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FEBBRAIO 2017 PICCOLO, GRANDE „MPARI PEPPI! GIUSEPPE RUSSO RICAMATORE/INTAGLIATORE DEL LEGNO, FUTURO COSTRUTTORE DI ZAMPOGNE Periodico Mosorrofano di cultura, sport e attualità di Pasquale Nucara Leggete e diffondete ‘U MANDAGGHIU- PISA POCU E NON CUSTA Contatti: Redazione: [email protected] Giuseppe Nicolò: [email protected] - 3393437559 Demetrio Giordano: [email protected] - 3454663695 Demetrio Crea: [email protected] - 3932988880 Seguici anche su: www.umandagghiu.wordpress.com U Mandagghiu Periodico Mosorrofano Periodico a cura dell‟Associazione Culturale “Messòchora” Anno IV, Numero 2 S OMMARIO: Pag.2 MOSORROFA E MOSORROFANI NELLO SPORT NEL SECOLO XX Pag.3 L‟ANGOLO DELLENIGMISTA Pag.4 L'ANTICO CARNEVALE NELLA VALLATA DEL SANT'AGATA Pag.5 COMARE ROSINA LA DELICATA Pag.6 PILLOLE DI SAGGEZZA PINOCCHIU 8 MARZO IN HOSPICE VIA DELLE STELLE Quando ho visto la sua immagine su facebook, ho capito subito che è un…campione! Ed ho desiderato conoscerlo. E dunque: domenica 12 febbraio ci siamo dati appuntamento in Piazza San Demetrio. Giuseppe Russo, tredici anni, 2^ media alla scuola “Verga”, è un ragazzo straordinario, in- telligente, simpatico. Ha imparato «da solo « a suonare la zampogna e l‟organet- to, per il tamburello è stato aiutato dallo zio Nino. E suona pure gli zufoli, che si costruisce, li intaglia, li «ricama». Possie- de due zampogne «a paru», a cinque can- ne, pensa di comprarne un‟altra, a chia- ve. Gli domando perché, risponde che gli piacciono molto le zampogne (che acqui- sta con denari suoi). Qui, più avanti vi dirò come. Mi fa vedere una foto, dove accompagna con il tamburello Davide Varà, di San Salvatore, che suona la zam- pogna. Mi parla della sua zampogna, «spettacolare», costruita dal reggino Ser- gio Di Giorgio. In altra foto è a «Krèsie i Pipi»*, a Natale del 2016, insieme a Otello Profazio, Mimmo Cavallaro, Ga- briele Albanese, Andrea Simonetta e i “Tarantulati”. Che c‟azzecca un ragazzino con questi adulti? Giuseppe era là per suonare organetto e tamburello, per ac- compagnare Giuseppe Pizzimenti che suonava le ciaramelle del nonno Giusep- pe Guarnaccia. Giuseppe è stato protago- nista della manifestazione “Suona lo Stretto sugli armonici naturali”, il 27 di- cembre a Messina ed il giorno dopo al Castello aragonese, a Reggio. Conosce Pippo Carpita, uno straordinario costrut- tore di zampogne, messinese, che gli di- ce:«Sei bravissimo, continua così». Gli domando cosa significa per lui quell‟ap- prezzamento lusinghiero, mi risponde: «Una spinta per suonare sempre me- glio». Il giorno che è stata data la cittadi- nanza a Otello Profazio, al Teatro “Cilea”, egli era là, a suonare, insieme a Diego Pizzimenti e a Pino Strati. Il suo passatempo preferito, oltre che suonare, è intagliare il legno, rendere più belli i bastoni da pastore e i collari delle peco- re. Perché…li vende, e utilizza il ricava- to per comprare zampogne e…patatine. Ne è ghiotto. Leggiamo su facebook al- cuni giudizi di amici suoi. Ciccio “Folk” Callea: «Unu u stessu no trovamu mancu si giramu tuttu l‟universu!»; Giovanni Bombaci, siciliano: «Piccolo, grandi „mpari Peppi!». Gli chiedo se vuole fre- quentare una scuola di musica, per suo- nare la tromba o altro strumento. Ri- sponde che gli bastano zampogna, orga- netto e tamburello. Alla fine del collo- quio, gli chiedo di scrivere una nota per “„U Mandagghiu”. Dapprima dice che non sa cosa scrivere, poi diventa… inarrestabile, comu na vota a jumara i Carbuni. *Chiesa di Pepe, dal soprannome di Paolo Albanese, pasticciere, che intorno alla metà del 1800 ne acquistò i ruderi e la restaurò. E’ detta La chiesa della Madonna dei Poveri al Trabocchetto ed è il più antico edificio cristiano esistente in Reggio Calabria

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FEBBRAIO 2017

PICCOLO, GRANDE „MPARI PEPPI!

GIUSEPPE RUSSO RICAMATORE/INTAGLIATORE DEL LEGNO, FUTURO COSTRUTTORE DI ZAMPOGNE

Periodico Mosorrofano di cultura, sport e attualità

di Pasquale Nucara

Leggete e diffondete ‘U MANDAGGHIU- PISA POCU E NON CUSTA

Contatti: Redazione: [email protected] Giuseppe Nicolò: [email protected] - 3393437559 Demetrio Giordano: [email protected] - 3454663695 Demetrio Crea: [email protected] - 3932988880

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U Mandagghiu Periodico Mosorrofano

Periodico a cura dell‟Associazione Culturale “Messòchora”

Anno IV, Numero 2

SOMMARIO:

Pag.2 MOSORROFA E MOSORROFANI NELLO SPORT NEL SECOLO XX

Pag.3 L‟ANGOLO DELL‟ENIGMISTA

Pag.4 L'ANTICO CARNEVALE NELLA VALLATA DEL SANT'AGATA

Pag.5 COMARE ROSINA LA DELICATA

Pag.6 PILLOLE DI SAGGEZZA PINOCCHIU 8 MARZO IN HOSPICE VIA DELLE STELLE

Quando ho visto la sua immagine su facebook, ho capito subito che è un…campione! Ed ho desiderato conoscerlo. E dunque: domenica 12 febbraio ci siamo dati appuntamento in Piazza San Demetrio. Giuseppe Russo, tredici anni, 2^ media alla scuola “Verga”, è un ragazzo straordinario, in-telligente, simpatico. Ha imparato «da solo « a suonare la zampogna e l‟organet-to, per il tamburello è stato aiutato dallo zio Nino. E suona pure gli zufoli, che si costruisce, li intaglia, li «ricama». Possie-de due zampogne «a paru», a cinque can-ne, pensa di comprarne un‟altra, a chia-ve. Gli domando perché, risponde che gli piacciono molto le zampogne (che acqui-sta con denari suoi). Qui, più avanti vi dirò come. Mi fa vedere una foto, dove accompagna con il tamburello Davide Varà, di San Salvatore, che suona la zam-pogna. Mi parla della sua zampogna,

«spettacolare», costruita dal reggino Ser-gio Di Giorgio. In altra foto è a «Krèsie i Pipi»*, a Natale del 2016, insieme a Otello Profazio, Mimmo Cavallaro, Ga-briele Albanese, Andrea Simonetta e i “Tarantulati”. Che c‟azzecca un ragazzino con questi adulti? Giuseppe era là per suonare organetto e tamburello, per ac-compagnare Giuseppe Pizzimenti che suonava le ciaramelle del nonno Giusep-pe Guarnaccia. Giuseppe è stato protago-nista della manifestazione “Suona lo Stretto sugli armonici naturali”, il 27 di-cembre a Messina ed il giorno dopo al Castello aragonese, a Reggio. Conosce Pippo Carpita, uno straordinario costrut-tore di zampogne, messinese, che gli di-ce:«Sei bravissimo, continua così». Gli domando cosa significa per lui quell‟ap-prezzamento lusinghiero, mi risponde: «Una spinta per suonare sempre me-glio». Il giorno che è stata data la cittadi-nanza a Otello Profazio, al Teatro “Cilea”, egli era là, a suonare, insieme a Diego Pizzimenti e a Pino Strati. Il suo passatempo preferito, oltre che suonare, è intagliare il legno, rendere più belli i bastoni da pastore e i collari delle peco-re. Perché…li vende, e utilizza il ricava-to per comprare zampogne e…patatine. Ne è ghiotto. Leggiamo su facebook al-cuni giudizi di amici suoi. Ciccio “Folk” Callea: «Unu u stessu no trovamu mancu si giramu tuttu l‟universu!»; Giovanni

Bombaci, siciliano: «Piccolo, grandi „mpari Peppi!». Gli chiedo se vuole fre-quentare una scuola di musica, per suo-nare la tromba o altro strumento. Ri-sponde che gli bastano zampogna, orga-netto e tamburello. Alla fine del collo-quio, gli chiedo di scrivere una nota per “„U Mandagghiu”. Dapprima dice che non sa cosa scrivere, poi diventa…inarrestabile, comu na vota a jumara i Carbuni.

*Chiesa di Pepe, dal soprannome di Paolo Albanese, pasticciere, che intorno alla metà del 1800 ne acquistò i ruderi e la restaurò. E’ detta La chiesa della Madonna dei Poveri al Trabocchetto ed è il più antico edificio cristiano esistente in Reggio Calabria

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PAGINA 2 FEBBRAIO 2017 ‘U MANDAGGHIU

MOSORROFA E MOSORROFANI NELLO SPORT NEL SECOLO XX

Nei primi anni del secolo passato, l‟uni-

ca attività praticata fu la caccia, non

quella disciplinata da regolamenti e nor-

me: la Federazione Italiana della Caccia

(F.I.d.C.) nascerà nel 1928; e non ho

notizia di un Circolo che aggregasse i

cacciatori mosorrofani. Si andava a cac-

cia, di quaglie, di ghiri, di volpi, di ador-

ni e rapini, finanche di spinzii (fringuelli)

e caracefuli (averle). Non saranno stati

molti i cacciatori: per comprare il fucile

e le cartucce ci volevano soldi. Certo è

che il ventiduenne Francesco Casile

(1888 – 1976), di Sala, il 6 luglio 1910

ebbe il suo primo porto d‟armi. Altro

valente cacciatore fu Demetrio Verbaro

(1988-1956), “u monicu” (per via di una

tonaca che usava indossare), se il nipote

Antonio “Totò” Morabito, nel mausoleo

al cimitero di Mosorrofa lo addita con

questa epigrafe: «visse…e nella passione

e nella bravura della caccia». Il Circolo

Giovanile in Mosorrofa “S. Antonio di

Padova” (Reggio Nuova del 9.7.1911),

fondato dal neo parroco Antonino Caridi

e presieduto dallo studente Pietro Cuz-

zupoli (1898), avrà organizzato immagi-

niamo qualche attività fisica. Forse quei

giochi che oggi usiamo dire

«tradizionali»: la corsa con i sacchi, ‟u

circu (il cerchio spinto da un fil di ferro

ricurvo alla punta), salto a scaricabarile,

pallamuro, arancio, fragola e limone, il

gatto e il topo, guardie e ladri, i quattro

angoli, i brigghia, tutti giochi che servi-

vano a potenziare gli schemi motori e

posturali di base, propri del correre sal-

tare, lanciare. Ma essi non…lo sapeva-

no. La maggior parte della popolazione

era analfabeta, si dedicava ai lavori agri-

coli nei piccoli poderi, il tempo libero

non si sapeva cosa fosse, nel conto met-

tiamo quelli che varcarono l‟oceano per

cercare fortuna negli Stati Uniti di Ame-

rica, i morti nel terremoto del 1905,

quelli del terremoto 1908, la guerra

mondiale del 1915-18, la “spagnola” e

altre malattie. E però quelli acculturati, i

giovani che frequentavano le scuole reg-

gine (a Mosorrofa esistevano solo le pri-

me classi delle scuole elementari), i

Cozzupoli, i Monorchio, i Sorgonà, i

Sarlo, i Pellicanò, praticarono qualche

attività sportiva? Il parroco Caridi avreb-

be potuto illuminarci, ma non ha colti-

vato questa aspetto della comunità, nei

suoi diari parla soltanto di giri ciclistici

durante le feste, ma negli anni Tren-

ta .Finalmente una manifestazione …

certificata, una manifestazione riportata

dal “Popolo di Calabria”, del 23-24 otto-

bre 1929, «in occasione delle Feste di

San Demetrio, ad iniziativa del Direttore

del Corso premilitare Michele Zema e

del fiduciario del Fascio rag. (Pietro)

Cozzupoli «Mosorrofa. I vincitori delle

gare di tiro a segno. Nel nostro rione ha

avuto luogo in Piazza Chiesa, la premia-

zione dei vincitori delle gare di “Tiro a

Segno”, svoltesi il 28 ottobre u.s., ad

iniziativa del Direttore del Corso Premi-

litare capo manipolo Zema Michele, il

quale seppe ben inquadrare e disciplina-

re quei giovani agricoltori facendone dei

militi devoti alla Patria e sempre pronti

agli ordini del Duce. Ecco i nomi dei

premiati nella gara “Milizia”:

1° Bruno Antonino, medaglia d’oro e

diploma, dono del prof. Michele Zema;

2° Sorgonà Giuseppe, medaglia d’argen-

to, dono della Congrega;

3° Russo Agostino, medaglia d’argento

della Congrega;

4° Russo Pasquale, medaglia di bronzo,

dono della Direzione Premilitare.

Nella gara “Premilitari”, hanno avuto

premi i signori:

1° D’Arrigo Domenico, medaglia d’ar-

gento con diploma;

(Continua a pagina 3)

di Pasquale Nucara

Antonino Bruno

Casile Francesco

Domenico Derrigo

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„U MANDAGGHIU FEBBRAIO 2017 PAGINA 3

MOSORROFA E MOSORROFANI NELLO SPORT NEL SECOLO XX

2° Zema Demetrio, medaglia di bronzo,

dono della Direzione Premilitare. Al

termine della patriottica cerimonia, pro-

nunziò elevate parole il parroco Caridi e

non mancò anche di fare vibrante accen-

no alla grande importanza spirituale e

morale dell‟accordo tra la Chiesa e lo

Stato; il prof. Zema espresse il giubilo

della Milizia per l‟accordo lateranense.

Con scroscianti applausi da parte del

pubblico e grida di Viva il Re, Viva il

Duce, Viva la Milizia, si chiuse la patriot-

tica festa». I nostri giovani svolgevano

una attività fisica…naturale. Per raggiun-

gere Radena, Armondì, Caluceri, dove-

vano percorrere a piedi l‟erta salita di

Longì, così Reggio. Sorse il Partito Na-

zionale Fascista (PNF), nel 1925 a Mo-

sorrofa segretario era il rag. Pietro Coz-

zupoli (“u cavaleri”), furono organizzati

delle gare podistiche (“giri”) di 5-6 chilo-

metri, specie in occasione delle feste pa-

tronali, a Mosorrofa, Cataforio, San Sal-

vatore, San Sperato, Gallina. In queste

manifestazioni si distinsero Andrea Giu-

seppe Ripepi, Antonino Monorchio, De-

metrio Sorgonà. Nino Monorchio, nel

1980 mi ha ricordato una sua vittoria in

una corsa da Cataforio a Crado, distanza

da ripetersi cinque volte. Demetrio Ri-

pepi da Micu “u Turcu” ha sentito dire

che il padre vinse più volte una gara di

corsa su strada da Mosorrofa a Gallina Ci

affacciamo agli anni trenta. Le baracche

stanno per essere sostituite con palazzi-

ne, al rione Scalea e Anzario. Si procede

allo sbaraccamento, in uno spazio al rio-

ne Scalea viene ricavato un campo di cal-

cio. Vi si gioca fino a quando, nel 1938,

non vengono costruite le palazzine. An-

cora ricordi di Nino Monorchio (“U me-

ricanu”, soprannome ereditato dal padre,

che ai primi del secolo aiutava i compae-

sani a raggiungere gli Stati Uniti d‟Ame-

rica, in cerca di lavoro). Dal 1932 si di-

sputarono tornei con Arangea, Cataforio,

Gallina. Dirigente e allenatore era Gen-

naro Verbaro. In porta era Giuseppe Ca-

ridi, “formidabile”. “Peppi di scoli” nel

dopoguerra emigrò in Australia, poi tor-

nò a Mosorrofa, riposa nel nostro cimite-

ro; Demetrio Morabito era così bravo

difensore che veniva appellato

“Caligaris” (famoso terzino della Juven-

tus); Demetrio Spanti, Natale Morabito,

più tardi maestro e insegnante a Como,

aveva il «tiro forte», Antonino Brigandì,

“U forgiaru”, per il mestiere, detto anche

“Posulu ddhocu”, espressione che usava

dire ai clienti che gli portavano qualcosa

da aggiustare quando non aveva voglia di

fare; Sebastiano Cassalia, “U Cradotu”;

Demetrio Sorgonà, detto dopo la secon-

da guerra mondiale “Giappone”, perché

era stato da quelle parti, su nave da guer-

ra. Me lo ricordo negli anni cinquanta dal

tiro fortissimo, quando giocavamo

nell‟alveo del torrente Carbone; Andrea

“Giuseppe” Ripepi (“U milognu”), lo

stesso Antonino Monorchio, poi segreta-

rio all‟INPS e consigliere comunale del

P.C.I. E più tardi Giuseppe Libri

(“Pepp’u sciu”) e Demetrio “Mimì” Pluti-

no. Si raccontava che in una partita tra

Mosorrofa e Gallina, Andrea “Giuseppe”

Ripepi colpì all‟addome una donna incin-

ta, ma non fece molto danno, anche se

aveva un tiro fortissimo. Qualche squa-

dra di Reggio si interessò a lui.

(Continua da pagina 2)

Mosorrofa, 1934. Incontro tra le squadre mosorrofese e cataforese. Il primo a sinistra è Gennaro Verbaro, allenatore della squadra di Mosorrofa. (foto fornita dal genero, Giuseppe Derrigo)

Giuseppe Ripepi Nino Monorchio

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PAGINA 4 FEBBRAIO 2017 ‘U MANDAGGHIU

Durante la settimana carnevale-

sca, si è svolto presso la sede

della Pro Loco “San Salvatore”

di Reggio Calabria il convegno

dal titolo "L'antico Carnevale

nella vallata del Sant'Agata, tra

ritualità trasgressione e biso-

gno", che ha visto come relatore

lo storico prof. Orlando Sorgo-

nà. «Il carnevale così come co-

nosciuto oggi non ha niente a

che vedere con il tradizionale

carnevale agropastorale calabre-

se» – esordisce Sorgonà –

«Questo rito carnevalesco risiede all‟in-

terno delle tradizioni del paese di San

Salvatore in maniera contigua ormai da

generazioni». La festa si svolge tradizio-

nalmente nel giorno del Martedì grasso,

secondo un rituale rimasto invariato nel

corso degli anni. Fino a qualche decennio

fa, quel giorno, detto anche “da zata”,

coincideva con la macellazione dei suini,

di quali, proprio nel periodo carnevale-

sco bisognava mangiare le gustose carni,

preparate secondo antiche ricette, tra cui

le famose “frittole”. Grandi banchetti

pantagruelici venivano preparati in ogni

casa, dove si invitavano parenti e amici.

Bisognava consumare entro il martedì,

poiché il giorno successivo, con l‟avvento

della Quaresima, sarebbe iniziato un lun-

go digiuno. Ogni martedì di Carnevale,

sin dal primo pomeriggio le strade del

paese si riempiono di maschere, i cosid-

detti mascarati, travestiti con vecchi abiti

dimessi e macabri, che sfilano in un cor-

teo al suono di zampogne e tamburello,

guidati dal capo maschera u puddicinedda,

anch‟esso travestito ma col viso scoperto.

Le vie del paese echeggiano del suono di

zampogna e tamburello, che ha lo scopo

di richiamare tutti i partecipanti al corteo

mascherato. Ospite fondamentale di tut-

to il corteo sarà il Re Carnevale, costitui-

to da un pupazzo di paglia che viene te-

nuto in trono e fatto girare per il paese.

A fine corteo, tutte le maschere si ferma-

no nella piazza più grande del paese, mo-

strando finalmente il loro viso, e rag-

gruppandosi in cerchio assistono al rogo

del pupazzo che personifica il Re Carne-

vale, continuando a danzare per il resto

della serata al suono di tarantella.

“Il fantoccio che impersona

tutto quello che è vecchio e

che rappresenta il male che è

successo nell‟anno trascorso,

viene bruciato sulla pubblica

piazza a tarda sera.” – conti-

nua Sorgonà - Questa del

fantoccio è una forma in cui

la sostituzione di un fantoc-

cio ad un uomo vero atte-

nuava un antico rito cruento

che può essere ricollegato al

rito annuale dell‟espulsione

del pharmakoi dell’antica

Grecia, che mirava ad espellere periodi-

camente la macchia accumulata l‟anno

trascorso. I pharmakoi venivano reclutati

tra la feccia della popolazione, tra coloro

che per i loro misfatti, la loro bruttezza

fisica, la loro bassa condizione, le loro

occupazioni vili e ripugnanti erano consi-

derati inferiori. Succedeva a volte che si

delegasse a un membro della comunità il

compito di assumere questo ruolo di re

indegno, di sovrano alla rovescia. Il re si

scarica su un individuo che è come la sua

immagine rovesciata di tutto ciò che il

suo personaggio può comportare di nega-

tivo. Tale è appunto il pharmakos, ma fini-

ta la festa, il contro re viene espulso o

messo a morte, trascinando con sé tutto

il disordine che incarna e di cui purga

nello stesso tempo la comunità

L'ANTICO CARNEVALE NELLA VALLATA DEL SANT'AGATA

TRA RITUALITÀ TRASGRESSIONE E BISOGNO di Demetrio Giordano

L‟ANGOLO DELL‟ENIGMISTA

INDOVINELLO

Fascia i lignu e panza di pedhi

va gridandu vinedhi vinedhi.

La soluzione nel prossimo numero

La soluzione del n 1 gennaio 2017 :

la lumaca

’NDA FICIRU A PIGNOLATA SENZA RICETTA

500 gr di farina, 2 ova

50 gr i burru, 2 cucchiarini i zucchiru,

na pizzicata i sale, na scorcia i limune,

mezzo biccheri i limoncellu,

mezzo biccheri i vinu iancu (chiù o menu),

sugna pi frijri

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COMARE ROSINA LA DELICATA

Cosa giusta non era! La nera e corvina chioma, orgoglio e vanto di comare Ro-sina la delicata, da qualche giorno non garriva più al vento ma era coperta da un ampio muccaturi. Cosa poteva essere suc-cesso? Mmha! La cosa era divenuta argo-mento principale delle chiacchiere delle comari del paese e anche di qualche com-pare di quelli che passano le giornate al bar ad aiutarsi l‟un l‟altro a non fare niente. Una cosa era certa però. Per quanto ampio fosse, quel muccaturi non poteva nascondere una chioma che dal capo scendeva a coprire tutta la schiena. Si era tagliata i capelli. Ma perché? Si facevano le più svariate ipotesi. Aveva fatto voto, l‟avevano bbampata i pidocchi, il capiddharu le aveva dato un banco di danari anziché le solite cianfrusaglie, glie-li aveva indeboliti chissà quale medicina presa per chissà che cosa, qualche brutta malattia, rassusia … Ma quale malattia ..? che era una jumenta e scoppiava di salute. Il soprannome era frutto di una parola detta dal medico quand‟era piccola. Co-mare Rosina era la quinta di sette figlie di compare „Ntoni il camoscio, un pezzo d‟uomo che calzava il 48 ed aveva una mano quanto una pala di ficodindia che fino a 5 bicchieri di vino li portava là so-pra senza bisogno di spasetta. Un fatalista che aveva capito che era inutile combat-tere contro la sorte che ci prendeva gusto

e, ad un certo punto, aveva smesso di cercare quel maschio che non ne voleva sapere di arrivare. Ma era anche uno scia-luni che invece di prendersela per la di-sgrazia che gli era capitata ci rideva sopra e a chi gli chiedeva quanti figli avesse ri-spondeva: setti masculi e cu me mugghjeri ottu! E non si sbagliava poi tanto ché sette femmine erano e per sette maschi faceva-no. Se non era per la dote non aveva di che lamentarsi. Sane e forti, nel lavoro dei campi facevano quanto e più di un uomo. Tutte meno una. Comare Rosina la delicata, per l‟appunto. Lei non aiutava nei campi e, per la verità, nemmeno in casa. Era successo che quando aveva cin-que o sei anni aveva avuto un febbrone che l‟aveva tenuta a letto per più di quin-dici giorni ed il medico aveva detto alla madre: “Riguardatela che è di salute deli-cata”. Delicata! Fu parola quella che le si stampo nella mente e non ci fu verso di cacciarla via. Se c‟era una corrente d‟a-ria, un peso da prendere, qualcosa di grasso da mangiare, da mettere le mani in acqua, da stare vicino al fuoco, da nettare erbe spinose … la sua frase era sempre quella: Eu non pozzu: su delicata ca lu dissi lu medicu! Finché stanchi di sentire in continuazione quella lagna, padre, madre e sorelle smisero di chiederle di fare qua-lunque cosa e per tutti divenne “Rosina la delicata”. D‟estate stava all‟ombra per non arrossarsi la pelle, d‟inverno teneva i guanti per non prendere li rosuli, le sorel-le si alzavano ad alba e lei mai prima delle nove, le sorelle per casa giravano scalze e lei non toglieva mai le scarpe, le sorelle si lavavano col sapone di casa e lei con le saponette profumate. Solo i capelli si la-vava come le sorelle: col bianco sbattuto dell‟uovo. Ma, a differenza loro, lo face-va due volte a settimana, non una volta al mese, e poi si sciacquava il capo con l‟aceto per mandare via il cattivo odore. Fortunati quelli che stavano al Nord dove aveva sentito dire che c‟era una specie di unguento, una cosa che là chiamano sciampo, e serve solo per lavarsi i capelli, già bell‟e pronto senza bisogno di sbatte-re niente e poi restano profumati, altro che aceto e limone per togliere il fetu di

buriddha. Lei invece quella penitenza di uovo e aceto le toccava farla due volte a settimana. Ma la faceva volentieri ché per i capelli aveva una vera e propria mania: li pettinava, se li lisciava, li spazzolava a giornata, li portava sciolti, a tuppu, a trecce, a coda di cavallo, a conocchia. Ed ora? Sotto un muccaturi! Un mistero. Ma nei paesi i misteri non durano a lungo. E questo lo risolse quel discolaccio di Peppi-neddhu di cummari Nnanna che moriva dalla curiosità. La domenica, all‟uscita dalla messa, facendo finta di incespicare, le era finito addosso ed era riuscito a dare una sbirciata sotto quel muccaturi di la malanova. Se li era tagliati quei bei capelli neri. Neri? Neri per modo di dire … ché ora erano tutti un arcobaleno come quei capi colorati che finiscono per sbaglio nella varechina. La notizia volò per il paese. Cosa le poteva essere capitato? Secondo le vecchiette era rimasta vittima della magaria di qualche innamorato re-spinto. Cos‟era veramente successo lo raccontò in segreto la sorella più grande. Tanto in segreto che lo abbiamo appurato pure noi e, sempre in segreto, ora lo rac-contiamo a voi. Erano venuti i parenti dal Nord ed avevano portato tante cose che a Bova non si trovavano: un passatutto, un rasoio a lametta, naftalina per la camula, cera per pavimenti, detersivi per i piatti e per i panni. Così comare Rosina, quando entrò in bagno per lavarsi i capelli, e vide un grosso flacone su cui c‟era scritto che lavava a fondo e profumava pensò subito che era quello shampoo tanto desiderato e l‟usò senza risparmio. Quando le sorel-le corsero alle grida la videro davanti allo specchio che i capelli anziché asciugarseli se li strappava come una disperata. «Ma cosa diavolo mi avete messo qua?! Che porcheria c‟è quaddentro?» - urlò come una pazza. «Altro che porcheria … il prodotto è ottimo solo che serve per la-vare i panni non i capelli. Piuttosto tu santa cristiana, tu che fai tanto la delicata, perché non hai letto per bene quello che c‟era scritto?» «E certo che l‟ho letto! Proprio per questo l‟ho usato. C‟era scritto: Per capi delicati ».

di Francesco Borrello

„U MANDAGGHIU FEBBRAIO 2017 PAGINA 5

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PILLOLE DI SAGGEZZA

PAGINA 6 FEBBRAIO 2017 ‘U MANDAGGHIU

"8 MARZO IN HOSPICE VIA DELLE STELLE "

8 marzo in Hospice Via delle Stelle : un contenitore prezioso di testimonianze di donne che non si arrendono, non sentono la fatica del prendersi cura, caparbie e resilienti , che sanno fare del dolore un'opportunità , che conoscono il senso della vita e te lo sanno trasmettere con generosità. Grazie a tutti! Solo il potere della voce di Paola Nicolò e la musica di Teddy Condello hanno potuto smorza-re le emozioni intense provate . Ci dice Paola Nicolò:

Quando Annalisa Nucara mi propose di fare musica dal vivo in una piccola sala

dell‟Hospice per regalare una giornata diversa a dottori, infermieri, parenti dei malati, ma soprattutto ai pazienti di una struttura particolarmente delicata, mi sono domandata se e quanto potessi esse-re utile, ma soprattutto sarei in grado di affrontare un esperienza così forte? Ci misi solo un attimo a dire di si ricordando che a Natale “ nella tisaneria dell’Hospice i volontari della compagnia delle stelle frigge-ranno in tempo reale le crispelle e pazienti, familiari e personale sanitario potranno gu-starle insieme … E’ vero … ci sarà odore di

fritto … ma è odore di casa … per sentirne meno la nostalgia … “.

Ho pensato che l‟8 marzo la mimosa era perfettamente inutile senza i suoni di casa e con Teddy Condello abbiamo aggiunto una nuova esperienza, una di quelle esperienze che ti fanno sentire piccola. Abbiamo assistito ad alcune testimonian-ze di donne oggi all'HOSPICE...donne che hanno perso mariti, figli e che nono-stante l'immenso dolore sono riuscite ad andare avanti con forza, senza rinunciare alla speranza e continuando ad amare. Ci hanno raccontato le loro storie con una semplicità e una dolcezza disarmanti e cantare subito dopo averle ascoltate non

è stato per nulla semplice. Grazie Anna Lisa Nucara per averci voluti tra voi e permesso di dare il nostro piccolo contri-buto in musica. »

Grazie a tutti, pazienti, familiari che si

sono raccontati e ai volontari che si sono

spesi tanto come sempre !

di Mimmo Martino

A butti si risparmia quandu è china, chi quandu u fundu pari non nc'è cchjù chi riparari

(La botte si risparmia quando è piena, che quando il fondo appare non c'è come rimediare).

Dopo le vacche grasse vengono le vacche magre e se non si è stati previdenti in tempo, si finisce come la cicala di La Fontai-

ne. L'abbondanza non deve indurre allo sperpero o al consumo smodato dei beni. Il sapiente è sempre parco per principio,

perchè non intende assoggettare lo spirito alla materia; chi non è proprio sapiente e cultore della sapienza, sia almeno furbo e

si risparmi le tristi sorprese dell'avvenire. se ha la botte piena di buon vino ne usi con misura, sicchè il fondo appaia il più

tardi possibile. La botte piena in casa non è solo un bene di consumo voluttuario ma può costituire una merce convertibile

facilmente in denaro in tempi difficili. Non si sa mai: il futuro potrebbe presentarsi più duro del previsto. di sempre: la robu-

stezza, la salute e il colore roseo della salute sono la base della stessa bellezza.

Quand‟era figghiolu, dormiva cu n‟occhiu me‟ nonna filava e parrava i Pinocchiu, diciva ch’un gghiornu nci vinni, pi casu, na criscita strana nda punta du nasu. Avogghia ch‟u patri circava ripari, tintau cchiù i na vota m‟u poti ncurciari; si fìciru, allura, ricerchi all‟istanti pi mèntiri an chiaru stu casu allarmanti.

Si vinni a sapiri, ch’u figghiu i Geppettu nd‟aìva ncarnatu nu bruttu difettu: stu pupu di lignu minzogni diciva, pi‟ chistu u so nasu llungava, crisciva. Ma u cuntu non torna pi‟ tutti i mbrogghiuni com‟è, per esempio, chi gghint‟o Comuni ntra tanti nasuni, chi sù naturali, nci sunnu mbrogghiuni cu nasu normali!

PINOCCHIU