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Este seminario es una invitación a sumergirse en el análisis y la conceptualización de la El investigación de diseño a través de la reflexión sobre tres ejes convergentes en nuestro campo: el cambio y la innovación educativa, la creatividad y el pensamiento de diseño y la construcción de conocimiento pedagógico. En el desarrollo de nuestro perfil profesional como tecnólogos educativos, recuperamos estos ejes como nodos de articulación para pensar los procesos singulares y complejos que encaramos desde el oficio en diversos escenarios de intervención. 2013 Carrera de Posgrado Especialización y Maestría en Tecnología Educativa FFyL - UBA Manifiesto DEL TECNÓLOGO EDUCATIVO Seminario VII “La investigación de diseño en Tecnología Educativa” “Un manifiesto es una declaración pública de principios e intenciones, a menudo de naturaleza política o artística. En Arte, a partir de las vanguardias, manifiesto suele llamarse a una expresión reivindicativa que simboliza la voluntad de estilo de un grupo de artistas o de un nuevo movimiento. Puede ser un escrito que se publica, como el Manifiesto futurista de Filippo Tommaso Marinetti (20 de febrero de 1909 Le Figaro), o el Manifiesto neoplasticista de Piet Mondrian (1917 De Stijl), o el Primer manifiesto deTristan Tzara (1918), o el Manifiesto surrealista de André Bretón (1924)…” Fuente: http://es.wikipedia.org/wiki/ Manifiesto Hemos recorrido proyectos, analizado casos, avanzado en la reflexión sobre la metáfora y la experiencia del diseño, ahora nos interesa comenzar a construir nuestra propia y singular forma de pensar el diseño como estrategia de cambio desde el oficio del tecnólogo educativo. Muchos de ustedes hacen esto de manera cotidiana, pero tal vez, la perspectiva de diseño que comenzamos a construir, puede permitir pensar el oficio y conceptualizarlo con otras ideas. De eso se trata la construcción de nuestro manifiesto: de explicitar, nombrar, identificar, comenzar a poner palabras a los criterios que orientan nuestra tarea desde la perspectiva del diseño. Para ello los cursantes de la cohorte 2013 identificaron 5 principios de acción/reflexión que nos aporta una perspectiva/metáfora del diseño para pensar de una manera diferente los procesos de cambio e innovación educativa. Como punto de partida recorrieron sus propias reflexiones, experiencias y creaciones en el Seminario VI. Contaron con una reconstrucción de “Articulaciones” realizada a partir del registro en Twitter a través de una herramienta que utilizaron en ese espacio, a modo de seguir encontrando otros usos posibles: http://popplet.com/ app/#/1370111 Se les ofreció también algunas frases para ayudar a pensar en estos principios, para que interpelen sus propios criterios: Desde el oficio del tecnólogo educativo: El diseño para el cambio permite... E l d i s e ñ o p o t e n c i a e l c a m b i o cuando… Desde el diseño es posible… Cuando el diseño permite… entonces… Para diseñar es necesario… En el sistema educativo, el diseño puede… La participación en la producción fue propuesta como optativa. Tablero de diseño A continuación se recopilaron en un nuevo formato las entradas/post cuya autoría pertenece a los maestrandos. Pueden visitarlos aportes originales desde el siguiente link que acerca además recursos multimediales: http://tableromte2013.wordpress.com/ category/manifiesto

Pdci programma europee2014 le

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La crisi che ha investito l’Euro-pa negli ultimi anni ha messo sempre più in

chiaro il carattere regressivo dell’Unione Euro-pea, evidenziando il carattere oligarchico e an-tidemocratico del suo funzionamento, il conno-tato di classe, euro-atlantico e neo-imperialista delle sue politiche, il pesante condizionamento delle sovranità nazionali degli Stati membri.

Le decisioni as-sunte in questi anni (sempre condivise dalla maggioranza dei par-titi socialdemocratici e popolari/conser-vatori al governo nei diversi Paesi europei) hanno impoverito de-cine di milioni di persone, devastan-do la Grecia e infie-rendo su molti altri Pa-esi cosiddetti periferici dell’Unione. Ed han-no prodotto una politica estera mi-litarista e neo-imperialista nei confronti di Paesi come la Libia, la Siria, l’Ucraina, che punta ad estendere minacciosamente le frontiere della Nato fino ai confini della Russia. Una politica che è giunta a minacciare Russia, Cina e paesi non allineati con lo scudo spaziale ed una politica di riarmo nucleare e convenzionale.

Non si tratta di semplici “errori di percorso” guidati da valutazioni politiche sbagliate, ma della logica conseguenza dell’impianto neo-li-berista ed euro-atlantico dei Trattati europei:

un impianto che fonda la concorrenza tra i Paesi dell’Unione, e in particolare dell’Eurozona, da un

lato sull’abbassamento del costo del lavoro e sul taglio ai diritti dei lavoratori (dumping sociale), dall’altro sulla riduzione della fiscalità alle impre-se (dumping fiscale). E su una politica estera su-balterna alla Nato.

Nella società disegnata dai Trattati europei, il ruolo dello Stato nell’economia deve ridursi ai minimi termini, le prestazioni sociali e pensio-nistiche devono essere affidate al mercato (ossia ai grandi monopoli privati), il fabbisogno finan-

ziario degli Stati deve essere lasciato in balìa della spe-culazione e dei

mercati finanziari internazionali, mentre

alla banca centrale è vie-tato acquistare titoli di Stato e imposto di ri-volgere le sue politi-che monetarie esclu-sivamente alla lotta contro l’inflazione, negando allo Stato ogni funzione trai-nante di sviluppo e di programmazione.

Rispetto alla lo-gica privatista del

mercato, non ci sono diritti e beni pubblici o comuni che possano rivendicare una loro priorità.

Questa è la logica che informai Trattati UE: la logica del capitalismo neoliberista.

Tutto questo è già chiaro almeno dall’Atto Uni-co Europeo (1986) e dal Trattato di Maastricht (1992), che diede avvio della moneta unica, e al quale non a caso i comunisti - in Italia e in Euro-pa - si opposero.

Comunisti in Europa,uniti per la pace, il lavoro e

la solidarietà internazionale

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Comunisti in Europa,uniti per la pace, il lavoro e

la solidarietà internazionaleLa crisi iniziata negli Stati Uniti nel 2007/2008, che si è subito estesa a tutti i

Paesi a capitalismo maturo, ha sancito il defini-tivo fallimento di questo modello economico. Il disperato tentativo di tenerlo in piedi è avvenu-to attraverso salvataggi di banche e imprese con denaro pubblico, su una scala che non ha prece-denti storici. Questi salvataggi, che soltanto in Europa sono costati alle finanze pubbliche oltre 1.600 miliardi di euro (pari al 12,6% dell’intero prodotto interno lordo dell’Unione Europea), ha comportato, assieme alle minori entrate fiscali provocate dalla crisi, un drastico peggioramento delle finanze pubbliche in tutti i Paesi.

A questo punto si è passati a smantellare il si-stema di europeo di Stato sociale, scoprendo di colpo l’“insostenibilità” dei conti pubblici (di cui ci si era dimenticati quando si trattava di salvare le banche o di finanziare le spese militari). E si è giunti a prevedere misure di “austerity” severis-sime, l’obbligo del pareggio di bilancio e addirit-tura della riduzione del debito pubblico in una proporzione che costringerà l’Italia a manovre restrittive di finanza pubblica per 50 miliardi an-nui, che avranno come conseguenza il massacro definitivo dello Stato sociale.

Questo è stato fatto nel corso di quella che per il nostro Paese è la peggiore crisi dall’Unità d’Italia, e per il nostro continente è la peggiore dal 1929.

Gli effetti, sull’Italia come su gran parte dei Pae-si europei, sono stati devastanti: in una crisi già grave non solo non è stato effettuato alcun inter-vento e investimento pubblico in funzione anti-ciclica, ma è accaduto il contrario: i tagli al bilan-cio pubblico e l’aumento delle tasse per i cittadini hanno definitivamente messo in ginocchio la no-stra economia, creando milioni di disoccupati e facendo fallire decine di migliaia di imprese.

A 6 anni dall’inizio della crisi la ricchezza del pa-ese è diminuita di quasi il -10%, la produzione industriale del -25% e gli investimenti produttivi del -30%; la disoccupazione è al 13%, e supera il 42% tra i giovani, con punte del 70% nel Meridio-ne e nelle isole.

La situazione è chiara nella sua drammaticità: il vincolo di cambio rappresentato dalla partecipa-zione alla moneta unica e il vincolo di bilancio pubblico rappresentano una tenaglia che sta stri-tolando la nostra economia.

Questo sconvolge la vita di milioni di famiglie e cancella diritti conquistati in decenni di lotte. Aumenta la disuguaglianza e diminuisce le pro-tezioni sociali.

Infatti, la strada per recuperare competitività che l’Unione europea richiede e i nostri ultimi gover-ni hanno condiviso è quella delle cosiddette “ri-forme strutturali”, al cui centro sta la cosiddetta “svalutazione interna”, ossia la riduzione di salari e pensioni.

È una strada che non risolve i problemi econo-mici del nostro Paese e precipita nella miseria un numero sempre maggiore di persone.

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Comunisti in Europa,uniti per la pace, il lavoro e

la solidarietà internazionaleContro tut-to questo, e in nome di una politica strate-gicamente al-

ternativa all’Unione europea, i comunisti italia-ni, in sintonia con le forze che si sono dimostrate più affini al loro programma:

1. Riaffermano i valori della Costituzione repu-blicana, l’indisponibilità a vanificare i diritti da essa contemplati e la superiorità della Carta co-stituzionale rispetto a qualunque trattato in-ternazionale.

2. Riaffermano che diritto al la-voro e diritto a una equa retri-buzione (art. 35, 36), all’istruzio-ne (art. 33), alla salute (art. 32), all’assistenza sociale (art. 38), lo sviluppo della cultura e della ri-cerca scientifica e tecnica, tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico (art. 9), per-seguimento della pace (art. 11) rappresentano diritti inaliena-bili inscritti nella nostra Costi-tuzione e come tali si battono per la loro realizzazione. Qualora questi diritti siano negati da trattati internazionali, siano essi quelli dell’Unione Europea o della NATO, sono questi ultimi a dover essere inapplicati e denunciati.

3. Ritengono che nell’attuale quadro strategico, strutturale e istituzionale dell’Unione europea (e con gli attuali rapporti di forza tra le classi) ogni ulteriore cessione di sovranità costituirebbe un ulteriore allontanamento dai valori e dal sistema di garanzie previsti dalla nostra Costituzione, e al contrario riaffermano la necessità di riappro-priarsi di pezzi fondamentali di sovranità che sono stati ceduti alle istituzioni europee: a partire da quelli che comportano l’intervento dello Stato nazionale in economia e la sua politica estera e di sicurezza.

4. Si battono per la radicale revisione degli ul-timi Trattati e in particolare per l’abolizione dei vincoli di finanza pubblica introdotti dal Tratta-to Europlus del 2011 e dagli accordi successivi, e quindi anche per l’eliminazione del nuovo art. 81 (pareggio di bilancio) e delle connesse modifiche apportate agli artt. 97, 117 e 119 della Costituzio-ne. Questi articoli rappresentano infatti un corpo estraneo nella nostra Costituzione, che concorre alla non esercitabilità – e quindi alla negazione di fatto - di gran parte dei diritti fondamentali che essa prevede. Ove la modifica dei Trattati europei

risulti impossibile, chiedono la denun-cia unilaterale di questi Tratta-ti e di questi accordi da parte dell’Italia.

5. Contrastano ogni tentativo di revisione in senso autoritario,

anti-proporzionalista e/o presi-denzialista delle leggi elettorali, e sostengono una riforma isti-tuzionale che metta al centro il ruolo di una solo Camera,

a condizione che essa sia eletta con sistema proporzionale puro.

6. Respingono leggi e misure volte alla soppressione di ogni forma di finanziamento pubblico dell’attività politica. Esso va certamente modificato, regolamentato e reso trasparente, ma non abolito: perchè ciò favorirebbe unicamente il primato delle forze politiche che – come avvie-ne negli Stati Uniti – traggono le loro risorse dal finanziamento privato dei grandi gruppi capita-listici e finanziari a cui sono asserviti, afferman-do di fatto un primato politico-istituzionale delle forze politiche legate alla grande borghesia, pe-nalizzando o escludendo quelle che rappresenta-no il mondo del lavoro. La lotta contro gli sprechi e la corruzione della politica va perseguita col-pendo innanzitutto i privilegi vergognosi di cui hanno goduto per anni gran parte del ceto politi-co e della burocrazia statale.

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Comunisti in Europa,uniti per la pace, il lavoro e

la solidarietà internazionaleI comunisti ita-liani si battono, al pari di molti partiti comuni-sti e di sinistra

degli altri Paesi europei, per un radicale cam-biamento delle politiche europee, che preveda:

7. La fine delle politiche di austerità nei Paesi pe-riferici

8. L’espansione della domanda interna in Germa-nia (che con la sua concorrenza basata sulla com-pressione dei salari e l’osti-nato rifiuto di trasferire a essi gli aumenti di pro-duttività sta distruggen-do le economie di gran parte dell’Eurozona)

9. L’attribuzione di un ruolo attivo alla Banca Centrale Europea anche nella lotta alla disoccu-pazione e non soltanto in quella all’inflazione (al pari di quanto già fanno tutte le banche centrali del mondo).

10. I comunisti italiani riten-gono che qualora questi obiettivi non siano raggiungibili l’Italia debba mettere in discussione la stessa partecipazione alla moneta unica europea.

11. In Italia, i comunisti italiani si battono per la realizzazione degli artt. 41, 42, 43 della Co-stituzione che indicano la centralità del settore pubblico dell’economia per una programmazio-ne democratica, prefigurano una economia mi-sta (pubblica, privata, cooperativa), prevedono

espropri e nazionalizzazioni a fini di pubblica utilità. Senza un intervento pubblico program-mato, che rompa col liberismo, è illusoria non solo una fuoriuscita progressiva dalla crisi, ma anche una pura e semplice ripresa economica e un piano del lavoro che riduca disoccupazione e precarietà, salvaguardando i diritti fondamentali del mondo del lavoro;

12. Il reperimento delle risorse volte al finanzia-mento di un intervento pubblico nell’economia e della modernizzazione di uno Stato sociale

avanzato va attuato attraverso la drastica riduzione del-le spese militari, la lotta contro l’evasione fiscale, il riequilibrio delle aliquote a favore dei ceti medio bassi, imposte sui grandi

patrimoni, abolizione dei privilegi e riduzione degli stipendi dei parlamentari.

Dal punto di vista della politica estera dell’Unio-

ne Europea e degli Stati che ne fanno parte, i comunisti italiani:

13. Si battono contro il ri-armo e contro le strategie

espansionistiche della NATO, condannano ogni avventura militare di stampa neocoloniale: sia quella perpetrata in Libia, sia quella tuttora in-combente sulla Siria;

14. Condannano ogni tentativo di destabilizzare la Russia ed altre repubbliche dell’area e il soste-gno al governo golpista dell’Ucraina, di cui sono parte integrante partiti e movimenti a carattere esplicitamente neonazista;

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Comunisti in Europa,uniti per la pace, il lavoro e

la solidarietà internazionale15. Ritengono vada assoluta-mente impedi-ta la firma del trattato di libero

scambio attualmente in discussione tra Unione Europea e Stati Uniti (Transatlantic Trade and In-vestment Partnership, TTIP), che rafforzerebbe ulteriormente i legami euro-atlantici all’insegna del campo libero lasciato in Europa alle grandi multinazionali statunitensi;

16. Sono favorevoli a uno sviluppo dei commerci e delle relazioni pacifiche del nostro Paese con le grandi realtà emergenti del panorama interna-zionale: a cominciare da Russia, Cina, India, Vie-tnam, Brasile, Sudafrica, Cuba ed altri Paesi non allineati di Asia, Africa e America Latina;

17. Si battono per lo scioglimento della Nato e la costituzione di un sistema continentale di si-curezza europea, che comprenda tutti i paesi del continente e dell’area mediterranea, Russia com-presa; quest’ultima non va considerata un paese nemico, ma un paese con cui stabilire rapporti proficui di cooperazione pacifica.

I Comunisti Italiani, infine, ritengono che per attuare politiche che difendano il lavoro, la pace e la libertà in Italia e in Europa sia essenziale:

18. Rafforzare il Gruppo della sinistra unitaria europea (Gue-Ngl) all’interno del Parlamento Europeo e il suo carattere confederale, di cui fan-no parte unitariamente tutte le forze comuniste dell’Ue, nel rispetto della sovranità e dell’indi-pendenza di ogni forza politica che vi appartiene;

19. Rafforzare i legami tra i partiti e i movimenti comunisti, anti-capitalisti, antimperialisti e pro-gressisti che si battono contro le politiche dell’U-nione Europea e della Nato, dentro e fuori i con-fini dell’Unione.

20. Nella situazione italiana ci proponia-mo di unire i comunisti - su basi di affi-nità politica, programmatica, ideale e di collocazione internazionalista - in un’uni-co partito comunista, che si ispiri alla mi-gliore tradizione del PCI, attualizzandola: capace di superare divisioni e frammenta-zioni di questi anni, aperto ad una politi-ca unitaria con tutte le forze della sinistra, che bandisca ogni settarismo e subalterni-tà, per poter tornare così a rappresentare e difendere i lavoratori, sostenendone le lot-te sociali, politiche e sindacali e garanten-done una adeguata rappresentanza nelle istituzioni.