e un buon odore di pan fresco.

Ma mentre il moto primo di simpatia verso Gagàrin fu schiet-to in me, come quello del po-polo di Londra e delle folle che ancor sta attraversando nel mondo, la riflessione critica ha avuto tempo di insinuarmi il dubbio che questo « ragazzo », che incanta per la sua semplici-tà, sia già diventato il consape-vole strumento di un terribile inganno. Che questa specie di innocente arcangelo, annunziato-re della scoperta di un mondo nuovo dove la carne umana non ha più peso, sia già stato riaf-ferrato nell' ingranaggio della macchina gigantesca di una po-litica cupa e sorda che ci soffo-ca tutti. Forse egli non è ormai che una maschera. Dallo spazio senza confini egli è ripiombato tra i piccoli uomini e i loro torbidi disegni di impero; ha ri-toccato questo fango intriso di sangue e che ha ancora sete di sangue e il suo destino è ormai segnato: servire il giuoco impe-netrabile di Kruscev. Piccolo o grande uomo questo? Lo dirà la storia. Per ora ricordo solo ciò che un eminente uomo politi- co, che a suo tempo fu in con- tatto coi dirigenti sovietici, mi disse alcuni anni or sono: « Sta- lin ci sgomentava; era un tiran- no della razza dei sanguinari... Eppure a noi, suoi decisi avver- sari, dava una impressione di reale grandezza. Kruscev non gli arriva alla spalla, ma si crede più grande e agita una fiaccola con cui potrebbe dar fuoco al mondo ».

Il personaggio — ormai scom-parso dalla scena — che più ci interessa in questo primo atto del dramma astronautico, dal punto di vista umano, è la piccola ma-dre che non fa più rumore sul-le piazze e ha messo nel casset-tone l'abito della festa e non parla più perchè non sa cosa dire e nemmeno sorride. Il rom-bo di umanità plaudente, che per breve l'ha portata in alto, in alto nell'apoteosi del figlio, ha schiantato la sua umile vita elementare, come la bufera sra-dica un alberello gracile sulla

, sua rotta, Questo non l'invento. Mi è parso di scoprirlo nei

pochi istanti in cui l'ho veduta coi miei occhi nella televisione alla grande parata di Mosca. I suoi occhi erano smarriti nel vuoto. Pareva cercassero qual-cosa che non trovavano più. Cercavano forse invano' il suo cielo: quello che per lei era abitato dai Santi delle vecchie icone, dagli angeli, dagli arcan-geli, dai cherubini con le loro ali aperte sugli sfondi d'oro; il (..telo di Betlemme, azzurro e %lir°, verso cui si volgono gli 0,-chi in pianto e le preghiere degli uomini.

Perchè le avevano detto cose che non capiva (e pareva che Kruscev, carezzandole paterna-mente la spalla, la rasSicurasse). Le avevano lasciato intendere (e qui era forse il nodo della tragedia della sua anima sem-

stupita e spenta) che suo figlio aveva veduto coi propri occhi il cielo nero. Questa la grande scoperta riportata sulla terra dal volo di esplorazione dello spazio: il cielo era vuoto e buio.

Non era, a dire il vero, una scoperta inattesa nel mondo della scienza. Circa trent'anni fa in una conversazione in casa di Alessandro Casati, cui pren-deva parte Benedetto Croce, qualcuno -- non ricordo preci-samente chi — disse, tra la no-stra sorpresa, che ormai era sta-to accertato dai maggiori astro-nomi che a non grande altezza oltre la nostra sfera la luce si spegneva e si entrava nella più completa oscurità.

Ma per Kruscev la constata-zione di Gagàrin aveva assunto il significato di un messaggio di ateismo agli uomini. Infatti una poesia recitata in quei gior-ni alla televisione russa in ono-re del grande astronauta met-teva sulle sue labbra il pensiero del dittatore sovietico: « Mi lan-cio fuor della terra — per il bene della terra — e il mio solo dio è l'uomo ».

Era la sfida millenaria che lo Spirito che nega lancia al Dio vivente e invisibile di cui non è mai riuscito a soffocare nella coscienza umana la voce segreta. che, come ad Abramo, ripete: «Io sono l'Iddio Onnipotente - cammina alla mia presenza e sii perfetto ». E pertanto il grosso-lano Mefistofele d'oggi, che in fatto di ideologie non ripete che luoghi comuni, alza allegramen-te il pugno chiuso contro il cielo della vecchia fede, in nome di uno scientismo ateo messo al servizio dei suoi disegni di rivo-luzione cosmica: portare su pia-no astrale il gigantesco conflitto delle potenze terrestri, conqui-stare basi su altri pianeti — la luna — per ridiscendere sul no-stro globo di argilla, con la vit-toria delle nuove armi in pugno e chiamarla pace.

si

r§:l Che gli sia possibile raggiun-

gere questa meta è cosa che può passar nel cervello per scherzo; ma il mio amico inglese, che ha il terrore di quei colossali dise-gni di dominazione dei dittatori contemporanei, che hanno scon-quassato la nostra civiltà, trova che non è il caso di sorriderne e si irrita con la leggerezza di una opinione pubblica, che non ha imparato nulla dalla storia. E se la prende anche, sia pur col dovuto rispetto, con la Re-gina, che invita alla sua tavola. alla sua destra, non il simpatico eroe, che passerà alla leggenda, ma l'esponente di una politica di conquista con la violenza e con l'astuzia; un Gagàrin che nulla ha più a che fare con la poesia e a cui l'ambasciatore so-vietico ha certo fatto dare le-zioni di comportamento per se-dere alla destra della sovrana, a Buckingham Palace (niente coltello per mangiare il pesce).

Su questo punto io ho una diversa mia convinzione, favo-revole allo spirito di liberalità inglese in fatto di ospitalità e di rispetto dell'opinione pubblica nelle sue manifestazioni, sia pur bizzarre. E', a guardarci bene, una politica di saggezza, che pro-cede da una lunga serie di espe-rienze, ma è soprattutto un me-todo di ridimensionamento (brut-ta parola) degli uomini. Basta a volte toccarli, vederli, per avere un senso immediato della loro piccolezza in rapporto alla realtà del mondo in cui viviamo e dei grandi avvenimenti della nostra epoca. Un Gagàrin tenuto lon-tano, isolato nelle profondità inaccessibili della Russia — un invisibile eroe dello spazio "—può diventare oggetto di un cul-to poetico come un semidio; ma quello che attraversa le vie delle capitali in piedi sull'automobile, ripetendo lo stesso gesto di sa-luto e con lo stesso sorriso (an- ch'esso ormai studiato allo spec-chio) finisce per annoiare. Egli si è messo al livello di tutti e tutti sono pronti a applaudire idoli nuovi,

Così per quanto riguarda Kru-scev.

Ma di grande rimane la sfida dello scientismo e del mondo meccanico contro il mondo spi- rituale della personalità umana, contro la civiltà nostra, che com- prende l'immenso travaglio di millenni del pensiero, delle co-scienze e delle fedi di Socrate, di Platone, dei Profeti d'Israele, di San Paolo e di Sant'Agostino, di Dante e di Michelangelo, di Galileo e di Pascal, fino a Tol- stoi e a Dostojewski e che, dal suo fuoco centrale, ben può dirsi cristiana, contro il mondo verso cui hanno confluito le regali cor-renti della libertà, della santità e del martirio, al quale appar- teniamo per l',intime fibre della nostra vita di piccoli uomini con- tesi tra terra e cielo, e che te-miamo il buio e il deserto che può portarci la pura scienza.

« Ma qui la morta poesia ri-surga » canta per noi la voce di Dante. Tommaso Gallarati Scotti